DOCUMENTI PER SERVIRE ALLA STORIA DI SICILIA
PUBBLICATI A CUBA
DELLA SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
Serie I. — Volume XXIII.
GIUSEPPE LA MANTIA
CODICE DIPLOMATICO
DEI
RE ARAGONESI DI SICILIA
(1282-1355)
VOL. I.
PALERMO
SCUOLA TIP. BOCCONE DEL POVERO
1918
DOCUMENTI
PER SERVIRE
ALLA STORIA DI SICILIA
PUBBLICATI A CURA
DELLA
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
PRIMA SERIE - DIPLOMATICA
Vol. XXIII.
GIUSEPPE LA MANTIA
CODICE DIPLOMATICO
DEI
RE ARAGONESI DI SICILIA
PIETRO I. GIACOMO, FEDERICO II, PIETRO II E LUDOVICO
DALLA RIVOLUZIONE SICILIANA DEL 1282
SINO AL 13SS
CON NOTE STORICHE E DIPLOMATICHE
Voi. I.
(ANNI 1282-1290)
PALERMO
SCUOLA TIP. «BOCCONE DEL POVERO»
1917
» OCT- 11968
ALLA VENERATA MEMORIA
DELL'INSIGNE PATRIOTA E GIURECONSULTO
Gr. Uff. Prof. Avv. ANDREA GUARNERI
MINISTRO NELLA DITTATURA DI GARIBALDI
PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ SICILIANA
PER LA STORIA PATRIA
SENATORE DEL REGNO
CHE
FAVORÌ TENACEMENTE
LA PUBBLICAZIONE DI QUEST'OPERA
NELLA QUALE SI RICORDANO
LE SECOLARI RIVENDICAZIONI DELLA SICILIA.
PER LA SUA INDIPENDENZA E LIBERTÀ
DEDICO DEVOTAMENTE
PREFAZIONE
Ond'io ti prego che quando tu riedi,
Vadi a mia bella figlia, genitrice
Dell'onor di Cicilia e d'Aragona.
Dante, Purg. Ili, 114-116.
§ I. — 1. Importanza del periodo storico aragonese di Si-
cilia dal 1282 al 1355. — 2. Motivi del termine del Codice
diplomatico a tale anno. — 3. Condizioni generali dell'isola
in quel tempo.
1. L'epoca, che si riferisce ai documenti contenuti in que-
st'opera, è senza dubbio tra le più notevoli della storia di
Sicilia. Dopo la rovina e la strage della dinastia normanna,
compiute dallo svevo conquistatore Enrico VI, l'isola per-
deva la supremazia su tutto il regno, insulare e continen-
tale, la residenza dei propri Re e le prerogative di capitale,
delle quali aveva goduto Palermo, già elevata dagli Arabi
a quel grado. Un poeta arabo, 'Al Butìrì as Siqilli, vissuto
al tempo del Re Ruggiero, cantava : « Non è bel vivere che
nelle ombre amene della Sicilia, sotto un principato che di-
Vili PREFAZIONE
sgrada quello dei Cesari ! » (1). Falcando, l'accurato croni-
sta normanno, nella sua mirabile lettera al Tesoriere della
Cattedrale di Palermo, scritta verso il 1189 ed intitolata De
calamitate Siciliae, prevedeva i mali dell'invasione tedesca,
e rimpiangeva V aurea età normanna e la triste sorte che
sarebbe toccata alla Sicilia, e specialmente a quella regione,
« quam nobilissimae civitatis [Panornii] fulgor illustrat, que
et toti regno singulari meruit privilegio praeeminere » . Si
doleva altresì che la Costanza normanna « opibus tuis Bar-
baros ditatura discessit »; ma egli non poteva esser presago
che altra Costanza sveva, la moglie di Pietro III aragonese,
per la quale l'ombra del Re Manfredi al cospetto dell'Ali-
ghieri esultava, sentendosi vendicata, avrebbe rinnovellato
il regno di Sicilia, con la capitale nell'isola (2).
Avvenuta la disfatta dell'esercito del Re Manfredi a Be-
nevento nel 1266, ancora un'altra dinastia scompariva per
sempre, e svaniva qualsiasi speranza di considerazione par-
ticolare per la più grande isola del Mediterraneo, la quale
aveva visto Federico svevo (nato in Italia e quivi cresciuto,
e perciò alquanto immune dall'orgoglio tedesco) trarre di-
mora nei più verdi anni in Palermo, e poi più volte ritor-
(1) Amari, Biblioteca arabo - sicula. Torino, 1881, voi. II, pag. 436.
(2) Falcando , Historia , ediz. Del Re , Cronisti e scrittori sincroni
napoletani. Napoli, 1845, voi. I, pag. 278 e seg. Amari, Storia dei Mu-
sulmani di Sicilia. Firenze, 18(58, voi. Ili, pag. 545 e seg. ricorda i di-
sordini ed i saccheggi all'entrare dei conquistatori teutonici nell'isola,
e nota che « il giuramento prestato a Costanza , per comando del re
Guglielmo, non valse a far accettare di queto, dai baroni e dai grandi,
la dominazione tedesca», ed altresì (pag. 557) che nel regno di Sicilia
« pochi anni appresso la morte di Guglielmo, la rapina , la violenza e
la crudeltà furono chiamati costumi tedeschi »,
PREFAZIONE IX
narvi per cercarvi ozi e feste di cantori e poeti , creatori
della lingua italiana, egli che chiamava Palermo l'aula e la
patria dei Re e la terra di delizia (1).
Non restava ai Siciliani, trascorsi quei tempi felici, che
serbarne con dolore il ricordo , e soffrire (per quanto po-
tevasi) il servaggio che i Papi avevano inflitto ai popoli del-
l'Italia meridionale con l'aver chiamato al trono gli Angioini,
ligi interamente alla Chiesa Romana. De Cherrier considera
l'inizio del dominio angioino in tal modo : « Dopo la gior-
nata di Benevento , ogni resistenza cessò. I mercenarii te-
deschi si dispersero nelle montagne cercando fuggire dagli
Stati siciliani. I capitani, i ministri, la maggior parte di co-
loro che erano rimasti fedeli a Manfredi, vedendo perduta
ogni speranza, si offersero al vincitore. Le città apriron le
porte; da ogni dove i nobili accorsero sotto la bandiera dei
gigli; il clero celebrò il trionfo del papato ; i popoli, presi
dalla speranza di un migliore avvenire, furono in gioia, e
il fortunato Carlo, che sperato non aveva una sì rapida vit-
toria, si vide padrone di un gran regno » (2).
Conviene qui notare che se nell'isola era lo sdegno im-
placabile per le oppressioni di ogni genere che commette-
(1) Petri De Vineis , Cancellarli Friderici II imp. Epistolarum. Ba-
sileae, 1740, t. I, pag. 503. — Giuseppe Maffei, Storia della letteratura
italiana. Italia, 1834, parte I, pag. 22 e seg. De Cherrier, Storia della
lotta dei Papi e degli imperatori della Casa di Svevia. Palermo, 1861 ,
voi. I, pag. 386.
(2) De Cherrier, cit. voi. Ili, pag. 186. Il fastigio e le prerogative
della Sicilia, che venivano affievolendosi dai Normanni agli Angioini,
ho accennato nella mia memoria storica I Re di Sicilia e le dimore re-
gie dell'isola, edita nella rivista La Sicile illustrée. Palermo, an. II (1905)
fase. 2 e 5, e an. Ili (1906) fase. 5.
PREFAZIONE
vansi dai nuovi dominatori angioini, nelle provincie napo-
litane non era meno intenso il rammarico per la fine della
dinastia sveva, che con estese e potenti relazioni, e nuovi
e molteplici ordinamenti, e con garanzie di Parlamenti e di
codici di leggi e la protezione agli studi ed ai commerci ,
avea fatto rifiorire ad insolito splendore quelle regioni con-
tinentali.
L'insigne storico Giannone scriveva pertanto per Napoli:
« I primi fondamenti della magnificenza e grandezza di que-
sta città, onde con prosperi avvenimenti surse poi a quello
stato in cui oggi si vede, furono gettati da Federico II im-
peradore. Primieramente lo Studio generale , che questo
Principe vi fondò, tirò a quella gli scolari non pur di que-
sto reame, ma anche di Sicilia e d'altre più remote parti.
Il non essersi da poi Federico fermato in Palermo , come
gli altri Re normanni suoi predecessori , ma avere scorso
più città di queste nostre provincie, ed essersi spesso fer-
mato in Napoli colla sua Gran Corte e con gli altri ufficiali
del regno, servì anche per scala a tanta altezza; e l'aver
ancora in magnifica forma ridotto il Castello capuano e quel
dell'Uovo vi conferì molto » (1).
Fallito il tentativo del giovane Corradino di ricuperare
il regno avito, e soppressa, col terrore e la condanna a morte
di quel principe, ogni pratica dei Ghibellini dell'isola e delle
provincie continentali per restaurare la stirpe sveva, l'ine-
stinguibile desiderio non venne meno (2). L'esempio inoltre
(1) Giannone, Istoria civile del regno di Napoli. Milano, 1821, voi. V,
pag. 200 e seg.
(2) De Cherrier cit. voi. Ili, pag. 264 nell'esporre quei fatti crede
utile « far notare che la dinastia di Svevia si era stabilita in Sicilia con
PREFAZIONE XI
delle repubbliche dell' Italia media e settentrionale , che
godevano libertà e franchigie e l'uso di statuti e leggi sa-
pientemente formate , spingeva gli abitanti dell' antico re-
gno di Sicilia a desideri di novità e di riforme , perchè il
potere monarchico svevo (e molto meno V angioino) non
aveva voluto consentire eccessiva larghezza negli ordina-
menti politici. Federico Svevo infatti nelle sue Costituzioni
aveva dovuto espressamente vietare che gli esteri, ossia gli
Italiani delle altre regioni, i quali recavansi nel regno, por-
tassero armi proibite , e che dimorando nelle città e terre
tenessero anco coltelli e spade ; ed altresì sanciva che in
nessun luogo si potessero creare Potestà, Consoli o Rettori
«auctoritate consuetudinis alicuius vel ex collatione populi»,
e se qualche città avesse in ciò contravvenuto, doveva esser
distrutta, ed i suoi abitanti resi servi in perpetuo , e colui
che avesse esercitato alcuna di quelle cariche, venir sotto-
posto alla pena di morte. Tanto era il timore della libertà
nell'animo del sovrano teutonico, che stabiliva ordini e pene
così barbare per sopprimere i progressi della civiltà ! (1).
Da ciò si rileva come, fra gli arbitri ed il più aspro di-
spotismo angioino, non solo nell'isola, ma anche nella ter-
raferma napolitana, nonostante che per « tanta elevatezza »,
alla quale pervenne, « coloro che vi diedero l'ultima mano
la crudeltà e con violenza , e che a sua volta il fratello di san Luigi
credette potersi cementare un trono con sangue e con lagrime. La giu-
stizia di Dio rivolse contro di loro la sua spada».
(1) Cfr. Constitutiones regum regni utriusque Siciliae, ediz. Carcani.
Neapoli , 1786 , lib. I , tit. 11 e 50 , pag. 12 e 49. Vedasi pure Amari ,
Storia dei Musulmani cit. voi. Ili, pag. 610, e quanto dice Huillard-
Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi. Paris , 1859. Intro-
duction, pag. CD Vili.
XII PREFAZIONE
furono i novelli Re angioini Carlo I e II » (1), il proposito di
ribellare 1' antico regno di Sicilia per toglierlo agli Angioini
e darlo ai legittimi successori ed eredi della stirpe sveva,
che regnavano in Aragona , fosse vivissimo. Tali notizie
chiaramente ci espone il cronista Saba Malaspina in quella
parte della sua Cronaca, che fu la prima volta data alla
luce nel 1792 dal celebre scrittore del diritto pubblico della
Sicilia Rosario Gregorio, e ne riferisco le notevoli espres-
sioni : « Sed profecto latius poterat de regno Siciliae dubi-
tare. . . . prò eo quod faciliter mentes audientium habilitat
ad credendum quod quidam ipsius regni Siciliae exules, prae-
cipue magister loannes de Procida, et quidam Rogerius de
Lauria nutritus in Aragonia cum dieta Constantia , penes
regem Aragonum ad promovenda Consilia et consulenda ne-
gotia adsistebant, quos verisimile erat credere frequenter re-
gis Aragonum aures superbiae vento replere, ac ei sugge-
rere et instare ut regnum invadat Siciliae, quod suppone-
bant forsitan haberi posse faciliter et teneri» (2).
Non si può immaginare una narrazione delle segrete ori-
gini della rivoluzione del 1282 che sia più esplicita di que-
sta, che ci offre il contemporaneo Saba Malaspina, anche
coi nomi dei principali cospiratori , ai quali deve aggiun-
gersi un terzo, cioè Alaimo da Lentini, dapprima fedele a
Carlo d' Angiò , e poi (come attesta il cronista Neocastro)
« mutata facie patriam, in quam ipsum reduxerat, auferens,
sicut vides , cantra suum dominium excitavit » (3). Questi
(1) Così afferma il Giannone , op. cit. voi. V , pag. 201 , con varie
prove.
(2) Gregorio, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub A-
ragonum imperio retulere. Panormi, 1792, t. II, pag. 341.
(3) Neocastro, cap. L, ediz. Gregorio cit. t. I, pag. 76.
PREFAZIONE XIII
tre celebri uomini pertanto prepararono la rivoluzione : il
Procida coi consigli ed il Loria con P esperienza militare ,
entrambi di origine napoletana e risedenti in Catalogna,
ed Alaimo da Lentini, siciliano, che con ogni circospezione,
ricevendo la segreta corrispondenza nell'isola, comunicava
con gli altri due, e teneva le occulte trame con gli esuli e
con alquanti fervidi patrioti del regno (1). Quanto dice il
Neocastro per Alaimo trova conferma nelle parole del Re
Pietro I, il quale nel 22 ottobre 1282 in Messina , nell'ele-
varlo all'eccelsa dignità di Maestro Giustiziere del regno, si
mostrava a ciò proclive per gli spontanei servizi da colui
resi in felici ingressu nostro in regnum nostrum Sicilie, cioè
perchè il Re Pietro avesse conquistato l'isola (2).
La ribellione della Sicilia non trovò però pronti gli abi-
(1) Non credo opportuno estendermi qui oltre su questi fatti , che
riserbo ad altra speciale memoria.
(2) Carini, De rebus regni Siciliae nei Doc. della Soc. Sicil. di Stor.
Patria, Serie I, voi. V, Palermo, 1882, pag. 162. In quali rapporti po-
tessero stare le cospirazioni degli esuli con le promesse della Corte per
venire ad assumere il dominio, si può pienamente vedere dalle offerte
fatte dagli abitanti di Gaeta sei anni dopo, nel 1288, per sottomettersi
al Re Giacomo : « Iacobus Rex a civibus gaietanis requiritur quod ipsi
parati erant, si praesens esset, se et civitatem ipsam suo dominio tra-
dere , dummodo iter suum festinaret ad eos». Neocastro, cap. CX,
ediz. Gregorio cit. t. I, pag. 178. Il Boccaccio, che nacque soltanto tren-
tuno anni dopo la rivoluzione del 1282, cioè quando quell'avvenimento
era ben noto a tutti in Sicilia e fuori , così fa dire da Ruggieri Loria
la Re Federico II aragonese nella Novella VI della Giornata V : « Il
giovane è figliuolo di Landolfo di Procida , fratel carnale di Messer
Gian di Procida, per l'opera del quale tu sei Be e Signor di questa iso-
la». Cfr. Il Decameron di Messer Giovanni Boccaccio. Italia, coi ca-
ratteri di F. Didot, 1816, t. III, pag. 51. Degli altri due grandi cospi-
ratori, il Loria ottenne a 20 aprile 1283 la dignità di Ammiraglio , ed
li Procida a 4 maggio dello stesso anno quella di Cancelliere del regno.
XIV PREFAZIONE
tanti della terraferma a seguirne il vigoroso esempio. Sem-
bra che la maggior vigilanza ed il tenace rigore, che il go-
verno angioino, anche con la diretta ingerenza del sovrano,
adoperò dopo la perdita dell'isola, abbiano fatto disperdere
i tentativi di coesione fra le particolari rivolte, specialmente
degli esuli che penetravano negli Abruzzi , le quali si sa-
rebbero potute propagare a tempo opportuno nei vari ter-
ritori delle provincie napolitane. Nondimeno la Sicilia aveva
già risoluto ogni dubbio e ricacciata qualunque ansia per
le sue future sorti; l'indipendenza , il Re proprio , i Parla-
menti, la capitale in Palermo, tutto si era ottenuto con la
felice rivoluzione del 31 marzo 1282, la quale non avrebbe
mancato di imporsi con il suo fascino e la sua nuova forza
nel continente. Nemmeno uno di quei vantaggi sarebbe stato
lecito di conseguire dai monarchi angioini di Napoli, che or-
mai consideravano la Sicilia quasi una lontana regione di
poca importanza, che si estendeva sui mari che stanno di-
nanzi all'Africa adusta, e dove era bastevole l'autorità di su-
perbi Vicari, che disponessero di tutto a lor grado. Saba Ma-
laspina, perspicace indagatore di ogni più intimo fatto della
rivoluzione, manifesta che appena arrivò il Re Pietro I in Pa-
lermo gli si presentarono per ossequiarlo tutti gli esuli del
regno, che sono ripartiti dal cronista in tre gradi, cioè quelli
che avevano sofferto l'odio del Re Carlo, gli altri che avevano
compiuto coi Siciliani i maneggi della cospirazione per fare
avvenire la rivolta (propter pattata dudum scelera metus ar-
cebat) , ed infine quelli che volevano per il loro vantaggio
gareggiare di fedeltà con i veri patrioti (aut qui iam inde
coeperant invidiae stimulos retorquere) , distinzione precisa
che spesso si è ripetuta nei rivolgimenti politici (1).
(1) Saba Malaspina, Gonbinuatio, ediz. Gregorio cit. t. II, pag. 362.
PREFAZIONE XV
Il dominio aragonese durò nella Sicilia sino al 1411, cioè
per centoventinove anni. Fu un succedersi inalterato dei so-
vrani di quella Casa d'Aragona, che Pietro I aveva stabi-
lito nell'isola. A lui, che dovette lasciare la Sicilia nel 1283,
seguì come Vicario il secondogenito Giacomo, che poi cinse
la corona nel 1286, succedendo più tardi nel 1291 nell'Ara-
gona , e (contro il testamento paterno) anche nella Sicilia.
Quando nel 1295 Giacomo, mancando di fede, cedeva l'isola
alla Chiesa Romana, ossia agli Angioini, fu acclamato dai
Siciliani proprio Re il terzogenito Federico II, che per qua-
rantuno anni governò la Sicilia con amore infinito ed in-
comparabile saggezza, associando nel 1322 il figlio Pietro II
al regno, per evitare che alla sua morte la Sicilia , per il
trattato del 1302 , tornasse agli Angioini e non succedesse
il figlio. Pietro II, che per molti anni aveva diviso col padre
le ansie e le cure del regno , spegnevasi a soli trentasette
anni in Calascibetta, dopo avere alquanto sottomesso l'au-
dacia di ribelli baroni, che tosto davansi per vendetta a ser-
vire l'Angioino ai danni dell'isola.
Questa precoce morte fu sventura per la Sicilia, perchè
apriva l'adito alla reggenza per il successore figliuolo Lu-
dovico a soli sette anni; ma, per compenso a quei mali, di-
veniva tutore l'Infante Duca Giovanni, quartogenito del Re
Federico II, sebbene per poco tempo, poiché nel 1348 quel
sapiente principe, che avea saputo reprimere la tracotanza
dei Palizzi, ed era già quasi per firmare la pace con la re-
gina Giovanna I di Napoli, se ne moriva di peste a Mascali,
di quella peste che ricevette ancor più rinomanza con le
magnifiche prose volgari del Boccaccio. Trascorsero altri
quattro anni e la madre regina Elisabetta mancò pure ai vi-
venti, onde alla reggenza era chiamata la monaca Costan-
XVI PREFAZIONE
za sorella del Re. Le repressioni della prepotenza e delle
fazioni dei principali feudatari (Chiaramonti, Valguarnera,
Ventimiglia, Palizzi) occuparono il breve regno di Ludovi-
co , che nel 1355 cessava di vivere in Aci per il contagio
della peste (al pari dello zio Giovanni) all'età di anni diciot-
to, essendo nato nell'anno medesimo, nel quale finiva la sua
vita il Re Federico II, nel 1337.
2. Il mio Codice diplomatico non si estende oltre l'epoca
del regno del primo figlio del Re Pietro II. Il motivo di tale
termine da me imposto alla collezione riesce bene evidente.
Ha fine da un canto , quasi con eguale distinzione crono-
logica, l'epoca più antica del dominio aragonese nell'isola,
che aveva potuto sino a poco tempo innanzi (non più di
sette anni) giovarsi del senno dell'Infante Giovanni tutore
del Re Ludovico, e dall'altro canto i documenti del successore
fratello Federico (1355-1377), i quali conservansi ancora fra i
registri della Regia Cancelleria e del Protonotaro del Regno
nell'Archivio di Stato di Palermo, sono così numerosi che si
può anco diplomaticamente riconoscere a ragione la neces-
sità di un lavoro separato per l'epoca posteriore. A ciò deve
aggiungersi che per buona fortuna il chiar. prof. Giuseppe
Cosentino da molti anni (1885) ha dato inizio al Codice di-
plomatico di Federico III di Aragona , Re di Sicilia , e ne
ha sinora pubblicato quattro fascicoli (dei quali l'ultimo nel
1907), offrendo nell'intero testo o per sunto, con molta di-
ligenza, non meno di 808 documenti, che vanno dal 3 no-
vembre 1355 al 10 dicembre 1360; ed è a far voti che tale
importante lavoro possa avere ancora altro proseguimento
per nuove ed assidue cure dell'autore (1).
(1) I suddetti quattro fascicoli del Codice diplomatico del prof. Co-
PREFAZIONE XVII
3. Stabiliti così i limiti del mio Codice diplomatico, credo
utile qui brevemente accennare quali furono le condizioni più
notevoli dell'interno ordinamento dell'isola e delle esterne
relazioni e guerre con gli Angioini nell'epoca dal 1282 al 1355.
Il regno di Pietro I costituisce nel modo più esplicito il
riconoscimento di tutte le libertà violate e di poteri, uffici e
prerogative spettanti ai Siciliani, la cessazione degli abusi
nella formazione delle leggi e nell' applicazione di esse , il
freno imposto ad arbitri ed eccessi degli ufficiali maggiori
o minori, ed altresì la moderazione prevalente nelle esazioni
fiscali inasprite più ancora nel tempo angioino di quel che
non fossero sotto gli Svevi, non solo per la moltiplicità delle
tasse e l'elevata natura di esse, ma per il modo iniquo di
riscossione. Dopo aver provveduto a respingere le prime e
violenti aggressioni angioine nell'isola, ed a definire con si-
curezza la forma di governo e le norme di successione, il
Re Pietro I sotto il pretesto del duello, quasi a rendere meno
acerbo il dolore dei Siciliani, lasciava l'isola per riprendere
direttamente il dominio dei suoi stati di Catalogna, Aragona
e Valenza, non meno esposti della Sicilia alle incursioni
degli Angioini e dei Francesi (1).
La luogotenenza ordinata in favore di Giacomo, nell'as-
senza del Re Pietro I dalla Sicilia, è una buona forma di
diritto pubblico, destinata a mantenere i diritti del potere
regio e ad imprimere un'orma sicura di forza nell'intrigata
sentino formano il voi. IX della Serie I dei Doc. della Soc. Sicil. di
Storia Patria. Dopo il primo fascicolo edito nel 1885, vennero in luce
il secondo nel 1890, il terzo nel 1895 ed il più recente nel 1907, come
sopra ho detto.
(1) Per altri ricordi su quel regno vedansi le Notizie preliminari ,
a pag. 29 e seg.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. &
XVIII PREFAZIONE
compagine amministrativa, pur riconoscendo le prerogative
dell' isola , e tenendo ancor ragione dei desideri che veni-
vano espressi dal popolo e dai nobili al legittimo rappre-
sentante del sovrano (1). Non è a dire con quale tenacia gli
Angioini proseguivano sempre nel tentare di riconquistar
la Sicilia ; ma vanamente, poiché i Siciliani anzi si impos-
sessavano di varie parti di Calabria e di altre regioni, e muo-
vevano guerra sino nella capitale angioina, che per poco ,
vacillando nella sua fede, non si ribellò ai suoi dominatori,
i quali pur vi tenevano Corte regale e sontuosa sull'esem-
pio degli Svevi.
Fu violato il sistema di successione nel regno di Sicilia
sin dall'origine, quando Giacomo nel 1291 si recava in A-
ragona per succedere al fratello Alfonso, e riteneva ancora
(1) Il sistema di luogotenenza del regno può dirsi abilmente definito
e distinto in ogni sua parte e mantenuto con energia dagli Aragonesi,
perchè sebbene durante il regno di Carlo I d' Angiò la Sicilia avesse
avuto costantemente i suoi Vicari , questa suprema potestà dell' isola
non era allora che una finzione di libertà e di indipendenza, e nascon-
deva i maggiori arbitri, rimanendo in facoltà dei Vicari quanto ad essi
fosse piaciuto di concedere ai Siciliani , e di far noto alla Corte reale
risedente in Napoli. Tanto arbitrio connesso a quella dignità di Vica-
rio può indurre a considerarla quasi un'astuta funzione politica e mi-
litare nel tempo angioino , per tenere maggiormente in soggezione le
popolazioni dell'isola. Il cronista Muntaner ricordava pertanto che il
Re Carlo « hach tals officials mesos per tota la illa de Sicilia, que no
feyen ne deyen sino tots mais esuperbies». Cfr. Antonio De Bofarull,
Crònica catalana de Ramon Muntaner. Barcelona, 1860, pag. 83, cap. 43.
Le proteste dei Siciliani ai Cardinali ed al Papa Martino IV nel 1282
per le molteplici ingiustizie degli ufficiali dell' isola provano come il
Vicariato non corrispondesse affatto agli scopi della sua istituzione
(vedi appresso, pag. 13 e 19).
PREFAZIONE XIX
per sé la Sicilia. Quell'infrazione costituiva un primo adito
a preparare la rovina dell'isola, e dimostrava il mal animo
di Giacomo , che poi , sconoscendo quanto prospera sorte
avevano sperato da lui i Siciliani , li cedeva nel 1295 con
tradimento alla Chiesa Romana (1).
L'elezione del Luogotenente Federico a Re di Sicilia, vi-
gorosamente reclamata dal popolo, risollevava le più grandi
speranze. Invano la Chiesa di Roma armava il braccio di
Giacomo nella lotta fratricida a Capo d' Orlando nel 1298,
perchè i Siciliani ben presto respingevano gli Angioini e li
ricacciavano da ogni parte dell'isola, e si preparava la so-
spirata pace del 1302, la quale non può dirsi di aver posto
fine alle guerre dei Siciliani se non per poco tempo , ma
bensì apprestato quasi una lunga tregua , od almeno aver
chiuso la prima fase delle guerre siculo-angioine dopo la
rivoluzione del 1282. Trascorse infatti appena un decennio,
nel 1313, quando Federico II si alleò con l'imperatore En-
rico VII, e la guerra divampò maggiormente. La Sicilia non
poteva in alcun modo esser soddisfatta di godere solo du-
rante la vita del Re Federico II la sua indipendenza, per
ricadere indi sotto gli Angioini; ma doveva rafforzarsi ed
assicurare il suo avvenire e la sua esistenza politica.
L'associazione di Pietro II al trono nel 1322 è la pro-
testa solenne; l'alleanza con l'imperatore Ludovico il Bava-
ro nel 1328 è la nuova affermazione di voler respingere ogni
speranza di riconquista dei nemici; e di ciò si ha pure la
prova nel testamento di Federico che conservava illesi i
suoi diritti su le provincie continentali del regno (2).
(1) Cfr. intorno ai tempi di Giacomo , la luogotenenza e la succes-
sione in Aragona, quanto da me è esposto a pag. 259 e seg.
(2) Surita, Anales de la Corona de Aragon. Saragoza, 1610, lib. VII,
cup. 39 offre un preciso riassunto di quel testamento.
XX PREFAZIONE
L'Alighieri aveva molto sperato, per il bene d'Italia, nel-
l'adesione di Federico li alla lega con l'imperatore Enrico VII
e nella nomina ottenuta da quel Re ad Ammiraglio dell'im-
pero : « supremum et generalem nostrum et sacri romani
imperii facimus maris et constituimus, quoad vixeritis, Ad-
miratum » (1). La delusione riuscì per il grande Poeta così
profonda, dopo la morte di Enrico VII ed il rifiuto, quasi
inevitabile, della signoria di Pisa offerta a Federico (che la
rinunziava per prudenza politica) , da farlo prorompere in
aspre ed esorbitanti invettive contro il sovrano di Sicilia.
Amari, seguito dal Di Giovanni, crede erroneamente con
vari commentatori, che Dante avesse prima elogiato Fede-
rico, ricavando ciò dalle parole genitrice dell'onor di Cicilia
e d'Aragona per la regina Gostanza (le quali ho riferito come
epigrafe di questa Prefazione) , e poi biasimatolo in altri
canti con evidente incoerenza ; ma non posero mente en-
trambi quegli scrittori che Dante dice quivi Costanza geni-
trice non nel significato di madre del Re Federico (e pe-
raltro egli non era che il terzogenito), ma soltanto in senso
morale di creatrice della gloria dei regni di Sicilia e di Ara-
gona riuniti in unico scettro sotto Re Pietro I di Aragona,
che per il diritto della moglie muoveva, con giuste pretese,
alla conquista dell'isola (2). Non meno acri e senza dubbio
(1) Heinrich Finke, Acta aragonensia. Quellen aus der diplomatischen
Korrespondens Jaymes II. Berlin, 1908, voi. I, pag. 318.
(2) Aggiungo che nel Vocabolario universale della lingua latina di
Nicola Combrci. Napoli, 1831, voi. II, alla voce Genetrix si ha il traslato
Frugurn genetrix per Cerere , usato da Ovidio. Su lo sdegno di Dante
contro il Re Federico II vedansi le indagini di Giuseppe Di Cesare ,
Arrigo Abbate ovvero la Sicilia dal 1296 al 1313. Napoli, 1833, pag. 173
e seg. nota 18 ; Amari, Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII.
PREFAZIONE XXI
più meritati sono i rimproveri per il fratello Giacomo che
divenne, dopo il 1295, alleato della Chiesa Romana e degli
Angioini contro la Sicilia (1). Federico , nel concetto di
Dante, doveva assumere apertamente la difesa dei Ghibel-
lini d'Italia, e pervenire ad eccelsa meta, od esser travolto,
anco con la perdita del suo regno, nel grande conflitto coi
Guelfi (cioè la Chiesa Romana e gli Angioini) e forse nelle
tergiversazioni dell'impero.
Può ritenersi sicuramente che l' epoca del dominio di
Federico II aragonese in Sicilia forma, dopo quella di Pie-
tro I, il ciclo più glorioso degli avvenimenti che resero il-
lustri i Siciliani per il loro amor patrio, lo straordinario va-
lore , la costanza nel sostenere le proprie libertà e l' indi-
pendenza dallo straniero. Nei brevi regni di Pietro II e di
Ludovico si ripetono le incursioni degli Angioini, ne l'in-
domito valore dell'isola si attenua; ma sì per l'interna con-
dizione del regno, che per le scissure di preponderanza dei
nobili che si contrastavano il potere, si vede decadere l'isola
da quel prestigio, al quale la poderosa mente del Re Fede-
rico l'aveva fatto pervenire. Restano tuttavia le basi di una
monarchia gagliarda, che riconoscendo in modo esplicito le
libertà e le prerogative del popolo, può resistere ancora a
lungo (come la torre ferma che non crolla di Dante) alle dis-
sensioni interne ed alle ambizioni straniere, pur che un'a-
Palermo , 1842 , pag. 280 , nota 4 ; Lionardo Vigo, Dante e la Sicilia.
Bicordi (nella Rivista Sicula. Palermo, an. II, 1870, voi. 3°, p. 325); e Vin-
cenzo Di Giovanni, Di alcuni luoghi di Dante sopra Federico aragonese
di Sicilia (nel voi. Scuola , Scienza e Critica. Nuovi scritti varii. Pa-
lermo, 1874, pag. 192-203).
(1) Dante, Purgatorio e. VII, v. 119, e Paradiso e. XIX, v. 136-138.
XXII PREFAZIONE
zione potente venga a dar nuova vita agli ordinamenti con
sapienza e virtù meditati e disposti dagli antichi per la sua
conservazione.
§ IL — 1. Ordinamento della Cancelleria regia aragonese
in Sicilia dal 1282 al 1355. Registrazione. — 2. Notizie che
rimangono dei registri di tale epoca. — 3. Perdita quasi totale
dei medesimi. — 4. In guai tempo avvenne. — 5. A leuni par-
ticolari cenni su i soli registri superstiti, cioè quello del Re
Pietro I in Barcellona , ed i frammenti di due registri del
Re Ludovico in Palermo. — 6. Ricerche da me fatte in Sicilia
e nel continente per raccogliere i documenti dell' epoca ara-
gonese sino al 1355.
1. La Cancelleria regia aragonese di Sicilia adoperava
regolarmente i sistemi più adatti per la registrazione delle
molteplici concessioni e di ordini e provvedimenti sovrani.
In una speciale memoria ho trattato di tale argomento, né
credo qui pertanto utile di ripetere estesamente quelle no-
tizie , ma solamente ne farò alcuni cenni (1). I sistemi se-
guiti in Aragona dovettero nell'origine della nuova dinastia
influire in parte su la registrazione dei documenti nell'isola;
ne potè rimanere affatto estraneo il metodo quivi usato dai
tempi normanni , migliorato dagli Svevi e perfezionato fi-
nalmente dagli Angioini coi loro registri in pergamena (2).
(t) Gfr. G. La Manti a. Su l'uso della registrazione nella Cancelleria
del Regno di Sicilia dai Normanni a Federico III d'Aragona, 1130-1377
{nell'Archivio Stor. Sicil., an. XXXL 1906, pag. 197 e seg.)
(2) Si riteneva sino al 1908 che i più antichi documenti della Can-
celleria regia di Sicilia scritti in carta fossero quelli del tempo di Fe-
derico Svevo , e propriamente il registro conservato nell' Archivio di
PREFAZIONE XXIJI
Per buona fortuna si conserva ancora il registro cartaceo
di Pietro I dell'anno indizionale 1282-1283, pubblicato dal
can. Carini, e da esso possiamo desumere le forme di re-
gistrazione adoperate sin dall'inizio del governo aragonese
in Sicilia (1), le quali dovettero continuarsi nei registri di
Giacomo Luogotenente di Pietro I , di Federico Luogote-
nente di Giacomo, divenuto nel 1291 Re di Aragona per la
successione al fratello Alfonso, dello stesso Federico nel suo
lungo regno dal 1296 al 1337, di Pietro II suo figlio asso-
ciato al trono e suo Luogotenente dal 1322 al 1337, e poi
come Re sino al 1342, ed infine in quelli del Re Ludovico
che morì nel 1355.
Stato di Napoli. Così affermavano Bresslau , Briquet , Wattenbagh ,
Chalandon e Kehr. L'insigne prof. Cario Moisè Briquet diceva nel 1890:
« En Sicile nous n'avons pas vu des papiers aussi anciens», come quelli
dei tempi svevi ed angioini, cioè il regesto di Federico II ed i Fasci-
coli delle Arche dell'Archivio di Napoli. Nel 1908 io dava in luce la de-
scrizione di un mandato in carta del 1109 della Contessa Adelaide, da
me ritrovato. Cfr. la mia memoria II primo documento in carta (Con-
tessa Adelaide , 1109) esistente in Sicilia , e rimasto sinora sconosciuto.
Palermo, 1908. 11 Briquet nel Journal de Genève, n. 332, 5 décembre
1910 , si degnava di fornire esteso resoconto di quella memoria, e no-
tava : « M. La Mautia a donc rendu un grand service aux sciences pa-
léographiques et historiques en mettaut en relief le mandat de la com-
tesse Adelaide et en donnant la fac- simile photographique. Ori com-
prendra l'intérèt qui s'attache à cette charte de 1109, quand on saura
qu'elle constitue le plus ancien specimen de papier conserve dans les
archives d'Europe». Da Berlino la Direzione della rivista Ber Papier -
Fabrikant mi scriveva a 11 gennaio 1911 che l'esame scientifico della
natura delle fibre e della materia d' incollamento di quel documento
« serait de la plns grande importance non seulement pour l'histoire du
papier, mais encore pour l'histoire de la civilisation gènéralement » .
(1) Vedasi la mia memoria Su l'uso della registrazione cit. pag. 204.
XXIV PREFAZIONE
La trascrizione dei documenti nel registro di Pietro I si
rivela quasi del tutto conforme al sistema invalso sotto gli
Angioini per l'ordine cronologico, l'intitolazione regia ordi-
nariamente abbreviata, la data ed altro (1). Gonvien credere
che in quell'antico tempo aragonese si tenesse in Sicilia un
solo registro, seguendo i metodi vigenti in Aragona, e nel-
T epoca sveva anco fra noi. Nessuna menzione dell' officio
del Protonotaro , ne dei suoi registri, è infatti fra i docu-
menti del Re Pietro I.
Durante il governo di Federico 11 aragonese, che rior-
dinò stabilmente l'amministrazione del suo regno, la Can-
celleria dovette avere maggiore incremento. Ciò viene espli-
citamente confermato dalla costituzione del Re Martino I ,
che nel 1398 sanciva che i privilegi e le provviste «in no-
stris Cancellariis amodo faciendae » dovevano scriversi con
quelle formole che erano specialmente (potissime) in uso
«tempore serenissimi regis Federici senioris proavi nostri».
Scorgesi in cotale epoca di Federico II aragonese , e pro-
priamente nell'anno 1319, oltre il registro della regia Can-
celleria, l'esistenza di un distinto registro per V officio del
Protonotaro. Fra i molti documenti di quel tempo da me
ricercati, non ho potuto rinvenire menzione più antica, con
data certa, dell'anno 1319 per determinare l'epoca approssi-
(1) Per l'epoca angioina basta rinviare alla nota opera di Paul Dur-
rieu, Les archives angevines de Naples. Etudes sur les registres du Boi
Charles I.er (1265-1285). Paris, 1886, anco per i fac- simili. È pure utile
consultare la memoria di Rodolfo von Heckel, Das pàpstliche und si-
cilische Begisterwesen in vergleichenden Darstellung, rn.it besonderer Be-
riichsichtigung der Ursprilnge (in Archiv. fur Urkundenforschung. Lipsia,
1908, voi. I, pag. 371 e seg.).
prefazione xxv
mativa, nella quale sotto gli Aragonesi fu stabilito l'uso di
quest'altro registro (1).
Nel tempo della luogotenenza di Pietro II associato al
trono, cioè dal 1322 al 1337, le reciproche conferme di pri-
vilegi fatte da Federico II e da Pietro II, le quali ci riman-
gono, ed il testo di un documento del Consiglio dell'Infante
Pietro nel 1334 fanno supporre che gli ordini del Re Pietro
venissero separatamente registrati per ogni anno indizio-
naie , massime quando egli si recava in luoghi diversi da
quelli ove dimorava il Re Federico.
È riuscito a me di ritrovare il testo di lunghi Capitoli
sul diritto di sigillo, che dovevasi * prò privilegiis et aliis
licteris » della regia Cancelleria , e che offrono la data del
1340, cioè durante il regno di Pietro II. Essi sono divisi in
dieci paragrafi ed in centoventidue regole. Dalle ricerche da
me eseguite nel pubblicare quel testo, che rimane quasi in-
tero, ho potuto rilevare che i Capitoli suddetti sono di ori-
gine angioina, che quella nota cronologica non indica per
nulla la data di formazione ed approvazione dei Capitoli,
ma soltanto l'epoca della consegna di essi agli ufficiali in-
caricati di eseguirli, ed altresì che i primi Re aragonesi non
emanarono alcuna costituzione generale sul diritto di si-
gillo , ed adontarono invece quei Capitoli angioini , perchè
offrivano con ordine e chiarezza le molteplici norme su la
intrigata materia concernente il rilascio dei documenti, che
si trascrivevano nei registri della Cancelleria e del Proto-
notaro (1).
(1) Ne ho recato le prove a pag. 210 della monografia cit. Su l'uso
della registrazione.
. (1) Per brevità rimando all'altra mia memoria su i Capitoli angioini
sul diritto di sigillo della Cancelleria regia per la Sicilia posteriori al
XXVI PREFAZIONE
Ci sono pervenuti tuttavia alcuni frammenti di due regi-
stri dell'officio del Protonotaro degli anni indizionali 1353-54
e 1354-55, che sono stati da me rinvenuti e minutamente
descritti per le forme di registrazione. Quei frammenti sono
prova evidente dell'uso della doppia registrazione dei docu-
menti sovrani, e dimostrano altresì che non dissimili dove-
vano essere i metodi anteriori nell'epoca del regno di Fe-
derico II aragonese. Si riscontra nei registri di Ludovico
l'uso di note marginali per le date di tempo e di luogo, per
il nome della persona per la quale è dato l'ordine od il pri-
vilegio , ed altresì la distinzione di registri di privilegi se-
parati da quelli dei mandati. Tale distinzione, già in parte
nota sotto gli Svevi e gli Angioini, non è dubbio che pro-
venga dal tempo di Federico II aragonese, quando egli die
migliore ordinamento alla Cancelleria regia (1).
2. Il primo registro del regno di Pietro I in Sicilia in-
vece che rimanere nella Cancelleria regia dell' isola , come
sarebbe stato conveniente, fu portato con sé da quel sovrano
nel suo ritorno nella Catalogna, e riunito agli altri dei suoi
domini d' oltremare. Ciò oramai è noto maggiormente per
l'edizione di quel registro curata nel 1882 dal can. Carini.
1272 (neìVArch. Stor. Sicil. an. XXXII, 1907, pag. 42f e seg.). Di essa
die ampia recensione il dotto professore catalano Fernando De Sagarra
ne\V Attuari d'Estudis Catalans. Barcelona , 1907 , pag. 528 e seg. , os-
servando per quei Capitoli : « L'estudi llur no es solament curiós coni
a document històrich, sino de gran utilitat pera '1 coneixement de la
diplomatica y de la organisació de la Cancelleria regia en la illa de
Sicilia, en la època dels Anjous y dels reys de la dinastia aragonesa».
(!) Accennandosi qui da me soltanto i sistemi di registrazione, cfr.
per altre notizie G. La Mantia, Su l'uso della registrazione cit. pag. 212
e seg. per i registri del Re Ludovico.
PREFAZIONE XXVII
A rendere quasi un vero registro della Cancelleria ara-
gonese quel primo, già formato nel!' isola , si proseguì nel
medesimo dal 10 giugno 1283 in poi, sino al 26 agosto, la
trascrizione dei documenti che emanavansi dal Re Pietro I,
pur essendo egli di qui partito , come si rileva dai docu-
menti segnati con la data di luogo di El Groyno nella Vec-
chia Gastiglia e di Tarazona in Aragona (1). Dal 6 maggio,
nel qual giorno il Re Pietro partì per mare da Trapani, e
sino a ventidue giorni dopo l' arrivo di lui a Valenza (19
maggio) non si trova registrato alcun documento. Sono anzi
estranei per la Sicilia, e concernono l'Aragona, i documenti
dal 10 al 18 giugno 1283; ma i pochi altri rimanenti (in
tutto undici) dal 23 giugno al 26 agosto, coi quali ha ter-
mine il registro, riferisconsi all'isola.
Per quell' aggiunta di documenti dell'itinerario del Re
Pietro dopo la sua partenza dalla Sicilia, il primo registro
della Cancelleria regia siciliana divenne , quasi abusiva-
mente, un registro proprio dell'Aragona; se pure non avrà
dimostrato prudenza politica il Re Pietro I nell'aver posto
in salvo nella sede centrale dei suoi domini il registro, che
conteneva tutti i suoi ordini dati sin dall'inizio della con-
quista della Sicilia , perchè se quel registro fosse rimasto
nell'isola, si sarebbe perduto come gli altri posteriori dello
stesso regno di Pietro l e dei suoi successori.
Esistevano pertanto in Sicilia sin dai primordi del do-
minio di Pietro J i registri della regia Cancelleria, ai quali
poi (come ho detto) si aggiunsero verso il 1319 gli altri
dell'officio del Protonotaro del regno. I frammenti dei due
registri degli anni 1353-55 di quest'ultimo ufficio, apparte-
(1) Di ciò darò appresso altre notizie nel volume.
XXVIII PREFAZIONE
nenti all'epoca del Re Ludovico, e da me ritrovati, giovano
ad attestare 1' esistenza di registri separati da quelli della
Cancelleria regia, che pure formavansi allora, ma che non
sono pervenuti all'età nostra (1).
La collezione dei registri della Cancelleria e del Proto-
notato , nei quali principalmente registravansi in Sicilia le
lettere dei sovrani e dei loro Luogotenenti, sarà stata no-
tevolissima dal 1282 al 1355, poiché se per ogni anno si
adoperava soltanto un registro (e non sarà stato possibile),
dovevano aversene non meno di settantaquattro per la re-
gia Cancelleria, e trentasette per il Protonotaro (in com-
plesso centoundici), computando per quelli del Protonotaro
il cominciamento probabile dall'anno 1319 (2).
Varie memorie rimangono intorno a quei registri. In un
documento del 1288 del Re Giacomo viene ricordata l'esisten-
za dell'archivio della Cancelleria, dicendosi: que in archivo
Curie conservantur (3) , ed in altro del 1299 del Re Fede-
rico II si menziona altresì l' immissione in possesso fatta
« per quaternum . . . nostre Curie assignatum , qui in ar-
chivo eiusdem Curie officii Cancellane servatur » (4). Il Re
Federico II nel 1319 ricordava i registri dell'anno 1315 per
il privilegio di abolizione di alcune gabelle nella terra di
(1) Altri ricordi per tali frammenti fornisco in questa Prefazione.
(2) L'uso posteriore al 1355 di vari registri per ogni anno indizionale
è prova evidente del sistema conforme nel tempo anteriore.
(3) Silvestri, I Capibrevi di Giovati Luca Barberi. Palermo , 1879 ,
voi. 1 , pag. 429 (nei Doc. della Soc. Sicil. di Stor. Patria . serie I ,
voi. IV).
(4) Regia Cancelleria , reg. 106, fol. 397. Il documento concerne la
concessione del territorio di Gapodarso a Filippo de Pantosa.
PREFAZIONE XXIX
Salemi (1). Serbavansi in Messina nel 1329 i registri della
regia Cancelleria dell'anno 1303, e da essi il notaro Gerardo
Ursono trascrisse il privilegio, col quale il Re Federico II
confermava le consuetudini di Girgenti, con l'inserzione del
loro testo. Tale transunto del notaro Ursono fu dato in luce
la prima volta dal mio genitore (2). Si attestava dal notaro
esplicitamente la ricerca dei registri della regia Cancelleria
del 1303 in tal modo : «Ad predictam Regiam Gancellariam
nos contulimus personales, et ostenso nobis ex originalibus
registris et actis ipsius Regie Cancellane quodam originali
seu registro, in quo predicte Consuetudines et ipsarum con-
firmatio facta per dictam Magestatem erant scripte, quia vi-
dimus in eodem quinterno sive registro ipsas Consuetudines
et constitutiones contineri » (3).
Nel 1332 il Re Federico II menzionava i registri della
regia Cancelleria dell'anno 1301, dicendo: «Quia inspectis
(1) Vedi la mia memoria Su l'uso della registrazione cit. pag. 208,
in nota.
(2) Vito La Mantia, Antiche Consuetudini delle città di Sicilia. Pa-
lermo, 1900, pag. LXXXIX.
(3) Le Consuetudini di Girgenti offrono la data dell'indizione, senza
quella dell'anno , cioè : « Datum Cathine , vicesimo tercio novembris ,
secunde ìndieionis » (che ricade nel 1303 - 4), e V anno potrebbe essere
1303 e 1318 per il mese di novembre. Il breve testo delle Consuetudini
di Girgenti e la derivazione da quello di Messina , la dimora del Re
Federico II aragonese presso Girgenti, ossia in Caltabellotta e Sciacca
nel 1303, le conferme date da quel sovrano alle Consuetudini di Calta-
girone nel 1299, di Piazza nel 1309, di Patti nel 1312, tranne per Sira-
cusa (1319), quando il Re era a Noto, dimostrano più probabile la pri-
ma data, come peraltro Testa, De vita et rebus gestis Friderici II. Pa-
normi , 1775, pag. 139, riteneva, e quindi il ricordo di un più antico
registro della Cancelleria regia.
XXX PREFAZIONE
registris nostre Curie, invenimus quod olim de mense fe-
bruarii, XIIII indicionis tercio preterite», per la precedente
concessione di franchigie commerciali ai Genovesi in Sici-
lia. L'espressione indicionis tercio preterite non lascia alcun
dubbio che la data del registro sia appunto quella del 1301
da me notata (1).
Il Re Pietro II, succeduto a 25 giugno 1337 nel regno,
dopo la morte del suo genitore, faceva ricordo, a 18 agosto
di quell'anno, dei registri del 1325, nei quali era trascritto
un privilegio di Federico II aragonese per assegno su ga-
belle ad Ansaldo de Patti , e indicava per la conferma :
« Inspectis registris Curie », che servirono per la nuova co-
pia del documento (2).
In un transunto del 1352 fatto dal notaro Federico de
Tabula si menzionava un privilegio concesso da Pietro II
nel 1339, e che era stato ricercato nella regia Cancelleria :
« Nosque ... ad dictam Regiam Curiam Officii Cancellarie
contulimus personales, et ostensis nobis per archivarium diete
Regie Curie registris dicti anni septime indicionis » (3). Il Re
Federico III, il Semplice, a 14 febbraio 1356 diceva di esser-
gli state presentate le copie di due privilegi del Re Pietro II
(probabilmente del 1338) : « formas duorum privilegiorum. . . .
extra ctas et assumptas ex registris nostre Curie officii Cancel-
(1) Reg. 38 della Secrezia di Palermo, a fol. 114 (Arch. di Stato di
Palermo). Il documento del 1301 fa pubblicato da Orlando, Un Codice
di leggi e diplomi siciliani del medio evo. Palermo, 1857, pag. 113.
(°2) B. Cancelleria, reg. 87, fol. 72.
(3) Quel transunto fu dato in luce da Salvatore Salomone - Marino,
Spigolature siciliane dal sècolo XIV al XIX (neh" Arch. Stor. Sic. an.
XXII, 1897, pag. 568).
PREFAZIONE XXXI
larìe, sistentibus in archivo eiusdem Curie, mandato nostre
Excellencie precedente» (1).
Tali notizie da me ricavate in seguito alla ricerca di molti
documenti, che su ciò avessero potuto recar chiarimento, pro-
vano l'indubitata esistenza dei registri della regia Cancelleria
siciliana dalla fine del secolo XIII e durante il regno di Fede-
rico II aragonese e l'altro di Pietro II. Per l'epoca del suc-
cessore Re Ludovico, che regnò dal 1342 al 1355, nulla oc-
corre qui dire, poiché abbiamo ancora i frammenti dei due
registri originali dell'officio del Protonotaro degli anni 1353-
55, cioè di quell'altro ufficio di registrazione che fu aggiun-
to all'antico della regia Cancelleria dopo il 1305, quando si
riscontra ancora la designazione dell'unico ufficio, e prima
del J319, come ho notato altrove (2).
3. Da quanto finora ho esposto riesce pertanto evi-
dente che mancano quasi interamente i registri degli anni
1282 a 1355, che la Cancelleria regia aragonese, e verso il
1319 anche 1' officio del Protonotaro tenevano neh' isola, e
nei quali si trascrivevano i documenti reali di concessioni
e di ordini e provvedimenti diversi, ed altresì quelli dei Vi-
cari e Luogotenenti generali del regno.
Oltre quei due registri esistevano anche gli altri della
Magna Curia Rationum, dei quali si ha nei tempi di Fede-
rico II aragonese la notizia per l'anno 1305 (3). In un pri-
(1) Protonotaro del Regno, reg. % fol. 145, per la conferma dei feudi
di Caltabellotta e Calatubo a Peralta. 11 testo del documento del 1356
9 riferito da Cosentino, Codice diplomatico di Federico III cit. pag. 107
e seg.
(2) G. La Mantia, Su l'uso della registrazione cit. pag. 210.
(3) Ciò ho rilevato nella memoria Su V uso della registrazione cit.
pag. 210 e seg.
XXXII PREFAZIONE
vilegio del 1325, concernente la Chiesa di Mazzara, ho rin-
venuto altresì il più antico e notevole ricordo di registra-
zione presso i Razionali nell'epoca aragonese in Sicilia. E
segnato in fine del documento : Registrata in Cancelleria.
Registrata penes Rationalem. Tale indicazione penes Ratio-
nales è rara anche nei tempi seguenti ; ma dimostra però
che il registro della Magna Curia Rationum costituiva allo-
ra in certo modo una duplicità di registrazione per parti-
colari privilegi ed ordini riguardanti la finanza, e potrebbe
dirsi meglio una terza registrazione, oltre quella della regia
Cancelleria e del Protonotaro del regno.
Mancano pure di questo ufficio della Magna Curia Ra-
tionum, come di quelli dei Maestri Portolani e di altri uf-
ficiali finanziari, i registri dell'epoca, alla quale si riferisce
questo Codice diplomatico, poiché soltanto rimangono alcuni
quaderni e fogli separati originali, ed altri in copia di età
posteriori, ccntenuti in una Miscellanea che forma il primo
registro della Regia Cancelleria, ed inoltre due registri che
tenevansi dalle regie Secrezie di Palermo e Messina , e che
trovansi appresso conservati in quella serie (1). Noterò qui
soltanto, a maggior chiarimento, che essendo stati nella se-
conda metà del secolo XV ricuperati i più antichi avanzi
degli archivi della regia Cancelleria e del Protonotaro (2),
si ebbe poi cura di raccoglierli e di formarne vari registri.
La cronologia non fu affatto riconosciuta, per la difficoltà
che offrivano i documenti , nei quali d' ordinario manca
l'indicazione dell'anno, e si trova la sola indizione.
(1) Su tale argomento darò più estesa notizia in una mia particolare
memoria.
(2) Gregorio, Bibliotheca scriptorum arag. cit. t. II, pag. 430 e seg.
PREFAZIONE XXXIII
Si riunirono perciò senza alcun discernimento, ed a caso,
in ogni nuovo registro frammenti di registri di vari anni,
formando soltanto confuse miscellanee. Non si ricostituiro-
no, come dovevasi, i registri nella forma originaria , e per
buona ventura talvolta qualche miscellanea o nuovo regi-
stro contiene una estesa parte del registro primitivo. In tal
modo quei tre registri (dei quali il secondo della Secrezia
di Palermo è piuttosto un codice della Pandetta di gabelle
di Sicilia del 1312, con l'inserzione di documenti per immu-
nità doganali degli anni 1285 e seguenti) offrono designa
zioni arbitrarie di anni, e formano indebitamente parte della
serie della regia Cancelleria, alla quale non appartengono (1).
Per l'officio del Protonotaro del regno è avvenuta la stes-
sa confusione, perchè i primi cinque volumi non sono che
disordinate miscellanee di frammenti di registri dai tempi
del Re Federico 111, il Semplice, sino a quelli del Re Martino.
Nel secondo di tali registri miscellanei si conservano i fram-
menti dei registri del Re Ludovico, da me sopra menziona-
ti, e nel quinto registro miscellaneo si trova altresì il qua-
derno originale incompleto della Pandetta di gabelle del
1312 , che forse era altro esemplare appartenente alla Se-
crezia di Palermo (2). Le indicazioni di data apposte a quei
cinque volumi miscellanei del Protonotaro del regno sono,
(1) Ho pubblicato il testo di quella Pandetta, tenendo ragione di altri
codici manoscritti, nel mio volume Le Pandette delle gabelle regie, an-
tiche e nuove, di Sicilia nel secolo XIV. Palermo, 1906. Dell'altro regi-
stro della Secrezia di Messina molti documenti die in luce accuratamente
1' egregio dott. Giuseppe Travali nel suo lavoro intitolato I diplomi
angioini dello Archivio di Stato di Palermo (nei Doc, della Soc. Sicil.
di Stor. Patria. Serie I, voi. VII, Palermo, 1886).
(% Cfr. il mio voi. Le Pandette delle gabelle cit. pag. Ili, nota 1.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. e
XXXIV PREFAZIONE
al pari di quelle della regia Cancelleria, arbitrarie ed ine-
satte (1).
Rosario Gregorio incorreva in errore quando affermava :
« Haec diplomata adservantur ut plurimum in regiis Pa-
normi Tabulariis , quae vulgo Cancellariae et Protonotarii
audiunt ; atque illius acta ab anno 1312 , huius vero ab
1360 initium habent , nec priora quidem serie continuata
procedunt » (2). Non tenendo conto infatti delle designazioni
erronee esteriori in quei primi volumi miscellanei, la serie
della regia Cancelleria comincia soltanto col documento del
Ì7 luglio 1356, contenuto nel registro 5 a fol. 71 , e segue
con quelli del settembre 1360 esistenti nel registro 7 a fol.
341 r. e seg. (3), ed i documenti del Protonotaro del regno
hanno inizio con quelli di Re Ludovico da settembre 1353
a giugno 1355 nel registro 2 miscellaneo fol. 223 e seg. ,
ai quali tengon dietro gli altri del Re Federico III il Sem-
plice, esistenti nel registro medesimo da fol. 171 in poi,
che è proprio l' inizio del primo registro di Federico III' ,
leggendovisi sinanco l'intitolazione riferita dall'egregio prof.
Cosentino, e che è in tal guisa: «Generale [registrum] infra Si-
fi) Vedasi per altre notizie su quei registri quanto accennai nella
mia memoria Documenti inediti in lingua spagnuola (1381 - 1409) in Si-
cilia. Palermo, 1899, pag. VII e seg. e nell'altra Su i frammenti di due
registri originali degli anni 1353-55 di Ludovico d'Aragona, Re di Si-
cilia (neir Arch. Stor. Sic, an. XXX, 1906, pag. 502).
(2) Gregorio , Bibl. script, arag. cit. t. II , pag. 429. Tale inesatta
affermazione egli ripeteva in una sua particolare memoria. Cfr. G. La
Mantia, Dei Beali Archivi di Sicilia. Memoria inedita del can. Bosario
Gregorio. Palermo, 1899, pag. VII e Vili.
(3) Cosentino, Codice diplomatico di Federico III cit. pag. 203, doc.
CCXXIX, e pag. 508, doc. DCCLXVI e seg.
PREFAZIONE XXXV
ciliam anni none inditionis, anno domini millesimo GCG.L.V,
sub titulo domini Infantis Friderici regni Sicilie legitimi
domini , qui incepit dominari XVI octubris huius Villi6
inditionis, de mense novembris » (1).
Riguardo ai registri della Magna Regia Curia, nei quali
potevano essere trascritti ordini e lettere regie , nulla ci è
pervenuto per il tempo dal 1282 al 1355. Deve però oppor-
tunamente farsi menzione dell' originale Quatemus peticio-
num della Curia del Pretore di Palermo, dell'anno indizio-
naie 1320-21, che si conserva nella Biblioteca Comunale
di Palermo tra i manoscritti, ai segni Qq. F. 31 , e fu de-
scritto estesamente nel 1846 dal can. Gaspare Rossi (2), e
dopo quasi mezzo secolo venne pubblicato per intero dal
Pollaci, il quale lo comprendeva in una generica collezione,
che egli intitolava Atti della città di Palermo, mentre quelli
del 1320-21 non sono diplomaticamente che atti giudiziari
di una magistratura inferiore , e dipendente dalla Magna
Regia Curia (3).
4. Le vicende di guerra, che con alterne sorti imperver-
sava nell'epoca aragonese in Sicilia , le ribellioni ed i sac-
cheggi che ne seguivano , ed anco i trasporti parziali di
scritture e registri da Palermo a Messina , a Catania , più
(t) Si veda il'cit. Codice diplom. di Cosentino, pag. 1 e seg.
(2) Rossi, Catalogo ragionato dei manoscritti della Biblioteca Comu-
nale di Palermo indicati e descritti. Palermo, 1846, pag. 255-263. Que-
sto volume non fu pubblicato se non dopo ventisette anni, cioè al 1873,
dal cari. Di Marzo, che aggiunse soltanto alcune pagine che mancavano
ancora nella stampa.
(3) Pollaci, Gli atti della città di Palermo dal 1311 al 1410. Paler-
mo, 1892. Per le notizie su quel registro egli rinvia nella prefazione
(pag. LXXV) ad altro suo lavoro,
XXXVI PREFAZIONE
preferite dimore dei Re, e dovunque recavansi i sovrani e
la loro Corte, e le gare e le pretensioni di alcune maggiori
città e dei nobili hanno cagionato tale grave perdita. Con-
viene con nuove ricerche investigare quando essa potè av-
venire. L'esistenza di molti registri, sebbene siano spesso
incompleti e frammentari, del tempo di Federico III il' Sem-
plice, che regnò dal 1355 al 1377 , dimostra evidentemente
che, nonostanti i continui disordini e le guerre di quell'epo-
ca, si riuscì a conservare con qualche cura i registri reali,
certamente in modo migliore di quel che fosse avvenuto nel-
l'età anteriore. Deve quindi supporsi che la distruzione dei
registri e documenti degli svariati uffici di governo dovet-
te accadere durante il regno di Ludovico (1342-1355) e nei
primordi dell'altro di Federico III, entrambi figli di Pietro,
e succeduti in assai giovane età nel potere regio (1).
Il Re Federico II aragonese e poi il figliuolo suo Pie-
tro II, associato al regno e successore, avevano goduto per
lunghi anni la devozione ed il rispetto dei Siciliani. In una
lettera ai Messinesi si diceva dai Palermitani nel 1345 che
il Re Pietro II si distingueva per la bontà dell' animo , al
pari di quella del padre : « Licet Rex noster erat et domi-
nus, tamen omnes regnicolas senes ut patres , aequos ut
fratres, minores quidem ut filios, paternis inhaerendo vesti-
giis, omni benignitate tractavit» (2). Cominciano invece nel
(1) Di tale affermazione reco appresso le prove.
(2) Anonymi , Historia sicula vulgari dialecto conscripta , cap. XXI
(ediz. Gregorio, Bibl. script, arag. cit. t. II, pag. 283). Su tale cronaca,
le sue origini, derivazioni di manoscritti ed altre notizie si veda l'eru-
dito lavoro di Stefano Vittorio Bozzo, Storia siciliana di Anonimo au-
tore, compilata in dialetto nel secolo XV, trascritta e corredata di studi,
note ed indici. Bologna, 1884. L'autore per la sua immatura morte non
PREFAZIONE XXXVII
regno di Ludovico turbolenze infinite, le fazioni e le ribel-
lioni dei Ghiaramonti e dei Palici si susseguono, nel 1347
per la peste famosa (descritta dal Boccaccio) accade la
morte del savio Duca Giovanni d' Aragona tutore del Re ,
nel 1354 è tentata la fede di Messina , che viene occupata
dagli Angioini di Napoli due anni dopo , rimanendovi per
alquanto tempo signori fino al 1363 , Palermo dal 1354 in
poi sino al 1374 si dà pure agli Angioini (come altrove ho
esposto) ed altre città dell'isola ne seguono l'esempio (1).
Nel narrare le vicende dei tempi del Re Ludovico, l'A-
nonimo cronista in volgare scrive un breve capitolo in la-
tino, forse per maggior vigoria di stile, intitolato: «Excusa-
cio quedam presens opusculum excribentis super his, que
de intrinseca guerra et domestica sunt dicenda ». Egli fa una
descrizione commovente dei disordini, nei quali l'isola tro-
vavasi specialmente dopo la morte del Duca Giovanni, «post
predicti fohannis obitum deplorandum», e così dice: «Pre-
tereo igitur furta et rapinas, stupra, flammas et incendia ac
potè pubblicare quel testo. Il Gregorio nella memoria su gli archivi
dice che il figlio di Federico II aragonese « fu semplice, o pure che di
leggieri faceasi dominare dai grandi » ; ma pare che egli trasmodi in
|ale giudizio, non condiviso dai contemporanei. Cfr. G. La Mantia,
Dei reali Archivi. Memoria inedita di Gregorio cit., pag. VII.
(1) Il testo dei documenti del tempo di quella occupazione messi-
nese, concernenti gabelle, dogane ed altro, trovasi nel volume del dott.
Giuseppe Tra vali , I diplomi angioini dello Archivio di Stato di Pa-
lermo cit. — Su Palermo, che persisteva nella ribellione a favore degli
Angioini , cfr. la mia memoria Su i più antichi Capitoli della città di
Palermo dal secolo XII al XIV e su le condizioni della città medesima
negli anni 1364 a 1392 (neiVArch. Stor. Sic, an. XL, 1915, pag. 426 e
seg.).
XXXVIII PREFAZIONE
depopulaciones civium innocencium non describam, subiectam
igni patriam .... sanctuaria profanata .... et proditio-
num genera infinita», ed afferma con felice espressione:
«Quorum si quotam vellem explorare particulam, ante diem
clauso componet vesper Olympo» (1). Nessun dubbio quindi
può aversi che allora furon compiti la distruzione e lo scem-
pio dei registri e dei documenti dei primi sovrani aragonesi
e dei loro Luogotenenti, da Pietro I a Ludovico.
Il grido di libertà, che aveva scosso i Siciliani nel 1282
e sino che Pietro II, il mite sovrano associato al regno pa-
terno per molti anni, fu in vita, non più incitava il popolo
alla fedeltà ai propri Re, ed era anzi troppo se qualche fle-
bile e solitaria eco di rimpianto si sentisse, le trascorse me-
morie recavano inciampo e rimorso ai ribelli che distrugge-
vano le preziose carte, ora che essi «antiquum hostem, de
antiquioribus hostibus Siculorum progenitum, invitarunt»,
cioè gli Angioini e propriamente i sovrani Ludovico e Gio-
vanna I di Napoli (2).
Gregorio, accennando l'epoca del tardo inizio dei registri
della Cancelleria e del Protonotaro, aggiunge : « Exinde ve-
ro intelligitur quam ob causam vetustiora Aragonensium Re-
gum, et presertim Petri eiusque filiorum Iacobi et Friderici, in
hac nostra Bibliotheca desiderantur diplomata». Egli crede
che la perdita dei registri di quel tempo sia provenuta, oltre
che per il trasporto « per varia Siciliae loca et praecipue
Messanam et Catanam cum licet summi imperantes
eo ventitabant», pure per aver trasferito in Napoli quei re-
(1) Gregorio, Bibl. script, arag. cit., t. II, pag. 290.
(2) G. La. Mantia , Sui più antichi Capitoli della città di Palermo
cit. pag. 426.
PREFAZIONE XXXIX
gistri, ed adduce per prova l'affermazione generica di Mon-
gitore e la trascrizione di un documento del 1297 di Fede-
rico II aragonese, eseguita da Antonino Amico nell'Archivio
di Napoli, ed inoltre l'attestazione dei giureconsulti del se-
colo XVI Matteo di Afflitto, Marino Freccia e Leonardo Li-
parulo per l'esistenza del regesto dell'imperatore Federico in
archivo regni Siciliae ultra Farum (1).
E evidente che la notizia del trasporto dei registri ara-
gonesi in Napoli è del tutto erronea, perchè il privilegio a-
ragonese ricordato dal Mongitore si trova soltanto come in-
serzione in un registro angioino e riguarda particolare con-
cessione a ribelli siciliani (2), e nessuna menzione si ha di
registri aragonesi di Sicilia conservati in Napoli. L'altro ri-
cordo che il registro svevo si conservasse in Palermo nel
secolo XVI non è nemmeno sicuro, ove si consideri che
quei giureconsulti, riferendosi ad un'affermazione del famoso
giurista Andrea d'isernia (-J- 1316) per ordini dell'imperatore
Federico, e non avendo notizia di quel registro confuso in
Napoli fra recondite scritture di ogni genere ed epoche,
ritenevano che fosse custodito negli archivi dell'altra parte
del regno (3).
(1) Gregorio, Bibl. script, arag. cit., t. II, pag. 429 e seg.
(2) Vedi Amari, La Guerra del Vespro Siciliano , 9a ediz. , Milano ,
1886, rol. II, pag. 341, nota.
(3) Cargani, che primo lo pubblicava nel 1786, attestava che due co-
pie si avevano di quel regesto svevo eseguite da P. Borrello e da Gen-
naro Chiarito, prefetto dell'Archivio della Regia Zecca, e diceva altresì
che per V autorevole interposizione del Viceré Domenico Caracciolo ,
«literarum ac literatorum hominum numen praesentissimum » potè ot-
tenere il permesso di tenere presso di sé l'originale regesto per la pub-
blicazione. Cfr. Carcani, Constitutiones regum regni utriusque Siciliae. . .
XL PREFAZIONE
Nella memoria su gli archivi, da me edita , il Gregorio
nota per il tempo aragonese : «Il danno maggiore per i no-
stri archivi in questi torbidi tempi fu che non poche delle
nostre carte si perdettero. Ma quanto la perdita è certa ,
tanto ignota la vera causa di esser mancati ». Ritiene pro-
babile per la mancanza dei registri del Re Giacomo che «li
tempi torbidi che corsero pria che Federigo avesse salito al
trono, abbiano cagionato tanta perdita», perchè considera
altresì che «quando Giacomo lasciò l'isola non era nel pen-
siero di perderla per sempre». Se tale sua induzione è sfor-
nita di prove, non sembra però inverosimile per il risenti-
mento che avranno potuto manifestare i Siciliani quando
nel 1295 il Re Giacomo abbandonava, con la sua rinunzia,
l'isola ai nemici. E sicura invece l'altra considerazione del
Gregorio che « il governo dell' isola potè sussistere fino al
1347 per le virtù e i personali meriti del Duca Giovanni ,
ma tostochè questi finì di vivere , non potè esser né più
vilipesa, né più dai baroni usurpata V autorità sovrana» (1).
Occorre nondimeno recare altre prove della probabile di-
struzione dei registri della regia Cancelleria e del Protono-
taro del regno in quel tempo, cioè dopo la morte del Duca
Giovanni nel 1347 e sino ai primordi del regno di Federi-
co III (1355), che succedeva, al trono fra i più grandi scon-
volgimenti dell'isola.
In un documento del Re Ludovico dell'anno 1352 è ri-
cordata la perdita nel comune di Piazza di alcuni registri
quibus accedunt Assisiae regum regni Siciliae et fragmentum quod su-
perest regesti ecc. Neapoli, 1786, pag. IX e seg.
(1) G. La Mantta , Dei reali Archivi. Memoria inedita di Gregorio
cit., pag. VII, e seg.
PREFAZIONE XLl
dell'officio della Cancelleria di Pietro II dell'anno 1338, di-
cendosi : « quia [litere] simul cum certis registris diete Cu-
rie officii Cancellarle in terra Placie casualiter amisse fue-
rant » (1). Il Re Federico III nell'inizio del suo regno ordi-
nava a 24 marzo 1356 al ribelle Cancelliere del regno En-
rico Rosso di portare in Catania i sigilli reali ed i registri
del suo officio: «Sigilla nostra, que habetis, ac registra dicti
vestri Cancellar iatus officii expedit in Curia nostra esse» (2).
Tale ordine era dato perchè si dubitava che il Rosso avrebbe
consegnato agli Angioini o fatto distruggere i registri reali.
Non si potè nel 1357 rinnovare un privilegio di Ludo-
vico « propter amissionem (come dice il Re Federico III)
registrorum officiorum Prothonotarii et Cancellane regni no-
stri, que in civitate Messane, occupata per hostes nostros,
servabantur » (3). Nel 1361 il Re Federico III ricordava per
due privilegi del Re Pietro li, non indicati per data, che
« predicta privilegia concessionis, donacionis et confirmacio-
nis predictarum, necnon registra nostre Curie, in quibus pri-
vilegia ipsa registrata erant, deducta, in predam , cum sub-
stanciis nonnullorum nostrorum fìdelium, more hostili infra
(1) R. Cancelleria, reg. 15, fol. 34. Concessione ad Adamuccio Ro-
mano su i proventi della beccheria di Palermo.
(2) Protonotaro del Regno , reg. 2, fol. 105. Questo notevole docu-
mento fu edito dal dott. G. Tra vali, I diplomi angioini cit., pag. XV
e ristampato dal prof. G. Cosentino, sCodice diplom. di Federico IH cit.
pag. 173.
(3) Protonotaro del Regno, reg. 2, fol. 355. Licenza all'ebreo Giuseppe
di Giacomo di Boemia per esercizio della medicina. Il documento è ri-
cordato da B. e G. Lagumina, Codice diplomatico dei Giudei di Sicilia
(nei Boc. della Soc. Sicil. di Stor. Patria, Serie I, voi. VI, 1886, p. 69)
con data inesatta del 1372.
XLI1 PREFAZIONE
tumultus dudum in regno commotos, curri sedicionibus po-
pulorum , et guerrarum turbines intrinsecus et extrinsecus
propterea consuetos, agente humani generis inimico, fuerint
deperdita et extincta » (1). La preda , il saccheggio e la di-
struzione dei registri reali non potrebbero esser descritti in
maniera più evidente, anco per l'espressione more hostili.
Affermava nel 1365 il Re Federico III per i registri del
suo avo Federico II e del fratello Ludovico , di data non
determinata : « Cum . . . registra nostre Curie illorum tem-
porum fuerint et sint casualiter, guerre occasione, deperdita
et devastata» (2). Notevole è finalmente la esplicita menzione
fatta dal Re Federico III nel 1374 per la distruzione di tutti
i registri esistenti in Messina e bruciati dai nemici, che sem-
bra essere avvenuta per una rilevante serie di registri non
solo della regia Cancelleria , ma anche del Protonotaro
( Cancellar iarum nostrarum) e per i registri di tempi anteriori
al regno di Federico III , perchè Messina era tornata nel
1364 alla fede regia, ed il documento suddetto del 1374 con-
cerneva la conferma di un' antica concessione , chiesta da
Berardo Passaneto. Giova riferire le parole testuali del do-
cumento: «Et quia omnia registra Cancellariarum nostrarum
existencia in palacio nobilis civitatis Messane, per tunc ho-
stes nostros , eamdem civitatem hostiliter occupantes , fue-
rint combusta» (3). Gli Angioini in Messina compievano per-
ciò quell'enorme distruzione, gettando in mezzo al fuoco i
(1) Protonotaro del Regno , reg. 1 , fol. 102. Conferma di saline di
Castrogiovanni ad Intorella.
(2) B. Cancelleria , reg. 42 , fol. 121 r. Conferma della terra di Au-
gusta a Matteo Moneada.
(3) B. Cancelleria, reg. 5, fol. 217 r.
PREFAZIONE XLIII
registri ; e le parole eamdem civitatem hostiliter occupantes
dimostrano che ciò avvenne nel 1356 od alcuni anni ap-
presso (1).
Questi vari ricordi di distruzione di registri della regia
Cancelleria e del Protonotaro del regno ci tramandano con
evidenza, e con le stesse parole dei sovrani che l'attestava-
no , la notizia del tempo nel quale essa accadde ; e peral-
tro tali ricordi diplomatici ben corrispondono con le descri-
zioni di devastazioni e sommosse che leggonsi nelle crona-
che, e che ho già riferito.
5. Debbo ora fornire alcune particolari notizie su i re-
gistri ancora superstiti della Cancelleria aragonese di Sicilia.
Nell'anno 1876 il barone Raffaele Starrabba pubblicava nel-
l' Archivio Storico siciliano un elenco di registri conservati
neh" Archivio della Corona di Aragona in Barcellona , che
concernono espressamente la Sicilia per la designazione che
essi offrono nel dorso o nel primo foglio, per gli anni 1282
a 1555 (2). Tale sommario e brevissimo elenco era stato
trasmesso allo storico Isidoro La Lumia dal Direttore Ma-
fi) Gregorio, Bibl. script, arag. t. II, pag. 430 accenna fugacemente
il ricordo contenuto in questo documento, però sul breve sunto che ne
die il Barberi , e seguendo la data erronea del 1370 da lui indicata.
Cfr. Silvestri, I Capibrevi di Giovati Luca Barberi cit., voi. Ili, p. 150.
Gregorio inoltre osserva « Patet idcirco ante praedictum annum [1370]
huiusmodi regesta flammis absumpta interiisse»; ma le precise parole
del documento da me riferite bastano a denotare il tempo, ben più an-
tico , di quella distruzione. Ne fece pure il Gregorio menzione nella
memoria Dei reali Archivi da me pubblicata, pag. IX.
(2) Cfr. Starrabba, Documenti riguardanti la Sicilia sotto Re Mar-
tino I, esistenti nell'Archivio della Corona di Aragona (nelV Arch. Stor.
Sic, antica serie, an. ITI, 1876, pag. 139 e seg.).
XLIV PREFAZIONE
nuele de Bofarull , che lo trasse dall' esteso Inventario dei
registri della Cancelleria dei sovrani di Aragona (1).
Per l'epoca più antica aragonese da quell'elenco non si
rilevava che l'indicazione di tre registri, cioè : « 53 y 54, a-
nos 1282-3, titulo — De rebus regni Siciliae » , e «323, a-
fios 1295, titulo — Revocationum Siciliae — Regestum super
revocandis illis qui erant in Sicilia ». Starrabba avendo poi
conosciuto per altre informazioni che i registri 53 e 54 e-
rano molto estesi, e che invece l'altro di n. 323 si compo-
neva di pochi fogli , tralasciò di fare eseguire ogni ricerca
o copia per i registri 53 e 54 degli anni 1282-83, e chiese
invece la trascrizione del breve quaderno del 1295 per la
rinunzia di Giacomo alla Sicilia, che inesattamente chiama
registro o volume. Tale quaderno Starrabba die in luce quin-
di nell'Archivio Storico medesimo nell'anno 1882 (2).
Starrabba sin dal 1876 manifestava però il desiderio che,
seguendo l'esempio del celebre diplomatista Antonino Ami-
co, si fosse eseguita una esplorazione storica negli Archivi
della Corona d' Aragona in Barcellona. Dopo cinque anni
dovendosi, nella ricorrenza del sesto centenario del Vespro
siciliano, preparare dalla Società Siciliana per la Storia Pa-
tria la stampa di memorie e documenti riguardanti la rivo-
luzione del Vespro, Starrabba proponeva di pubblicarsi quei
«tre registri» barcellonesi, e così venne deliberato di ese-
guirsi (3).
(1) Ciò afferma Starrabba in altra memoria inserita neWArch. Stor.
Sic, an. VII, 1882, pag. 276, che ricorderò qui appresso.
(2) Cfr. Starrabba , Documenti riguardanti l'abdicazione di Giaco-
mo II d'Aragona al trono di Sicilia (1295), comunicati da Don Manuele
de Bofarull Direttore dell'Archivio della Corona d'Aragona (nelT Arch.
Stor. Sic. an. VII cit.).
(3) Tali ricordi sono dati da Starrabba nella sua Commemorazione
PREFAZIONE XLV
Darò qui alcuni cenni soltanto per i registri 53 e 54 de-
gli anni 1282-83, che prima formavano unico registro, se-
parato nei secoli posteriori. Starrabba fornisce notizia este-
sa, col testo di lettere del Direttore de Bofarull su le pratiche
per la trascrizione di essi, perchè il de Bofarull affermava :
« Hace os cargo de que se trata de la còpia de dos volu-
menes en folio mayor , de letra muy pequena y de dificil
lectura en lengua latina, que ocupan nada menos que 247
foleos, y os convencereis que no solo no bastarian cinco
meses de trabajo asiduo de dos copistas inteligentes para
sacarla, sino que probablemente no bastarian dos anos de
trabajo continuado ». Si conobbe poi la grave spesa che
sarebbe importata, la trascrizione, e così fu scelto l'erudito
i archivista can. Carini dell'Archivio di Stato di Palermo per
recarsi in Barcellona a quello scopo (1). Altri ricordi su quelle
fatiche del Carini offre ancora in uno speciale volume Giu-
seppe Silvestri, allora direttore dell'Archivio di Stato, il quale
curava la sollecita stampa dei due registri su le copie, che
trasmetteva periodicamente il Carini da Barcellona (2).
Ricorda lo Starrabba che la stampa di una parte dei
due registri dovette con grande celerità eseguirsi. Dice egli
infatti: « Potè essere adempiuto a tempo un voto, che fu
anche una promessa , che si direbbe temerariamente fatta,
voglio dire la pubblicazione della prima parte del materiale
di Mons. Isidoro Carini , pag. IX e seg. , in fine dell' Ardi. Stor. Sic,
an. XX, 1895.
(1) Cfr. la suddetta Commemorazione scritta da Starrabba. Partì il
Carini dalla Sicilia a 20 dicembre 1881.
(2) Silvestri , Isidoro Carini e la sua missione archivistica nella
Spagna. Palermo, 1895, pag. 13 e seg. Si veda pure Carini, Gli Arch.
e le Bibl. cit. voi. 1, pag. 35-37.
XLVI PREFAZIONE
a giorno fisso, cioè il 31 marzo 1882» (1). Questa data, che
era ammonimento della Sicilia già rivendicata a libertà ,
nuoceva pertanto, per la ristrettezza del tempo assegnato
al Carini, alla completa e ordinata edizione diplomatica dei
due registri di Pietro I.
L'insigne storico Amari, che per tanti anni non aveva
curato di fare ricerche negli archivi di Spagna, nonostanti
i felici risultati ottenuti sin dal 1847 dal Saint - Priest in
Barcellona, riconobbe nel 1882 la necessità di formare un'ul-
tima edizione (la nona) della sua Guerra del Vespro Sici-
liano dopo la pubblicazione dei documenti trascritti dal Ca-
rini in Barcellona; e perchè lo stesso Amari non rilevasse,
quasi di sorpresa, dalla stampa dei due registri del 1282-83
le nuove notizie storiche provenienti da una fonte inesplo-
rata, richiedeva uno speciale permesso al Ministero dell'In-
terno, « che ha fatto mandare (come egli dice) all'Archivio
di Pisa il manoscritto originale del Carini, per darmi comodo
di studiarlo prima della pubblicazione » (2).
Verso la fine dell'anno 1885 apparve, certamente per e-
quivoco, un annunzio nella Rivista Storica Italiana per la
nuova edizione (nona), che si diceva già compiuta, dell'ope-
ra dell'Amari, e si affermava «tutta rimaneggiata a norma dei
nuovi documenti scoperti ed illustrati in gran parte dall' auto-
(1) Starrabba, Commemorazione cit., pag. XXIV. Per potere riuscire
a pubblicare a giorno fisso, si soppressero nella stampa molti documenti
di concessioni di offici ed altro, simili per le formole, i quali si riman-
darono ad una Appendice, ed altri di simil genere non furono trascritti
dal Carini.
(2) Amari , La Guerra del Vespro Siciliano , 9» ediz. Milano , 1886 ,
voi. I , pag. XIII. Ciò ripete pure Starr abba , Commemorazione cit. ,
pag. XLI.
PREFAZIONE XLVII
re medesimo» (1). Silvestri opportunamente si affrettò in apri-
le 1886 a smentire l'erronea notizia, ed in quella medesima
Rivista fu pubblicata una lunga lettera del medesimo, che
tributava al Carini il merito della ricerca, trascrizione ed il-
lustrazione coi riassunti, dei documenti conservati in Barcel-
lona (2). In quello stesso anno (come è noto) venne fuori
in tre volumi l'edizione nona dell'opera dell'Amari, per cura
dell'editore Hoepli in Milano (3).
Per la descrizione del registro di Pietro 1 ed il ricordo
della sua divisione in parti, eseguita in tempo assai tardo,
basta rinviare alle notizie date dal Carini , e che il Silve-
stri inserì in una prefazione con sua firma all'edizione di
quei documenti (4). Carini crede che i due volumi (o
meglio parti) provenienti da unico registro « furon poi ri-
legati separatamente a fin di poterli più agevolmente ma-
neggiare ».
Gli altri registri della Cancelleria siciliana, sebbene fram-
mentari, che ancora rimangono dei tempi dei Re Pietro I
a Ludovico, sono quelli degli anni 1353 - 55 da me ritrovati,
appartenenti al Re Ludovico, e dei quali diedi estesa no-
tizia nella memoria speciale già ricordata. Essi formavano
(1) Rivista Storica Italiana, Torino, 1885, voi. II, pag. 919.
(2) SiLVESTfli , Isidoro Carini e la sua missione cit. , pag. 15. — Ri-
vista Stor. Ital., voi. ili, an. 1886, pag. 471 e seg.
(3) Amari appose nel titolo della 9a edizione questa speciale indica-
zione : « corretta ed accresciuta secondo i Registri di Barcellona ed altri
documenti e corredata di alcuni testi paralleli». Nell'anno seguente
1887 egli pubblicava in Milano altro volumetto di pag. LIV-139 con
questo nuovo titolo : Altre narrazioni del Vespro Siciliano scritte nel
buon secolo della lingua.
(4) Carini, De Rebus regni Siciliae cit., pag. VII e seg.
XLVI1I PREFAZIONE
parte (come ho detto) dei registri dell' officio del Protono-
taro del regno. Ho descritto nella memoria minutamente
quei frammenti, ne ho formato la ricostruzione cronologica
precisa per i vari documenti che vennero disordinatamente
raccolti in un registro miscellaneo nel secolo reguente, ho
aggiunto il regesto dei documenti medesimi , ed altresì la
nitida fototipia di una pagina, per conoscersi la forma dei
registri reali e la loro scrittura, anco per il motivo che niun
fac - simile se ne aveva sino a quel tempo in Sicilia, neanco
nell'Archivio paleografico italiano del Monaci, e l'omissione
riusciva tuttavia inescusabile. Basta pertanto rinviare per
tutte cotali notizie a quella memoria (1).
Noterò solamente che sembra che Gregorio abbia voluto
(trattando degli archivi di Sicilia) appena ricordare in modo
indeterminato i frammenti dei registri del Re Ludovico, per-
chè dice: «Il vedere frattanto l'uso vegliantet nei tempi in-
felici di Ludovico che nell' officio del Protonotaro registra-
vansi alcune carte » (2). Il Gregorio però non ebbe cura di
fornire particolari cenni e descrizioni di quei più antichi
frammenti di registri reali esistenti nell'isola.
Per il quaderno del 129o sopra menzionato, edito dallo
Starrabba nel 1882 , non occorre fare alcun cenno , per il
motivo che non è un quaderno formato in Sicilia ma bensì
nella Cancelleria dell'Aragona, e contiene in altri fogli do-
cumenti estranei alla Sicilia e posteriori.
6. Era indispensabile quindi per me, in tanta scarsezza
(1) Cfr. la mia memoria Su i frammenti di due registri originali di
Ludovico d'J- xgona cit.
(2) G. La Mantia, Dei Beali Archivi. Memoria inedita di Gregorio,
cit. pag. Vili.
PREFAZIONE XLIX
di documenti della lunga epoca aragonese dal 1282 al 1355,
di eseguire , prima di ogni altra, un'ampia ed accurata ri-
cerca negli archivi pubblici e privati, cioè governativi, co-
munali, ecclesiastici e di primarie famiglie patrizie (per i
quali ultimi si ha il sussidio di elenchi e regesti a stampa
o di altri ricordi in lavori inediti) nelle varie città ed in
molti comuni minori dell' isola , ed investigare pure in al-
quante biblioteche, dove si conservano antichi codici e co-
pie manoscritte di documenti. Tale esteso e paziente lavoro
iniziai sin dal 1895, perseverandovi costantemente per note-
vole periodo di tempo (1).
Abbondante materia mi offrì l'archivio dell'antica capi-
tale del regno , Palermo , perchè oltre alquanti documenti
contenuti in alcuni registri conservati nella regia Cancelle-
ria, ai quali non appartengono (come ho notato prima), ho
potuto ricavare dalla particolare ricerca di centinaia di re-
gistri dal 1355 in poi sino ai primordi del secolo XVI, spet-
tanti agli uffici della regia Cancelleria, del Protonotaro del
regno e della Conservatoria di registro (miscellanei e disor-
dinati i più antichi registri dei due primi uffici per impedi-
zia di coloro che li riordinarono nel secolo XVII, e senza
alterazione gli altri) il testo di molti documenti aragonesi,
che venivano trascritti nei tempi posteriori nelle occasioni di
conferme o di nuovi provvedimenti. L'importante collezione
dei Capibrevi di Giovan Luca Barberi del primo ventennio
del secolo XVI, soltanto edita per i feudi minori e non po-
(1) Nel 1906 io così diceva : « Intento da alquanti anni a fare ampia
raccolta dei documenti dei primi Re aragonesi di Sicilia dal 1282 al
1355 per la pubblicazione di un Codice diplomatico». Cfr. la memoria
Sui frammenti di due registri cit. pag. 502.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. d
PREFAZIONE
polati di Sicilia, che rimasta sospesa per la morte del Sil-
vestri, venne da me compiuta nel 1907 (1), ed altri prege-
voli manoscritti mi fornirono altra notevole serie. Ne de-
vesi tralasciare di far menzione dei Tabulari di diversi an-
tichi monasteri siciliani soppressi e della Chiesa vescovile
di Cefalù (soltanto in parte custodito in Palermo , nel-
l'occasione del trafugamento nell'epoca borbonica) per le per-
gamene che vi si contengono e conservansi nel suddetto
Archivio , e che oltrepassano il numero di cinquemila dal
secolo XI al XVIII (2).
L'Archivio comunale di Palermo nei pochi registri car-
tacei di Lettere del Pretore e Giudici della città per gli anni
dal 1311 al 1355, sebbene con molte interruzioni e lacune,
mi ha fornito buona fonte di indagini e trascrizioni. Pol-
laci nel 1892 desumeva dal ricordo contenuto negli Annali
inediti di Palermo di un Anonimo, i quali vanno dal 1257
al 1405 (3), che i registri cominciassero dal 1257 dicendosi
in quegli Annali « per dappocaggini dei nostri padri e de
li Senatori pochi libri antichi si retrovano », e dalla raccolta
pure manoscritta di documenti formata dal Texeira nel 1793
rilevava che esistevano allora i registri degli anni 1300 al
1311. Dopo quel tempo però, cioè dal 1793 (come osserva
(1) Cfr. il voi. Ili del Silvestri , I Capibrevi di G. L. Barberi cit.
Palermo, 1888, e V Avvertimento da me apposto nelle pag. 613-616 per
il compimento della stampa.
(2) Una breve ma precisa notizia di cotali Tabulari trovasi nel vo-
lume L' ordinamento delle carte degli Archivi di Stato italiani. Manuale
storico archivistico. Roma, 1910, pag. 303 , edito per lodevole cura del
Ministero dell'Interno.
(3) Vedi Rossi , Catalogo dei manoscritti della Biblioteca Comunale
di Palermo cit., pag. 120, per il ms. Qq E, 29, n. 5.
PREFAZIONE LI
il Pollaci) molte furono le dispersioni di quei registri , « sì
che il più antico sia ora quello dell'anno IV indiz. 1311-12.
Né da quell'anno in poi la serie dei volumi procede rego-
larmente , e senza lacune , poiché da detto anno salta al
1316- 17... Così a balzi si va per tutto il secolo XIV, talché
dei cento volumi di questo appena sopravanzano oggi sedi-
ci » (1).
Tanta è stata la deplorevole noncuranza nella conser-
vazione dei registri dell'autorità comunale della prima città
dell'isola , e non è quindi da meravigliare se in altre città
non ne rimangano vestigia.
Dovetti esplorare altresì gli archivi di molti comuni della
Sicilia, che ho percorso in vari anni in tutte le sue regioni
dalle miti marine alle eccelse vette di monti e dell'Etna e
nelle sue isole vicine, e dovunque negli archivi governativi
e municipali , di Chiese e di privati le ricerche riuscirono
proficue, e mi dispenso dal far qui particolare descrizione
di quelle fonti diplomatiche, perchè l'argomento mi trarrebbe
troppo in lungo (2). Dirò solamente che i così detti Libri
Bossi delle antiche amministrazioni municipali, nei quali
(1) Pollaci, Gli Atti della città di Palermo cit. , pag. XIII , XXIX
e XXXIII.
(2) Il sommo storico Fazzello diceva a Carlo V : « Et ne si quae lo-
corum aut temporum sunt, temere asseverare viderer, cum ab antiqui-
tate pendeant, ea, peragrata a me quater aut sepius et curiosissime in-_
dagata tota Sicilia, tamdiu cum authorum sententiis contuli, quousque
re comperta abunde mi hi ipse satisfeci », e additava così nel secolo XVI
la necessità di rievocare la storia dell'isola su le memorie che essa con-
serva in ogni luogo, sano criterio c,he potrebbe piuttosto dirsi auspicio
per quei tempi ; né 1' esempio rimase infecondo , segnatamente per le
indagini che il diplomatista Antonino Amico ed il Pirri per la sua Sici-
lia Sacra appresso compivano. Fazzello , De rebus siculis. Panormi ,
1558, Praefatio, pag. 1.
LII PREFAZIONE
trascriveansi per intero i privilegi dei vari comuni , e che
spesso furon cagione della perdita degli originali , che le
pergamene ed i codici delle varie Chiese vescovili dell'isola
e di altre minori e le scritture di alquanti monasteri abo-
liti, conservate presso alcuni Archivi provinciali od altrove,
diedero rilevante incremento alla mia raccolta.
Né agli Archivi doveano limitarsi le mie indagini, poiché
le Biblioteche mi avrebbero altresì offerto nuova materia in
quella parte di antiche raccolte manoscritte che in alquante
di esse conservansi, come a Messina (prima del tremuoto fa-
tale del 1908), a Catania, a Girgenti, a Trapani, a Siracusa,
e che ad esuberanza si ritrovano nella Biblioteca Comunale
di Palermo, assai notevole per cotale magnifica collezione.
Precipua menzione fra i pregevoli manoscritti di simil ge-
nere della Biblioteca di Palermo deve farsi per i vari vo-
lumi di trascrizioni di documenti dall'epoca normanna sino
al secolo XVI, formata in origine dall'infaticabile diplomati-
sta can. Antonino Amico, che dimorò vari anni nella Spa-
gna dal 1618 al 1625, esplorò gli Archivi della Corona d'A-
ragona, e trascrisse quivi alquanti documenti, e molti altri
negli archivi di Napoli e di Sicilia, rimanendo però, con
grave danno, inedito tutto quel materiale, tanto che nel se-
colo seguente l'erudito can. Domenico Schiavo ne trasse mo-
tivo di un riordinamento e di aggiunte di copie di altri do-
cumenti tratte dagli archivi di Palermo e dell'isola, senza
che la sua nuova fatica riportasse fortuna migliore della
precedente (1).
Le ricerche da me compiute nella Sicilia estesi , per
(1) Mi dispenso dal fornire qualsiasi indicazione di codici e di ma-
noscritti, che verranno peraltro designati fra le note ai documenti.
PREFAZIONE LUI
quanto mi fu possibile , in vari principali archivi del con-
tinente d'Italia, ossia di quelle città con le quali la Sicilia
ebbe nell'epoca aragonese maggiori relazioni, specialmente
in Napoli ed in alcuni altri, per i quali le pubblicazioni d'in-
ventari e di regesti aveanmi già fornito talvolta notizia ed
occasione di indagini, confronti e trascrizioni del testo di do-
cumenti e di cronache (1).
§ III. — 1. Necessità di ricercare l'Archivio della Corona
d'Aragona in Barcellona per i documenti del regno di Pietro 1
e quelli del regno di Giacomo in Sicilia. — 2. Missione e ri-
sultato delle mie ricerche in Ispagna. — 3. Viene da me e-
stesa la ricerca anche al tempo del regno di Federico II a-
ragonese. — 4. Memoria da me pubblicata in Barcellona nel
1909 su le relazioni di Alfonso III con la Sicilia. — 5. Altre
memorie su l'epoca aragonese in Sicilia da me date in luce
dal 1905 sinora.
1. Precipuo lavoro era stato per me quello di raccogliere
in vari viaggi ed in un tempo conveniente, e che mi poteva
esser concesso, i documenti sparsi negli archivi delle varie
città dell' isola ; ma cotali ricerche soltanto non sarebbero
bastate a fornire il materiale per il Codice diplomatico, per-
chè nell'Archivio della Corona di Aragona in Barcellona oc-
correva esaminare i registri di Pietro I e gli altri del Re Gia-
como per il tempo del loro dominio su la Sicilia dopo la
partenza dall'isola, cioè per Pietro I da maggio 1283 in poi,
(l) Le città di Genova, Pisa, Venezia e Roma, oltre Napoli , sì per
i commerci, che per le vicende di guerra e della diplomazia delle Corti,
devono a preferenza denotarsi in quel novero.
LIV PREFAZIONE
e per Giacomo da luglio 1291 sino a novembre 1295, quando
rinunziò al regno di Sicilia.
Il can. Carini , oltre la trascrizione dei due registri del
1282-83 del Re Pietro I, aveva curato di formare i sunti
dei documenti contenuti negli altri registri del suddetto Re
dal principio del suo regno (1276) sino alla fine. Egli dice-
va : «Occupai dopo ciò il tempo ... a studiare foglio per
foglio, secondo i desideri da lei [Silvestri] manifestatimi, al-
tri trenta anche più preziosi registri, che comprendono tutti
gli oscuri antecedenti del Vespro, non che i posteriori av-
venimenti sino alla morte di Re Pietro (1285) e mirabilmente
li chiariscono; posso anche aggiungere diffini Uva mente e fin
nei loro particolari più minuti » (1). Estese pure il Carini
le sue indagini e la formazione dei sunti anche alle scrit-
ture in carta ed in pergamena del regno di Pietro I ed a
quelle posteriori di Alfonso III dal 1285 al 1291 (2).
Nondimeno egli , che pure aveva dato alquante notizie
su l'origine dell'Archivio della Corona d'Aragona in Barcel-
lona, gli archivisti più distinti, le pubblicazioni eseguite , i
locali, i manoscritti più notevoli quivi conservati (3) , non
(1) Carini, Gli Arch. e le Bibl. di Spagna cit., voi. I, pag. 36. L'e-
lenco di quei registri fornì Starrabba a pag. 539 del voi. II , avendo
il medesimo nel 1896 curato la stampa dalla pag. 241 in poi del volume
suddetto, che era rimasta sospesa dopo il 1887 per il trasferimento in
Roma e poi per la morte (1895) del Carini. I sunti dei registri del re-
gno di Pietro I (1276-1285) trovansi nelle pag. 2-182 del voi. II.
(2) La denominazione di Pietro li e di Alfonso II (invece di Pietro I
e Alfonso III) data dal Carini proviene dalle indicazioni archivistiche
usate in Barcellona per la distinzione dei Re di Aragona della Casa di
Barcellona. Quei sunti trovansi nelle pag. 183-242.
(3) Cfr. Carini, Gli Arch. e le Bibl. cit., voi. I, pag. 9-39.
PREFAZIONE LV
fornì preciso ricordo per i registri della Cancelleria di quei
sovrani, ma soltanto pochi cenni fugaci e generici (1). At-
testava di non aver potuto studiare i registri di Alfonso III
e di Giacomo II (2).
Non si aveva pertanto alcuna conoscenza di quanto po-
tesse trovarsi in quell'Archivio di Barcellona per i registri
dell'epoca di Giacomo, e se ne esistessero ancora del tempo
della sua Luogotenenza e poi del regno in Sicilia (1283-1291).
Qualche menzione più esplicita riguardo a tali registri
del Re Giacomo si ha invece in alcune lettere che il Carini
inviava al Silvestri in Palermo. In una di esse scriveva :
« Fo sunti ed estratti di tutte le pergamene sciolte, di tutti
i registri (che non son pochi) e delle lettere assai numerose
che concernono i due regni di Pietro e di Alfonso . . . .
Devo rinunziare financo a guardare pergamene, lettere e re-
gistri del regno di Giacomo, che si studieranno in altra spe-
dizione [desiderio troppo lontano dal veroj. I soli registri di
Giacomo sono più di un centinaio, e si dovrebbero percor-
rere tutti foglio per foglio, perchè gli affari di Sicilia son
trattati con gli altri d'Aragona, Catalogna, Valenza etc.» (3).
Per queste affermazioni deve notarsi che il Carini non
fece affatto sunti dei registri del Re Alfonso (come egli pe-
(1) Vedansi le menzioni a pag. 20 e 38 del suddetto volume.
(2) Notava infatti il Carini (a pag. 38) : « Eppur, se il tempo me l'a-
vesse consentito , che tesoro di notizie mi avrebbero fornito i registri
e le pergamene posteriori pei regni di Alfonso e di Giacomo II sopran-
nominato El Justo, e per l'epoca dei Martini ! ». Deve rilevarsi che il
Carini per equivoco indicò quivi anche le pergamene di Alfonso III,
che egli aveva invece descritte nei sunti. Cfr. Gli Arch. e le Bibl. cit.,
voi. II, pag. 208-239.
(3) Silvestri, Isidoro Carini e la sua missione cit., pag'. 115 e seg.
LVI PREFAZIONE
raltro dichiara in altra lettera, che ricorderò fra poco), né
il numero dei registri di Giacomo era circa un centinaio ,
come il Carini corregge in altra lettera, nella quale avver-
tiva : « Avevo intenzione di abbracciare i tre regni di Pie-
tro, Alfonso e Giacomo, almeno fino al 1302. Ma per ogni
Re si devono percorrere pergamene , registri , lettere. Del
regno di Giacomo i registri sono 337 (1), gli affari di Sici-
lia confusi con gli altri. Quindi non oserò neppure guar-
darli. Le pergamene di lui sino al 1302 sono 140 che le ho
contate » (2). Tale indicazione del Carini per le pergamene
di Giacomo II è inesatta, perchè esse sino all' anno 1302
sono oltre duemila. In una ultima lettera il Carini manife-
stava: «E così appagati i desideri degli studiosi e fatto un
lavoro completo sul regno di Pietro, non ho più forze per
affrontare i 337 registri di Giacomo senza giuliane (3) e nep-
pure i 27 di Alfonso. Con forze fresche ed in compagnia si
copieranno in altra missione i preziosi testi , di cui dò i
(1) I registri di Giacomo sono più propriamente 284, rilevandosi dal-
l'inventario dell' Archivio : « Hay de su reinado 284 en 339 volumes o
tomos». La distinzione dei registri e la suddivisione di essi in volumi,
omessa qui dal Carini , è utile a conoscersi per le norme di registra-
zione in Aragona e la notizia della conservazione archivistica.
(2) Silvestri cit., pag. 118.
(3) Con questo nome adoperato dal Carini, e molto usato in Sicilia
sino al principio del secolo XIX, nei lavori archivistici si denotavano
gl'indici alfabetici delle scritture e dei registri. Ne offre la spiegazione
Pasqualino , Vocabolario siciliano etimologico. Palermo , 1786 , t. II ,
pag. 231, voce Giuliana , il quale aggiunge che ne « è incognita V eti-
mologia». Io dubito che quella parola si riferisca all'anno giuliano,
cioè della riforma di Giulio Cesare , poi migliorata da Gregorio XIII
per il computo dell'anno, perchè i registri erano ordinariamente divisi
per anno indizionale, e vi corrispondeva l'indice o giuliana.
PREFAZIONE LVII
sunti, e si estenderà il lavoro al regno di Giacomo per stu-
diare poi l'epoca soprammodo ricca dei Martini .... Ecco
la ragione per cui non tocco i registri di Giacomo, che mi
occuperebbero quasi un anno » (1).
Veniva indicato inoltre dal Carini genericamente che una
« magnifica raccolta, detta di Cartas reales, comprende au-
tografi di sovrani, principi ecc. in latino, castigliano, fran-
cese, catalano, arabico ecc.»; ma tale cenno indeterminato,
senza ricordo dell'epoca e dell'oggetto delle scritture, a nulla
poteva giovare.
Da quanto ho esposto si vede che non era aftatto pro-
posito del Carini di esplorare registri e scritture dell' e-
poca del Re Giacomo li, e nemmeno i registri del Re Al-
fonso III , limitandosi egli soltanto all' epoca del regno di
Pietro I, ed all'esame di alcune, pergamene e scritture del
suddetto Re Alfonso.
2. Determinai pertanto, per compiere la mia raccolta, di
investigare l'Archivio della Corona d'Aragona in Barcellona,
e rivolsi all' insigne patriota Senatore Andrea Guarneri ,
Presidente della Società Siciliana per la Storia Patria, a 30
giugno 1906 una mia domanda affinchè presso il Ministero
della Pubblica Istruzione fosse autorevolmente esposta la
necessità di una nuova missione in Ispagna per ricercarvi
i registri e. documenti del dominio del Re Giacomo su la
Sicilia dal 1285 al 1296, per la quale epoca (come io diceva)
« quanto potrà ricavarsi da quei registri esistenti in Ispagna
riuscirà di grande importanza per la diplomatica e la storia
di Sicilia, perchè le vicende di quei tempi sono note soltanto
per le cronache e per pochi privilegi municipali » (2).
(1) Cfr. il volume cit. del Silvestri, pag. 121.
(2) Di ciò darò le prove nel seguente paragrafo di questa Prefazione.
LVIII PREFAZIONE
L'illustre Ministro della Pubblica Istruzione , prof. Luigi
Rava, ben comprese, con alto discernimento, ed accolse cor-
tesemente la proposta, presentata dal Presidente della So-
cietà di Storia Patria e dal Consiglio direttivo, per la mis-
sione, e ne die il permesso ed altresì un sussidio ; e così
mi disposi in compagnia di mio fratello Francesco , allora
Presidente di Sezione nel Tribunale di Palermo, e che da
molti anni si era dedicato con onore agli studi storici e
dell'antico diritto italiano e siculo, a recarmi in Barcellona.
La compagnia di mio fratello, il quale aggiunse pure note-
voli spese per quel viaggio, fu di grande utilità per la nuo-
va missione; e debbo affermare (né il vivo affetto fraterno
impedisce il mio pensiero) che io non avrei potuto trovare
in tale missione una collaborazione più efficace, alacre ed
intelligente, senza la quale non sarebbe stato sufficiente il
tempo assegnato, ne possibile raggiungere lo scopo della,
missione destinata ad accrescere la notizia di un'epoca tanto
famosa della storia siciliana. Alla mia riconoscenza verso
di lui si aggiungerà indubbiamente anco quella dei cultori
di tali studi (1).
Con sua lettera del 14 luglio il benemerito comm. Fran-
cesco de Bofarull, Direttore dell'Archivio della Corona d'A-
ragona in Barcellona, rispondeva alla Direzione dell'Archi-
vio di Stato di Palermo che lo informava della missione
(1) Debbo altresì notare per la verità che mio fratello non ha tra-
lasciato da quegli anni ogni incitamento ed agevolazione durante la
preparazione di questo lavoro; e ciò è tanto più rilevante perchè le de-
licate e gravi funzioni di magistrato , adempiute di recente anche in
difficili missioni istruttorie di giustizia penale nell'isola, non gli conce-
dono quasi alcun tempo.
PREFAZIONE LIX
storica che preparavasi : « Esté V. S. bien seguro de que
la misión cientifica anunciada encontrarà en este Archivo
de mi cargo toda suerte de facilidades para el mejor de-
sempeno de su cometido , siendo ademàs de relevante in-
terés histórico la documentacion relativa a Sicilia».
Sul finire di agosto io e mio fratello partivamo per la
Spagna, e dopo avere trascorso tutta la linea ferroviaria del
Tirreno da Palermo sino a Ventimiglia Ligure, e dimorato
alcuni giorni a Marsiglia, dove si era da poco inaugurata
un'importante esposizione coloniale, giungevamo nell'inizio
di settembre a Barcellona, la magnifica e ricca città cata-
lana, che si adagia nell'ampia pianura, fra il verde dei suoi
alti colli e l'ampia distesa del mare, e per la quale nei primi
anni del secolo XVII il sommo Cervantes usava tanto lu-
singhiere espressioni : « Barcelona, archivo de la cortesia,
albergue de los extrangeros, hospital de los pobres, patria
de los valientes, venganza de los ofendidos, y corresponden-
cia grata de firmes amistades, y en sitio y en belleza uni-
ca » (1).
La nostra dimora in Barcellona per le ricerche in quel-
li) V. Obras de Miguel de Cervantes Saavedra. Nueva edicion por
de Navarrete. Paris, 1855, t. I, Don Quijote, parte II, cap. 1% p. 665.
Mi piace qui ricordare che al pari di Genova, che serba dinanzi il suo
porto la statua colossale dello scopritore del nuovo mondo, Barcellona
ha nella sua marina, e propriamente nel Paseo de Colon (dove noi abi-
tavamo), la mirabile colonna sormontata dalla statua del Genovese, e
che è alta cinquantasei metri. Né insieme alle tradizioni storiche man-
cano le memorie recenti, poiché mi era grato sentire esaltare in Bar-
cellona le virtù di Amedeo di Savoia, che cinse la corona di Spagna
dal 1870 al 1873 e che accresceva così i vincoli con la nazione italiana,
allora risorta a libertà sotto lo scettro del suo Genitore.
LX PREFAZIONE
l'Archivio durò per i due mesi di settembre ed ottobre, perchè
sul cominciare del mese seguente facevamo ritorno nell'iso-
la (1). Fu un lavoro continuo, incessante dalla mattina alla
sera, tranne qualche breve intervallo, di indagini e di tra-
scrizioni da registri, pergamene e carte sciolte (2).
Trascrissi anzitutto quasi cinquanta documenti, che ap-
partengono al regno di Pietro I dal 1283 al 1285, traendoli
dai registri di quel Re e da alcune pergamene, e che con-
cernono la Sicilia. Mi sembrò pure utile di curare la trascri-
zione dei novantaquattro documenti omessi dal Carini nel-
l'edizione del De Rebus, per la celerità della stampa a data
obbligatoria, traendone egli motivo dalla somiglianza (come
affermava) che riscontravasi col testo di concessioni e pro-
vedimenti già riferito da lui (3)j Ne tralasciai d'investigare
(1) Offrirono esteso annunzio della nostra missione il giornale spa-
gnuolo Las Noticias di Barcellona del 20 settembre 1906, n. 3823, in
America il Progresso Italo - Americano di New - York del 25 ottobre
n. °254, ed in Italia il Giornale di Sicilia del 10-11 ottobre, n. 283. Il Pre-
sidente sen. Guarneri ed il Segretario generale davano notizia alla So-
cietà di Storia Patria in Palermo, a 9 settembre, della nostra partenza
per la Spagna, ed il Guarneri aggiungeva : « La loro missione è già in
corso di esecuzione con larghe speranze di ottimi risultati». Cfr. Ar-
chivio Storico Siciliano, an. XXXI (1906), pag. 581 e seg.
(2) Pochi giorni dopo il nostro ritorno in Palermo io forniva, a 11
novembre, comunicazione a voce alla Società di Storia Patria intorno
alla missione compiuta , e quella breve relazione fu accolta con entu-
siasmo. V. Arch. Stor. Sic. an. XXXI cit., pag. 586 e seg.
(3) Tali documenti, dei quali Carini fornì il solo sunto, saranno da
me pubblicati in una seconda Appendice, oltre quella edita dal Silvestri
nel 1892, e che è ancor essa incompleta, sebbene ciò non abbia il Sil-
vestri rilevato, notando anzi nella copertina : « Nel fascicolo XIII ver-
ranno pubblicati l'indice e la prefazione». Non potè poi dar nulla, per-
chè egli non teneva le copie dei documenti, che Carini non trascrisse.
PREFAZIONE LXI
l'epoca del regno di Alfonso III, primogenito del Re Pietro I,
e suo successore nell'Aragona dal 1285 al 1291, esaminando
e copiando oltre i documenti in pergamena , dei quali die
i sunti il Carini, anco quelli che riferivansi alla Sicilia, tra
i ventisette registri del suddetto Re, che non erano stati af-
fatto ricercati dal Carini, ma che offrono però per quel primo
periodo di dominio aragonese notizie nuove ed importanti.
Da tali indagini ricavai altri quarantotto documenti, e di essi
ne ho dato in luce ventitré in una speciale memoria , che
ricorderò fra non guari.
Dovetti poi attentamente esaminare e svolgere per ogni
foglio, perchè sprovvisti di indici, non meno di venticinque
estesi registri, e di fìtta e minuta scrittura, del regno di Gia-
como per l'epoca che si riferisce al dominio di lui in Sicilia
tenuto insieme a quello dell'Aragona, cioè agli anni 1291 a
1296 , e ne ho tratto una messe abbondantissima di oltre
mille documenti riguardanti la Sicilia (1). Per il tempo an-
teriore della Luogotenenza di Giacomo nell'isola (1283 - 1285),
e poi del regno di lui sino al 1291, nessun registro invece
ho rinvenuto, rimanendo così provato che quei preziosi re-
gistri, propri della Cancelleria regia siciliana, non furono dal
Re Giacomo nel 1291 trasportati con sé nella Catalogna, e
che si perdettero anzi nella Sicilia, fra le guerre delle età
che seguirono. E inesatta quindi l'affermazione dell'esimio
prof. Botet y Sisò, che nel 1909, trattando delle monete ca-
talane, diceva per quel periodo, per il quale non aveva po-
tuto ricavare alcun documento : « Es naturai, doncs, que 'ls
(1) Essi formeranno la parte principale del volume secondo di quest'o-
pera.
LXI1 PREFAZIONE
documents d' aquesta epoca 's troben als arxius de Sici-
lia» (1).
Altra utile fonte di ricerche furono per me le pergame-
ne del tempo di Giacomo 11, le quali complessivamente sono
in numero straordinario, né ancor tutte inventariate e de-
scritte. Tra 2520 di esse mi riuscì di trarne quarantasei do-
cumenti che concernono specialmente V isola , anche per i
rapporti con gli Angioini e le vicende di guerra.
3. Né in tal modo era per me finito il lavoro nell'Archi-
vio di Barcellona, poiché rimaneva ancora ad esaminare l'e-
stesa collezione di documenti in carta del regno di Giaco-
mo II (1291 -1327), nella quale rin vietisi la reciproca corri-
spondenza tenuta dal Re Federico II aragonese e dal fra-
tello Giacomo e dai loro ambasciadori ed officiali per quegli
anni, su quanto riguardava il governo e le condizioni della
Sicilia. Tali scritture sono designate col nome di Cartas suel-
tas o con l'altro di Cartas reales diplomaticas del rey Jaime IL
Sono conservate in particolari scatole o cassette di legno
(cajones), ed avvolte con tela internamente e numerate pro-
gressivamente. Ogni scatola ne racchiude circa duecento (2).
La prima serie di esse contiene le scritture con data cer-
(1) Botet y Sisó, Les monedes catalanes. Barcelona, 1909, voi. II,
pag. 80. — Si ha la menzione tanto della Casa dell'Infante Giacomo in
Sicilia, quanto dello scrittore dell'amministrazione (porcionis) delle mi-
lizie a piedi ed a cavallo e dei familiari della Casa medesima nel 1283,
in un documento del Re Pietro I dato da Trapani a 4 maggio, prima
di partire dalla Sicilia. Cfr. Carini, De rebus cit. , pag. 631 e seg. do-
cumento DCCXI.
(2) La carta di quei documenti spesse volte per V antichità riesce
così fragile al tatto, che sembra che si disgreghi e si volatilizzi, diven-
tando quasi impalpabile.
PREFAZIONE LXIII
ta, che rilevasi dal documentos stesso, denominate Cartas
reales con fecha. Comincia con alquanti documenti della fine
del secolo XII e della prima metà del seguente; ma dal
n. 167 si è già fra quelli dell'anno 1283, e dal n. 216 fra gli
altri del 1291 in poi, cioè dall'inizio del regno di Giacomo II,
donde è provenuto il nome di Cartas sueltas de Jaime II,
perchè (tranne una breve parte iniziale) la serie di quelle
Cartas sueltas appartiene al regno di Giacomo. Le scrittu-
re con data certa sino all'anno 1327 sono in tutto 0744.
Si ha dal n. 9745 al 10275 un'altra serie dei documenti
senza data , o Cartas sin fecha , ma con la sola indizione.
Esse sono ordinate soltanto secondo il numero della indi-
zione, dalla I alla XV, la quale però per il regno di Gia-
como II può ricorrere quasi tre volte, ed è necessario quindi
determinare con precisione l'anno per non incorrere nell'e-
quivoco di altra indizione (1). Una terza serie dal n. 10276
sino al 13468 contiene poi le scritture senza data né di anno,
né di indizione, ma con quella del mese, fechadas solo por
mes ; ed un'ultima serie le scritture che non offrono alcuna
nota né di indizione né di mese, le quali sono in tutto 1964.
Esiste finalmente un' Apéndice (come vien designata) di oltre
2300 scritture in carta senza alcuna data.
Il complesso di tutte queste scritture della corrisponden-
za del regno di Giacomo II sorpassa pertanto il numero di
17700. Tali scritture ho dovuto , insieme con mio fratello ,
rovistare interamente per ricercare quanto concernesse la
Sicilia, ed ho potuto da tale indagine ricavare trecentoven-
(1) Di quanta importanza sia il determinare quel computo non oc-
corre che io dica, poiché è noto che spesso cotali errori di data reca-
rono gravi inconvenienti anco da parte di riputati diplomatisti.
LXIV PREFAZIONE
tisei documenti assai importanti, che sono stati da me tra-
scritti. Deve notarsi però che di essi ne rinvenni soltanto
trentadue fra le scritture con data, mentre gli altri duecen-
tonovantaquattro appartengono a quelli senza data ; onde
mi fu poi necessario per tutti cotali documenti fare un ac-
curato studio del contenuto di ognuno di essi e delle men-
zioni di fatti e di persone, per assegnare la data che vi spet-
ta, e che non si ricava dal documento medesimo (1).
Avevan termine così con felice risultato le mie estese e-
splorazioni nell'Archivio della Corona d'Aragona , il quale
serba in un grandioso salone a due piani , come in una
galleria , in molti e lunghi palchetti a piramide i registri
(1) Finke, Ada aragonensia. Quellen cit. v. I (1908), nella introduzione
{Einleitung) pag. LXVII a LXXI1, fornisce alquante notizie su le Cartas
reales diplomaticas Jaymes II, che egli studiò per la sua svariata col-
lezione di documenti d' ogni genere e per diverse parti d' Europa. Ri-
leva altresì la moltiplicità di materie che si trattano in quelle Cartas.
A pag. XXVIII ricorda il Finke che in una descrizione dell' Archivio
di Barcellona , composta dall' archivista Pere Benet negli anni 1598 a
1601 , si fa cenno di « armaria a dextris et a sinistris huius aule in-
fìxa » nell'ingresso dell' edifìcio , che contenevano le Cartas reales , le
quali non erano state riordinate da alcuno : « quod a biscentum annis
citra nullus mortalium fuit inventus qui chartas et instrumenta in eis
recondita secundum ipsum ordinem dividerete, tanto che il Benet cre-
dette utile di riunirle in due sacchi, uno dei quali conteneva le carte
papali e l'altro insignificanti scritture (come diceva egli, che non rico-
nosceva altri che il Papa). Il Finke nel computo della quantità delle
scritture in carta per le varie suddivisioni incorre talvolta in equivoco.
Egli nota giustamente che in nessun archivio del mondo si trovano
per l'epoca sino al 1300 tante migliaia di documenti in carta : « Kein
Archiv der Welt diirfte um 1300 so viele Tausende von Papier schrif-
stiicken aufzuweisen haben» (pag LXVIII).
PREFAZIONE LXV
della Cancelleria regia aragonese, ed in altri le pergamene
conservate a rotolo e verticalmente per fasci di circa cin-
quanta di esse , ed in altri ancora centinaia di cassette in
legno contenenti le scritture in carta , delle quali ho fatto
menzione.
Nessuna traccia rinvenni però di queir « archa Cartharum
et bullarum papalium prò facto Siciliae tempore domini
Iacobi secundi Aragonum et Sicilie regis », che il diploma-
tista Antonino Amico nella prima metà del secolo XVII ri-
cordava come esistente nell' Archivio di Barcellona (1) , e
della quale il Direttore de Bofarull mi diceva di non aversi
notizia. Credo però che sì tratti appunto della serie delle
Cartas reales ordinata piuttosto alla rinfusa dal Pere Benet,
con preferenza alle carte ecclesiastiche, probabilmente verso
la fine del secolo XVI, e che dopo potè subire qualche cam-
biamento nella conservazione materiale (2).
E qui mi è d'uopo di aggiungere nuovamente le espres-
sioni della mia gratitudine al Console generale d'Italia cav.
uff. David De Gaetani ed al Viceconsole cav. Antonino D'A-
lia (che curarono pure le pratiche col Ministero del Fomento
e l'Ambasciatore d'Italia a Madrid nob. comm. Giulio Silve-
strelli), al Direttore dell'Archivio comm. Francesco de Bo-
farull y Sans ed all'Archivista prof. Edoardo Gonzàlez Hur-
tebise per le grandi cortesie usatemi. Di essi, il Console ed
il Viceconsole non trovansi ora più in Barcellona, il Diret-
(1) Cfr. Testa, De vita et rebus gestis Friderici II cit., pag. 237.
(2) Si veda la mia nota precedente su Pere Benet. Sembra pertanto
infondata l'opinione del Finke cit., pag. XX Vili che quelle Cartas reales
nemmeno fossero note al Sorita, che poteva bensì a suo agio ricercar
quell'Archivio.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. e
LXVI PREFAZIONE
tore de Bofarull è stato collocato a riposo, e tiene invece
da alquanti anni degnamente la direzione il suddetto prof.
Hurtebise , che si distingue per la competenza e 1' erudi-
zione negli studi diplomatici e storici.
4. Nell'anno 1907 veniva fondato in Barcellona Ylnstitùt
d'Estudis Catalans , che ha per iscopo (come è detto nel
Dictamen - Acord de Constitució) «la missió d'investigar y
publicar treballs de caràcter històrich , literari y juridich ,
sense perjudici d'ampliarlo després a totes les altres cien-
cies morales». UInstitut ha pubblicato dal 1907 sinora molti
volumi in 4° grande di Anuari con erudite memorie storiche
ed archeologiche, corredate spesso "da numerose e splendide
incisioni.
L'illustre prof. Antonio Rubió y Lluch, il dotto esposi-
tore delle vicende del dominio catalano in Grecia, e degno
Presidente dell'Istituto, mi invitava benevolmente nel 1908
a comporre qualche memoria per V Anuari (1). Io aderii con
animo grato, e per il lieto ricordo altresì della mia nomina
(al pari di mio fratello) a Corrispondente straniero della
Beai Academia de Buenas Letras di Barcellona, potendo così
aggiungere fra le importanti memorie di quella rivista del-
Ylnstitut anco la notizia degli avvenimenti della Sicilia, che
per oltre un secolo ebbe comuni tradizioni con la Catalogna.
Venne in luce pertanto nell'andari del 1908 la mia me-
moria intitolata Documenti su le relazioni del Be Alfonso III
(]) Egli si degnava scrivermi a 15 dicembre 1908: * Vous qui avez
fait dans nos archives de si longues recherches au sujet des documents
pour l'histoire de la Sicile au temps de rois Aragonais, pouvez facile-
ment faire un travail bien intéressant sur quelque point non étudié
encore » .
PREFAZIONE LXVII
di Aragona con la Sicilia (1285 - 1291). In essa ricordai le
scarse notizie che avevansi sul regno di Alfonso III e su i
rapporti con l'isola, ed esposi quanto si ricavava per la sto-
ria di Sicilia dai documenti da me ricercati in Barcellona,
dei quali diedi in fine il testo intero (1). Così tre anni dopo
della missione in Ispagna io pubblicava una prima parte
dei documenti da me ricercati nell' Archivio della Corona
d'Aragona. Il chiaro storico Michelangelo Schipa, nel dare
cortese annunzio della mia memoria, in tal modo conchiu-
deva : « Ora ci rimane più acuto il desiderio di veder pre-
sto alla luce tutto il Codice diplomatico che 1' autore pro-
mette » (2). Neil' Archivio Storico Siciliano l'egregio prof. Lu-
dovico Perroni - Grande riportava altresì per comodo degli
studiosi gli argomenti premessi ai documenti da me rife-
riti nel loro testo (3).
5. Durante la coordinazione di tutto 1' esteso materiale
da me raccolto in Ispagna con l'altro già riunito in Palermo
e nei viaggi in Sicilia e nel continente, e con quanto ricava-
vasi da raccolte ed opere a stampa, non ho tralasciato si-
nora di occuparmi (fra altre monografìe di diverso argo-
mento pur date in luce) dell'epoca aragonese in Sicilia con
speciali lavori e memorie, che fossero quasi indispensabile
preparazione alla pubblicazione del Codice diplomatico.
(1) Cfr. Armari {1908) de V Institut d' Estudis Catalans. Barcelona ,
Palau de la Deputació, 1909, voi. II, pag. 337-363. I ventitré documenti
da me pubblicati sono nelle pag. 346-363. Alcuni documenti che riguar-
dano più direttamente la Sicilia ed il suo governo sono da me riferiti
in questo Codice diplomatico. La rivista catalana Anuari si trova nelle
principali biblioteche d'Italia.
(2) Rivista Storica Italiana. Torino, 1911, voi. XXVIII, pag. 195 eseg.
(3) Arch. 8tor. Siciliano, an. XXXVII (1912), pag. 549-551.
LXVIII PREFAZIONE
Proseguiva così quanto aveva iniziato prima di recarrai
in Barcellona, dando in luce nel 1905 la memoria su i Fram-
menti di due registri originali degli anni 1353 - 55 di Ludo-
vico d'Aragona, Re di Sicilia, già da me accennata, e poi
nel 1906 il volume su Le Pandette delle gabelle regie, antiche
e nuove, di Sicilia nel secolo XIV, nel quale si rivelano in
modo sicuro i sistemi economici e dei tributi adottati nella
isola in quei tempi, e che erano rimasti incerti anco fra le
acute indagini del Gregorio (1). Dava fuori nello stesso anno
1906 la mia memoria Su l'uso della registrazione nella Can-
celleria del regno di Sicilia dai Normanni a Federico 111 di
Aragona (1130 - 1377), per la quale non occorre che rilevi la
importanza dell'argomento, specialmente per quest'opera, a-
vendone altresì discorso antecedentemente (2).
Dopo il mio ritorno dalla Spagna credetti utile pubbli-
care nel 1907 1' altra monografia intorno ai Capitoli angioini
sul diritto di sigillo della Cancelleria regia per la Sicilia
posteriori al 1272, che ho dimostrato essere rimasti in vigore
durante l'epoca aragonese, e che formano perciò necessario
complemento all'altra mia memoria, or ricordata, Su l'uso
della registrazione (3). La ripresa della guerra di Sicilia dopo
(1) Il dotto G. Baskervillb nella English Historical Beview di Lon
dra, an. 1909 , pag. 779 e seg. notava benevolmente : « He [Signor La
Mantia] thus makes another and considerable addition to the eminent
services, which he has rendered to the study of history of the native
island . . . Its contents [of this hook] are of considerable value for
the study of Mediteranean trade relations in the middle ages ».
(2) Nella Bevue historique. Paris, 1907, t. XCIII, pag. 461, nel dar-
ne annunzio si diceva : « Cette étude semble la préface du Codex di-
plomaticus de rois aragonais de Sicile 1282-1355, dont M. La Mantia an-
nonce dès maintenaut la prochaine publication ».
(3) Mi dispenso dal fornire le altre indicazioni bibliografiche più
sopra notate.
PREFAZIONE LX1X
il decennio dalla pace del 1302 ed il sistema di nuove im-
poste, che dovettero allora stabilirsi, mi apprestarono argo-
mento per altra memoria, che pubblicai nel 1910 col titolo
La Guerra di Sicilia contro gli A ngioini negli anni 1313-1320
e la data dei Capitoli di nuove gabelle regie per le galere e
la difesa del regno. Il reputato storico Jacques Rambaud, che
ne dava notizia nel Journal des Savants, rilevava opportu-
namente per quei Capitoli , oltre l' importanza economica
e finanziaria, che « leur intérét n'est pas moindre au point de
vue politique : rien ne prouve mieux peut - étre l'animosité
des Siciliens contre ces Napolitains, auxquels la fortune les
a si souvent associés » (1).
Alla Reale Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti di
Palermo, nella quale era stato ammesso nel 1910 , reputai
mio dovere nello stesso anno di fornire una precisa comu-
nicazione su le ricerche da me fatte in Ispagna sul regno
di Alfonso HI d'Aragona e su la pubblicazione della mia me-
moria, insieme al testo dei documenti che riferisconsi alla
Sicilia, nella rivista Anuari de VInstitut d'Estudis Catalans;
e tale comunicazione col titolo Intorno ai documenti riguar-
danti le relazioni del Re Alfonso III di Aragona con la Sici-
lia negli anni 1285 e 1291 si trova inserita negli Atti della
suddetta R. Accademia (2).
(1) Vedi Journal des Savants, publié sous les auspices de l'Institut de
France. Nouvelle Sèrie, année 10e. Paris, 1912, pag. 475 e seg. Il Ram-
baub ricordava in tale occasione: « M. La Mantia, le savant archiviste
de Palerme , ajoute un nouveau complément à ses travaux sur les an-
ciens impóts de Sicile».
(2) È nel voi. IX della Serie 3a degli Atti, an. 1911. Ricordava al-
lora che quella mia memoria era stata destinata ad un'importante ri-
vista straniera, « quasi che l'augurio della pubblicazione del Codice di-
plomatico non avesse dovuto trarsi se non dall'estero ».
LXX PREFAZIONE
Le altre mie recenti memorie, cioè quella Su i più an-
tichi Capitoli della città di Palermo dal secolo XII al XIV
e su le condizioni della città medesima negli anni 1354 a 1392
edita nel 1915 (1), e l'altra intitolata Messina e le sue pre-
rogative dal regno di Ruggiero II (1130 - 1154) alla corona-
zione di Federico li aragonese (1296) venuta fuori nel 1916 (°2),
non sono estranee, come ben si scorge, all'epoca arago-
nese, trovandosi anzi nella prima gl'importantissimi Capitoli
inediti del 1346, approvati dal Re Ludovico, intorno ai prov-
vedimenti sul lusso, per i quali l'illustre conte Emanuele Ro-
docanachi acutamente osservava: « Les mèmes mesures s'im-
posaient d'ailleurs vers le mème temps à Florence, car là é-
galement on rivalisait de faste dans les cérémonies de la vie
privée; ceux quela banque ou le commerce avaient enrichis
tenaient fort à le montrer » (3) ; e nell' altra riferendosi i
Capitoli pure inediti del 1296, che ottennero l'approvazione
del Re Federico II aragonese, e che spargono tanta luce su
le condizioni di Messina in quei tempi e negli anteriori.
In tal modo dalla seconda metà dell'anno 1906 non sol-
tanto ho atteso alla più precisa e diffinitiva preparazione
del Codice diplomatico, ma ho esposto altresì, in lavori e me-
morie particolari, notizie molteplici, corredate dal testo di
documenti, e che giovano alla miglior conoscenza di un'e-
poca, che può dirsi di rinnovamento per la Sicilia.
(1) Nell'Archivio Storico Siciliano, an. XL, pag. 390 e seg.
(2) Fu pubblicata pure neli' Arch. Storico Siciliano, ari. XLI, p. 491
e seg.
(3) Journal des Savants. Nouv. Sèrie, année 15e. Paris , 1917, p. 44
e seg., nella recensione della suddetta memoria.
PREFAZIONE LXXI
§. IV. — 1. Ricerche da me fatte nei lavori storici e nelle
collezioni diplomatiche per raccogliere notizie e testi di docu-
menti aragonesi. — 2. Coordinazione del materiale inedito rac-
colto negli archivi di Sicilia, del continente e di Spagna con
quanto si ricava da opere a stampa. '■ — 3. Notizie su le cro-
nache ed i principali lavori storici d'indole generale concer-
nenti il periodo aragonese dal 1282 al 1355.
1. Per la formazione di questo Codice diplomatico ho do-
vuto altresì accuratamente ricercare moltissime pubblicazioni
di storia siciliana, tanto d'indole generale che di particolare
argomento , e ne ho ricavato una serie estesa di notizie e
molti testi di documenti; il quale risultato non solo arreca
vantaggio per la migliore integrità della serie, anco per do-
cumenti ora perduti in alcuni archivi dell'isola, ma giova a
fornire maggior chiarimento intorno a quegli altri che da
me sono stati desunti da vari archivi, e spesso a trarre la
prova dell' autenticità o falsità di alcuni documenti. In tal
modo V ampia indagine dei documenti , che si conservano
tuttavia negli archivi , viene a completarsi con 1' altra che
giova a riconoscere quanti di cotali documenti fossero noti
agli antichi e moderni scrittori , e si può riunire tutta la
materia dell'opera, senza tralasciarne alcuna parte, che rie-
sce veramente indispensabile.
Le storie municipali scritte nei tempi antichi sovente con
molta erudizione, e le altre pubblicate nell'età moderna, tal-
volta con critica migliore o per lo meno con nuova o più
estesa ricerca delle fonti, sono state di grande utilità per il
mio scopo. I lavori di argomento speciale mi hanno fornito
spesso notizie interessanti anco per nuove ricerche in ar-
LXXII PREFAZIONE
chivi dell'isola, od il testo di documenti che non era dato
di rinvenire altrove (1).
Ho esteso inoltre la minuta indagine su lavori storici e
diplomatici italiani. È ben noto come fossero continue le
relazioni tra il continente italiano e l'isola nelle vicende di
questa prima epoca aragonese; e pertanto le pubblicazioni
storiche ed anco le collezioni diplomatiche, le quali con-
cernono l'Italia, e specialmente le repubbliche veneta , ge-
novese e pisana, gli stati della Chiesa ed il regno di Napoli
(cioè la parte di terraferma) mi hanno offerto contributo
notevole di menzioni di fatti ed altresì testi e ricordi di do-
cumenti.
Né solo alle opere siciliane ed italiane , ma pure alle
straniere mi conveniva 'porre ogni studio nella ricerca. La
Francia, l'Inghilterra, la Spagna, talora anche la Germania
e la Grecia, e le regioni dell'Oriente latino, e spesso quelle
dell'Africa settentrionale, implicate nelle vicende di tale e-
poca, fra guerre continue, ambascerie e trattati, forniscono
nelle antiche e recenti pubblicazioni storiche e nelle raccolte
diplomatiche d'Europa (alcune delle quali sono veramente
insigni) materiale importante riguardo a pratiche diploma-
(1) Per la Sicilia occorrerebbe che ampi lavori storici per ogni co-
mune fossero dati alla luce, evitando così che si disperdano documenti,
manoscritti ed oggetti d'arte, e curando insieme di esporre le molteplici
notizie, che si desumono dall'archivio della capitale antica dell' isola.
L'abolizione della feudalità (1812) trasse con sé la perdita di non po-
chi archivi e documenti di comuni feudali, che erano la maggior parte
negli anteriori ordinamenti. Dopo la soppressione delle corporazioni re-
ligiose (1866) seguì ancora un rimescolamento di vetuste pergamene e
scritture di famosi monasteri, e fu sorte propizia se molte poterono sal-
varsi con accurata vigilanza degli eruditi e patrioti.
PREFAZIONE LXXIII
tiche con l'isola, uè mancano talora documenti che riescono
a dar viva luce su i ricordi di avvenimenti più notevoli.
Mi dispenso qui dall' offrire un elenco di tutte cotali
pubblicazioni, che peraltro sono al proprio luogo ricordate
nelle note di quest'opera, e mi limiterò soltanto ad accen-
nare che ho ampliato la ricerca (quanto più mi è stato pos-
sibile) su centinaia di lavori di ogni genere ed argomento,
storici, diplomatici , letterari , giuridici ed ecclesiastici e di
ogni epoca per quanto si riferisce al medio evo ed al tempo
che forma oggetto dei miei studi (1).
2. Riesce evidente che occorreva un periodo di tempo
non breve per formare la coordinazione di migliaia di notizie
e di documenti (che spesso ripetonsi in lavori antichi e nuo-
vi, e di consimile argomento), in rapporto a quanto era stato
da me rinvenuto negli archivi di Sicilia , del continente e
dell'estero. Tale lavoro minuzioso potè da me fornirsi in
alcuni anni , e nei limiti che le mie occupazioni consenti-
vano, né senza di esso avrei potuto in alcun modo compiere
il lavoro con quella serietà di proposito, che in tal genere
di pubblicazioni si richiede.
Il dar fuori i soli testi dei documenti (anco se ricercati
dovunque è possibile rinvenirli per una speciale epoca) sen-
za ricordare quanto su ognuno di essi si è scritto, e quante
edizioni spesso se ne sono fatte più o meno con integrità od
esattezza , è una fatica che riesce assai più facile , perchè
alla semplice trascrizione (sia quanto si voglia accurata) si
fa succedere la stampa, destinata a fornire la collezione di
(i) Fornirò più innanzi, in questo paragrafo, particolare notizia di
alcuni lavori che più direttamente han rapporto con 1' argomento di
questo Codice diplomatico.
LXXIV PREFAZIONE
documenti; ma gli studiosi restano incerti di tutto quel che
valga a dar chiara idea di testi e manoscritti , di indagini
storiche e di osservazioni diplomatiche su i documenti me-
desimi, e devono andar ricercando notizie frammentarie ed
isolate in qualche opera speciale, e spesso senza alcun ri-
sultato soddisfacente (1).
Ho stimato pertanto che la notizia della ricerca già com-
piuta o del testo fornito per molti documenti in lavori sto-
rici di vario genere non debba assolutamente mancare in
seguito ad ogni documento, al quale la notizia od il testo
altrove pubblicato si riferisce. In tal modo il materiale ine-
dito trova riscontro con quello già dato in luce , e non si
lascia inevitabile adito a nuove ricerche per la migliore no-
tizia o per supplire lacune, che gli archivi, per i danni sof-
ferti nelle vicende di tempi posteriori, offrono sovente nella
serie dei documenti che contengono.
3. Di straordinaria importanza per lo studio dei docu-
menti dell' epoca aragonese dal 1282 al 1355 sono le cro-
nache siciliane di Bartolomeo di Neocastro, Nicola Speciale,
Saba Malaspina (nella continuazione data dal Gregorio), del-
l'Anonimo, accurato ricercatore di documenti che spesso
offre nel testo intero, e di Michele di Piazza (2), e le altre del
(1) L'utilità di chiarimenti e note nelle raccolte diplomatiche è sta-
ta riconosciuta sin da antico tempo; ma essa vedesi adottata in varia
misura, e talvolta in modo assai ristretto e quasi per sola apparenza,
come se alla diplomatica non spettasse 1' esame dei documenti per la
paleograna e per la storia, o fosse meglio rinnovare i sistemi degli an-
tichi Cartulario, del medio evo, nei quali si curava la sola trascrizione,
e questa talvolta trasformata nell'ortografia , od abbreviata nel testo.
Nondimeno in opere diplomatiche di alto pregio è seguito altro sistema.
(2) Uua breve cronaca che perviene al 1283 compose pure fra Cor-
rado, priore in Palermo (Muratori, Rerum Hai. script, t. 1, parte 2a,
PREFAZIONE LXXV
Muntaner e del D'Esclot entrambi catalani (1). Fra queste
cronache si rivive- nelle agitazioni e nelle aspirazioni di quei
tempi. Non vi è avvenimento notevole che non sia riferito, e
spesso cou le più minute narrazioni e descrizioni, e con for-
ma letteraria immaginosa e di pura latinità o di vivace e-
spressione catalana. L'aver voluto talora trascurar di seguire
•quanto quelle cronache espongono, con l'autorità indiscuti-
pag. 277) ed altra il frate Atanasio di Aci sul viaggio del Re Giacomo
in Catania nel 1287 (Gregorio, Bibl. script, arag. t. 1 , pag. 279) ; ma
di quest' ultima cronica si dubita ora della sua autenticità , e ne ha
scritto Vincenzo De Gaetano , La vinuta di lu Be Iapicu in Catania.
Ivi, 1898.
(1) Ricordo qui per brevità l'edizione del Gregorio, Bibl. script, arag.
cit. (anche per il motivo che Gregorio nelle erudite notizie premesse
ad ogni cronaca offre speciale menzione delle edizioni anteriori), e per
il Muntaner ed il D'Esclot quella data dal Buchon, Chroniques etran-
gères relatives aux expéditions francaises pendant le, XIIIe siede. Paris,
1841. La cronaca del Neocastro ha inizio dal 1250 e termina al 1293,
quella di Speciale va dall'anno 1282 sino al 1337, la continuazione del
Saba Malaspina dal 1276 al 1285. L' Anonimo dopo brevi ricordi del-
l'età remote della Sicilia perviene al tempo svevo ,' donde comincia la
più minuta e metodica narrazione che termina al 1342 , e Michele di
Piazza narra gli eventi del 1337 , inizio del regno di Pietro II , sino
al 1361. Il Muntaner fornendo innanzi alquante notizie per gli anni
1204 a 1274 prosegue poi con debita proporzione sino al 1328 , ed il
D'Esclot trae cominciamento con alcuni cenni su Alfonso I Re d'Ara-
gona dal 1104 , e suoi successori, e si estende nel narrare i fatti del
principio del secolo XIII e degli anni seguenti sino al 1285. Le crona-
che del Neocastro e del Saba Malaspina (con la continuazione sino
al 1285) furono ristampate nel 1868 da Giuseppe Del Re, Cronisti e scrit-
tori sincroni napoletani. Napoli, voi. II, pag. 205-627. Il prof. Valen-
tino Labate die in luce la monografia Un precursore siciliano dell' u-
nesimo Niccolò Speciale (negli Atti dell' Accademia dei Zelanti di Aci-
LXXVI PREFAZIONE
bile che proviene dall' esser composte da scrittori contem-
poranei , testimoni dei fatti e pieni di gravità , nonostante
che le passioni del tempo e lo spirito di parte commoves-
sero l'animo loro, è riuscito una vera delusione, perchè una
cronaca trova sovente neh' altra la sua conferma , anche
nelle nuove notizie ed espressioni che essa offre, e la voce
dei contemporanei (non è infrequente) corrisponde ai docu-
menti , nei quali si ricordano quei fatti con le parole dei
segretari e dei Cancellieri delle Corti sovrane. In quei tempi
la cronaca rappresentava la vera testis temporum , poiché
mancavano il giornale ed i libri di storia (1).
reale , voi. IX , 1898). Una pregevole memoria (con documenti inediti)
su la biografìa del Muntanbr ha scritto, non è guari , l' illustre prof.
Francesco Almarche y Vàzquez col titolo : Ramon Muntaner Cronista
dels Reys de Aragó, ciutadà de Valencia. Barcelona , 1910. Cfr. la mia
recensione nell' Arch. Stor. Sicil. voi. XXXVII (1912) , pag. 533 e seg.
Su le edizioni del D'Esclot si vedano le importanti notizie fornite dal
Buchon cit. pag. LXIX e seg., che pubblicò il primo il testo originale.
Nel 1860 Antonio De Bofarull die una nuova edizione del testo ca-
talano del Muntaner, non più riprodotto dal secolo XVI, se non nel 1844
dal Lanz in Stuttgart.
(1) Il cronista Muntaner affermava nell'inizio : « Dals yo nom vull
entrametre, sino daco que en mon temps ses feyt » (come il quae ipse vi-
di, et quorum pars magna fui dell'Eneide) per dimostrare quali criteri
ispirassero i cronisti nel comporre i loro lavori. Cfr. Antonio De Bo-
farull, Crònica catalana de Ramon Muntaner. Barcellona, 1860, pag. 6.
Saba Malaspina decano e scrittore pontificio, che terminava la sua cro-
naca il 29 marzo 1285, cioè nel giorno della morte del Papa Martino IV
in Perugia, ove fu sepolto nel Duomo (come appare nella lapide , che
ricordo di aver visto negli anni giovanili, al 1876) così protestava per
quel libro: «Non ira Iovis aut ignis, non ferrum vel edax vetustas
valuerit abolere», ediz. Gregorio cit. t. II, pag. 423.
PREFAZIONE LXXVII
Oltre alle cronache (già ricordate) scritte da Siciliani per
le vicende dell'isola, tranne quella del Saba Malaspina, che
era romano, e narrava i fatti di tutto l'antico regno di Si-
cilia, si hanno le cronache concernenti varie regioni d'Italia,
e che indico distintamente cioè : Annali piacentini, Anonimo
fiorentino, Cantinelli, cronache parmensi e piacentine, Ohro-
nicon siculum incerti auctoris, Cronicon suessanum, Iacopo
Doria, Ferreto vicentino, Fioretto di croniche degli impera-
tori, Frammenti d'istorie pisane, Gesta Florentinorum (con-
tinuatore), Giordano, Guido de Corvaria, Leone d'Orvieto ,
Memoriale dei Podestà di Reggio , Francesco Pipino mo-
naco di Bologna, Martino Polono (continuatore), Paolino di
Piero mercante di Firenze, Ricobaldo ferrarese, Simone della
Tosa, Salimbene di Parma, Marino Sanuto il vecchio, Tolo-
meo di Lucca, Giovanni Villani, Guglielmo Ventura da Asti
e le Vitae Romanorum Pontificum, nelle quali cronache per
il tempo del dominio aragonese in Sicilia sino al 1355 tro-
vansi sparse importanti notizie, ed anco per le origini della
rivoluzione del 1282 che, per la meraviglia che destò ovun-
que, incitava i cronisti di altre regioni a serbarne speciale
ricordo (1).
(1) Per le edizioni dirò soltanto che varie di esse cronache sono pub-
blicate nelle note collezioni storiche e diplomatiche di Baluzio, Mura-
tori con le continuazioni dei Mittarelli e del Tartini , e nei Monu-
menta Germaniae Historica del Pertz, ed altre in edizioni particolari.
Gli Annali piacentini furono editi la prima volta da Huillaro - Bré-
holles col titolo Ghronicon de rebus in Italia gestis. Parisiis, 1856; le
cronache parmensi e piacentine vennero ristampate nei Monumenta hi-
storica ad provincias parmensem et placentinam pertinentia. Parmae, 1856,
ed una di esse nuovamente nell'edizione moderna di Rerum Italicaruwe
Script, del Muratori, Città di Castello, 190°2, t. IX, parte IX a cura di
LXXV1II PREFAZIONE
Alcune cronache straniere, cioè francesi e catalane, rie-
scono pure utili per tale epoca, e sono l'Anonimo dei Prae-
clara Francorum facinora, altro Anonimo francese della De-
scriptio Victoriae Caroli, Giovanni Iperio abbate di S. Ber-
tino, Guglielmo de Nangis, e le Gesta Comitum Barcinonen-
sium (1).
Giuliano Bonazzi; la cronaca del Cantinelli è riprodotta pure quivi nel
t. XXVIII a cura di Francesco Torraca; il Chronicon Siculum fu pub-
blicato dal prof. Giuseppe De Blasiis nel 1887 nei Monumenti storici
della Soc. nap. di Stor. Patria ; il Cronicon Suessanum nella Raccolta
di varie croniche. Napoli , 1780 , t. I, pag. 51 e seg.; quella di Ferreto
vicentino è ristampata nelle Fonti della Storia d'Italia edite dall'Isti-
tuto Storico Italiano. Roma, voi.1 due, 1908- 1914 a cura del conte prof.
Carlo Cipolla; il Fioretto di Croniche degli Imperatori fu dato in luce
da Leone Del Prete in Lucca nel 1858 ; la cronaca di Giordano fu in
molta parte edita dal Muratori, Antiquitates italicae niedii aevi, t. IV
col. 951 - 1034; l'altra denominata Gesta Florentinorum venne pubblicata
da Hartwig, Quellen und Forsch. fur geschichte der Stadt Florens. Ivi,
1880, voi. II, pag. 271 e seg.; la cronaca di Leone d'Orvieto dal Lami,
Deliciae eruditorum. Florentiae, 1737, t. II; l'altra di Simone della Tosa
nelle Cronichette antiche di vari scrittori. Firenze 1733, pag. 125 e seg.;
quella del Salimbene nei Monumenta hist. ad prov. parm. et plac. cit.
l'altra del Sanuto da Hopf, Chroniques greco - romanes inédites ou peu
connues. Berlin, 1873, il quale nel 1862 aveva pubblicato in Napoli alcuni
Brani della Storia inedita del Sanuto; e la cronaca di Tolomeo da Luc-
ca fu ristampata nel 1876 nelle Cronache dei secoli XIII e XIV per cura
della Deputazione di Storia Patria di Toscana. Del Villani le moderne
edizioni sono quelle di Milano 1802 , Firenze 1823 , 1844 , Trieste 1857
ed altre.
(1) Le cronache dei due Anonimi trovansi in Duchesne Historiae
Francorum Scriptores. Lutetiae Parisiorum, 1649, t. V; quella di Iperio
in Martène e Durand, Thesaurus novus anecdotorum. Lut. Paris. 1717,
t. Ili; l'altra del Nangis in Duchesne cit. ed anche nell'opera del me-
desimo Rerum Gallicarum et Frane, scriptores. Paris, 1840, t. XX per
PREFAZIONE LXXIX
In Sicilia, trascorsa l'epoca della cronaca, che manda la
sua ultima luce con i Commentari del Panormita su la vita
del Re Alfonso il magnanimo, si entra, dopo i tentativi del
Ranzano nei suoi perduti Annali per quanto concerne l'i-
sola, nel periodo vero della esposizione storica col Fazzello,
primo ed aureo scrittore di essa, il quale nasceva appunto
(1498) quando finiva il medio evo. Nella sua storia egli non
considera epoche principali di avvenimenti, ma narra le vi-
cende secondo la successione dei sovrani, così che per ogni
Re espone quanto avvenne al suo tempo. L'epoca aragonese
dal 1282 al 1355 è ampiamente trattata nei capitoli I a V
del libro IX (che è comune ad altre dinastie), a cominciare
da Petro Aragonensi Siciliae Rege sino a Ludovico Siciliae
Rege, con debita proporzione, essendo ampia la narrazione
per Federico li aragonese, ma non meno quella per Ludo-
vico, sebbene per un regno più breve, forse perchè l'autore
credette utile esporre la notizia delle grandi turbolenze del
regno (1). Dei preparativi della rivoluzione del 1282 e dei
una traduzione; ed infine quella intitolata Gesta Comitum Barcinonen-
sium nel!' opera di Pietro De Marca, Marca hispanica sine limes hi-
spanicus edita da Baluzio, Parisi is 1788.
(1) Fazzello, De rebus siculis decades duae, nunc primum in lucem
editae. Panormi, apud Maidam, MDLVIII, pag. 492 - 555. Di Blasi, Sto-
ria del regno di Sicilia. Palermo, 1864, voi. Ili, pag. 272, afferma per
il Fazzello : « Di esso si sospetta che siasi servito dei manoscritti del
Ranzano, ch'erano nella biblioteca del convento di S. Cita, dove dimo-
rava, fra i quali manca quella parte che appartiene alla Sicilia». Su
ciò si veda pure F. A. Termini, Pietro Bansano umanista palermitano
del secolo XV. Palermo, 1915, pag. 114 e seg. Egli crede che Ranzano
compose «la storia di Sicilia e di Palermo» per il volume IV e che se
ne sia giovato L'Alberti, ma che essa «non potè essere trascritta, cau-
LXXX PREFAZIONE
fatti che ne seguirono Fazzello tratta nel capitolo anteriore
(IV) col titolo De Carolo andegavensi Siciliae Rege et Gal-
lorum occisione (1).
11 messinese Giuseppe Bonfiglio Costanzo pubblicava
negli anni 1604-13 V Historia Siciliana sino ai suoi tempi,
narrando accuratamente , e col ricordo di memorie messi-
nesi , nel libro Vili della prima parte gli avvenimenti dal
1282 sino alla rinunzia del Re Giacomo nel 1295, nel libro IX
gli altri durante l'intero regno di Federico II aragonese e
nel libro X i posteriori sino alla morte del Re Giovanni nel
1479. Verso la metà dello stesso secolo il dotto prelato Rocco
Pirri dava in luce nel 1630 il lavoro Chronologia Regum, pe-
nes quos Siciliae fuit imperium post exactos Saracenos. No-
tevole esso riesce per l'ordine e la chiarezza nell'esposizione.
Per l'epoca aragonese si ha lo svolgimento nella parte così
designata : De regibus aragonensibus ab anno 1282 ad an-
nuiti 1410 in Sicilia imperantibus. Le notizie genealogiche e
biografiche dei sovrani e di principali ufficiali del regno sono
di molta utilità per lo studio di quei tempi. Segue in fine
un elenco : Sub imperio Regum Aragonensium in Sicilia hi
Proreges fuerunt . . . hi Magistri Iustitiarii. . . . hi Magni
Amirati . . . hi Magni Cancellarii (2).
sa la morte dell'autore» (pag. 119). Di altra opinione dall'egregio P.
Luigi Di Maggio esposta nel 1875 ho fatto cenno nell' Archivio Stor.
Sicil. voi. XXIX (1904), pag. 416.
(!) Maurolico nel suo Sicanicarum rerum compenclium , seguiva il
disegno del Fazzello, e scriveva nello stesso tempo (Messanae , 1562)
una storia interessante, non scevra dall'accoglimento di comuni tra-
dizioni.
(2) Questa Chronologia Regum fu poi premessa alle edizioni della
Sicilia Sacra. Cfr. ediz. Panormi [Venetiis] 1733, 1. 1 pag. XXXVIII-LVI.
PREFAZIONE LXXXI
Il gesuita Francesco Aprile componeva poi l'opera Della
cronologia universale della Sicilia, la quale venne fuori po-
stuma nel 1725 per le cure del nipote Vincenzo Aprile, che
la dedicava al Serenissimo Principe Eugenio di Savoia , lo
strenuo ed indomito condottiero subalpino. In tale opera è
adottato il sistema di Fazzello, ossia la trattazione per re-
gno di ogni sovrano. Nel cap. XXIX Dominio dei Francesi
l'Aprile discorre a lungo delle Origini e apparecchio del Ve-
spro Siciliano a rovina del dominio del Re Carlo e strage
dei Provenzali. A. C. 1279. 11 periodo aragonese sino al 1412
è svolto in nove capitoli, uno per ogni Re, con distinzione
degli anni più notevoli per gli avvenimenti, premettendosi
una Introduzione al dominio degli Aragonesi per far cenno
della Spagna e dell'origine di quei sovrani. Per i tempi dal
1282 al 1355 sono cinque capitoli. Il lavoro basato su le mi-
gliori fonti è commendevole per l'erudizione (1).
Nel 1737 veniva data per le stampe , pure postuma , la
seconda parte delle Memorie istoriane di quanto è accaduto
in Sicilia dal tempo dei suoi primieri abitatori sino alla co-
ronazione del Re Vittorio Amedeo del celebre diplomatista
Giovan Battista Caruso (f 1724), che nel 1716 avea pubbli-
cato la prima parte. Egli dedicava la sua opera al Principe
Carlo Emmanuele di Savoia, figliuolo di Vittorio Amedeo II,
che allora regnava in Sicilia (2); e poiché nel 1716 non era
La rivoluzione contro gii Angioini è accennata nella fine della notizia
del Re Carlo -I.
(1) Aprile, Bella cronologia universale della Sicilia. Palermo, nella
stamperia di Bayona, 1725, pag. 144-184, cap. XXX a XXXIV.
(2) È degno di nota in quest'epoca, nella quale dal 1860 in poi la
Sicilia rivive nel dominio di Gasa Savoia, con le maggiori libertà che
il corso dei secoli ha arrecato , quanto diceva il Caruso a quel Prin-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. f
LXXXII PREFAZIONE
ancora pubblicata la storia dell'Aprile , nella dedica il Ca-
ruso notava che suo intento era di supplire lacune ed equi-
voci del Fazzello per varie epoche storiche da lui esposte,
e soggiungeva : « Oltreché, terminando il citato scrittore la
sua istoria nell'anno 1556, potrà esser gradito il mio assunto,
quando non per altro, per averlo continuato sino ai dì no-
stri » (1). Delle vicende dei Re aragonesi il Caruso tratta in
dieci libri della parte seconda, e perciò sino al 1355 nei libri
1 a V cominciando dal regno di Pietro I sino a quello di
Ludovico, cioè un libro per ciascun sovrano. È notevole che
nel libro I appone questo titolo : Regno degli Aragonesi si-
no alla prima pace con gli Angioini dominatori del regno
napolitano, ossia sino al 1302; ma veramente quel libro non
perviene che al 1285, l'anno della morte del Re Pietro. No-
nostante che l'autore non abbia fornito di note la sua storia,
essa è molto importante , perchè (come egli dice) raccolse
le notizie « dai più celebri scrittori antichi e moderni » , e
presentava la terza (e non la seconda) storia generale del-
l'isola, dopo la latina ed antica del Fazzello, nella quale opera
cipe : « L'Altezza Vostra Reale avrà a grado la debole fatica, che ardi-
sco presentarle, sì perchè Voi non isdegnerete di essere imitatore della
benignità indicibile del Re vostro padre verso noi Siciliani e verso le cose
nostre, sì ancora perchè, essendo destinato dalla Divina Provvidenza a
regnare dopo di lui sopra di una nazione, che dall'uno e dall'altro spera
di essere rialzata allo antico suo lustro , mi giova sperare che V Altezza
Vostra Reale avrà a caro girare qualche volta lo sguardo sulle antiche
memorie deiSiciliani». Cfr. t. I. delle Memorie (storiche, ediz. 1716, pag. 6.
(1) Devesi rilevare che dopo il Fazzello un'altra storia dell'isola si
era avuta nel 1604 per cura del Ronfiglio, e quindi non è esatta l'af-
fermazione del Caruso: « Aspettano ancora gli eruditi chi volesse met-
tersi all'assunto di scriverle tutte [le memorie] ordinatamente».
PREFAZIONE LXXX1II
era una metà assegnata alla descrizione di Sicilia, formando
un lavoro geografico di altissimo pregio (1).
I suddetti storici nella loro critica mostransi talvolta trop-
po indulgenti ; e 1' Aprile ed il Caruso non esitano di citare
in prova i lavori del Mugnos, assai discreditati.
Lo storiografo Giovanni Evangelista Di Blasi (f 1812)
scrisse Ylstoria civile del regno di Sicilia, che fu data alle
stampe negli anni 1811 a 1821. Egli divide distintamente per
epoche, ossia per dinastie, la sua storia, la quale divisione
gli storici anteriori non avevano adoperato, riunendo ad ar-
bitrio in libri od in parti le notizie di varie dinastie. Il Di
Blasi nel cap. Ili del libro Vili dell'Epoca angioina tratta
dei principii della rivoluzione dei Siciliani contro i France-
si: Vespro siciliano, e ciò che avvenne in questa isola sino
ai 28 di aprile delV anno 1282 (2), e quindi, nel libro IX ,
dell'Epoca aragonese sino alla morte di Martino IL La nar-
razione delle vicende sino al 1355 è nei capitoli I a XIV ,
e però non più per ogni sovrano, ma con capitoli separati
secondo l'importanza degli avvenimenti,, che vengono con-
siderati per ciascun regno (3). Le fonti adoperate dal Di
Blasi, e ricordate con cura, non lo distolgono talvolta, con
miglior critica, a muover dubbio su la verità dei fatti espo-
sti in alcune di esse; ma si giova egli altresì del Mugnos,
sebbene lo chiami poco veridico.
(1) Per 1' epoca aragonese esposta dal Caruso si veda la parte II ,
voi. II, edito nel 1740, pag. 1-214. Della rivoluzione del 1282 é la no-
tizia nel voi. I di tal parte edito nel 1737, pag. 334-341.
(2) Ctr. ediz. Palermo, 1863, voi. II pag. 440-446.
(3) Si riferiscono al regno di Pietro I i cap. I a III, di Giacomo i
e. IV -V, di Federico II i e. VI -IX, di Pietro II i e. X-XI, e di Lu-
dovico i e. XII -XIV. Cfr. ediz. Palermo, 1863 cit. voi. II, pag. 454-554.
LXXXIV PREFAZIONE
È d'uopo chiudere tal serie degli storici siciliani con la
menzione dell'opera Considerazioni su la Storia di Sicilia del
sommo Rosario Gregorio (f 1809), venuta fuori negli anni
1805 a 1816. Il titolo dice assai meno del contenuto, perchè
la censura borbonica lo mutilò , rendendolo quasi volgare
nella forma. L'insigne Domenico Scinà a ragione diceva :
« Tale era la condizione dei tempi , e così pericoloso riu-
sciva al Gregorio il dettare in quel tempo il diritto pubblico.
Basta il dire che i primi due volumi avanti di ridursi in i-
stampa , furon sottoposti a rigida censura. Si giunse a to-
gliere dal manoscritto la parola notabili, che risvegliar po-
tea l'idea dei notabili di Francia, e fu forza mutare il fron-
tespizio, sostituendo al titolo di diritto pubblico quello di
Considerazioni sulla Storia di Sicilia » (1).
Quel che più importa qui notare, e che non è stato messo
in evidenza da altri, è che la polizia borbonica, nel tempo
che la Corte reale se ne stava fuggiasca in Sicilia, tolse via
(né può essere altrimenti) un intero capitolo dell'opera del
Gregorio, cioè appunto quello che dovea formare il capitolo
1 del libro IV , ovvero la narrazione delle novità dopo la
morte di Federico II imperatore nel 1250, durante il regno
di Manfredi, e della conquista di Carlo I d' Angiò «dopo
che si ebbero superati gli scrupoli (come nota il Gregorio)
che avea il santo re Ludovico suo fratello d'invadere il
diritto alieno», e della congiura del Procida, della venuta
del Re Pietro I e del regno di Giacomo. Il volume terzo
delle Considerazioni veniva fuori pertanto nel 1806 con l'o-
missione di quel capitolo, come se nulla fosse , ed il libro
(1) Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo deci-
mottavo. Palermo. 1827, voi. IH, pag. 181.
PREFAZIONE LXXXV
IV invece che dal Re Manfredi, come comportava la serie
dell'esposizione storica, aveva inizio dal Re Federico II d'A-
ragona, e così seguivasi nelle posteriori edizioni (1).
Fu soltanto dopo quaranta anni, cioè nel 1845, per cura
del dotto marchese Vincenzo Mortillaro, che quel capitolo
venne tratto dall'oblìo, ricavandolo dall'autografo esistente
nella Biblioteca Comunale di Palermo, e pubblicandolo co-
me Appendice inedita al capitolo VI del libro HI, nella nuova
edizione formata in quell'anno (2). La polizia però conti-
nuava nei suoi sospetti anco nel 1845, perchè non permet-
teva che quel capitolo apparisse al proprio luogo, ma in
Appendice, e pure nella designazione del riferimento di quel-
l' Appendice al testo principale, a deviare l'attenzione, si volle
con evidente incoerenza e confusione, far ritenere che quel
capitolo « serve d'introduzione al cap. VII del lib. Ili, » nel
quale si tratta solamente delle tasse sveve in rapporto alle
novità angioine ed aragonesi (3).
(1) Il cari. Vincenzo Di Giovanni nel discorso su Rosario Gregorio
e le sue opere. Palermo, 1871, pag. 71, notava che l'autografo volume
del Gregorio (ms. Qq. F. 59 della Bibl. Com. di Palermo) «ha le fir-
me dei Revisori, che furono Serio, Barcellona e Filipponi, dotti eccle-
siastici e scrittori del tempo»; ma aggiungeva altresì che confrontando
quel manoscritto e l'altro pure autografo (Qq. F. 58) « si trovano qua
e là luoghi non stampati ovvero mutati », e proponeva che in una nuo-
va edizione si collocasse al posto conveniente « quello che non sappia-
mo se per ragione della censura fu qua e là soppresso ».
(2) È inserito nelle pag. 597 a 601 della suddetta edizione del 1845,
Opere scelte del can. Rosario Gregorio.
(3) Si ricava da ciò che quell'epoca angioina e dei primi Re arago-
nesi era l' incubo della polizia e dei governanti, se tre anni dopo la
censura, alla quale fu sottoposta l'opera dell'AMARi sul Vespro Sicilia-
no, un capitolo del Gregorio doveva per lo meno emigrare in altra se-
LXXXVI PREFAZIONE
Oltre il primo capitolo ricacciato in un' Appendice , il
periodo aragonese è trattato dal Gregorio per tutto il libro
IV e per l'altro seguente in complessivi quattordici capitoli,
sino alla morte di Ferdinando di Castiglia al 1416 (1). L'im-
portanza del regno di Federico II aragonese per le nuove
istituzioni di diritto pubblico è posta in rilievo con la e-
sposizione contenuta quasi nell'intero libro IV, tranne per
due paragrafi del cap. VI, riguardanti : Notabili avvenimenti
sotto Re Pietro e nel vicariato dell'Infante Giovanni. E invece
più breve nei cap. I e II del libro V la trattazione per il
regno di Ludovico,che scorgesi riunita a quella del periodo
posteriore del fratello Federico III il Semplice. Non occorre
notare che quanto espone il Gregorio è sorretto dal più
sano criterio storico, e corroborato anche col ricordo dei do-
cumenti e col testo di alcuni inediti (2).
Tra gli stranieri lo spagnuolo Surita (f 1581) nei suoi
celebri Anales de la Corona de Aragon , nel libro IV dal
cap. XIII in poi, insieme alla narrazione degli avvenimenti
dell'Aragona espone quelli della Sicilia estesamente, e spesso
con capitoli speciali, senza distinzione per epoca di regno.
Egli trae inizio dalla confederazione «que Juan de Proxita
concordo entre el papa Nicolao tercero y el emperador Mi-
guel Paleólogo y el rey de Aragon contra Carlos rey de Si-
cilia, y de la armada que mandò el rey juntar para pasar
à Costantina», e perviene sino al cap. LX del libro Vili
«de la muerte del rey Luis de Sicilia, al cual sucediò el
de. Parrebbe che l'ombra dell'Angioino fosse ritenuta come quella fu-
rente di Caino che gridava : « Anciderammi qualunque m' apprende »
(Dante, Purgatorio, e. XIV, v. 133).
(1) Cfr. l'edizione del 1845 alle pag. 290 a 456.
{% Sul Gregorio cfr. N. Rapisarda Studi su Rosario Gregorio e Sag-
gio bibliografico. Catania, 1910 e 1911.
PREFAZIONE LXXXVII
infante don Fadrique suhermano». La solerzia dell' autore
nel ricercare cronache e documenti nell' archivio della Co-
rona di Aragona ed altrove ed il giudizio equanime da lui
serbato resero quest'opera del Surita fondamentale per la
Sicilia, così da dispensare da qualsiasi idea di una siste-
matica investigazione di documenti in Ispagna (1).
L'opera del De Burigny Histoire generale de Sicile dal-
l'antichità sino al 1738, edita all'Aia nel 1745, deve pure ri-
cordarsi. Il De Burigny nel libro Vili dal § IV all' Vili narra
i fatti dal tempo della Conspiration des Siciliens. Massacre
des Francois sino al 1285, alla morte del Re Carlo I. Quin-
di nel libro IX in venti paragrafi tratta dell'epoca seguente
sino alla mòrte del Re Martino II, svolgendo sino al regno
di Ludovico la materia in diciotto paragrafi. La divisione
adoperata dall'autore è per avvenimenti più notevoli; e no-
nostanti le critiche contro quel lavoro fatte dal Di Blasi ,
riesce utile per il savio uso delle migliori storie e cronache (2).
Sono infine da mentovarsi fra le opere storiche notevoli,
(1) Un importante ed erudito lavoro sul Subita scrissero i dottori
Aztarroz e Dormer, Biografia de Geronimo Surita, stampato la prima
volta nel 1680 in Saragozza, e ristampato quivi nel 1878 nella Collezione
intitolata Progresos de la historia en Aragon y vida de sus chronistas.
Parte I, in un volume in 4°. di pag. 687.
(2) Cfr. le pag. 184 a 275 del t. II dell'opera suddetta. Scinà , Pro-
spetto della storia letteraria di Sicilia cit. voi. Ili, pag. 280 e seg. offre
estese notizie su l'origine delle acerbe ed insistenti critiche del Di Blasi
contro Burigny, e ricorda : «Erano già scorsi molti anni da che impreso
ne avea [Di Blasi] il lavoro [della storia di Sicilia] , quando venne in
mente ai librai d'Ippolito di ristampare in volgare la storia del Buri-
gny Di ciò si rincrebbe il Di Blasi temendo che pubblicato il Buri-
gny prima della sua Storia, non fosse venuto di questa ad impedire lo
spaccio; e però si lanciò all'infretta sotto il nome di Giovanni Filotete
[nel 1786] contro l'editore e il traduttore e contro la storia del Burigny».
LXXXVIII PREFAZIONE
che più ampiamente trattano delle vicende dell' epoca ara-
gonese in Sicilia sino al 1355, VIstoria del regno di Napoli
di Angelo di Costanzo vissuto nel secolo XVI (1)', la rino-
mata Istoria civile del regno di Napoli di Pietro Gianno-
ne (2), gli Annali d' Italia del Muratori assai importanti
anco per la chiarezza della narrazione (3) , la Storia dei
Popoli d'Italia di Carlo Botta (4) , la Storia delle repubbli-
che italiane dei secoli di mezzo del Sismondi per i ricordi
del tempo repubblicano del 1282 ed i disordini delle fa-
zioni popolari sotto il regno di Ludovico (5) , la Storia
degli Stati italiani del tedesco Enrico Leo nel libro IX e
nel cap. I del libro X con interessanti considerazioni rica-
vate in parte dal Gregorio, come egli medesimo attesta (6)
e gli Annali delle Due Sicilie di Matteo Camera, nei quali
per gli anni 1282 - 1343, epoca della morte del Re Roberto,
si dà la notizia di molti fatti riguardanti l'isola (7) , oltre
(1) Gfr. il voi. I, ediz. Milano, 1805, pag. 80-399.
(2) Lib. XX, cap. V. Divisione del Regno di Sicilia da quello di Pu-
glia per lo famoso Vespro Siciliano ed in vari altri capitoli sino al
cap. II del lib. XXIII, nell'ediz. Milano, 1821, voi. V pag. 263 e seg.,
e voi. VI sino a pag. 134.
(3) Nei t. VII, p. 356 e seg. e t. Vili, p. 1-232, ediz. Lucca, 1763.
(4) Indico l'edizione di Bruxelles, 1826, t. I, pag. 327 e seg.
(5) Cfr. l'ediz. Gapolago , 1844 , trad. dal francese, t. IH, pag. 65 e
seg., t. IV, pag. 268 e seg.
(6) Si veda il voi. II pag. 94-151 della «prima versione dal tede-
sco », Firenze 1842. L'affermazione di essersi giovato del Gregorio tro-
vasi a pag. 139.
(7) Il primo volume del Camera venne in luce nel 1841 , e 1' altro
dopo un ventennio nel 1860. Per gli anni dal 1282 in poi cfr. pag. 337
e seg. del voi. I. Tratta dei preparativi del Procida per la rivoluzione,
nella narrazione relativa agli anni 1279 a 1281.
PREFAZIONE LXXXIX
il volume intitolato Elucubrazioni storico - diplomatiche su
Giovanna 1 regina di Napoli e Carlo III di Durazzo pure
divise ad annali, anche col testo di documenti riportati a
conferma della narrazione (1).
§ V. — 1. Criterio degli scrittori di storia generale di Si-
cilia nel narrare la rivoluzione del 1282 e le sue origini. —
2. Altre notizie su i lavori storici speciali per determinati pe
riodi dell'epoca aragonese. — 3. Lavori diplomatici su epoche
ed argomenti vari, che ho dovuto particolarmente consultare.
1. E mestieri ora esporre quale criterio sia stato seguito
dagli scrittori di storia generale di Sicilia nel trattare della
rivoluzione del 1282, argomento assai controverso , perchè
alcune cronache in tutto od in qualche parte sospette (come
ricorderò) od antiche tradizioni hanno nociuto alla precisa
narrazione. Dirò pertanto di quattro particolari temi che ri-
ferisconsi a tale subbietto.
A) Sul nome di «Vespro Siciliano».
Si ritrova comunemente presso gli storici antichi e mo-
derni il nome di Vespro siciliano ; ma esso deve rigettarsi,
non essendo una espressione provenuta dal tempo della ri-
voluzione del 1282. I cronisti siciliani, italiani e catalani, e
la cronaca del Ribellamentu infatti non offrono alcuna men-
zione dell'ora vespertina, nella quale la rivoluzione fosse av-
venuta.
(1) Le Elucubrazioni, che sono quasi continuazione agli Annali, fu
rono edite in Salerno nel 1889. Hanno inizio dal 1343 e terminano al
1385. Di altri storici d'Italia Balbo, Cantù, La Farina, Balan , Lan-
zani , Cipolla , Villari ecc. darò appresso notizia per i nuovi giudizi
dopo il lavoro di Amari (1842).
XC PREFAZIONE
In Sicilia l'uso della parola Vespro da antico tempo non
è in vigore (come altrove) se non presso monaci e preti per
le ore canoniche o per le funzioni , che si celebrano nella
sera innanzi la festa di qualche santo. Non è consueto il
dire verso vespro od a vespro per indicare verso sera od a
sera. E frequente anzi la voce Avimmaria che (come spiega
Pasqualino) «si dice ancora a quei nove tocchi di campana,
che sonano la sera per cenno che si saluti con detta ora-
zione, Ave Maria » (1).
Una espressione 'ntra minzijornu e vespiru si ha presso
i contadini e nei comuni minori per denotare alcune ore
di refezione e riposo, corrispondenti quasi alla siesta degli
Spagnuoli, poiché in tali ore nell'interno dell'isola si soc-
chiudono le botteghe , si sospendono le fatiche campestri ,
e si ripigliano sul tardi. Quella parola vespiru nella sud-
detta locuzione forse deriva dall'abitudine più invalsa pres-
so i preti per quel riposo (2).
La voce Vespro è frequentissima invece nella lingua to-
(1) Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico, cit. t. I, pag. 168.
(2) Nel Diccionario de la lengua castellana, por la Accademia Espa-
nola. Madrid, 1869, pag. 713, per la voce siesta si dà questa interpre-
tazione : « El tiempo despues de medio dia, en que apréta mas el calor.
El tiempo destinado para dormir o déscansar despues de corner. La mu-
sica que en las iglesias se canta ó toca por la tarde». Quest' ultima
spiegazione indica la festa ecclesiastica del Vespro. L'altra frase doppu
pransu o podimanciari si riferisce a tal tempo, come nota Pasqualino,
Vocab. sicil. etimol. t. IV, pag. 135 : « Podimanciari vale oggi , doppo
il desinare. Pomeridiano tempore. Voce composta, poi di lu manciari ».
Una espressione simile a questa si ha nella Cronaca di Parma con le
parole post prandium per l'ora della rivolta cioè dopo il mezzogiorno.
Cfr. Cronica Parmensia a sec. XI ad exitum sec. XIV, nei Monumenta
ad hist. parm. et plac. pertinentia. Parmae, 1858, pag. 56.
PREFAZIONE XCI
scana, come si rileva dal Dizionario della lingua parlata di
Rigutini e Fanfani (1), da molte espressioni di autori tosca-
ni riferite dai filologi Costa e Cardinali (2) e da alcuni versi
di Dante.
Leggesi nella Divina Commedia :
Vespero è già colà, dov'è sepolto
Lo corpo dentro al quale io facev'ombra (3)
ed altrove la patetica descrizione del navigante :
... se ode squilla di lontano
Che paia il giorno pianger che si muore (4).
L'espressione Vespro, quale fu usata per l'eccidio degli
Angioini, è però più recondita nel suo significato , cioè in
quello di strage, morte, disfatta, è più che una voce comu-
ne, una locuzione elevata e quasi poetica. Si ha perciò nella
Divina Commedia il verso
Questi non vide mai Vultima sera (5)
cioè non è ancor morto, e trovansi gli altri :
Corridor vidi per la terra vostra
0 Aretini ; e vidi gir gualdane,
Ferir torneamenti, e correr giostra
Quando con trombe e quando con campane (6).
(1) Cfr. l'edizione di Firenze, Barbèra, 1903.
(2) Cdsta e Cardinali , Dizionario della lingua italiana. Bologna ,
1826, t. VII. pag. 300 e seg. voce « Vespro e Vespero. La sera, o 1' ora
tarda verso la sera ». Essi ricordano le locuzioni « in sul vespro » del
Boccaccio, « la sera a vespro » dei Passavanti , « essendo già vespro »
del Petrarca ed altre.
(3) Purgatorio e. Ili, v. 25-26.
(4) Cfr. e. Vili, v. 5-6 del Purgatorio.
(5) Vedasi e. I, v. 58, Purgatorio.
(6) Inferno, e. XXII, v. 7.
XCII PREFAZIONE
Le campane erano usate allora per la guerra. Machiavel-
li descrive il carroccio dei Fiorentini, e dice : « Avevano an-
cora per magnificenza delle loro imprese una campana detta
Martinella, la quale un mese prima che traessero fuori dalla
città gli eserciti , continuamente suonava, acciocché il nimi-
co avesse tempo alle difese . . . Questa campana ancora con-
ducevano nei loro eserciti, mediante la quale le guardie e
le altri fazioni della guerra comandavano» (1). Riesce evi-
dente da tali notizie dell'uso toscano che Vespro Siciliano
denotava in senso allegorico disfatta al suono delle campa-
ne di guerra, ed ultima ora degli Angioini.
Altre prove di tale significato si hanno ancora , perchè
la voce Vespro Siciliano divenne proverbio , per denotare
una strage terribile. Amari volle ricercare l'uso di questa e-
spressione Vespro Siciliano, e ne scrisse una breve memo-
ria col titolo Su la origine della denominazione Vespro Si-
ciliano (2). Egli riporta vari esempi di queir uso , e nota
come Fazzello al suo tempo dicesse : Inde adagio crebuit
siculus Vesper ; ma osserva F Amari che nondimeno la pa-
rola Vespro per la rivolta del 1282 non rimonta oltre il se-
colo XV, e dice : « A me il proverbio parrebbe roba impor-
tata dalla terraferma, dove correa negli ultimi anni del XV
secolo [cioè duecento anni dopo il Vespro], essendo usato
dal Gollenuccio » (3). Ripeteva però l'Amari nel 1886 che la
(1) Macchiavelli, Le Istorie fiorentine. Firenze, Le Monnier, 1857 ,
pag. 71.
(2) Fu letta quella memoria da Amari in Palermo al Circolo Filologi-
co, e pubblicata nel 1882.
(3) Amari, Su la origine cit. pag. 32. Il Collenucgio morì nell' an-
no 1500. Indico l'edizione della sua Istoria, che si ha nella Raccòlta di
tutti i più rinomati scrittori della istoria generale del regno di Napoli.
PREFAZIONE XCIII
rivoluzione avvenne il martedì a vespro, ed altrove: «dall'ora
del primo scoppio s'è addimandata il Vespro Siciliano » (1);
ma dai cronisti ciò non si rileva , e poiché principiava la
primavera, cioè in marzo , nulla vietava che al diporto si
andasse anco di mattina.
Nemmeno storicamente avrebbe significato l'espressione
Vespro Siciliano, perchè non è possibile che la grande strage
degli Angioini in Palermo fosse avvenuta soltanto nelle poche
ore vicine alla sera e fra il buio, nel quale rimanevano allora
le vie, mentre dai cronisti si desume che dapertutto nella
città si correva a ricercare gli Angioini ed ucciderli , e la
rivolta dovette anzi durare per gran parte della giornata.
Lo estendere inoltre il nome Vespro a tutta la Sicilia riesce
improprio, e notava pertanto a ragione il Di Blasi che « in-
vece di chiamarsi Vespro Siciliano, più accuratamente potrà
dirsi Vespro Palermitano, perchè in Palermo ad ora di vespro
[sic] ebbe il suo cominciamento, né accadde nelle altre città
nello stesso giorno 30 di marzo, né nell'ora vespertina, come
attesta S. Agostino [corr. S. Antonino] arcivescovo di Fi-
renze » (2). Tale incoerenza di senso della voce Vespro prova
ancor meglio che quel nome è proveniente da altre regioni
fuori dell'Isola, cioè dal continente italiano, e che gli scrit-
tori siciliani non curarono affatto di indagare quando fosse
Ivi, 1770, t. XVII, pag. 203 e seg. Io trovo pure tali locuzioni riportate
da Costa e Cardinali cit., cioè : Biro col ferro il Vespro Siciliano del
Pulci (f 1490), e Tu sentirai il Vespro Siciliano del Lasca (f 1583), en-
trambi fiorentini.
(1) Vedansi le pag. 193 e 219 del voi. I, 9a ediz. di Amari.
(2) Di Blasi , Storia del regno di Sicilia. Palermo , 1863 , voi. II ,
pag. 444. ;
XCIV PREFAZIONE
dapprima adoperato, e l'accettarono come denominazione
dovunque invalsa nell'uso , anche presso il popolo e nelle
sue tradizioni.
B) Su le cronache sospette per origine o derivazione. « Ri-
bellamentu », Villani, Malespini.
Nel tempo posteriore alla venuta del Re Pietro I nella Si-
cilia ed al suo viaggio in Messina (ottobre 1283) fu scritta
nell'isola una cronaca intitolata Ribellamentu o Liber Jani de
Procita et Palioloco o Leggenda di Messer Gianni di Proci-
da, secondo i manoscritti che se ne hanno. Essa ha inizio
dall'ambasceria del Procida al Paleologo per parte del Re
Pietro di Aragona nel 1279, e dopo la narrazione delle trame
della congiura del Procida con gli altri nobili siciliani e delle
pratiche presso le Corti di Roma e di Aragona, perviene al
tempo del viaggio del Re aragonese in Messina nel 1283 ,
come ho accennato. Sembra probabile che per le estese
notizie che si trovano per Messina in quella cronaca , ed
anche perchè essa termina con la descrizione dell' ingresso
trionfale del sovrano in quella città, sia stata composta da
qualche Messinese , e forse aderente di Alaimo da Lenti-
ni (1).
Dai fatti quivi riferiti sorge evidente che il principale
cospiratore era il Procida, che se ne stava in Aragona fra
(1) Ciò rilevo anco dalla considerazione che nulla si dice della le-
ga di Gorleone con Palermo poco dopo la rivoluzione del 31 marzo 1282,
il qual fatto , se la cronaca fosse stata composta da qualche Palermi-
tano, non si sarebbe omesso di mentovare. Si accenna altresì che nel-
l'ambasceria in Aicoyll (in Africa) al Re Pietro era un Guglielmo di
Messina. Gregorio, Bibl. script, arag. cit. t. I pag. 269.
PREFAZIONE XCV
i consigli di quel Re intento a ricuperare il regno di Sicilia
che era stato strappato crudelmente agli Svevi. Altri nobili
corrispondevano col Procida dall'isola, anzi egli stesso in
vari viaggi li incoraggiava fra il variare delle sorti che la
cospirazione subiva nelle pratiche con il Paleologo, i Papi
Nicolò III e Martino IV ed il Re Pietro III d'Aragona.
Le notizie dei vari viaggi del Procida e dei suoi trave-
stimenti « a modu di frati minuri » appariscono forniti dal
cronista per dare maggiore attraenza al racconto, ed anche
per nascondere coloro che veramente fossero gl'intermediari
in Sicilia da parte del Procida, che potevano essere anche
individui estranei, su i quali non avrebbe concepito alcun
sospetto il governo angioino, e che viaggiavano per commer-
cio o per affari tra la Sicilia e la Catalogna.
Si ha pure l'inserzione del testo di lettere* che dalla forma
diplomatica non sembrano autentiche; ma ciò non toglie im-
portanza alla cronaca, perchè i desideri e gli ordini dei so-
vrani e dei Papi potevano essere esposti in altra forma se-
greta, ossia di memoriali agli ambasciatori, ma la sostanza
del contenuto rimaneva la stessa, se pur la lettera riferi-
ta non era talvolta un compendio di alcuna vera. 1 discor-
si del Procida (o di altri per lui in Sicilia) e di altri nobi-
li non è a ritenere siano avvenuti in quel modo ; però tale
era il sistema dei cronisti che, seguendo gli esempi di Tito
Livio , appena si presentasse l'occasione di dar notizia di
ambascerie o consigli, e risposte di sovrani e di guerrieri,
formavano una solenne concione, nella quale (tralasciando
la forma estetica e letteraria) resta la base di quanto in
quei tempi si riteneva che si fosse trattato , convenuto od
ordinato (1).
(1) Non occorre che di quel metodo rechi esempì, che trovansi spesso
nelle cronache del Neocastro, Speciale ed altri.
XCVI PREFAZIONE
La narrazione del Ribellamentu, tranne quanto di ano-
malo ho rilevato, ed alcuni anacronismi, coincide perfetta-
mente in non poca parte con le memorie più. sicure dell'e-
poca, poiché vi si trovano menzioni di nomi di personaggi,
tanto siciliani che angioini, e di luoghi e di convegni presso i
Papi ed altrove, e di minute descrizioni di combattimenti che
non possono mettersi in dubbio (1). Giova altresì notare che
(1) Buchon nel 1839, scrivendo in Parigi una notizia su quella cro-
naca , notava : « Ses assertions recoivent une nouvelle autorité de sa
connaissance exacte des hommes et des lieux. La comparaison qu' on
fera de son récit avec celui de Ramon Muntaner et avec celui de Ber-
nard d'Esclot donnera une nouvelle force au témoignage de l'un et de
l'autre». Chroniques étrangéres cit. pag. LXXI e seg. Lo stesso Amari,
che spesso critica il Ribellamentu , lo ricorda talvolta come prova, ed
afferma che di frequente le notizie quivi esposte trovano riscontro nella
storia. Amari, 9a ediz. voi. I, pag. 153. È strana un'opinione manifestata
nel 1880 dal prof. Adolfo Bartoli nella sua Storia della letteratura
italiana. Firenze , t. Ili , pag. 161 : « Anche un' altra Cronaca del se-
colo XIII è caduta sotto i colpi della critica odierna : Lu Ribellamentu
di Sicilia contra Re Carlo, che si crede essere la leggenda popolare che
correva nella Sicilia intorno al Procida. Qui pure notavansi concetti
che parevano attestar la genuinità di quel documento e la sua grande
importanza. Ma il prof. Michele Amari e il prof. Hartwig hanno pro-
vato che essa non è altro che una falsificazione, anzi una specie di ro-
manzo fabbricato sulla Storia del Villani». Invece 1' Amari non disse
affatto che il Ribellamentu fosse falsificazione, e se affermò prima (come
indi anche I'Hartwig) che il testo derivasse dal Villani, dichiarò nel 1886
(9* ediz. voi. Ili , pag. 213) : « Io disdico la conghiettura che feci una
volta», e seguì l'antico giudizio del Gregorio, cioè che Villani traesse
dal Ribellamentu. D'Ancona e Bacci, Manuale della letteratura italiana.
Firenze, 1908, voi. I, pag. 179, menzionano tra le cronache del secolo
XIII « le Narrazioni del Vespro Siciliano scritte nel buon secolo della
lingua ecc. », cioè il testo dei Ribellamentu, perchè nel volumetto con
PREFAZIONE XCVII
la voce Leggenda aveva nel medio evo (come osservano Co-
sta e Cardinali) il significato di « narrazione breve », e non
l'altro assai posteriore : « Oggi si dice Leggenda di Storietta
di poco pregio, e per lo più favolosa , ed anche di qualsi-
voglia scrittura per (svilirla » (1).
Tra i nomi dei nobili che sono ricordati come cospiratori
si hanno quelli di Palmieri Abbate, Alaimo da Lentini e Gual-
tieri di Caltagirone. Amari dubita della loro cospirazione, per-
chè non li trova capi nel governo che successe alla rivolu-
zione di Palermo (2); ma tal motivo non è prova bastan-
te, perchè quei tre Siciliani non erano nativi di Palermo, e
forse anche per tale circostanza non vollero condividere il
peso dell' arduo potere (3). Neanco giova dire che Alaimo
da Lentini e Palmieri Abbate erano riputati partigiani degli
quel titolo : Altre narrazioni ecc. pubblicato da Amari nel 1887 come
Appendice alla 9a ediz. non si contiene più specialmente che un altro
testo del Bibellamentu. Amari avea definito nel 1840 il Ribellamentu « in-
sieme documento istorico ed esemplare dell'antica lingua del paese».
D'Ancona, Carteggio di Michele Amari. Torino, 1907, voi. Ili, pag. 3.
(1) Costa e Cardinali, Dizionario cit. t. IV, pag. 516.
(2) Amari, 9a ediz. voi. I pag. 152.
(3) Tra i consiglieri del governo repubblicano in Palermo nel 1282
era un Perrone di Caltagirone, che è segnato civis Panormi, ed è omo-
nimo di Gualtiero, e non si conosce se fosse parente. Amaju, cit. voi.
Ili, pag. 302. Gualtieri, come nota Amari cit. v. I, pag. 266 , era po-
tente in Caltagirone e «signore di Butera», e fu largo di ingenti som-
me nell'assedio di Messina nel 1282. Palmieri Abbate, appena arrivato
il Re Pietro coi magnati in Trapani a 30 agosto 1282 , si fece innanzi
ad offrire grandi doni ad essi, come ricorda lo Speciale: «quibus Pal-
merius Abbas, miles egregius, cum immensa frugum copia donisque re-
galibus occurrit » (ediz. Gregorio cit. t. I pag. 311). Non sarebbe stato
concesso queir ambito onore se non a persona di eminente amor pa-
trio. Nel 1283 1' Abbate cadde in sospetto perchè sperava sorti ancor
G. La Mantia, God. dipi. arag. g
XCVIII PREFAZIONE
Angioini molto tempo prima della rivoluzione, e che il Gal-
tagirone fra un anno si ribellò al Re Pietro, perchè la fede
negli aiuti dell'Aragonese alla Sicilia potè essere bene sorta
nella mente di Alaimo, anche se prima non lo avesse incitato,
o se in Gualtieri, come in Alaimo, dopo qualche periodo di
tempo si affievolì per le fazioni, delle quali si hanno esempi
nella storia delle repubbliche italiane. L'Abbate non fu peral-
tro partigiano degli Angioini, ma invece svevo (t).
Non deve quindi recar meraviglia se la cronaca del Re-
bellamentu non solo abbia avuto diffusione in Sicilia , ma
ancora nel continente, massime in Toscana, e ne son prova
i vari manoscritti dal secolo XIV in poi, che ancora riman-
gono, ed in alcuni dei quali si alterava in parte il testo si-
ciliano per rendere più comprensibili ai Toscani le memo-
rie del portentoso avvenimento.
Il monaco bolognese Francesco Pipino nella sua crona-
ca, nella quale tratta a lungo delle vicende della Sicilia dal-
l'ultima epoca sveva sino all' inizio del regno di Pietro I ,
seguiva in gran parte il Ribellamentu per quanto concerne
la rivoluzione del 1282.
Il celebre cronista fiorentino Giovanni Villani (f 1348) ,
migliori per la Sicilia, ma fu liberato di prigione a 20 gennaio come esente
da colpa, ed il Re Pietro I lo portò con sé in Catalogna, dove si distinse
nell'assedio di Girona, e donde poi tornò nell'isola. Amari lo dice «oriun-
do di Trapani, cittadino palermitano». Di tale cittadinanza non reca
le prove, se pur non era acquisita. Cfr. voi. I, pag. 359, 362, 364, 365,
e voi. II, pag. 141 ecc.
(1) Neocastro anzi rileva che Alaimo da Lentini, nonostante che pri-
ma fosse devoto agli Angioini, si die quindi a cospirare contro di essi
(ediz. Gregorio cit. t. I , pag. 76). Amari traduceva per I' Abbate un
erroneo sunto latino , mentre in Minieri Riccio , 11 regno di Carlo I
d'Angiò (in Arch. Stor. Ital. t. XXV, 1877, p. 407) il sunto è ben diverso.
PREFAZIONE XCIX
che cominciò a scrivere la sua opera nell'anno 1300, ed ag-
giungeva talvolta alla narrazione degli eventi della sua pa-
tria anco i più famosi di altre regioni, avendo trovato la cro-
naca siciliana del Ribellamentu, se ne avvalse nell'esporre i
fatti della rivoluzione siciliana del 1282 (1). Si potrebbe dire
anzi che prima di lui i fiorentini Ricordano e Giachetto
Malespini, che si credeva esser vissuti dopo la metà del se-
colo XIII, abbiano attinto per la loro -cronaca di Firenze alla
stessa fonte (2); ma tale cronaca dei Malespini è oramai rite-
nuta non autentica, e formata nel secolo XIV sur un com-
pendio della cronaca del Villani, respingendosi la supposta
accusa di plagio commesso da costui su la cronaca male-
spiniana (3).
(t) Villani, ediz. cit. Trieste, pag. 136 e seg., lib. VII, cap. 57-61.
È superfluo ricordare una Cronaca Napolitana di un presunto Villani,
omonimo del fiorentino , la quale da antico tempo è ritenuta un com-
pendio (fatto nel secolo XIV) della Cronaca fiorentina di Giovanni Vil-
lani. Cfr. Schiavo, Memorie per servire alla stor. lett. di Sicilia. Palermo,
1756, t. I, p. 2a, pag. 18, che non accolse il parere contrario del Pratilli
(ivi, p. 7-15). Narbone , Istoria della letteratura siciliana. Palermo,
1859, t, X, pag. 124. Capasso, Le fonti della Storia delle provincie na-
politane dal 568 al 1500. Napoli, 1902, pag. 131 e seg.
(2) Cfr. Storia fiorentina di Ricordano Malespini dall'edificazione di
Firenze fino al 1282, seguitata poi da Giacotto Malespini fino al 1286.
Livorno, 1830 , voi. II, pag. 504 e seg. cap. 220 , 222 e 223. Altra pre-
gevole edizione è quella di Bologna, Romagnoli, 1867 «riscontrata colle
prime edizioni» a cura di Crescentino Giannini.
(3) Le ricerche su 1' autenticità della cronaca dei Malespini hanno
segnatamente inizio dal 1869 con la memoria di Busson Die florentini-
sche Geschichte der Malespini und deren Benutsung durch Dants. Inns-
bruck, 1869, seguita da altre, cioè del prof. Scheffer - Boichorst, Die
florentinische Geschichte der Malespini eine Falschung (in Hist. Zeischr.
di Sybel, 1870), di Cesare Paoli, Studi sulle fonti della storia fiorentina
PREFAZIONE
Deve notarsi che il Villani accolse con molta fiducia anco
in minute circostanze la narrazione del Ribellamentu; e ve-
ramente (come osserva il Balzani) la sua cronaca per quanto
non concerne B'irenze non può essere sicura fonte, perchè
il Villani « le cose che gli sono lontane di tempo e di luogo
riferisce spesso come le apprese senza vagliarle» (1). E strano
anzi che il Villani (se pur non sarà errore di copista) di-
ceva avvenuta la rivoluzione del 1282 « alla festa di Mon-
reale fuori della città [di Palermo] per tre miglia» , e non
presso il fiume Oreto, come narrano i cronisti siciliani e ca-
talani, e spiega bene il Surita : « A la iglesia de Santispiri-
tus, que està fuera del rio Oreto, que ahora dicen del Al-
miralla » (2). L'equivoco forse derivò dalla situazione topo-
(in Arch. Stor. Ital. Serie III, voi. 21, an. 1875) e di Vittorio Lami Di
un compendio inedito della Cronica di Giovanni Villani nelle sue reia-
sioni con la storia fiorentina Malispiniana (in Arch. Stor. Ital. Ser. V,
t. 5, an. 1890, pag. 369-416). Cfr. pure Adolfo Barto li, Storia della let-
teratura italiana. Firenze 1880, t. Ili, pag. 148 e seg., che si mostra e-
sitante nel dubbio di falsità ; Ugo Balzani , Le cronache italiane del
medio evo descritte. Milano, Hoepli, 1884, pag. 289 e seg.; e A. D'An-
cona e 0. Bacci , Manuale della letteratura italiana. Firenze , 1908 ,
voi. I, pag. 141, 454 e seg. Rimane ancora incerto se debba ritenersi la
cronaca una falsificazione, del quale argomento dovea trattare in altra
memoria il Lami, che non potè perchè prevenuto dalla morte.
(1) Cfr. il citato lavoro del Balzani, pag. 306.
(2) Surita , Anales cit. lib. IV cap. 18. Nel 1782 il governo borbo-
nico, al tempo del Viceré Domenico Caracciolo, adottando la salutare
riforma delle sepolture nell'esterno delle città, tramutò in camposanto
quei luoghi di delizia, e li rese tetri e muti per sempre , al fine di e-
vitare che il popolo si ispirasse quivi al grande esempio di riscossa nel-
l'avvenire. Cfr. Gaspare Palermo, Guida istruttiva di Palermo e suoi
dintorni. Palermo 1857, pag. 699 e seg.
PREFAZIONE CI
grafica del fiume , che scorre nella sua origine dai monti
presso Monreale (1).
La forma attraente e piacevole, nella quale era scritta la
cronaca del Ribellamentu, contribuì ad eccitare vivamente
il desiderio di leggerla, ed a farla pervenire a molta rino-
manza. Busone da Gubbio, ghibellino, amico di Dante, esule
nel 1304 in Arezzo, poi reduce in patria, ove nel 1318 ospitò
il Poeta, compose nel 1311 il romanzo intitolato V Avventu-
roso Ciciliano, l'argomento del quale è appunto la riunione
di cinque nobili siciliani, dopo che l'isola fu ribellata « per
la industria di messer Gianni di Procita». Quei nobili
« andarono per lo mondo cercando loro avventure » per ar-
ricchirsi nei commerci.
Narra il Busone l'origine della rivoluzione siciliana del
1282 e alcuni eventi posteriori nel Proemio ed altresì nelle
Osservazioni ad esso; ma poi più nulla ne dice. Sono degne
di ricordo queste esplicite espressioni : « Egli è notorio infra
noi Italiani il mutamento che feciono gli abitanti dell'isola
di Cicilia, quando i Franceschi la soggiogaro, e il tempo e
il modo e la cagione perchè la perderono » (2). E indubita-
bile che l'idea di tale romanzo sia provenuta dalla lettura
del Ribellamentu.
(1) Vito Amico, Lexicon topographicum siculum, Panormi, 1759, t. II,
parte 2a, pag. 14 dice: « Oritur porro ex duobus fontibus Misilincandono
et Fravatta supra Montent regalem, augeturque Parci novis aquis, in
valle sub Meccino colle».
(2) G. F. Nott, Fortunatus Siculus o sia l'Avventuroso Ciciliano di
Busone da Gubbio. Bomanzo storico scritto nel 1311 , pubblicato per la
prima volta in Firenze V anno 1832. Milano , Silvestri , 1833 , pag. 56.
L'inglese Nott nelle annotazioni segue però il Mugnos, che merita po-
ca fede. Era tanto ricercato in Italia il Ribellamentu, che si volle sinanco
aggiungere in parte o per intero in alcuni codici del secolo XIV del Te-
CU PREFAZIONE
È merito rilevante del Gregorio V avere la prima volta
dato in luce nel 1791 la cronaca del Ribellamentu, ch'era ri-
masta inedita per tre secoli dopo l'invenzione della stampa (1).
Egli sarà stato certamente costretto dalla censura a soppri-
mere il titolo : « Quistu è lu Ribellamentu di Sicilia, quali
ordinau e fichi fari miser Gioanni di Procita contra Re
Garlu » (2), ed anche l'aggiunta in fine della cronaca nel
manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo (ai segni
Qq. D.47), nella quale si accenna la raxiuni dell'incitamen-
to del Procida alla ribellione, cioè l'offesa all'onore di sua
figlia (3).
Gregorio notava che la cronaca : « Nullum profecto no-
men profert auctoris, et nonnisi vetustioris scripturae exem-
plar recentissimum est». Dal confronto con la narrazione
assai simile del Villani desumeva che la cronaca di costui
serve a corroborare la verità della tradizione storica della
soro di Brunetto Latini (f 1294) quella cronaca, spesso con variazioni,
insieme agli originali capitoli scritti da Brunetto, che concernono altre
materie. Di tali codici si giovò in parte Roberto Visiani Brano di an-
tica storia italiana. Padova , 1859 , che pubblicava quei capitoli ag-
giunti. Ne diede notizia nel 1869 il prof. Adolfo Mussafia nella me-
moria Sul testo del Tesoro di Brunetto Latini edita in Vienna. Cfr. Zam-
brini, Le Opere volgari a stampa dei secoli XIII e XIV indicate e de-
scritte. Bologna , 1878 , ediz. quarta, col- 545. La memoria del Mussa-
fia fu poi riprodotta nel 1884 dal Renier nel suo lavoro Della vita e
delle opere di Brunetto Latini.
(1) Gregorio, Bibl. script, arag. cit. t. I, pag. 243-274.
(2) Il Gregorio invece appose questo argomento da lui formato : « Hi-
storia conspirationis Iohannis Prochitae ».
(3) Tale aggiunta fu pubblicata da Buscemi, La vita di Giovanni di
Procida. Palermo, 1836, pag. IX dei Documenti. A pag. II egli riporta
la notizia che dava il Capecelatro per quella cronaca tuttavia inedita.
PREFAZIONE CHI
rivoluzione del 1282, e diceva : « Quo factum est ut luculen-
to hoc testimonio [del Villani] innixa constans etiam et ve-
tustissima Siculorum traditio nullum addubitandi locum reli-
querit » (1). Notava ancora che il Villani si sarà giovato della
cronaca dei Malespini, e che avrà accolto nel suo lavoro in
molta parte le notizie del Bibellamentu. Conviene riferire le
parole del Gregorio : « Haud fortassis temeritatis nota ei inu-
renda videbitur, qui suspicabitur et hoc Ghronicon nostrum
in suam Historiam illum transtulisse ». Tale giudizio è ora-
mai accolto dai moderni scrittori, dopo avere sostenuto con-
trarie ed infondate ipotesi (2).
E superfluo dire come gli antichi storici siciliani, ante-
riori al 1791, abbiano ricordato e seguito nelle loro narra-
zioni le cronache dei Malespini e del Villani insieme ad
altre fonti, e che dopo il 1791, cioè quando Gregorio pub-
blicò il Bibellamentu, il Di Blasi non se ne giovò, ricordan-
do invece l'opera discreditata Ragguagli historici del Mugnos,
(1) Gregorio, op. cit. pag. 244.
(2) Dopo l'edizione del Gregorio del 1791, il Bibellamentu fu ristam-
pato con note ed illustrazioni, ed in traduzione francese, nel 1841-46
da Buchon , Ghroniques ètrangères cit. pag. 737-752 con l'indicazione
Anonyme Sicilien , e poi su vari manoscritti in volgare del continente
e di Sicilia del secolo XIV da A. Cappelli in Torino nel 1861 nella Mi-
scellanea di Opuscoli inediti o rari dei secoli XIV e XV, dal prof. V. Di
Giovanni nel volume Cronache dei secoli XIII, XIV e XV. Bologna, 1865,
e negli Studi di Filologia e letteratura siciliana. Palermo, 1871, nei Bi-
cordi e Documenti del Vespro Siciliano pubblicati della Soc. Sicil. di
Stor. Patria, Palermo 1882 , e dai sac. Castorina (sur un ms. del sec.
XVII) ed Evola nello stesso anno 1882. Cfr. per queste due edizioni la
rassegna dello Starrabba neìVArch. Stor. Sic. an. VII (1883), pag. 444
e seg. Si veda pure F. Zambrini, Le Opere volgari a stampa cit. col. 310
e 564.
C1V PREFAZIONE
che ricercavasi anche dal Muratori, ed il Ferrara ed il Pai-
meri invece ricorrevano al Ribellamentu edito dal Gregorio (1).
Per la storica verità deve però notarsi che sin dal se-
colo XVI si cominciò in Sicilia a dubitare in parte per i
fatti della rivoluzione del 1282, che erano narrati nelle cro-
nache dei Malespini e del Villani derivate dal Ribellamentu,
e prima del 1837 manifestava il Palmeri simile giudizio anche
per il Ribellamentu.
Fazzello infatti considerava : Sunt qui referant quo tutius
rem perageret [il Procida], lymphatum simulasse, ac canna
ad aures obviorum suggerentem Francorum quidem ridicu-
las voces, Siculorum vero caedem futuram, simulque diei et
horae nuntium » (2). Le parole sunt qui referant mostrano
come il Fazzello quasi non volesse credervi, e respingesse
quei ricordi. L'accurato cronista dell'Aragona, il Surita, pure
nel secolo XVI nel narrare i viaggi del Procida notava : « se-
gun hallo escrito por un autor de aquellos tiempos», inten-
dendo probabilmente del Villani, al quale si rimetteva (come
si ricava) nella mancanza di migliore notizia dei fatti (3).
Lo storico Aprile (f 1723) scriveva: «Lice il Volgo, e
il rapportano alcuni autori, spacciandola come notizia favo-
losa o non soda, che il Procida si fingesse pazzo [quasi no-
vello Bruto] e che con un cannello andasse rumoreggiando
o dicendo cose ridicole alle orecchie dei Francesi, e ai Si-
ciliani che stessero pronti all'impresa. Ciò non è probabile,
sì perchè il Procida era persona di gran riguardo, e in quei
(1) Ferrara, Stor. gen. cit. t. IV, pag. 108. Palmeri, Somma della
storia di Sicilia. Palermo 1839, voi. Ili, pag. 246.
(2) Fazzello, De rebus siculis cit. dee. II, lib. 8, pag. 490.
(3) Surita, Anales cit. lib. IV, cap. 12.
PREFAZIONE CV
tempi era molto impiegato, maneggiando la congiura fra i
Signori principali del regno e non col volgo, come pure per-
chè imprudente sarebbe stato il rischio » (1).
Il Burigny nel 1745 notava acutamente : « Plusieurs ont
cru que c/avoit été une affaire préméditée, ils ont ajouté des
circostances absurdes, par exemple, que Procida s'étant dé-
guisé, étoit venu en Sicile pour disposer le peuple à cette
exécution, et que contrefaisant le fou, il portoit une sarba-
cane aux oreilles de ceux qu'il rencontroit , les avertissoit
de l'heure du massacre, et leur disant des extravagances si
c'étoient des Francois. Mais les Annales Siciliennes, celles
de Gènes et les auteurs les mieux instruits font 1' histoire
de cette tragèdie telle que nous l'avons rapporteé » (2).
Rosario Gregorio nel capitolo soppresso dalla censura ,
e che fu (come ho detto) pubblicato dal Mortillaro nel 1845
forse nell'occasione recente del lavoro dell'Amari, scrisse in
maniera sì elevala e corretta del Procida, nulla accettando
di fatti inverosimili del Villani e dei Malespini e del Ribel-
lamene, che non potrebbe meglio ancora oggi affermarsi (3).
Lo storico Di Blasi aveva manifestato sin dal 1792, e ripe-
teva nei primi anni del secolo XIX, per quanto concer-
neva l'offesa all'onore della moglie o della figlia del Proci-
da : « Noi abbiamo appalesato altrove il nostro sincero sen-
timento che Ja diversità di questo racconto ed il silenzio degli
scrittori contemporanei ci fa sospettare che cotesta sia una
favoletta da romanzo » (4). Su la narrazione di minuziosi
(1) Aprile , Della cronologia universale della Sicilia cit., pag. 138.
Crede invece probabile che si fosse travestito da frate.
(2) Burigny, Histoire generale de Sicile cit, t. II, pag. 190.
(3) Gregorio, Opere scelte cit. pag. 600.
(4) Di Blasi . Storia del reano di Sicilia cit. voi. II , pag. 441. La
CVI PREFAZIONE
fatti formata dall'Aprile, il Di Blasi avverte : « Potrà consul-
tarsi l'Aprile che ne fa la più minuta relazione, se pure tale,
avendolo egli tratta dal poco veridico Mugnos», e riguardo
all'ora della rivoluzione aggiunge: «Fu creduto da certuni e
sparso che si era risoluto di fare nell'ora di vespro in tutte
le città e terre la cospirazione contro i Francesi , lo che è
falso» (1). Francesco Ferrara così diceva: «Tutti i fatti e
ogni minuto dettaglio di questo periodo memorabile, che da
alcuni dei nostri scrittori è stato sviluppato in favole e in
ridicole assurdità, sono stati da me tratti con diligenza scru-
polosa dagli storici contemporanei o poco da esso lontani»,
e ricordava il Neocastro, il Ribellamentu ed il Villani (2).
Il termitano Palmeri infine considerava con un giudizio
sintetico , e tenendo presente il Ribellamentu : « Egli è ben
da maravigliare che una congiura tanto estesa fosse stata
ordita da un solo uomo e tenuta così celata » (3).
Dalle notizie da me sin qui fornite si ricava con eviden-
za che dal secolo XVI al primo trentennio del XIX non
pochi dubbi si avevano su le vicende della congiura e della
rivoluzione del 1282. Non è quindi da attribuire a scrittori
posteriori il merito di aver riconosciuto la prima volta l'in-
coerenza e la stranezza di alcuni fatti esposti nel Ribella-
mentu (rimasto sconosciuto sino al 1791), e per derivazione
accolti nelle cronache del Villani e dei Malespini, quest'ul-
tima non autentica.
menzione più antica da lui fatta è nel lavoro di Ferdinando Paterno,
Sicani reyes, opusculum posthumum. Neapoli, 1792, edito dal Di Blasi
con sue note.
(1) Cfr. Di Blasi, Storia cit. pag. 443.
(2) Ferrara, Storia gen. della Sicilia, cit. t. IV, pag. 108.
(3) Palmeri, Somma cit. voi. Ili, pag. 252.
PREFAZIONE CVII
C) Sul dubbio se la rivoluzione del 1282 in Palermo sia
stata subitanea o sia derivata da congiura.
Se la rivoluzione del 31 marzo 1282 in Palermo sia avve-
nuta spontaneamente o per le pratiche occulte della congiu-
ra, nemmeno è circostanza sfuggita agli antichi scrittori di
storia generale. È d'uopo pertanto riferire i giudizi dati su
ciò da vari tra quegli scrittori.
Fazzello riteneva che al 31 marzo « dato signo », ed in
tutta la Sicilia « uno temporis momento ad unum omnes
[Franti] trucidantur » , ed ammetteva evidentemente la
congiura in quella rivolta (1). Ne dubita invece il Mauroli-
co , che dice espressamente : « Praeterea ne quid, quod ad
historiam facit, omittatur, alii hanc Siculorum defectionem
casu accidisse; alii multo ante praemeditatam et deinde ad
statutum diem opere completami » opinantur (2).
Narra il Surita che i nobili di Sicilia avversi agli An-
gioini aspettavano in Palermo l'occasione propizia per fare
scoppiare la rivolta, e che a tal fine si suscitavano tumulti
(1) Fazzello, De rebus siculis cit. decade II, lib. Vili, cap. 4, pag.
490.
(2) Maurolico, Sicanicarum rerum compendium cit. lib. IV, pag. 127.
Egli non indica alcuno tra i sostenitori delle opposte sentenze, e forse
quel suo ricordo potrà riferirsi in parte all'interpretazione dubbia di
qualche cronaca. Neil' edizione del 1562 che qui indico , e che io pos-
seggo, al margine di tale periodo è scritto di carattere dello stesso se-
colo: « Alii aliter dicunt ». Vito Amico nelle note al Fazzello considera-
va : « Indicta haec dies inter Siculos prò unanimi Gallorum caede fabulas
sapit; hinc paulo inferius ipse Fazellus sese emendans, rem uti postea
fuit enarrandam suscipit». Cfr. Fazzello, De rebus siculis criticis ani-
madversionibus atque auctario ab Vito Amico. Catanae, 1753, t. Ili, p. 34.
CV1II PREFAZIONE
quasi continuamente. Ne riferisco le notevoli parole : «Todos
los barones de Sicilia, que se habian conspirado contra los
Franceses , de comun consejo deliberaron juntarse en la
ciudad de Palermo, lugar principal y cabeza de todo el rey-
no, para esperar la primera ocasion que se ofreciese , para
alzarse contra Carlos y echar los oficiales y ministros que
ternari el gobierno de aquella isla. Cada dia se suscitaban
escdndalos entre la gente del pueblo y andaban muy altera-
dos » (1).
Il messinese Bonfiglio scriveva nel 1604: «Si divenne
alla vendetta; ma prima che si cominciasse, parve ai Siciliani
che allentando la furia, si caminasse con ragione, e questa
con fare sentire al Re Carlo con debiti mezzi le miserie loro »
[in gennaio 1282] (2). Il diplomatista e storico Caruso espone
che il Re Pietro III d'Aragona « sotto l'apparenza d'una tale
spedizione [in Africa] fé vela addì 3 di giugno dell'anno
1282 aspettando quivi V esito della congiura e dei movi-
menti dei baroni siciliani contro gli Angioini. La fortuna
però volle facilitare a costoro ed al re D. Pietro quant'essi
desiavano coli' inaspettato tumulto avvenuto in Palermo l'ul-
timo giorno di marzo » (3).
Muratori negli Annali ricorda che la rivoluzione di Pa-
lermo era attesa dal Re Pietro, il quale si recò in Alcoyll
nell'Africa « per aspettare se i Siciliani dicendo da dovero si
rivoltassero ; e ciò non succedendo , per tornarsene queta-
mente a casa» (4).
Il giureconsulto Pecchia notava che la « memorabil con-
(1) Surita, Anales cit. lib. IV, cap. 17.
(2) Bonfiglio, Storia siciliana. Venezia, 1604, pag. 268.
(3) Caruso, Memorie isteriche di Sicilia cit. parte II, v. I, pag. 338.
(4) Muratori, Annali d'Italia cit. an. 1282, t. VII, pag. 357.
PREFAZIONE CIX
giura fu recata ad effetto in Palermo al sonar del Vespro
del dì 30 marzo 1282, secondo giorno delle feste Pascali, o
come altri vogliono nel dì seguente» (1).
Notevole è pure quanto osserva il Di Blasi : «La prepa-
rata congiura, che dovea scoppiare in un determinato gior-
no per tutta l'Isola, stante un'improvviso accidente, anticipò,
e cominciando dalla capitale Palermo, si andò estendendo
per tutto il regno ». È altresì con molto acume dal Di Blasi
confutata l'opinione del Caruso e del Muratori, cioè che il
Re Pietro d'Aragona fosse partito per l'Africa per aspetta-
re la riuscita della ribellione di Palermo. Dice pertanto il
Di Blasi : « L'opinione la più verisimile è che egli [Re Pietro]
non si mosse dall'Aragona se non dopo che seppe la solleva-
zione suscitatasi in Sicilia, e che andossene in Africa, e con-
quistò Accon [corr. AlcoyllJ aspettando di esser chiamato dai
Siciliani. Ciò è tanto vero che la di lui partenza da Bar-
cellona non accadde che quattro mesi dopo che era successa
in Palermo, e poi per tutta la Sicilia la carneficina dei Fran-
cesi, cioè nel mese di luglio dello stesso anno, come rilevasi da
Giovanni Villani » (2).
Il prof. Francesco Ferrara nel 1831 così esponeva : « Pre-
pararono gli animi e accesero vieppiù che mai l'odio della
nazione contro i Francesi in febbraio che seguì, ed in marzo
[1282J », ed inoltre affermava che l'uccisione di Drouet « fu
il segnale della tumultuazione meditata» (3).
(1) Pecchia , Storia civile e politica del regno di Napoli cit. t. Ili ,
pag. 11.
(2) Di Blasi, Storia del regno di Sicilia cit. voi. II, pag. 455. Il ca-
pitolo del Villani è il LXIX , e non il LXVIII come per errore è no-
tato dal Di Blasi.
(3) Ferrara, Storia generale della Sicilia. Palermo, 1831, t. IV, pag.
119 e 181.
CX PREFAZIONE
Ricorderò infine, tra gli stranieri, il francese Sismondi ,
che scrisse la sua storia negli anni 1807 a 1818 ed il tede-
sco Leo, che dava in luce la propria nel 1830. Sismondi dice
che il Procida « non ordiva congiure, ma eccitava le passio-
ni del popolo, onde fosse apparecchiato ad ogni avvenimen-
to ed al risentimento dei primi oltraggi, troppo sicuro che
non mancherebbe poi cagione all' alto comune sdegno di
prorompere». Aggiunge ancora che l'eccidio dei Francesi
« una tremenda rappresaglia fu delle stragi di Benevento e
di Augusta» (1). Enrico Leo esprime su la rivoluzione di
Palermo del 1282 un giudizio, che corrisponde al complesso
dei fatti e ritrae la necessità ed i limiti della congiura. Egli
considera : « Senza l'odio profondo del popolo, che manife-
stossi sopratutto con terribile forza nelle maggiori terre dove
più Francesi erano riuniti, la congiura tuttoché bene e savia-
mente ordinata, non avrebbe certamente sortito un esito for-
tunato ; ma ne la furiosa sollevazione del popolo avrebbe
tampoco partorito alcun frutto, se uomini, di lunga mano pre-
parati ad un simile evento , non si fossero fatti innanzi e
presa non avessero la suprema direzione della cosa» (2).
Riesce evidente da tale rassegna che i più riputati scrit-
tori della storia di Sicilia ammettono nella rivoluzione del
1282 l' inevitabile effetto della congiura. Nonostante che le
loro opinioni siano basate su l'accurato studio delle fonti,
conviene offrire alcune notizie che rilevansi dalle cronache.
L'ambasceria dei Siciliani al Papa Martino IV nel gennaro
1282 costituiva l'ultimo appello alla clemenza del Re Carlo
(1) Sismondi, Storia delle repubbliche italiane dei secoli di messo.
Trad. 'dal frane. Capolago, 1844, t. II, pag. 552 e 554.
(2) Leo, Storia degli Stati italiani dalla caduta dell'impero romano
fino all'anno 1840. Firenze, 1842, voi. II, pag. 98.
PREFAZIONE CXI
per un migliore governo, e l'infelice accoglimento esasperò
gli animi e li preparò tosto alla rivolta (1).
Saba Malaspina contemporaneo attesta inoltre che al mo-
mento in cui ebbe origine la ribellione erano alcuni intrepidi
giovani palermitani insieme ad esuli di Gaeta, e che furono
i primi ad esser provocati dagli Angioini : « Quidam insolen-
tes Panormitani iuvenes cum quibusdam Gayetanis exulibus
provocantur », ed i primi ancora a dire contumelie agli An-
gioini (2). Non occorre aggiungere altro per comprendere che
sotto il nome di esuli di Gaeta si intendeva accennare i co-
spiratori, che lasciata la loro città come sospetti agli Angioi-
ni , erano venuti in Sicilia a spingere la ribellione con gli
accordi degli altri esuli e del Procida, che risiedeva presso
la Corte reale d'Aragona e la regina Costanza, simbolo della
grandezza sveva dopo lo sfacelo di quella Casa compiuto da-
gli Angioini. In una lettera dell' 11 ottobre 1282 da Messina
a Gregorio di Perona, cittadino di Gaeta, il Re Pietro lo e-
sortava a proseguire nel proposito di ribellare quella città
« cum nonnullis consanguineis et amicis tuis de eadem terra
Gayete in Terracena tecum existentibus» (3). Il Re concede-
va poi a 27 ottobre il salvacondotto a dodici abitanti di
Gaeta, indicati per nome, i quali « Messana recedunt de se-
(1) Speciale, lib. I, cap. 3 ediz. (Gregorio cit. t. I, pag. 300 e seg.).
Egli soggiunge infatti : « Postquam Siculis visum est nihil ultra supe-
resse remedii, nullo comunicato Consilio, desesperationem amplexati sunt
singuli prò salute »". Il nullo comunicato Consilio non significa altro che
la risoluzione immediata, senza nuove trattative e proposte, che già e-
ransi compiute nella congiura.
(2) Saba Malaspina, Historie continuano, ediz. Gregorio cit. t. II,
pag. 354.
(3) Carini, De rebus regni Siciliae cit. pag. 84.
CXII PREFAZIONE
renitatis nostre mandato et apud Gayetam se conferii nt per-
sonales », e che forse saranno stati tra i fautori della rivol-
ta (1). Scriveva ancora quel Re da Logrono a 29 luglio 1283
al Procida : « De aliis nobilibus Neapoli, qui intendunt civi-
tatem Neapoli facere rebellari, si perficere poterint, nobis
plurimum erit gratum » (2). Le cospirazioni degli abitanti di
Gaeta per darsi agli Aragonesi continuavano nel 1288 (3).
Se si considera che Gaeta è su l'antica strada che da
Napoli per Terracina conduceva a Roma, meta frequente di
intrighi diplomatici presso la Curia romana, anco verso al-
tre città vicine, ove essa trasferivasi, e che l'isola di Pro-
cida, la quale era stata feudo di Giovanni da Procida,
si offriva la prima venendo per mare da Gaeta verso Na-
poli, si potrà bene interpretare il vero significato delle pa-
role quidam Gayetani exules, ed i rapporti che essi doveva-
no certamente avere col Procida.
TI cronista Speciale nel narrare la rivolta del 31 marzo
usa queste espressioni per i Palermitani : « Tunc Panhor-
mitani omnes, quod diu conceperant, operi se accingunt » (4).
Non mi estenderò a notare qual senso debbano avere le pa-
role diu conceperant, che non può esser altro che la rivolu-
zione era meditata da lungo tempo, e meglio dopo le pra-
tiche del Procida coll'imperatore Michele Paleologo in Co-
stantinopoli, conchiuse già da alcuni anni (5). L'ordine dato
(1) Cfr. Carini, cit. pag. 138.
(2) Vedasi pure Carini cit. pag. 435.
(3) Ho ricordato tal fatto in questa Prefazione, pag. XIII, uota 2.
(4) Speciale, lib. I, cap. 4 (ediz. Gregorio cit. t. I, pag. 301).
(5) Sismondi, Storia delle repubbliche italiane cit. t. II pag. 542. Pa-
re che il Sismondi (seguito in ciò dall'AMARi) riporti quella lega all'an-
no 1281, quando imminente dimostravasi la spedizione angioina contro
PREFAZIONE CX1II
dal Giustiziere -de Saint -Remy nel 1282 in Palermo perchè
nella festa di Santo Spirito presso l'Oreto non si portassero
armi , dimostra che dopo l'ambasceria al Papa Martino IV
a Viterbo, avvenuta due mesi innanzi (in gennaio), le inten-
zioni dei Palermitani erano già manifestamente proclivi alla
rivolta, e si temevano le riunioni di popolo e l'uso delle ar-
mi, tanto che Neocastro dice che i Palermitani erano prima
soliti di portare spade e lancie a quella festa, ma in quel-
l'anno « tamen lune arma nulla secum portabant » (1).
L'ambasceria dei Siciliani nel luglio 1283 in Alcoyll nel-
l'Africa per invitare il Re Pietro a venire in Sicilia ad as-
sumere il regno offre anche altra conferma della congiura.
Nella Cronaca denominata de San Juan de la Pena, che ora,
per le ricerche dell'esimio prof. Edoardo Gonzàlez Hurtebi-
se , si è riconosciuto essere stata scritta dal Re Pietro IV
d'Aragona, il quale regnò dal 1336 al 1387 (2), è detto che
il Paleologo; ma non se ne ha chiara prova, e tutto induce a credere
più segreta e più antica la lega.
(1) Neocastro, cap. 14 (ediz. Gregorio cit. pag. 31). Per la più pre-
cisa notizia degli avvenimenti della rivolta del 1282 riesce interessante
la memoria dell'erudito archivista francese Henri Stein, Testament de
Pierre de Sainte-Foi, archévéque de Palerme (1283), inserita nella Bi-
bliothèque de l'École des Chartes, Paris, 1912, t. LXXIII pag. 436 e seg.,
perchè queir arcivescovo dovette fuggire da Palermo, e trovò asilo a
Nicotera dove morì. Ne ho dato recensione nell'Archivio Storico Sici-
liano, an. XXXVII (1912), pag. 530 e seg.
(2j Hurtebise, La Crònica general escrita per Fedro IV de Ara-
gon. Barcelona, 1906 (nella Revista de Bibliografia Catalana, voi. IV).
Ho dato notizia di questa importante memoria nell'Archivio Storico
Siciliano , an. XXXI (1906). pag. 551 e seg., appena ritornato dalla
Spagna.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. h
CX1V PREFAZIONE
il Re Pietro III , suo antecessore, diede questa risposta ai
legati siciliani : « Mandat igitur statini nuntiis ut repatriarent
seque regi Carulo Siculi nullam exibeant servitutem, quinpo-
tius rébellionem incitent et faciant cantra ipsum , tamquam
eorum terrarum occupatorem iniustum , promittens se esse
cum eis in brevi, Domino suffragante. Ob quod nuntii, facti
imrnodice ilares, in Siciliani revertuntur, et contro, regem Ca-
rolum rebellionis stimulum Siculi scitant incunctanter » (1).
Cotali esplicite manifestazioni, riferite nella sua cronaca da
un sovrano, sono veramente notevoli, perchè palesano i rap-
porti diretti di Pietro III con i cospiratori e col popolo, e
quasi più che al Parlamento del luglio 1282 pare si adatti-
no a quanto potè promettersi da quel Re prima della rivo-
luzione del 31 marzo, massime che di questo avvenimento
non fa menzione il cronista Re Pietro IV, e la rivolta era
già estesa in tutta la Sicilia nel luglio, né occorreva altro
incitamento (2).
Si ha finalmente altra prova della cospirazione nelle pa-
role che il cronista Speciale riferisce come dette dagli am-
basciatori al Re Pietro III in Africa, cioè che non trascorso
ancora un mese la Sicilia si era liberata dagli Angioini e
sottoposta al governo comunale, raggiungendo così optatum
finem (3). Tale espressione dimostra che nella congiura si
(1) Cfr. Historia de la Corona de Aragon (la mas antiyua de que se
tiene noticia) conocida generalmente con el nombre de Crònica de San
Juan de la Pena. Zaragoza, 1876, pag. 171 e seg.
(2) Il cronista francese De Nangis è ancora più preciso nel ricor-
dare le promesse di aiuto date dal Re Pietro innanzi la rivolta. Vedasi
ediz. Duchesne cit. t. V, pag. 538 e seg.
(3) Speciale, lib. I, cap. 11, (ediz. Gregorio, cit. t. I pag. 309).
PREFAZIONE CXV
era deliberato di reggersi a comune, respingendo qualunque
forma di intervento della Chiesa Romana per mezzo dei suoi
Legati.
D) Su la parte che ebbe il Procida nella rivoluzione del
1282 e perciò nella congiura — Prove desunte dai documenti
e dalle cronache.
Altro argomento notevole è questo per la storia delle o-
rigini della celebre rivoluzione. I cronisti Saba Malaspina
ed il Villani e gli storici sino al primo trentennio del seco-
lo XIX hanno dimostrato senza alcun dubbio che il Proci-
da sia stato il principale cospiratore , che abbia coopera-
to alla felice riuscita della congiura e perciò della rivoluzio-
ne nell'isola. E' d'uopo leggere attentamente quanto dice il
Saba Malaspina in quella parte di narrazione da me riferi-
ta (1), per riconoscere che alcuni esuli del regno facevan parte
della cospirazione per la conquista della Sicilia da compier-
si dal Re Pietro III di Aragona, e che tra essi erano prin-
cipali il maestro [in medicina] Giovanni da Procida e Rug-
giero Loria (2). Deve pure notarsi che il Saba Malaspina
menziona prima il Procida e poi il Loria, perchè il Procida
era colui che più poteva influire nell'ardua preparazione, e
ciò riceve conferma da quanto ho già ricordato , cioè che
gli esuli delle regioni più vicine a Napoli , e propriamente
di Gaeta, cospiravano in Sicilia, ed erano presenti nella ri-
voluzione del marzo 1282.
(1) Cfr. sopra, pag. XII.
(2) Saba Malaspina , Historiae continuano ab anno 1276 ad 1285
nunquam antea in lucerti emissa (lo Gregorio, Bibl. script, arag. cit.
t. II, pag. 341).
CXVI PREFAZIONE
Il Villani (come notò il Gregorio sin dal 1791) trasse an-
che dalla recente cronaca anonima del Ribellamentu le este-
se notizie concernenti le origini e le vicissitudini di quella
rivoluzione sino al viaggio del Re Pietro 1 in Messina in ot-
tobre 1283 (1); e sebbene in molte parti quella narrazione del
Ribellamentu possa considerarsi immaginaria e che « intes-
sa fregi al vero », non è poi tale nel complesso dei fatti e-
sposti che non dimostri un'ampia base di verità e di cor-
rispondenza con le fonti, e se il nome del Procida è ricor-
dato con onore in cotali fonti per le sue straordinarie gesta,
quella rinomanza in tempi assai vicini al Procida(anzi quando
egli era ancor vivo) se non fosse stata vera, non poteva es-
sere facilmente divulgata, senza incontrare un'opposizione,
anzi protesta vivissima, dei contemporanei o di coloro che
vissero poco dopo quell'epoca.
Fra essi sono tre sommi Italiani, Dante (1265- 1321), Pe-
trarca (1304-1374) e Boccaccio (1313-1375), dei quali il primo,
ghibellino, accolse alcune notizie della rivoluzione siciliana
seguendo quanto narrava il Villani (v. 1275-1348) nella sua cro-
naca, e gli altri, che eran familiari nella Corte del Re Rober-
to, manifestarono grandi elogi alla memoria del Procida, pur
aderendo al Villani. Or non è affatto da credere che i due
più grandi poeti ed il primo prosatore d'Italia abbiano po-
tuto far ciò, senza essere abbastanza sicuri di quanto affer-
mavano. Dante quando accadde la rivolta aveva ventitré anni,
per il Petrarca era un evento anteriore soltanto di ventidue
anni alla sua nascita , e di trentuno per il Boccaccio e di
appena pochi anni per il Villani (2). Quell'avvenimento do-
(1) Ciò ho ricordato nelle precedenti notizie alla lettera B.
(2) Villani ricorda che nel 1300, reduce da Roma, cominciò a com-
porre la sua Cronaca. Cfr. lib. Vili, cap. 36, e Maffei, Storia della Ut-
PREFAZIONE . CXVII
vea quindi esser palese ai suddetti scrittori in tutte quelle
minute circostanze, che la fama trasmetteva dovunque in Eu-
ropa nelle conversazioni e nei racconti, anco fra la lentezza
dei viaggi di quei tempi.
È noto che Dante scrisse la cantica dell'Inferno negli anni
1306 a 1308, come ricorda con varie prove il Balbo (1). Il
Poeta, nel mentovare tre notevoli fatti della rivoluzione di
Palermo del 1282, adoperava talvolta quasi le stesse paro-
le del Villani, che traeva le notizie dal Bibellamentu. Dante
pone tra i simoniaci il Papa Nicolò III per il denaro che
ricevette dal Procida (da quello dato a costui dall'impera-
tore Paleologo) per la congiura contro Carlo d'Angiò, e lo
accusa :
E guarda ben la mal tolta moneta
Ch'esser ti fece contro Carlo ardito (2).
Nel Villani trovasi per tale azione del Procida : « commo-
vendolo segretamente [il Papa] colla detta moneta contro al
Re Carlo » (3).
teratura italiana cit. ed. Italia, 1834, voi. I, pag. 165, il quale ritiene
che allora «dovea egli essere già adulto». I fatti della rivoluzione del
1282 sono esposti dal Villani nel lib. VII, che non potè essere scritto
da lui molti anni dopo il 1300.
(1) Balbo, Vita di Dante Alighieri, Torino, 1857, pag. 289 e 310.
(2) Inferno, e. XIX, v. 98-99.
(3) Villani, lib. VII, cap. 57, ed. cit. Egli aggiunge : «secondo che
per gli più si disse e si trovò la verità », che prova i discorsi del suo
tempo. Nel Bibellamentu (ed. Gregorio cit. pag. 25Ì) immediatamente
dopo il fatto che il Paleologo « havia promisu multa munita», si fa cen-
no della visita e delle promesse del Procida al Papa Nicolò III. I com-
mentatori di Dante hanno costantemente spiegato in tal modo quei due
CXVIII PREFAZIONE
Dante usa inoltre le espressioni :
Se mala signoria, che sempre accora
Li popoli soggetti, non avesse
Mosso . . . (1).
Si trova nel Villani: « I Franceschi teneano i Siciliani e i Pu-
gliesi per peggio che servi [si confronti li popoli soggetti di
Dante] isforzando e villaneggiando le loro donne e figlie.
Per la qual cosa molta di buona gente del regno e di Ci-
cilia s'erano partiti e rubellati » (2).
Infine Dante dice :
Mosso Palermo a gridar : Mora, mora.
Nel Villani dopo la notizia della sommossa in Monreale si
ha : « Ma il peggiore n'ebbono quegli di Palermo. Inconta-
versi. Ricorderò soltanto l'ediz. La Divina Commedia di Dante Ali-
ghieri col comento di G. B fagioli, Napoli, 1865 , pag. 265. Non può la
mal tolta moneta riferirsi a quella delle decime usata dal Papa Nico-
lò III per vantaggio della Chiesa, perchè tal fatto non costituiva simo-
nìa, anzi era un merito. Gregorovius, Storia della città di Boma nel
medio evo. Venezia , 1874 voi. V, pag. 555 , afferma piuttosto che quel
Papa fu « il primo che imprendesse a fondare principati ai suoi nepo-
ti» e che era avaro. Il cronista Pipino ricorda che delle decime raccolte
dal predecessore Gregorio X si giovò il Papa Nicolò III per ingrandire
con palazzi e ville le adiacenze della basilica di S. Pietro, « ut ibi ce-
lebritas Curiae Romanae esset in vestibulis aedium propinquarum
eius». Muratori, Rerum cit. t. IX, col. 724.
(1) Paradiso, e. VIII, v. 73-75.
(2) Villani, loc. cit. — Nel Ribellamentu si legge per i Siciliani: «0
miseri venduti comu cani, mali disavventurati e mali trattati, haviti
li vostri curagi impitrati; ora non vi moviriti jammai, ma sempri sar-
riti servi puteudu essiri signuri, divengiandu l'ingiurii e li vergogni vo-
stri» (ed. Gregorio cit. pag. 252).
PREFAZIONE CX1X
nente tutta la gente si ritrassono fuggendo alla città, e gli
uomini [si diedero] ad armarsi, gridando : muoiano i Fran-
ceschi » (1).
La cronaca del Villani, che probabilmente sino al libro
VII era già composta nel 1306, e senza dubbio 1' altra del
Ribellamentu che correva allora per l'Italia, e dalla quale la
prima è derivata per le notizie dell'isola, giovarono quindi
all'Alighieri nell'attestare con precisione i fatti della rivolu-
zione siciliana e la partecipazione del Procida (ancorché non
nominato) in essa (2).
(1) Villani , ibidem. Si narra nel Ribellamentu (ed. Gregorio cit.
pag. 264) che i nobili « incalzami la briga contra li Francischi cu li Pa-
lermitani, e li homini a rimuri di petri e di armi, gridandu : moranu
li Francisi ». Il cronista Michele di Piazza, che scriveva in latino, ricorda
che la prima voce di rivolta che echeggiò nel 1282 nei campi dell'Oreto
fu : Moranu li Francisi. Cfr. G. La Mantia, Su i più antichi Capitoli
della città di Palermo cit. pag. 427.
(2) Dice il Villani (lib. Vili , e. 36) : « Negli anni 1300 tornato da
Roma, cominciai a compilare questo libro [la cronaca], a reverenza di
Dio e del beato Giovanni, e commendazione della nostra città di Firen-
ze». Cfr. ediz. cit. pag. 182. La voce compilare significa comporre, di-
stendere in iscritto. Pietro Massai nell'Elogio del Villani (ediz. Firenze,
1823, t. Vili, in fine) ricorda che egli, pur appartenendo al ceto uobile,
fosse mercante, e che nel 1301, «mentre attendea non meno alla mer-
catura che alla sua Cronaca», fu presente all' entrata di Carlo di Va-
lois in Firenze (pag. XVIII). Fu allora esiliato Dante ; e nota il Villani
(lib. IX, e. 136) : « Questo Dante fu onorevole e antico cittadino di Fi-
renze di porta San Piero, e nostro vicino». Nel 1303 Villani, forse per
la mercatura, si recò in Sion nella Svizzera e di là nelle Fiandre, ove
era nel settembre 1304 ; ma non dovette rimanervi molto, sebbene man-
chino altre memorie di lui sino al 1311, perchè nell'anno seguente si ha
notizia di suoi atti in Firenze (pag. XIX e seg.) , e dal 1316 cominciò
CXX PREFAZIONE
Il Petrarca nell'Itinerarium Syriacum scriveva poi : « Vi-
cina hinc Prochyta est parva insula, sed unde nuper magnus
quidam vir surrexit Ioannes , ille qui formidatum Caroli
diadema non veritus , et gravis memor iniuriae , et majora
si licuisset ausurus, ultionis loco huic regi Siciliani abstulis-
se » (1). Si noti la parola nuper, che significa or non è molto
tempo, cioè per un fatto assai conosciuto da chi l'esponeva.
Altre lodi tributava nella biografìa di Carlo I d'Angiò il
Boccaccio al Procida, ed in modo simile al Villani narrava
brevemente le sue gesta, appellando il Procida nobile ed a-
stutissimo uomo , il quale « nec minore labore, quam saga-
citate per biennium » favorì la cospirazione dei Siciliani (2).
Ne deve supporsi che in modo diverso ne abbia scritto
nei suoi Annales omnium temporum il celebre storico paler-
mitano Pietro Ranzano (1428-1492), sebbene il volume ri-
guardante la Sicilia non ci sia pervenuto, pur essendosene
giovato il Fazello nel secolo seguente (3).
Dal Fazzello e dal Surita al Palmeri ed al Leo non è
altrimenti fra gli scrittori di storia generale , seguendo le
a tenervi cariche pubbliche. Non è quindi a supporre che , dal fermo
ed entusiastico proposito nel 1300 di comporre la Cronaca, il Villani si
fosse indugiato sino al 1321 per iscriverla, quando sedeva tra i Signori
della repubblica, come crede I'Amari, 9a ediz. voi. Ili, pag. 15. Poteva
allora il Villani continuarla e perseverarvi con più agio, ma non dar-
vi inizio dopo tanto oblìo.
(1) Petrarcha, Opera quae extant omnia. Basileae, 1581, pag. 559.
(2) Boccaccio, De casibus virorum illustrium libri novem. Augustae
Vindelicorum, 1544, pag. 257.
(3) Ne ho fatto cenno prima, in questa Prefazione. 11 Collenuccio,
scrivendo nel secolo XV, rilevava l'opera del Procida, che teneva « pra-
tica con li primi uomini di Sicilia». Istoria cit. p. 203.
PREFAZIONE CXXI
cronache vetuste, che una continua affermazione del meri-
to del Procida nella congiura, ciò che forma sicura prova
del costante consenso di contemporanei e posteri su la
base incontrastabile dei fatti. Fazzello chiama il Procida cal-
lido vir ingenio et in conciliandis animis potens, Maurolico
ricorda che la sua patria fu Salerno e che fu medicus Man-
fredi regis. Aprile nota che non era « già medico, ma signore
nobilissimo- delV Isola di Procida e di alcune terre del regno
di Napoli, familiare del Re Manfredi, come si prova dall'iscri-
zione del Duomo di Salerno», ed esprime altresì un assai
sennato giudizio, che conviene riferire: « La moglie di lui eb-
be un favorevole rescritto dal Re Carlo per la restituzione dei
soli beni dotali. Né da tale rescritto, né altronde si prova che il
Procida si fosse mosso a tal impresa per vendetta dello stupro,
col quale dicono alcuni autori che gli fosse stata oltraggia-
ta la moglie. Fuggito egli dalla sua patria dopo la rotta di
Gorradino, si die a maneggiare le sue fortune ; e trovando
ben disposta la Sicilia, irritata fieramente contro i ministri
del Re Carlo, volle portare al soglio di quest'isola il Re Pie-
tro d'Aragona» (1).
Caruso osserva che erano « nobili fuorusciti della Sici-
lia rifugiati in gran numero nella sua corte « [del Re Pietro],
e che questi « si valse dell'opera e del consiglio di Procida »,
per il quale ricorda che era «stato spogliato da lui [Re Carlo]
dei ritchi feudi, che possedeva vicino Napoli», e che il Re
Pietro lo riconobbe «per uomo altrettanto ardito quanto sa-
gace ed atto a qualunque più importante maneggio » (2). Il Gre-
gorio notava che il Procida « rifuggitosi presso Costanza la
(1) Aprile, Della Cronologia universale della Sicilia cit. pag. 136.
(2) Caruso, Memorie storiche di Sicilia cit. parte II, v. I, pag. 335.
CXXI1 PREFAZIONE
figliuola di Manfredi. . . . disegnò di riporlo, sul trono che altri
occupava violentemente. Gli accorgimenti e le coperte vie ei
sapea tutte » (1). Palmeri considerava che il Procida si di-
mostrò più onesto di altri che sottoscrissero il testamento
dell'imperatore Federico TI e poi «fecero apertamente guerra
al figliuolo », mentre « Messer Giovanni all'incontro si tenne
sempre fedele a re Manfredi » (2). Ferrava credeva opportu-
no rilevare che il periodo della rivoluzione del 1^82 « da al-
cuni dei nostri scrittori è stato inviluppato in favole e ri-
dicole assurdità», e che aveva dovuto perciò attenersi agli
« storici contemporanei o poco da esso lontani » (3).
Noterò fra gli scrittori italiani che il Muratori conside-
ra sottilmente che il Procida « uomo di mirabile accortez-
za, letterato e spezialmente peritissimo della medicina, entrò
in pensiero di guarire anche i mali politici della Sicilia, ed
a ciò incitava il Re Pietro e la moglie Gostanza » (4) , e
che il Giannone osserva che il Procida, rimunerato con feudi,
« tutto quel frutto che cavava dalla sua baronia cominciò
a spendere in tener uomini suoi fedeli per ispie nell'uno e
nell'altro regno, dove avea gran sequela di amici, e comin-
ciò a scrivere a quelli in cui più confidava » (5).
Fra gli stranieri ricorderò che il Surita fa cenno della
grande potenza, alla quale era pervenuto in Italia il Re Man-
fredi , e che posteriormente le aspirazioni ghibelline erano
rimaste in Toscana e Lombardia e « siguieronle muchos y
(1) Gregorio, Opere scelte, cit. pag. 600.
(2) Palmeri, Somma della Storia di Sicilia, cit. voi. Ili , pag. 243.
(3) Ferrara, Storia generale della Sicilia cit. t. IV, pag. 110.
(4) Muratori, Annali d'Italia, cit. t. VII, pag. 357.
(5) Giannone, Istoria civile del regno di Napoli, t. V, pag. 266.
PREFAZIONE CXXIII
muy grandes senores por estar el imperio en cisraa », e nota
tra i fautori ghibellini del Re Pietro III d'Aragona il mar-
chese di Monferrato, il conte Guido Novello, Corrado di An-
tiochia, Guido di Montefeltro, ed altresì come fosse concor-
de il Re di Gastiglia. Tali menzioni, recondite del tutto per
gli scrittori di Sicilia, mostrano che il Surita esaminò anche
i due registri del 1282 del Re Pietro nell'Archivio della Co-
rona di Aragona, nei quali (oltre alcuni anteriori) sono le
lettere del sovrano a quei ghibellini ed al Re di Castiglia
medesimo. Aggiunge ancora il Surita che il Procida « tenia
muy larga noticia de las cosas y estados de Italia y de los
imperios griego y latino », e si die a preparare la ribellione di
Sicilia « si el rey de Aragon se emparase de la defensa» (1).
L'insigne toletano Giovanni Mariana (1537-1624), che di-
morò anche in Sicilia , nell' esporre le vicende di Spagna ,
tratta in uno speciale capitolo intorno Johannis Prochitae in
Gallos coniuratio, e nota che « Aragonii Reges Iacobus et
Petrus idoneum virum nacti .... oppido gaudentes beni-
gne acceptum amplis possessionibus, unde sustentaret vitam,
donarunt » , e che da quel tempo i Ghibellini d' Italia ad
Aragonios respicere coeperunt » (2) .
Sismondi narra per il Procida che Costanza «avealo ac-
colto come un suddito fedele ed uno zelante amico », e che
il Re Pietro « onde rifarlo delle sofferte perdite, lo creò ba-
(1) Surita , Anales cit. lib. IV, cap. 13. Egli nota il concorso nel-
l'impresa da parte di « grandes seùores y barones de Italia, del bando
gibelino y del reyno de Sicilia » per mezzo del Procida , e che « con
diversos mensajeros era solicitado el rey y requerido ». È questa la de-
finizione più conforme al vero ed alle più sicure notizie del tempo.
(2) Mariana , Historiae de rebus Hispaniae libri XX. Toleti , 1592,
pag. 669-673.
CXXIV PREFAZIONE
rone del regno di Valenza, signore di Luzzo , Benizzano e
Palma» (1), la quale notizia il Sismondi trae dal Maria-
na, su quanto scrisse nella ricordata storia di Spagna; ma
di quelle concessioni fatte al Procida aveva prima dato
notizia il Surita (2). Rileva inoltre il Sismondi le varie ra-
gioni, per le quali il Procida « non dovea sperar molto dalle
province di Terra ferma al di qua del Faro» perchè si ri-
bellassero ancor esse. Il tedesco Leo accenna le pratiche
della cospirazione preparata dal Procida, e nota che « d'A-
ragona, dove e beni ed onori gli furon di nuovo largiti a piene
mani , Gianni cominciò un trattato per ribellare la Sicilia
a Carlo » (3).
Oltre tale unanime affermazione degli storici più riputa-
ti, è giusto considerare il Procida nella sua vita di cospi-
ratore quale ci appare dai documenti, testimoni irrefragabili
della storica verità, ed altresì dalle cronache.
Giovanni da Procida, cittadino di Salerno , come è de-
notato in un documento trascritto nei registri angioini di
Napoli, nacque probabilmente pochi anni dopo il 1210, per-
chè è detto dal Neocastro esser già molto vecchio nel 1290 :
« licet tanti iaboris affectus senio fuerifm] tediosus » (4). Era
(1) Sismondi, Storia delle repubbliche italiane cit. t. II, pag. 554.
(2) Surita, Anales, cit. 1. IV. cap. 13. I documenti trovatisi pare nei
registri del Re Pietro.
(3) Leo, Storia degli stati d'Italia cit. voi. II, pag. 97.
(4) Neocastro, cap. 112, ediz. Gregorio cit. pag. 203. Lo storico Sal-
vatore De Renzi nel suo lavoro II secolo decimoterzo e Giovanni da Pro-
cida. Napoli 1860 , pag. 83 dice : « La sua nascita deve riporsi verso
l'anno 1210, perchè egli già trovavasi da molto tempo presso di Fede-
rigo II, e ne segnava il testamento nel 1250 , ed inoltre visse sino al
cader di dicembre del 1298 di grave età». Il De Renzi rinvenne in due
PREFAZIONE , CXXV
signore dell'isola di Procida e dei feudi di Tramonti, Gaiano
e Pistilione (questi due ultimi concessi dal Re Manfredi),
ricavandosi ciò dall'iscrizione coeva esistente in Salerno, ed
altresì da un fascicolo angioino contenente l' inquisizione
sui feudatari del regno ordinata da Carlo I nel 1269 (1). Il
Procida fu medico dell'imperatore Federico II; e se ne ha
la sottoscrizione nel testamento di quel sovrano del 1250,
nel quale si legge : « Ego lohannes de Procida domini impe-
ratoris medicus testis sum » (2).
documenti angioini la data della morte, avvenuta tra il 20 dicembre 1298
e 23 gennaio 1299. Cfr. l'altra opera di lui Collectio Salernitana ossia
documenti inediti e trattati di medicina appartenenti alla Scuola medica
salernitana. Napoli, 1856, t. IV, pag. 603.
(1) Per l'iscrizione del 1260 cfr. Huillard - Bréholles , Becherches
sur les monuments et l'histoire des Normands et de la maison de Soua-
be dans l'Italie meridionale. Paris, 1844, pag. 131, che segue una migliore
trascrizione data prima di lui , ed inoltre per 1' elenco dei feudatari
VHistoria diplomatica Friderici II del medesimo, t. VI, parte 2a, p. 917.
La baronia di Caiano fu confiscata dall'imperatore Federico a Roberto
di Caiano nella rivolta di Capaccio al 1246, e dopo dal Re Manfredi fu
concessa al Procida: «et princeps Manfridus concessit Ioanni de Procida;
et consistebat in Caiano, Sancto Angelo et Silvitella». Cfr. pure Saint-
Priest, Hist. de la conquéte de Naples cit., t. IV, pag. 314, e l'opera
del Capasso che indico appresso.
(2) Il testamento originale di Federico Svevo era scritto in perga-
mena con sigillo in oro. Nel 1251 a richiesta del Vescovo di Salerno
Cesario ne fu fatto un transunto, che fu ristampato dal can. Giuseppe
Paesano, Memorie per servire alla storia della Chiesa Salernitana. Sa-
lerno, 1852, parte II, pag. 360 e seg. L'altra lezione della sottoscrizione
che offre Huillard - Bréholles, Hist. dipi. cit. t. VI. p. II, pag. 810 non
mi sembra genuina. Nel testamento si ha pure verso la fine : « Predicta
autem omnia que acta sunt in presentia .... magistri Ioannis de
Procida ». La parola magistri si riferisce alla scienza medica professata
CXXVI PREFAZIONE
Andrea Logoteta e Protonotaro del regno al tempo di
Federico Svevo, non avendo reso il conto del suo ufficio ,
fu privato di un fondaco che egli possedeva in Salerno, e
la figlia di lui fu data dall'imperatore in matrimonio a Gio-
vanni da Procida , al quale vennero concessi tutti i beni
che già erano appartenuti al Protonotaro. Tali notizie rica-
vo dal Liber Inquisitionum Caroli I prò feudataria regni ,
edito integralmente dal Capasso (1).
Sotto Manfredi godè il Procida più grandi favori, perchè
da alquanti documenti degli anni 1257 a 1265 egli è detto
socio e familiare del Re, ed appare aver tenuto l'alta carica
di Segretario regio (2). Diceva pertanto a ragione il croni-
sta Salimbene che : « dominus Iohannes de Procida potens
et magnus [erat] in Curia Manfredi»; ma egli aggiunge una
notizia inverosimile, cioè : « Fertur quod fuit ille, qui dedit
venenum regi Conrado ad instantiam ipsius Manfredi fra-
tris sui », che sarebbe stato un delitto simile a quello che
si credeva tentato da Pietro delle Vigne contro l'imperatore
dal Procida. De Renzi, 11 secolo XIII e G. da Procida cit. pag. 129 ri-
tiene che nella venuta di Federico nel regno al 1240 potè il Procida
essere scelto a suo medico , « perchè sarebbe stato troppo giovine *
prima.
(1) Capasso , Historia diplomatica regni Siciliae inde ab anno 1250
ad annum 1266. Neapoli, 1874, pag. 345.
(2) Cfr. i documenti ricordati o dati per sunto, o pubblicati da Ca-
passo, Hist. dipi. cit. pag. 138, 174, 175, 208, 222, 228, 244 e 292; Win-
kelmann Acta imperii inedita. Innsbruck, 1880, pag. 418 ; G. Parisio ,
Giovanni da Procida Cancelliere del regno (in Ardi. Stor. gentilizio del
Napoletano. Napoli, voi. T. 1894. pag. 62 (notizia in Arch. Stor. Nap. voi.
XX, 1895, pag. 144 e seg.), e C. Kehr, in Quellen und Forschung. Rom.
1904, pag. 180.
PREFAZIONE GXXVII
Federico (1). Il Procida curò di far conseguire notevoli van-
taggi alla sua città natale , e basti ricordare che nel 1259
ottenne che il Re Manfredi vi stabilisse una fiera generale,
manifestando : « civitatem eandera, utpote provincìae specu-
lum, et regionis precipuam, et fidelem nostrae in omnibus
maiestati, volumus in hiis et multis maioribus decorare » (2).
Nell'anno seguente anche un porto fu fatto costruire in Sa-
lerno per le istanze del Procida, come si rileva dalla iscri-
zione del 1260 già da me ricordata (3). Con sincera grati-
tudine il can. Paesano affermava per il Procida che il suo
suo nome « rimarrà mai sempre incancellabile nei fasti' sa-
lernitani ».
(1) Cronaca di Salimbene nei Monum. hist. ad prov. parm. et plac.
cit. pag. 245. Il frate Pipino appellava Procida : « vir sagax et perspi-
cax magi8ter Iohannes de Procida, olim notarius, physicus et logotheta
regis Manfredi». Muratori, Rerum cit. t. IX, p. 686. Nell'iscrizione del
1260 si dà al Procida la denominazione di magni civis salernitani.
(2) Paesano, Memorie della Chiesa Salernitana cit. parte 31, pag. 122
pubblicò il primo quel documento. Cfr. pure parte 2a, pag. 416. G. La
Mantia, Messina e le sue prerogative cit. in Arch. Stor. Sic. a. XLI, p. 517.
Salerno ebbe antiche e notevoli relazioni politiche con la Sicilia sin da
quando vi si tenne nel 1129 il parlamento per elevare a. dignità regia Rug-
giero nella capitale Palermo (Telesino , in Del Re, Cronisti, voi. I,
p. 102); ed altresì commerciali, come si scorge dal privilegio di Rug-
giero II del 1132, e dalla lettera di Goffredo di Modica del 1180 per le e-
senzioni della Chiesa di Cefalù sino a Bagnara ed alla costa di Amalfi.
Cfr. Spata, Le pergamene esistenti nel grande Archivio di Palermo. Ivi,
1862 , pag. 429 e 447; e Cusa, I diplomi greci ed arabi di Sicilia. Pa-
lermo, 1868, pag. 489.
(3) Ne dà pure notizia Paesano cit. pag. 416 e seg.; ed inoltre Stra-
forello, La Patria. Geografia dell'Italia. Torino, 1898, voi. Provincia
Salerno, pag. 308, con pregevoli cenni su le vicende posteriori di quella
costruzione.
CXXVIII PREFAZIONE
Venne il Procida in Sicilia insieme col Re Manfredi nel-
l'anno 1262 ; e la notizia è di certezza indiscutibile perchè
deriva da un documento regio, che ancora conservasi in un
transunto dello stesso anno, nell'Archivio di Stato di Paler-
mo. Vi si legge in fine : Datum per Iohannem de Procida
apud Panormum octavo decimo Iulii quinte Indictionis » (1).
Non si è finora da alcuno rilevata l'importanza di tale do-
cumento, credendosi quasi che il Procida non si fosse giam-
mai recato nell'isola innanzi il 1283. Deve anzi ritenersi che
in queir occasione della sua dimora in Palermo, nel 1262,
potè il Segretario del Re Manfredi ammirare i monumenti
delle epoche normanna e sveva ed ascoltare il rimpianto dei
Siciliani, e specialmente della città di Palermo per le per-
dute prerogative di capitale, fra il dolore delle memorie della
passata grandezza , e trarne dopo pochi anni impulso per
la sua cospirazione, che avrebbe trovato aderenti nell'isola
ansiosa di ricuperare l'antico fasto.
Il documento formato dal Procida è una breve lettera o
mandato inviato dal Re Manfredi al Giustiziere al di qua
del Salso, affinchè non fosse molestata la Casa dell' Ospe-
dale di S. Maria dei Teutonici in Palermo per il pagamento
di dazi e collette. I ricordi della Gasa reale sveva si mesco-
lavano così in quella concessione d'immunità all'Ordine Teu-
tonico, al quale l'imperatore Enrico VI avea nel 1196 attri-
buito il monastero normanno fondato dal Cancelliere Mat-
teo Aiello al tempo di Re Guglielmo II (2). Nel luglio stesso
(1) Fu pubblicato da Mongitore, Monumenta historica Sacrae Domus
Mansionis. Panormi, 1721, pag. 37. Capasso , Hist. dipi. cit. pag. 222,
doc. 372 ne offre breve indicazione.
(2) Cfr. Mongitore cit. pag. 12 e seg., che dice : « Henricus VI im-
perator, eiectis Cisterciensibus. tamquam vir Theutonicus » ecc. Si legge
PREFAZIONE CXXIX
del 1262, e forse dopo il mandato, un'ampio privilegio (che
non offre la data del giorno) era largito dal Re in Palermo
per quelle franchigie, con la datazione per manus Gualterii
de Ocra Regni Sicilie Cancellarli, il quale seguiva, insieme col
Procida, il Re Manfredi in quel viaggio. Il Re diceva di aver
tenuto in considerazione i meriti dei monaci Teutonici : «la-
bores et sudores assiduos, quos prò fide Ghristianorum et
gloria snstinent incessanter, divine pietatis intuitu, qua per-
miclente vivimus, qua faciente regnamus » (1).
Deve farsi menzione altresì di un documento regio del-
l'8 ottobre 1263, che riguarda pure la Sicilia, ed è rilasciato
per lohannem de Procida apud Foggiani. Il Re ordinava al
Secreto di Sicilia, in seguito a richiesta del Vescovo di Gir-
genti Rainaldo, che fossero a lui pagate le due parti delle
decime di quella Chiesa. Fu eseguita un' inchiesta , dopo
quell'ordine del Re Manfredi, e l'esteso documento in per-
gamena si ritrova tuttavia nell'Archivio notarile di Girgenti,
dove io ho avuto agio di consultarlo (2).
così nel mandato : Dat p lohanne d pcida apd panor odano dechn
Iulii quit Indictiois.
(1) I due documenti in pergamena si conservano nel Tabulano della
Magione ai n.i 94 e 95 (Ardi, di Stato di Palermo). Vedasi pure Mon-
gitore cit. p. 37 e seg. per il testo del privilegio dato dal Cancelliere
de Ocra. Sul viaggio del Re Manfredi in Messina ed in Palermo nel 1262
fornisce alquante notizie Saba Malaspina, che ricorda inoltre che «a-
pud Panormum vero multa regi et varia donarla praesentantur », com-
presi i cento muli cavalcati da altrettanti schiavi « in suae naturalis
nigredinis deformitate formosis». Cfr. ediz. Del Re cit., voi. II, p. 229.
(2) Capasso, Hist. dipi. cit. pag. 237-245 ha pubblicato entrambi i
documenti, perchè l'ordine regio è inserito nell'altro dell' inchiesta. E
noto qual fomite di liti e di quistioni sia stata sinora la materia di
quelle decime, anco nel Parlamento.
G. JjA Mantia, Cod. dipi. arag. i
CXXX PREFAZIONE
Del Giudice enumera, oltre il Procida, «i principali ade-
renti di Manfredi, i Lancia, i Capece, Corrado d'Antiochia,
i Conti di Caserta e di Acerra , i Maletta , i Filangieri ed
altri, e come quasi tutte le città ghibelline d'Italia» (1). Nei
mese di marzo 11266, cioè dopo la disfatta di Benevento, la
Curia Romana scriveva al Re Carlo I d'Angiò affinchè ri-
cevesse in grazia Manfredi Maletta, detto Comes Gamerarius
durante il regno di Manfredi, e che « astrictus hactenus ob-
sequiisolim Manfredi principis Tarentini», aveva dato prova
di opere encomiabili e di pietà (2). Il Maletta , zio del Re
Manfredi , era (come ricorda il cronista Salimbene) un va-
loroso poeta regnicolo , abile suonatore , assai esperto nel
ritrovar tesori, grande e potente nella corte di quel Re e
molto ricco e prediletto (3).
Con altra lettera il papa Clemente IV raccomandava alla
benignità del Re Carlo il diletto figlio maestro Giovanni da
Procida, che « sicut accepimus Inter alios anxius ut sub a-
larum tuarum umbra quiesceret ad mandata tua. . .
se convertit» (4). Quel Papa scrisse altre lettere ai Cardinali
(t) Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d"1 Au-
gia. Napoli, 1869, voi. II, parte 1, pag. 65, nota.
(2) De Cherrier, Storia della lotta dei Papi cit. voi. Ili, pag. 460
pubblica il documento.
(3) Cfr. Mon. hist. ad prov. parm. et plac. cit. pag. 246. Vedasi pure
Cartelliera Kònig Manfred in Centenario della nascita di M. Amari.
Palermo, 1910, voi. I, pag. 128. Alquante notizie su Manfredi Maletta,
che fu poi conte di Mineo e signore di Paterno al tempo del Re Pietro I,
die Vito La Mantia, Consuetudini di Paterno. Palermo, 1903. pag. X e seg.
(4) Tale documento fu dato in luce da De Cherrier nel 1851 , op.
cit. pag. 461 e seg. Amari nell'ed. 4. di Firenze , lo inseriva , dicendo
che De Cherrier «è per pubblicare la presente epistola nel tomo IV
della sua Histoire des luttes des Papes etc. »,
PREFAZIONE CXXXI
Legati ed al Re Carlo per far rimettere in grazia gli altri
aderenti svevi Corrado di Antiochia, Filippo de Manerio in-
sieme con altri ancora (1). Tutti costoro quindi avevano ab-
bandonato la loro patria quando Carlo conquistava il re-
gno, e si erano dati poscia a richiedere il Papa per ottenere
perdono (2).
Appena essi rientrarono nel regno, continuarono però a
dimostrarsi , quali erano stati , gli antichi sostenitori della
Casa sveva, tanto che il papa Clemente IV manifestava in
alcune lettere del 5 giugno e 7 agosto dello stesso anno i
suoi sospetti che quegli aderenti svevi non fossero veramente
pentiti della loro fedeltà ai nemici del Re Carlo, ed aggiun-
geva che aveva conosciuto il Procida per la sua scienza me-
dica per mezzo di alcuni cardinali, ma che dubitava di lui
per il motivo che il vescovo di Minori, che si diceva stretto
in amicizia col Procida , « nihilominus suum prosequi ne-
gotium asserat nequivisse». Queste espressioni sembrano
(1) Martène, Thesaurus novus auecdotorum. Parisiis, 1717, t. II, E-
pistole 261, 281, 305 e 315.
(2) I rapporti anteriori del Procida con Capece , Galvano Lancia e
Maletta si desumono altresì da alcuni documenti. Nel 1257 sono testimoni
nel privilegio di Re Manfredi per esenzioni alla repubblica di Venezia,
Galvano Comes Principatiis [cioè di Salerno), il Procida e Maletta. Nel
1259 nella dichiarazione di giuramento , che faceva il Sindaco del Co-
mune di Siena nel palazzo regio in Nocera erano preseuti Maletta ed il
maestro Procida. Nel contratto di dote tra Isabella, figlia di Federico Ma-
letta, e Federico de Palearia, stipulato nel 1262 in Termoli, tra le firme
autografe è quella: f Eyo Johannes de Procida testis sum (perg. Montever-
gine, Arch. Stato di Napoli, voi. CXXI, n. 64). Un documento regio per
Capece è dato per Iohaunem de Procida. Saint-Priest, Hist. de la con-
suète cit. t. I, pag. 361; Capasso, Hist. diplom. cit. pag. 138, 175, 198
nota, 228; Winkelmann, Acta imperii cit. v. I, pag. 418; v, II, pag. 70.
CXXXII PREFAZIONE
pertanto riferirsi alle esortazioni del Procida per favorire i
progetti di ribellione (1). Considera il Del Giudice : « Il Pro-
cida adunque fece non più e non meno di tanti altri fa-
moni partigiani Svevi » (2).
Si desume da quei fondati sospetti , che aveansi nella
Corte pontificia, che il Procida, nonostante la sottomissione
al nuovo dominatore, perseverava con gli altri aderenti svevi
nella ribellione contro gli Angioini , ed a preparare la ve-
nuta di Corradino in Italia per ricuperare il perduto regno;
e di ciò si hanno altresì i documenti. Nota il Del Giudice
che in agosto 1268 «il nome del nipote di Federico comin-
ciava ad invocarsi nelle Marche, nella Toscana, nella Lom-
bardia, ed i Capece ed i Lancia, sfuggiti alle insidie di Carlo,
dopo esser corsi in Germania a muover Corradino, di ac-
cordo con Federico di Castiglia si accingevano all'impresa
di Sicilia» (3). Né a tali viaggi in Germania potè forse rima-
nere estraneo il Procida, per l'autorità della sua scienza e
del suo nome, perchè si ha ormai sicura prova che egli due
anni dopo, nel 1270 (come fra breve dirò) fu in Germania,
e propriamente nella città di Meissen. In tal guisa riesce
evidente che 1' operosità del Procida non si disgiunge da
quella dei suoi compatrioti ed amici nel periodo dello svol-
gimento segreto dell'azione.
In agosto 1267, secondo un documento ritrovato e pub-
blicato da Del Giudice (4), il Procida dimorava in Viterbo,
(1) Si vedano le Epistole £98 e 364 nel Martène cit. t. II.
(2) Del Giudice, Cod. diplom. cit. voi. II. parte I, pag. 66 in nota.
(3) Vedasi su ciò Del Giudice cit. pag. 67, nota. Neocastro, cap. Vili,
dice chiaramente dei cospiratori che andavano in Germania da Corradino
(ediz. Gregorio cit. t. I, pag. 24 e seg.).
(4) È riferito da lui nelle pag. 64 a 77.
PREFAZIONE CXXX1I1
dove era allora la Corte pontifìcia. Jn quella città il Pro-
cida stipulava presso Berardo de Pacentro, notaro papale,
un lungo atto concernente il matrimonio tra sua figlia a
nome Beatrice con Berardello Caracciolo, del quale matri-
monio si trattava allora per un semplice accordo tra il pa-
dre della sposa e Gregorio Caracciolo , fratello di maestro
Berardo di Napoli, suddiacono e notaro del Papa e tutore
e zio di Berardello, perchè gli sposi erano ancora im puberi,
di sette anni, ed al compimento del settimo anno (come sta-
b ili vasi) « idem Berardellus sponsalia contrahet, et cura ad
annos nuòiles venerint , ipsam ducet in uxorem et consu-
mabit matrimonium cum eadem ». Sono fermati inoltre vari
patti per guadia nel caso di inadempimento, ed anche per
quello di scioglimento di matrimonio (1).
Il Procida dava in dote alla figlia la quinta parte di
quanto possedeva nell' isola di Procida , « que quocumque
titulo acquisivit et habet in Ìnsula Procide et pertinentiis
suis » , ed inoltre un suo fondaco in Napoli : « fundicum
suum de Neapoli, qui dicitur fundicus pisanus, sive totum
id quod habet in dicto fundico, quod esse asseruit ultra me-
dietatem ipsius fundici ». Si prometteva che si sarebbe for-
mato al tempo del matrimonio l'atto di assegnazione di dote,
secondo la consuetudine della città di Napoli. Tra i fide-
iussori sono vari nobili napolitani abbastanza noti, e tra i
testimoni si ha il nome di Riccardo Filangieri, per il quale
il Del Giudice ricorda opportunamente che era « uno dei
più famosi partigiani ghibellini, prima aggraziato da Carlo,
e quindi fautore di Corradino».
(1) Mi dispenso dal riferire, anco in parte, tale importante atto, of-
frendo la notizia precisa del suo contenuto.
CXXXlV ^REKAZIONfc
Questo atto del Procida per un accordo di matrimonio
tra due ancora fanciulli, per la quale risoluzione non occorre-
va cotanta sollecitudine, sembra che nascondesse un occulto
scopo, massime che era compiuto in presenza di vari com-
ponenti della Curia pontificia. Nota a tal proposito sottil-
mente il Del Giudice che il Procida « dando quella promessa
al Caracciolo amico del Re e del Papa, faceva piuttosto le
viste di accostarsi all' Angioino , quando già doveva essere
in corrispondenza coi fautori di Corradino», e considera an-
cora che «forse astutissimo com'era |il Procida] stipulava
quel contratto (ove faceva intervenire da testimoni e garanti
i Filangieri e il de Palma che poi si unirono pure a Cor-
radino) per ingannare sempre più il governo del Papa sui
suoi intendimenti , e per rimanere a Viterbo il più che si
potesse, ove avrebbe potuto essere meglio a, conoscenza dei
propositi dei suoi nemici » (1).
La cospirazione del Procida nella città di Viterbo non
potè però rimanere nascosta. Il Papa stesso ne aveva avuto
sospetto (come ho notato innanzi); ed i personaggi di quella
Corte spiavano i movimenti del celebre cospiratore, tanto
che in ottobre i beni del Procida furono posti sotto se-
questro. Ciò si ricava dall' inquisizione od inchiesta , che
fu fatta nel 1268 , in seguito alla quale il testimonio Gio-
vanni Scotto , che era procuratore del Procida , attestava
che i beni mobili erano stati incamerati dal Secreto di Terra
di Lavoro prò parte Curie , quelli stabili dell' isola di Pro-
cida e di Miseno dal Secreto della regione « prò parte Cu-
ti) Tali riflessioni di Dia Giudice cil. pag. f>7 nota, sulla vera ca-
gione di quell'atto non hau bisogno di altra prova.
PREFAZIONE CXXXV
rie procurantur», e che quel sequestro era avvenuto « mense
octubris, proximo preterite undecime indictionis » (1).
La notizia del sequestro non è disgiunta da altra ancor
più importante, cioè del tempo della congiura del Procida,
poiché si dice che egli è traditore del Re Carlo (2), e che ,
per pubblica fama, mentre era nella Curia Romana (cioè in
Viterbo) cospirò per favorire la venuta di Gorradino in I-
talia contro il Re Carlo , prima che il suddetto Corradino
avesse mosso guerra a quel Re, cioè nell'anno 1268. La di-
chiarazione è così esplicita che non ammette alcun'altra spie-
gazione, per provare le cospirazioni del Procida in quel tempo
e nei posteriori (3).
Continuavano intanto le congiure, perchè Corradino si
apprestava a venire in Italia con forte esercito, per ricupe-
rare gli antichi domini usurpati dal Re Carlo (4). Il papa
Clemente IV con sua bolla del 5 aprile 1268 scomunicava
Corradino e quanti fomentavano la sedizione nel regno di
Sicilia, « e particolarmente Guido Novello, Galvano e Fede-
rico Lancia, Corrado di Antiochia, Manfredo Malettaex gran
tesoriere» (5). Corradino, arrivato in Roma, vi fu accolto
(1) Venne pure dal benemerito Del Giudice eit. pag. 68 in nota, per
la prima volta fornito il testo di quest'altro notevole documento.
(•i) « Dominus Iohannes de Procida est proditor domini Regis Karoli ».
(3) Si riscontrino le parole testuali nell'edizione citata. Ricordo sol-
tanto per tali fatti le fonti dirette, dalle quali desumonsi i ricordi.
(4) Su quegli avvenimenti offre pure estese notizie Del Giudice, Don
Arrigo Infante di Castiglia. Narrazione istorica. Napoli, 1875, pag. 49
e seg. •
(5) De Cherrier Storia della lotta cit. voi. Ili p. 228, e Del Giudice
nella memoria sopra citata, pag. 115. In Ischia Enrichetto e Federico
Lancia, Riccardo Filangieri e Marino Capece con altri eccitarono alla
CXXXVI PREFAZIONE
con grande tripudio, e quivi lasciò per suo Vicario il conte
Guido di Montefeltro (1), e mosse a 18 agosto su l'Abruzzo
verso Tagliacozzo per combattere l'Angioino. A 23 agosto
nell'aspra battaglia Gorradino era vinto, e dovette coi suoi
fuggire, rimanendo però prigionieri Galvano Lancia ed il fi-
glio , Gorrado d'Antiochia ed altri. Gorradino riparava in
Roma a 29 agosto, nascondendosi nel Colosseo (2).
Giovanni da Procida era tra coloro che avevan seguito
Gorradino in Roma, indubbiamente nel primo arrivo solenne
in quella città, e forse ancora quando vi ritornò fuggiasco.
E certo che da un documento rinvenuto dal De Renzi si
ricava che il Re Carlo a 22 settembre 1268 ordinava dal
Campidoglio ad Oddone de Luco di Roma «quanto arcius
possumus precipiendo mandamus» che fossero arrestati Man-
fredi Maletta, denominato il Conte Camerario , e Giovanni
da Procida, che si dicevano nascosti nelle terre del suddetto
de Luco nel distretto di Roma (3). Saba Malaspina ricorda
tra i più notevoli prigionieri del 23 agosto il Galvano Lan-
cia e Gorrado di Antiochia, e non il Maletta ed il Procida;
e ciò sembra che induca il Del Giudice a ritenere che am-
bidue questi due ultimi non siano stati con Gorradino alla
rivolta gli abitanti e quelli della vicina isola di Procida nel 1268, mentre
le navi pisane se ne stavano in Castellammare di Stabia. Cfr. doc. del-
l'agosto 1268, edito da Minieri Riccio. Alcuni fatti del regno di Carlo I
d'Angiò Napoli, 1874, pag. 30, nel qual documento la Corte angioina
narrava eccessi con evidente esagerazione.
(1) Saba Malaspina, ediz. Del Re cit. v. II, pag. 280. « Ibi comes Gui-
do de Monteferetro remanserat Vicarius ordinatus».
(2) ^e Cherrier, op. cit. voi. Ili, pag. 244.
(3) De Renzi , Il secolo decimoterso e Giovanni da Procida. Napoli ,
1860, pag. 256 e seg., e nota 54 a pag. 269. Il documento fu ristampato
da Del Giudice, Codice diplom. cit. voi. II, parte 1., pag. 204 e seg.
PREFAZIONE CXXXVII
battaglia, ma invece rimasti in Roma col Vicario Guido dì
Montefeltro (l). In qualsiasi modo, è indubitato che il Pre-
cida cospirava così tenacemente ed apertamente insieme col
Maletta a favore di Gorradino da incorrere, nell' ira del Re
Carlo , che li diceva : « manifeslos nostri culminis prodi-
tores » .
Fu provveduto pertanto dopo quel tempo con una in-
chiesta sui beni del Procida , come si scorge da un docu-
mento senza data edito da Del Giudice, ma che è posteriore
alla battaglia di Tagliacozzo, perchè vi si dice « antequam
d ictus Gonradinus preliatus fuisset cum predicto domino
nostro [Carolo] ». Il documento è importante anco per la de-
scrizione dei beni del Procida. e del loro valore e degli schia-
vi, e per i nomi dei vassalli dell'isola omonima, che erano
sessantanove, e per le rendite che dovevano pagare. Aveva
pure il Procida millecinquecento quadrelli (quarellos) e più
di duemila aste di quadrelli (2). Di tale documento e del-
l'altro sopra ricordato non ebbe prima alcuna notizia l'A-
mari, nonostanti le sue ricerche nell'Archivio di Napoli, onde
il Del Giudice giustamente notava : « Mi basta la meschina
lode di averli io il primo rinvenuti e pubblicati, dopo sei se-
coli che son rimasti obbliati e negletti».
Fallita miseramente l'impresa di Gorradino, gli aderenti
alla Gasa sveva non perdettero ogni speranza , ma forma-
rono huove congiure per chiamare nel regno di Sicilia Fede-
rico di Turingia, che era nipote dello svevo Federico II (3).
(1) Del Giudice. Gocl. diploni. cit. pag. 204.
(2) Cfr. il testo edito da Del Giudice cit. pag. 08 in nota. Egli tra-
lasciò i nomi dei vassalli e le altre indicazioni; ma sarebbe utile, anco
per l'iutegrità del documento, che fossero resi noti per la stampa.
(3) Cartelliera Peter von Aragon und die sisilianische Vesper. Hei-
delberg , 1904 , pag. 21 e seg. ritiene che Procida , dopo la disfatta di
CXXXVUI l'KEFAZIONF,
Ciò avveniva non molto tempo dopo che il Re Carlo an-
nunziava al Podestà di Lucca (in settembre 1268) di avere
Iddio messo nelle mani i principali ribelli, « dissipans con-
venticula inimicorum » , e lo avvertiva di non credere « si
contraria referantur ab emulis . . . qui, quod facile nolunt
credere, satis mature videbunt suis capitibus imminere » (1).
Si diceva pure lieto il Re Carlo di essere stato rieletto a
vita senatore di Roma, e che «exinde compositis per dies
aliquot Urbis negotiis, ad regnum nostrum [nos] protinus pro-
dituri ad cunctorum proditorum exterminium et ruinam ».
In Sicilia la rivoluzione, dopo i tentativi dei primi anni,
continuava intanto a favore degli Svevi. Le cronache ed i
documenti ci forniscono ricordi sicuri ed i nomi dei parti-
giani della Casa sveva, che erano appunto gli antichi a-
mici (già mentovati) del Procida. Con alterne vicende i Si-
ciliani si opponevano dovunque alle milizie angioine, e spe-
ravano nelle trame degli esuli ; né la rivolta avea termine
se non in aprile 1270 con l'eccidio di Augusta (2).
Le notizie più precise sui preparativi degli esuli in fa-
vore di Federico di Turingia, o di Misnia, devonsi al Bus-
soli, il quale nel 1887 scrisse una speciale e pregevole me-
moria su tale argomento (3). Si conosceva già prima che
Corradi no, lasciata la moglie nel regno, sia fuggito insieme col M aletta
in Venezia, donde si sarà recato a stringere rapporti coi ghibellini di
Piacenza, e che quindi si portò pure in Germania.
(1) Saint- Priest , Hist. de la conquète cit. t. Ili, pag. 387. Venne
riprodotto da Del Giudice, Cod. dipi. cit. pag. 214 quel documento.
(2) Su tali fatti concernenti la Sicilia desumonsi importanti men-
zioni dal Ghronicon edito la prima volta da Huillard - Bréholles nel
1856, e che ora indicherò. Cfr. specialmente le pag. 284, 287, 295 e 321.
(3) Arnold Busson, Friedrich der Freidlige aia Pratendent der Sici-
lischen Krone und Iohann von Procida. Hannover, 1887 (nella Histori-
sche Aufsatse George Weits gewidmet).
PREFAZIONE CXXX1X
Federico, figlio di Alberto, margravio di Misnia e sposato a
Margherita figlia di Federico li svevo, aspirasse alla corona
del regno di Sicilia, appellandosi Fridericus Tercius Dei gra-
tta Ierusalem et Sicilie rex ecc. De Cherrier ne aveva dato
alquante notizie, ed altre ancora se ne ricavavano dall'edi-
zione del Chronicon ghibellino fornita da Huillard - Bréhol-
les, anche per il testo di vari documenti di Federico di Tu-
ringia inseriti in quella cronaca (1).
De Cherrier riferì alcuni antichi versi su tal proposito :
Federigo di Stuffo [di Staufen] già nemica [né mica]
Pare che siciali [si celi] secondo che si suona
Se Federigo il terzo e re Ricciardo
Colore de Bueme peratare [per aitare]
Intendono ne la corona, già bastardo
Nessun di loro devamo chiamare (2).
L'antico Vice-Cancelliere del Re Corrado IV, cioè Pie-
tro de Pretio, nel 1269 scriveva l'invettiva o Adhortatio ad
Enrico Langravio di Turingia perchè Federico X J I ricupe-
rasse l'eredità del vinto Corradino, e ne vendicasse la stra-
ge (3).
(1) De Cherrier cit. voi. Ili, pag. 262 e seg. Huillard - Bréholles,
Cronicon placentinum et Chronicon de rebus in Italia gestis. Parisi is ,
1856, pag. 301 - 307. Del Giudice, La famiglia di Re Manfredi. Narra-
zione storica. 2a ediz. Napoli. 189(5, pag. 132. Su la Turingia ed i mar-
gravi di Misnia che vi dominarono cfr. Bouillet, Dictionnaire nniver-
sel dliistoire et de geographie. Paris, 1893, voce Thuringe.
(2) Si veda De Cherrier cit. pag. 471 e seg.
(3) Tale Adhortatio fu pubblicata la prima volta nel 1745 in Leida
da F. C. Schminck, e poi fu riprodotta da Del Re, Cronisti cit. voi. IL
pag. 683-700 con note.
CXL PREFAZIONE
In settembre di quell'anno Margherita di Turingia ed il
figlio Federico annunziavano al conte Ubertino de Landò, al
Podestà di Pavia ed agli amici dell'impero in Lombardia e
Toscana, ed altre parti d'Italia, che il medesimo Federico si
accingeva a ricuperare i suoi regni aviti : « ad hereditaria
regna sua Ierusalem et Scicilie optinenda venire paratus
[est] viriliter et potenter contra oranes , qui sibi in ilio ne:
gocio voluerint contraire ». La stessa notizia ripeteva Fe-
derico in altra lettera del 20 ottobre al Comune di Pavia
« qui inter alios devotos et amicos Ftalie , sicut aurum ,
devocionis opere prelucetis » , dicendo : « ad partes ipsas
duce Deo venimus cura magnifico potentati], deinde versus
hereditarium regnimi nostrum feliciter processuri » (1). Il
Vicario di Federico III nel primo giorno di settembre en-
trava in Verona con gli ambasciatori, fra le aquile imperiali
ed al suono di trombe di argento, per aspettarvi la venuta
di Federico « cum ingenti militum Germanie comitiva causa
recuperandi regnum suum Scicilie, quod dominus rex Karo
lus sibi tenet occupatimi »; ma dopo esservi dimorato a luti-
lo, « nichil faciens, redivit retro» (2).
Il Re Carlo d'Angiò ebbe non lieve timore dei prepara-
tivi del pretendente al trono , tanto che sin dal 12 giugno
1269 aveva mandato due ambasciatori agli abitanti di Lom-
bardia e di Romagna per formare una lega contro i nemici
della Chiesa e di lui, « et special iter contra descendentes ex
(1) Huillard - Bréhollks, Chronìcon cit. pag. 301 e 305. Gfr. pure la
lettera di Capece dell'I 1 giugno da Girgenti su le speranze della venuta
di Federico di Turingia nel regno di Sicilia, a pag. 295 e seg.
(2) Nel Chronìcon sopra cit. pag. 336.
PREFAZIONE CXLI
linea Frederici quondam Romanorura iraperatoris et eorum
adiutores » (1).
Fra le pratiche dei cospiratori di tal tempo il Busson
ha rinvenuto una lettera preziosa. Enrico d'Isernia , esule
napoletano, andò allora in Germania, e quindi in Boemia,
nella città di Praga, dove teneva l'officio di regio scrittore.
Di là Flsernia scriveva nel 1270 al Procida con questo in-
dirizzo di grande lode, e che dimostra chiaramente chi fosse
il Salernitano : « Morum claritate perspicuo, luce illustrato
sciencie, et nobilitatis insignibus presignato, speciali domi-
no suo, domino lohanni de Procida , H. de Ysernia reco-
mendacionem cum promptitudine serviendi ». Tali paroli e-
sprimono non solo la stima dell'Isernia, ma altresì il grande
rispetto che si aveva verso il Procida. Nella lettera l' Iser-
nia ricorda il tempo, nel quale egli conobbe il Procida nella
città di Meissen nella Turingia (o moderna Sassonia): « ve-
stre mansuetudinis industria circumspecta serenis il-
luxit aspectibus in Mysnensi marchia dum presentane vom-
morabar», e lo richiede di voler soddisfare il suo ardente
desiderio di conoscere qualche notizia dell'affare del Re Fe-
derico : « Scire cupiam de regis negocio Federici, utrum ad
talem disposicionis pervenerit habitum», che sorrida migliore
speranza a coloro, che sono cacciati dalla patria e costretti
a ramingare presso i popoli' del settentrione a causa del
destino e dell'avversa fortuna.
Gli dice ancora l'Isernia che egli dal dì, che il Procida
partì da Meissen per ritornare in Italia, è rimasto solitario
in Praga « nunc usque in Pragensi latitans civitate ab eo
(1) Questo documento è stato pubblicato da Del Giudice, Cod. diplom.
cit. voi. Ili, 1902, pag. 73 e seg.
CXLII PREFAZIONE
tempore, quo vos [lohannes de ProcidaJ dulcis orati Italie
repetistis » (1).
Dì questa lettera al Procida edita dal Busson ha dato
pure notizia il Sanesi, che riporta ancora le considerazioni
del Busson, cioè che da essa « si rileva indubbiamente che
Giovanni di Procida, per trattar gli affari di Federigo l'Ar-
dito come pretendente alla corona di Sicilia, intraprese un
viaggio in Germania», e che inoltre «si può trarre senza e-
sitare la conclusione che la parte avuta dal Procida nel me-
desimo [progetto] non può in nessun modo essere stata in-
significante » (°2). Il Sanesi opportunamente osserva : « Ecco,
dunque, che cosa faceva il bravo medico salernitano : cospi-
rava con Federigo di Turingia contro Carlo d'Angiò. Sotto
questo aspetto è interessantissimo il documento pubblicato
dal Busson, poiché ci dimostra che il Procida, fallito il ten-
tativo di Corradino, a cui egli aveva preso parte, iniziò su-
bito nuove trame contro gli Angioini » (3).
(t) Conviene riferire le commoventi espressioni dell'esule cospiratore,
compagno del Procida : « Ut illis quos patriis pulsos lari bus et in ob-
probrium proli dolor ! gentibus deditos aquilonaribus ire angit impetus,
vergentibus ineluctabilis fati auguriis , et fortune faciente invidia no-
vercantis, debent aura felicior et grati austri arridere», ediz. Busson cit.
L'amico del Procida riconosceva allora quanto fosse duro pregare i Te-
deschi per averli a dominatori nell'Italia !
(%) Ireneo Sanesi , Giovanni di Procida e il Vespro Siciliano (nel
voi. VII, an. 1890. pag. 507 e seg. della Rivista Storica Italiana diretta
dal benemerito storico prof. Costanzo Rinaudo).
(3) Sanesi nella memoria cit. pag. 506 , che aggiunge a ragione :
«Che cosa facesse [il Procida] prima di recarsi in Aragona, alla Corte
di Pietro, né i suoi storici lo seppero, uè pare che lo sapesse l'Amari
medesimo, poiché, anche nella sua nuova edizione , io non ho trovato
notizie su questo periodo della vita del Procida»,
PREFAZIONE CXL1II
Quale fosse la condizione dei cospiratori (detti dal Re
Carlo ribelli o traditori) dopo la batttaglia di Tagliacozzo
nel 1268 riesce ben chiaro dai documenti. Contro di quelli
non fu alcuna tregua per non pochi anni. Nel 1269 il Re
Carlo ordinava di arrestare le mogli ed i figli dei ribelli as-
senti o nascosti. Molti di costoro eransi raccolti nella terra
di Amantea (in Calabria), che venne anche assediata ; altri
erano prigionieri a Benevento. Per i ribelli siciliani o di altre
regioni fu data facoltà di permettere loro l'uscita dal regno,
e poi per quelli di Sicilia fu imposto l'esilio dal regno me-
desimo.
Con altri ordini il Re nel 1270 stabiliva di doversi ricer-
care i beni appartenenti ai ribelli, dei quali si indicavano
i nomi, e tra essi notansi Federico e Manfredi Maletta, Gal-
vano e Federico Lancia, Giovanni da Procida e molti al-
tri. In tale tempo Landolfina, la moglie del Procida, chie-
deva al Re che le fosse permesso di dimorare nella città di
Salerno, non avendo partecipato alla ribellione del marito,
e le venisse restituita la dote confiscata; ed entrambe que-
ste suppliche furono accolte con alcune condizioni e restri-
zioni, specialmente per la dote, su la quale fu concesso sol-
tanto un assegno. L'accoglimento non può recare alcun so-
spetto di disonore da parte della Landolfina, poiché verso
alquanti ribelli furono dal Re Carlo usati atti di clemenza,
e non ^occorre riportarne esempi.
A Viterbo si erano nascosti molti ribelli , e stavano in
rapporti con quelli di Campagna e Marittima, della Marca di
Ancona e del ducato di Spoleto, formando nuove congiure
contro il Re Carlo, ed uccidendo (come asserivasi) gli An-
gioini, che colà pervenivano dal regno di Sicilia. In giugno
dello stesso anno 1270 il Re si doleva che le mogli dei tra-
ditori, che si erano allontanati dal regno, trasmettessero ai
CXLIV PREFAZIONE
loro mariti, con occulti intermediari, le somme di loro ren-
dite e proventi, ed inculcava perciò che fossero private dei
beni, godendo soltanto un tenue assegno.
Continuavano nel. 1271 le ricerche di traditori e gli or-
dini del loro arresto. Singolare fu il caso dei ribelli che ri-
pararono nel castello di Macchia in Abruzzo , perchè con-
tro di essi dovette disporsi un accanito assedio nel 1272,
che durò sino all'aprile del 1273, quando il castello si arre-
se, ed i ribelli si diedero alla fuga. Di Enrico di Castiglia
si conosce che stava prigione nel castello di Canosa , ove
con grande rigore poteva con lui parlarsi negli anni 1272 e
1274 (1).
Se tanto infelice era lo stato dei ribelli e cospiratori nel
regno e fuori di esso dal 1269 in poi, non è a dubitare che
Giovanni da Procida dopo la lettera di Enrico d'isernia, che
mostrava nel 1270 il suo sconforto per l'impresa svanita di
Federico di Turingia, non abbia tardato molto ad abbando-
nare l'Italia, ove più nulla egli poteva ordire a vantaggio
delia Casa di Svevia (2). Forse avrà diretto ancora i suoi
passi a Venezia, dove aveva trasferito il suo soggiorno l'esu-
(1) Ricordo per brevità che la notizia od il testo di tali documenti
si trova in Minieri Riccio, II regno di Carlo Idi Augia negli anni 1271
e 1272. Napoli, 1875, e per gli anni seguenti uei riassunti pubblicati nel-
V Archivio Storico Italiano . t. XXII , 1875 e seg. ed anco in Del Giu-
dice, Codice Diplom. cit. voi. II, parte I, pag. 322, ecc. nell'Appendice.
Buscemi, La vita di Giovanni da Procida. Palermo, 1836, pag. X e XII
aveva pubblicato il testo di due di cotali documenti, ed altro I'Amari,
Un periodo cit. pag. Ili, dei Docum. che è della slessa data del secondo
edito da Buscemi.
(2) Non è improbabile che dopo le stragi di Augusta in Sicilia nel
1270 e la condauna a morte di Corrado Capece ed altri fautori svevi ,
il Procida abbia cercato altrove fortuna.
9
PREFAZIONE CXLV
le Manfredi Maletta, il quale (al dire del Salini bene) « post
stragem quae facta est in exercitu principis Manfredi, cum
evasisset dedit iocum irae, et venit Venetiats, et habitavit ibi
quousque Petrus Bex Aragoniae invasit regnum» (1).
E a supporre altresì che il Maletta avrà potato essere
in tanti anni un fedele messo del Procida dall'Aragona coi
ghibellini di Lombardia e di altre città dell'alta Italia, poi-
ché il Maletta era zio del Re Manfredi' (2), di colui che a-
veva sposato Beatrice di Savoia è dato in moglie al mar-
chese di Monferrato la figlia dello stesso nome , ed aveva
goduto in quelle regioni tante relazioni di aderenti alla sua
potenza. Deve ritenersi del pari che il Procida, che diretta-
mente trattava col principe Federico di Turingia, recando-
si personalmente da lui in Germania per cospirare in suo
favore, abbia poi tentato l'ultima risorsa di rivolgersi in A-
ragona allo sposo di Costanza figlia di Manfredi, ed offrir-
gli i suoi consigli e l'appoggio dei più abili e segreti rappor-
ti con gli esuli del regno di Sicilia ed i ghibellini d'Italia.
Dal momento che il Procida pone piede nella reggia di
Giacomo I di Aragona, la sua attività si trasforma, poiché
egli diviene fautore e seguace della volontà e della politica
di quella Corte. Quivi l'Infante Pietro, primogenito di Gia-
como, e la moglie Costanza si saranno esaltati alle novelle
che recava il Procida dalla Sicilia e dall'Italia; però l'azio-
(1) Monum. ad hièt. parm. et plac. cit. , pag. 245. Il Salimbene ag-
giunge per Maletta le parole « qui adhuc vivit ».
(2) È detto avunculus suus dal Re in un documento del novembre
1263, riferito da Gapasso, Eist. dipi. cit. pag. 245, che pure (a pag. 263
e seg.) ne riporta altro del 1264 , col quale il Re Manfredi ordinava
a Maletta che al monastero di Cava curasse di far pagare l'antica deci-
mam platea-rum Salerni.
G. La Mantia, Cod. dipi. aray. 3
CXLVI PREFAZIONE
ne di lui non si può svolgere ohe secondo le mire dinasti-
che e l'opportunità di metterle in esecuzione. Il Procida, nobi-
le ed antico medico di Federico imperatore e poi segreta-
rio del Re Manfredi , non poteva certamente assumere in
Aragona il contegno di un tribuno del popolo o di un a-
perto cospiratore. Conviene quindi ricercare quali fossero
le condizioni ed i propositi della Corte aragonese per la
conquista del regno di Sicilia.
Arrivò il Procida in Catalogna negli ultimi anni del re-
gno di Giacomo I detto il Conquistatore, che (come è noto)
morì a 27 luglio 1276. Questo celebre sovrano elevò a mi-
rabile fortuna la Catalogna e l'Aragona, conquistando altre-
sì contro i Mori le isole di Maiorca (1229), il regno di Va-
lenza (1238) e quello di Murcia (1267). 11 suo dominio tra-
scorse quasi continuamente fra le guerre (1), ed il iigliuo-
lo Pietro, ardito, valoroso e leale, fu dal padre eletto suo
Vicario generale in Aragona e Valenza, come in Maiorca
l'altro figlio Giacomo (2).
Nel 1238 il Re Giacomo era stato richiesto dai ghibelli-
ni d'Italia di muover guerra contro l'imperatore Federico II,
che opprimeva la Lombardia e la Romagna, ed un trattato
fu conchiuso con gli ambasciatori delle città di Milano, Pia-
cenza, Faènza e Bologna (3). Non potè il Re Giacomo veni-
re i ti Italia , ma le relazioni con gli Italiani furono assai
strette da quel tempo, come nota il Surita, che dice: «Que-
dó el rey muy confederando con aquellos estados, y eran sus
(1) Muntaner, cap. VII a X, ediz. Bofarull cit. pag. 15 e seg.
(2) Cfr. su ciò il Muntaner cap. XVII, ed. cit. pag. 34.
(3) Surita, Anales cit. lib. Ili, cap. 32.
PREFAZIONE CXLVII
naturales mas conocidos y estimados debajo de solo nom-
bre de catalanes, que de espanoles» (1).
L'Infante Pietro aveva nel 1262 sposato Gostanza, figlia
del Re Manfredi e di Beatrice figlia del conte Amedeo IV
di Savoia. Questa gloriosa Gasa sovrana vanta quindi tra-
dizioni vetuste anco nella Sicilia, e molto anteriori a quelle
del regno di Vittorio Amedeo II nel secolo XVIII ed alle
moderne fortune dell' Italia intera sotto il suo scettro (2).
Ricorda il Muntaner che il Re Giacomo risolvette di con-
sentire quelle nozze per la grande fama della potenza del
Re Manfredi , che « era fili del emperador Fraderich , qui
era lo pus alt senyor del inori e de la major sanch » (3).
Gl'intendimenti di Manfredi per il matrimonio della figlia
sono rilevati da Del Giudice, che li ritrova nel desiderio di
avere « confederati ed amici » nelle guerre che la Chiesa
romana od i Tedeschi potevano suscitargli, ed anco per le
sue ambizioni- di dominio in Oriente (4). Non erano meno au-
daci le mire del Re Giacomo I. L'egregio prof. Daniele Gi-
rona Llagostera in una sua erudita memoria espone le ori-
gini e le cause dell'espansione del dominio catalano nella
Francia e nel Mediterraneo nel tempo del regno di Giacomo 1
dal 1229 in poi. Egli ricorda le lotte di questo Re coi Fran-
(1) Vedasi il cap. già citato del Surita.
(2JM1 cronista Saba Malaspina , lib. II, cap. 6 dice per Manfredi:
« Filiam suam Conslantiam , quam ex prima consorte Beatrice , filia
quondam Amedei comitis Sabaudiae , imperatore vivente susceperat ,
domino Petro, primogenito dicti regis Aragonum, solemni matrimonio
copulavit». Cfr. ediz. Del Re cit. voi. II, pag. 229, ed altresì Pirri ,
Sicilia Sacra cit. t. I, pag. XXXVI, nella Chronol. Recium.
(3) Muntaner, cap. XI, ed. cit. pag. 23.
(4) Del Giudice, La famiglia di Re Manfredi cit. pag. 341.
CXLVIII PREFAZIONE
cesi per la Contea di Tolosa, il disegno di riunire ai suoi
stati la Provenza, ed il trattato di Gorbeil conchiuso col Re
Luigi IX, ed in vigor del quale Giacomo conservava il do-
minio su la Contea di Rossiglione e su Montpellier. Dice
che nel mare latino, che tanto fascino aveva per Giacomo,
erano altre terre ed isole, che avrebbero accresciuto gloria
alla Catalogna (1).
Le aspirazioni del Re Giacomo si rivolsero così alla Si-
cilia per il matrimonio del figlio Pietro con Gostanza , al-
lora unica erede di Manfredi; ed il Girona a ragione osser-
va : « En aquella epoca los mulleraments reyals duyen ap-
parellades anexions e separacions de dominis, terres e stats.
Les cases regnants tractaven de fer - se en relació d' ami-
stat e de sanch no sol pera lur gloria e extern splendor,
adhuch coni medi d'assolir e satisfer llur ambició d'agran-
diment territorial » (2). Poco innanzi che le nozze fossero
conchiuse (cioè alo giugno 1262 in Montpellier) nasceva in
maggio un figliuolo di nome Enrico ai Re Manfredi. Nota
a tal proposito il Del Giudice : « Se re Giacomo a questa
unione, così avversata dal Pontefice, fu spinto specialmente
(1) Girona Llagostera , Mullerament de V Inferni En Pere de Ca-
thalunya ab Ma dona Constanga de Sicilia (estr. dal voi. del Congrés
d'Hist. de la Cor. d'Aragó). Barcelona, 1909, pag. 11.
(%) Il Re Giacomo prometteva all' Infante Pietro in luglio 1263 di
pagargli oncie diecimila « si vos tamen personaliter iveritis ad Regem
Cicilie, et non aliter », come si legge nel documento edito dal Girona
a pag. 50. Quell'esortazione al figlio riesce interessante, conoscendosi
gli ambiziosi disegni del padre. Di Blasi . Storia del regno di Sicilia
cit. voi. II, pag. 419, considera che Giacomo volle il matrimonio del
tiglio con Costanza perchè vantaggiosissimo nel caso di successione nel
regno di Sicilia.
PREFAZIONE CXL1X
per la speranza futura della successione al trono di Sicilia,
non potette desistere e ritirarsi, sol perchè Enrico nacque,
quando la sposa era presso a partire o quando era già par-
tita per l'Aragona » (1).
I Romani nel 1263 avevano scelto (come appare da una
lettera del Papa Urbano IV) per loro Senatore Carlo conte
di Angiò, ed il Papa si affrettava ad avvertire Carlo per ac-
cettare quella dignità, perchè se ciò non avesse egli curato,
il Re di Aragona, ossia l'Infante Pietro, che era congiunto
del Re Manfredi, ed era stato pure eletto Senatore di Roma,
nel caso di rinunzia del conte Carlo, avrebbe sicuramente
conseguito quella, dignità (2). Ciò prova come fosse già ab-
bastanza noto in Italia sin da quel tempo il nome dell'In-
fante Pietro di Aragona.
Riesce quasi incomprensibile che dal 1266 sino al 1276
il Re Giacomo I non abbia pensato di far guerra al Re
Carlo per difendere prima il parente Manfredi e poi Cor-
radino, e far dopo valere le sue ragioni sul regno di Sici-
lia (3). Sembra nondimeno che il Re Giacomo abbia omesso
(1) Del Giudice, La famiglia di Re, Manfredi cit. pag. 33.
(J2) Capasso, Historia diplom. cit. pag. 236 e seg. n. 395, e le uote.
(3) De:, Giudice, La famiglia cit. pag. 231 nota che in Aragona non
si curò di liberare i figli del Re Manfredi, e nemmeno Costanza vi pose
niente, certo per ragione di Stato, così che « i fratelli maschi , anche-
quando si venne a cognizione della loro esistenza, del tutto furono ab-
bandonati dai loro stessi congiunti». Espone su tale argomento acri
considerazioni. Girona Llagostera, Mulleratnent cit. pag. 35 manifesta
altre gravi ragioni per quell'abbandono dell'impresa « potser per temor
de lluytes ab 1' Ksglesia , o per lo pacte qu' eli [Jaumej havie fet de
no attacar Carles d'Anjou, fos per co que Henrich. fili de Manfrè, ere
vìa encare ».
CL PREV AZIONE
di far ciò , per essersi obbligato a 6 luglio 1262 verso la
Chiesa Romana « quod eidem Manfredo vel suis contra Ro-
manam Ecclesiam vel quamcumque persona m vices geren-
tem ipsius, vel causam habentem ab ipsa, nullo tempore per
nos vel alios assistemus, assumendo negocium contra ipsam
Romana m Ecclesiam , vel dando ahi consilium , auxilium
vel favorem ». Tale dichiarazione solenne facevasi da Gia-
como a richiesta del Re Luigi IX di Francia, al quale da
malevoli era stato detto (come il Re Giacomo palesa) « quod
nos , in apostolico Sedis contemptum et Christiane religio-
ni^ iniuriam , principiti Manfredi filiam primogenito nostro
dederamus uxorem » . Né soltanto il Re Giacomo assumeva
per sé quell'obbligo , ma aggiungeva : « set nec etiam susti-
nebimus quod aliquia liberornm nostrorum vel etiam subdi-
tornm hoc faciat » (1).
Se il Re Giacomo tenne fede a quella sua promessa, si
conosce però che l' Infante Pietro , sposo della sveva Co-
stanza, meditava opposti disegni, incitato altresì dalla mo-
glie (2). Nell'anno 1269 veniva fuori (come ho già notato)
(1) Girona Llagostbra, Mullerament cit. pag. 45 e seg. pubblica il
documento inedito, sul testo contenuto nella pergamena originale, con-
servata negli Archivi Nazionali di Parigi. Cfr. pure quanto dice il me-
desimo .prof. GinoNA a pag. 24, e la recensione da me data nélVAreh.
Stnr. Sicil. an. XXXIV (1909), pag. 427 e seg.
(2) Nkocastro, cap. 16, dice chiaramente che Costanza dopo la di-
sfatta del Re Manfredi spingeva il marito a preparare una spedizione
contro la Sicilia (ediz. Gregorio cit. t. I, pag. 34 e seg.). Saba Mala-
spina è concorde pure in ciò, ricordando che senza dubbio lo stimolo
della moglie di Pietro (contAmms uxori» stlmulus) influisse sul propo-
sito della conquista della Sicilia, ed aggiunge che anche la Provenza
« timere ne rebellaretur poterai, eo quod Provinciales adstruebaiit, non
minus quarti Regnicolas.pev Regem Carolum (il Gallicos oppressos one-
ribus et gravatos » (ediz. Gregorio cit. t. II, pag. 342 e 345).
PREFAZIONE CLl
YAdhortatio di Pietro de Pretio , che spingeva i Ghibellini
a chiamare nella successione al regno di Sicilia Federico di
Turingia ; ne tale risorgere delle pretese tedesche poteva
riuscire gradito alle ambizioni dell'Infante Pietro, afferman-
dosi che altri eredi della Casa sveva non vi fossero (1).
Altra Gostanza , sorella del Re Manfredi , che era stata
imperatrice dei Greci e poi messa in carcere per ordine del
Paleologo, e liberata con riscatto nell'anno 1264, trovava ri-
fugio in quell'anno istesso 1269 presso la Corte dell'Infante
in Catalogna. Nota a ragione il Del Giudice : « Forse Co-
stanza uscita d'Italia recar dovette all'Infante Pietro la nuova
della morte degi' infelici maschi di Manfredi , i quali dalle
braccia materne strappati, s'ignorò da tutti ove fossero stati
menati , e da tutti si credettero estinti. E certo che Pietro
d'Aragona fin dal 1269 come marito di Costanza, figlia del
trafitto Manfredi , si adoperò nella Lombardia ed in altri
luoghi d' Italia di far riconoscere i suoi diritti alla succes-
sione del Reame di Sicilia» (2). Non è perciò esatto quanto
(1) Da ciò si ricava che altresì in Germania si trascurava la sorte
dei figli di Manfredi prigionieri , ed il dritto di Costanza di Aragona,
che sarebbe stata molesta pretendente. Vedi sopra pag. CXL, anco per
i timori di Carlo d'Angiò.
Ci) Del Giudice, La famiglia cit. pag. 52 e 137. De Cesare, Storia
di Manfredi. Napoli, 1837, voi. II, pag. 115, dice che Giovanni da Pro-
cida Unse di sconoscere 1' esistenza in vita dei figli di Manfredi , per
agevolare Costanza , moglie di Pietro , ed accenna altresì il Dei, Giu-
dice (pag. 177) che il Re Carlo d' Angiò dopo la fine di Corradino
fece « spargere ad arte la voce della morte » dei figli maschi del Re
Manfredi , onde non è anche improbabile che a tale supposizione pre-
stasse fede l'Infante Pietro (Del Giudice, pag. 33). I figli di Manfredi
(esclusa Costanza, sposa a Pietro di Aragona e nata dal primo •natri-
monio) furon tutti prigioni, con la madre Elena degli Angeli, per ordine
CUI PREFAZIONI';
dice il De Gherrier che « sola Costanza regina di Arago-
na.. . . si salvò dal naufragio generale dei suoi », perchè la
sorella di Manfredi, dello stesso nome, sin dal 1969 era già
in Catalogna con la nipote (1).
Le pratiche dell' Infante Pietro coi Ghibellini in Italia
nel 1269 riescono evidenti dalle espressioni, che trovansi nel
Chronicon de rebus in Italia gestis edito la prima volta
nel 1856 dal benemerito Huillard-Bréholles. Quivi è det-
to: «Eodem tempore rex Castelle et infans dom Petrus,
primogenitus regis Aragonensis, transmiserunl in Lombar-
diam Raymundinum de Mastagiis civem Cremone cum
litteris credencie ad amicos imperii in Lombardia et in
Tuscia in malum et detrimentum regis Karoli, comitis Pro-
vincie: ille rex Castelle propter don Anricum fratrem suum,
quem in carceribus detinet , et infans dom Petrus propter
regem quondam Manfredum socerum eius, quem ipse Ka-
rolus occidit aufferendo sibi regnimi Scicilie , quod ad se
dicit pertinere prò uxore eius. Qui tantum operatus est in
Lombardia prò ipsis regibus, quod amici omnès imperii de
Lombardia suos syndicos et procuratores ad regem Castelle
et ad infantem don Petrum prò factis im perii transiniserunt,
del Re Carlo. Elena morì in carcere a Traili nel 1271. Furono poi i fi-
gli tenuti prigionieri nel Castel dell'Uovo di Napoli. Essi erano Enrico
primogenito, Federico, Enzo e Beatrice. Costei fu liberata nel 128i dal
principe di Salerno e consegnala al Loria, Federico verso il 1300 fuggì
dal carcere e riparò in Inghilterra, ove era in disagi nel 1308. Enzo
morì in prigione nel 1301, e così Enrico nel 1318. Costanza sorella di
Manfredi, che si recò in Catalogna nel 1209, stette a Valenza, ove morì
nel 1313. Cfr. Del Giudice, La famiglia cil. pag. 137 e seg.
(1) De Cherrier, cit. voi. Ili, pag. 263.
PREFAZIONE CLIIl
scilicet Gualterium Rogna m, ci ve m Papié» (l). Alcun com-
mento non occorre per dimostrare la cospirazione in Italia
a favore di Pietro d'Aragona nel 1269; ne riesce difficile
sapere chi fossero quei partigiani ghibellini , pefchè sono
indicati poi per nome dal Re Pietro (2). Il dubbio dell'e-
gregio prof, catalano Altamira y Grevea è svanito , in tal
modo, su quanto egli diceva: «No se sabe hoy todavia con
certeza si desde entonces [cioè dal 1268] comenzó ya el rey
de Aragon a preparar la conquista de Sicilia, ni si se en-
tendió desde luego con los sicilianos descontentos » (3). Le
mire dell'Infante Pietro erano sul regno di Sicilia; e gli ac-
cordi di lui col Re di Gastiglia , che a quello scopo ritro-
vavasi insieme intento nel gennaio 1282, non ammettono
controversia per le pratiche anteriori (4).
(Ij Huillard-Bréholles , Chronicon Placentinum et Ghronicon de
rebus ecc. Parisiis, 1856, pag. 297.
(2) Saint-Priest , cit. voi. IV, pag. 206-209; Carini, De rebus cit. ,
pag. 105, 108, 277 e seg. doc. del 1282 al 1284; a Ardi, e Bibl. cit. pa-
gine 53-55.
(3) Altamira y Crevea, Bistorta de Espana y de la civilisacion e-
spanola. Barcelona, 1900, t. I, pag. 599.
(4) Cfr. in questo volume pag. 39 e seg. Per la notizia della magni-
ficenza della Corte dell'Infante Pietro nel 1269 , conviene ricordare la
pregevole memoria dell' illustre prof. Gioacchino Miret y Sans , col
titolo Viutges del Infuni en Pere, fili de Jaume I en els anys 1268 y 1269.
Barcelona, 1908. Nel 1270 Fernando Sanchez. figlio illegittimo di Gia-
como I, e perciò fratello dell'Infante Pietro, era attirato nella Corte di
Carlo di Angiò in Napoli , forse per rintracciare notizie di quanto si
facesse in Aragona. Cfr. Dei, Giudice, Cod. diplom. cit. voi. Ili, 1902,
pag. 168 e 195. Il Re Carlo in luglio 1269 scriveva ai Re Giacomo di
Aragona ed Alfonso di Gastiglia una lunga lettera intorno la prigionia
inevitabile di Enrico di Castiglia, che aveva cospirato contro di lui, e
CUV PREFAZIONE
I cronisti siciliani e catalani sono conformi nel manife-
stare che i nobili del regno, gli esuli ed i ghibellini d'Ita-
lia nel 1267 si rivolsero in Germania a chiamarvi Corradi-
no; e Saba Malaspina soggiunge per i Siciliani «quos, tam-
quam frequenti susceptione occasioni,? exilis aversos, adhuc
spes vana fovebat » (1). Ho già fatto menzione dei viaggi
del Procida e di Enrico d'Isernia in Germania dopo la di-
sfatta di Gorradino nel 1268. Erano pertanto gli esuli che
incitavano le Corti a far valere i loro diritti alla successio-
ne nel regno di Sicilia, e così dovette avvenire in Catalo-
gna per 1' opera del Procida , e con maggior sicurezza ed
ardire dopo la morte del Re Giacomo I nel 1276, quando
il lavorìo intenso non avrebbe sofferto più ostacoli.
Di questo ci rende sicuri il cronista Muntaner, il quale
da buon catalano ed orgoglioso delle memorie della sua
patria , narrando la fine del regno del celebre Giacomo 1
trae l' occasione per fare un elogio della Catalogna ed al-
tresì del nuovo sovrano Pietro (2); e mentre espone gli av-
venimenti del 1278, inserisce cinque capitoli per dar notizia
dei fatti anteriori, cioè delle guerre dell'imperatore Federico
in Italia, della conquista di Carlo d'Angiò, della disfatta di
Manfredi e poi di Gorradino, sino a che Pietro di Aragona,
poiché « nul hom no sen mes en venjanga a fer neguna »,
risolse di assumere tale impresa : « Per honor de la regina
ricordava ai medesimi i vincoli che erano tra loro, e che sperava du-
raturi. Del Giudice, cit. pag. 285.
(1) Neocastro, cap. Vili; Saba Malaspina, lib. II, cap. 17 e lib. IV,
e. 2 (ediz. Gregorio cit. v. I, pag. 24, e Del Re, Cronisti cit. v. II,
pag. 261 e 267); D' Esclot, cap. LIX (ediz. Buchon cit. pag. 609).
(2) Muntaner, cap. 29, ediz. Bofarull cit. pag. 56 e seg.
PRIVAZIONE (XV
sa muller e de sos fìlls , se posa en cor que aquelles morts
venjas» (\).
Non esita il Muntaner a riferire in che consistesse il pro-
getto di quella vendetta, lungamente meditata , e dice che
tre mezzi occorrevano, cioè ricercare chi avesse dovuto aiu-
tare il Re Pietro e da chi dovesse costui guardarsi , pro-
curare le somme necessarie per la spesa, agire il più segre-
tamente possibile. Ricorda, come conseguenza, che nel 1280
il Re Pietro andò in Francia per assicurarsi della Gasa di
quel Re , e poi in Gastiglia , ove dal Re Alfonso X , detto
il Savio o l' Astrologo, che era fratello del ribelle Enrico di
Gastiglia e sposo della sorella di Pietro , ottenne la pro-
messa di aiuti con convenzioni firmate, e che fece tregua
di tre anni col Re di Granata.
Tutta questa segreta trama, ordita senza dubbio coi con-
sigli del Procida, segretario del Re Pietro, è messa in rilievo
con particolari descrizioni, e quasi con soddisfazione, dal
Muntaner, che palesa in tal modo quanto poteva conoscersi
in Catalogna, e che in Italia non era dato nemmeno di sup-
porre (2). Dimostra inoltre il Muntaner che il vero periodo
(1) Vedansi i cap. 32 a 37 del Muntaner , e per le parole sopra ri-
ferite il e. 35, ediz. cit. pag. 70.
(2) Di tale narrazione del Muntaner non trovo alcun cenno in Amari.
Dice il, Saba Malaspina (ediz. Gregorio cit. t. II, pag. 341) che è ve-
risimile che gli esali Procida e Loria suggerissero a Pietro ut Begnum
invadat Sicilie , e che si avea notizia che avessero manifestato al Re
che, se egli fosse stato disposto a ricuperare il regno di Sicilia, « nou-
inillae terrae, priusquam mare ingrediamini , contro. (ìallos proci; l Du-
mo REBELLABUNT». Notava altresì il Saba Malaspina che i Siciliani
nel 1281 «dira cogitatione, perversa cogitant suh fortunae vexillo
rebellent opportunìtate captata» (pag. 353).
CLV1 PREFAZIONE
d'intensa preparazione per la conquista della Sicilia fu dal
1276 al 1280, cioè dopo che il Procida pervenne in Catalo-
gna, e per gran parte del tempo del pontificato di Nicolò III
(25 nov. 1277 - 22 ag. 1280) , che con la sua manifesta av-
versione a Carlo d'Angiò, dovette render più sicuri i progetti
del Re Pietro.
I documenti corroborano la notizia . dei preparativi di
Pietro sin da quando era Infante. Nel 1270 egli conferma a
Bella, madre di Ruggiero Loria, nobile di Calabria e venuta
da Napoli col figlio nel 1262 insieme a Costanza , il pos-
sesso di castelli in Valenza (l). Il Loria poteva nel 1270 es-
sere in età di circa trenta anni. Giacomo I, forse a. richie-
sta di Pietro, nel 1273 largiva al Loria (già partecipe delle
aspirazioni dell'Infante) una villa (2). A Giovanni da Pro-
cida, da alcuni anni arrivato in Catalogna, l'Infante Pietro
nel giugno 1275 concede con grandi elogi, per i servizi da
lui resi al Re Manfredi , e per la sua nobiltà e scienza ,
ville e castelli in feudo (3). Appena Pietro diviene Re, cioè
nel 1276, il Procida è suo segretario, consigliere e familiare
regio, e dura in tal carica sino al 1282. Il Procida ottiene nel
1278 altri feudi (4). Loria in ottobre diviene Alcaide nel re-
gno di Valenza (5). A Corrado Lancia, venuto col Loria in
Catalogna nel 1262, coetaneo di lui, e parente della regina
(1) Cahini, Ardi, e Bibl. voi. II, pag. 190.
(2) Carini, ibidem, pag. 187.
(3) Cfr. il sunto in Carini cit. pag. 190. Amari, 9a ediz. v. 1, pag. 148
dice che Pietro non ricorda il Procida come «antico famigliare della
sua Corte », ma ciò non ha alcuna importanza.
(4) Vedasi Saint-Priest, op. cit. v. IV, pag. 197-&H, e Carini cit.,
pag. 2e3.
(5) Documenti ricordati dal Carini, pag. 2 e 187.
PREFAZIONE CLVII
Costanza, il Re Pietro concedeva nel 1278 per i suoi meriti la
dignità di Ammiraglio (1). I desideri di Pietro non potevano
essere che i propri anco nell'animo del Lancia. Si stabili-
scono nel 1279 le nozze tra Loria e la sorella di Corrado
Lancia , a nome Margherita , ed il Re assegna trentamila
soldi regali per la dote (2), e nello stesso anno al Lancia,
consigliere regio, è largito un feudo ed al Procida altre ter-
re (3), e negli anni 1279 e 1280 il Lancia riveste la carica di
Luogotenente del Regno di Valenza (4).
Lancia, Loria e Procida, italiani tutti e tre, hanno otte-
nuto già sino al 1280 feudi, favori ed alte dignità. Essi so-
no i compagni dell' impresa del Re Pietro , i più adatti a
servirlo con coscienza e lealtà, con la mente ed il braccio.
Dal 1278 al marzo 1282 si nota un' insolita attività nella
Corte aragonese. È dato infatti in novembre 1278 l'ordine
al Loria di consegnare al Procida la rilevante somma di
3500 soldi regali; ma la. causale, poco determinata , indica
un pagamento segreto (5). In quell'anno Corrado parte con
alquante navi per Gabes nella Tunisia per costringere Mira-
boaps a soddisfare il tributo, la quale spedizione potè ser-
vire di pretesto per l'altra posteriore del 1282 in quelle regio-
ni (6). II Procida in febbraio 1280 avvertiva Giuseppe Ravaya
(1) Muntanbr cit. cap. 18 , 19 , 30 , 31 ; Carini cit. pag. 4. Galvano
Lancia % detto zio di Manfredi da Jamsilla, ediz. Del Re , v. Il , pa-
gina 193. Cfr. pure la pregevole memoria di Federico Lancia, Galvano
Lancia. Studio biografico (in Ardi. Stor. Sicil. an. 1,1876, p. 45 e seg.j.
(2) Carini cit. pag. 18.
(3) Cfr. Carini, pag. 10.
(4) Per tali documenti vedasi Carini, pag. 5 e 62.
(5) Saint-Priest cit. t. IV. pag. 202; Carini cit. pag. 17.
(6J Muntaner, cap. 30 e 31.
CLVIII PREFAZIONE
per un pagamento di cento marabetini da farsi a Giovanni Gur-
cia (1). Nel marzo seguente veniva eseguito altro pagamento
di diecimila soldi regali al Procida per farli consegnare in
Parigi a Fernando fratello del Re (2). Si provvedeva in giu-
gno 1281 al versamento ad un canonico di .Lerida di due-
cento libre iaccemi, e si imponeva che se non si adempis-
se, il Procida e il de Goyllano «per se vel alium aut alios,
si necesse fuerit, mandatum huius exequetur », né poteva
essere per lieve cagione (3).
Trattavansi affari di grande importanza nelP aprile del
1280. Il Procida aveva inviato un ambasciatore ad Otto-
ne IV , conte di Borgogna, per sistemare alcune pratiche.
Aveva, inoltre il Procida preso accordi con la regina Go-
stanza , neh' assenza del Re Pietro , su la « prosecucione
istius negocii, qnod nobis utile et ìwnorabile reputamus» (co-
me rispondeva il Re); e ciò non può essere altro che l'affare
della conquista del regno di Sicilia, che maggiormente riu-
sciva gradito alla regina. Né aveva mancato il Procida di
avvisare il Re « de rumoribus Romane Curie , quod nobis
significa stis»; onde può supporsi che quei rumori fossero
appunto le trattative col Paleologo e col Papa Nicolò IH
ai danni di Carlo d'Angiò , ed eran così gravi quelle pra-
tiche che il Re avvertiva il Procida che fra pochi giorni sa-
{[) Carini cit. pag. 19.
(2) Tal documento fu edito dal Saint-Priest, t. IV, pag. 202. Si ha
un sunto erroneo in Carini, p. 19. Cfr. in questo volume, pag. 44. La
data 1279 deve intendersi al modo comune 1280.
(3) Carini cit. pag. 63. Non è inverosimile che si riferisse a prati-
che con la Corte pontifìcia.
PREFAZIONE CL1X
rebbe tornato per dirigere «uegocia nostra in terra ista » (1).
E noto che il papa Nicolò III rimase sulla cattedra pon-
tificia dal 25 novembre 1277 sino al 22 agosto 1280.. Dai
documenti riferiti per sunto dal Carini nel 1884 si scorge
che la Corte aragonese di Pietro fu in continui rapporti
con la Corte pontificia per tutti gli anni dal 1477 al 1280.
Si ha infatti che , appena ricevuto l' annunzio della ele-
zione del papa Nicolò TU , il Re Pietro si affrettò ad in-
viare a 29 dicembre 1277 un suo ambasciatore presso di
lui prò qinbusdam nostris negociis , al quale ambasciatole
consegnò varie credenziali per il Papa e per i Cardinali ,
per i Comuni ghibellini di Genova e Pisa e per il Conte
di Ventimiglia, ed anche per l'imperatore. Quell'ambascia-
tore aveva ampia facoltà di difendere, promettere e transi-
gere (2). Sin dall'elevazione alla tiara di un papa italiano,
e non ligio agli Angioini , il Re Pietro concepiva pertanto
(t) Documento pubblicato da Saint-Priest , t. TV, pag. 201 e seg.
In Carini cit. pag. 41 è una semplice indicazione generica. Cfr. pure
appresso in questo volume, pag. 6 e seg. Amari, 9a ediz. voi. I, pag. 149
ricorda in nota questa lettera del 10 aprile 1280 per l'ambasceria « al
conte di Borgogna ecc.», nulla rilevando per il resto. 11 Re Pietro, ri-
spondendo alle lettere inviate dal Procida e dalla regina per quegli
affari di Stato, adoperava la parola maxime per l' affare utile et Tuono-
rubile, fi desiderio del Re per la venuta di Rodrigo Eximenez de Luna
deve riferirsi pure a quelle pratiche, essendo notorio che il de Luna
fu in Sicilia persona di fiducia del Re nel 1281 Cfr. Saint-Priest cit.
t. IV, pag. 214 e seg.; Carini, De rebus cit. pag. 3, 205, 233, 239, 676,
677 e 704. L'espressione rumore, per fama, notizia, trova riscontro nella
dantesca di mondan romore (e. XI del Purg. v. 100-102).
(2) Carini, Arch. e Bibl. cit. voi. II, pag. 188, tre documenti; e pa-
gina 17 per il doc. del 13 marzo 1278 (m. e. 1279).
CLX PfiEF AZIONE
grandi speranze contro il Re Carlo , e faceva trattare dal-
l'ambasciatore affari di gravissimo interesse , lo scopo dei
quali riesce indubitato dagli stessi documenti. Le creden-
ziali, die davansi per l'imperatore, non possono riferirsi al-
l'imperatore Rodolfo di Germania, ma sibbene all'altro im-
peratore dei Greci, Michele Paleologo, perchè essendo costui
in evidente inimicizia con Carlo d' Angiò , ed in anteriori
rapporti con la Chiesa Romana, sarebbe stato anche utile
di trattare pure con lui, dopo gli accordi col Papa. Così le
notizie di pratiche del Re Pietro col papa Nicolò III e col
Paleologo, esposte nel Bibellamentu, non sono affatto prive
di fondamento.
Nella fine di dicembre del 1278 altro ambasciatore di Re
Pietro si recò presso la Curia Romana, ed offrì al notaro
del papa una coppa preziosa come dono del Re; e tal fatto
indica indubbiamente il grato animo del sovrano per ser-
vizi rilevanti ottenuti dalla Curia (1). Il Re Pietro a 30 lu-
glio 1279 mandava ancora altro ambasciatore al papa Ni-
colò in negociis , que prò domino Rege procurare in Curia
habuerit, con lettere di credenza per il collegio dei Cardinali,
e per i Genovesi e Pisani anche per il salvocondotto, oltre
un memoriale per la decima (2). Amari crede che « scopo
principale o accessorio della missione era una impresa con-
tro i Saraceni», ma questa interpretazione non sorge dal
testo del documento, perchè la decima era una pratica se-
condaria e finale dell'ambasceria, mentre più notevoli erano
gl'interessi che doveva sostenere l'ambasciatore, cioè la le-
ga col Paleologo contro il Re Carlo (3). Nell'aprile del 1280
(1) Vedasi Carini cit. p. 17 e seg.
(2) Ne dà un esteso sunto il Carini, pag. 40.
(3) Amari, 9* ediz., voi. 1, pag. 155.
PREFAZIONE CLXI
il Procida (con la lettera da me ricordata) informava il Re
Pietro di quanto aveva saputo da parte della Curia Roma-
na. Da tali notizie si ricava chiaramente che in ognuno
dei quattro anni del pontificato di Nicolò III era partito per
Roma un ambasciatore per trattative diplomatiche con la
Corte aragonese, e che i rapporti di Pietro con quel papa
erano indubbiamente cordiali (1).
Se il Procida sia andato ancor egli presso il papa Ni-
colò III per trattare della lega col Paleologo, e presso co-
stui in Costantinopoli per conchiuderla diffìnitivamente non
è ben sicuro dai documenti. Cartellieri inclina a crederlo ,
poiché dice : « In Byzanz war Johannes mit Benedikt Zac-
carias, einem abenteuerlichen Kondottiere aus Genua, und
anderen Genuesen » (2). Deve ritenersi assai probabile che
in un affare di tanta gravità , quale era la lega tra Pietro
ed il Paleologo , si fosse il Procida recato personalmente
in entrambe quelle Corti per parte del suo sovrano ; e se
fu in Costantinopoli, a maggior ragione (o prima od al ri-
torno) dovette conferire col Papa.
Sette cronisti , cioè Caffaro , Giordano , Marino Sanuto
il vecchio, Salimbene, Tolomeo da Lucca, Villani e la Cro-
naca Piacentina forniscono alquante notizie concernenti i
consigli e gli aiuti dei Re di Castiglia e d'Inghilterra e dei
Genovesi, il danaro del Paleologo e le pratiche tenute con
(1) Nel Bibellamentu si ricorda (ediz. Gregorio cit., t. I, pag. 254)
che Carlo d'Angiò abbia respinto il progetto di matrimonio di una pa-
rente del papa Nicolò III; né sembra del tutto erronea tale menzione,
se Saba Malaspina (ediz. Gregorio , t. II , pag. 340) narra che quel
papa si fosse intromesso per un matrimonio tra il figlio del Re Carlo
e la figlia del Re di Germania (Begis Alamaniae), poi non seguito.
(u2) Cartellieri, Peter vori Aragon cit. pag. 87.
G. LaJMantia, Cod. dipi. arag. &
CLXII PREFAZIONE
la Corte Romana, che' giovarono al Re Pietro per com-
piere la conquista del regno di Sicilia. Tolomeo di Lucca
afferma che furono mediatori della lega col Paleologo sì
il Benedetto Zaccaria di Genova che Giovanni da Procida,
e principalmente costui : « praecipue autem dominus Johan-
nes de Procida », e che vide il trattato « quem tractatum ego
vidi» (1). La parola mediator , come registra il Ducange ,
ha quasi il significato di ambasciatore, la quale definizione
dimostra anche la presenza del Procida in Costantinopoli,
e F altra di tractatus equivale a patto , convenzione , come
nota pure il Ducange, e non quello di notizia di uno scrit-
tore, come pretenderebbe l'Amari, e trovasi per altro espli-
citamente affermato in modo diverso nella bolla del Papa
Martino IV del 18 novembre 1282 (2).
Dello Zaccaria, che fu ammiraglio dei Genovesi, è men-
zione nel Ribellamentu, sebbene sotto il nome alquanto al-
terato di Accardu , dicendosi : « unu Cavaleri di lu Impe-
raturi [Paleologo] , chi era missaiu secretu , chi per nomu
si chiamava Misser Accardu, latinu, chi era natu di lu chiami
(1) Non occorre citare le varie edizioni di queste cronache, che ho
ricordato sopra a pag. LXXV11 e seg. Su le somme date al papa Ni-
colò III (forse anche per compenso nella quistione religiosa) da quelle
fornite dal Paleologo si ha 1' affermazione del Villani, e per il paga-
mento promesso al Re Pietro dal Paleologo come sussidiò per la
guerra è altresì quella del Sanuto, che ne ebbe notizia orale da Rug-
giero Loria, ancora per controversie sorte in tempi posteriori.
(2) Si veda sul senso della parola tractatus quanto ne scrisse il chia-
rissimo prof. Carlo Cipolla ne\Y Archivio Veneto, an. XII, (1876) pag. 147
e seg. ed altresì Hertzberg. Storia dei Bizantini e dell' Impero Ottoma-
no. Milano, 1894, pag. 549. Per il testo della bolla cfr. Potthast, Re-
f/esta pontif. cit. n. 21947, e Carini, Ardi, e Bibl. v. II, pag. 193 e seg.
PREFAZIONE CLX1II
di Lombardia , In quali era prudu e saviu e valenti Cava-
leri » (1). La designazione che VAccardu fosse un latino e
dell'alta Italia fa riconoscere che si tratta dello Zaccaria (ù2).
I documenti posteriori del Re Pietro degli anni 1283 e 128't
provano indubbiamente i rapporti precedenti di lui col Pa-
leologo e con Benedetto Zaccaria , l' intermediario insieme
col Procida , che era quegli che specialmente conchiuse il
trattato (3).
Sarebbe superfluo dire (dopo quanto ho già esposto) che
la lega col Paleologo fu formata col consenso della Chiesa
Romana, durante il pontificato di Nicolò ILI, e non poste-
riormente alla sua morte, ossia nel 1281, come opinava l'A-
mari (4). Il cronista Salimbene ricordava espressamente : « Si-
quidem Papa Nicolaus III dederat eam [Siciliani] in odium
regis Karoli , cum consensu aliquorum Cardinalium , qui
tunc erant in Curia » (5). Carlo d'Angiò, come nota l' illu-
stre prof. Manfroni, sin dall'origine del suo regno nel 1266
fu «in continua guerra coll'Impero [d'Oriente], o direttamen-
te, o per mezzo dei feudatari suoi nella Morea» (6). Il cro-
(i) Cfr. Ribellamentu (ed. Gregorio cit. t. I, pag. 259).
(2) Su Benedetto Zaccaria ed il fratello Manuele si hanno estese no-
tizie nella cronaca del Marino Sanuto il vecchio , e nella memoria di
Hopf, istoria dei Giustiniani oli Genova (in Giornale Ligustico. Genova,
anno VII e Vili, 1881, pag. 316 e seg.).
(3) Tali documenti trovansi in Saint- Priest cit. t. IV, pag. 208,213,
232; e ristampa o sunto in Carini, De rebus, pag. 4, 33 e Ardi, e Bibl.
pag. 55.
(4) Amari, 9a ediz. voi. I, pag. 162,
(5) Cfr. Moti. hist. ad prov. plac. et parm. cit. pag. 289.
(6) Camillo Manfroni, Storia della marina italiana dal trattato di
Ninfeo alla caduta di Costantinopoli (1261-1453). Livorno, 1902, pag. 71.
CLXIV PREFAZIONE
nista greco Pachi mero ricorda infatti che sin dal 1274, nel
papato di Gregorio X, si sperava che, tolti i dissensi fra le
due Chiese, potesse anche impedirsi la spedizione che Carlo
meditava contro il Paleologo: Aia Ss tvjc toò axavSàXoo Xóae<o<;
S7ua)(s6yjvai Tq> KapooXq) tòv aróXov, e che il Re Carlo spesso ve-
devasi pregar invano ai piedi del Papa perchè gli permet-
tesse di combattere in Oriente : 'EjteiSyj XiTavsuwv, xaì, rijv rcpò?
à7rapTtO{iòv e£o8ov TtpopaXXójtevo?, xaì Tcpotstvcov ta àotoó Sixata, oòS'o-
Xws tòv Hówcav srceiGev awroXóeiv, àXX'vjv rcapà %(ù<pip Xéfwv (1).
Da molti documenti degli anni 1271 in poi si ricava che
1' Angioino chiamava suo nemico il Paleologo nel 1271 e
nel 1273, e che nel 1275 dava ordini contro l'esercito di lui
in Durazzo (2). Saba Malaspina nota come la guerra contro
il Paleologo fosse disposta prima del 1276 da Carlo (3),
nel quale anno fu poi trattata la tregua. I preparativi guer-
reschi tornarono più forti nel 1277 , e già la grande flotta
era pronta nel 1278, durante il pontificato di Nicolò III, e
poscia nel 1280 Carlo ordinava la custodia delle marine di
Sicilia, perchè di là passavano le navi che davano aiuti al
Paleologo , designato col nome publicì inimici nostri. La
spedizione preparata con gran cura nel 1281 doveva muovere
nel 1282, nell'estate (4). Non era d'uopo pertanto, nella co-
(1) Historiae bisantinae Scriptores, Venetiis, 1729, t. XII, TstopYtoo
toò IIaxó{isp73 MtxaYjX ITaXaioXÓYOC pag. 206 e 228. Cfr. pure la più
recente edizione del Bekker nel Corpus scriptorum historiae bisantinae.
Bonnae, 1835, v. I, pag. 367 e 410.
(2) Cfr. Minieri Riccio, Il regno di Carlo I d'Angió cit. ad annum.
(3) Saba Malaspina (ediz. Del Re, voi. II, pag. 314).
(4) Tali notizie desumonsi da molti documenti recati in sunto dal
Minieri Riccio, cit.
PREFAZIONE CLXV
stante preparazione di Carlo contro il Paleologo, che la lega
del Re Pietro con costui si fosse conchiusa dopo la morte
di Nicolò III, quando anzi il papa francese Martino IV, de-
voto al Re Carlo, avrebbe sconvolto quei disegni (1).
Nell'inizio dell'anno 1282 il Procida si trovava, insieme
col Re Pietro , in Algesiras, dove si recava a compimento
il proposito della ricuperazione del regno di Sicilia, perchè
come si rileva dalla lettera del gennaio diretta dal Re Pie-
tro al Re di Castiglia, l'ambasciatore Francesco Troisio era
già venuto con lettera di credenza dei più potenti ghibellini
d'Italia, ed aveva esposto la sua ambasceria, che il Re non
riferisce nella lettera (non exprimimus Uteris istis) per il mo-
tivo che il Troisio l'avrebbe riferito a voce, oltre quanto sul
proposito avrebbe detto da parte del Re Pietro «etplura alia
sibi commissa relaxamus » (2).
A trattare l'affare dell'aiuto da apprestarsi dal Re di Ca-
stiglia per la ricuperazione del regno di Sicilia era andato
da quel Re il fratello di Giovanni da Procida, cioè Andrea,
il quale lo avrà certamente informato del risultato delle
pratiche già compiute per la rivoluzione in Sicilia, TI Re
Pietro pregava pertanto il Re di Castiglia di voler dare la
sua risposta ad alcuno dei due ambasciatori, ad Andrea da
Procida od a Troisio. La lettera era sottoscritta in fine Do-
minus Iohannes , cioè da Procida , che non avrà forse se-
(1) Su tali pratiche, come altresì su l'opera del Procida nella rivo-
luzione siciliana , offre esatto giudizio Sismondi, Storia dei Francesi
(trad.). Gapolago, 1&36, voi. Vili, pag. 265 e seg.
(2) L'elenco di quei ghibellini italiani trovatisi nel documento del 10
febbraio 1283, edito da Saint- Pribst cit., t. IV, pag. 208 e seg. Di tale
documento il Carini, Arch. e Bibl, cit. voi. II, pag. ')'). fornì soltanto
l'indicazione.
CLXV1 PREFAZIONE
gnato anche il cognome per il segreto più conveniente. Era
quella lettera diretta pure agli Infanti Sancio ed Emma-
nuele di Castiglia (1).
Il Re Pietro a 9 aprile , mentre già si diceva d' esser
pronto a partire con Tarmata, scriveva di nuovo al Re di
Castiglia, dicendo di avere ricevuto la sua lettera, che con-
teneva gratam et placidam responsione-m a quanto gli ave-
va comunicato il Troisio, «et qualiter aspirabatis ad honoris
nostri et glorie incrementimi» (cioè la ricuperazione del re-
gno di Sicilia). Lo avvertiva altresì che si sarebbe potuto
recare a trovarlo «si sufficeret ad hoc tempus», per par-
lare di presenza di queir affare , perchè il Re di Castiglia
gli aveva manifestato « quod negocia illa expedire non po-
terant, donec vistarti invicem liaberemus » (2).
Mentre era a Portfangos , a 19 maggio il Re Pietro ri-
cevette una lettera dal Re di Castiglia presentata dagli am-
basciatori Alfonso di Pietro e Francesco Troisio, su le di-
scordie tra il Re di Castiglia ed i suoi figli. Il Re Pietro
diceva che era vicino a partire con l'armata « quod proro-
gare nullatenus possumus», perchè per quell'impresa egli
spendeva immenso danaro allo scopo di difendere V onore
del suo nome e della sua fama. Raccomandava al Re di
Castiglia di proteggere nella sua assenza il primogenito Al-
fonso ed i suoi domini. Gli ambasciatori suddetti tornavano
di nuovo con altre notizie dal Re di Castiglia (3). Tale fu
(1) La lettera del 18 gennaio fu pubblicata da Saint - Priest t. IV,
pag. 205, e ristampata poi da Carini, Arch. e Bibl. voi. II, pag. 45 e seg.
Cfr. in questo volume, a pag. 6.
(2) Carini, Arch. e Bibl. voi. II pag. 47 die in luce tal documento.
(3) Un esteso sunto di questa lettera fornì il Carini , Arch. e Bibl.
voi. II, pag. 48.
PREFAZIONE CLXV1I
il risultato dell'affare e della lettera regia del 18 gennaio 1282,
firmata dal Procida col nome soltanto.
Il Procida a 13 febbraio si trovava a Valenza, perchè
vedesi firmato Iohannes de Procida nella lettera di tale data
del Re Pietro al principe di Salerno, che chiedeva conoscere
quanto si preparava, lo stato di salute ed altro, che a voce
espose l'ambasciatore Moncada. 11 Re Pietro rispondeva
che lo stesso ambasciatore avrebbe pure comunicato a vo-
ce la sua risposta (1). Dopo cinque giorni (a 18 febbraio)
in quella stessa città, nel « capitolo dei frati minori » il Pro-
cida apponeva la sua firma come testimonio neh" atto di
giuramento dato dal Re Giacomo di Maiorca al Re Pietro
per le convenzioni tra loro conchiuse (2). Vi è firmato
pure Pietro di Ferrando, che era zio del Re Pietro , come
si ricava da una lettera dell'Infante Alfonso al medesimo (3).
A IO marzo il Lancia ed il Loria erano insieme in
Valenza o non lungi, poiché Re Pietro dava online da
quella città ai medesimi circa il Baiulo di Gandia (4).
F'orse era ancora quivi nel marzo il Procida, che seguiva
il Re in febbraio. Lancia (come si scorge da un documento
del 14 aprile) raccoglieva milizie per l'armata che si dispo-
neva a Portfangos presso Tortosa, verso le foci del Lebro,
nella provincia di Tarragona , ed il Loria doveva trovarsi
con lui (5).
(1) Vedasi il testo della lettera in Carini, Arch. e Bibh v. II, pag. 46.
(2) Di quest'altro documento, trascritto in pergamena, dà un sunto
il Carini cit. pag. 241 e seg.
(3) È indicato esplicitamente col nome di zio il Pietro di Ferrando
nel 12&5. Carini cit. pag. 181.
(4) Documento in Carini, pag. 20.
(5) Cfr. Carini, pag. 21. Nella 9a ediz. di Amari, voi. I, pag. 274 il
nome di Tortosa fu alterato in Tolosa. Una descrizione minuta di quel
CLXV1I1 PHEl'ÀZIONE
È indubitato che il Re Pietro aspettava, per partire con
1' armata , le notizie delia rivolta avvenuta in Palermo. Si
rileva infatti che si era stabilita la partenza in aprile, e non
per la metà, come afferma l'Amari, interpretando con equi-
voco il senso di un documento dato in sunto dal Carini (1).
Fu poi differita la partenza dell' armata da aprile sino al
1° maggio per dar più agio (come dicevasi) alle milizie di ra-
dunarsi (2). Quando già il Re Pietro, a °26 aprile, doveva co-
noscere clie la Sicilia si era ribellata , ordinava che tutti i
pescatori di Valenza partissero con l'armata, come erario stati
in marzo ammessi anche i banditi, i condannati ed i debitori
con ogni sicurtà « nobiscum euntibus» (3). L'armata salpò
indi col Re il 3 giugno per l'Africa (4). Poco innanzi di tal
tempo (e 1' opportunità ne indica lo scopo) raggiunsero il
Re Pietro a Portfangos gli ambasciatori del Paleologo, cioè
l'arcivescovo di Sardes nella Lidia (Asia Minore) e Benedetto
Zaccaria, i quali lo avvertivano che dovevano comunicargli
gravi segreti soltanto dopo che avessero parlato col Re di
Gastiglia, «que non habebant nobis reserare usque ad eorum
reditum de partibus Gastelle». Gli ambasciatori recaronsi
porto, detto Puerto del Fangal, si trova nell'ampia collezione Cronica
.general de Espana. Madrid, 1870, voi. Provincia de Tarragona, pag. 10,
ove è anche la pianta.
(1) Amari, 9a ed. voi. I, pag. 270 dice: « Aveva egli [Pietro] ordinato
alle genti di trovarsi pronte a entrare in mare il quindici d' aprile».
Nel documento riferito dal Carini, pag. 10 si dice invece che usque ad
medium instantis aprilis dovevano inviarsi trecento uomini di Ripa-
enreia e Payllars.
(2) Carini, pag. 12 e 20.
(3) Cfr. i documenti in Carini, pag. 13, 19 e 20.
(4) Surita, lib. IV, cap. 19 e 20.
PREFAZIONE CLX1X
infatti da quel Re, mentre il Re Pietro si accingeva a vol-
ger le prore verso l'Africa: « cum stoìio nostro ad parles trans-
fretavimus Barberie »; né ciò impedì che hiis diebus , cioè
nel settembre, quegli ambasciatori avessero, di ritorno dalla
Gastiglia, ricercato il Re Pietro in panormitana cimiate (ì)-
I tre fidi italiani Lancia , Loria e Procida rimasero in
Valenza e nella Catalogna, e non partirono col Re e 1' ar-
mata. Si ha infatti che Loria e Procida a 7 agosto dove-
vano curare con altri nel regno di Valenza la ricognizione
di quei castelli, per impedire l'insurrezione dei Saraceni (2).
Amari credette erroneamente che Loria fosse a Tunisi col
Re Pietro nell'estate del 1283. Si giovava l'Amari del rac-
conto di Saba Malaspina; ma non si accorse che il cronista
dubitando diceva : « Tertius collateralis Regis socius , for-
nitavi Rogerius de Laurea, murmurat versus Regem » (3).
Lancia rimase pure nel regno di Valenza, come si prova
da alcuni documenti di dichiarazione di debiti e mutui (4).
Nella fine di agosto od in settembre, perchè in quest'ul-
timo mese vi fu nuovo invio di milizie dalla Catalogna, sarà
partito il Loria per l'Africa (5). E sicuro peraltro che Loria
ed Andrea Procida, fratello di Giovanni, a 5 ottobre trova-
vansi già in Sicilia (6).
(1) Saint- Priest , cit. t. IV, pag. 213 e seg., e Carini De rebus,
pag. 4> c-he ristampa il documento.
(2) Carini, pag. 131. A 18 agosto il Loria era nominato procuratore
da alcuni abitanti della provincia di Valenza. Carini, pag. 69.
(3) Amari, 9a ed. voi. I, pag. 280. Si confronti il testo del Saba Ma-
laspina (nell'ediz. Gregorio cit. t. II, pag. 366).
(4) Carini, pag. 68, doc. 8 e 12 luglio.
(5) Ciò si argomenta dai documenti del 18 agosto e 2 a 10 settembre.
Carini, pag. 69 e 131 a 133.
(6) Vedasi Carini, De rebus, pag. 47 e seg.
CLXX lMil^'AZIONU
Il cronista Munta ner narra estesamente la venuta in Si-
cilia della regina Gostanza coi figli Giacomo e Federico, il
Procida ed il Lancia « e ab altres richs homens e cavallers,
qui ab ella eren venguts » ; ma non ne precisa bene il tem-
po. Saba Malaspina ne fa pure ricordo , notando come la
regina venisse in Palermo « magistro lohanne de Procita
Gomitata » (1). Del Loria non è fatta espressa menzione, e
ciò dimostra la sua venuta anteriore, che è provata dai do-
cumenti. Si rileva altresì che a 2 febbraio 1283 il Lancia
era in Messina; onde l'arrivo della regina col Procida ed
il Lancia dovette essere probabilmente nell'inizio del 1283,
se non lo fu ancor prima (2).
Tali erano i tre Italiani, che godevano la maggior fidu-
cia del Re Pietro. Il Loria sin dal 5 ottobre 1282, cioè sin
dal suo arrivo nell'isola, fu nominato capitano di Augusta,
la terra celebre per le atroci repressioni contro i ribelli
commesse dagli Angioini; ed il Procida continuava ad es-
sere il Segretario del Re Pietro, come era stato in Catalo-
gna (3). Il Lancia alla sua venuta in Sicilia, probabilmente
in gennaio del 1283, ottenne la carica di Maestro Razionale
della regia gran Corte (4). Il Re Pietro si disponeva nel
maggio 1283 a. tornarsene in Catalogna, ed allora portò con
se il parente Corrado Lancia, che fu maggior Camerario e
(1) Muntaner, cap. 99 (ediz. Bofarull cit. pag. 189). Saba Malaspina,
(ediz. Gregorio, cit. t. II, pag. 397) mostra nella sua narrazione che la
venuta della regina era già seguita da non poco tempo, quando il Re
Pietro se ne stava in Calabria nella primavera. Per il Procida il Mun-
taner dice che « era de los savis homens del mon ».
(2) Carini, De rebus, pag. 441 e 474.
(3) Cfr. doc. iu Carini cit. pag. 48.
(4) Documento in Carini, pag. 474.
PREFAZIONE CLXX1
Maestro Razionale ancora in quei domini , e nel 1287 tro-
vasi di nuovo io Sicilia, e poi nel 12% dal Re Federico 11
vien nominato Cancelliere del regno, essendo egli soltanto
creduto meritevole di conseguire quella carica dal Procida
tenuta per tredici anni (1). 11 Loria ed il Procida riman-
gono invece in Sicilia, fido sostegno all' Infante Giacomo ,
perchè il Loria a 20 aprile 1283 è elevato dal Re Pietro alla
dignità di Ammiraglio del regno (regni) di Catalogna e Si-
cilia, ed al Procida a 4 maggio è conferita l'alta carica di
Cancelliere tocius regni nostri Sicilie , cioè dell' isola e del
continente (2).
Se questi uomini furono rimeritati , e così presto , con
le più alte cariche del regno, non è dubbio che essi furono
i principali promotori e fautori della cospirazione, seguendo
le speranze ed i propositi dei sovrani Pietro e Costanza.
Loria e Procida ottennero le maggiori dignità, mentre il Lan-
cia non riteneva più quella di Ammiraglio che aveva eser-
citato in Catalogna ; né il motivo è occulto , perchè il no-
bile di Salerno e l'altro di Scalea, meglio conoscendo e luo-
ghi ed uomini dell'antico regno di Sicilia, potevano render
più proficue le loro fatiche, e peraltro della grande e reci-
proca amicizia tra il Loria ed il Procida è prova evidente
che nel 1287, quando volevasi punire per tradimento il Lo-
ria dopo la tregua con gli Angioini conchiusa di sua au-
torità, in Napoli, il Procida lo salvò, « lohanne de Procida,
qui primatum in consiliis tunc habebat, aliter suadente » (3).
(1) Si desumono tali notizie dai documenti. Carini cit. pag. 636 , e
Arch. e Bibl. voi. II, pag. 56, 75, 208, 210, 311, e dalle cronache, le qua-
li non occorre qui indicare.
(2) Carini, De rebus, pag. 617 e 640.
(3) Speciale, lib. II, cap. 12 (ediz. Gregorio, cit. t. I, pag. 341).
CLXX11 PREFAZIONI']
Quali potevano essere i rapporti di tali uomini con la
rivoluzione del 31 marzo 1282 in Palermo lo provano spe-
cialmente quattro fatti , cioè V agitazione gravissima degli
animi dei Siciliani, che poteva prorompere per qualsiasi ca-
gione, l'attesa del Re Pietro a partire da Portfangos finché
avesse notizie sicure della rivolta avvenuta, anche (se occor-
resse) prorogando la partenza, gli esuli di Gaeta che sono
presenti all'eccidio in Palermo, ed infine l'ambasceria dei Pa-
lermitani in Alcoyll, nella vicina sponda di Africa, per ottenere
Voptatum finem, della quale ambasceria il Re Pietro poi mena
gran vanto come di un Re desiderato , e quasi disturbato
in altre sue imprese guerresche (1). Gotali fatti dimostrano
(1) L'agitazione violenta dei Siciliani si ricava dalle parole delMuNTA-
ner. cap. 43 che dice che gli ufficiali angioini « feyen tant, que maro-
velia era coni los Sicilians nols degollaven. avans que no sofferissen co
quels Francesos los feyen (ediz. Bofarull cit. pag. 83). La licenza dei
militi angioini era tale che alle donne «nietian la ma, e les peciga-
ven, e per les mamelles», il qual testo è ben differente dalla versione
che ne dà il Buchon cit. pag. 254, e riesce conforme alle notizie fornite da
Neocastro e Speciale e dall'Anonimo del Ribellamentu. come osserva
l'illustre De Bofarull. D'Esclot afferma che gli Angioini «tenien molt
vilment sot llurs peus» i Palermitani (cap. 81, ediz. Bcchon cit. pag.
629). Mi piace ricordare altresì la più moderna edizione del prof. Giu-
seppe Corolecj, Crònica del Bey en Pere. Barcelona, 1885, pag. 152, no-
tevole anco per 1' erudita prefazione intorno los Cronistas catalans.
Dice inoltre il Muntaner che gli ambasciatori siciliani in Alcoyll (di Afri-
ca) esposero al re Pietro: « Los pobles son tots orphens, que no han pare
ne mare ne persona quils aiut, si Deus e vos e els vostres nols accor-
rets» , le quali espressioni dimostrano le condizioni della repubblica
siciliana in agosto (cap. 54, ediz. cit. pag. 102). Nel Ribellamentu (e-
diz. Gregorio cit. t. I, pag. 269) si confonde l'ambasceria dei Siciliani
in Alcoyll con altra supposta in Catalogna anteriormente, alla quale
PREFAZIONE CLXXIII
che la congiura o cospirazione (come dir si voglia) fu di-
nastica da parte dell'Infante e poi Re Pietro III d'Aragona
con l'aiuto degli esuli e precipuamente del Procida , e dei
ghibellini d'Italia, col soccorso dell'imperatore d'Oriente
Michele Paleologo, con l'eccitamento alla rivolta del popolo
di Palermo e con la sua resistenza e persistenza a non rico-
noscere il dominio degli Angioini.
Arrivato il Re Pietro coi suoi fidi personaggi in Sicilia,
si scoprono dai suoi atti i maneggi anteriori e le nuove pra-
tiche di cospirazione (certamente meditate dal segretario
Procida) per conquistare gli altri domini continentali del
regno. A 20 settembre il Re Pietro scrive all'imperatore Pa-
leologo, palesando le sue intime relazioni con quel sovrano
che lo faceva ricercare .sino in Palermo (1), a 11 ottobre
scrive al Perona, abitante di Gaeta, per fare insorgere quella
città (2), a 20 dello stesso mese al Conte Guido di Monte-
feltro ed a Corrado d'Antiochia, famosi ghibellini, per esor-
tarli alla nuove imprese (3), al 21 a città e terre di Calabria
e Basilicata ed a quei di Taranto (4), a 15 gennaio 1283 ai
ghibellini, al noto Francesco Troisio , al Doge di Venezia,
ed agli abitanti di Aquila, la città presso i confini del regno,
nella quale se ne stavano gli esuli e cospiratori: « ad fìdeli-
ambasceria si asserisce aver preso pure parte il Procida. Ciò prova co-
me circostanze e date venissero alterate, restando però evidenti i con-
sigli e gli aiuti del Procida in ogni risoluzione più rilevante e che've-
nivano comunicati ai cospiratori.
(1) Saint -Priest, Hist. de la conqtiéte cit. t. IV, pag. 213, e ristampa
in Carini, De rebus, pag. 4.
(2) Vedasi il doc. in Saint- Priest , pag. 211 e Carini cit. pag. 84.
(3) Carini, De rebus, pag. 104.
(4) Cl'r. doc. in Carini cit. pag. 124.
CLXXIV PREFAZIONE
tatis geste antiquitus misterium anelantes in confìnibus re-
gni, estis conantes ipsum prò parte serenitatis nostre inva-
dere» per raggiungete nostri domimi unionem », ai quali e-
suli il Re pure scrive , perchè non indugino nella solleva-
zione (1), a 25 gennaio esorta gli abitanti dell'isola d'Ischia
a ribellarsi, promettendo loro l'aiuto di galere e vascelli dalla
Sicilia si eis egebitis (2), ed in luglio risponde al Procida sugli
affari riguardanti il Paleologo , su le restituzioni dei beni
confiscati dagli Angioini agli esuli (che già se ne torna-
vano sicuri nell'isola), sul viaggio che il Re avrebbe fatto
per recarsi da Catalogna in Napoli, se si fossero ricevute
migliori notizie su la rivolta che quivi si preparava (3).
In tutte queste pratiche si scorge l'azione del Procida,
anzi quelle lettere sono scritte da lui a nome del suo Re,
od a lui dirette, né più occorreva serbare il mistero dopo
la conquista dell'isola ; e lo scopo si sarebbe raggiunto se
la tregua del Loria con gli Angioini di Napoli nel 1287 non
avesse rovinato irreparabilmente le ulteriori vicende. Il Proci-
da avea trattato pure coi nobili di Sicilia per preparare la rivo-
luzione del marzo 1282, e trattava dopo con i popolani ed
aliis nobilibus Neapoll perchè avvenisse ancor 1' altra nella
parte continentale del regno.
Dall'esame critico delle fonti storiche da me curato su
la cospirazione del Procida si rileva evidente e continua la
sua sagace attività ; e mi sembra conveniente chiudere tali
(1) Carini cit. pag. 481 e seg. Di molti ribelli sulmonesi dal 1469 in
poi, e dei loro beni, si ha notizia in vari documenti dell'Archivio di
Stato di Napoli editi da Nunzio Federico Faraglia nell'importante Co-
dice, diplomatico sidmonese. Lanciano, 1888, pag. 74 e seg.
(4) Documento in Carini, pag. «510.
(3) Saint - Priest, cit. t. IV, pag. U2M; ristampa in Carini cit. pag. i-3i.
PREFAZIONE CLXXV
indagini col ricordare quanto dice il cronista Speciale per la
battaglia navale dei Siciliani nel golfo di Napoli nel 1284 :
« Sed neque hec [Karoli| Siculos latuere Consilia, qui au-
ctore Iohanne de Procida, per esploratores plurimos machi-
nationes hostium continuo et callide investigabant » (1). Il
cronista si compiace di rilevare in quelle parole che il Pro-
cida era maestro profondo (auctor) in quelle arti dei cospi-
ratori, né miglior elogio si può rendere al Procida, all'in-
signe segretario dei Re Manfredi e Pietro, all'emulo di Pietro
delle Vigne, al Procida che, come lui, può dire « dal segreto
lor quasi ogni uom tolsi », ed invocar parimenti da alcuno
il conforto alla sua memoria « che giace ancor del colpo
che invidia le diede » (2). Fu asserito che alcune cronache
ricordano il Procida per la cospirazione ed altre non lo
menzionano, fu ritrovato nel silenzio o nel partito di vari
cronisti , italiani e stranieri , o nella derivazione delle no-
(1) Spkgiale, lib. I, cap. 27 (ediz. Gregorio cit. t. 1, pag. 325).
(% Dante, Inferno, e. XIII, v. 61 e 77. E dato ritrovare insieme u-
niti dopo il 1282 alcuni tra i più celebri cospiratori ed amici del Pro-
cida, e basta leggere il documento del Re Giacomo del 12 febraio 1286,
nel quale apponevano la loro Urina autografa Manfredi Maletta il conte
Camerario e Federico Lancia e Aldoino tìglio di Enrico conte di Ven-
timiglia e Giovanni di Caltagirone e Ruggiero Mastrangelo e Palmieri
Abbate ed il cronista Neocastro, in quel documento col segno di croce
del Re e col sigillo apposto dal Procida. Cfr. in questo volume
pag. 297. Altro Lancia, ossia Manfredi, della nota famiglia dei cospi-
ratori, era nell'estate del 1295 a Roma col Procida presso il Papa. Cfr.
Anonimo, cap. 53 (ed. Gregorio, t. Il, pag. 164). Conviene ancora ag-
giungere che Spegialk, lib. I, e. 25 (ed. cit. t. I, pag. 321) ricorda che
Procida e Loria «tamquam duo coeli luminaria, inter Siculos praeful-
gebant», e che l'Abbate era «in agendis magnani mus et in fide conspp-
cuus. quamvis exigui corporis».
CLXXVI PREFAZIONE
tizie da essi esposte un motivo che non può riconoscersi,
poiché ognuno scriveva quel che sapeva, né voleva detrarre
od esagerare o nascondere l'azione del Procida , nota do-
vunque al suo tempo e nei secoli posteriori (1). Si deve al-
tresì considerare che il Procida, segretario del Re Pietro,
seguiva e favoriva il proposito anteriore del suo sovrano
di conquistare il regno di Sicilia. Le cronache sono concordi
neli'affermare tale solerte preparazione che, voluta dal Re
Pietro, è secondata nella sua Corte e specialmente dal Pro-
cida, che vari cronisti menzionano. Le Gesta Comitum Bar-
cinonensium a ragione notano che dopo gli eccidi di Man-
fredi e Corradino « quibus auditis , dominus Rex Petrus ,
cura existeret adhuc Infans (2) concepit illieo et bibit in pue-
ritia quod postea contra Karolum ructuavit » , e Giovanni
Iperio scrive ancor egli : « Mortuo Gonradino filio Gonradi
fìlii Frederici, Petrus Aragonia. . . . totis viribus anhelabat
ad regnum Siciliae sibi acquirendum .... nunc commotiones,
nunc seditiones excitans , nunc amicos sibi secrete conci-
Hans » (3).
Rimane il far cenno di una colpa di tradimento che si
è voluto rinvenire, e più inescusabile nel Procida di quel che
non fosse per il Loria,' quando dopo la rinunzia del regno
dell' isola di Sicilia in favore della Chiesa Romana , ossia
degli Angioini , fatta dal Re Giacomo nel 1295 , da quel
(1) Di tali interpretazioni contrarie al Procida manifestate dall' A-
mari sin dal 1842 farò cenno più innanzi, essendo state cagione di nuovi
lavori ed opposti pareri.
(2) La parola Infanti è qui evidentemente adoperata nel senso di pri-
mogenito, principe ed erede, cioè non ancora Re.
(3) Gfr. le suddette Cronache nelle edizioni da me sopra ricordate.
PREFAZIONE CLXXVII
Giacomo che ancora teneva illecitamente la Sicilia dopo
la sua successione in Aragona nel 1291 (1) , il Procida andò
via per sempre dall' isola ed il Loria divenne Ammiraglio
di quel Re in Catalogna. È noto il testo del trattato di Jun-
queras, il quale fu approvato a 1° ottobre del 1294 dal papa
Celestino V, che Dante pose nella « setta dei cattivi a Dio
spiacenti ed ai nimici sui » (2). In seguito a quel trattato fu-
rono conchiuse alcune convenzioni segrete tra il Re Gia-
como ed il Re Carlo II di Napoli, come vien ricordato in
un documento di quest'ultimo Re del 30 settembre 1300 (3).
Il Re Giacomo sino a novembre 1295, quando egli dava gli
ordini per la sua rinunzia (4), era tuttavia il Re di Sicilia,
e poiché cedeva l'isola alla Chiesa Romana, credeva, nella
sua suprema autorità , di disporre a suo comodo dei più
grandi uomini di governo , cioè del Procida e del Loria ,
quegli già declinante in vecchiezza, e l'altro nel vigor del-
l'età. Nelle convenzioni segrete si era stabilito che al Pro-
(1) In tale anno il Re Carlo II di Angiò scriveva da Aix al conte
di Artois per liberare dalla lunga e dura prigionia Enrico di Castiglia,
il celebre ribelle e fautore di rivolte in Sicilia contro Carlo I di Angiò
(Minieri Riccio, Genealogia di Carlo I oV Angiò. Napoli, 1857, pag. 100
e seg. e 180; Del Giudice, Cod. diplom. cit. voi. II, parte I, pag. 292).
Tale fatto rilevante era la conseguenza di accordi col Re Alfonso III di
Aragona con l'ingiusto trattato di Brignolles del febbraio 1291. L'altro
diJanqueras del 1294, meditato da Giacomo, fu ancor più rovinoso per
la Sicilia.
(2) Dante, Inferno, e. Ili, v. 02 e 03. Speciale lo chiama vir simplex
et timens Deum (lib. II, cap. 20, ed. Gregorio cit. t. I, pag. 348).
(3; Edito da Buscemi, La vita di Procida cit. docum. pag. XX.
(4) Starrabba, Documenti riguardanti V abdicazione di Giacomo II ecc.
(in Arch. Stor. Sic. voi. VII, 1883, pag. 275 e seg.).
G. La Mantia, Cod, dipi. arag. I
CLXXVIII PREFAZIONE
cida fossero da Carlo II restituiti i suoi beni feudali e spe-
cialmente l' isola e castello di Procida ; riè il segretario di
Pietro I curò di ottenerli sin quando morì (1), pur avendo
conseguito da Carlo II a 3 novembre perdono e diritto a
riaverli, nec cum hostibus nostris ulterius conversetur (2).
I Siciliani avevano avuto notizia nei primi mesi del 1295
(come narra il cronista Speciale) che il Re Giacomo inten-
desse cedere la Sicilia a Carlo IL La notizia parve a tutti
non vera; e Raimondo de Alamagna, il Procida, Matteo di
Termini, Manfredi Ghiaramonte ed altri nobili, specialmente
catalani, « metuentes hanc fama-m callide fuisse compositam,
et sub eo velamine Fridericum contro fratrem ad nomavi re-
gium aspirasse » contro la fede dovuta al legittimo sovrano
(1) Cfr. il doc. già citato e riferito dal Busgemi.
(2) Minibri - Riccio, Saggio di Codice diplomatico. Supplemento, par-
te I. Napoli, 1882, pag. 99 e seg. La restituzione dei beni fu poi fatta
al figlio secondogenito Tommaso, perchè Francesco primogenito e de-
voto al padre, ricusò quella successione feudale, come si ricava dal
documento pubblicato da Buscemi ; e se il Tommaso credette in quel
modo trovare miglior fortuna, di ciò non può incolparsi il padre, e pe-
raltro diceva Dante a ragione che «raramente discende per li rami l'u-
mana probitate». Giovanni da Procida chiese ed ottenne soltanto in
marzo ed aprile 1294 da Carlo li di Napoli la modesta facoltà di com-
prare alcuni beni in Procida, e di dar sepoltura nel monastero di San
Spirito di Salerno al cadavere della seconda moglie Landolflna. Minieri,
ibidem, pag. 76 e seg. Del Giudice, God. diplom. cit. voi. Il, parte I,
pag. 73, nota 4. Le parole del Re Carlo II per il Procida : « nobis tantum
interdum studuit esse gratiflcus » non significano altro che in quel tempo
il Procida era stato presso la corte di Giacomo e di lui, per ordine del
suo sovrano di Aragona e Sicilia, per la tregua da stabilirsi, e che era del
tutto sconosciuta per le sue condizioni in rapporto alla Sicilia. Finke.
Ada aragonensia cit. v. I , pag. 13 e seg. Surita , Anales cit. lib. V ,
cap. 8.
PREFAZIONE CLXXIX
Giacomo, si ritrassero nei castelli. Si recò nell'ottobre un'am-
basceria da Giacomo in Catalogna per conoscere le inten-
zioni di quel Re , e poi che furon noti i sinistri propositi,
il Loria, Vinciguerra Palizzi ed altri si riunirono nell'antico
castello di Galtanissetta, ove erano pure l'Alamagna , ed il
Procida. Il Palizzi tenne un discorso così eloquente che
l'Alamagna e gli aderenti desistettero dai loro timori, e
con essi il Procida , il quale poteva ben ricordare simile e-
sempio nell'inizio del regno di Manfredi. Aggiunge lo Spe-
ciale : « Sic igitur actum est ut ex ilio cuncti, qui ad castra
confugerant [e vi era il Procida], propter fìdem qua Regi Ia-
cob[o] tenebantur, ne ad Gallos concederent, ad Fridericum
conversi sunt » (1).
E vero che lo stesso cronista dice poi che 1' allontana-
mento del Procida e del Loria « recessus propter iam sum-
ptam de illis suspectionem Friderico Regi non erat ingra-
tus » (2); ma tale sospetto non era affatto quello del tradi-
mento, ma di un semplice dissidio di opinioni (come il con-
temporaneo Speciale lo chiama) , anzi ed il Procida ed il
Loria, richiesti dalla regina Costanza di seguirla, lasciavano
l'isola soltanto quando già Federico si era coronato Re, e
la volontà ferma dei Siciliani si era pertanto dichiarata per
l'indipendenza dagli Angioini di Napoli (3). Non può affatto
perciò ritenersi (come crede l'Amari) traditore il Procida, che
poi si ritrasse (e fu per poco tempo) a vita privata; ma tradi-
(1) Speciale, lib. II, cap. 22 e 23 (ed. Gregorio cit. t. I, pag. 349-351).
(2) Cf'r. lib. Ili, cap. 20 di Speciale cit. pag. 379.
(3) Il cronista Muntaner narra che il principale fautore della coro-
nazione di Federico fu il Procida con gli altri : « E micer Ioan de
Proxida e los altres de son consell » ecc. (ediz. De Bofarull cit.
cap. 185, pag. 350).
CLXXX PREFAZIONE
mento deve scorgersi (riè l'epoca lo vietava altrove) invece
nel Loria, che, pur avendo aderito insieme al Procida alla
coronazione di Federico II , accettava quindi la carica di
Ammiraglio del Re Giacomo , del tutto nemico ormai dei
Siciliani (1). Costoro avevano nel 1293, nell'ambasceria
mandata al Re Giacomo in Catalogna, manifestato al me-
desimo che se avesse dato la Sicilia agli Angioini, gli abi-
tanti dell' isola avrebbero chiamato per loro Re « F[rideri-
cum] de Alamannia de sobole Cesaris , quem ahi tercium
predicant regnaturum», quello stesso che il Procida aveva
invocato in Germania nel 1269 , ed il cui nome egli certa-
mente faceva ricordare ora al Re Giacomo (2).
Altra prova che la memoria del Procida rimase bene ac-
(1) L'Anonimo, cap. 56, (ediz. Gregorio cit. t. II, pag. 172) dice an-
cora : « Rogerius de Lauria contulit se ad dictum Begem Garolum, et ef-
fectus est ipsius Caroli fidelis et admiratus » . Soggiunge (cap. 58) che
il Loria fu sostituito in Sicilia con Corrado Doria , della città di Ge-
nova, che tanti aiuti aveva dato al Re Pietro ed alla rivolta della Si-
cilia.
(2) Neocastro, cap. CXXIV (ediz. Gregorio cit. t. I, pag. 238). Fe-
derico di Turingia o di Misnia morì nel 1325, come nota De Cherrier
cit. voi. Ili, pag. 262 e seg. Non era neppure traditore l'amico del Pro-
cida, cioè .Manfredi Maletta (la figliuola del quale aveva sposato Gio-
vanni Loria, nipote di Ruggiero) quando nel 1299 si arrendeva con la
terra di Paterno nell'incursione dell'angioino duca Roberto. Speciale,
lib. V, cap. 2 (ediz. Gregorio, 1. 1, pag. 409) fa grandi elogi del Maletta,
ed attribuisce la resa soltanto aut degeneri pusillanimitate aut senio del
Maletta, perchè gli Angioini avean deliberato di privare la Sicilia dei
più fervidi patrioti. Al Maletta resero infatti convenienti onori; né dai
documenti ricordati da Amari (Un periodo cit. pag. 240) appare che fos-
se povero , sebben decaduto dall'alto suo rango. Un esteso sunto dei
patti della resa di Paterno fornisce Minieri Riccio. Genealogia di Carlo II
d'Angiò Redi Napoli (nell'^lrcife. Stor.Nap. an.VII, 1882, pag. 205 e seg.).
PREFAZIONE CLXXXI
cetta nell'isola e presso la Corte è il vedere che vari di tal
nome ottennero cariche importanti e grado di militi nel se-
colo XIV, ed un Adenolfo da Procida, che era nel 1357 go-
vernatore in Sardegna per V Aragona , conseguiva dal Re
Federico TU di Sicilia, per il valore dimostrato combattendo
per mare contro i nemici presso Aci, la nomina a capitano
a vita con giurisdizione nell'isola di Lipari, appena fosse tor-
nata alla fedeltà regia (1). Un altro Giovanni da Procida ,
venuto dall'Aragona e della famiglia del grande cospiratore,
tenne in Palermo per nove anni, dal 1400 al 1408 , la più
alta dignità ecclesiastica, insignito della mitra arcivescovile,
ed officiante nel duomo presso l'urna di porfido del celebre
svevo Federico II, nella quale era pure composta la salma del
secondo Pietro aragonese. Il Re Martino nel dare notizia di
tale nomina, voluta da suo padre Re nell'Aragona, diceva
che costui aveva fatto quella scelta considerando « nec mi-
nus grandia et notabilia servitia per antiquos nobiles viros
de Procyta domili nostre Aragonum a multis temporibus
viriliter et fideliter prestila » (2). Le parole « a multis tem-
poribus » denotano Giovanni da Procida segretario del Re
Pietro I; ed il gradimento dell'Aragona era comune alla Sicilia
nel serbare alla memoria dell'antico cospiratore riconoscenza
(1) Protonotaro del Regno, reg. % fot. 379 (Arch. di Stato di Paler-
mo). Silvestri, I Capibrevi di G. L. Barberi cit. voi. I, pag. 25. Cosen-
tino, Codice diplomatico di Federico III cit. pag. 403. dà un breva simto
del documento. L'egregio marchese Antonino Mango nel suo pregevole
Nobiliario di Sicilia. Palermo, 1915, voi. II, pag. 88, voce Procida, ri-
corda pure la concessione ad Olfo od Adinolfo.
(2) Regia Cancelleria, reg. 17 , fol. 84 (Archivio di Stato di Paler-
mo). Una parte di tal documento fu edita da Pjrri, Sicilia Sacra cit.
t. I, col. 168.
CLXXXU PREFAZIONE
e rispetto. La parola regia, ossia di chi ne era consapevole
nelle tradizioni più gloriose e più liete , smentisce quindi
recisamente ogni sinistra e deprimente opinione che sul Pro-
cida possa manifestarsi.
Se poi si vuole ancora un'altra affermazione più esplicita
e vicina, la fornisce il figlio del Re Federico II, cioè l' Infante
Giovanni, Duca di Atene e Neopatria, il quale nel 1343 con-
cedeva alcuni feudi al milite Corrado da Procida « conside-
racene presertim serviciorum per eum et suos nostris divis
parentibus, recolende memorie , prestitorum , nobis etiam a
nostra infantia usque ad hec felicia tempora ». Il figliuolo
del Re Federico II aragonese ben poteva conoscere quali
fossero i meriti dei Procida e specialmente del loro proge-
nitore (1).
2. Per la formazione del Codice diplomatico mi è stato
utile consultare alquante particolari pubblicazioni su varie
epoche del dominio aragonese del 1282 al 1355.
Si ha per il più antico tempo della rivoluzione del 1282,
il lavoro di Filadelfo Mugnos Raguagli historici del Vespro
Siciliano, edito nel 1645, e nuovamente nel 1669, nel quale
(come egli dice) voleva « mostrar l'obligo tiene la nostra Si-
cilia alla gloriosa Corona d'Aragona», ma espone spesso
notizie erronee o fantastiche, con documenti falsi, sino alla
pace del 1302 ed oltre ancora (2). Ne scrisse nel 1678 il na-
(1) Silvestri, I Capibrevi di G. L. Barberi cit. voi. II, pag. 235. Il
registro dell'anno 1421 della R. Cancelleria, nel quale era trascritto quel
privilegio, ora più non esiste, perchè fu distrutto negli incendi che subì
il Grande Archivio di Palermo durante la rivoluzione del 1848.
(2) Mugnos , Raguagli historici del Vespro Siciliano. Palermo , 1645.
Cita un Vespero del Sardo, ma non si conosce che costui abbia scritto
su tale argomento, e sembra piuttosto, da quanto ricorda a pag. 10 della
PREFAZIONE CLXXX1I1
politane Scipione Tommaso Grispo, pervenendo nella breve
e disadorna narrazione sino al 1288 (1). Pietro de Marca
nel 1680 nella sua opera Marca hispanica aggiungeva in
fine vari documenti sul duello tra Pietro I e Carlo d'Angiò,
col titolo Ada de pugna Burdegalensi indicta Inter Petrum
Aragoniae et Carolum Siciliae Regem (2).
L'abate Francesco Paolo Filocamo pubblicò nel 1816 in
Palermo una Storia compendiata del Vespro Siciliano, poco
nota e niente originale , ma che offre un chiaro prospetto
delle vicende della Sicilia dal 1282 al 1302, epoca della pace
o piuttosto tregua (3).
Dalle storiche memorie era lecito trascorrere, dopo la ri-
voluzione francese del 1789, al dramma ed al romanzo. Il
Voltaire sin dal 1737 ed il Gibbon nel 1788 avevano cele-
brato il Procida, pur ripetendo l'antico dubbio se la rivolta
fosse avvenuta per caso od a disegno, sebbene il Gibbon
inclini all'azione del Procida, con tali parole : « The revolt
was inspiredby the presence or the soni of Procida» (4). Il fran-
prima edizione, che si riferisca ad un'opera del Sardo su le « historie
dai Normanni d'Italia lino al Re siculo ed aragonese Atfonzo », la quale
dice stampata nel 1522 in Venezia.
(1) Crispo, Compendio historico dell' origine e successi dell' antico e
memorabile Vespro Siciliano. Napoli , 1G78. Ricorda lo stampatore che
il Crispo compose quel lavoro dopo la rivoluzione di Messina nel 1675,
col proposito «che li popoli dell'una e dell'altra Sicilia stassino
ben ricordati de naturali portamenti e finte promesse della natione fran-
cese ».
(2) Tale raccolta fu riprodotta dal Burmanno nel Thesaurus antiqu.
et hist. Siciliae. Lugduni Batav. 1723, voi. V, col. 61-89. Nel 1882 for-
mò il Carini una simile Appendice in fine al De rebus, la quale però
non offre alcuna pratica utilità.
(3) Fu ristampata in Palermo nel 1821.
(4) Voltaire, Essai sur les moeurs et l'esprit des nations. Paris, édit.
CLXXX1V PREFAZIONE
cese Casimiro Delavigne nel 1819 studiava le gesta dell'uomo
straordinario e componeva, il primo, la tragedia Les Vépres Si-
ciliennes, nella quale leggonsi nobili versi per la Sicilia e Pa-
lermo, e per il Procida, che ispira la rivolta (1).
Nel 1827 il celebre Francesco Domenico Guerrazzi dava
in luce il romanzo La battaglia di Benevento. Egli ricordava
in fine la cospirazione del Procida , il fido segretario del
Re Manfredi (2), e soggiungeva altresì: « Maravigliosa storia
che , dove di alcuno sguardo benigno mi fosse cortese la
fortuna, non ischiverei fatica per aggiungere a questa» (3);
ma nulla compose appresso su tale argomento (4). L'insigne
Touquet, (s. d.) 1. 1, pag. 38ù2 e seg. — Gibbon, The history ofthe decline and
fall of the Roman Empire. London, 1821. voi. VII, pag. 457 e seg. Per
l'erronea interpretazione del Gibbon sul nullo communicato Consilio
del cronista, cfr. qui sopra pag. CXI, nota 1.
(1) Delavigne, Oeuvres complètes. Bruxelles, 1838, pag. 135-165.
(2) Il Procida appare segretario di quel Re anco in agosto 1265. Cfr.
Capasso, Hist. dipi. cit. pag. 292, num. 486.
(3) Guerrazzi, La battaglia di Benevento. Storia del secolo XIII. Li-
vorno, 1840, voi. II, pag. 812. Poco appresso, nel 1830, il barone De la
Mothe Langon pubblicava in Parigi Le Vèpre Sicilien, roman histori-
que. che venne nel 1831 tradotto in Palermo dall' abate A. Cammuca.
Nel 1843 in Livorno il Fiori componeva un altro romanzo, ed il napoli-
tano De Virgiliis uello stesso anno, e di recente (1915) l'egregio profes-
sore Luigi Natoli, con lo pseudonimo di William Galt, ne ha pubbli-
cato altro col titolo : Il Vespro Siciliano. Grande romanzo storico ri-
veduto, corretto, rifatto, ampliato, aggiunto. Palermo, 1915, di pag. 1119,
con illustrazioni.
(4) B. E. Maineri nella biografìa del Guerrazzi, inserita nell' opera
di Leone Carpi, Il risorgimento italiano. Biografie storico-politiche di
illustri Italiani contemporanei. Milano, 1886, voi. II, p. 245, notava che
nell'abbiezione , nella quale trovavasi allora l'Italia , il Guerrazzi sce-
glieva « la lotta per formare la patria e per redimere la libertà, con la
potentissima delle armi, la penna ».
PREFAZIONE CLXXXV
poeta Giambattista Niccolini nel 1831 pubblicava la tragedia
stupenda Giovanni da Procida, giovandosi delle autorità del
Villani, del Boccaccio e del Petrarca (1). Promettea di scri-
vere un'opera storica sul Procida, la quale non era che la
raccolta di notizie storiche che servirono per base ai suoi
versi potenti, e fu pubblicata indi dal Gargiolli (2).
(1) Tra le migliori edizioni è quella di Firenze del 1858 col ritratto
del Procida, ricavato dal musaico della cappella di famiglia in Salerno,
e che io ho visto nel 1900. Strafforello, La Patria. Geografia dell" Ita-
lia. Torino, 1898, voi. Salerno, pag. 309, descrive bene la figura del Pro-
cida nel musaico restaurato per munificenza del Papa Pio IX. De Renzi,
Il secolo XIII e Giovanni da Procida cit. offriva altro ritratto più pre-
ciso ed affermava nel 1860 che « ab antico si è sempre detto che questa
figura rappresenta Giovanni da Procida» (p. 222). Antonio Mazza infatti
nella Urbis Salernitanae historia et antiquitates edita nel 1681 in Na-
poli (e riprodotta dal Burmanno, Thesaurus antiqu. et histor. ltaliae,
t. IX, parte 4a) dice a col. 22 la Cappella esser familiae de Procida;
ed è noto dovunque che nei musaici od affreschi di dedicazione di chiese
o cappelle la persona genuflessa, o che offre, rappresenta il fondatore.
Di una piccola statua del Procida in Palermo fa menzione Gregorio,
Bìbl. script, arag. cit. I, pag. 250; ma essa era piuttosto di David pro-
pheta. come rilevavano Lo Faso, duca di Serradifalco (Ms. Qq. H. 148,
Bibl. Comunale di Palermo), il principe G. Lanza di Trabia (Gargiolli,
cit. p. 252-255), ed Agostino Gallo (ivi, pag. 245).
• (2) Gargiolli, Vespro Siciliano. Storia inedita di G. B. Niccolini.
Milano, 1882. Alquanti imitatori ebbe il Niccolini , perchè Costan-
tini, Galatti, Navarro e Ricciardi scrissero, dal 1833 al 1869, altre tra-
gedie sul Procida o Sul Vespro , le quali è qui estraneo l'annoverare,
come anche la nota opera musicale Vespri Siciliani del Verdi (1855)
e varie tele ed affreschi di insigni pittori su la scena del Vespro, cioè
del Riccardi in Roma, dell'Eruli in Palermo e del Barabbino in Genova.
Per altre notizie sul Niccolini e la tragedia del Procida cfr. Atto Van-
nucci, Ricordi della vita e delle opere di G. B. Niccolini. Firenze 1866,
voi.1 2. Utili notizie intorno le tragedie sul Vespro offre l'egregio prof.
CLXXXVI PREFAZIONE
Tanta immaginazione romantica e poetica sul Vespro e
sul Procida era così destinata a scuotere il torpore d'Italia
serva e divisa (1). Si die luogo poi agli studi storici, dei quali
esclusivamente debbo io qui tener ragione. Il sacerdote Nicolò
Buscemi dava in luce nel 1836 V erudito Saggio storico su
Andrea Maurici, L' indipendenza siciliana e la poesia patriottica dell'i-
sola dal 1820 al 1848. Palermo, 1898, pag. 86-93. Notevole é ancora la
memoria del Salomone-Marino, La storia nei canti popolari siciliani,
capo II, Il Vespro (nell' Arch. Stor. Sic. ant. Serie, voi. II, 1874, pag.
44-63).
(1) Erano i tempi delle cospirazioni in Italia. 11 generale Garibaldi
nel suo librò Clelia. Il governo del monaco (Roma nel secolo XIX). Ro-
manzo storico politico. 2a ed. Milano, 1870, p. 10 scriveva queste solenni
parole : « Privilegio dello schiavo è la congiura, e pochi sono gli Italiani
di tutte le epoche del servaggio del loro paese i quali non abbiano con-
giurato », ed altrove (pag. 4°25) : « I popoli ben governati e contenti non
insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni sono la risorsa degli oppressi
e degli schiavi , e chi le fa nascere sono i tiranni ». Riesce evidente
come tali giudizf bene corrispondano alle origini della rivoluzione del
1282 contro gli Angioini. Gargiolli, Vespro Siciliano. Storia inedita di
G. B. Nicgolini. Milano, 1882, pag. LXXII dice : « Rammento con me-
sta ed aiì'ettuosissima commozione d'aver sentito fauciullo sulle ginoc-
chia di Giuseppe La Masa declamare da lui in un'eletta conversazione
[in Firenze] molti fra i versi più splendidi e ardenti del Giovanni da
Procida. E il La Masa andò davvero poco dopo ad effettuarli, ad in-
carnare il dramma nell'insurrezione dell'isola». Il Gargiolli era nato
nel 1834. Mi è grato rievocare tali memorie del La Masa anco per i ri-
cordi del mio zio materno, il fervente patriota Giuseppe Salemi-Oddo,
(1825 f 1913), che fu amico del La Masa e Segretario del Comitato ri-
voluzionario di Termini-Imerese prima del 27 maggio 1860, e poi suc-
cesse all'Ugdulena ed al La Masa come Deputato al Parlamento nazio-
nale, per cinque legislature dal 1872 al 1895 . Cfr. Telesforo Sarti, I
Rappresentanti del Piemonte e d'Italia nelle tredici legislature del Regno.
Roma, 1880, pag. 743 e 852.
PREFAZIONE CLXXXVll
Giovanni da Procida, trattando l'argomento con buona cri-
tica e col testo di alquanti documenti, troppo fedele, forse
per amore al suo tema, alla cronaca del Ribellamentu (1).
L'illustre Michele Amari nel 1842 dava fuori la sua nar-
razione sul Vespro e le guerre che ne seguirono sino al 1302,
cioè al termine scelto dal Filocamo. L' autore ricorda che
il suo libro « nacque dalle passioni che ferveano in Sicilia
innanzi il 1848», ed altresì che «l'argomento mei dettava
quella nobile tragedia del Niccolini , leggendo la quale mi
sentiva correre un raccapriccio infino alle ossa» (2). Altro-
ve egli dice: «Mi frullò in capo di scrivere un romanzo sul
Vespro Siciliano. Le prose di Manzoni, D'Azeglio, Guerrazzi
facean furore dalle Alpi al Lilibeo, risvegliavano i sentimenti
della patria e della libertà; onde a me parve che uno scritto
simile di argomento siciliano avrebbe potuto gittare un
altro tizzone nell'Isola del fuoco. Mi provai e mi accorsi su-
bito che la natura non mi aveva destinato alle opere d'im-
maginazione » (3). L'opera dell'Amari si distingue per 1' e-
rudizione e la eleganza vigorosa del dettato (sebbene di fre-
quente le vive narrazioni non riescano molto opportune in
un lavoro di particolare indole storica), ed è in fine corre-
data di alquanti documenti, desunti specialmente dal Grande
(1) Busgemi , La vita di Giovanni da Procida . privata e pubblica.
Saggio storico. Palermo, 1836. Amari, Un periodo cit. pag. 1 nella pri-
ma nota (che poi tolse in tutte le altre edizioni) diceva di avere scritto
il suo lavoro prima del Buscemi; ma sembra che a costui rimanga il
merito di aver trattato il primo tale argomento, che coincide quasi con
l'intero periodo sino al 1302, essendo morto il Procida nel 1299.
(2) Gfr. ediz. Firenze, 1851, nella prefazione, pag. V e Vili.
(3) Amari, Su la origine della denominazione Vespro Siciliano, cit.
Palermo, 1882, pag. 10. Quasi contemporaueamente venivano in luce i
romanzi del Fiori e del Db Virgiliis cit.
CLXXXVJII PREFAZIONE
Archivio di Napoli, oltre vari che son ricordati nelle note.
Su le vicende avverse che subì il lavoro dell'Amari, e su
le persecuzioni che egli ne soffrì , 1' Amari medesimo for-
nisce notizia nella prefazione all'edizione (1851) di Firenze (1).
Una nuova edizione ne fu fatta in Parigi nel 1843 col vero
titolo La Guerra del Vespro siciliano (2), alla quale segui-
rono le altre di Capolago dello stesso anno, di Firenze del
1851, di Torino e Lugano del 1852, ed ancor quelle di Fi-
renze del 1866 e 1876, ed in fine l'ultima (la nona) eseguita
in Milano nel 1886 (3).
In tali edizioni l' Amari veniva accrescendo e miglio-
rando il suo lavoro con le notizie che trovava in nuovi
studi e raccolte diplomatiche di documenti; ma l'autore si
tenne sempre fermo ai suoi giudizi contrari al Procida ed
alla cospirazione di lui, agevole ancor più quando era se-
gretario dell'Aragonese, nonostante che la tragedia del Nic-
(1) Cfr. pure D'Ancona , Carteggio di Michele Amari, raccolto e po-
stillato. Torino, 1907, voi. II, pag. 336 e seg. Una pregevole biografia
dell'Amari aveva scritto, lui vivente, nel 1888 l'avvocato F. G. Vitale,
la quale ritrovasi nella raccolta del Carpi, Il risorgimento italiano cit.
voi. IVT, pag. 459-478.
{% Al titolo sopra riferito segue : « o un periodo delle istorie sici-
liane del secolo XIII», la quale aggiunta dimostra che forse esisteva
nel primitivo lavoro, e fu prescelta dalla censura. Gukrrazzi aveva ap-
posto al suo romanzo La battaglia di Benevento pure di seguito 1' ar-
gomento Storia del secolo XIII, ed il doppio titolo usò anche il Man-
zoni nei Promessi Sposi (1829).
(3) G. Salvo-Cozzo ha dato notizia bibliografica di cotali varie edi-
zioni , nel voi. I del Centenario della nascita di M. Amari. Palermo,
1910, pag. L a LV. Neanco furono all'AMARi risparmiati i plagi, come si
scorge dai lavori di Possien e Chantrel (Parigi 1843) e di Vincenzo
Broglio (Milano, 1858).
PREFAZIONE GLXXXIX
colini l'avesse (come egli diceva) avvinto d'entusiasmo. Ri-
tiene la rivoluzione dovuta al caso ed al popolo (1), la
chiamata del Re Pietro avvenuta nel Parlamento dipendere
invece dalla congiura, i quali limiti di distinzione non è
possibile circoscrivere, né la congiura potea balzare alter-
namente od improvvisa. Non ricorderò i giudizi terribili,
anco di tradimento, dati dall'Amari contro il Procida, per-
chè basta rinvenirli nel suo lavoro assai di frequente. Bi-
sogna però notare che i pochi documenti forniti prima dal
Buscemi e poi dall'Amari non eran sufficienti a dar giudizio
pieno ed intero sul Procida e 1' origine della rivoluzione ,
sebbene le cronache fossero assai esplicite su tale argo-
mento.
Sorgeva infatti nel 1847 il Saint - Priest , il quale nella
sua storia, esplorando e fornendo il testo di vari documenti
dell'Archivio della Corona d'Aragona in Barcellona, metteva
in miglior luce le origini della rivoluzione e le fatiche del
Procida nella cospirazione a favore del suo sovrano (2). L'A-
mari avrebbe dovuto da quel tempo ricercare l'Archivio di
Barcellona , ma non se ne curò , lieto di avere aggiunto
nel 1843 alcuni documenti degli archivi reali di Parigi ; e
(1) Questa idea non è neanco originale nell'AMARi, avendola sin dal
1826 affermata il Sismondi nella Storia dei Francesi: «Il popolo, il po-
polo solo , ristucco dalla più esacranda tirannide e dai cotidiani in-
sopportabili oltraggi, proruppe egli alfine con tremendo scoppio ». Sto-
ria dei Francesi (trad.). Capolago, 1836, voi. Vili, pag. 267. Nell'altra
opera Histoire de la renaissance de la liberté en Italie, de ses progrès,
de sa décadence et de sa chute. Paris, 1832, t. I, pag. 165 e seg. Sismondi
ripeteva lo stesso giudizio , pur ammettendo la congiura.
(2) Saint-Priest, Hist. de la conquète cit. Paris, 1847. Darò fra poco
altri cenni su tale opera, seguendo l'ordine di data.
CXCII PREFAZIONE
froni e del Bofarull. Dice il Lanzani: «Per quanto sia gran-
dissima l'autorità dei ragionamenti onde l'Amari in suc-
cessive edizioni della sua storia ha risposto alle contrarie
argomentazioni, non è stata forse ancor pronunciata l'ulti-
ma parola sull'importantissimo storico problema ». L'illustre
prof. Manfroni considera : « Ormai, dopo i documenti messi
in luce dal Carini, ninno è che possa più credere alla spon-
tanea ed occasionale sollevazione dei Siciliani, tanto calo-
rosamente sostenuta dall'Amari nelle sue prime edizioni
della « Storia del Vespro», sempre meno recisamente difesa
poi; giacche per confessione stessa del re Pietro sappiamo
che fin dal gennaio del 1281 [m.c. 1282] gli erano giunte
lettere di conti e magnati del Regno, che lo invitavano alla
conquista » (1).
11 dotto storico Antonio de Bofarull così scriveva con
sana critica nel 1876 su l'opera d'Amari : « La historia sin
embargo hacia traicion al proyecto del narrador politico
moderno Y pues no convenia para la idea moderna
la verdad antigua, necessario era que està fuesse derribada,
y se diciese, comò ha dicho Amari, que la historia contem-
(1) Cfr. tal documento in questo volume, a pag. 39 e seg. e le note.
Quasi presago, il poeta e letterato Lionardo Vigo , cantando del Pro-
cida nel 1849, ricordava un gentile e giovane [1' Amari], in tal modo:
Eterna un'ara
Di luce e sangue adersero al tuo nome
I secoli ammirati, ma un gentile
Cui ferve il core dei tuoi giovani anni
Tentò scrollarla dalle basi — invano !
Procida, sacro ed infamato nome,
Franklin sicano
(Opere, Catania, 1865, pag. 467).
PREFAZIONE CXCJII
porànea de aquellos succesos era una novela (romanzo) ,
que Juan de Procida era un hombre cruel, traidor por dos
veces, y por consiguiente jamds héroe principal del levan-
tamiento de la ìsla, que el movimiento popular contra los
Franceses fué una cosa espontànea de los habitantes , sin
convenio alguno con el rey D. Pedro y dispuestos mas bien
a constituirse en républica que a sujetarse a la dominacion
estranjera. . . . El Si*. Amari que tanto se precia de haberlo
investigado [el Archivo de la Corona de Aragon], para dar
a su relato la autoridad que convenia, se descuidó de hacer
el principal viaje, de acudir al Archivo que guarda los re-
gistros de cancilleria del Libertador de Sicilia, en los que
hubiera encontrado preciosos documentos con que enriquecer
su obra. Y a pesar de està grave falta se atreve a sentar,
en tono despreciativo, que no hay en nuestro Beai Archivo
ni la milesima parte de los documentos que le convenian.
Suerte tuvo de encontrar la coleccion de Saint - Priest, re-
lativa solo a Procida, pues a no ser esto, hubiera llegado
à publicar su « Vespro » sin alegar tan siquiera uno solo
de nostros documentos historiquos » (1).
Un importante lavoro diviso in due volumi pubblicava
in Napoli negli anni 1846 e 1847 Domenico Tomacelli, duca
di Monasterace, col titolo Storia dei Beami di Napoli e Si-
(1) Antonio Bofarull y Brocà, Historia critica (civil y ecclesiastica)
de Cataluna. Barcelona , 1876 , t. Ili , pag. 346 e seg. e 411 e seg. In
Francia il Saint-Priest aveva sin dal 1847 definito il lavoro di Amari
« remarquable, mais systématique » . Vedi t. I, pag. 298. Nel 1842 il prin-
cipe Pietro Lanza di Scordia, che seguiva 1' Amari, diceva però: «Negli
archivii di Spagna saran forse tesori sulla nostra storia di quell'età, che
noi compiutamente ignoriamo». Bi teneva manchevole V Appendice. Gior-
nale LaBuota di Palermo, an. Ili, pag. 93.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. m
CXC1V PREFAZIONE
cilia dal 1250 al 1303. In esso è l'ordinata esposizione dei
più grandi avvenimenti politici, riferendosi in fine di ogni
volume le Note e memorie autentiche, desunte da cronache
e documenti ed opere diplomatiche, anche col testo di do-
cumenti inediti (1).
Riesce assai utile l'opera storica pubblicata nel 1847 dal
conte di Saint - Priest su la conquista del regno di Napoli
fatta da Carlo d'Angiò, e che ho indicato (2). Dei tempi svevi
dopo la morte di Federico II e dei posteriori sino alla con-
quista del Re Pietro I d'Aragona essa è una narrazione e-
rudita , e col testo di alquanti documenti, anco per la Si-
cilia, la prima volta ricavati dall'Archivio di Barcellona, e
che spargono tanta prova sul Procida. Ciò ridonda a merito
singolare del Saint-Priest, che ricercava le fonti autentiche
della storia per quell'epoca della conquista di Pietro I. Il
Saint Priest dice : « Des pièces nombreuses et pour la plu-
part inédites nous ont été envoyées des Archives de la cou-
ronne d'Aragon, admirable collection rangé dans un ordre
parfait , et qui , loin d'avoir été détruite par le canon du
general Espartero , comme on 1' a annoncé dans tous les
journaux, est encore intacte sous la garde de don Prospero
(1) Come prova delle prime impressioni che suscitava il lavoro di
Amari per i dubbi sul Procida, è notevole quanto dice il Tomacelli a
pag. 146 : « La storia lungi di spaziar secura alla luce del meriggio ,
move timida ed incerta fra le tenebre della notte, senza mai poter tro-
vare il vero ed il reale».
(2) Conviene riferire l'intero titolo, cioè : Histoire de la conquéte de
Naples par Charles d'Anjou, frère de Saint Louis. Paris [1847], voi. quattro.
L'autore scriveva fra gli entusiasmi politici del nuovo pontificato di
Pio IX, e diceva di lui : « Il porte dans ses mains un flambleau et non
une torche, une croix et non une glaive; e' est qu' il ne menace ni les
consciences ni les trònes». Cfr. t. I, pag. VI.
PREFAZIONE CXCV
Bofarull, également recommendable par son obligeance et
par sa connaissance profonde de l'histoire de son pays » (1).
Era questo un elogio meritato, ed un ammonimento a co-
loro che , obliando quella fonte , non si eran dati a ricer-
care sin d'allora l'archivio di Barcellona, per il quale , a
rimontare dal 1779, l'insigne Gapmany affermava che fosse
« el mas rico, precioso y sagrado deposito de instrumentos
antiguos », sebbene poco consultato (2), e nel quale Buchon
nel 1841 eseguiva indagini, manifestando un encomio simile
a quello riferito dal Saint-Priest (3), e Mas Latrie ricercava poi
nel 1872 molti documenti da lui pubblicati e riguardanti il
dominio di Aragona e Sicilia su Tunisi (4), e Filippo Viva-
net, infervorato dell'isola nativa, indagava dopo il 1899 i do-
cumenti che riferivansi alla storia della Sardegna (5).
Dal 1852 al 1860 si entra in un nuovo ciclo di studi storici
sul Procida e sul Vespro. Il dotto prof. Salvatore De Renzi,
di Avellino, e medico come il Procida, pubblicava in Napoli
negli anni 1852 a 1859 la Colledio Salernitana, ossia docu-
menti inediti e trattati di medicina appartenenti alla Scuola
(1) Cfr. t. Ili , pag. 349 e seg. in nota. Dopo tanta rivelazione del
Saint-Priest, il marchese Gino Capponi richiedeva al Bofarull « le no-
tizie, estratte dagl'Indici ragionati, dei registri e documenti spettanti a
Giovanni da Procida ed agli affari di Sicilia al tempo di Don Pietro
il Grande d'Aragona». Vedasi in questo volume a pag. 50 e seg.
(2) Gapmany, Memorias historicas sobre la marina de Barcelona. Ma-
drid, 1779, t. IV, nel Prologo.
(3) Buchon, Chroniques cit. pag. 386.
(4) Mas Latrie, Traités de paix concernant les relations avec les A-
rabes de l'Afrique settentrionale. Paris, 1872. Voi. di Supplement.
(5) Vivanet, La Sardegna negli Archivi e nelle biblioteche della Spa-
gna. Memoria postuma, edita dall'egregio archivista Silvio Lippi (nella
Miscel. di Stor. Ital., 3» Serie, t. XIII, Torino, 1909, pag. 89-116).
CXCVI PREFAZIONE
medica salernitana, in cinque volumi, con grande quantità
di documenti, spesso inediti e segnatamente dell'Archivio di
Napoli , che concernono il Procida , e ricordava come a-
vesse ricercato «ogni più piccola memoria» di lui (t). Egli
si giova pure dei documenti editi dal Saint - Priest. Nella
Storia documentata della Scuola medica di Salerno, che ve-
niva in luce in Napoli nel 1857, il De Renzi riferiva del pari
molte altre notizie e documenti sul Procida (°2). Il fioren-
tino Ermolao Rubieri dava fuori nel 1856 in Firenze il pre-
gevole lavoro intitolato Apologia di Giovanni da Procida.
Ricerche storico - critiche, nel quale con molta erudizione e
con prove di documenti e di contemporanei discolpa il Pro-
cida da quel cumulo di accuse, che l'Amari gli avea sca-
gliato contro (3).
11 De Renzi, benemerito degli studi storici sul Procida,
nel 1860 die in luce altresì in Napoli l'opera II secolo deci-
moterzo e Giovanni da Procida, nella quale è ampia raccolta
di notizie sul celebre Salernitano , come ancora di docu-
menti d'ogni genere. E degno di nota che il De Renzi ri-
corda che una parte del libro VII, nel quale si trattava
« Giovanni prima in Aragona ; e poscia prepara la rivolu-
zione siciliana», gli fu rubata, e dovette rifarla (4). Il con-
ti) De Renzi, op. cit. t. IV, pag. 603. Nel t. Ili, pag. 161 egli dice
per i documenti raccolti : « Mi penso che se prima si fossero conosciuti,
alcuni culti scrittori sarebbero andati più cauti nella interpretazione
dei fatti».
(2) Cfr. specialmente pag. 435-468.
(3) Simile intento, e con maggiori prove, ebbe dopo un trentennio
(1887) Ireneo Sanesi nella memoria Giovanni da Procida ed il Vespro
Siciliano (edita nella Rivista storica italiana, voi. VII, pag. 489-519).
(4) De Renzi cit. pag. 273 così narra : « Diedi al fattorino della ti-
PREFAZIONE CXCVI1
tributo apportato dal De Renzi per la storia del Precida e
della rivoluzione del 1282 fu pertanto notevolissimo ; ed a
ragione il mio genitore notava nel 1866 : « Non è del mio
disegno lo investigare quale sia stata la verace influenza di
Giovanni da Precida in quel movimento; dirò solo che è
utile comparare su questo argomento la storia di Amari e
l'opera di De Renzi » (1).
Tra le pubblicazioni che avvennero nell'occasione delle
feste centenarie della rivoluzione del Vespro in Palermo nel
1882, devesi ricordare in questa Prefazione (nella quale ac-
cenno i più notevoli studi storici) il volume Ricordi e do-
cumenti del Vespro Siciliano pubblicati a cura della Società
Siciliana per la Storia Patria , che è diviso in due parti ,
nella prima delle quali sono varie memorie storiche, diplo-
matiche ed archeologiche scritte da Di Giovanni, Di Marzo
Starrabba, Pitrè, Patricolo e Salinas, e nell'altra una serie
dei documenti del Re Pietro I , trascritti dal can. Carini ,
cioè quelli del primo registro 53, come altrove ho notato (2).
Altro lavoro notevole, fra quelli di genere differente dati
allora in luce (3), ha per titolo I Papi ed i Vespri siciliani.
pografìa una parte del settimo libro nella sera del 12 novembre; ma il
seguente mattino ei venne a contarmi la storia di essere stato rubato,
nel tornare a casa, del mantello e delle carte ! ». Di tali furti sono esempì
non di rado nella storia delle lettere. Cita varie volte l'elenco di docu-
menti, su Procida ed il Vespro, fornito dal De Bofarull , e che io ri-
cordo in questo volume, a pag. 50 e seg.
(1) Vito La Mantia, Storia della legislazione civile e criminale di Si-
cilia, dai tempi antichi sino ai presenti. Palermo, 1866, voi. I, pag. 108.
(2) Cfr. pag. 51 e 64 di questo volume.
(3) Se ne ha 1' elenco nella Bibliografia del VI Centenario del Ve-
spro Siciliano, edita dal libraio Luigi Pedone-Lauriel in Palermo
nel 1882.
CXCV1I1 PREFAZIONE
Con documenti inediti o rari, e fu edito in Roma. É una
monografia d'indole clericale e polemica; ma non è scevra
di buone notizie, ed utile riesce specialmente per l' Appen-
dice di sedici documenti, quasi tutti ricavati dai registri dei
Papi dell'Archivio Vaticano (1).
(1) Il Papa Leone XIII in una lettera ai Vescovi di Sicilia del 22
aprile 1882 (pag. XVIII) diceva : « Quorum providentia [PontificumJ per-
vicisset fortasse obstinationem diri principis [Caroli], nisi viam rebus
uovis cruenta multitudinis ira subito patefecisset »; però le memorie
dei tempi smentiscono tale affermazione. Nel 1882 fu iniziata in Paler-
mo la stampa del volume Ricordo del VI Centenario del Vespro Sicilia-
no celebrato in Palermo a 31 marzo 1882; e nondimeno, anco fra i ri-
sentimenti dopo il trattato del maggio 1881 tra la Francia e la Tunisia,
nocivo alle aspirazioni coloniali italiane, la stampa fu sospesa, e si è
pubblicato solamente dopo trent'anni quel volume, nel 1911, per cura
dell'egregio prof. Francesco La Colla, che era nel 1882 il solerte Se-
gretario del Comitato. Su quella commemorazione politica del 1882 ha
dato pregevoli notizie Pietro Vigo negli Annali d' Italia. Storia degli
ultimi treni' anni del secolo XIX. Milano , 1908, voi. Ili, pag. 323-328.
Paolo Matter nella sua opera Bismarck et son temps. Paris, 1905-1908,
offre un sano giudizio su quei fatti, e conviene riportarlo : « Dès le Con-
grès de Berlin [luglio 1878], les diplomates italieus avaient été avisés
de l'existence de certains accords secrets et intimes au sujet de la Tu-
nisie; le traité du Bardo surprit et indigna le peuple italien, qui consi-
derati Tunis comme une dépendance naturelle de la Sicile; les regretta-
bles incidents de Marseille déterminèrent la brouille definitive ; dès
lors commencèrent, dans les rapports des deux soeurs latines, les an-
nées troubles . les hommes d' État de Rome se tournèrent rèsolument
vers l'Allemagne pour offrir leur alliance à ceux qui la desiraient »
(t. Ili , pag. 512 e seg.). Nel gennaio 1881 il figlio del Bey di Tunisi
era venuto a Palermo per rendere omaggio al Re Umberto I. Cfr. Ca-
strogiovanni Tipaldi. I Sovrani in Sicilia nel 1881. Cronica. Palermo,
1881, pag. 178 e seg. È noto che l'Italia poco appresso (1885) affermava
il suo dominio coloniale nel Mar Rosso, la nuova via verso l'Oriente.
PREFAZIONE CXCIX
Il can. Vincenzo Di Giovanni nel 1889 dava fuori una
memoria / documenti dell'Archivio di Barcellona e il Rébel-
lamento di Sicilia contro Re Carlo nel 1282, inserita nel Pro-
pugnatore, la quale è assai importante per deduzioni, prove
e confronti tra i documenti di Barcellona e le opinioni di
Amari (1). Osserva il Di Giovanni : « Il De Renzi e l'Amari,
l'uno nel libro II secolo XIII e Giovanni da Procida (Napoli,
1860), l'altro nella Guerra del Vespro Siciliano hanno esa-
gerato il primo il grande cospiratore che si è detto aver
guardato colla ribellione contro re Carlo all'unità d'Italia,
il secondo il popolo siciliano che si è voluto far credere
aver fatto una rivoluzione « ispirata da un sentimento na-
zionale comune allora in tutta Italia ». Nota altresì savia-
mente il Di Giovanni che la pace del 1302 « non contentò
nessuno, fu piuttosto tregua che altro; si rinnovarono pre-
stamente le offensive e gli assalti e gli assedi di città e ca-
stella di Sicilia» (2).
Do fine ai ricordi dei lavori concernenti il periodo più
antico del dominio aragonese con la menzione del volume
del prof. Ottone Cartellieri , Peter von Aragon und die si-
zilianische Vesper, edito in Heidelberg nel 1904. Dopo tutto
quanto si è scritto su la rivoluzione del Vespro, sul Pro-
cida e sul Re Pietro, era ormai tempo di considerare sere-
namente quella rivoluzione, le sue origini ed i suoi effetti.
L'aver circoscritto il lavoro sur un periodo più breve e più
rispondente alle memorie dello svolgimento politico di quei
(1) Propugnatore. Bologna, t. XX. parte I (1887), pag. 305-318. Fu ri-
stampata nel volume li di Filologia e letteratura siciliana. Nuovi studi
del Di Giovanni. Palermo, 1889, pag. 234-259.
(2) Cfr. Di Giovanni, cit. pag. 256 e seg.
CC PREFAZIONE
tempi, il qual limite noti riscontrasi nell'estesa materia riu-
nita insieme dall'Amari, ha giovato al Gartellieri per offrire
un chiaro prospetto di quelle vicende, basato su le genuine
attestazioni delle fonti. Mi sembra opportuno riferir qui la
distribuzione dei capitoli, per conoscere il metodo più op-
portunamente prescelto : I. Die Verbindung des Hauses A-
ragon mit den Stauern. — II. Der Infant Peter und das Kó-
nigreich Sizilien. — III. Die auswàrtige Politik Kónig Peters
von Aragon in der Jahren 1276-1281. — IV. Die Rustungen
Kónig Peters von Aragon. — V. Das Kónigreich Sizilien un-
ter Karl von Anjou. — VI. Die sizilianische Vesper. — VII. Die
Insel Sizilien nach dem Aufstande. — Vili. Die Vereinigung
der Kronen Aragon und Sizilien. Questo lavoro dimostra
che ormai la rivoluzione del 1282 è nota in ogni sua minuta
circostanza, e metodicamente e sinteticamente desumonsi
le sue vicende, non protratte nella narrazione né alla fine
della vita del Procida, né alla pace del 1302 foriera di guer-
re interminabili (1).
(1) È giusto però notare che sembra strana la nuova affermazione
del Cartellieri (pag. 228) che la cronaca del Villani sia la fonte del
Kibellamentu, poiché egli dichiara : « Meiner Meinung nach ist Villani
die Quelle, sind die Anonymen die Entlehner ». Hartwig di ciò non
era affatto sicuro, ed ammetteva che « forse in questo luogo [Napoli o
città vicine] si troverà questo anello intermedio tra il testo del Villani
e le due lesioni della Leggenda». (Gfr. Giovanni Villani e la Leggenda
cit. pag. 46). Palma in una breve memoria , che ho detto importante
per F argomento (Vedi appresso , pag. 25) , segue del tutto il Gartel-
lieri con nuove deduzioni inaccettabili. Ricorderò altresì l'erudita me-
moria del prof. Pietro Egidi, La Communitas Siciliae del 1282. la quale
certamente con poca convenienza fu edita soltanto ne)V Annuario (1914-
1915) della B. Università di Messina (pag. XUI-LXIV). L' autore offre
PREFAZIONE CCI
Son lieto di aggiungere ancora la ontizia che presso a
compiersi la stampa di questo primo volume è avvenuta la
pubblicazione dell'esimio prof. Enrico Sicardi, il quale pro-
mette di offrire nella nuova edizione della raccolta dei Re-
rum italicarum scriptores del Muratori il testo di Due cro-
nache del Vespro in volgare siciliano del secolo XIII, cioè
il Rebellamentu e la Vinuta di lu Re Japicu di Atanasio di
Aci, ed in appendice gli altri testi della prima cronaca con
le necessarie comparazioni di altre opere del secolo XIV.
Di tale lavoro è venuto per ora (1917) soltanto in luce il
primo fascicolo con una estesa ed importante introduzione,
ed il testo del Rebellamentu col confronto dei vari codici,
ritenendo più antico, e del secolo XIV, quello del principe
San Giorgio Spinelli (1).
molte notizie su le vicende di quel primo tempo della rivoluzione; ma
sovente attribuisce soverchia preponderanza di governo a Messina fra
le discordie di queir epoca , nonostante che ciò non apparisca sicuro
dalle fonti.
(1) Cfr. Berum Ital. Script. Bologna , Zanichelli , 1915, t. XXXIV,
parte I. L'introduzione è in pag. GLXX1X, e segue il testo del Rebel-
lamentu in pag. 29. Il Sicardi ricorda (pag. XXVI) che « su questo par-
ticolare della congiura, che per noi è di singolarissima importanza per
provare il valore intrinseco, reale della nostra cronaca del Rebellamentu,
che ce la, narra per Alo e per segno, l'insigne uomo [Amari] non seppe,
a me pare , spogliarsi in tutto di preconcetti , al principale dei quali,
di carattere politico, anzi patriottico , si è già accennato». Attribuisce
il Sicardi ad un messinese la formazione della cronaca del Rebella-
mentu, che intitola perciò Lu Rebellamentu di Anonimo messinese ; ed
io posso con sicura coscienza affermare che, prima della pubblicazione
del Sicardi, aveva già ritenuto probabile quella origine, riferendo altre
prove (cfr. innanzi, pag. XCIV). Il Sicardi ammette la precedenza del
Rebellamentu alla cronaca del Villani, e ritiene vera quella del Male-
CCII PREFAZIONE
Per l'epoca del regno di Giacomo in Sicilia, anche poste-
riormente alla successione in Aragona, mantenendo pure
il dominio sull'isola, cioè dal 1286 al 1295, i lavori speciali
(oltre quanto ne scrisse Amari nel suo Vespro nei capitoli
XIII e XIV) sono scarsi ed insufficienti, e mi dispenso dal for-
nire distinta notizia di essi avendoli indicato in questo vo-
lume. Sono alcune memorie di Starrabba e di Amari, altra
da me edita nel 1909, e le posteriori pubblicazioni di Klup-
fel e Rhode Hans (1).
Il regno del grande Federico II aragonese si estende dal
1296 al 1337. Il celebre Francesco Testa espose con molta
dottrina le vicende di quel regno in un'opera particolare ,
pubblicata dopo la sua morte (2). E in fine una raccolta pre-
ziosa di cinquantadue documenti tratti dai registri della Re-
spini, come crede pur vera l'altra di Atanasio di Aci; e ciò riesce di
conforto nella consueta rinunzia ai più antichi testi della nostra lette-
ratura, la quale rinunzia è per lo più desiderata e quasi suggerita da-
gli stranieri. Sarebbe stato ancora utile il mentovare che Ser Giovanni
Fiorentino nel suo Pecorone, cominciato nel 1378, nella novella II della
Giornata 25a copiava la cronaca del Villani per i fatti concernenti il
regno di Sicilia dal nuovo dominio di Carlo d'Angiò fino alla morte
del Re Pietro I nel 1285, il quale plagio è altra chiara prova come della
notizia di quegli avvenimenti si avesse viva brama nella penisola. Cfr.
ediz. del Pecorone. Milano, 1804, voi. Il, pag. 176-261. Offre nella Intro-
duzione il Sicardi molteplici prove storiche a sostegno della verità ed
autenticità della preziosa cronaca del Bebellamentu, che afferma scritta
da un contemporaneo e che dice (p. LXXIX) « la più antica scrittura si-
nora conosciuta in prosa siciliana del secolo XIII» (Cfr. pure sopra,
pag. XCVII, nota).
(1) Cfr. appresso, pag. 268.
(2) Testa, De vita et rebus gestis Federici II Siciliae regis. Panor-
mi, 1775.
PREFAZIONE CCIIl
già Cancelleria e del Protonotaro del Regno o dalle copie
di Amico su i registri angioini di Napoli ed anco da rac-
colte a stampa. Nel 1833 il cav. Giuseppe De Cesare scrisse
un volume su Arrigo di Abbate ovvero la Sicilia dal 1296
al 1313 (1). L'autore dichiara nell'Avvertimento: «Non un
romanzo storico si è avuto in mente di comporre, bensì una
mera storia, di cui le varie parti rannoda e forse ravviva ed
adorna un protagonista ideale». Si scorge bene che la brama
del romanzo solleticava allora tutte le menti, dopo che le
restaurazioni (1815) avevano sconvolto le aspirazioni libe-
rali; nondimeno fra l'immaginazione frequente il De Cesare
si giova di ottime fonti. Notevoli sono le due memorie di
Stefano Vittorio Bozzo sul tema Uelenco dei feudatari si-
ciliani sotto Re Federico II l'Aragonese, edite negli anni 1881
e 1882 (2). Il can. Di Giovanni, sostenendo una controversia
col Bozzo, scrisse Sopra la descrizione dei Baroni e feuda-
tari siciliani circa annum D. 1296 (3).
Di molta utilità riesce per lo studio quasi dell'intero re-
gno di Federico li, per gli anni dal 1302 al 1337, cioè dopo
il periodo trattato dall'Amari, l'opera del Bozzo, che è in-
titolata Note storiche siciliane del secolo XIV. Avvenimenti
e guerre che seguirono il Vespro dalla pace di Caltabellotta
alla morte di Re Federico II l'Aragonese (1302-1337) (4). Il
(1) Fu pubblicato in Napoli, ed è diviso in sette libri.
(2) Sono inserite nel periodico II Propugnatore di Bologna, voi. XIV,
parte II, pag. 259-278, e voi. XV, parte I, pag. 86-117.
(3) Trovasi nel voi. XIV, parte II , del Propugnatore , pag. 403-412,
e fu riprodotta nel voi. Filologia e letteratura siciliana del Di Giovanni
cit. Palermo, 1889, p. 259-267.
(4) Fu una delle più importanti pubblicazioni venute fuori nel 1882,
approvata dalla R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo,
sul parere dei soci Cusa, Vito La Mantia e Carini.
CCIV PREFAZIONE
Bozzo con acume e con le prove storiche più convenienti
tratta di quell'esteso e fecondo periodo, ed aggiunge in fine
il testo di trentasei documenti, tratti dall'Archivio di Napoli
e per lo più da quello del Comune di Palermo. Il chiar.
prof. Giambattista Siragusa nel 1887 die in luce il volume
Relazioni fra il regno di Napoli e la Sicilia durante il re-
gno di Roberto, cioè dal 1309 al 1343, esponendo più minu-
tamente le vicende delle guerre di quei tempi, che erano le
sole relazioni politiche possibili con gli Angioini, e riferendo
il testo di ventisette documenti degli archivi di Palermo e di
Napoli. Nel 1911 ho pubblicato la monografia La guerra di
Sicilia contro gli Angioini negli anni 1313-1320 e la data dei
Capitoli di nuove gabelle regie per le galere e la difesa del
regno, col testo di vari documenti inediti, della quale ho
fatto già menzione (1).
Riguardo al breve dominio di Pietro II (1337 - 1342) si
ha un lavoro del noto letterato Giuseppe La Farina, Matteo
Ratizzi. Dramma storico edito a Firenze nel 1845. Isidoro
La Lumia trattò storicamente nel 1859 quel tema stesso di
fazioni e lotte nella pubblicazione Matteo Ratizzi. Frammento
di studi storici sul secolo XIV in Sicilia (2). Michele Giuf-
frè-Birelli scriveva nel 1858 La battaglia di Lipari o Gamiola
Turingo. Romanzo storico siciliano concernente V epoca dal
1335 al 1348 sotto il governo di Pietro II d'Aragona (3). Bozzo
nel 1878 dava in luce la memoria Un diploma del Re Pie-
tro II relativo all'assedio di Termini nel 1338 (4).
fi) Cfr. pag. LXVIII e seg.
(2) Inserito dapprima quel lavoro nel giornale La Favilla, fu poi e-
dito separatamente.
(3) Il volumetto edito in Palermo offre anche il ritratto dell'autore.
(4) Si trova nelVArch. Stor. Sicil. voi. Ili, an. 1878, pag. 331 e seg.
PREFAZIONE CCV
Devono notarsi finalmente per l'epoca di Ludovico (1342-
1355) la memoria del barone Starrabba Documenti relativi a
un episodio tra le fazioni latina e catalana ai tempi del Re
Lodovico d'Aragona edita nel 1884 (1), e l'altra recente del
prof. Vincenzo Epifanio, che ha per titolo Sulla guerra di
Sicilia al tempo di Giovanna I , secondo i registri angioini
dell'Archivio di Stato di Napoli (2). Tali sono le pubblica-
zioni storiche, che qui conveniva specialmente ricordare.
3. Le molteplici collezioni diplomatiche italiane e stra-
niere riuscirono di giovamento a questo mio lavoro. Accen-
nerò soltanto le più importanti.
Oderico Rainaldi di Treviso (1595-1671) pubblicava la
vasta raccolta storica e diplomatica Annales ecclesiastici ab
anno 1198 ubi desinit Cardinalis Baronius, della quale fu-
rono fatte varie edizioni. Essa è fonte precipua per quanto
concerne i rapporti della Chiesa Romana con l' isola nelle
vicende dell'epoca aragonese sino al 1355, riportando il Rai-
naldi grande quantità di documenti, tratti per intero od in
parte dall' Archivio Vaticano (3). Tale Archivio è stato da
antico tempo l'inesauribile miniera di ricerche per la storia
di ogni nazione, ed il Martène ed il Durand nella loro col-
lezione nel 1717 offrivano il testo di molte lettere dei vari
Papi. Nei tempi moderni VÉcole frangaise de Rome ha dato
in luce alquanti volumi di regesti dei Papi dalla fine del se-
colo XIII e per il secolo XIV; però è da rilevare che per lo
(1) Cfr. Arch. Stor. Sicil. voi. IX, an. 1884, pag. 157 e seg.
(2) È inserita pure neìVArch. Stor. Sicil. voi. XXXIX, an. 1914, pagi-
na 136 e seg.
(3) È notevole l'edizione di Lucca del 1747-56.
CCVI PREFAZIONE
più tali collezioni non riguardano che gli avvenimenti, che
riferisconsi principalmente alla Francia (1).
La collezione intitolata Syllabus Membranarum ad re-
giae Siclae Archivum pertinentium (1834), la Historia diplo-
matica regni Siciliae dal 1250 al 1266 del Capasso (1874) ,
gli svariati lavori diplomatici del Minieri Riccio sul regno
di Carlo d'Angiò e suoi successori, ed il Codice, diplomatico
del regno di Carlo I d'Angiò di Del Giudice riescono ancor
essi utili per tale epoca.
Di maggior profitto sono altresì le note raccolte diplo-
matiche siciliane, antiche e moderne; e tra esse ricordo sol-
tanto l'opera del Pirri Sicilia Sacra, nella quale è la men-
zione od il testo di molti documenti, e le collezioni di De
Vio, Testa nella ristampa diffinitiva dei Capitula Regni Sici-
liae, Mongitore, Garofalo, Mortillar"o, Orlando, Silvestri, Pol-
laci, Starrabba, Cosentino, Lagumina, Travali, Garufi, Giam-
bruno ed altri per documenti tratti da archivi regi e tabu-
lari di chiese, monasteri e comuni, od anche da particolari
raccolte, come è la pubblicazione dell'Orlando ed alcuna del
Silvestri (2).
Di una collezione storica e diplomatica siciliana debbo
far qui singolare e precisa menzione, cioè della Bibliotheca
scriptorum, qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio
(1) Su tali collezioni, delle quali alcuna è stata eseguita per ordine
del Papa Leone XIII, cfr. quanto dice Carini, Le lettere e i regesti dei
Papi in ordine al loro primato. Roma, 1885, pag. 112 e seg. ed altresì
Brom, Guide aux Archives du Vatican. Rome, 1910, pag. 20 e seg.
(2) Orlando , Un Codice di leggi e diplomi siciliani del medio evo.
Palermo , 1857. Silvestri , I Capibrevi di €r. L. Barberi. Tralascio di
indicare più precisamente le altre raccolte, che sono ben note ai cultori
di tali studi, e sono ricordate nel volume al proprio luogo.
PREFAZIONE CCVII
retulere pubblicata in due volumi in folio in Palermo nel
1791 dall'insigne Rosario Gregorio. Nella dedica al Viceré
Francesco D'Aquino, principe di Garamanico, il Gregorio
dice : « Verum ubi maximo tuo beneficio demandatimi mini
ab clementissimo Rege fuit, ut quanta possem industria jus
publicum siculum expenderem atque illustrarem, ita colle-
ctio et editio monumentai um omnium ad res Aragonenses
pertinentium necessaria tibi visa fuit , ut praecipuum hoc
juris siculi caput involutum perturbatumque usque fore recte
judicaveris, si ea adbuc tenebris obruta delitescerent » (1).
Bisogna però notare che tale collezione se è preziosa
per il testo delle cronache, edite ed inedite, del tempo del
dominio aragonese in Sicilia sino al 1361 o poco oltre, non
offre per la parte riguardante i documenti che un saggio di
raccolta, ricavato da archivi pubblici e privati, e senza al-
cun ordine di data per tutto il periodo aragonese sino al
1409 (°2). Il saggio è designato con questo argomento : Di-
(1) Cfr. pag. u2 della dedica. Di quest'opera del Gregorio die estesa
notizia Narbonb, Storia della letteratura siciliana. Palermo, 1859, t. X,
pag. 103 e seg.
(2) Gregorio, t. II, pag. 428 ricorda che preparava una raccolta di
trattati riguardanti la Sicilia , dai tempi antichi sino ai suoi , e che
mons. Alfonso Airoldi , Giudice della Monarchia, disponeva un lavoro
de Tratismarinis Begum siculorum dominationibus « mouumentis undi-
que conquisitis», e che perciò il Gregorio si asteneva dal raccogliere
documenti sul Ducato di Atene e Neopatria «imperio siculo regnanti-
bus Aragonensibus adiectum». Su questa materia del dominio cata-
lano in Grecia ha pubblicato varie notevoli monografìe e molti docu-
menti, ricercati personalmente anco nell'Archivio di Stato di Palermo,
il dotto prof. Antonio Rubiò y Lluch , e indico specialmente : Catha-
lunya a Grecia. Estudis historics i literaris. Barcelona , 1906. — Ate-
nes en temps dels Catalans, 1907 (nelV Attuari de V Institut d Estudis
CCVIII PREFAZIONE
plomata ad ius publicum siculum imperantibus Aragonen-
sibus pertinentia, e trovasi in fine del tomo II, a pag. 425-
548 diviso in tali serie :
I. Diplomata ad regni domusque regiae officia ipsamque
regiam domum spectantia (pag. 433 - 463).
II. Diplomata ad ius publicum feudale siculum perti-
nentia, cioè l'Elenco dei feudatari siciliani ritenuto del 1296,
e l'altro del 1408 (editi entrambi dal Muscia, Sicilia nobilis
nel 1692) insieme ad altri documenti su quella materia feu-
dale (p. 464-500).
III. Diplomata concessionum feudalium (pag. 501 - 528).
IV. Leges sumptuariae, cioè quelle di Messina del 1272
e 1383, e gli Statuti per Palermo del 1423 (pag. 529-535).
V. Diplomata ad reginarum sicularum dotale patrimo-
nium spectantia (pag. 536-548).
Come ben si scorge, il Gregorio non si propose la for-
mazione di una raccolta diplomatica per 1' epoca aragone-
se (1), ma die in luce soltanto molti documenti che giova-
vano a chiarire i sistemi politici e principalmente feudali di
quell'età, la quale serie di documenti riesce però di grande
vantaggio agli studi diplomatici, anco nella mancanza di e-
Catalans. 1907, pag. 1225-254). — Els Castells Catalans de la Grecia Con-
tinental (ivi, 1908, pag. 364-425, con molte pregevoli incisioni). I do-
cumenti furono dal Rubiò y Lluch pubblicati nel t. Ili vEY7pa<pa della
versione greca dell'opera del Gregorovius curata dal Lambros col titolo
latopia t^s TCdXstòs 'AOtjvwv xatà toò? (Asaoo<; aitova?. 1906 (Cfr. no-
tizia in Anuari cit. 1908, pag. 372, nota 1).
(1) Lo dice il medesimo Gregorio a pag. 429 : « Cum res praecipuas
illustrandas, non collectionem quandam diplomaticam edendam hic su-
sceperimus ».
PREFAZIONE CCIX
stese cronache siciliane dei tempi della regina Maria e dei
due Martini (1).
Tra le raccolte diplomatiche straniere da me adoperate
farò cenno segnatamente del Godex Italiae diplomaticus del
Lunig (1725) , delle Memorias historicas sobre la marina ,
cornerete y arles de Barcelona del Gapmany (1779), della Col-
le&tion des lois maritimes anterieures au XVIII0 siede del Par-
dessus (1834), dei Traités de paix et de commerce avec les
Arabes de V Afrique seplentr tonale au moyen àge del Mas
Latrie (1868 e 1872), dei Begesta Pontifìcum romanorum inde
ab an. 1198 ad an. 1304 del Potthast (Berolini, 1874), degli
Ada imperii inedita saeculi XIII del Vinkelmann (Innshruck,
1880) e degli Ada Aragonemia. Qtiellen aus der diplomati-
schen Korrespondenz Iaymea II (1291-1327) del Finke (Sem-
inìi, 1908) (2).
La numismatica, che tanto giova anco per lo studio di di-
plomi e di cronache, viene pure in sussidio di tale studio
su l'epoca aragonese; e mi è grato qui ricordare (tralascian-
(1) Un buon capitolo (il XLV1) Qui tracia com lo Infuni don Marti,
germa del dit Bey Iohun, fon lo dese Bey de Arago e comte de Burcelloua
offre il cronista Pere Tomig , e mi piace indicare la pregevole edizione
Bistorta e conquestas del excellentissims e catholics Beys de Arago venuta
fuori in 'Barcellona nel 1886.
(2) Di quest'ultima raccolta per materie ho fatto particolare cenno
a pag. 268 e 503 di questo primo volume. Essa non è una collezione
cronologica di documenti , ma una scelta di essi per determinati pe-
riodi od argomenti o luoghi di Europa e di Oriente , anche per mate-
rie letterarie, e spesso il raccoglitore abbrevia il testo dei documenti,
o ne ricorda alquanti nelle note, con le sole indicazioni o con brevi
estratti. Riesce nondimeno utile, ancorché non segua i consueti sistemi
diplomatici.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. n
CCX PREFAZIONE
do la menzione di alcune particolari ed incomplete memorie
anteriori) un lavoro di recente pubblicato dal chiarissimo
prof. Memmo Gagiati, cotanto benemerito in Italia per i suoi
molteplici studi di numismatica. Egli nel fascicolo IX della
sua opera Le monete del reame delle due Sicilie da Carlo 1
d'Angiò a Vittorio Emanuele II, edito nel 1916, tratta l'ar-
gomento delle Zecche siciliane , offrendo come prima parte
(in un volume di 156 pagine) la notizia metodica e precisa
delle monete coniate per la Sicilia nella Zecca di Messina
da Carlo I d'Angiò a Ferdinando U il Cattolico, molte delle
quali fan parte della collezione del medesimo prof. Cagiati.
Per l'epoca dal 1282 al 1355 si hanno dinanzi la descrizione
ed i fac- simili delle varie monete di ognuno dei sovrani
di quel tempo. Un lavoro complessivo di tal genere non può
che essere ben accetto ai Siciliani, ed è a far voti che pre-
sto sia compiuto con la notizia delle monete coniate nelle
altre zecche dell' isola , mancando tuttavia questa tratta-
zione nella grande raccolta Corpus nummorum italicorum,
iniziata sin dal 1910 per la munificenza e- le cure auguste
del Re(l).
(1) Sono degne di nota le leggende delle monete di Pietro 1 , cioè
1' oncia con questa nel rovescio : Summa potencia est in Deo o pure
Christus vincit , Christus regnat . Christus imperai , ed il pierreale con
l'altra nel rovescio : Gostantia Dei grafia Aragonum Sicilie Regina, per
il dritto della quale, oltre che per la conquista, il Re Pietro era suc-
ceduto nel regno. Su 1' ordine dato nel 19 aprile 1283 dal Re Pietro 1
per la coniazione di nuova moneta di denari cfr. Carini, De rebus cit.
pag. 426, ove è la riproduzione del disegno esistente nel registro per quella
moneta. E da ricordare altresì che il Re Ludovico usava la leggeuda
Luclovicus felix, la quale felicità mancava purtroppo nel suo regno la-
cerato dalle fazioni, che si davano al nemico angioino.
PREFAZIONE CCX1
VI. Metodo da me tenuto nella formazione del « Codice
diplomatico». Conclusione.
Prima di por fine a questa Prefazione credo mio dovere
accennare il metodo, che ho seguito nell'opera.
È mio scopo pubblicare i testi dei documenti dei Re ara-
gonesi di Sicilia , e pertanto escludo bolle , brevi e lettere
di Papi o documenti di autorevoli personaggi estranei alla
Corte di Sicilia, tranne in qualche importante eccezione. I
testi sono da me dati per intiero e senza restrizione al-
cuna. Se sono già editi i documenti, offro le notizie del con-
tenuto di essi e delle stampe già eseguite ; e se le prece-
denti edizioni sono scorrette o con lacune , ne riferisco il
testo corretto. Per alcuni documenti di rilevante interesse
storico preferisco talvolta di riportarli nel Codice, nonostante
che siano editi altrove. Aggiungo in fine del testo di ogni
documento le note che giovino a chiarire meglio quanto vi
si contiene per la storia, la diplomatica, per correzioni ed
altro (l). In separate serie, per ogni sovrano, aggiungo al
termine di ciascun regno, i documenti di data incerta, e
gli altri, che riconosconsi esser falsi. Aggiungerò pure nelle
appendici la notizia od il testo di quegli altri documenti, che
mi accadrà di rinvenire nel corso della pubblicazione.
Spero che questo primo volume sarà favorevolmente ac-
colto, come è stato con benevolenza atteso, avendo in esso
riunito ben duecentoquarantuno documenti per quasi un de-
cennio dal 1289 al 1290. L'importanza di essi si rileva tosto
dal loro contenuto sì per il regno di Pietro I, che per quello
di Giacomo ; e non posso tralasciar di notare il rilevante
pregio che offrono per la storia dell'amministrazione tinan-
(1) Dell'utilità di annotazioni e confronti nel Codice diplomatico ho
fatto cenno sopra, pag. LXXIII e seg.
CCXll PREFAZIONE
ziaria del regno di Sicilia i documenti dei conti dell'Ammi-
raglio Loria, già editi a Granata, i quali ho riferito nell'Ap-
pendice, riveduti e migliorati nella loro lezione e con l'ag-
giunta di note ed opportuni chiarimenti.
I sistemi di governo e di amministrazione adottati dagli
Aragonesi nel nuovo regno di Sicilia dimostransi con pie-
na evidenza dai documenti da me pubblicati. Si trae inizio
dai documenti, che ci son pervenuti del tempo del gover-
no repubblicano, seguiti dagli altri che riferisconsi esplici-
tamente ai preparativi di conquista degli Aragonesi. Durante
il legno di Pietro I le relazioni tra la Sicilia e l'Aragona erano
continue, notevoli i trattati e le tregue , saviamente confe-
riti a distinti personaggi i più alti uffici dell'isola. Ricorderò
soltanto come a 31 gennaio 1284 il Re Pietro I nominasse
da Barcellona il Procida Cancelliere del regno in tota vita
tua (1). Tale concessione per tutta la vita (come quasi av-
venne), e non a solo beneplacito, ridonda ad onore del Pro-
cida, poiché nemmeno al Loria fu concessa in quel modo
la dignità di Ammiraglio (2). Se tante altre prove dei me-
liti del Procida verso il Re Pietro I per la cospirazione e
la conquista del regno non si avessero, la straordinaria
concessione (piuttosto fendale) della suprema dignità di Can-
celliere per tutta la vita è bastevole a far rilevare quanto
grandi fossero le benemerenze del Procida, né qui è su-
perfluo il far di ciò espressa menzione (3). I rapporti di
(1) Questo documento fu edito la prima volta dal Saint - Priest, ed
ora da me è dato in più esatta lezione, riscontrato sul registro origi-
nale di Barcellona.
(2) Ci'. Carini, De Rebus cit. pag. 617 e seg.
(3) Credo utile ricordare altresì per la cospirazione del Procida l'ini-
PREFAZIONE CCXJII
commercio con altri popoli d'Italia, e specialmente coi Ge-
novesi, in quel tempo appariscono esplicitamente regolati,
e con grande cura (con la cessione o donazione) vedesi sta-
bilita, e poi confermata, la successione nel regno.
Per il dominio di Giacomo occorre notare la sollecita
approvazione di importanti costituzioni per il pacifico stato,
e le nuove che dopo due anni il Re sanzionava ,• la reci-
proca dichiarazione di difesa tra i fratelli Giacomo ed Al-
fonso di Aragona, la cessione del regno di Sicilia falla da
quest'ultimo, la rinunzia ai diritti sul regno espressamente
convenuta dalla figlia del Re Manfredi, Beatrice di Saluz-
zo (1), le lunghe e difficili pratiche di tregue e paci eoa il
principe di Salerno, la Corte di Roma e gli Angioini di Na-
poli e di Provenza , i provvedimenti su la prigionia e fine
di Alaimo da Lenti ni e suoi complici, i trattati di pace con
il Re di Tunisi ed il Sultano di Egitto anche su quanto
concerneva la Sicilia, le immunità concesse o riconosciute
portante giudizio dell'insigne storico Enrico Hallam, il quale nel 1818
in Londra nella sua opera Vieto of the State nf Europe during the mid-
dle ages affermava, con varie considerazioni, che la rivolta di Palermo
del 1284 era in perfetta connessione di tempo con le pratiche della co-
spirazione : «Unpremeditated as such an ebullition of popular fury
must appear, it fell in, by the happiest coincidence, with the previous
conftpiracy ». Cfr. t. I, pag. 365. L'Amari, avendo voluto disgiungere
la rivolta dalla cospirazione o congiura (che riduceva incerta, vagante
e quasi inefficace), non potè ritrarre la vera e mirabile espressione del-
le fonti storiche su le origini della dominazione aragonese nell'isola.
(1) Siffatta rinunzia dimostra come Giacomo avesse cura di allonta-
nare qualsiasi pretendente al regno per diritto di sangue, come peral-
tro avea fatto il Re Pietro I coi fratelli di Beatrice. Vedi sopra, pa-
gina CLI e seg.
CCXIV PREFAZIONE
a Catalani e Genovesi, e gli obblighi derivanti per la succes-
sione regia in Sicilia dal testamento del Re Alfonso.
Nel volume secondo raccoglierò i documenti del regno
di Giacomo per il tempo successivo, cioè dal 1291 sino al
1295, avendone ricavato abbondantissima serie nell'Archivio
della Corona di Aragona in Barcellona.
Le durate fatiche per alquanti anni riescono per me di
soddisfazione per aver potuto recare a termine la raccolta
dei documenti dell'intiero regno di Pietro I, e quasi dell'iu-
tiero periodo del regno di Giacomo in Sicilia. Non mi fu
agevole di dare in luce il volume alcuni anni prima, sì per
ritardi involontari, che per nuovi incarichi da me sostenuti,
come altresì per la guerra mondiale contro la supremazia
teutonica, la quale guerra tiene dovunque sospesa o sopita
quasi ogni iniziativa di studi fra ansie e difficoltà d'ogni ge-
nere (1). Giova far voti pertanto per il progresso della civiltà
che presto abbiano fine queste guerre sterminatrici, e che
l'Italia non sia ancora , dopo oltre mezzo secolo di unità,
costretta a veder sempre svanire la speranza di ottenere i
territori che le appartengono, e le furori vaticinati dall'Ali-
ghieri (2), insieme alla libertà dei mari che la circondano.
Nella formazione di questo Codice diplomatico io ho sen-
tito rinfrancarmi fra le memorie della straordinaria virtù
(1) Si potrebbe ripetere per questa guerra il noto verso del poèta
rivale di Nerone, cioè Lucano (Pharsalia lib. I, v. 5) : Certatum fatta
concussi viribus orbis. Non invano Tacito enumerando i popoli germa-
nici del suo tempo, e le loro tendenze, diceva che ad essi « pigrum et
iners videtur sudore adquirere, quod possis sanguine parare » (Germa-
nia, § 14).
(2) Dante, Inferno, e. XX, v. 61-63 per il Trentino : e. IX, v. 112-
114 per l'Istria sino alle coste dalmate.
PREFAZIONE CCXV
degli antichi progenitori, che lottavano per F indipendenza
e la libertà di loro nazione (1). L'amore alla Patria italiana
ed alla Sicilia ed altresì l'intento di ricercare la storica ve-
rità mi sono stati guida continua, e mi ispirarono a var-
care la prima volta le Alpi per ritrovare presso i Pirenei
la notizia sicura delie gloriose vicende dell'isola nostra. Al
ritorno in Sicilia mi fu di incoraggiamento l'espressione del
gradimento sovrano per le mie fatiche, con una lettera del
5 ottobre 1908 da Racconigi del Ministro della R. Casa, ger
aerale Emilio Ponzio Vaglia , che mi manifestava : « Sua
Maestà il Re desidera dare alla S. V. un particolare atte-
stato della propria benevolenza e considerazione per le di-
stinte benemerenze, che Ella si è acquistate verso gli stu-
di storici , e singolarmente in occasione della missione di
recente compiuta in Ispagna ». La Casa di Savoia, munifica
sempre , segue cpn vigile sguardo quanto più rechi onore
all'Italia, e l'inclito Re Vittorio Emanuele III, rinnovando
gli esempì di sua Stirpe, da più anni abbandonata la reg-
gia, vive sul campo ad auspicare la nuova grandezza della
nazione, che il Destino conservi nei secoli venturi unita dalle
Alpi alle vaste regioni della Libia a testimoniare F antica
civiltà ed il moderno valore 1
(l) 11 cronista Speciale diceva con compiacimento per la Sicilia:
«Ut breviter immensas eius dotes includam, nou potest subici a quo-
qnam impugnante Sicilia, nisi volens » (lib. I, cap. I, ediz. Gregorio,
cit. t. I, pag. 298). Talora rimirando il vicino tempio di San Spirito, e
più quando i raggi del sole cadente ne rischiaravano le finestre ogi-
vali, mi pareva che i campi dell'inizio della rivolta fossero più vivi e
palesi.
GOVERNO REPUBBLICANO
DI SICILIA
(31 marzo a 6 settembre 1282)
G. La Mantia — Cod. dipi. arag.
NOTIZIE PRELIMINARI
§ 1. Forma di governo.
Avvenuta la celebre rivoluzione , appellata comunemente del
Vespro, il governo di Sicilia fu repubblicano sotto la protezione
della Chiesa sino all'arrivo del Re Pietro III di Aragona , poi I
di Sicilia.
L' Anonimo nel cap. XXXVIII De rebellatione felicis urbis Pa-
normi et subsequenter totius Siciliae (in Gregorio , Bibliotheca
scriptorum, qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio re-
tulere. Panormi, 1792, t. II, pag. 147) indica chiaramente quale
sia stata la forma di governo adottata allora dalla città di Pa-
lermo, cioè la protezione della Chiesa romana, senza alcuna sog-
gezione, « regentes seu tenentes se in communi quinque mensium
spatio » , seguendo 1' esempio delle contemporanee e gloriose re-
pubbliche del continente italiano, prospere nelle industrie e nei
commerci.
Quel governo si estese indi fra un mese all'isola intera, poiché
i Palermitani inviarono subito tre eserciti o compagnie alle tre
parti opposte della Sicilia , « quarum hostium , seu congregatio-
num, una ivit versus Cephaludium, altera versus Castrum Ioan-
nis, reliqua tertia versus Calataphimi » (Anonimo, ibidem).
In Palermo erano i Capitani , giudici e consiglieri , ed il co-
mune di Corleone a 3 aprile trattava già la confederazione con
Palermo (V. doc. n. I). Nella lettera del 13 aprile dei Palermi-
tani ai Messinesi è detto : Panormitani salutem (V. doc. n. II),
e quella al Papa Martino IV è inviata dalla Universitas Siculo-
(1282) — 4 —
rum, e si dice esplicitamente : « litico post stragem scelerum mini-
strorum coelitus destinatam , levavimus beati Petri vexillum et
Sanctam Romanam Ecclesiam invocavimus protectricem » (V. doc.
n. VI).
A Messina, dopo il breve periodo di Baldovino da Mussone ,
si aveva il Capitaneus (Alaimo da Lentini) civitatum Messanae,
Cathaniae et a Tusa usque ad aguliam Augustae, iudices , con-
silium et commune eiusdem civitatis Messanae (V. doc. n. IV).
In un documento posteriore (V. n. Vili) Alaimo da Lentini s'in-
titola altresì « ac prò parte Communis Siciliae Magister Portula-
nus citra flumen Salsum » .
Per Siracusa sono ricordati gli «homines Communis civitatis
Syracusiae karissimi fratres nostri », nel documento del 15 agosto
(V. n. V).
Tali forme di governo repubblicano od a comune (in modo
simile alle altre città d' Italia) influirono poi in Sicilia, durante
il dominio dei primi Re aragonesi, al riconoscimento delle pre-
rogative parlamentari e municipali, ed alla concessione di parti-
colari privilegi e norme per 1* incremento del commercio terre-
stre e marittimo.
§ 2. Datazione dei documenti.
Rimangono vari documenti pubblici e privati, nei quali è in-
dicato nella datazione l'anno della protezione della Chiesa romana
e del governo a comune (felicis Communitatis) . Deve però esclu-
dersi da tal novero il documento ecclesiastico del 30 marzo, del-
l'Archimandritato di Messina, con la datazione « pontificatus Mar-
tini papae IV anno secundo, Caroli regis Siciliae etc. anno sep-
timo decimo » (menzionato dal prof. Cosentino, Un diploma re-
lativo al Vespro Siciliano, in Ardi. Stor. Sicil., an. XII, 1887,
pag. 40, nota 2). Esso è anteriore di un giorno alla rivoluzione
(Starrabba, Diplomi della Cattedrale di Messina raccolti da An-
tonino Amico, nei Doc. della Soc. Sicil. di Stor. Patria, Ser. I,
voi. I, Palermo 1876-1888, pag. 123, in sunto). L'indicazione del
pontificato non dimostra pertanto la protezione della Chiesa ro-
mana.
Sono invece del tempo del governo repubblicano quattro do-
cumenti :
— 5 — (1282)
T. 10 maggio, doc. privato (Starrabba, Diplomi cit., pag. 123,
n. CX, in sunto). Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 214 riporta la da-
tazione secondo il manoscritto della Biblioteca Comunale di Pa-
lermo, già stampato da Starrabba.
IL 19 giugno, doc. privato (originale in pergamena, nel Ta-
bulano della Magione , n. 152 , Archivio di Stato di Palermo) ,
edito da Cosentino, Un diploma cit., pag. 52 e seg.
III. luglio o agosto, doc. pubblico del Capitano Alaimo da
Lentini (rogato da un notaro). V. doc. n. IV.
IV. 15 agosto, doc. pubblico del Capitano Alaimo (V. doc.
n. V).
Su tali documenti e loro datazione cfr. Amari, 9a ediz., voi. I,
pag. 259, e Cosentino, Un diploma cit., pag. 40 e seg.
L'espressione Communis o Communitas per indicare il governò
a comune, o repubblicano, esistente in Sicilia nel 1282, si trova
adoperata in vari documenti del Re Pietro I e dei suoi successori;
e basta indicare quello del 6 ottobre 1282 (V. doc. n. IX) ed un
altro del Re Federico II del 10 maggio 1329, nel quale si legge :
« quo primo adveniente Communitate Sicilie nuper preterita , et
subsequenter dominio illustris Regis Aragonum et Sicilie divi pa-
tris nostri dive memorie», e che pubblicherò appresso.
§ 3. Durata del governo repubblicano.
Le prime notizie della rivoluzione di Palermo si ricavano da
un ordine dato dal Re Carlo d'Angiò, a 8 aprile 1282, da Napoli,
per inviare tosto (nulla prorsus mora protracta) in Sicilia varie
galere armate al Vicario Erberto d'Orléans. Un sunto di tal do-
cumento fornì nel 1876 Minieri Riccio, Memorie della guerra di
Sicilia negli anni 1282-84 (in Arch. Stor. Napol., an. I, pag. 85).
Amari ne pubblicò il testo nell'ultima edizione (1886) , voi. HI,
pag. 481.
A 9 maggio lo stesso Re Carlo dava annunzio della rivolu-
zione, in una lettera in francese, a Filippo Re di Francia, pub
blicata da Amari, ediz. di Parigi 1843, voi. II, pag. 304 e nelle
posteriori, e ristampata da Saint-Priest, Histoire de la conquète
de Naples par Charles d'Anjou. Paris, 1847, t. IV, pag. 204.
L'Infante Fernando di Aragona die notizia da Parigi a 26 mag
gio ad Edoardo, Re d'Inghilterra , della rivolta scoppiata in Si
cilia (V. doc. XIII).
(1282) — 6 —
A 6 settembre il governo repubblicano (tranne un breve ri-
tardo in Messina) era finito in Sicilia, perchè il Re Pietro veniva
acclamato nel 7 settembre, ed ordinava nel giorno 10 ai vari co-
muni dell'isola di inviare i rappresentanti per la prestazione del
giuramento (Carini, De rebus Regni Siciliae, nei Doc. della Soc.
Sicil. di Stor. Patria, ser. I, voi. V, 1882, pag. 9. Cfr. Amari,
9a ediz., voi. I, pag. 290). Nel documento suddetto del Re Pietro
del 6 ottobre 1282 (V. doc. n. IX) è infatti il ricordo della re-
pubblica o comune di Messina in tal modo : olim communis ci-
vitatis Messane.
§ 4. Su i preparativi della rivoluzione.
Nessun dubbio può aversi dei preparativi , che da alquanti anni
gli esuli, e specialmente Giovanni da Procida, disponevano con
sagacia per la rivoluzione nell'isola. Nel 1280 il Re Pietro si com-
piaceva delle trattative della regina Gostanza con Giovanni da
Procida « maxime in prosecucione ipsius negocii, quod nobis utile
et honorabile reputamus», e cotanto affare, trattato dalla regina
con diligenza e dal Procida prudentemente , o meglio con circo-
spezione (diligenciam ipsius et vestram prudenciam commenda-
mus), non poteva essere che la ricuperazione del regno di Sicilia
(V. doc. edito da Saint - Priest cit., t. IV, pag. 201).
Il Re Pietro nella lettera del 18 gennaio 1282 al Re di Casti-
glia (V. doc. n. X) dimostra chiaramente che i preparativi della
rivoluzione erano quasi al termine, poiché vi si dice : « Super ca-
pitulo ilio precipuo, scilicet super recuperacione regni Sicilie, ad
quod vestrum auxilium gratuita voluntate nobis per dilectum scu-
tiferum nostrum Andream de Procida liberaliter obtulistis » . Il
documento è sottoscritto da Giovanni da Procida , il celebre co-
spiratore, e reca pure la sua firma l'altro del 13 febbraio seguente
al Principe di Salerno, il quale per mezzo di Guglielmo Raimondo
Moncada, suo inviato al Re Pietro, chiedeva informazioni di quanto
si preparasse, ma non spediva alcuna lettera al Re, che manife-
stava : « quamquam nullas super illis literas vestras attulerit » ,
ed allo stesso modo il Re diceva : « per eundem vobis oretenus
respondemus » (V. doc. edito da Carini, Gli Archivi e le Biblio-
teche di Spagna. Palermo, 1884, parte II, pag. 46).
È notevole il grande segreto che si teneva in tale corrispon-
.'
— 7 — (1282)
denza. Gli altri documenti che dà in sunto il Carini (Gli Archivi
cit., pag. 47 e seg.) provano lo scopo celato della spedizione guer-
resca in Sicilia. A 10 settembre, cioè appena dopo undici giorni
che il Re Pietro era dall'Africa approdato a Trapani (30 agosto),
l'Infante Alfonso, suo luogotenente in Aragona, ne dava avviso
da Saragozza per la difesa del territorio dai nemici (Carini cit.,
pag. 132).
Il medesimo Carini (pag. 46) appella la lettera sopra ricordata
del 18 gennaio 1282 « documento di capitale importanza » , no-
tando che esso prova nella maniera più esplicita la cospirazione
avvenuta prima della rivolta.
Amari (nella 9a edizione, 1886, pag. 148 nota 2), dopo l'affer-
mazione del Carini , chiama « importantissimi » quei due docu-
menti del 18 gennaio e 13 febbraio 1282, ed a pag. 173 dice per
quello del 18 gennaio che non giova a rilevare che anche nell'isola
pervenisse la cospirazione ; ma questa deduzione è contraria al
vero, poiché ai cospiratori riusciva anzi più facile agire nell'isola,
lungi dalla terraferma e dalla capitale , nei quali luoghi poteva
presto accorrersi per impedire ogni tentativo ed opprimere i ribelli.
Per rilevare ancor meglio la notizia dei preparativi di cospi-
razione, è utile confrontare le espressioni usate dal Re Pietro nel
documento del 19 maggio 1282 da Portfangos (Carini, cit., pag. 48)
per la spedizione militare , cioè : « et in eo pendet magnum no-
minis et fame nostre decus aut dedecus » (che non potevano ado-
perarsi per la guerra in Africa solamente) con le altre : nobis utile
et honorabile reputamus, per le trattative del Procida con la re-
gina Costanza nel 1280 (che ho già indicato), ed inoltre con quelle
del documento dello stesso Re Pietro del 10 settembre 1282 in
Palermo: «prima [racione]... regnum Sicilie iure domine consortis
et fìliorum nostrorum racionabiliter ad nos spectat» (Carini, De
rebus cit., pag. 9).
§ 5. Pubblicazioni speciali.
Sul governo repubblicano in Sicilia nei mesi da aprile ad ago-
sto 1282 ha dato particolare notizia Amari nella pregevole me-
moria Sull'ordinamento della Repubblica Siciliana del 1282 (nel
fascicolo «Sesto Centenario del Vespro. Tornata straord. della
Soc. Sicil. per la Stor. Patria». Palermo, 1882, pag. 17-31).
(1282) — 8 —
Altre pubblicazioni notevoli su quel governo e le sue origini
sono :
Minieri Riccio C. — Memorie della guerra di Sicilia negli an-
ni 1282 - 1284, tratte dai registri angioini dell' Archivio di Stato
di Napoli. (In Arch. Stor. Napol., an. I, 1876, pag. 85 e seg.).
Del Giudice G. — Bartolomeo da Neocastro , Francesco Lon-
gobardo, Rinaldo de Limogiis giudici in Messina (In Arch. Stor.
NapoL, an. XII, 1887, pag. 265 e seg.).
Sanesi I. — Giovanni di Procida e il Vespro Siciliano (in Ri-
vista storica italiana, voi. VII, Torino 1890, pag. 489-519). Gfr.
la recensione fattane neìVArch. Stor. Italiano, serie V, voi. VII
(1891), pag. 215.
Savio F. — La pretesa inimicizia del Papa Niccolò III contro
il Re Carlo I d'Angiò (in Arch. Stor. Sicil. , an. XXVII , 1902,
pag. 358 e seg.).
Cartellieri 0. — Peter von Aragon und die sizilianische
Vesper. Heidelberg, 1904, specialmente il cap. VI Die sizilianische
Vesper ed il cap. VII Die Insel Sizilien nach dem Aufstande
(pag. 138-185).
GOVERNO REPUBBLICANO DI SICILIA
(31 marzo a 6 settembre 1282)
I.
, aprile 3, indizione 10a, Palermo.
Atto di confederazione (ad prestandum unionem et fidelitatem
et fraternitatem) tra i comuni di Palermo e Corleone , che reci-
procamente promettono di recarsi soccorso, con armi , denaro e
persone, per tutto quanto occorrerà, di rendersi esenti dal paga-
mento delle gabelle ed angarie, e di distruggere il castello di Ca-
latamauro.
Seguono le firme dei Capitani, giudici e consiglieri e dei te-
stimoni.
(Atto in notar Benedetto Chierico di Palermo).
Documento originale in pergamena dell' Archivio municipale
di Corleone , ed ora esistente nell' Archivio di Stato di Palermo
(Pergamene di Corleone, n. 1). Un magnifico fac- simile si ha nel
volume Ricordi e documenti del Vespro Siciliano, edito dalla So-
cietà Siciliana di Storia Patria, nel 1882.
Una copia del documento trovasi nel volume ms. Qq. G. 12
del Gregorio fol. 215 (Biblioteca Com. di Palermo), nel quale si
afferma di essere tratta dall' originale « in arca privilegiorum »
dell'archivio del comune di Corleone. Altra trascrizione è nel voi.
Qq. H. 14 bis fol. 14.
Il testo fu pubblicato da Amari, Un periodo delle istorie sici-
liane del secolo XIII. Palermo, 1842, pag. VI dei Documenti, e
nelle successive edizioni, e poi ristampato da Starr abba e Tirri-
to, Assise e Consuetudini della Terra di Corleone (nei Docum.
della Soc. Sicil. di Stor. Patria, Serie II, voi. II, 1880, pag. 129)
e da Starrabba nel 1882 nel volume dei Bicordi cit., parte I,
pag. 125 - 132, con una breve memoria storica.
(1282) — 10 —
Di questo documento diede precisa notizia nel 1756 il P. Bac-
celliere Pietro Papa, dell'Ordine dei Predicatori , nelle Memorie
per servire alla storia letteraria di Sicilia. Palermo , parte V,
pag. 51. Egli, scrivendo da Corleone, trasmise una copia del do-
cumento al can. Schiavo per la sua raccolta. È ricordato 1' atto
di confederazione nell' elenco dei documenti trasmessi nel 1878
dal Sindaco di Corleone alla Società di Storia Patria (Ardi. Stor.
Sicil, voi. Ili, 1878, pag. 147).
Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 200 nota 1, dice : « Questo diploma
ci mostra anche il principio della federazione tra le nascenti re-
pubbliche siciliane , e la forma del novello governo municipale
di Palermo » .
I Capitani del comune di Palermo , indicati nel documento ,
sono : Mastrangelo , Baverio , de Orti levo , de Ebdemonia. Si fa
menzione di « toto populo ibidem congregato ad hoc cum delibe-
ratione solempni , et cum eiusdem populi consensu expresso et
exinde requisito et habito». La confederazione è fatta a richiesta
degli ambasciatori del comune di Corleone.
Vincenzo Di Giovanni, La topografia antica di Palermo. Ivi,
voi. I, 1889, pag. 253 ricorda il «plano della Chiesa di S. Catal-
do, nel quale fu scritto nel 1282 l'atto di confederazione», come
peraltro si ricava dalla datazione in fine, del documento. Vito La
Manti a, Antiche consuetudini delle città di Sicilia. Palermo, 1900,
pag. CCLII offre varie notizie su tale documento, e su le edizioni
che se ne son fatte. Egli dice : « Rimane a perpetua memoria ono-
revole per Corleone il documento originale». Riferisce la dispo-
sizione concernente il trattamento dei Corleonesi come cittadini
palermitani.
Sul munito castello di Calatamauro, che elevavasi in sito al-
pestre , non lungi da Corleone , scrisse il can. Atanasio Schirò
nella memoria « L'antico Castello di Calatamauro, le sue dimen-
sioni, le sue origini e le sue vicende (in Arch. Stor. Sicil. anno
XII, 1887, pag. 169 e seg.). Lo Schirò nota a pag. 176 che «era
la fortezza più munita e più importante nei dintorni », e che nel
1282 si voleva distruggere quel castello « per impedire che venisse
rioccupato dagli Angioini ».
È ricordato il documento di confederazione in una lettera del
Vice baiulo e Giurati di Palermo ai Giudici e Giurati di Corleone
del 14 luglio 1312 per alcune ordinanze da costoro stabilite con-
— 11 — (1282)
tro la libera estrazione di arieti in favore dei Palermitani. Vi
si legge: «Cum in terra vestra predicta contra pacifìcum statum
civiuni et iurium diete urbis, ac indissolubilis amicicie vinculum
Inter homines diete urbis et terre predicte priscis temporibus ad
honorem et fidelitatem regiam et statum pacificum et tranquil-
lum hominum ipsorum urbis et terre initum pariter et covine-
xuni». In altra lettera del 28 giugno 1318 si dice : « Contra ordi
nacionem duddm initam et tractatam inter cives diete urbis... de
immunitate ad invicem observanda » intorno alle gabelle (Pol-
laci, Gli atti della città di Palermo dal 1311 al 1410. Palermo,
1892, pag. 97 e 195).
A. 15 febbraio 1398 fu fatto un transunto dell'atto di confede-
razione, e si conserva nell'Archivio di Stato di Palermo (Perga-
mene di Corleone, n. 5). La pergamena è guasta e corrosa in va-
rie parti. Di tale transunto non offrono alcuna notizia Amari e
Starrabba. Credo utile qui pubblicarlo, perchè si riferisce al più
antico documento del governo repubblicano, e contiene la descri-
zione del suggello ora perduto.
In nomine domini Amen. Anno dominice Incarnacionis
eiusdem millesimo trecentesimo nonagesimo octavo, mense
frebuarii quintodecimo die mensis eiusdem septime indi-
cionis, regnantibus serenissimis doininis nostris dominis Re-
ge Martino et Regina Maria dey gracia Rege et Regina Si-
cilie illustribus ac ducatuum Athenarum et Neopatrie duce
et ducissa, eorum felicis regiminis videlicet dicti domini Re-
gis anno septimo et diete domine Regine anno vicesimose-
cundo feliciter Amen. Nos notarius Antonius de Castellouo-
vo ludex terre Corilioni, Iohannes de Philadello de Corilio-
no regius publicus omnium civitatuum, terrarum et locorum
a flumine Salso citra notarius et ludex ordinarius, et testes
subscripti, ad hoc vocati specialiter et rogati, presenti scri-
pto publico notum facimus et testamur quod presentes co-
rani nobis circumspecti viri Crimonisius de Pace, Petrucius
Calandrinis , Bernardus de Malpulcio et Manfridus Iacobi
lurati diete terre Corilioni nomine et prò parte universitatis
terre Corilioni obstendiderunt et publice legi fecerunt
quoddam publicum instrumentum subscripti tenoris ad cau-
(1282) — 12 —
telam diete universitatis sigillo universitatis felicis urbis Pa-
normi inposito in quodam eluteo ligneo ap nitum cum
cordella de serico rubeo et ialno, opporteatque eidem uni-
versitati Corilioni predictum instrumentum penes se tran-
suntatum habere prò quibusdam negociis eiusdem univer-
sitatis tractandis in civitate Pa n magna regia Curia
pecierunt predicti Iurati ergo a nobis qui supra Iudice et
notario nostrum in hac parte officium implorando ut dictum
instrumentum in presentem formam publicam transuntare
deberemus ut prefat eandem vim habeat quam habere
dignossitur instrumentum originale prefatum quociens ei-
dem universitati opus fuerit in civitate predicta et alibi ,
quorum Iuratorum nomine quo supra peticione audita
quia iusta petentibus non est iudicialis assensus denegan-
dus utpote iusta et consona racioni, advertentes quod sua
nomine quo supra intererat prefatum instrumentum iterum
obstendi et demostrari fé mus inspeximus diligenter
ipsumque invenimus purum et non viciatum non cancella-
tura nec abrasum, ymo in sua propria et prima figura exi-
stens omni prorsus vicio et subspicione carens nihilo
in eo et de eo addito inde mutato seu diminuto preter forte
puntura vel sillabanti virgulam literam seu titulum ex quo
substancia propterea non mutatur, in presentem formam pu-
blicam auctoritate prius interposita duximus fideliter
transuntandum. Guius quidem instrumenti tenor per omnia
talis est: In nomine domini Amen . . .
[Segue il testo del documento del 3 aprile 1282] .
Unde ad futuram certitudinem ac omnium quo-
rum interest et interesse poterit in futurum cautelarci factum
est exinde presens publicum transuntum transuntatum ex
instrumento predicto per manus mei predicti notarii
solito et subscripcione nostrum qui supra ludicis et notarii
et aliorum subscriptorum testium subscripcionibus et testi-
monio roboratum. Actum Corilioni anno mense die et in-
dictione premissis.
— 13 — (1282)
f Ego notarius Antonius qui supra Iudex testor.
f Ego Iudex Sy una cum predictis Iudice et nota-
no predictum originale vidi et testor.
f Ego notarius Thomasius novo testor ut proximus.
f Ego notarius Thomasius de Vultabis unus ex ludicum
(sic) testor ut proximus.
f Ego notarius Iacobus de Pietà de Goriliono te-
stor ut proximus.
f Ego notarius Bondi de Monteliono de Goriliono testis
ut proximus.
f Ego notarius Henricus de Florencia testor ut proximus.
f Ego notarius Angelus Scannapecus de Cava testor.
f Ego notarius Franciscus de Marsalia testor ut proximus.
-J- Ego Iohannes de Philadello de Coriliono qui supra
regius publicus omnium civitatum terrarum et locorum . . .
. . . flumine Salso citra notarius et Iudex ordinarius vocatus
et rogatus premissa omnia scripsi signoque meo noto et
solito consignavi.
Testes Iudex Simon de Galandrinis, notarius Thomasius
de Castellonovo, notarius Iacobus de Pictacholis, notarius
Henricus de Florencia, notarius Franciscus de Marsalia, no-
tarius Thomasius de Vultagio, notarius Bondus de Monti-
liono, et notarius Angelus Scannapecus de Cava.
IL
1282, aprile 13, indizione 10a, Palermo.
Lettera dei Palermitani ai cittadini di Messina , esortandoli
a liberarsi dal dominio tirannico di Carlo d'Angiò. Vi si dice :
« Ecce namque tempus acceptabile , ecce nunc dies salutis ve-
stre», e si aggiunge: «Surge itaque , surge, illuminare Givitas
generosa, et noctis caliginem procul pelle » .
Il documento è riferito in un codice manoscritto del secolo
XIV di lettere di Pietro delle Vigne ed altri, segnato di n. 4A42,
(1282) — 14 -
e conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi, come dice A-
mari. Nel codice , del secolo XIV , delle lettere di Pietro delle
Vigne , nella Biblioteca del Principe di Fitalia in Palermo , a
fol. 106 r. è il testo di tale lettera con 1' argomento : « Epistola
missa per Panormitanos civibus Messane». Cfr. Agnello, Noti-
zie intorno ad un codice relativo all'epoca svevo - angioina. Pa-
lermo, 1835, pag. 43, e Amalia Giannone, Il Codice Fitalia. Stu-
dio diplomatico-storico (in Arch. Stor. Sicil., an. XXXIX, 1914,
pag. 110, n. 4).
Neil' altro codice F. G. 22 di carattere del secolo XV , nella
Biblioteca del medesimo Principe di Fitalia , dopo il testo della
Cronaca di Fra Michele di Piazza, è la trascrizione di questa let-
tera , alla quale è premesso tale argomento : « Tenor literarum
missarum Civibus Messanensibus per Gives Panormitanos post
factam per eos rebellionem , et post Gallorum interfectionem » .
Ne dà notizia Stefano Vittorio Bozzo, Giovanni Chiaramonte II
nella discesa di Ludovico il Bavaro (in Arch. Stor. Sicil., voi.
Ili, an. 1878, pag. 178). Nel voi. ms. Qq. E. 142 del Thesaurus
Siculus di Francesco Serio e Mongitore (Bibl. Gom. di Palermo)
è trascritto il documento, secondo la lezione data dall' Anonimo.
Il testo è inserito nel cap. XXXVIII della Cronaca di Ano-
nimo, e si ha in Martène, Thesaurus novus anecdotorum. Parisiis,
1717, t. Ili, col. 26-28; Muratori, Rerum ital. script, t. X,
col. 830 e seg. ; Burmanno , Thesaurus antiqu. et hist. Siciliae
Lugduni Batav. 1723, t. V, col. 19; Lunig, Codex Italiae diplo-
maticus. Francofurti, 1726, t. Ili, pag. 978, però con data erronea
del 1268, e Gregorio, Bibliotheca script. Aragon., t. II, pag. 145.
Fu ristampato da Nicolò Palmeri , Somma della Storia di
Sicilia. Palermo, 1839, voi. Ili, pag. 283, da Amari, Un periodo,
pag. Vili nei Documenti e, nelle altre edizioni della sua opera ,
da Saint - Priest Histoire de la conquéte cit. t. IV , pag. 276, e
dal De Renzi, Il secolo decimoterzo e Giovanni da Procida. Na-
poli, 1860, pag. 337 e seg. — Varie notizie su questo documento
dà Amari nella 9a edizione, voi. I, pag. 209 e seg.
Nella Cronaca di Bartolomeo di Neocastro si ha un testo
diverso per la forma , e con una breve risposta dei Messinesi ,
che si trova nella prima edizione che di quella Cronaca die Amato
De principe tempio. Panormi , 1728 , pag. 515 , ed in Muratori
Rerum ital. script, t. XIII , col. 1032 , Aglioti , Spiegazioni di
— 15 — (1282)
due antiche mazze di ferro. Venezia [Messina], 1740, pag. 231 ,
doc. n. X, Caio Domenico Gallo, Gli annali di Messina, 1758,
t. II, pag. 131, e 2a ediz. 1879, voi. II, pag. 116, e Gregorio, Bill,
script. Aragon., t. I, pag. 37. — Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 210
afferma che il Neocastro « foggia a suo modo, lontanissimo da
ogni verosimiglianza, e l'epistola e la risposta».
Si trova un testo compendiato in lingua catalana, e con data
inesatta del 14 maggio, nella Cronica di D'Esclot, edizione Bu-
chon , Chroniques étrangères. Paris, 1841 , pag. 629. Quel testo
si riconosce derivato dall' originale latino , anche per i ricordi
biblici che vi si fanno, e differisce pertanto dall'altro fornito dal
Neocastro.
III.
2, dopo il 4 giugno.
I Siciliani con una loro protesta al Collegio dei Cardinali
(Patres Patrum) dimostrano le oppressioni sofferte durante il do-
minio angioino , giustificano la rivoluzione che inevitabilmente
ne avvenne, e manifestano che non si deve recare alcun ostacolo
ad essa , poiché (come dicono) : « Non igitur hec quam cernitis ,
Patres, rebellio est, non recessus ingratus a pie matris uberibus,
sed utroque iure permissa iniuriarum iusta defensio » .
Documento trascritto nel Codice ms. 4042, del secolo XIV, di
lettere di Pietro delle Vigne ed altri, della Biblioteca Nazionale
di Parigi.
II testo fu pubblicato la prima volta da Amari, nella 2a ediz.
Parigi, 1843, voi. II, pag. 305 e seg. Egli nota : « Tutto porta a
crederlo genuino... La rimostranza sembra scritta nella state del
1282, e certamente prima della esaltazione di Pietro d'Aragona».
Cfr. quanto dice lo stesso Amari nella 9a ediz., voi. I, pag. 228.
Il documento appare scritto dopo la bolla di Papa Martino IV
del 4 giugno, e prima della invocazione di Re Pietro nel Parla-
mento di Palermo (fine di luglio o principio di agosto), come in-
dica Amari, voi. I* pag. 284.
(1282) — 16 —
; __
Le parole iniuriarum insta defensio devono intendersi per
il diritto che aveano i Siciliani, secondo le leggi civili e canoni-
che (utroque iure), di sostenere le prerogative ed immunità con-
cesse dai sovrani predecessori.
IV.
1282, luglio o agosto, indizione 10*, Messina.
Alaimo da Lentini, Capitano delle città di Messina e Cata-
nia e da Tusa sino «ad aguliam Augustae», i Giudici, il Con-
siglio ed il Comune dichiarandosi vassalli della Santa Romana
Chiesa , restituiscono , dopo una prova giudiziaria , alla Chiesa
maggiore della medesima città di Messina il castello di Calata-
biano ed un giardino in Messina , che erano stati usurpati da
Carlo d'Angiò : « praedictus Rex Carolus per officiales suos prae-
dictam Ecclesiam messanensem ipsorum castri et iardini posses-
sione destituit, et contra iustitiam spoliavit».
(Sono in fine le firme di Alaimo e di altri come testimoni.
L'atto è rogato dal notaro Matteo de Sinagra di Messina).
Il documento originale si conservava nel Tabulano della Cat-
tedrale di Messina, il quale ora più non esiste. Una copia se ne
ha nel ms. Qq. H. 4, fol. 147 (Bibl. Com. di Palermo).
Fu pubblicato da Starrabba , I diplomi della Cattedrale di
Messina, pag. 124.
È degna di nota la datazione : « Tempore dominii Sacrosantae
Romanae Ecclesiae et felicis Communitatis Messanae , anno pri-
mo feliciter amen » .
Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 259, dice che questo documento
dimostra che « esercitava atto ordinario di sovranità il comune
di Messina». Crede che sia posteriore al 24 giugno: «poiché vi
è nominato Capitan di Messina Alaimo di Lentini. Del resto non
dò giudizio sull'autenticità di quest'atto». A pag. 265 aggiunge
che la data deve essere «del luglio o agosto dell'ottantadue».
Prima di Alaimo era stato Capitano in Messina Baldovino
Mussone (Cfr. Amari, pag. 259, nota 4). I giudici, che assiste-
- 17 — (1282)
vano il Capitano, nel mese di maggio erano de Limogiis, Sapo-
rito , Bartolomeo de Neocastro (il cronista) e Ansatone (Star-
rabba cit., pag. 123). Probabilmente essi continuarono in carica
nei mesi seguenti. Ne fa cenno Amari , voi. I , pag. 213 e seg.
Giuseppe Del Giudice offre alquante notizie su quei giudici ed
altresì il testo di vari documenti, nella memoria Bartolomeo da
Neocastro, Francesco Longobardo , Rinaldo de Limogiis giudici
in Messina (nelYArch. Stor. Napol., voi. XII, an. 1887, pag. 265
e seg.).
È noto che il celebre Alaimo da Lentini fu poi condannato
a morte nel 1287 per delitto di tradimento. Io ho pubblicato il
documento inedito del 4 agosto 1287 del Re Alfonso , che scri-
veva al Re Giacomo di Sicilia di avere affidato Alaimo e suoi
nipoti a Bertrando de Cannellis per consegnarglieli (Documenti
su le relazioni del Re Alfonso III di Aragona con la Sicilia
(1285-1291). In Anuari (1908) de VInstitut dJ Estudis Catalans.
Barcelona, pag. 352 , doc. XII). Sembra quindi probabile che la
data del viaggio fornita dal cronista Bartolomeo di Neocastro
non sia esatta. Cfr. su ciò Amari, 9* ediz., voi. II, pag. 177.
Dell'autenticità di questo documento, di luglio o agosto 1282,
per il castello di Galatabiano non potrebbe dubitarsi, anche per-
chè esiste l'atto di protesta del 1267 di frate Margarito, procura-
tore dell'Arcivescovo di Messina , e dal quale si desume la vio-
lenta spoliazione dei beni fatta da Vassallo Amelina, incaricato
di « accipere possessionem dicti castri prò parte regia , iuxta
mandatum regium » (Starrabba cit., pag. 199).
Su questo e su altri documenti del Capitano Alaimo fornisce
varie notizie Cartelliera Peter von Aragon cit., pag. 160. — Pi-
sano Baudo, Storia di Lentini. Ivi, 1902, voi. II, pag. 151 rife-
risce alcune righe dell' inizio del documento , attribuendolo per
equivoco all'altro del 15 agosto.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag.
(1282) — 18 —
V.
, agosto 15, indizione 10», Messina.
Alaimo da Lentini, Capitano di Messina e Catania e da Tusa
sino ad Augusta , ed il Consiglio e Comune di Messina , per i
soccorsi di uomini e cavalli spediti durante V assedio dai Sira-
cusani, li esimono dal pagamento dei diritti di dogana nella
città e distretto di Messina, perchè in tal modo «tam ipsi quam
alii ad conferendum nobis similia animantur».
L'originale documento si conservava prima nell'Archivio del
Senato di Siracusa, ma ora è perduto. Esisteva sino all'anno 1659,
come affermano Aglioti e Gallo, che indico appresso.
Se ne ha una copia nel Liber Privilegiorum a fol. 144 r. nel
Municipio di Siracusa.
La pergamena aveva un sigillo pendente, come è detto in fine
di una copia estratta dalla segreteria del Senato di Siracusa nel-
l'anno 1659. « Sigillum est cerae rubrae, ex una tantum parte i-
maginem habens, ex alia nihil. Pendet suspensum serico croceo
et rubeo ad finem pergameni sub subscriptione Notarii » . Dà no-
tizia di questo sigillo Aglioti, Spiegazione di due antiche mazze
di ferro. Venezia [Messina] 1740, pag. 211 : « Osserverete che nel-
l'interregno dopo il Vespro siciliano usava Messina per insegna
un leone rampante , che sosteneva un stendardo con la Croce e
lettere intorno Fert leo vexillum Messane cum Cruce signum».
La figura del sigillo è nella tav. ultima del volume, figura II.
Gallo, Annali di Messina, nell'Apparato. Messina, 1756, pag. 75,
riproduce quasi con le stesse parole la descrizione dello stemma
data da Aglioti , ed offre il disegno del sigillo , in fine , fig. 3.
Nel t. II degli Annali a pag. 132 ; 2a ediz., pag. 137, descrive il
sigillo, ed aggiunge : « II leone è allusivo al cognome dello Stra-
digò Leontini » .
Il testo del documento fu pubblicato prima da Aglioti, Spie-
gazione cit., doc. IX col titolo: «Privilegio accordato dai Messi-
nesi a Siracusani », ricavandolo dalla copia estratta nel 1659 dal-
l'originale. Gallo ne ristampò il testo nel t. II, pag. 131, e poi
Previtera, Storia di Siracusa antica e moderna. Napoli , 1879,
voi. II, pag. 497, lo riprodusse sull'edizione datane dal Gallo.
— 19 — (1282)
Del documento dà notizia Amari 3a ediz., voi. 1, pag. 246 in
nota. Lo accenna pure Cosentino, Un diploma relativo al Vespro
Siciliano (in Arch. Stor. Sicil., voi. XII, 1887, pag. 41, nota 1).
È importante perchè dimostra i rapporti fra le città di Sicilia ,
che tenevano governo repubblicano. La daiazione è così designa-
ta : « Tempore dominii Sacrosante Romane Ecclesie et felicis Com-
munitatis Messane anno primo». Il notaro Matteo de Synapis
forse è lo stesso che Matteo de Sinagra indicato nel documento
precedente di luglio-agosto , e 1' equivoco sarà incorso nella tra-
scrizione del 1659. Vito La Mantia , Antiche Consuetudini delle
città di Sicilia. Palermo, 1900, pag. CXL offre alquanti cenni su
tale documento, trascritto nel Lib. Primi, di Siracusa. Sebastiano
Pisano Baudo nella Storia di Lentini. Ivi, 1902, voi. II, pag. 151
ricorda questo documento, che confonde con l'altro anteriore per
restituzione di Galatabiano , e indica lo stemma della famiglia
Lentini.
VI.
1282, dopo il 30 agosto.
I Siciliani (Universitas Siculorum) inviano al Papa Marti-
no IV una lettera, nella quale descrivono lungamente gli eccessi,
che si commettevano dagli Angioini (Gallica gens effera, absque
Consilio, sine prudentia), nonostante che sin dal principio di quel
dominio i Siciliani avessero creduto « sub pacis copia et opulenta
requie gaudere». Ricordano al Papa che egli non li ha voluto
proteggere , quantunque avessero alzato il vessillo di S. Pietro
ed infocato il nome della Santa Chiesa Romana , ma che Iddio
permise che un altro Pietro venisse in loro aiuto. Pertanto esor-
tano il Papa a non incrudelire contro di essi.
La lettera è indicata dal Pirri, Sicilia Sacra. Panormi [Vene-
tiis] 1733, t. 1, pag. 150, come esistente in copia in una Cronaca
della Chiesa vescovile di Girgenti , ed in un manoscritto presso
l'abbate La Farina.
Nel volume ms. Qq. E. 142 del Thesaurus siculus di F. Serio
e Monuitore è segnata tale lettera, citandosi I'Anonimo.
(1282) — 20 —
È inserita nella Cronaca di Anonimo, cap. XL edita da Mar-
tène, Thesaurus t. Ili, col. 34-37; da Muratori, Rerum ital. script.
t. X, col. 838-841; Burmanno, Thesaurus Sicil. t. V, col. 26-28;
e Gregorio , Bibliotheca script. Arag. t. II , p. 153 a 156.
Fu pubblicata la lettera la prima volta dal Pirri op. cit. nel-
l'edizione originale, 1634, t. I, pag. 151. Venne quindi ristampata
da Filadelfo Mugnos, Raguagli historici del Vespro Siciliano. Pa-
lermo, 1669, pag. 115-121 (il testo non appare alterato da lui, che
soleva anco inventare documenti). Raynaldi , Annales ecclesia-
stici. Lucae, 1748, t. Ili, pag. 538, an. 1282, § 19, ne inserisce un
frammento tratto da un manoscritto del conte Federico Ubaldini.
Altre ristampe, ricavate dall'edizione del Gregorio , sono in
Palmeri, Somma della Storia di Sicilia. Palermo, 1834, voi. Ili,
pag. 285, Saint-Priest, Hist. de la conquète, t. IV, pag. 279 ; e
De Renzi, Il secolo decimoterzo e Giovanni da Procida. Napoli,
1860, pag. 340.
Particolare notizia ne offre Amart, 9a ediz., voi. I, pag. 292.
Pirri crede erroneamente, e senza prove , che per presentare la
lettera al Papa sia stato destinato l'Arcivescovo di Palermo, Pie-
tro de Santafede ; ma costui era francese e non palermitano , e
quindi poco propenso ai Siciliani , come si rileva ora dalla me-
moria dell' illustre archivista Henri Stein , Testament de Pierre
de Sainte-Foi, archevéque de Palerme (1283) inserita nel t. LXXIII
della Bib Ho thèque de l'École des Charles. Paris, 1912, p. 436 e seg.,
sebbene 1' autore non escluda la possibilità di tale missione. A-
mari, pur non conoscendo il documento edito dallo Stein , non
l'ammetteva, perchè riteneva « che queir arcivescovo fosse stato
tutto di parte angioina». Op. cit., pag. 293, nota 1. — Ho dato an-
nunzio della memoria di Stein, neWArch. Stor. Sicil., an. XXXVII,
1912, pag. 530.
L'altro Pietro, ricordato nella lettera, è evidentemente Pietro
di Aragona, venuto allora in Palermo ed acclamato loro Re dai
Siciliani. Notevoli sono le parole su la venuta di Pietro, la quale
si finge quasi inopinata e voluta misteriosamente da Dio : « Invo-
care ex insperato in presidium nostrum voluit et cum paucis co-
mitibus destinare, quod non vacat a misterio » .
— 21 — (1282)
VII.
, settembre 14, indizione 11% Messina.
Il Re Carlo I d'Angiò scrive ad Alaimo, inviandogli una per-
gamena (nuda membrana) per notarvi quanto egli desidera. Pro-
mette a lui il perdono della sua ribellione, ed un vistoso assegno
« dummodo nomen nostrum tantum facias invocari per populum »,
e gli consegni sei cittadini messinesi (de civibus fariis) per la
débita punizione, rimettendo agli altri ogni colpa.
Alaimo, in una breve risposta , respinge le offerte fatte dopo
le vittorie ottenute nell'assedio contro gli Angioini.
Il testo di queste due lettere, che forse saranno' rese più brevi,
ma sembrano autentiche, è riferito da Bartolomeo di Neocastro
nella Historia Sicula edita da Amato , De principe tempio. Pa-
normi , 1728, pag. 538" e seg., Muratori, Rerum ital. script.,
t. XIII, col. 1049, e da Gregorio , Biblioth. scrip. Arag. , t. I ,
pag. 60. Pisano Baudo , Storia di Lentini. Ivi , 1902 , voi. II ,
pag. 161 lo ristampa, traendolo dal Gregorio.
Ne fa particolare menzione Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 255.
Sebbene questi due documenti siano posteriori al 10 settem-
bre, nel quale giorno il Re Pietro ordinò di prestarsi a lui dalle
città di Sicilia il giuramento di fedeltà, li ho compresi in questa
serie, perchè l'assedio in Messina fu tolto a 26 settembre , ed il
Re Pietro vi entrò a 2 ottobre. Gfr. Amari, 9a ediz., voi. I, p. 306
e 314. A 6 ottobre la Comunità (o repubblica) di Messina indi-
ca vasi con olim. — V. il documento (n. IX) del 1282, aprile-set-
tembre, per i conti dei Tesorieri.
Vili.
1282, settembre, dopo il 36.
Alaimo da Lentini, Capitano della città di Messina, « ac prò
parte Gommunis Sicilie magister Portulanus citra llumen Salsum»,
(1282) — m —
concede « de voluntate, Consilio et eonsensu Consilii, Iudicum et
Gommunis ipsius civitatis Messane ac quorundam proborum viro-
rum Sicilie tunc Messane degencium » a Gualtieri di Caìtagirone,
in ricompensa dei danni sofferti da Itti nell'assedio posto in Mes-
sina da Carlo d'Angiò, la libera estrazione di salme quattrocento
di frumento dal porto di Terranova per fuori regno, dal mede-
simo vendute ad alcuni mercanti pisani.
Di questo documento, nel quale era apposto il sigillo (sub sigillo
Gommunis Messane), si ha memoria precisa in altro del Re Pie-
tro del 5 gennaro 1283, per il motivo che, essendo stata la nave
dei Pisani sequestrata nel porto di Palermo , perchè conteneva
frumento estratto dalla Sicilia ed in maggior quantità della con-
cessione , il Re ordinava che si permettesse di portarlo ad loca
licita extra Regnum, pagando il dritto di estrazione per la quan-
tità oltre le 400 salme. Carini, De rebus regni Siciliae, pag. 254,
e seg.
Amari, 9» ediz., voi. I, pag. 265 ne fa «ricordo , aggiungendo
alcune considerazioni sulla potestà di Alaimo per quella conces-
sione.
La data del documento è posteriore al 26 settembre, nel qual
giorno finì l'assedio di Messina , ed anteriore al 2 ottobre. — V.
quanto ho detto sul documento del 14 settembre (n. VII).
Gualtieri di Caìtagirone è notissimo per la ribellione poi com-
messa, con l'intento di dare la Sicilia nuovamente agli Angioini,
e per la fine infelice, essendo stato condannato a morte a 22 mag-
gio 1283. Su tali fatti basta indicare Amari , 9a ediz. , voi. I ,
pag. 365 ; voi. II, pag. 9 e seg.
IX.
aprile a settembre, Messina.
Conti resi da Bartolomeo de Brucaya e Berlinghieri Taclerio,
che furono già Tesorieri del Comune in Messina (thesaurarii olim
comunis civitatis Messane), intorno agli introiti ed esiti avvenuti
durante il tempo del loro ufficio.
• — 23 — (1282)
Si ha la sola notizia di tali conti , che dovevano presentarsi
in ottobre 1284 per ordine del Re Pietro, il quale ordinava a due
cittadini di Messina , razionali della Corte , « quatenus receptis
presentibus, dictis thesaurariis corani vestri presencia constitutis,
recipiatis ab eis tesaurarie ipsorum offìeii racionem debitam et
fìnalem » .
L'ordine regio del 6 ottobre 1282 è pubblicato da Carini, De
rebus Regni Siciliae, pag. 64.
Ne fa cenno Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 259, nota 5, che cita
il volume dei Bicordi.
La data di aprile si riferisce all' inizio della rivoluzione in
Messina , dopo la metà di quel mese (Cfr. Amari , pag. 269) , e
corrisponde a quanto dice 1' Anonimo (in Gregorio , Biblioth.
script. Arag., t. II, pag. 147) che i Messinesi , prima contrarii ,
seguirono la ribellione « in fine quasi dicti primi mensis dictae
rebellionis » , cioè di aprile.
DOCUMENTI FALSI
X.
1277 a lu281 (nel pontificato di Nicola III).
Alaimo da Lentini, Palmeri Abbate, Gualtieri di Caltagirone
ed i nobili di Sicilia chiedono la protezione del Re Pietro di A-
ragona, per essere liberati dalle oppressioni che soffrono. Dicono
che quando non potranno scrivergli, dia ascolto a quanto gli ma-
nifesterà il Procida.
Il testo si trova nella Historia Conspirationis edita la prima
volta da Gregorio, Biblioth. script. Arag., t. I, pag. 253.
Fu ristampato da N. Palmeri, Somma della Storia di Sicilia,
voi. IH, pag. 282. Vincenzo Di Giovanni riferì la lettera secondo
le varie lezioni del Rebellamentu , del Liber Jani de Procita e
della Leggenda di Messer Gianni di Procida, offrendone i testi
a riscontro (nel volume Ricordi e documenti del Vespro Siciliano,
pag. 12). Tale sistema dei testi paralleli, adoperato dal Di Gio-
vanni nel 1882 , fu poi riprodotto da Amari , 9a ediz. , voi. Ili ,
pag. 26 e seg. , che aggiunse il confronto con la Cronaca del
Villani. La lettera al Re Pietro è a pag. 52, e non ha riscontro
nel Villani.
Sebbene il documento non appartenga al tempo della rivolu-
zione, e lo preceda di poco , non può omettersi di indicarlo tra
i documenti falsi , anco per mostrare quali tradizioni corressero
nel secolo XIV su i preparativi della riscossa.
Surita negli Anales de la Corona de Aragón. Qaragoca, 1610,
lib. IV, cap. XIII, fa particolare menzione di questo documento :
« segun hallo escrito por un autor de aquellos tiempos » . Ne fa
cenno Pisano Baudo, Storia di Lentini. Ivi, 1902, voi. II, pag. 165.
Sul valore delle varie narrazioni del Rebellamentu e la deri-
vazione dalla Cronaca del Villani è utile consultare , oltre la
— 25 — (1282)
nota Appendice di Amari, «Esposizione ed esame di tutte le au-
torità istoriche sul fatto del Vespro » , inserita nell' ediz. di Pa-
rigi del 1843 ed accresciuta nelle posteriori, anche le due Appen-
dici (IV e V) al lavoro del Cartellari, Peter von Aragon und
die sizilianische Vesper , pag. 216-235. L'Appendice IV concerne
la «derivazione della Leggenda », e la V « la relazione della Cro-
naca di G. Villani » con le varie narrazioni.
Di recente ha nuovamente trattato questo argomento il prof. G.
B. Palma nell' importante memoria Lu Rebellamentu di Sichilia,
(neWArch. Stor. Sicil., an. XXXV, 1910, pag. 399 e seg.).
REGNO DI PIETRO I
(7 settembre 1282 a IO novembre 1285)
GIACOMO LUOGOTENENTE GENERALE DEL REGNO
dal 7 maggio 1283 in poi
NOTIZIE PRELIMINARI
§ 1. Nuovo governo monarchico stabilito in Sicilia. — lnti=
tolazione regia nei documenti.
Il Re Pietro I, invocato dai Siciliani sin dal tempo della co-
spirazione formatasi in Sicilia ed in Catalogna per trarre in ro-
vina la dominazione degli Angioini, venne nell'isola, per assu-
mervi la regia potestà , in seguito al Parlamento tenuto in Pa-
lermo in agosto 1282 nella chiesa fondata dall'Ammiraglio Pietro
d'Antiochia (in Ecclesia Sancte Marie de Admirato), come ricorda
1' Anonimo , cap. 40 (in Gregorio , Bibl. script. Arag. , t. II ,
pag. 148).
Fu evidentemente adoperata allora la finzione di una scelta
quasi improvvisa del nuovo sovrano , che nelle coste africane
guerreggiava con onore , ed era tanto vicino alla Sicilia da po-
tere sollecitamente accogliere l' invito che a lui veniva fatto. I
cronisti Neocastro (cap. 16 , in Gregorio cit. , t. I , pag. 35) e
D'Esclot (cap. 85, 86 in Buchon, Chroniques cit., pag. 631) ma-
nifestano quale grande diffidenza si avesse nella Corte papale ed
in quella angioina per la spedizione in Africa, perchè si riteneva
che invece il Re Pietro « ad invasionem Sicilie motus , dirigat
vires suas ».
Il medesimo Re Pietro in vari documenti espone chiaramente
l'origine del suo nuovo dominio, e basta indicare le lettere dei
15 gennaio e 9 febbraio 1283 (Carini, De rebus, pag. 282, 479 e
seg.), nelle quali dice che, mentre egli trovavasi nelle regioni di
Barberia, avvenne (accidit , nobis ibi degentibus) che i Siciliani
(1282 - 85) — 30 —
per nuove oppressioni degli Angioini inviarono a lui i propri
ambasciatori, richiedendolo di liberarli dalla servitù, ed accettare
l'offerta del regno, «et ad sumendum ipsius dominium, pietatis
intuitu, postpositis omnibus, veniremus».
Aggiunge ancora il Re che i Siciliani avevano dichiarato che,
se egli non avesse secondato i loro voti, avrebbero preferito se-
guire la religione di Maometto , poiché il rimanere sotto il do-
minio degli Angioini « sibi erat perire quam vivere , tot indefi-
cienter patibulis terebantur » ; onde il Re commosso, invece di
continuare la guerra contro i Saraceni, che peraltro non recavano
danno ai Cristiani (quam Sarvacenos prosegui Christianos minime
offendentes), risolvette di recarsi in Sicilia. Carlo d'Angiò infatti
non come vero signore , « et ex successione legitimas , regebat
gentem sibi subdita m naturalem», ma come un invasore; e per
tal motivo la Sicilia si ricordò dei precedenti sovrani , «et felicis
non immemor precessorum nostrorum domimi, et a predonis ma-
nibus cupiens eripi, et naturali um dominorum reddi dominio».
Dopo tre giorni dal suo arrivo in Palermo, cioè nel 7 settem-
bre , il Re Pietro tenne un Parlamento « ab totes les gents de
Palerm e des viles e dels Castells de Cecilia que de cascun lloch
ni havia dels millors » , ed approvò le buone consuetudini del
tempo del Re Guglielmo, e ricevette 1' omaggio dei nobili e dei
buoni uomini delle città e terre , come dice D'Esclot (cap. 91 ,
ediz. Buchon, pag. 636).
Furono inviati dal Re a 10 settembre ordini ai comuni, che
ancora non avevano prestato giuramento , per destinare i loro
nunzi (sindici) , e se ne ha notizia nella cronaca del Montaner
(cap. 60, ediz. Buchon , pag. 266). Si conserva il documento di
quell'annunzio, nel quale si legge : « cum iura dictent ab univer-
sitate vestra et singulis aliis universitatibus debite fidelitatis et
homagii nostre magestati prestentur corporalia iuràmenta (Carini,
De rebus, pag. 9). Il Re proclamava allora che per quattro mo-
tivi egli era venuto in Sicilia , cioè per il diritto spettante alla
moglie sul regno, per le oppressioni del Re Carlo d'Angiò, per
l'invocazione del nuovo dominio e del suo aiuto (felix subsidium)
fatta dalle città dell'isola , ed infine per il suo proposito di de-
bellare il nemico.
Il giuramento dì fedeltà fu prestato esattamente da tutti i co-
muni, perchè il Re Pietro a 20 ottobre diceva : « fidelitatis et ho-
— 31 — (1282 - 85)
magii sacramentis nobis, domine regine consorti nostre et filiis
nostris et heredibus ab universis hominibus terrarum et locorum
predictorum corporaliter prestitis, ut est iuris » (Carini, De rebus,
pag. 109).
L'espressione iura dictent e l'altra ut est iuris, adoperata per
il giuramento , si riferiscono sicuramente alle tradizioni sveve ,
ossia al sistema vigente sotto l'imperatore Federico, nel IMO ,
dell' intervento dei nunzi dei comuni demaniali al Parlamento
(Huillard - Bréholles , Historia diplomatica Friderici Secundi.
Parisiis, 1859. t. V, p. II, pag. 793); e peraltro è noto che nel 1258
il Re Manfredi cinse la corona in Palermo , in seguito alla ri-
chiesta fattane dai nobili, dagli ecclesiastici e dai « singularum
quoque magnarum civitatum nuntii, ex parte civitatum suarum »,
i quali intervennero nella cerimonia della coronazione (Cronaca
di Iamsilla, ediz. Del Re , Cronisti e scrittori sincroni napole-
tani. Napoli, 1868, voi. II, pag. 200).
Proveniva l'obbligo del giuramento al Re, oltre che dalle nor-
me del diritto feudale comune e dai patti della pace di Costanza,
nei quali era stabilito : « Vassalli nostri a nobis investituram re-
cipiant et fìdelitatem faciant sicut vassalli , caeteri omnes sicut
cives» (Lunig, Codex Italiae diplomatici^, t. Ili, col. 4»), anche
dai ricordi delle leggi di Alfonso il Savio, Re di Castiglia negli
anni 1252 a 1284, il quale in un particolare capitolo sanciva al-
tresì « en que manera deve honrrar el pueblo al Rey nuevo que
reynare» {Seg linda Partida, tit. XIV, ley XX. Códigos de Espana,
ed. Martinez Algubilla, Madrid, 1885, pag. 312).
Il Re Pietro I per le continue guerre in Sicilia non potè co-
ronarsi, e sono fantastiche le dipinture e le iscrizioni (ora per-
dute), che vari secoli dopo furono apposte nella Cappella nor-
manna .dell' Incoronata allato la cattedrale di Palermo (Amari ,
9a ediz., voi. I, pag. 292; voi. IH, pag. 443 e seg.; Di Giovanni,
La topografia antica di Palermo. Ivi, 1890, voi. II, pag. 221 e
seg.), e le altre che il Viceré Conte di S. Stefano fece eseguire
dopo il 1679 nella galleria del palazzo reale, come attesta Auria,
Istoria cronol. dei Viceré di Sicilia. Palermo, 1697, pag. 175.
Ha inizio col regno di Pietro il sistema della convocazione
periodica dei Parlamenti in Sicilia, che sotto il dominio del Re
Carlo d'Angiò erano stati del tutto aboliti , perchè costituivano
guarentigie di libertà. Il Re Pietro invece, tenendo conto della
(1282-85) — 32 —
volontà del popolo, fu acclamato Re nel Parlamento del 1282 in
Palermo, provvide nell'altro tenuto in Catania in novembre (di-
nanzi ai sindici scelti dalle popolazioni demaniali) prò reforma-
cione status ipsitis provincie [Sicilie], abolendo le collette intol-
lerabili ed il diritto di marineria (Carini , De rebus , pag. 139 ,
196 e 225), e finalmente in quello di aprile 1283 in Messina, prima
di partire dalla Sicilia, die le norme per il governo, la luogote-
nenza durante il tempo di sua assenza, e la successione nel re-
gno (Neocastro, Hist. Siculo,, cap. 63, in Gregorio, Bibl. script.
Arag., t. I, pag. 90).
Era fermo proposito del primo Re aragonese di non limitare
all'isola soltanto il suo dominio, ma di estenderlo alle provincie
continentali dell'antico regno di Sicilia. Manifestava egli infatti
a 20 ottobre 1282 al Conte Guido di Montefeltro, dopo la vittoria
di Reggio di Calabria : « Totum Regni residuum ad nostrum do-
minium , divina operante clemencia , credimus convertendum »,
ed esortava il Conte suddetto a recare coi comuni amici danno
agli Angioini per cacciarli dal regno. Così scriveva pure a Corrado
d'Antiochia, ed a prelati, nobili ed altri di terraferma (Carini ,
De Rebus, pag. 108, 110, 124). 11 Re ripeteva quelle sollecitazioni
in gennaro 1283 (quando peggioravano le sorti dei nemici in Ca-
labria) ai medesimi Conte di Montefeltro , e Corrado di Antio-
chia, ed a Francesco Troisio (altro cospiratore di gennaio 1282),
ad Annibaldo di Milano, ai Romani ed agli esuli siciliani (Ca-
rini, cit., pag. 277, 279, 281).
La sperata sollevazione però non avvenne ; ma gli assalti e
le occupazioni di città, terre e castelli delle provincie napolitane,
e tinanco della capitale e delle isole vicine , per opera dei Sici-
liani, furono frequenti nell'epoca del dominio di Pietro I e dei
suoi successori sino al 1347, durante il regno di Ludovico, quando
i cittadini di Napoli (come dice un cronista) invocarono la pace,
« che non potiano omni jorno comportari quisti simili invasioni
et insulti et guerri » (G. La Mantia, La guerra di Sicilia contro
gli Angioini negli anni 1313-1820 ecc. Palermo, 1910, pag. 63 e
seg.).
Per l' intitolazione sovrana conviene ricordare che I'Anonimo
(cap. 40) afferma che il Re Pietro I , appena venuto in Sicilia ,
usava il suo titolo nei documenti in questo modo : « Petrus
dei gratia Rex Aragonum et Siciliae , regnorum suorum Arago-
— 33 — (1282 - 85)
num anno septimo, Siciliae vero primo » (Gregorio, Bibl. script.
Arag. , t. II , pag. 149). Ciò corrisponde esattamente coi docu-
menti del registro 53 del Re Pietro. Nel primo documento di tale
registro si legge : « Petrus Dei gracia Aragonum et Sicilie Rex »
nell'intitolazione, e così in alquanti altri, trovandosi d'ordinario
abbreviata l'intitolazione nei registri.
§ 2. Datazione dei documenti.
È degno di nota quanto si ricava dall'ultimo documento del
registro 53 , del 30 dicembre 1282 , che è la convenzione per il
duello tra i Re Pietro e Carlo d'Angiò, che doveva avvenire nella
città di Bordeaux (V. doc. n. XVI).
Viene ricordato in quel documento del 30 dicembre del Re
Pietro, come pure nell'altro consimile del Re Carlo d'Angiò dello
stesso giorno, che sebbene sembrino discordare le date, ciò non
si avvera affatto, e che la differenza deriva dal diverso computo,
perchè la Cancelleria del regno di Aragona e di altre parti ol-
tramontane riconosce l'inizio dell'anno dalla Incarnazione, men-
tre la Cancelleria angioina segue per il computo l'uso della Chiesa
Romana tociusque fere Ytalie , cioè dalla Natività , e quindi la
data del 30 dicembre 1282 (computo aragonese) e 1283 (computo
angioino) corrisponde al medesimo anno 1282.
L'erudito Nicolò Buscemi nel suo pregevole lavoro La vita di
Giovanni da Procida privata e pubblica, Palermo, 1836, pag. Vili
dei Documenti, riferì quella parte del documento sopra ricordato
che concerne il computo cronologico delle due Cancellerie regie.
Sul sistema aragonese del computo dalla Incarnazione dà varie
importanti notizie Gregorio, Bibl. Script. Arag. t. I, pag. 513-516.
In alcuni documenti contenuti nel reg. 53 di Pietro I si trova
la datazione per colende, none e idi secondo il sistema romano;
ma di consueto vedesi adoperato alternatamente quel metodo dal
Re Pietro e dal suo Luogotenente Giacomo, insieme all'altro fre-
quente della indicazione più semplice del numero ordinale del
giorno.
Negli atti notarili alla datazione si aggiungeva l'indicazione
del sovrano regnante. Il prof. Cosentino , Un diploma relativo
al Vespro Siciliano (in Arch. Stor. Sicil. an. XII, 1887, pag. 42)
ha fatto cenno di un atto del 14 settembre 1282 esistente nel Ta-
G. La Mantia, God. dipi. arag. 3
(1282-85) — 34 —
bulario della Magione (perg. 153, Arch. di Stato di Palermo), e
che è perciò dei primi giorni del nuovo regno di Pietro 1. In
quel documento è detto : « Regnante' serenissimo domino nostro
domino Petro dei gratia inclito Aragonum et Sicilie Rege».
§ 3. Registrazione dei documenti nella Cancelleria del Regno.
Il metodo di registrazione dei documenti nell'officio della Can-
celleria del regno di Sicilia sotto il Re Pietro I si palesa chia-
ramente dai registri 53 e 54 editi dal Carini nel volume De re-
bus. Ne ho date varie notizie nella monografìa Su l'uso della re-
gistrazione nella Cancelleria del regno di Sicilia dai Normanni
a Federico III d'Aragona (in Arch. Stor. Sicil. an. XXXI, 1906,
pag. 203 e seg.). Ho rilevato come in quell'epoca e sino al regno
di Federico II aragonese, e propriamente al 1319, non si avesse
registrazione dei documenti nell'officio del Protonotaro del Regno.
L'illustre prof. Finke nella raccolta degli Ada Aragonensia.
Quellen aus der diplomatischen Korrespondenz Jaymes II (1291-
1327). Berlin, 1908, voi. I, pag. XCIX , osserva che « i registri
di Pietro durante il periodo del vigoroso dominio siciliano di-
mostrano una forma del tutto diversa (reg. 53 e 54), che non si
rinviene sotto il governo del suo successore Alfonso ».
Per il periodo posteriore al 6 maggio 1283, cioè dopo la par-
tenza del Re Pietro I dalla Sicilia per la Catalogna, non si hanno
registri speciali per l'isola, ma i documenti, che vi si riferiscono,
sono riuniti con gli altri che concernono la Catalogna e 1' Ara-
gona, e dei quali ha dato solamente il riassunto Carini, Gli Ar-
chivi e le Biblioteche di Spagna cit., voi. II, pag. 2 e seg.
§ 4. Luogotenenza di Giacomo, figlio secondogenito del Re
Pietro. — Potestà attribuite. — Registri di tale epoca
perduti.
Prima di partire per la Catalogna, donde dovea recarsi in Bor-
deaux per il duello, il Re Pietro I convocò il Parlamento in Mes-
sina verso la fine di aprile del 1283. Dice il cronista Nicolò Spe-
ciale nell' Historia Sicula , cap. 25 (in Gregorio , Bibl. Script.
Arag. t. I, pag. 321) : « Post haec syndicis universitatum Sicilie,
— 35 — (1282 - 85)
qui Messanam iussu Regis convenerant , Rex Petrus alloquutus
est », ed aggiunge che raccomandò ai Siciliani la regina ed i figli
« tamquam dulce pignus et monumentum amoris antiqui », e creò
Guglielmo di Catanzaro Vicario in Sicilia, Alaimo di Lentini Mae-
stro Giustiziere , Giovanni da Procida Cancelliere del Regno , e
Ruggiero di Lauria Ammiraglio. D'Esclot (cap. 104, in Buchon,
Chroniques cit., pag. 648) rileva meglio l'alta potestà conferita
alla regina Costanza ed al figlio Giacomo, poiché ricorda che il
Re « hac stablit sos balles e sos vicaris per tota Cecilia , si los
feu comandament que tots fessen lo manament de la reyna e de
son fili En Iaume axi com per eli».
Nel giorno stesso della partenza (6 maggio) il Re elesse in
Trapani il nobile Pietro de Queralt capitano o Vicario in Sicilia
al di qua del fiume Salso « loco et vice illustris Iacobi karissimi
filii nostri », per il quale il Re dice che « egli sostiene per nostro
mandato il luogo e le veci nostre in generale in tutto il nostro
regno di Sicilia » (Carini, De rebus, pag. 633).
La dignità di Giacomo era pertanto quella di Luogotenente
generale del regno. Un documento (che pubblico appresso) del
18 novembre 1284 del Re Pietro è diretto : « Inclito et karissimo
fìlio suo Infanti Iacobo, suo in regno Sicilie futuro successori et
heredi ac generaliter locum eius tenenti». Di esso die un sunto
Carini, Gli Archivi e le Bibl. di Spagna, voi. II, pag. 6.
Il Re Pietro I dalla Catalogna inviava negli anni 1283 a 1285
alla regina Costanza, all'Infante Giacomo, a Giovanni da Procida,
ed a vari officiali , alquanti ordini e provvedimenti riguardanti
la Sicilia; e si ricava così la prova che la suprema prerogativa
reale veniva esercitata in modo preciso , e contemperata con le
facoltà concesse al Luogotenente generale nell'isola, e che il Re
Pietro èra informato di tutto quanto concerneva i maggiori in-
teressi del regno , come riesce manifesto specialmente dalla let-
tera al Procida del 29 luglio 1283 ( Saint- Priest, Histoire de la
conquète, t. IV, p. 232, e ristampa in Carini , De rebus, p. 433).
Altri ordini erano diretti ad officiali di Catalogna , e concerne-
vano la Sicilia.
Non sono perciò infondate, come le dice Amari, le notizie per
dichiarazione di successione di Giacomo nel regno , che dà il
Neocastro , già da me indicate. Le espressioni erede e succes-
sore derivano senza dubbio dalla cessione del regno di Sicilia
(1282-85) - 36 -
(comprese le Provincie continentali) fatta al secondogenito Gia-
como, che viene ricordata in un documento inedito dell'8 mag-
gio 1285, da me rinvenuto nell'Archivio della Corona di Aragona
in Barcellona, e che ho pubblicato nella mia memoria Relazioni
del Re Alfonso III di Aragona con la Sicilia (ne\V Anuari (1908)
de l'Institut d'Estudis Catalans, pag. 346).
Le potestà attribuite al Luogotenente Infante Giacomo certa-
mente erano assai ampie. Nondimeno anche la regina Costanza
emanava talvolta ordini, e ciò dimostra il motivo di esplicita ri-
serva, contenuta in un privilegio del 18 gennaio 1300 del Re Fe-
derico II , la quale si riferisce ad eventuali concessioni di suo
padre Pietro I, della madre e del fratello Giacomo.
L'Infante adoperava questo titolo nei suoi documenti : « laco-
bus Infans illustris regis Aragonum et Sicilie fllius, suus in regno
Sicilie futurus successor et heres, ac eius in eodem regno gene-
raliter Locumtenens ». (Vito La Mantia, Consolato del mare e dei
mercanti e capitoli vari di Messina e di Trapani, Palermo, 1897,
pag. V, doc. del 15 dicembre 1283). Le facoltà del Luogotenente,
oltre che all'essere dipendenti in parte dalla volontà del Re, pare
che fossero talvolta soggette pure a quella della regina , poiché
nel suddetto documento , riguardante il permesso accordato ai
Messinesi di eligere dovunque un Console, si legge : « auctoritate
qua fungimur, de beneplacito et mandato predicte domine regine
domine matris nostre».
L' autorità del Re Pietro era di consueto indispensabile per
corroborare gli ordini del Luogotenente. Essa doveva venire anco
richiesta nel caso di ordine dato dalla regina al Luogotenente.
Nel documento sopra ricordato è questa espressa riserva : « be-
neplacito et mandato predicti domini regis domini patris nostri
preservatis, et in omnibus semper salvis». Erano quindi le po-
testà di Giacomo quelle che invero spettano ad un Luogotenente,
il quale per i privilegi e per gli affari più gravi deve ottenere
l'approvazione ed il consenso o beneplacito regio.
I registri del tempo della luogotenenza di Giacomo in Sicilia ,
cioè dal 1283 al 1285, sono perduti, per le guerre che avvennero
allora nell' isola. Nel 1906 , poco prima che mi fossi recato in
Ispagna , aveva dubitato che i registri di Giacomo fossero stati
«portati in Aragona nella sua successione a quel dominio, o di-
spersi nell'isola » {Su Vuso della registrazione cit. in Arch. Stor.
— 37 — (1282 - 85)
Sicil., an. 1906, pag. 205). Le mie ricerche in Barcellona dimo-
strarono che non furono inviati in Catalogna quei registri, che
riguardavano esclusivamente la Sicilia. Il prof. Finke negli Ada
Aragonensia cit., voi. I, pag. C e seg. dà soltanto notizia dei re-
gistri del 1291 in poi, esistenti in Barcellona.
§ 5. Pubblicazioni speciali.
Per tale epoca del regno di Pietro I e della luogotenenza di
Giacomo devonsi qui ricordare :
Féraud, Expédition du roi Pierre III a" Aragon à Collo au XIII
siede (nella Benne Africaine, Algèr, voi. XVI, 1872, p. 241 e seg.).
Minieri- Riccio C. — Il regno di Carlo I di Angiò (in Ardi.
Stor. Bai., serie IV, t. 4 a 7, an. 1879-1881) per il periodo del do-
minio angioino in Napoli, trascorso dal 1282 al 1285, e le guerre
contro la Sicilia.
Savio F. — La pretesa inimicizia del Papa Niccolò III con-
tro il Re Carlo! d 'Angiò (in Ardi. Stor. Sicil., voi. XX VII, 1902,
pag. 358 e seg.) , specialmente il cap. VI «Quando il Re Carlo
preparò la guerra d' Oriente e quando i suoi nemici s' accorda-
ono contro di lui ».
Cartelliert 0. — Peter von Aragon und die sizilianische Ve-
sper. Heidelberg, 1904, lavoro assai importante, e che tien conto
delle più recenti investigazioni storiche sui preparativi di con-
quista e sulla rivoluzione del 1282.
Gonzàlez Hurtebise E. — La Crònica general escrita por Pe-
dro IV de Aragon. Barcelona, 1906 (estr. da Revista de biblio-
grafia catalana). Offre le prove per riconoscere in Pietro IV l'au-
tore della cosidetta Cronaca de S. Inan de la Pena, che comin-
cia dai tempi remoti e termina al regno di Alfonso IV. Ne ho dato
annunzio neìVArch. Stor. Sicil. an. XXXI (1906) pag. 551 e seg.,
rilevando come quella cronaca « di origine catalana, e però meno
sospetta di altre francesi o guelfe» sia rimasta ignota all' Amari,
e contenga per le origini della rivoluzione del 1282 il ricordo no-
tevole che conviene riferire : « Mandat igitur [Rex Petrus] statim
nuntiis ut repatriarent , seque regi Carulo Siculi nullam exhi-
beant servitutem, quin potius rebellionem incitent et faciant con-
tra ipsum, tamquam eorum terrarum occupatorem iniustum, pro-
mittens se esse cum eis in brevi, Domino suffragante. Ob quod
(1282 - 85) — 38 —
nuntii, facti immodice ilares, in Siciliani revertuntur, et contro
regem Carolum rébellionis stininlum scitant incunctanter » , cioè
affrettano la rivoluzione senz'altro ritardo.
Il testo di quella Cronaca si trova nel volume intitolato: Hi
storia de la Corona de Aragon (la mas antigua de que se tiene
noticia).... impresa ahora por primera vez. Zaragoza, 1876. Gfr.
cap. XXXVI, pag. 171.
Girona Llagostera U. — Mullerament de V Infant En Pere
de Cathalunya ab Madona Constanca de Sicilia. Barcelona, 1909.
La Manti a G. — Documenti su le relazioni del Re Alfonso III
con la Sicilia, 1285-1291 (ne\V Anuari (1908) de VInstitut d'Estudis
Catalans. Barcelona, 1909, pag. 340 e seg.) per varie notizie del
tempo della luogotenenza di Giacomo.
Botet y Sisò J. — Les monedes catalanes. Barcelona, 1909.
Nel voi. II, pag. 69-75 sono ricordate le monete siciliane del
Re Pietro con l'effìgie di lui, e se ne dà il fac-simile.
REGNO DI PIETRO I
PERIODO DEI PREPARATIVI DI CONQUISTA
XI.
1282, gennaio 18, Algecira.
Il Re Pietro di Aragona scrive al Re di Castiglia, dicendo di
avere ricevuto le lettere di credenza del marchese di Monferrato,
del conte Guido Novello, di Corrado di Antiochia, del conte Guido
di Montefeltro e di altri conti e magnati « Italie ac Regni Sici-
lie » , per mezzo del latore Francesco Troisio , il quale riferirà
a voce la sua legazione « et plura alia sibi commissa». Intorno
all'importante affare della ricuperazione del regno di Sicilia, per
il quale oggetto il Re di Castiglia. generosameute ha promesso il
suo aiuto per mezzo dello scudiere Andrea de Procida, il Re Pietro
richiede quel Re di voler sentire quanto diranno il medesimo Pro-
cida ed il Troisio, e di rispondergli.
(Il documento è segnato : dominus Iohannes, cioè da Procida).
È trascritto nel reg. 47 , fol. 115 del Re Pietro (Arch. della
Corona d'Arag. in Barcellona).
Fir pubblicato la prima volta da Satnt - Priest , Hist. de la
conquète cit. Paris [1847], t. IV, pag. 205. Poi venne riprodotto
da Amari nella 4' ediz. di Firenze (1851), voi. II, pag. 559, che
dice : « diploma pubblicato non è guari » , e nel 1854 da Salva-
tore De Renzi nella Collectio Salernitana , ossia documenti ine-
diti e trattati di medicina appartenenti alla Scuola medica saler-
nitana. Napoli , 1854 , t. Ili , pag. 165 , doc. n. XIII (cfr. pure
pag. 181) , e nel 18(50 dallo stesso De Renzi nell'opera II secolo
decimoterzo e Giovanni da Procida. Napoli, 1860, pag. 295, no-
(1282) — 40 —
ta 14, premettendovi questo argomento : « Giovanni [da Procida]
si trova con Francesco Trogisio e con altri esuli in Aragona, e
probabilmente era Segretario di Re Pietro».
Carini, Gli Archivi e le Bibl., voi. II, pag. 45 ne ristampò il
testo con qualche variante , sul registro di Barcellona ; ma per
equivoco vi ripetè le parole marchionis sino de Antiochia. Egli
lo dice giustamente (a pag. 46): «Documento di capitale impor-
tanza , che chiude tutte le controversie sulla cospirazione ante-
riore al Vespro , e di cui non si è tenuto quel conto che meri-
tava » .
Nel 1886 fu riprodotto da Pasquale RiDOLA^nella monografìa
Federico d'Antiochia e i suoi discendenti (in Arch. Stor. Napol.,
voi. XI , pag. 248) , e nel 1889 dal can. Vincenzo Di Giovanni
nella memoria I documenti dell'Archivio di Barcellona e il rebel-
lamento di Sicilia contro Re Carlo nel 1282 (nel volume Filologia
e letteratura siciliana. Nuovi studi. Palermo, 1889,^pag. 238).
Varie utili notizie su questo documento fornisce il De Renzi,
Storia documentata della Scuola medica di Salerno, Napoli, 1857,
pag. 451, 455-456, e nell'elenco dei documenti in fine delf volume,
doc. n. 135 e 140. Fedele Savio, La pretesa inimicizia del Papa
Niccolò III cit. (in Arch. Stor. Sic, voi. XXVII, 1903, pag. 425)
rileva il grande pregio di tale documento, e nota che il Troisio
era « un esule napoletano che nel 1266 era statoTnegli Abbruzzi
a capo della sollevazione in favore di Corradino».
Amari nell'ediz. del 1851 (pag. 84) fece ricordo diiquesto do-
cumento edito dal Saint - Priest nel 1847, ina soltanto^ per jle
« pratiche tenute a quest'effetto dalle Corti di"Aragona e Casti-
glia », senza dimostrare l' importanza della notizia delle cospira-
zioni dei Ghibellini e dei due fratelli Procida. Dovette però sop-
primere poi le parole della la ediz. (pag. 48), cioè : «Taccion [gli
storici] del rimanente le pratiche con l' impera tor di Costantino-
poli e coi baroni siciliani».
Egli fornì nella 9a ediz., pag. 172 e seg. più estesa menzione
del documento , dopo le osservazioni del Carini , ma ne trasse
una conseguenza inverosimile , affermando che « il documento
non prova affatto che la cospirazione si estendesse nell' isola di
Sicilia » , mentre è esatta 1' altra deduzione che il Procida « se-
guiva il re, fìdatissimo segretario, non viaggiava di quel tempo
in Sicilia per appiccar fuoco all' insurrezione ».
— 41 — (1282)
Per i preparativi della spedizione, avvenuti dal febbraio 1282
in poi, sono notevoli la lettera del Re Pietro del 1° aprile 1282,
pubblicata nel « Memorial historico espanol. Goleccion de docu-
mentos, opusculos y antiguedades que publica la Real Academia
de la Historia». Madrid, 1851, pag. 58, n. 197, e della quale ri-
ferì soltanto alcune parole il Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il,
pag. 47 , e 1' altra del 9 aprile (V Idus) nella quale si ricorda
altresì il risultato di un'ambasceria di Francesco Troisio , edita
per intero dal Carini , ibidem. Amendue le lettere sono dirette
al Re di Castiglia. Cfr. pure le osservazioni che il Carini fa a
pag. 192 e che giova riportare : « La proroga dell' armata sino
al 1° maggio 1282 prova che almeno un mese prima stavan già
affrettati i preparativi ; e come un mese prima fu la Pasqua ,
sembra che D. Pedro stava disposto [ossia pronto a partire] lo
istesso giorno o prima del massacro » [31 marzo]. Di ciò sono
indizio sicuro il documento del 22 febbraio 1282 (Vili kalendas
marcii) e l'altro di proroga, del 30 marzo (in Carini cit., p. 10 e 12).
XII.
1282, maggio 20, Portfangos.
Il Re di Francia, Filippo III, per mezzo dei suoi ambascia-
tori, chiede al Re Pietro d Aragona a quale scopo egli prepari i
grandi armamenti (gran apparell de gens d'armes et de navia),
perchè non si aveva ancora alcuna certezza del luogo , al quale
dovevano dirigersi. Sarebbe contento se il Re Pietro si rivolgesse
contro i nemici della fede cristiana ; però egli teme che quegli
armamenti siano contro il regno di Sicilia.
In un breve memoriale di risposta il Re Pietro dichiara che
quanto egli fa è per servizio di Dio.
Questo documento, con la risposta del Re Pietro, è trascritto
nel registro 47, fol. 118 r. dell'Archivio della Corona di Aragona
in Barcellona.
Fu pubblicato da Saint-Priest, Hist. de la conquète de Naples
cit., t. IV, pag. 203 e seg. Amari lo riprodusse nella ediz. 4a di
(1282) — m —
Firenze, 1851, a pag. 564, doc. IX, ma vi tolse però la risposta
data dal Re Pietro. Neil' indice tale documento (IX) fu designato
da Amari genericamente così : « Atti di un'ambasceria di Filippo
l'Ardito a Pietro d'Aragona, scritti a Portfangos ». Egli soppresse
in tutte le posteriori edizioni il memoriale, tranne nella 9a ediz.
(1886), voi. Ili, pag. 308. Cfr. quanto dice nel voi. I, pag. 274.
Carini, Gli Arai, e le Bibl., voi. II, pag. 49 die un sunto del
documento. .
Riferisco per intero il memoriale, perchè offre alcune varianti
con l'edizione data dal Saint-Priest.
Ago es memorial de la resposta quel Seynor Rey darago
feu a les paraules que sire Alexandre de la loese , e sire
lohan de Garreus li dixeren de part del seynor Rey de
Franga.
E diu que sa voluntat et son proposit fo e est tota via
quel fet que eli ha fet aya fet a enteniment de deu aservir
ago fo fet a Portfangos xiij0 Kalendas Iunii anno domini
m° cc°lxxx° secundo.
Per la sua grande reticenza , quasi a forma di bisticcio , il
memoriale non lascia dubbio su le precise mire della spedizione
del Re aragonese, e sul segreto impenetrabile che la circondava,
per non ostacolare i preparativi dell'assidua cospirazione sicilia-
na , avendo il Re Pietro prima della rivoluzione del 1282 , pro-
messo agli ambasciatori dell' isola « se esse cum eis in brevi ,
Domino suffragante » (Cfr. quanto ho detto nelle Notizie prelimi-
nari, al § 5).
Il cronista Saba Malaspina (ediz. Gregorio, Bibl. script. Arag.
t. II, pag. 343 e seg. ; e Del Re, Cronisti e scrittori sincroni na-
politani cit., voi. II, pag. 322) riferisce il testo delle due lettere,
il quale pur essendo nella sostanza identico a quello contenuto
nei documenti delle Cancellerie reali , è però accresciuto e reso
più elevato nella forma, come peraltro era talvolta costume dei
cronisti. Il Malaspina crede inviate tali lettere innanzi la rivo-
luzione del 1282 ; ma ciò non sarebbe conforme ai fatti dei pre-
parativi di guerra del Re Pietro. Cfr. Amari , 9a ediz. , voi. 1 ,
pag. 158 , che dice per la data doversi assegnare « ai principii
dell'ottantadue. anzi alle prime settimane dopo il Vespro».
— 43 — (1282)
XIII.
1282, maggio 26, Parigi.
L'Infante Fernando, fratello del Re Pietro III di Aragona ,
raccomanda al Re Edoardo d Inghilterra il mercante Bertrando
de Cresuels di Montpellier, e gli manifesta di aver saputo con cer-
tezza da alcuni mercanti arrivati da Roma (de Curia) che il Papa
Martino IV verrà presto in Marsiglia e che varie città di Sicilia
si sono ribellate al dominio di Carlo di Angiò.
Illustrissimo et victoriosissimo principi domino Edwar-
do, Dei gratia regi Angliae, Ferrandus filius bonae memo-
riae regis Aragonum, humile manuum osculamen. Serenis-
sime domine, de vestra magnifica liberalitate confidens, talia
vestrae Celsitudini supplicare praesumo, quae meis meritis
praesumere non auderem. Hinc est quod cum Bertrandus
de Cresuels, burgensis Montispessulani, usum mercandi in
partibus regni vestri exerceat (cui, suis meritis et ipsius pro-
bitate multimoda, sim multipliciter obligatus) vestrae regiae
Maiestati humiliter supplico, quantum possum, quatinus di-
ctum Bertrandum velitis habere, contemplatione mei, spe-
ciali gratiae commendatum. Scio enim ipsum esse talem ,
quod in hiis, quae vestrae dominationi placuerint, conabitur
esse gratus. Ad haec, domine, noveritis quod intellexi prò
certo a quibusdam mercatoribus, qui de novo venerunt de
curia, quod Papa prò certo in brevi veniet Massiliam ; qui
etiam -pro certo dixerunt mini quod quinque civitates Sici-
liae insurrexerunt contra regem Karolum et interfecerunt
omnes Gallicos habitantes in eis. Alia non narrantur Pari-
siis digna referri. Vigeat vita vestra in gratia summi Regis.
Datum Parisiis VII kalendas Iunii.
Documento esistente prima nella Torre di Londra, in « Bun-
dela Literarum et Petitionum».
Pubblicato da Rymer, Foedera, conventiones, literae inter Reges
(1282) — 44 —
Angliae ecc., ediz. 2\ Londini, 1727, t. II, pag. 201 col titolo : « De
Francorum in Sicilia occisione». Ristampato incompletamente
da Buchon, Croniques étrangères. Paris, 1846, pag. 746 in nota, e
da S. De Renzi, II secolo decimoterzo e Giovanni da Procida. Na-
poli, 1860, pag. 338, nota 5.
Per la rarità della edizione fattane, e l' importanza del docu-
mento di provenienza della Corte del Re Pietro d'Aragona , ho
creduto utile di riportarne il testo.
Altro annunzio , che precede di sedici giorni questo dell' In-
fante Fernando di Aragona , fu dato dal Re Carlo d' Angiò a 9
maggio 1282 al Re Filippo di Francia, e fu pubblicato da Amari,
2» ediz. di Parigi (1843), voi. II, pag. 304, che ricorda appena
la lettera (da lui chiamata avviso) dell'Infante Fernando (voi. I,
pag. 147).
Carini, Gli Archivi e le Bibl., voi. II, pag. 192, indica que-
sto documento soltanto per le notizie che ne dà Antonio Bofa-
rull y Brogà, Historia critica (civil y eclesiastica) de Cataluna.
Barcelona, 1876, voi. Ili, pag, 192. Viene altresì fatta menzione
dal Carini che « l' Infante D. Fernando , commissionato del Re
Pietro a Parigi è quel medesimo... a cui per ordine dell'istesso
Re, consegnò una somma il Procida». Il documento del 23 mar-
zo 1279, che a ciò si riferisce, fu dato in luce dal Saint-Priest,
Hist. de la conquète, t. IV, pag. 202 (dal reg. 46 , fol. 34 di Re
Pietro> in Barcellona).
Riesce così indubitata la corrispondenza tra Giovanni da Pro-
cida e 1' Infante Fernando in Parigi in quel tempo , ed il paga-
mento di rilevanti somme, diecimila soldi regali di Valenza. Ca-
rini cit. a pag. 19, dà il sunto del documento del 1279, ma per
equivoco interpreta : « Il detto Procida li passi [i denari] al fra-
tello di lui (Pietro) Parisio di Ferrando (sic)», mentre deve in-
tendersi : a Fernando fratello di lui in Parigi , come si ricava
dal latino : « solvi faciat Parisius [corr. Parisiis] Ferrando ger-
mano nostro ».
Sono note le intime relazioni tra le Corti di Aragona e d'In-
ghilterra all'epoca della rivoluzione di Sicilia del 1282. Cfr. pure
su ciò il doc. XV.
— 45 — (1282)
XIV.
1282, giugno 3, Portfangos.
Il Re Pietro di Aragona , considerando « quod nulli morta-
lium notus est terminus finis sui », fa il proprio testamento, col
quale nomina erede universale V Infante Alfonso in Aragona ,
Catalogna e terre di Valenza ed altri territori, e nel dominio e
diritti spettanti sul regno di Maiorca e su le Contee di Rossi-
glione e Ceritania, ed inoltre « in omnibus etiam aliis bonis et
iuribus nostris, quecumque habebiinus tempore obitus nostri».
Stabilisce la successione del secondogenito Giacomo nel caso di
premorienza di Alfonso , ed in modo simile , per gli altri figli ,
istituisce erede «illum... qui nobis supervixerit et primogenitus
tunc nobis fuerit ».
Conferma ed approva la dote ricevuta dalla moglie Costanza,
alla quale lascia in libera facoltà « omnes joyas suas et totam
vexellam suam auri et argenti et cameram suam et alios appa-
ratos suos ». Fa altre disposizioni per sepoltura, donazioni a mo-
nasteri ed a poveri, e per assegni ai figli ultrogeniti ed alle figlie.
(Rogato per gli atti del notaro Pietro Marco di Barcellona).
La pergamena originale si conserva nell' Archivio della Co-
rona di Aragona in Barcellona, tra le pergamene del Re Pietro,
al n. 302.
Una copia se ne ha nei manoscritti di Antonino Amico e di
Schiavo, voi. Qq. G. 1. fol. 119r. della Biblioteca Comunale di
Palermo.
Fu dato in luce non in una memoria speciale, come meritava
l' importanza del documento, ma in fine di una lunga recensione
scritta dall'egregio cav. Giuseppe Salvo -Cozzo, ed inserita nel-
YArch. Stor. Sic, voi. VII (an. 1882), pag. 437-440. Il Salvo -
Cozzo afferma che di quel documento ebbe copia dal Direttore
dell'Archivio di Barcellona, Manuele de Bofarull (cfr. pag. 432,
nota 2).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 240 ha dato un e-
steso sunto di tutte le disposizioni contenute nel testamento, ma
non ricorda l'edizione del Salvo-Cozzo. Non si giovò Amari della
(1282) — 46 —
copia del testamento, la quale si conserva in Palermo, né dell'e-
diz. curata daL Salvo-Cozzo, perchè nell'ediz. 8a, voi. I, pag. 192
cita il Surita, e nella 9», voi. I, pag. 275 rimanda al riassunto
formato dal Carini.
Antica notizia di tale testamento si aveva per il cenno , che
ne fornì lo storico Surita (f 1581) nell'opera Anales de la Co-
rona de Aragón. Qaragoca 1610, lib. IV, cap. 71, t. I, fol. 298 r.
Egli dice per il Re Pietro : « Habia hecho su testamento en Port-
fangos, el dia que se Jiizo a la vela con su armada a la empresa
de Berberia , y no hizo otro codicilo o testamento alguno , ni
dejò hecha mencion en el del reino de Sicilia , corno Muntaner
afirma ».
Pirri, Sicilia Sacra, Panormi [VenetiisJ 1733, t. I, pag. XXXIX
della Chronologia Regum, male interpretando le parole del Surita,
dice che il Re Pietro stabilì che, se Alfonso morisse senza figli,
dovea succedere in Aragona Giacomo, ed in Sicilia Federico. P.
Bofarull, Los Condes de Barcelona vindicados. Barcelona, 1836,
t. Il, pag. 245 offre alquante notizie sul testamento del Re Pietro.
È notevole nel testamento la circospezione, che si rivela nella
mancanza assoluta di ogni ricordo dei motivi speciali, per i quali
il Re Pietro fa il suo testamento, e degli avvenimenti di guerra
che allora compievansi in Portfangos. La successione del primo-
genito nel regno era norma comune di diritto politico , procla-
mata solennemente nella legge 2», tit. 15, Partida II, di Alfonso,
il Savio, di Castiglia del 1276 (Codigos de Espana cit., pag. 315).
iUfonso di Aragona, primogenito del Re Pietro, ereditava quindi
di diritto il regno di Aragona, ed a lui pure sarebbe appartenuto
quant'altro il Re Pietro avesse acquistato innanzi la sua morte,
ed in tal maniera anche la Sicilia.
Era stato peraltro il primogenito Alfonso riconosciuto succes-
sore del padre nei suoi domini nell'anno 1276, come si rileva da
un documento , rimasto ignoto all' Amari , e diverso dalla sup-
posta cessione (9a ediz. voi. I, pag. 275), e da me pubblicato nella
memoria Documenti su le relazioni del Re Alfonso III di Ara-
gona cit. (Barcelona, 1909 , pag. 340 , 360). Ho dimostrato pure
in tale monografia che il Re Pietro, non avendo, nel testamento
del 1282, regolato la successione nel regno di Sicilia, volle che
il figlio Alfonso a 8 maggio 1285 in S. Celedonio confermasse
la donazione di quel regno fatta dal medesimo Re Pietro al se-
— 47 — (1282)
condogenito Giacomo probabilmente nel Parlamento tenuto in
Messina in aprile 1283, ed altresì (a 2 novembre 1285) che con-
fermasse la cessione a Giacomo di ogni diritto che gli potesse
competere su la Sicilia. Ho pubblicato i due pregevoli documenti
inediti a pag. 346 e seg. Di essi Amari, 9" ediz., voi. II, pag. 163
e seg. conobbe soltanto il brevissimo argomento, che ne die Ca-
rini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 180 e 182.
Il testamento del 3 giugno 1282 rimase il solo, che il primo
Re aragonese di Sicilia abbia fatto, perchè i due documenti del
2 e 3 novembre 1285 sono : il primo una rinunzia della Sicilia
alla Chiesa (atto senza valore , e formato per illecita ingerenza
di prelati), e l'altro un codicillo per legati a chiese e monasteri
(Vedi appresso i documenti di tali date).
Salvo -Cozzo cit., pag. 431 e seg. sostiene che il Re Pietro
abbia scritto nel 1285 «un secondo testamento » per chiamare al
trono Federico in Sicilia; ma le espressioni di cronisti o contem-
poranei, le quali egli ricorda, non sono che alcune riflessioni sul
diritto di Federico a succedere, se Giacomo fosse stato chiamato
in Aragona, secondo il testamento del 3 giugno 1282.
Per la dote apportata dalla Regina Costanza, e ricordata nel
testamento, è utile consultare la monografìa del prof. Daniele Gi-
rona Llagostera , Mullerament de l'Infant En Pere de Catha-
lunya ab Madona Constanga de Sicilia, Barcelona, 1909, e della,
quale ho dato notizia nell' Arch. Stor. Sicil. , an. XXXI , 1909,
pag. 551 e seg. Un documento del 1264 era stato pubblicato dal
D'Achery, Veterum aliquot scriptorum Galliae Spicilegium. Pa-
risiis, 1771, t. X, p. 189 e seg.
XV.
1282, agosto 19, Alcoyll (Africa).
Il Re Pietro d' Aragona scrive al Re d'Inghilterra Edoardo ,
per dargli notizia che egli, lasciata la guerra d'Africa , si è ri-
volto, a ciò richiesto, (veneruntad nos nuncii quorundam locorum
et civitatum Regni Siciliae) a ricuperare il regno suddetto, « ad
habendum et impetrandum ius , quod illustris et bona consors
(1282) — 48 —
nostra, domina Regina Aragoniae et filii nostri habent in eodera
Regno » .
Il documento si conservava nella Torre di Londra « in Bun-
dela Literarum » etc.
Pubblicato da Rymer , Foedera , conventiones , Uterae Inter
Reges Angliae ecc. 2a ediz. 1727, t. II, pag. 208, con la data ine-
satta del 19 luglio. Ristampato da Amari, Un periodo ecc. pag. X
dei Documenti , e nelle posteriori edizioni , correggendo la data
in 19 agosto (per le ragioni che adduce), da Buchon, Croniques
étrangères cit. Paris, 1846, pag. 748 in nota, senza l'ultimo pe-
riodo, da De Renzi, Il secolo decimoterzo e Giovanni da Procida.
Napoli, 1860, pag. 339, nota 12 e da Vittorio Balaguer, Historia
de Cataluna. Madrid, 1886, t. IV, pag. 440.
È ricordato da Carini, Gli Arch. e le BibL, voi. II, pag. 192
per l'indicazione data nell'opera Historia de Cataluna di Antonio
Bofarull, che «non cita le fonti».
Gfr. il cenno che ne dà Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 287.
L'espressione sovente usata dal Re Pietro per giustificare la
conquista della Sicilia col nome di ricuperazione, per il diritto
appartenente alla moglie ed ai figli , oltre che in questo docu-
mento, si trova nella antecedente lettera di lui al Re di Gastiglia
del 18 gennaio 1282 (Gfr. doc. n. XI). Altro esplicito ricordo della
ricuperazione « iure domine consortis et tìliorum nostrorum » si
ha nelle lettere circolari del 10 settembre 1282 (Carini, De rebus,
pag. 9) spedite alle città e terre di Sicilia per prestare, per mezzo
dei sindici, il giuramento di fedeltà al Re Pietro. Vedi Savio, La
pretesa inimicizia del Papa Niccolò III cit. in Arch. Stor. Sicil.,
voi. XXVII, 1903, pag. 427 e seg.
Il napolitano Pietro Giannone, Istoria civile del regno di Na-
poli. Ivi, 1723, t. Ili, pag. 46, lib. XX, cap. V, ricorda tale let-
tera , edita da Rymer fra i documenti « ultimamente fatti dare
alla luce dalla Regina Anna». Domenico Tomacelli, Storia dei
reami di Napoli e Sicilia dal 1250 al 1303. Napoli 1846, voi. I,
pag. 202 e 445 dà particolare notizia di questo documento.
PERIODO POSTERIORE ALL'ACCLAMAZIONE
IN PALERMO
(7 settembre)
XVI.
1282, 9 settembre a 30 dicembre.
Documenti del Re Pietro I durante il tempo della sua residenza
in Sicilia e dopo V acclamazione a Re, avvenuta il 7 settembre
nel Parlamento tenuto nella città di Palermo.
Tali documenti raggiungono il numero di 303 sino a dicembre.
Sono trascritti nel registro di Pietro segnato Regest. 12, Retri 2,
Pars I, N. 53 (f. 1-106), esistente nell'Archivio della Corona di
Aragona in Barcellona. L' indicazione De Rebus regni Siciliae
(simile al titolo De rebus siculis dato dal Fazzello alla sua opera),
che si trova apposta in un foglio che precede il registro, fu ag-
giunta in epoca assai tarda, e non appartiene per nulla alla Can-
celleria del Re Pietro.
Una descrizione di questo registro, che prima era unico con
l'altro di n. 54, come si vede dalla numerazione romana dei fogli,
si trova in Carini, De rebus , pag. VII e seg. , nella notizia Ai
lettori, firmata da G. Silvestri e compilata su i notamenti fatti
dal Cariai.
L'itinerario del Re Pietro durante il periodo dall'acclamazione
sino alla fine dell'anno 1282, come si ricava dal registro, è que-
sto : 9 settembre, Palermo ; 24 settembre , Randazzo ; 5 ottobre,
Messina; 13 novembre, Catania ; 5 dicembre, Messina.
Il primo documento ha la data del 9 settembre, e concerne la
richiesta di animali da inviarsi da vari comuni a Palermo per
fornimento dell'esercito. Il Carini indica che innanzi a quel do-
cumento è apposta la « rubrica », o meglio la datazione generica :
« Mense Septembris , anno domini millesimo ducentesimo octua-
G. La Mantia, God. dipi. arag. 4
(1282) — 50 —
gesimo secundo. In Panormo». Tale importante nota cronologica
iniziale il Carini non credette conveniente di riferire nel testo.
L'ultimo documento dell'anno 1282 (30 dicembre) trascritto nel
registro 53 a fol. 104-106 è la convenzione solenne tra il Re Pietro
ed il Re Carlo per il duello da tenersi in Bordeaux, «pugna....
fiat in posse Regis Anglie, videlicet in Vasconia in territorio ci-
vitatis Burdegalensis». Fu dato in luce da De Marca, Marca hi-
spanica. Parisiis, 1688, che lo trasse «ex archivio regio Palensi»,
Martène, Thesaurus novus anecdotorum. Parisiis , 1717 , t. Ili,
pag. 101 « ex veteri membrana Ecclesiae Alariensi », Lunig, Godex
Italiae diplomaticus. Francofurti, 1725 , t. II, pag. 986 , Rymer,
Foedera, conventiones cit., ed. 2a, 1727, t. II, pag. 226, Muratori,
Antiquitates italicae medii aevi. Mediolani, 1742, t. Ili, pag. 655
«ex regesto Communis Mutinae», e ristampato infine da Carini,
De rebus, pag. 681-688. Altra identica convenzione, tranne per i
nomi dei propri aderenti, fece il Re Carlo d'Angiò.
Nel voi. ms. Qq. E. 142 (Bibl. Com. di Palermo) del Thesau-
rus Siculus di Francesco Serto e Mongitore è riferito il testo di
quei documenti, tratto dall'opera del De Marca Gesta Comitum
Barcin., pag. 581, 587.
Si trova nel Registro angioino 1280 B n. 39, fol. 151 r. (Arch.
di Stato di Napoli) il testo della convenzione del 1282 approvata
dal Re Carlo. È preceduto dalla lettera di credenza del 6 dicem-
bre, dal salvacondotto (11 dicembre), e dalla nomina degli amba-
sciatori per trattare il duello (26 dicembre). Quest' ultimo docu-
mento da quel registro fu tratto e pubblicato da Vivenzio , Del-
l'istoria del regno di Napoli. Ivi, 1816, t. II, pag. 353 e seg. Del
registro fece menzione Tomacelli, Storia dei reami di Napoli e
Sicilia dal 1250 al 1303. Napoli, 1847, voi. I, pag. 448. Minieri
Riccio pubblicò alcuni di quei documenti nella Genealogia di
Carlo I di Angiò. Napoli, 1857, pag. 165-174, e die il regesto di
tutti nel lavoro II regno di Carlo I d'Angiò (in Arch. Stor. Ital.,
Serie IV, t. 4°, 1879 , pag. 358 e seg.) , ma con indicazione ine-
satta del registro.
Nel ms. Qq. G. 1 di Amico e Schiavo , fol. 134 (Bibl. Com.
Pai.) si ha la copia della convenzione tratta da quel registro
angioino.
Vari documenti di tale periodo, da settembre a dicembre 1282,
appartenenti al registro 53 sono indicati nel regesto, sebbene al-
quanto indeterminato e conciso e talvolta erroneo, e non esatta-
— 51 — (1282)
mente cronologico, formato da Prospero Bofarull, e pubblicato
per cura del marchese Gino Capponi nella serie Appendice del-
V Archivio Storico Italiano , voi. V (1847), pag. 254-257. Del su-
detto elenco si giovò De Renzi, Il secolo decimoterzo e Giovanni
da Procida, Napoli, 1860. Cfr. pag. 337 nota 2, pag. 387 note 8
a 13, pag. 388 nota 37. Amari, 9a ediz. , voi. I, pag. 149 dà al-
cuni cenni sull'elenco.
I documenti indicati nell'elenco del Bofarull trovano riscon-
tro , tranne per due con sunto troppo generico , con quelli editi
dal Carini :
pag. 255, Bofarull, 1282 settembre, Carini, De rebus, p. 1, 9.
pag. 256, Bofarull, in Carini, p. 98 (ottobre), 676 (dicembre),
3 (settembre).
pag. ivi, Bofarull, ottobre, Carini, p. 110, 84, 104.
pag. 257, Bofarull, in Carini, p. 4 (corr. settembre), 108 (ot-
tobre), 124, 139.
dicembre 7, Carini, pag. 675.
pag. 254 Bofarull, 1281[2] , 31 dicembre, Carini, pag. 681.
II Saint-Priest nello stesso anno 1847 nella Histoire de la con-
suète, t. IV, pag. 211-215 die in luce nell'Appendice alcuni docu-
menti del 1282 , tratti dal reg. 53 del Re Pietro , fogli 2 r. , 29 ,
68 r., 81.
Nel volume dei Bicordi e documenti del Vespro Siciliano editi
dalla Società di Storia Patria nel 1882, nella parte II si trova da
pag. 1-245 il testo dei documenti da settembre a 30 dicembre 1282,
contenuto nel primo reg. 53, trascritto dal Carini in Barcellona.
Si ha pure l'edizione del testo nell'identica forma nel volume De
rebus, che offre la trascrizione intera dei registri 53 e 54, e del
quale si compì la stampa dopo il volume dei Bicordi.
Alquanti documenti del reg. 53, che erano stati solamente per
sunto riferiti dal Carini nei Bicordi e nel volume De rebus, nella
serie completa dal n. I a CCCTII, furono editi per intero in nu-
mero di 55 da G. Silvestri sui manoscritti del Carini, nell'4p-
pendice ai Documenti estratti dall'Archivio della Corona di Ara-
gona. Palermo, 1892, pag. 1-60. Però anche in tale Appendice ne
mancano altri, che pubblicherò in una seconda Appendice, aven-
done trascritto il testo in Barcellona.
Nel registro 53 i documenti del Re Pietro non sono riportati
con ordine rigoroso di data di giorno, e riesce utile pertanto per
(1282) — m —
la ricerca consultare l'Indice posto in fine al volume dei Ricordi
ed all'altro del De rebus, nei quali si ha lo Elenco dei documenti
disposti per ordine cronologico. Carini per la fretta omise inte-
ramente (senza darne nemmeno il sunto) il testo di un documento,
che pubblico appresso, e di qualche altro lo diede compendiato o
frammentario, come rileverò nella seconda Appendice.
I documenti n. I a VII del 19 novembre al 30 dicembre 1282,
che il Gartni pubblicò in fine del volume dei Bicordi e dell'altro
del De Rebus, nell'Appendice concernente il duello dei Re Carlo
e Pietro (pag. 675-688), appartengono al reg. 53, e formano nella
serie principale i n.i CCXIV, CCXLVI, CCLXXX, CCXC, CCXCI,
CCXCIV e CCCIII dell'ediz. del Carini.
Per i documenti editi dal Saint- Priest è da notare che tro-
vansi nell'edizione Carini doc. II (Saint-Priest , IV, pag. 214) ,
III (S-P , p. 217 in sunto) , V (S-P , p. 213) , XC (S-P , p. 211J ,
CCXIV (S-P, p. 215), CCXLVI e testo in Appendice, n. II (S-P,
p. 215).
Si ha la menzione esplicita di alcuni documenti del Re Pietro
dell'anno 1282 nelle cronache, nei Capitoli del regno od in pri-
vilegi, e giova ricordarli :
1. Doc. 15 ottobre 1282 per licenza concessa ai Messinesi di
trasportare da altre parti di Sicilia i frumenti, che loro occorres-
sero (in Carini, De rebus, pag. 101). È ricordato nel privilegio
del Re Giacomo del 1286 per franchigie a Messina, pubblicato da
Gallo, Annali di Messina. Ivi, 1788, pag. 151-158, e ristampato
da Starrabba , Consuetudini e privilegi della città di Messina.
Palermo , 1901 , pag. 251 e seg. La designazione del documento
del Re Pietro è a pag. 262, lin. 3-9 dell'ediz. Starrabba. Su la
vera data (1286) del privilegio di Giacomo, che si era creduto er-
roneamente del 1294, cfr. G. La Mantia , Le Pandette delle ga-
belle regie, antiche e nuove, di Sicilia nel secolo XIV. Palermo, 1906,
pag. VI, nota 2.
2. Doc. 23 ottobre 1282 di concessione delle terre di Palaz-
zolo e Buccheri e del casale di Odogrillo ad Alaimo da Lentini
e suoi eredi , con 1' obbligo del servizio militare (in Carini , De
rebus, pag. 163). Ne dà notizia il cronista Bartolomeo de Neoca-
stro nel cap. 63 (ediz. Gregorio, Bibl. script, arag., t. I, pag. 91),
dicendo che il Re Pietro «tria castra Bucherium, Palaciolum et
Odogrilum sub specie dilectionis et pacis dedit Alaymo », sebbene
— 53 — (1282)
inesattamente riporti la concessione ad aprile 1283, poco innanzi
la partenza del Re per la Catalogna. Gfr. Amari cit. , 9a ediz. ,
voi. I, pag. 368, che segue la data dell'ed. Carini. Aveano fatto
cenno della concessione 1' Aprile , Cronologia universale di Si-
cilia. Palermo, 1725, pag. 147, e Villabianca, Sicilia nobile. Pa-
lermo 1754, parte II, voi. II, pag. 529, e Memorie istoriche degli
antichi uffìzi di Sicilia. Palermo 1764, pag. 79.
3. Doc. 12 dicembre 1282 per esenzione concessa ai Siciliani
dal pagamento di collette e dal diritto di marineria , secondo le
deliberazioni del Parlamento di Catania (in Carini , De rebus ,
pag. 255, e ripetuto a p. 272 con data 12 gennaio 1283 per parte-
cipazione al comune di Monte S. Giuliano , poiché la comunica-
zione delle risoluzioni del Parlamento è del 26 novembre 1282, a
pag. 196). Quel privilegio del Re Pietro è espressamente confer-
mato per il diritto di marineria nel cap. XLIV del Re Giacomo
del 1286 (Ved. Capitula Regni Siciliae, ed. Testa. Panormi, 1741,
pag. 25). Il Re Federico II nel 1299 approvò per Caltagirone la fran-
chigia dalla tassa di marineria, la quale franchigia era stata con-
cessa prima (come si afferma) dal Re Pietro alle città di Sicilia.
Randazzini, I reali privilegi riguardanti il patrimonio fondiate
di Caltagirone. Ivi 1896, pubblicò il documento (p. 31). Vito La
Mantia, Antiche Consuetudini cit. , pag. CCLXXIV ne dà parti-
colare notizia.
XVII.
settembre 13, Palermo.
Il Re Pietro I, in risposta alla lettera inviatagli dal Re Carlo,
che gl'imponeva di lasciare subito la Sicilia che aveva ingiusta-
mente occupata, « confestim, lectis nostrarum literarum apicibus,
a Regno nostro Sicilie cum tua gente propere discedas » , di-
chiara che la sua gente non è usa a fuggire, ricorda la fine mi-
seranda di Corradino e le grandi oppressioni dei Siciliani , ed
afferma : « Iustam namque causam fovemus. Nam hereditaria iura
Regni Sicilie , Ducatus Apulie et Principatus Calabrie serenissi-
me domine uxoris nostre, filie quondam Regis Manfridi, et amite
Regis Conradi prosequimur».
(1282) — 54 -
Si ha una copia di tale documento a fol. 105 del Codice car-
taceo del secolo XIV di lettere di Pietro delle Vigne ed altri do-
cumenti , conservato nella Biblioteca del Principe di Fitalia in
Palermo. Ne fanno menzione G. Agnello, Notizie intomo ad un
codice relativo all'epoca svevo-angioina. Palermo 1832 , pag. 43,
ed Amalia Giannone, Il Codice Fitalia cit. , pag. 99 , nota 1 , e
pag. 109, n. 10.
In altro Codice F. C. 22 di carattere del secolo XV, della stessa
Biblioteca, è inserito dopo la cronaca di Fra Michele di Piazza il
testo di questa lettera, preceduta pure dall'altra di Re Carlo. Cfr.
Stefano Vittorio Bozzo, Giovanni Chiaramonte II nella discesa
di Ludovico il Bavaro (in Arch. Stor. Sicil., an. 1878, pag. 178).
Egli afferma che quelle lettere « dovean correre a lor tempo per
le mani di tutti » .
Altra copia è nel voi. ms. Qq. G. 1 fol. 132 di Amico e Schiavo
(Biblioteca Comunale di Palermo), ricavata dalle Epistolae di Pie-
tro delle Vigne, ediz. Amburgo, 1609; e si trova pure nel volume I
della Storia di Castro giovanni (ms. del secolo XVIII) a fol. 91,
che si conserva nella Biblioteca Comunale di quella città.
Nel volume ms. Qq. E. 141 del Thesaurus Siculus di Fr. Serio
e Mongitore (Bibl. Com. di Palermo) è ricordata tale lettera, e
si rinvia a Tutini; e nell'altro voi. 142 è indicata secondo I'Ano-
nimo.
Il testo è riferito in seguito alla lettera di Carlo di Angiò, nel
cap. XL della Cronaca di Anonimo, edita da Martène cit., t. Ili,
col. 32-34, Muratori, Rerum italicarum Script., t. X, col. 835
e seg., Burmanno, Thesaurus Sicil., t. V, col. 23-25, e Gregorio,
Bibl. script. Arag., t. II, pag. 151.
Fu stampato il documento da Tutini, Discorso dei sette Uffici
del Regno di Napoli. In Roma, 1666, pag. 70, che lo trasse dalle
Epistolae di Pietro delle Vigne; e da Lunig, Codex Italiae diplo-
matica , t. II , pag. 975 , sebbene con data incerta ed inesatta ,
cioè : 126. . . Neil' edizione delle Epistolae di Pietro delle Vigne,
di Basilea del 1740 , è inserito nel t. I , pag. 222 e seg. in fine
del libro I. La lettera fu ristampata da N. Palmeri, Somma della
Storia di Sicilia, voi. Ili, pag. 151, e da Saint-Priest, Histoire
de la conquéte, t. IV, pag. 286.
La data si ricava dalla lettera di credenza del 13 settembre per
i due ambasciatori di Pietro al Re Carlo, cioè Roderico Exemeno
— 55 — (1282)
de Luna e Pietro de Queralt, edita da Saint-Priest, Hist. de la
conquéte, t. IV, pag. 214, e riprodotta da Carini, De rebus, p. 3.
Spondano nella Continuatio Annalium Baronii. Lutetiae Pa-
risiorum, 1659, t. I, pag. 277 nota a ragione: «Qui commentus
est , literisque Vineanis inseruit , nec pilum iudicii ac notitiae
historiae habuisse demonstrat». Sembra però che negli antichi
codici di quelle lettere del Cancelliere svevo si sia voluto con-
servare il testo di alcune pur notevoli di altre Cancellerie , an-
che se riferivansi in parte a memorie sveve. Raynaldi, Annales
Ecclesiastici. Lucae, 1748, t. Ili , pag. 549 ricorda le due lettere
del Re Pietro e di Cariò d'Angiò con data erronea del 1283 (che
viene corretta da Mansi). Dice che trovansi nel manoscritto del
Conte Ubaldini, e che non le pubblica : « quas preteruimus con-
sulte, cum non absit suspicio vel ab auctore aut alio confictas ».
Vito Amico fa cenno di quelle lettere nella ediz. del Fazzello,
De rebus siculis , criticis animadversionibus atque auctario. Ca-
tauae, 1749, t. Ili, pag. 42, nota 2.
Amari, Un periodo ecc., pag. 91-93 in una lunga nota fa al-
quante osservazioni su la lettera del Re Pietro; ma, non rilevando
le date diverse delle lettere , crede per equivoco questa e la let-
tera seguente (doc. n. XVIII) unico testo, alterato da alcuni cro-
nisti che le riferivano, e dato in forma più sicura da Saba Ma-
laspina e da Iperio. Nella 9a ediz., voi. I, pag. 301 dichiara che
reputa utile di togliere quella estesa nota, perchè la credenziale
del 13 settembre 1282 ed altre posteriori « non solamente sono
scritte in linguaggio misurato e convenevole, ma dicono testual-
mente che l'ambasceria sarebbe stata esposta a voce». Ciò non
è conforme al vero , perchè nelle lettere di credenza si usavano
quelle espressioni : que ipsi vobis exponent viva voce, ma si con-
segnavano di consueto agli ambasciatori lettere e documenti.
È peraltro da tener conto che 1' Anonimo nel riportare il testo
dei documenti dimostra di essere accurato, e di non alterarlo. La
lettera infatti è scritta appena il Re Pietro assunse in Palermo
il titolo di Re di Sicilia , come dice 1' Anonimo (nell' ediz. Gre-
gorio , pag. 149) , e corrisponde esattamente allo stile concitato
della lettera del Re Carlo, ed all'altro della lettera dei Siciliani,
allora inviata per discolpa al Papa Martino IV (Vedi doc. n. VI),
ed è conforme, per la sostanza, al testo contenuto , sebbene ab-
breviato, in altre due cronache, delle quali dirò appresso, e che
sono di provenienza guelfa.
(1282) — 56 —
Gregorovids, Storia della città di Roma nel medio evo. Ve-
nezia, 1874, voi. V, pag. 563, ricorda la lettera del Re Pietro, se-
condo l'edizione fattane dal Martènb.
Per il testo abbreviato riferito, con poco divario, nella Cronaca
del Villani (lib. VII, cap. 71, ed. Trieste, 1857, pag. 142), e nella
Historia Conspirationis Prochytae (in Gregorio, t. I, pag. 271 ),
e che Amari , nonostante la circostanza da me rilevata , chiama
«evidentemente apocrifo», si hanno le edizioni, su la lezione del
Villani , in Rymer , Foedera , conventiones , 2a ed. 1727 , t. II ,
pag. 225; M. Camera , Annali delle Due Sicilie. Napoli , 1841 ,
voi I, pag. 341; Tomacelli, Storia dei reami di Napoli e Sicilia.
Napoli, 1846, voi. 1, pag. 447; Buchon, Chroniques étrangères.
Paris, 1846, pag. 750 in nota (che trae da Rymer); De Renzi, Il
secolo decimoterzo e Giovanni da Procida. Napoli, 1860, pag. 342,
nota 18; ed i testi paralleli in Amari, 9a ediz., voi. Ili, pag. 176
e seg.
Gartellieri , Peter von Aragon und die sizilianische Vesper
cit. , p. 57 dà notizia della lettera di Pietro , la quale è inserita
nella Cronaca del Villani e nel Bebellamentu, e che dal Rymer
erroneamente si affermò esistere nella Torre di Londra.
XVIII.
, tra il 19 e 24 settembre, Nicosia.
Il Re Pietro I scrive al Re Carlo, esponendo che, in seguito al-
l'invito dei Siciliani recatogli in Alcoyll, è venuto in Sicilia, per-
chè il regno appartiene a sua moglie ed ai suoi figli, e che, ar-
rivato in Palermo, si prepara a recar soccorso ai Messinesi as-
sediati. Lo esorta quindi a desistere dall'assedio, « ut maturantes
vestrum, soluta obsidione , recessum, Messanenses praedictos et
omnes Siculos sine turbatione et molestia dimittatis».
Il testo della lettera si trova nella Cronaca di Saba Malaspina,
nella Continuatio stampata per la prima volta dal Gregorio,
Bibl. script. Arag., t. II, pag. 379, e poi da Del Re, Cronisti e
scrittori sincroni napoletani cit. ; voi. II, pag. 362.
— 57 — (1282)
È pure riferito nella cronaca di Giovanni Iperio (in Martènb,
Thesaurus novus anecdotorum, t. Ili, pag. 763).
Amari , Un periodo ecc. , pag. 91-93 per equivoco crede che
questa lettera e la precedente (V. doc. n. XVII) siano unico testo,
riprodotto « in tante compilazioni diverse » nelle cronache. Dalla
data e dal contenuto si scorge invece in modo chiaro che sono
due separati documenti, emanati in tempo diverso e per differente
scopo (Cfr. quanto ho detto per il doc. XVII). Nella 9a ediz. ,
voi. I, pag. 300, Amari non mutò affatto quel suo giudizio.
La data si ricava dall' itinerario del Re Pietro , perchè Saba
Malaspina dice che il Re « constitutus in itinere veniendi Mes-
sanam, de Nicosia nuntium ad regem Garolum in campo moran-
tem misit». Ciò dovette avvenire tra il 19 ed il 24 settembre, ri-
levandosi dai documenti editi dal Carini, De rebus, pag. 36 e 37,
che il Re Pietro il 19 era a Palermo, ed il 24 a Randazzo.
Notevoli sono le parole adoperate dal Saba Malaspina , cioè
che il Re Pietro mandò « litteras sine verborum multiplicatione
conscriptas » , mentre l'altra lettera del 13 settembre è abbastanza
estesa.
XIX.
1282, settembre 17, Lerida.
L'Infante Alfonso, Luogotenente del Re Pietro I in Catalogna,
ordina a Cerviano di Narbona di ricevere nella nave, che si reca
dal Re in Sicilia, Stefano de Seta ed i suoi compagni.
Cerviano de Narbona. Mandamus vobis quatenus acol-
ligatis in navi, quam nunc mittimus domino Regi patri no-
stro , Stephanum de Seta et homines suos ac res suas et
duos equos, et faciatis eidem Stephano et hominibus suis
sua necessaria quomodo ipsa navis applicuerit in Cicilia.
Datura Ilerde XV0 kalendas octobris [1282].
È trascritto tale documento nel registro 59 r. dell' anno 1282
dell'Infante Alfonso, a fol. 99 r. nell'Archivio della Corona di Ara-
gona in Barcellona.
(1282) — 58 —
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 133 ne dà un breve
sunto; ma per errore indica in principio de Riaria invece che de
Narbona.
Riesce importante il documento perchè prova quali solleciti e
continui rapporti si avessero tra il Re Pietro e la sua Corte in
Aragona e Catalogna. Quando l'Infante ordinava a 25 luglio 1282
di fare acquisto di vettovaglie, in Catalogna ed altrove , per in-
viarle al Re in Africa, avea cura di avvertire che ciò si eseguisse
caute et discrete, probabilmente per il vero scopo della spedizione.
(Carini cit., pag. 130; Amari cit., 9» ed., voi. I, pag. 284). Il Re
Pietro pervenne dall'Africa in Sicilia (Trapani) a 30 agosto, cioè
soltanto diciotto giorni innanzi la data di questo documento del
17 settembre. L' Infante Alfonso a 10 settembre da Saragozza a-
veva già inviato a vari nobili di quel regno l' annunzio che
suo padre era giunto nell'isola, come si rileva dal documento di
fol. 88 r. del medesimo registro, e del quale riferisce un sunto il
Carini a pag. 132.
XX.
1282, ottobre 4, Barcellona.
L'Infante Alfonso, Luogotenente del Re Pietro I in Catalogna,
dà ordine a Marinono Lenguard di accogliere nella sua nave
R. Calbeti coi suoi fanti, che va in Sicilia per servizio del Re.
Marinono Lenguard. Mandamus vobis quatenus recolli-
gatis in navi vestra R. Calbeti, qui iturus est ad dominum
Regem patrem nostrum in servicio eiusdem, et eos pedites
cum eo euntes, ac eosdem ponatis in Siciliani, ipsis tamen
vobis satisfacientibus de nauleo sive logerio competenti.
Datum Barellinone IIII nonas octobris [1282].
Trovasi questo documento nel sudetto registro 59 dell'Infante
Alfonso, a fol. 110 r. (Arch. Cor. Arag. in Barcellona). Carini,
Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 133 ne offre il sunto. È degna di
nota l'espressione in servicio eiusdem (cioè del Re), in quel primo
tempo del nuovo dominio aragonese nella Sicilia.
— 59 — (1282)
XXI.
1282, ottobre 5, indizione lla, Messina.
Il Re Pietro I ordina a Giacomo di Fontoia, comito di Siracu-
sa, di far venire subito in Messina tutti i corniti, nocchieri, mari-
nai ed altre persone « in arte maris espertas vel utiles » di quella
città, per destinarli all'armamento delle navi contro Carlo d'An-
giò, che trovansi nel porto di Messina, « simul cum aliis nostris,
quarum de hora in horam Messane prestolamur adventum ad con-
fusionem predicti hostis».
Simili lettere a Gualtieri de Falcone comito di Augusta , al
notaro Matteo Barnaba, e ad Artale de Comito di Catania, comito.
Petrus Dei gracia etc. Iacobo de Fontoia corniti terre
Siracusie fideli suo graciam suam et bonam voluntatem.
Ad tinalem exterminiurn hostis nostri Karoli Provincie co-
mitis, et reformacionem tocius regni nostri Sicilie ex destru-
cione ipsius comitis resultantem , tam per mare quam per
terram , celsitudo nostra intendens viriliter profìcisci , vas-
sella nostra in portu Messane existencia simul cum aliis
nostris, quorum de hora in horam Messane prestolamur
adventum, ad confusionem predicti hostis prestitura armari
mandaverimus et muniri. Atque ideo fìdelitati tue districte
precipimus quatenus universos comitos , nauclerios , mari-
narios et personas alias in arte rriaris expertas vel utiles
in eadem terra Syracusie, prò parte Curie nostre cites, eis
sub obtemptu nostre gracie expressius iniungendo ut im-
mediate, propter iniuncionem tuam huiusmodi , apud Mes-
sanam coram nostre celsitudinis se presentent ad armacio-
nem predictorum vassellorum nostrorum utilem deputandos,
ipsis enim ad servicium deputatis necessarias expensas et
solidos mandabimus et faciemus per ipsam nostrani curiam
exhiberi ; et quia in celeri eorum adventu nullam moram
volumus intermicti , capitaneo ipsius terre Syracusie fideli
nostro per nostras damus licteras in mandatis ut, ad requi-
(1282) — 60 —
sicionem tuam, eosdem comitos , nauclerios, marinarios et
personas de celeriter veniendo, cohercione qualibet, qua vi-
derit expedire, compellat. Numerum autem personarum ipsa-
rum, cura processu tuo in premissis habendo, ad formam
presencium per tuas licteras culmini nostro scribas, tantam
in execucione presencium sollicitudinem apponendo, quod
corani nostri excellencia merito commendaris. Datum ut
supra [Messane anno Domini M° CG° LXXX0 secundo, men-
se octobris, quinto eiusdem, Xf Indicionis].
Similis fuit facta Gaulterio de Falchone comito de Au-
gusta.
Item similis notario Matheo Barnaba.
Item similis Artalo de comito de Catania comito.
Questo documento fu dal Carini omesso interamente nella sua
trascrizione del registro 53. Non ne diede perciò alcun sunto o
indicazione nei Ricordi e nel De rebus. Il documento è a fol. 18 r.
del registro originale , e dovrebbe trovar posto dopo quello di
n. XLV, pag. 49 dell'edizione del De rebus di Carini, nel quale
egli per errore legge in fine de Fontana invece che de Fontoia.
La data si ricava dal documento precedente di n. XLI.
Lo pubblico qui perchè nella 2a Appendice al De Rebus rife-
risco il testo dei documenti, dei quali fu dato dal Carini il solo
riassunto.
È importante per le notizie delle ultime vicende del famoso
assedio di Messina dal 9 al 15 ottobre 1282, quando il Re Pietro
compiendo i grandi armamenti navali , sconfìggeva la numerosa
flotta nemica , comandata dal medesimo Re Carlo (Cfr. Amart ,
9a ediz., voi. I, pag. 316 e seg.).
XXII.
1282, ottobre 9 a 15.
Breve relazione dei combattimenti, avvenuti durante l'assedio
Messina, tra le navi del Re Pietro I e quelle del Re Carlo d'An-
— 61 — (1282)
giò , e del valore dimostrato dal catalano Pietro de Queralt nel
respingere il nemico.
Et si per vos [Petrum de Queralto militem] acta in
nostri servicium sunt digna memoria , et nos inducunt ad
faciendum vobis graciam infrascriptam, non minus illa que
nobilis Petrus de Queralto quondam vester antiquissimus
predecessor eg4t viriliter in et prò servicio serenissimi do-
mini Petri Regis Aragonum tritavi nostri Ducis predicti ,
memorie gloriose , qui cum domino Rege eodem veniendo
ad nobilem civitatem Messane, quam Karolus Rex Neapolis
tenebat obsessam, cum maximis turmis gencium armatarum
et galearum et navium in numero satis ampio , in quam
quidem Insulam Rex predictus infeliciter declinarat prò sub-
ponendo sub eius infesto et superbioso dominio civitatem
predictam , et etiam dictum Regnum Sicilie , cuius partem
iam superaverat vi armorum, optinuissetque Rex predictus
finaliter suum velie, nisi dominus Rex Petrus predictus sibi
potencialiter restitisset, ipsumque ab obsidione submovisset
predicta, et quo quidem Rege Karoìo supradicto ad [porr.
ab] obsidione civitatis iamdicte amoto, et motu Regis pre-
dicti ignominiose fugiente, ab ea cum retrocessisset, usque
ad Ducatum Calabrie cum tota moltitudine sue gentis , et
galeis et aliis vasis marinis usque numerum centumquin-
quaginta et amplius, ipsos viriliter insequendo nobilis Petrus
de Queralto predictus , cum vigintiduabus galeis armatis
associatus armatorum comitiva decenti, pollenti strenuitate
maxima et virtute, sic fortiter et viriliter irruit contra eos,
quod in mare feliciter obtenta Victoria de eisdem , quos
fata eorum infelicia traxerunt, nullus manus nobilis supra-
dicti evadere potuit, qui aut in ipso conflictu potencie sub
gladio trucidatus extiterit, aut fuerit ergastulo carceri raan-
cipatus, quadraginta quinque ex galeis predictis in civitatem
predictam adductis , onustis spoliis , predis et hominibus
captivatis....
(1282) — m —
Tale relazione forma il preambolo del privilegio di conces-
sione della terra di Cammarata al discendente omonimo dell'an-
tico de Queralt, fatta dal Re Martino nel 1393 e trascritta nel re-
gistro 18 della Regia Cancelleria, an. 1392, fol. 106 r. (Arch. di
Stato di Palermo). Le parole nostri Ducis predicti si riferiscono
a Martino Duca di Monblanco, padre del Re Martino.
Una copia se ne ha nel ms. Qq. G. 5 di Amico e Shiavo,
fol. 544 r. (Bibl. Com. di Palermo).
Il testo dell'intero documento del 1393 fu pubblicato da Gre-
gorio, Bibl. script. Arag. t. II, pag. 511.
Riproduco questa relazione riveduta sul registro originale ,
perchè nell' edizione del Gregorio sono alcune varianti , delle
quali noterò soltanto che il Gregorio lesse atavi invece di tri-
tavi; ad obsidionem invece di ab obsidione; e centumquadraginta
invece di centumquinquaginta.
Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 303 e seg. e gli altri scrittori non
han dato alcuna notizia di questa relazione, che è pregevole per
il ricordo di quei fatti, quando ancora era viva la tradizione in
Sicilia e presso la Corte. La coincidenza del numero delle navi
quasi identico a quello indicato dal cronista Muntaner, che pure
riferisce le azioni del Queralt, fa dubitare che nella relazione sia
stata adoperata la cronaca del Muntaner (Gfr. A. Bofarull ,
Crònica catalana de Ramon Muntaner. Texto originai. Barce-
lona, 1860, p. 115 e seg., cap. 67). Il numero minore di navi de-
signato nel documento del Re Pietro del 20 ottobre 1282 (Carini,
De rebus, pag. 109), in confronto con quello dato da vari cronisti,
forse deriva dall' aversi più specialmente enumerato le galee, per
le quali si dice fere ossia circa, e si approssima di più alle in-
dicazioni di D'Esclot (Vedi Buchon, Chroniques étrangères cit.,
pag. 640, cap. 98). Non sembra che il Muntaner sia incorso in
anacronismo, come osserva Amari, 9» ediz., voi. I, pag. 318 nota.
Il Queralt avea seguito il Re Pietro in Africa e poi in Sicilia,
ove a 13 settembre 1282 fu destinato ambasciatore al Re Carlo
d'Angiò (Carini, De rebus, p. 3 e 484).
— 63 — (1283)
XXIII.
1283, 2 gennaio a 26 agosto.
Documenti del Be Pietro I durante il tempo di sua residenza
in Sicilia sino al 6 maggio, e dopo il suo arrivo nella Catalogna
dal 10 giugno al 26 agosto.
Questi documenti sono nel numero complessivo di 440 sino al
26 agosto.
Trovansi trascritti nel registro di Pietro segnato Regest. 12 ,
Petri 2. Pars I. N. 53, fogli 106 r. a 136 , e nell'altro Pars IL
N. 54 fol. 137-247, esistente nell'Archivio della Corona di Aragona
in Barcellona. Il reg. 54 comincia dal documento del 23 gennaio.
Cfr. Carini, De rebus, pag. VII per la descrizione dei due registri.
L'itinerario del Re Pietro per il periodo suddetto dell'anno 1283
si desume dai documenti in tal modo : 2 gennaio , Messina ; 24
febbraio, Reggio; 14 marzo, Solano (in Calabria — esclusi alcuni
doc. da Messina senza data di mese); 2 aprile, Reggio ; 5 aprile
Messina; 1 a 6 maggio, Trapani; 10 giugno, El Groyno, (o Gronyo
o Logroflo, nella vecchia Castiglia); 18 giugno, Tarazona (in Ara-
gona); 26 agosto, Groyno. Deve notarsi altresì che il Re Pietro
partì dalla Sicilia il 6 maggio , e pervenne per mare a Valenza
il 19 di quel mese , come attestano le cronache e i documenti.
Sono estranei alla Sicilia vari documenti dal 10 al 18 giugno 1283;
ma altri del 23 giugno in poi riferisconsi a provvedimenti per
l'isola.
È eon data del 2 gennaio il primo documento di tale anno ,
e contiene la dichiarazione del Re Pietro , che promette di non
offendere il Re Carlo ed i suoi durante la dimora in Guascogna
per il duello. Il documento ultimo (26 agosto) è una lettera del
Re Pietro al Vicario generale di Sicilia al di qua del fiume Salso,
Pietro de Queralt, perchè desista dal molestare con arbitrii coloro
che sono soggetti alla sua giurisdizione.
Dopo due fogli e mezzo bianchi nel registro, cioè i f.1 238-240
recto (cfr. Carini, De rebus, pag. 655, nota 1), si hanno le indi-
cazioni di molti ordini (albarana) inviati a 19 aprile 1283 ai Col-
(1283) — 64 —
lettori per pagamenti di militi ed altro , e quindi trovansi varie
ricevute di pagamenti eseguiti, dall'll marzo al 20 aprile (Carini,
De rebus, pag. 663 in fine, e 664). Il Carini non appose alcuna
data nell'argomento, ma nell' indice (pag. XXVII) notò : « paga-
gamenti fatti in varie epoche dell'anno 1283 ». Altri ordini ai Col-
lettori sono a fol. 245-247 del registro , dopo uno spazio di due
pagine bianche dall'argomento, ed offrono la data del 23 gennaio
1283 (Carini, De rebus, p. 665 e seg.).
Diversi documenti dell' anno 1283 , trascritti nei registri 53 e
54, vedonsi indicati nel regesto conciso fornito dal Bofarull, e
pubblicato nell'Archivio Storico Italiano nel 1847, del quale ho
dato notizia sopra (cfr. doc. XVI). Trae notizia da tale elenco
per l'anno 1283 De Renzi, Il secolo decimoterzo e Giov. da Pro-
cida cit., pag. 387, nota 16 a 19, 27, 29, 37. Addito la corrispon-
denza dei documenti ricordati dal Bofarull con l'edizione data
dal Carini. Sono questi :
pag. 254, Bofarull , 1282 [1283] gennaio , Carini , De rebus,
p. 697, 698 (gennaio), 422 (luglio).
pag. 255, Bofarull, 1282 [1283] febbraio, Carini, p. 475, 479;
640 (maggio), 433 (luglio).
pag. 257, Bofarull, 1283 febbraio, Carini,, p. 617; 634 (mag-
gio), 643 (giugno).
pag. 258, Bofarull, 1283 luglio, Carini, pag. 433.
Nel medesimo anno 1847 il Saint-Priest, Hist. de la conquète,
t. IV, pag. 206, 209, 212, 232 , pubblicò nell' Appendice vari do-
cumenti del 1283, ricavati dal reg. 53, fol. 121 r., 122, e dal reg. 54,
fol. 178, 194.
Si ha nel volume dei Bicordi e documenti del Vespro Siciliano
(dato in luce nel 1882 dalla Società di Storia Patria) a pag. 245-311
della parte II il testo dei documenti dal 2 al 25 gennaio del 1283,
contenuto negli ultimi trentuno fogli del reg. 53, trascritto in Bar-
cellona dal Carini. Tale testo è riprodotto nella forma medesima
nel volume De rebus, pag. 245 e seg., il quale contiene però gli
altri documenti dell'anno 1283, che trovansi nel reg. 54, e man-
cano nel volume dei Bicordi.
Fra i documenti del 1283 , alquanti che il Carini aveva dato
soltanto per riassunto dal n. CCCIV al DCCXLII della serie com-
pleta, vennero per intero dati in luce in numero di 92 da G. Sil-
vestri sulle trascrizioni del Carini, nell'Appendice ai Documenti
— 65 — (1283)
estratti dall' Archivio della Corona di Aragona. Palermo , 1892,
pag. 61-147. Gli altri che mancano pure in questa Appendice, che
perviene soltanto al n. CCCCXXIV della serie , saranno da me
pubblicati nella nuova Appendice, secondo le trascrizioni da me
eseguite in Barcellona.
Devesi ricordare anche qui per i documenti del 1283, che non
essendo riferiti, al pari di quelli del 1282, con ordine preciso di
data nei reg. 53 e 54, occorre ricercare V Elenco cronologico for-
nito dal Carini , in fine del volume dei Ricordi e di quello del
De rebus, sebbene talora manchi l' indicazione di qualche docu-
mento, come per quelli di n. DGLXVI e DCLXVII. Alquanti altri
pure appartenenti all'anno 1283, dopo il ritorno del Re in Cata-
logna, sono trascritti in altri registri del Re Pietro, cioè in quelli
di n. 46 e 47, e vengono appresso da me dati in luce per la prima
volta.
I documenti n. IX e X del 2 e 23 gennaio 1283 , pubblicati
dal Carini in fine del De Rebus nell' Appendice sul duello (a p. 697
e 698) sono desunti dal reg. 53, e trovansi ai n.i CCCIV e CCCCVI
della serie principale dell'edizione suddetta.
Sono riprodotti dal Carini i documenti del 1283 editi dal Saint-
Priest , e ne offro l' indicazione : Ediz. Carini doc. CCCLXVI
(Saint-Priest, IV, p. 206), CCCLXVII (S.-P., p. 212), CCCCLXVII
(S.-P., p. 232), DXXI (S.-P., p. 209).
Di vari documenti del Re Pietro dell'anno 1283 trovasi il testo
in antichi manoscritti, o riferito in edizioni precedenti alla pub-
blicazione del De Rebus del Carini, o viene ricordato in opere e
memorie storiche pure anteriori.
Ne fornisco qui l'indicazione :
1. Doc. 15 gennaio 1283. A vari ghibellini d' Italia perchè
occupino e sollevino le provincie continentali del regno di Sicilia
(in Carini, De rebus, pag. 279). Fu ristampato dal De Renzi, Il
secolo decimoterzo e Giov. da Procida. Napoli, 1860, pag. 383 e
seg., giovandosi dell'edizione del Saint-Priest, senza citarla per
questo documento.
2. Doc. 15 gennaio 1283. Agli esuli del regno di Sicilia per
lo stesso oggetto (in Carini, De rebus, pag. 281). È riprodotto da
De Renzi, op. cit. , pag. 386 nota 6 , traendolo dall'edizione del
Saint-Priest, ma con data erronea, perchè vi appose quella di un
documento precedente del 1282, edito dal medesimo Saint-Priest.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 5
(1288) — 66 —
3. Doc. 24 gennaio 1283. Conferma di esenzione dai dazi e
collette agli eredi di maestro Busahat di Palermo, medico ebreo
(in Carini, De rebus, pag. 514). 11 Re Martino nel 1392 approvò
(con l'inserzione del testo) il privilegio di conferma fatta dal Re
Pietro alla concessione del Re Federico Svevo del 1237 , appro-
vata dal Re Manfredi , per la suddetta immunità. Viene dal Re
Martino ricordato che il documento del Re Pietro fu anche con-
fermato posteriormente dai Re Giacomo, Federico II aragonese e
Pietro II, e si dichiara : « Rescripta regum et principum predi-
ctorum. . . serio inspici iussimus et videri». Si trova il testo del
privilegio del Re Martino nei manoscritti di Amico e Schiavo voi.
Qq. G. 5, fol. 202 r. della Bibl. Com. di Palermo, tratto da un
registro della R. Cancelleria dell'anno 1391 (fol. 123 r.) ora non
più esistente. Il testo del documento del Re Pietro fu ristam-
pato da Lagumina , Codice diplomatico dei Giudei di Sicilia.
Palermo , 1884 , voi. I , pag. 26 (in Documenti della Soc. Sicil.
di Stor. Patria, I Serie, voi. VI), secondo l'edizione datane dal
Carini.
4. Doc. 28 gennaio 1283. Conferma della concessione (fatta
a 23 ottobre 1282) delle terre di Palazzolo, e Buccheri e del ca-
sale di Odogrillo ad Alaimo da Lentini e sua moglie Macalda e
loro eredi (in Carini, De Rebus, pag. 440). Cfr. per tale privilegio
quanto ho notato per il doc. XVI al n. 2.
5. Doc. 9 febbraio 1283. Esenzione ai chierici latini e greci
della diocesi di Messina dalle collette (in Carini, De rebus, p. 489).
Nel Tabulano che si conserva nella Cattedrale di Cefalù, al n. 74
è una pergamena originale dell'8 marzo 1283 contenente il tran-
sunto di tale documento, presso il notaro Guglielmo de Simone
di Cefalù, in seguito a richiesta del Giustiziere Ruggiero Mastran-
gelo. Vi si dice che la lettera patente del Re Pietro era « suo pro-
prio et solito sigillo cera communi » . La lettera è diretta al Mae-
stro Giustiziere, ed offre perciò alcune varianti opportune, come
iurisdictioni tue... per universitates et collectores ecc. Si ha una
copia (con equivoci e lacune) del transunto col testo del docu-
mento nel ms. di Amico e Schiavo , voi. Qq. H. 7 Diplomata
eccl. cephal., fol. 637, con data 8 febbraio (Bibl. Com. Palermo).
Altra copia è nel ms. di Gregorio, voi. Qq. G. 12, Raccolta di
diplomi, f. 209, presso la stessa Biblioteca. Fu edito il documento
in parte dal Gregorio, Considerazioni cit., pag. 276, nota 1, che
— 67 — (1283)
per equivoco indica di trarlo dal ms. Qq. H. 12. Ristampato da
Amari, 9» ediz., voi. Ili, pag. 329 sul ms. del Gregorio, senza
notare che era stato già edito, tranne la parte finale, dal mede-
simo Gregorio.
6. Doc. 15 febbraio 1283. Viene concessa ai Siciliani, secondo
le deliberazioni del Parlamento di Catania, la esenzione dalle col-
lette e dal diritto di marineria (in Carini, De rebus , pag. 225).
Pirri, Sicilia Sacra. Panormi [Venetiis] 1733, t. I, pag. 536 af-
ferma inesattamente di essere stata concessa tale esenzione ai cit-
tadini di Catania , e ricorda che se ne trova 1' originale nel Ta-
bulano di quella città. Gallo, Annali di Messina, 2a ediz., voi. II,
1879, pag. 140 offre un sunto del privilegio, che afferma emanato
per cautela della città di Messina. Una copia di questo documento,
la quale è in tutto conforme al testo edito dal Carini, tranne per
le parole aggiunte : ad cautelam universitatis civitatis Messane,
è nel voi. ms. dei Privilegi di Messina esistente a Madrid (cfr.
Arch. Stor. Sic, voi. I, 1876, pag. 318) e nell'altro ms. Qq. H. 17,
fol. 33 della Bibl. Com. di Palermo, ed anche quivi nel voi. ms.
Qq. G. 12, fol. 207. Se ne ha un frammento nel ms. Regesto po-
ligrafo dei sec. XIV e XV della Bibl. Fardelliana di Trapani a
fol. 321 r., e nel Libro Rosso della stessa città a fol. 24. Edito
da Amarì, Un periodo, pag. XII dei Documenti al n. IX, sul ms.
citato Qq. G. 12, e nelle successive edizioni; da Vito La Mantia,
I privilegi di Messina. Palermo, 1897, pag. 58 (parte non ancora
pubblicata) e da Starrabba, Consuetudini e privilegi di Messina.
Palermo, 1901, pag. 137. Cfr. Prefazione di lui, pag. XXI. Sem-
bra che i Messinesi abbiano aggiunto le parole insolite ad cau-
telarvi ecc. per mostrare che quell'esenzione fosse stata quasi ad
essi -per privilegio speciale concessa.
7. Doc. 20 aprile 1283. Esenzione concessa ai Messinesi dal
pagamento dei nuovi statuti, ovvero dazi angioini (in Carini, De
rebus , pag. 617). Ricordato due volte nel privilegio del Re Gia-
como del 1286 (non 1294) per Messina anche con la precisa indi-
cazione : « per predictum dominum patrem nostrum in primo col-
loquio, tunc celebrato in Messana, remissa fuisse». Vedi Gallo,
Annali di Messina, 2" ediz., 1879, voi. II, pag. 160. Il medesimo
Re Giacomo in quell'anno 1286 vietò ai Secreti di Sicilia di esi-
gere i «nova statuta, que fuerunt per Curiam relaxata», riferen-
dosi senza dubbio ad un'abolizione generale avvenuta prima per
(1283) — 68 —
tutto il regno, e forse a quella approvata dal Re Pietro (Capitula
Regni Sicil., ed. Testa, Panormi, 1742, voi. I, pag. 38, cap. LXIII).
Samperi, Messana illustrata. Messanae, 1742, t. II, pag. 106 e 218
ricorda il documento per la città di Messina. Gallo , Annali di
Messina cit. , pag. 140 ne dà un sunto. Il testo è trascritto nel
Codice dei privilegi di Messina, esistente a Madrid, a fol. 65, ed
in altre copie. Hartzenbusch, nell'elenco che ne fornì (Arch. Stor.
Sicil., voi. I, pag. 318) indicò erroneamente che quel documento
fosse sobre administracion de iusticia, perchè interpretò male le
parole nova statuta contra iusticiam. Carini , Gli Archivi e le
Bibl., voi. II, pag. 260 ripete: «amministrazione di giustizia in
Messina». Edito da Vito La Mantia, I privilegi di Messina cit.,
pag. 60 (parte non ancora pubblicata), e da Starrabba, Consuet.
e priv. di Messina cit., pag. 240, però con data 28, invece di 20
aprile. Cfr. pure i cenni nella Prefazione, pag. XXII.
8. Doc. 20 aprile 1283. È concessa a Ruggiero de Loria la di-
gnità di Ammiraglio (in Carini, De rebus, pag. 617). Fu dato in
luce la prima volta dall'insigne letterato spagnuolo Manuel José
Quintana, Obras completas, parte II, Vidas de los Espanoles ce-
lebres. Madrid , 1852 , pag. 480 , insieme ad altri documenti ri-
guardanti il Loria. Carini non la alcun ricordo dell'edizione del
Quintana.
9. Doc. 4 maggio 1283. Giovanni da Procida è eletto, a bene-
placito regio, Cancelliere del regno di Sicilia (in Carini, De rebus,
pag. 640). Inveges , Annali di Palermo. Ivi, 1651. Palermo no-
bile , pag. 49 , riferisce la notizia che il Procida sia stato nomi-
nato Cancelliere nel 1283. Ne fa cenno Villabianca, Memorie su
gli antichi uffizi cit., pag. 227.
10. Doc. 29 luglio 1283. Il Re Pietro risponde al Cancelliere
Giovanni da Procida su vari affari del regno di Sicilia (in Carini,
De rebus, pag. 433 e seg.). Ristampato da Amari nella 4» ediz.,
Firenze, 1851, pag. 575, sull'edizione datane dal Saint-Priest.
Venne riprodotto da De Renzi nell' opera Collectio salernitana.
Napoli, 1853, t. Ili, pag. 166, doc. XVI, secondo il testo pubbli-
cato dal Saint - Priest , ma apponendovi un argomento in ispa-
gnuolo, che sembra traduzione inopportuna dal regesto del mar-
chese Capponi (neìVArch. Stor. Bai. cit.), e quindi nella Storia
della Sctiola medica di Salerno. 2» ediz. Napoli, 1857, pag. 458,
doc. 142. Il De Renzi incorre in equivoco indicando Coleccion de
— 69 — (1283)
Cartas Reales. Legajo I. Lo ristampò finalmente nel volume II
secolo decimoterzo e Giovanni da Procida eit., pag. 388, nota 38.
XXIV.
1283, marzo 31, Saragozza.
L'Infante Alfonso, Luogotenente del Re Pietro Un Aragona, in
seguito a lettera del medesimo Re Pietro dalla Sicilia per l'invio
nell'isola, senza alcuno indugio (festinanter), di tremila uomini
per l'armata, dà gli ordini opportuni a Cerviano de Riaria, cu-
stode dei porti e delle marine di Catalogna e del regno di Va-
lenza., per raccogliere milizie in Dertosa e Tarracona, e trasmette
il transunto della lettera del Re Pietro.
Fideli suo Cerviano de Riaria, custodi portuura et ma-
ritimarum domini Regis. Noveritis quod dictus dominus
Rex pater noster mandavit nobis per litteras suas quod fa-
ceremus conduci tria millia hominum ad opus armate Sici-
lie, de quibus sint duo mille et quadringenti remerii et qua-
dringenti quinquaginta ballistarii et nonaginta nautxerii et
triginta corniti et triginta gaonerii , quos homines mandat
ad se mitti festinanter. Quare mandamus vobis ex parte
domini Regis et nostra quatenus faciatis teneri tabulam in
Dertusa et Tarrachona visis presentibus , et conducatis de
predictis hominibus GGL ballistarios , GGGG remerios et
XXX nautxerios , X comites et X gaonerios , et istud nul-
latenus diferatis , alias imputaretur vobis si contra volun-
tatem dicti domini Regis ipsum negocium tardaretur. Man-
damus etiam vobis quatenus incontinenti cum de predictis
GGG vel GCCG conduxeritis vel amplius , mittatis illos ad
dominum Regem, ita quod non spectent residuos usque ad
quantitatem predictam qui fuerint conducendi , quoniam
dictus dominus Rex ita mandat fieri per alias litteras suas,
quas nobis misit. Significantes vobis quod nos mandamus
(1283) — 70 —
per litteras Dostras G." de Rocha et R. de Rivosicco ut qui-
libet eorum conducat mille remerios et centum ballistarios
et XXX nautxerios et X comites et X gaonerios , et per
eosdem mandamus teneri tabulas in Barchinona et Valen-
cia et in aliis loeis Catatonie et Regni Valencie prò [ut]
eisdem videbitur faciendum. Datum Cesarauguste II kalen-
das aprilis [1288]. Et mittimus vobis transumptum littere
domini Regis presentibus interclusum.
Documento trascritto nel reg. 60, fol. 72 del Re Pietro (Arch.
Cor. Arag. in Barcellona). Il testo del transunto, che conteneva
la lettera del Re, manca nel registro.
Carini, Gli Arch. e le Bill., voi. II, pag. 136 ne dà solamente
un sunto. Amari non fa alcun cenno di tale importante provve-
dimento , che aveva per iscopo di rinforzare l'esercito di Sicilia
nella guerra contro gli Angioini. Il titolo preciso dell'Infante Al-
fonso nel 1283 si trova in Carini, De rebus, pag. 699.
Per altre notizie vedi il documento seguente (n. XXV).
XXY.
1283, marzo 31, Saragozza.
L'Infante Alfonso, Luogotenente del Re Pietro I in Aragona,
dà ordine a R. de Rivosicco, Baiulo del regno di Valenza, di ra-
dunare soldati in Valenza, Gandia ed altri luoghi di quel regno,
per l'invio di milizie in Sicilia richieste dal Re Pietro con grande
sollecitudine. Rimette il transunto della lettera regia.
Simile a G. de Roca, Baiulo regio in Catalogna.
Fideli suo R.° de Rivosicco, baiulo Regni Valencie. No-
veritis quod dominus Rex pater noster mandavit nobis per
litteras suas quod faceremus conduci tria millia hominum
ad opus armate Sicilie , de quibus sint duo millia et qua-
dringenti remerii et quadringenti quinquaginta ballistarii et
— 7Ì — (1283)
nonaginta nautxerii et triginta gahonerii , quos homines
mandat ad se mitti festinanter. Quare mandamus vobis ex
parte domini Regis et nostra quatenus faciatis teneri tabu-
lam in Valencia, visis presentibus, et in Gandia et in aliis
locis regni Valencie, in quibus videritis faciendum, et con-
ducatis de predictis hominibus mille remerios et centum
ballistarios et triginta nautxerios et decem comites et de-
cerli gaonerios , et nullatenus diferatis , alias imputaretur
vobis si contra voluntatem dicti domini Regis ipsum nego-
cium tardaretur. Mandamus etiam vobis quatenus inconti-
nenti cum de predictis trescentos vel quadringentos condu-
xeritis vel amplius mittatis illos ad dominum Regem , ita
quod non spectent residuos usque ad quantitatem predi-
ctam qui fuerint conducendi, quoniam dictus dominus Rex
ita mandat tìeri per alias litteras suas , quas nobis misit.
Significantes vobis quod totidem mandamus conduci per G.
de Rocha , baiulum Catalonie , et teneri tabulam per eum
in Barchinona, et residuos usque ad complementum diete
quantitatis trium millium hominum mandamus conduci per
Gervianum de Riaria et per eum teneri tabulam in Dertusa
et Terrachona. Datum Cesarauguste II kalendas aprilis [1283].
Et mittimus vobis transumptum littere domini Regis pre-
sentibus interclusum.
Fait facta et missa similis G.° de Rocha, baiulo domini
Regis in Catatonia.
Dal Registro 60 del Re Pietro, fol. 72 r. (Arch. Cor. Arag. in
Barcellona) .
Su quei preparativi militari si hanno altri due ordini dello
stesso giorno riguardanti armamento di galere. A 2 aprile l'In-
fante scriveva pel pagamento di somme al de Roca per cinque-
cento remiganti. Ciò dimostra che le milizie, richieste per la spe-
dizione siciliana, furono con ogni probabilità inviate. La parola
tenere tabulam è, come osserva il Ducange, Glossarium med. et
inf. lat. Niort, 1883, t. Vili, pag. 8, una espressione catalana a-
doperata nel senso di adunanza per sindacato di officiali ; ma il
Dugange non indica l'altro significato di far leva di soldati, che
risulta da queste due documenti.
(1283) — 72 —
XXVI.
1283. maggio 1, Trapani.
Il Re Pietro 1 ordina a Pietro Dahivar di recarsi subito, e per
la via piti adatta con biion numero di cavalli, a Bordeaux, nella
quale città dovrà avvenire il duello tra il medesimo Re Pietro
e Carlo d'Angiò nel primo giorno di giugno.
Documento in lingua catalana conservato tra le Cartas sueltas
con, fecka del Re Giacomo al n. 167, nell'Arcti. della Corona di
Arag\ in Barcellona.
Pubblicato la prima volta da Saint - Pkiest, Hist. de la con-
quéte, t. IV, pag. 216, con l'indicazione « Goleccion de cartas Rs.
legajo 1» e la data inesatta de! 1280. Fu ristampato da Carini,
De Ftehit-j, paj. 703, documento Xll dell' Appendice concernente
il duello, però senza veruna annotazione della serie di scritture
donde lo trasse , che invece trovasi segnata nelle trascrizioni di
lui, cioè: « N. 167 interino. Carte sciolte di Giacomo II».
Amari nella 9a edizione non fa alcuna menzione di tale ordine
trasmesso dal Re Pietro dalla Sicilia, cinque giorni prima della
sua partenza per la Catalogna.
XXVII.
1283, dopo l'il giugno, Bordeaux.
Il Re Carlo d'Angiò in un suo memoriale consegnato agli am-
basciatori, « euntibus ad partes Italie quod civitatibus et amicis
Italie exponent ea que sequuntur», dà ampia notizia di quanto
fu stabilito in Messina e Reggio , di accordo col Re Pietro , per
il duello, e che il medesimo Re Carlo si è recato a 25 marzo a
tale scopo in Bordeaux, e che vi è rimasto sino all' 11 giugno, ma
che il Re Pietro non è venuto , né si è scusato , incorrendo così
nel biasimo.
Il testo venne pubblicato da Muratori, Antiquitates italicae
medii aevi. Mediolani, 1742, t. Ili, pag. 649-654, sopra un registro
del Comune di Modena, a fol. 272.
— 73 — (1283)
Manca la data nel documento; ma dall'essere consegnato agli
ambasciatori che venivano in Italia, e dalla notizia dei fatti com-
piuti sino all' 11 giugno si riconosce che è scritto . pochi giorni
dopo, coinè protesta contro il Re Pietro.
Amari, Un periodo cit., pag. 122, e 9" ediz., voi. II, pag. 26 lo
dice : « Manifesto indirizzato al coniane di Modena » ; però deve
notarsi che in principio non si trova alcun indirizzo a quel Co-
mune , e sembra quindi che sia stato soltanto consegnato dagli
ambasciatori al Podestà del Comune di Modena , come facevasi
per altri comuni o repubbliche d'Italia.
Ritenne altresì per equivoco 1' Amari che il documento che se-
gue nella edizione datane dal Muratomi sia la « risposta di Pie-
tro » al memoriale del Re Carlo; mentre tale secondo documento
non è altro che la nota convenzione sul duello, formata a 30 di-
cembre 1282, e che nel testo dato dal Muratori termina alle pa-
role prorsus sint liberi, senza le righe finali che contengono altre
parole e la data. Per la convenzione del 30 dicembre 1282 cfr.
quanto ho notato al n. XVI.
Riguardo alle notizie del viaggio del Re Pietre ia Valenza
(dove era arrivato a 17 maggio 1283) a Bordeaux « per so que
nos hy som estats personalment et hy avem feyt co que al feyt
conven », e di essersi quivi trovato presente a 1° giugno «de si
llegamos personalment a Bordell et fiziemos nuestra presentacio
al Seneschal del Rey Dinglaterra » , che annunziò il rinvio del
duello, dopo il qual fatto egli (Re Pietro) se ne è tornato in Ta-
rasona, « e somos en Tirasona sanos e con salut loando a Dios »,
vedansi i due documenti del 1° giugno 1283 (ai nobili di Aragona
e Catalogna) e 20 giugno (al figlio del Re di Castiglia) pubblicati
da Carini, De Rebus, pag. 706 e 707, nell'Appendice dei documenti
sul duello. Il primo di essi è tratto dal reg. 61, fol. 156 r. di Pie-
tro, e l'altro dal reg. 47, fol. 119, esistenti nell'Archivio della
Corona d'Arag. in Barcellona, sebbene il Carini non offra di ciò
alcuna indicazione.
Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 26 non ricorda affatto questi due
documenti che danno la prova sicura del viaggio del Re Pietro
a Bordeaux, anzi su tale avvenimento dice : « Se mentissero pure
i cronisti avversi a casa d'Angiò, se pur fosse falso , come non
mi sembra, il viaggio di re Pietro a Bordeaux » ecc.
Nel Syllabus membranarum ad Begiae Siclae Archivum per-
(1283) — 74 —
tinentium. Neapoli, 1824, voi. I, pag. 258, nota 2 è il testo di un
documento del 20 novembre 1283 (tratto dal fascicolo angioino
LXV, n. ti), dal quale si rilevano le spese sostenute per la corte
del Re Carlo al ritorno da Bordeaux per recarsi in Italia.
XXVIII.
1283, giugno 21, Tarasona.
Il Re Pietro I scrive a Bianca signora di Molina, dicendole
che sempre è stato memore di lei, e che al ritorno dalla Sicilia
ha ricevuto lettera dell'Infante Giacomo, che invia un ambascia-
tore per compire quanto la suddetta Bianca conosce. Il Re Pietro
si scusa di non potere per la guerra recarsi da lei, e manifesta
di aver rimproverato V Infante Sancio per alcune parole dette
contro la medesima.
Nobili et dilecte donine Bianche domine de Molina. Quia
nobis cordi est semper actendere ea , ad que tenemur , et
licet in arduis negociis intendere habuerimus hucusque ,
semper fuimus memores facti vestri ne vos deciperemini ,
quia multum in nobis fìdastis , et ideo in recessu nostro
de regno nostro Sicilie habuimus cartam a karissimo filio
nostro Infante dompno Iacobo, in qua concedit plenariam
potestatem venerabili Roderico Petri Poncio, commendatori
de Alcanicio , faciendi et complendi nomine suo factum
quod scitis. Propter quod mictimus ad vos dictum commen-
datorem ut vos procedatis in ipso facto prout vobis melius
videbitur ; nos enim accessissemus ad videndum vos , et
propter guerram Gallicorum, et quia inclitus Infans Sancius
rogavit nos quod iuvaremus ipsum ad ordinandum fronte-
riam suam, habuimus remanere, et sic rogamus vos quate-
mus inde nos habeatis excusatos. De facto vestro fuimus
loquuti cum dicto Infante Sancio, et reprehendimus ipsum
de verbis que contra vos dixerat, ita quod penituit ipsum
de hiis que dixerat , et est in voluntate faciendi vobis be-
— 75 — (1283)
neplacitum et honorem. Datum Tirasoni x.i° kalendas lulii
[1 283].
Documento trascritto nel registro 47 del Re Pietro, fol. 119 r.
(Arch. Cor. Arag. in Barcellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II , pag. 50 ne dà un rias-
sunto, senza indicare il titolo di «signora di Molina».
L'Infante Don Sancio era il figlio primogenito del Re di Ca-
stiglia, ed a lui ed all'Infante Emanuele, oltreché al sovrano, fu
indirizzata dal Re Pietro a 18 gennaio 1282 la famosa lettera ri-
guardante gli accordi per la conquista del regno di Sicilia (vedi
doc. n. XI). Carini, op. cit., voi. II, pag. 46 completò il testo di
quella lettera così : « (Inedito). De similia [corr. simili] materia
Infanti dompno Sancio quod assistat dicto nuncio auxilio et fa-
vore. Datum ut supra. Similis Infanti dompno Emaniteli».
Altri documenti del 16 dicemhre 1281 e 30 gennaio 1285, che
concernono la signora Bianca , sono riferiti in sunto da Carini
cit., pag. 45 e 58. Il Re Pietro trattava nel 1281 per dare in isposa
Isabella, figlia di Bianca, all'Infante Federico suo figlio.
XXIX.
1283, giugno 23, Tarasona.
Il Re Pietro I ordina a Pietro de Roca, di Barcellona, di dare
buon posto (placeas) e vitto in una delle navi regie, se desidera
fare in essa il suo viaggio, a Berengaria de Belpuig ed ai suoi
familiari, dovendosi recare in Sicilia presso il marito Bertrando.
Petrus Dei gracia Aragonum et Sicilie rex fìdelissimo
suo Petro de Rocha civi Barchinone salutem et graciam.
Cum Berengaria uxor Bertrandi de Belpuig intendat ad
partes Sicilie et dictum maritum suum , volumus et man-
damus vobis quatenus si ipsa voluerit transfretare in al-
tera illarum duarura navium nostrarum, faciatis sibi et fa-
milie sue dari bonas placeas et victualia eis necessaria
(1283) — 76 —
usque in Siciliani, et eciam si ipsa voluerit et requisiverit,
faciatis navem ipsam accedere versus illas partes quas vo-
luerit ad recolligendum se. Datum Tarrasone ix kalendas
Tulii, anno ut supra [1283].
Dal registro 46 del Re Pietro, fol. 9:2 (Ardi. Cor. Arag. in Bar-
cellona) .
Carini, Gli Ardi, e le Bibl. voi. Il, pag. 22 ne offre un sunto:
ma col nome G. invece di Pietro de Roca, e traducendo se verrà
invece di se vorrà.
XXX,
\L28'A, luglio 29, Logrono.
Il Re Pietro I manda a Giovanni da Procida, in una cedola
acchiusa in altra lettera della stessa data, le notizie del suo ar-
rivo in Catalogna, del processo per il duello di Bordeaux e della
sua ottima salute.
Adventum nostrum ad partes istas et processum pugne
burdegalensis et felice m continenciam status nostri vobis
signilìcamus in quadam cedula, presentibus interclusa.
Questa cedola assai importante , e che mostra la fiducia che
sempre si aveva nel Procida , è solamente accennata , e non si
trova dopo il testo del documento dello stesso giorno, trascritto
nel reg. 54, fol. 178 del Re Pietro, e pubblicato prima dal Saint-
Priest, Hist. de la conquète, t. IV, pag. 232, e riprodotto da Ca-
rini, De rebus, pag. 433. Il Saint-Priest a pag. 217 offre un cenno
del documento principale, e riporta le parole finali che ricordano
la cedola inviata particolarmente al Procida. Carini nota che dopo
quel documento «seguono nel registro alcuni fogli bianchi». É
probabile che fossero stati destinati per copiarvi la cedola , che
dovea essere alquanto estesa , e che poi non si curò più di tra-
scrivere (Cfr. pure doc. XXIII, n. 10).
— 77 — (1283)
XXXI
1283, settembre 27, indizione 12», Messina.
La Regina Costanza ordina ai Secreti di Sicilia Giovanni
Guercio di Messina, e Nicola de Ebdemonia di Palermo di non
esigere dalla Chiesa di Patti alcuna somma per diritto di legna-
me, sino ad altro mandato di lei o del figlio Giacomo, Luogote-
nente del regno.
Constancia dei gratia Aragonum et Sicilie regina. Ioanni
Guelchio de Messana militi, consiliario et familiari et Nico-
lao de Empdemonia de Panormo secretis et raagistris pro-
curatoribus Sicilie fidelibus suis gratiam suam et bonam
voluntatem. Pro parte Pactensis ecclesie excellencie nostre
fuit humiliter supplicatimi ut cum eadem ecclesia a presta-
cene iuris lignaminum exempta semper fueritet immunis,
prout in privilegiis et inquisicionibus inde confectis piene
asseritur contineri , et vos contra immunitatem huiusmodi
venientes, procuratores ipsius ecclesie ad solvendum vobis
prò parte Curie prò iure lignaminum predictorum certam
quantitatem pecunie indebite compellatis et multipliciter
molestatis, providere super hiis misericorditer dignaremur.
Quibus supplicacionibus clementer admissis, fìdelitati vestre
precipiendo mandamus quatenus ab exacione iuris lignami-
num predictorum supersedere debeatis usque ad alium cel-
situdinis nostre , vel karissimi tilii nostri Infantis Iacobi ,
domini viri nostri in regno Sicilie futuri successo ris et he-
redis ac eius in eodem regno generaliter locumtenentis, spe-
ciale mandatum vobis propterea dirigendum. Datum Mes-
sane anno domini M.° CC.° LXXX.0 1IJ° mense septembris
vicesimo septimo eiusdem, duodecime indicionis, regnorum
nostrorum Aragonum anno octavo, Sicilie vero secundo.
Documento in pergamena nel voi. «Castello Patti e Tindari »
dell' Archivio Vescovile di Patti , a fol. 297. È contenuto in un
transunto del 28 settembre,
(1283) — 78 —
Giovan Crisostomo Sciacca nel volume Patti e V amministra-
zione del Comune nel medio evo. Palermo , 1907 (nei Doc. della
Soc. Sicil. di Stor. Patria. Serie li , voi. VI) non ne dà alcuna
notizia, né riferisce il testo.
La Chiesa di Patti aveva ottenuto in febbraio 1265 1' ordine
dal Re Manfredi di non essere molestata per il diritto di mari-
neria e legname, secondo il privilegio del Re Guglielmo II, con-
fermato da Federico svevo. Il documento di Manfredi fu pubbli-
cato da Carlo Kehr , Staufische diplome in Domar chiv zu Patti
(postumo), nella rivista Quellen und Forschung. aus italien. Ar-
chives ecc., voi. VII, Roma, 1904, pag. 180. Il Re Carlo d'Angiò
a 26 agosto 1266 confermò quell'esenzione, con sua lettera, edita
da Pirri, Sicilia Sacra, t. II, pag. 778, e ricordata da Sciacca,
op. cit., pag. 89.
Di Giovanni Guercio si ha memoria nel 1283 pel pagamento
di somma a lui dovuta prò quitacione sua (Carini , De rebus ,
pag. 062). Nicola de Ebdemonia è il celebre Capitano di Palermo,
insieme con Mastrangelo, Baveno e Ortilevo nel governo repub-
blicano del 1282. Cfr. doc. n. I. Altre notizie su Ebdemonia offre
Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 201 per gli anni anteriori.
Notevoli sono le espressioni usate dalla regina Costanza per
il titolo dell'Infante Giacomo, cioè: «domini viri nostri in regno
Sicilie futuri successoris et heredis ». Vedi su ciò quanto ho detto
nelle Notizie preliminari al regno di Pietro 1, nel § 4.
XXXII.
1283, ottobre 4, Tarazona.
Il Re Pietro I concede a notaro Stefano di Nicola ed a Filippo
Guarichi di Sciacca, per i loro meriti, due casali siti nella valle di
Girgenti, cioè Burgibilluso presso Sciacca, e Tnrbuli con le terre
vicine, che nell'epoca di Carlo d'Angiò erano posseduti da Pietro
Nigrello provenzale e che valgono onde tredici di oro annuali ,
con la condizione che, se il reddito supera tale cifra , quanto a
vanza dovrà esser pagato alla regia Corte, oltre l'obbligo del ser-
vizio militare (reservato servicio, quod prò eisdem casalibus de-
— 79 -- (1283)
betur). Il Re avvisa di ciò la Regina Costanza e l'Infante Gia-
como con lettere simili.
Petrus dei gracia Rex Aragonum et Sicilie etc. Illustris-
sime domine Gonstancie per eandem graciam eorumdem
regnorum Regine karissime consorti sue etc. Notarius Ste-
phanus de Nicolao de Sacca dilectus familiaris et fìdelis
noster per se et prò parte Philippi Guarichii socii sui de
eadem terra Sacce, dilecti familiaris et fidelis nostri, coram
maiestate nostra nuper accedens, nostro culmini supplica vit
ut cura prò exaltacione nostri culminis et honoris ac prò
nostris serviciis exequendis labores et expensas plurimas
sint perpessi, casalia duo que sunt in insula nostra Sicilie
scilicet in valle Agrigenti, quorum unum dicitur Burgibillu-
sium positum prope dictam terram Sacce, cuius proventus
et redditus valent et valere possint per annum uncias auri
quindecim, et aliud casale quod dicitur Turbuli cum terris
sibi adiacentibus et vicinis, que dicuntur Rahalgebili, Vulta-
num et Gargocta, quod et quas tenebat olim Petrus Nigrel-
lus provincialis tempore Karoli Provincie Gomitis hostis
nostri, cuius proventus et redditus valent et valere possunt
per annum uncias auri tresdecim, eis graciose concedere de
liberalitate mera et speciali gracia dignaremur. Nos igitur
ipsius supplicacionibus inclinati et compacientes eisdem,
actendentesque grata satis et accepta servicia predicta et
alia, que predicti Stephanus et Philippus exhibuerunt maie-
stati nostre , et que in futurum conferre et exhibere pote-
runt graciora, considerantes eciam quod decet principem
in conferendis beneficiis suis familiaribus et fidelibus esse
munificum, eisdem notario Stephano et Philippo, prò sub-
stentacione expensarum vite eorum, casalia ipsa et terras
cum omnibus iuribus, racionibus et pertinenciis eorumdem
concessimus de gracia speciali, dummodo ad summam seu
valorem maioris quantitatis pecunie supradicte ipsa casalia
non ascendant per annum. Quare volumus et mandamus
vobis quatenus si est ita quod redditus et proventus annui
(1283) — 80 —
dictorum casalium et terrarum ad maiores quantitates pe-
cunie quam dictum est superius non ascendant, eos in pos-
sessione dictorum casalium et terrarum cum iuribus et per-
tinenciis eorumdem, sine alicuius more dispendio, induci
presencium auctoritate mandetis, et donacionem vos et illu-
stris Infans Iacobus dilectus f filius] noster, cui exinde scri-
bimus, inde ei concedatis. Verum si per inquisicionem, quam
inde fieri mandabitis, invenientur redditus et proventus ip-
sorum casalium et terrarum valere per annum ultra quan-
titates predictas, vos et predictus Infans Jacobus ea casalia
et terras eis nichilominus concedatis. Ita tamen quod prò
superfluo valore annuo ipsorum ipsi nostre Curie quolibet
anno respondere et satisfacere teneantur. Reservato eciam
Curie nostre servicio , quod prò eisdem casalibus debetur,
per eos Curie nostre prestando. In premissis taliter vos ge-
rentes quod ipsi ad serenitatem nostram fatigare propterea
denuo non cogantur. Datum apud Tharasonas quarto octu-
bris anno domini millesimo ducentesimo octuagesimo tercio.
Documento inserito in altro dei 3 agosto 1301 del Re Fede-
rico II e scritto in pergamena originale conservata al n. 17 del
Tabulano di S. Maria della Grotta (Archivio di Stato di Paler-
mo). Delle lettere consimili inviate all'Infante Giacomo si fa cenno
nel privilegio del Re Federico. La pergamena, insieme con altre,
fu nel 1883 offerta in vendita al prof. Antonino Salinas, il quale
ne propose l'acquisto all'Archivio.
Il medesimo Salinas ne ha dato una breve notizia nella me-
moria Osservazioni intorno a due diplomi greci riguardanti la
topografia di Palermo, neìYArch. Stor. Sic, an. IX (1884) p. 91,
n. II. Nel fugace sunto egli ricordò il privilegio di « Pietro e Co-
stanza», che afferma «dato a Termini il 4 ottobre 1283»; ma in-
corse in equivoco ritenendo che il documento fosse pure della re-
gina Costanza, mentre è soltanto a lei diretto in Sicilia, e che la
data di luogo fosse Termini (cioè Termini Imerese in Sicilia) ,
quando invece è Tarazona nel regno di Aragona, né l'abbrevia-
zione Thrnas può interpretarsi altrimenti.
t noto infatti che il Re Pietro partì dalla Sicilia il 6 maggio
— 81 — (1283)
1283, né più vi fece ritorno. Dai documenti riferiti in sunto dal
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il, pag. 24, 163, 164, si scorge
che il Re Pietro a 7 settembre 1283 era a Tarasona, al 24 ad Exea,
ed. a 1° dicembre a Valenza.
Per Filippo Guarichiolo o Guarichio si ha notizia in un docu-
mento del Re Pietro dell'8 marzo 1283 riguardante un'inchiesta
fatta intorno la privazione, sofferta dal Guarichiolo, del possesso
di una masseria nel casale Rachalmaymuni presso Caltabellotta
(Carini, De rebus, pag. 552). Altro ricordo è in un privilegio del
Re Federico II aragonese di concessione dell' officio di Portola-
noto di Sciacca a Riccio Guarichiolo , tiglio del tu Filippo , del
quale documento fa menzione G. L. Barberi, I Capibrevi, voi. Ili,
ed. Silvestri, Palermo. 1888-1907, pag. 591 (nei Doc. della Soc.
Sicil. di Storia Patria, Serie I, voi. XII) nella parte da me data
in luce.
XXXIII.
1283, novembre 30, Valenza.
Il Re Pietro I avvisa i suoi Consiglieri nel regno di Sicilia di
avere ordinato che Lapo Guindone sia Portolano dell'isola e dei-
regno, insieme a Romeo de Portella, che tiene quell'ufficio al pre-
sente.
Dilectis et fidelibus suis consiliariis in regno Sicilie pre-
dicto constitutis , ad quos presentes pervenerint. Noveritis
nos ordinasse quod fidelis famìliaris noster Lappo Guindo-
ni sit Portulanus tocius insule et regni nostri Scicilie, simul
cura Romeo de Portella, qui iara predictam Portulaniam
procurat et aministrat prò nobis. Quare vobis dicimus et
mandamus quatenus don Lapum prò Portulano habeatis ,
simul cum dicto Romeo de Portella, et eidem in hiis, in
quibus vos necessarios habuerit, ad utilitatem nostrani circa
regendum et administrandum ipsum officium detis consilium
et iuvamen. Datura Valentie, II kalendas decembris [1283].
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 6
(1283) — 82 —
Dal reg. 46 di Re Pietro, fol. 122r. (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 25 ne offre un sunto
brevissimo.
L'espressione « tocius insule et regni nostri Sicilie » denota il
vivo desiderio del Re di conquistare le provincie continentali del
regno, come affermava nel documento del 20 ottobre 1282: « Spe-
rantes in brevi... tocius Regni residuum nostro dominio sodare»
(Carini, De rebus, pag. 110 e seg.).
XXXIV.
1283, novembre 30, Valenza.
Il Re Pietro I, nonostante che per patto Lapo Guindone debba
risiedere in Valenza, permette che sia libero da tal vincolo, do-
vendo recarsi in Sicilia per il servizio regio.
Nos Petrus etc. Concedimus vobis fideli familiari nostro
Lappo Guindoni quod licet ex pacto inter nos et vos inito
teneamini facere in Valencia residenciam personalem , prò
eo tamen quod in partibus Scicilie esse debetis in nostro
servicio , sitis a predicta residencia absolutus, quamdiu in
dictis partibus fueritis in nostro servicio supradicto; set vo-
bis recedente de dictis partibus Scicilie , teneamini redire
Valenciam, facturus ibi dictam residenciam personalem. Da-
tum ut supra [Valencie, II kalendas decembris — 1283].
Dal reg. 4b' di Re Pietro , fol. 123 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona) .
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 25 ne dà un sunto.
Si trova altresì ricordato Lapo Guidone o landone in un do-
cumento dell'Infante Alfonso del 29 gennaio 1283, nel quale viene
designato come Baiulus illustris domine Regine matris nostre,
ed in quello del 9 aprile per recarsi in Saragozza presso l'Infante
(Carini, op. cit., pag. 134 e 143).
— 83 — (1283)
XXXV.
1283, novembre 30, Valenza.
Il Re Pietro I dà notizia a Romeo de Portella di avere nomi-
nato Lapo Guindone Maestro Portolano di tutto il regno e dei-
risola di Sicilia, insieme al medesimo Romeo.
Fideli suo Romeo de Portella. Noveritis nos ordinasse
quod fidelis familiaris noster Lappo Guindoni sit magister
Portulanus tocius regni et insule Scicilie, simul vobiscum.
Quare raandamus vobis quatenus dictum Lappum prò ma-
gistro Portulano habeatis simul vobiscum, et ipsum officium
Portulanie uti permictatis, dum de nostri fuerit voluntate,
ita quod ambo insimul ipsum officium bene et fìdeliter pro-
curetis. Datum ut supra [Valencie, TI kalendas decembris —
1283].
Dal reg. 46 di Re Pietro, Ibi. 123 (Ardi. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 25 ne dà un sunto
non preciso, perchè indica il documento quasi « partecipazione »
dell'altro precedente, col quale il Re esonera Lapo Guindone dal
dimorare nella città di Valenza.
XXXVI.
1283, dicembre 1, Valenza.
Il Re Pietro I partecipa a Lapo Guindone di averlo nominato,
a beneplacito regio, Maestro Portolano dell'isola di Sicilia e del
regno , insieme con Romeo de Portella , che tiene attualmente
quelV ufficio.
Noverint universi quod nos Petrus Dei gracia Aragonum
et Sicilie rex concedimus vobis Lappo Guindoni , fideli fa-
(1288) — 84 —
miliari nostro, quod sitis magister Portulanus tocius insule
et regni nostri Sicilie predicti , simul cura Romeo de Por-
tella, qui iam predictam portulaniam procurat et arainistrat
prò nobis. Ita quod vos et ipse Romeus insimul bene et fi-
deliter procuretis et aminislretis in omnibus, ad voluntatem
nostrani, officium Portulanie predictum, dum tamen de no-
stri fuerit voluntate. Mandantes per presentes dicto Romeo
et universis hominibus regni nostri Sicilie predicti quod vos,
simul cum dicto Romeo , habeant prò magistro Portulano
dum nobis placuerit , ac superius continetur. Et quicquid
vos ambo simul ordinaveritis, vel feceritis, in predicto offi-
cio ad utilitatem nostri ratum et firmum habere promicti-
mus in perpetuum. Datum Valencie, kalendis decembris.
[1283].
Dal reg. 46 di Re Pietro, fol. 122 r. (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Ne dà breve sunto il Carini , Gli Arch. e le Bibl. , voi. II ,
pag. 25.
É notevole pure qui la distinzione : « tocius insule et regni
nostri Sicilie » .
XXXVII.
1983, dicembre 1, Valenza.
Il Re Pietro I ordina a Pietro de Cabanis di far condurre in
Sicilia, con una nave regia, Lapo Guindone con la sua famiglia,
facendo passaggio prima in Sardegna , perchè il suddetto Lapo
possa conferire con il Giudice di Arborea.
Petro de Cabanis. Mandatnus vobis quatenus faciatis
portari ad partes Sicilie in terida nostra fìdelem familiarem
nostrum Lappimi Guindoni, et uxorem suam ac fìlium suum
— 85 — (1283)
et eius familiam, et duas equitaturas et arnesium suum, et
eundo in dictis partibus, faciatis transitimi per Gerdeynnam
ad hoc ut possit loqui dictus Lappo cum Iudice Arboree.
Datimi ut supra [Valentie, kalendis decembris — 1283].
Dal reg. M di Re Pietro, fol. 122S r. (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona) .
Si ha il sunto in Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 25.
XXXVIII.
l!283, dicembre 15, indizione 12, Catania.
L'Infante Giacomo , Luogotenente del regno di Sicilia, per i
servisi prestati dai Messinesi, specialmente nel respingere i ne-
mici, concede, col beneplacito della regina madre, che nessun Mes-
sinese possa essere convenuto nella propria città, se non nella
Corte dello Stratigoto e dei Giudici per qualunque causa civile
o penale, eccetto per i feudi ed il crimine di lesa maestà. Ordina
altresì che nessun Messinese sia convenuto fuori la propria città,
se non per gli appelli, e che quando la Regia Gran Corte si trovi
in Messina si discutano dai Giudici le cause dei cittadini. Si ri-
serva il beneplacito, del Re per tale concessione.
facobus Infans, illustris regis Aragonum et Sicilie fìiius,
suus in regno Sicilie futurus successor et heres, ac eius in
eodem regno generalis locumtenens. Per presens privilegium
notum fieri volumus universis, tam presentibus quam futu-
ris, quod actentis gratis et acceptis obsequiose devotionis
servichs, que cives civitatis Messane iideles regii devoti no-
stri illustribus domino regi et domine regine, dominis pa-
rentibus nostris et nobis devote hactenus contulerunt , et
specialiter in offensione regiorum hostium et nostrorum ,
expensas et fastidia alacriter subeundo, continue conferunt
et in futurum conferre poterunt graciora, volentes eos no-
(1283) — 86 —
vis immunitatibus et benefìciis propterea congaudere, dum
iustis laboribus tribuenda sit compensacio premiorum, civi-
bus civitatis ipsius et tenimenti sui concedimus prò parte
regie Curie, authoritate qua fungimur in hac parte, de be-
neplacito et mandato illustris domine regine matris nostre,
quod nullus civis messanensis, cuiuscumque conditionis exi-
stat, alibi quam in regia Curia Stratigoti et iudicum civitatis
Messane intus in civitate ipsa prò quacumque causa seu
questione civili cuiuscumque quantitatis, seu criminali, pu-
blica vel privata , possit per aliquos etiam privilegiis iuris
communis seu specialis munitos aliquatenus conveniri. In
qua regia Curia ipsius Stratigoti et iudicum Messanenses
ipsos prò quacumque predictarum causarum volumus et
precipimus conveniri , preterquam de feudis quaternatis et
quota parte ipsorum ac crimine lese maestatis, cui conven-
cioni Messanenses ipsos subesse volumus prout alios fideles
regios Sicilie , sicut iuris diffinita senserunt ; dignum est
enim ut huiusmodi crimen, quod cetera crimina trascendit,
sceleribus aliorum criminis munimine arceatur. Adiicimus
etiam quod nullus ipsorum Messanensium prò quacumque
questione modo predicto extra predictam civitatem Messane
aliquatenus extrahatur, preterquam prò causa appellacionis
questionum discussarum et decisarum in eadem regia Curia
Straticoti et iudicum civitatis Messane. In qua Messanenses
ipsos ad aliam regiam Curiam adesse volumus, prout postu-
lat ordo iuris, reservato tamen quod quando magna regia
Curia fuerit in ipsa civitate Messane, quod magister Iusti-
ciarius et iudices ipsius magne regie Curie audiant, discu-
ciant et terminent prò parte regie Curie inter cives ipsius
civitatis Messane et quoslibet alios de quibuscumque causis
et questionibus civilibus et criminalibus , publicis seu pri-
vatis ; et si forte aliqua questio vel questiones inter cives
civitatis Messane moverentur in magna regia Curia et ipsa
coram magistro Iusticiario et iudicibus ipsius magne Curie,
ipsa magna Curia existente Messane , et contingerit prius
ipsam magnam regiam Curiam de Messana recedere quam
— 87 — (1288)
questio et questiones ipse terminentur, quod cives ipsi prò
terminacione questionis vel questionum eorum de ipsa civi-
tate Messane minime extrahantur, sed omnia merita questio-
nis vel questionum ipsarum contenta in actis ipsius magne
regie Curie, predictis Stratigoto et iudicibus Messane per eos
in regia Curia civitatis ipsius secundum iusticiam remaneat
terminandum ; in concessione quoque predicta beneplacito
et mandato predicti domini regis domini patris nostri pre-
servatis et in omnibus semper salvis. In huius autem con-
cessionis robur, testimonium et cautelam presens privilegium
eis exinde fieri iussimus et sigillo pendenti nostre celsitu-
dinis communiri. Datum Cathanie anno domini millesimo
ducentesimo octuagesimo tercio, mense decembris XV eius-
dem, XI T lndicionis.
Una copia di questo documento trovasi nel ms. del secolo XVI
dei Privilegi di Messina (Biblioteca Com. di Palermo) a fol. 36.
Altra è nel Codice del sec. XV esistente in Madrid, a fol. 63. Nel
Libro Rosso dei privilegi di Siracusa , voi. Ili , è trascritto il
documento suddetto a pag. 16 , e si dice che ne gode pure la
città : « De non conveniendis Messanensibus extra civitatem Mes-
sane , de quo privilegio etiam gaudent Syracusani in vim alte-
rius privilegii dati». È riferito, con testo più abbreviato, nel
voi. ms. Regesto Poligrafo di Trapani (Bibl. Fardelliana) , cioè
la prima parte a fol. 321 r. con data 1283, e l'argomento : « Quod
Trapanensis non potest conveniri extra terram Trapani», la se-
conda da « reservamus etiam quod magister Iustitiarius » sino
alla fine , a fol. 322, con data erronea Panhormi 1285 e 1' argo-
mento : « De causis inchoatis in Magna Curia Trapani degente ,
et non decisis , non extrahendis ». Si altera il nome Messana e
Messanensis in Trapanum e Trapanensis. Trovasi pure in due
parti inserito nel Libro Rosso di Trapani a fol. 27 e seg. Prima
del testo del documento è aggiunto : « Privilegium literis aurei s
notandum in favorem invictissime civitatis Drepani ». Simile co-
pia delle due parti (quasi distinti privilegi) è nel voi. ms. della
Storia di Monte S. Giuliano del Cordici (Bibl. Com. Palermo, Qq.
D. 48) a fol. 117, con data Cathaniae 1283 e come concessi a Tra-
pani. Nel Libro Rosso di Patti è un frammento di tale privilegio.
(1283) ■ — 88 —
Esso è espressamente ricordaio, con 1* inserzione di non poca
parte del testo (come d'ordinario non avviene nelle conferme ge-
neriche) nel documento del Re Giacomo del HO luglio 1286 (prima
creduto del 1294) di concessione di immunità a Messina, e di con-
ferma di vari privilegi anteriori. Indicherò soltanto le parole ini-
ziali di approvazione: «Rem quoddam privilegium nostrum da-
tomi Cathanie anno domini millesimo ducentesimo octuagesimo
tercio, mense decembris, quintodecimo eiusdem, duodecimae Tn-
dictionis, quod nullus ci vis messanensis » ecc. (Gallo, Annali di
Messina, la ed., voi. II, pag. 136; 2a ed., pag. 161; Starrabba,
Cons. e priv. di Messina, pag. 262, e prefaz. pag. XXXIV).
Fu dato alle stampe la prima volta da Vito La Mantja, I pri-
vilegi di Messina. Palermo, 1897, pag. 63 (parte non ancora pub-
blicata), e nella memoria Privilegi inediti di Messina del secolo
XIII (edita in quello stesso anno) a pag. 8. In entrambe le edi-
zioni il La Mantia riferisce in nota anche il testo del documento
diviso in due parti, che si trova nel Regesto Poligrafo di Trapani.
G. Sciacca, Patti e l amministrazione del comune cit., pag. 530
e seg. ha pubblicato , nel 1907 , il frammento che fu trascritto
nel 1537 nel Libro Rosso di Patti. Vedi pure pag. 79.
Antico ricordo del documento di Giacomo si ha nella edizione
principe delle Consuetudini di Messina, curata da Giovan Pietro
Appulo nel 1498, ed ignota al Gregorio, perchè nel cap. 36 De
foro competenti 1' Appulo aggiunse questa dichiarazione : « Id quo-
que late habemus in privilegio nobis concesso a divo rege Iaco-
bo, quod ego Io. Petrus Apu. vidi et legi».
Fecero menzione di questo privilegio Samperi, Messana illu-
strata. Messanae 1742 , t. II , pag. 107 e 218 , riferendo qualche
frammento, e Gallo, Annali di Messina, 2a ed., voi. II, pag. 141,
offrendo un sunto preciso. É indicato nell' elenco dei documenti
del Codice di Madrid , fornito da Hartzenbusch (in Arch. Stor.
Sic. , voi. 1 , 1879 , pag. 318) , e nell' altro dato dal Carini (Gli
Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 260). Vito La Mantia, Antiche con-
suetudini cit., pag. CXXXIV ricorda la copia esistente nel Libro
Rosso di Siracusa, con lo speciale argomento, ed a pagina CVIII
il frammento inserito nel Libro Rosso di Patti.
È degno di nota che nelle città di Patti, Siracusa, Trapani e
Monte S. Giuliano si abbia avuto cura di trascrivere, in tutto o
in parte, il privilegio di Giacomo, e ciò è altra prova che come
— 89 — (1283)
seguivasi da esse il testo delle Consuetudini di Messina, così si
adottavano i più importanti privilegi. Si veda su ciò la monografia
di Vito La Manti A, Testo antico delle consuetudini di Messina
adottato in Trapani (1331). Palermo, 1901. Riguardo alla città di
Siracusa si ha la più antica notizia di concessione esplicita di
privilegio di foro nel 1435 del Re Alfonso, sebbene nel 1424 fos-
sero stati emanati per la Camera Reginale alcuni capitoli perchè
i Siracusani non litigassero altrove. Cfr. Vito La Mantia, Anti-
che Consuetudini cit., pag. CXLV.
Per la rarità delle edizioni del privilegio date dal La Mantia,
ho creduto indispensabile riferirne il testo intero.
XXXIX.
1283, dicembre 15, indizione 12, Catania.
L'Infante Giacomo, Luogotenente del regno di Sicilia, in con-
siderazione dei servizi resi dai Messinesi , massime nel combat-
tere contro i nemici , concede ai medesimi , col beneplacito della
regina madre, di potere dovunque, tanto nel regno di Sicilia, che
in quello di Aragona, od anche fuori di essi, nominare un con-
sole per trattare le liti civili fra di loro, le quali non potranno
discutersi in alcun'' altra Curia. Di tale concessione si riserva Vap-
provazione del Re Pietro.
Iacobus Infans, illustris regis Aragonum et Sicilie filius,
suus in ... regno Sicilie futurus successor et heres, ac eius in
eodem regno generaliter locumtenens. Per presens privile-
gium notum fieri volumus universis, tam presentibus quam
futuris , quod actentis gratis et acceptis obsequiose devo-
cionis serviciis, que cives civitatis Messane fìdeles regii de-
voti nostri illustribus domino regi et domine regine , do-
minis parentibus nostris et nobis devote hactenus contu-
lerunt, et specialiter in offensione regiorum hostium et no-
strorum, expensas et fastidia alacriter subeundo , continue
(1283) — 90 —
conferunt et in futurum conferre poterunt graciora, volen-
tes eos propterea novis immunitatibus et beneficiis congau-
dere , dura iustis laboribus tribuenda sit compensalo pre-
miorum , Messanensibus ipsis concedimus prò parte regie
Curie, auctoritate qua fungini ur, de beneplacito et mandato
predicte domine regine domine matris nostre, ut ubicumque
eos tam per regnum Sicilie, quam Aragonum, extra predictam
civitatem Messane contingerit , vel etiam ubicumque extra
regna prefata inveniri, et sint a tribus ultra in numero, li-
ceat eis alterum eorum quem sufficientiorem videant , in
Gonsulem ipsorum eligere et constituere, per quem questio-
nes et cause civiles, que oriri contingerint inter eos, vel in
quibus ab aliis eos contingerit conveniri, cognoscantur, di-
scutiantur et finaliter decidantur ad honorem et fidelitatem
ipsorum dominorum parentum nostrorum et nostrarum ac
nostri ac heredum et successorum eorum , et in nulla alia
Curia corani quolibet alio iudice , quam predicto Consule,
non possint de causis et questionibus ipsis per aliquos e-
tiam privilegiorum beneficiis iuris communis seu specialis
vocatos aliquatenus conveniri; in concessione quoque pre-
dieta beneplacito et mandato predicti domini regis domini
patris nostri preservatis et in omnibus semper salvis. In
huius autem concessionis robur, testimonium et cautelam
presens privilegium eis exinde fieri iussimus et sigillo pen-
denti nostre celsitudinis communiri. Datum Cathanie anno
domini millesimo ducentesimo octuagesimo tercio , mense
decembris, quintodecimo eiusdem, duodecime Indicionis.
Il testo del documento è riferito nel voi. ms. dei Privilegi di
Messina (nella Bibl. Com. di Palermo) a fol. 37 r. , nel Codice
della Biblioteca di Madrid, e nel Regesto Poligrafo a fol. 321 r.,
e Libro Rosso di Trapani a fol. 25, con la sostituzione della pa-
rola Trapanensibus ecc.
Vien fatta menzione di esso nel privilegio del Re Giacomo del
30 luglio 1286 (non 1294, come si era ritenuto) di esenzioni per
Messina. Quel Re confermava in fine, tra gli altri, « et quoddam
aliud privilegium nostrum, datum Cathanie eodem XV decembris
— 91 — (1283)
XII indictionis [1283] , quod Messanenses ubi eos a tribus ultra
contingerit inveniri, possint unum ex eis, quera sufficientiorem
invenerint, in Consulem eorum eligere et statuere » ecc. (Gallo,
Annali di Messina, 2a ed., voi. II, pag. 161; Starrabba, Cons.
e priv. di Messina, pag. 262 e seg.).
Altro esplicito ricordo è in un documento del Re Federico II
del 24 novembre 1330 da Messina, diretto al Giustiziere ed ai giu-
dici di Palermo. Il Re dice che i Messinesi ricorsero a lui, ma-
nifestando « quod cum ex privilegio eis ab olim indulto , alio
quam in civitate Messane , vel in terris et locis ubi adsunt , co-
rani eorum consnlibns, qui hac sola de causa instituti noscuntur,
cogi non debeant aliquatenus litigare», il Giustiziere di Palermo,
in base a pretesi privilegi concessi alla città di Palermo , per i
quali è stabilito di potersi convenire i Messinesi per le cause ci-
vili , li costringeva a rispondere in giudizio. Ordina pertanto il
Re al Giustiziere che , se i Palermitani non possono essere co-
stretti a litigare in Messina, e se i Messinesi « in urbe ipsa [di
Palermo] ad litigandum non nisi coram eorum consulibus com-
pellitur», non costringa i Messinesi a litigare dinanzi a lui. Tale
privilegio del Re Federico II del 1330, inserto in altro posteriore,
è pubblicato, con data erronea e qualche equivoco nel testo, da
Antonino Flandina, Il Codice Filangeri e il Codice Speciale. Pa-
lermo 1891 , pag. 58 (in Doc. della Soc. Sicil. di Stor. Patria ,
serie I, voi. XIV).
Nel privilegio falso del Re Ruggiero del 1129 per Messina sono
estese disposizioni per i Consoli del mare e la loro Curia, e poi
si aggiungono (riproducendo evidentemente alquante parole del
documento di Giacomo) le norme per la elezione del Console, dove
trovansi tre Messinesi, o più, per definire le liti; però nel privi-
legio di Giacomo ciò ha luogo per le cause civili , ed in quello
falso di Ruggiero si estende anche alle penali (Cfr. Vito La Man-
tia, I privilegi di Messina, p. 8 e seg. e le edizioni quivi citate).
Sembra che la falsificazione del privilegio di Ruggiero sia avve-
nuta nel 1439, per ottenerne 1' approvazione del Re Alfonso nel
1440, però senza l'inserzione del testo del documento , come ho
rilevato nella mia memoria Testamento dell'Infante D. Pietro di
Aragona, fratello di Alfonso «il magnanimo», He di Sicilia, del
4 giugno 1436 (in Atti della R. Accademia di Scienze di Palermo,
Serie 3% voi. X, 1914, pag. 12). ,
(1283) — 9°2 —
Il documento di Giacomo fu dato in luce da Vito La Mantia
nella monografia Consolato del mare e dei mercanti e Capitoli
vari di Messina e di Trapani. Palermo, 1897, pag. V , nei Pri-
vilegi di Messina cit., pag. (il (parte non ancora pubblicata) , e
nei Privilegi di Messina del secolo XIII, pag. 6. Fu poi ristam-
pato da Starrabba, Cons. epriv. di Messina, pag. 141. Un fram-
mento era stato riferito da Samperi, Messana illustrata cit., t. II,
pag. 317.
Gallo, Annali di Messina, 2" ed. , voi. II , pag. 141 dà un
sunto del documento , e dice inesattamente che Giacomo « con-
ferma ciò che sta disposto nel privilegio del re R Uggeri circa la
elezione dei consoli nazionali da farsi dai Messinesi » , ed altre
norme « nella maniera che nell'accennato privilegio del re Rug-
gieri sta disposto ». Si desume anzi che Giacomo dice privilegium
nostrum, e non di altro sovrano, e che la provenienza di quelle
false disposizioni normanne è dalle posteriori di Giacomo. Star-
rabba, op. cit. prefaz. pag. XXII a ragione per la concessione
di Ruggiero osserva : « Il fatto di veder taciuta questa circostanza
nel presente privilegio dell' Infante Giacomo fa nascere dei so-
spetti , che rimangono avvalorati da altri documenti , nei quali
si torna a parlare della facoltà di eleggere i consoli, senza ricor-
dar precedenti » .
Questa considerazione era stata fatta da Adolfo Sghaube nel-
T importante lavoro Bas Konsulat des Meeres in Pisa. Leipzig,
1888 , nel quale a pag. 269-275 esamina l' istituzione del Conso-
lato del mare in Messina dai Normanni in poi, dimostrando che
le ampie facoltà concesse nel privilegio del Re Ruggiero, e non
ricordate in questo genuino di Giacomo, mostrano la falsità del
primo documento. Schaube dice (pag. 272): «In dieser eingetre-
tenen Beschrànkung liegt auch der Grund, dass an dieser Stelle
von einer Bestàtigung jener Dokumente keine Rede ist». Cfr.
per altre notizie qui appresso nei Documenti di data incerta del Re
Pietro I.
Hartzenbusch e Carini indicano il privilegio di Giacomo nei
loro elenchi del Codice di Madrid , citati nel doc. precedente
(n. XXXVIII).
Il documento di Giacomo costituiva una concessione notevole
alla città di Messina, per la decisione delle liti civili dei Messi-
nesi fuori la loro città, ed anche di quelle dei mercanti che re-
— 93 — (1284)
cavansi in altre parti del regno od all'estero, e dimostra ancora
l' importanza del suo commercio e 1' origine del Consolato sotto
gli Aragonesi in Sicilia. Vito La Mantia, Consolato del mare cit.,
pag. VI rileva il pregio del documento per la storia delle istitu-
zioni commerciali marittime, e ricorda i più recenti lavori, anco
stranieri , nei quali non si ha alcuna notizia di quel privilegio.
Vrarì cenni su di esso han fornito di recente i prof. Besta e Fe-
dozzi nella pregevole memoria I Consolati di Sicilia all' estero,
e i consolati esteri in Sicilia fino al secolo XIX (nella rivista
« Zeitschrift tur Vòlkerrecht und Bundesstaatrecht ». Breslau, 1908,
voi. II, pag. 122). Simile prerogativa aveano ottenuto in Messina
ed altre città del regno di Sicilia i Genovesi dal Re Manfredi
nel 1259. Gfr. Orlando, Un codice di leggi e diplomi siciliani del
medio evo. Palermo, 1857, pag. 104.
Ho pubblicato il testo del privilegio di Giacomo per la rarità
delle edizioni del La Mantia e dello Starrabba.
XL.
1284, gennaio 31, Barcellona.
Il Re Pietro I, in considerazione dei grandi meriti di Giovanni
da Procida (fama laudabile testimonium perhibente), lo nomina
Cancelliere del regno di Sicilia, durante la sua vita.
Petrus Dei gracia etc. Nobili et discreto viro Iohanni de
Proxida, militi, dilecto consiliario et familiari suo graciam
suam et bonam voluntatem. De industria et legalitate ac
tìde tua, fama de ea laudabile testimonium perhibente, ab
experto confisi, te magistrum Gancellarium tocius regni no-
stri Gicilie , ad honorem et fidelitatem nostrani nostrique
culminis incrementum, in tota vita tua duximus fiduciaiiter
statuendum. Fidelitati tue precipiendo mandantes quatenus
officium illud, ad honorem et fidelitatem nostrani nostreque
Gurie incrementum, sic diligenter, fideliter et legaliter stu-
deas exercere, quod ipsius operis officia, per effectum pre-
sentibus comprobans iudiciis, te in conspectu nostri culmi-
(1284) — 94 —
nis merito commendabilem representent , et in te invenire
possimus quod spes nostri iudicii approbavit. Datum Barelli-
none ij kalendas Februari [1284].
Dal registro 46 del Re Pietro a fol. 160, esistente nell' Arch.
della Cor. di Arag. in Barcellona.
Pubblicato da Saint-Priest, Hist. de la conquéte, t. IV, p. 202.
Fu poi riprodotto da De Renzi, nella Collectio Salernitana. Na-
poli, 1854, t. Ili, pag. 165 , doc. XV , con data erronea 1283 , e
senza indicazione del registro ; nella Storia documentata della
Scuola medica di Salerno. Napoli, 1857, pag. 457, doc. 141; e nel-
l'opera Il secolo decimoterzo e Giov. da Procida. Napoli , 1860,
pag. 388 , rinviando a Saint-Priest , ma con numero di pagina
inesatto. Amari ne inserì il testo nella 4» ediz. Firenze , 1851 ,
pag. 582, ricavandolo dal Saint-Priest, e correggendo la data al
modo comune.
Carini, Gli Arch. e le Bill., voi. II, pag. 28, ne die solamente
un sunto, tralasciando di indicare che la nomina era a vita.
Devesi qui notare che il Re Pietro, a 4 maggio 1283, cioè men-
tre era tuttavia in Trapani pronto a partire dalla Sicilia, aveva
nominato il Procida Cancelliere del regno a suo beneplacito, cioè
finché fosse di suo gradimento, ed il testo di tale documento tro-
vasi pubblicato da Carini, De rebus , pag. 040. Erra pertanto il
De Renzi nel voi. Il secolo decimoterzo cit., pag. 354 quando at-
testa che questa nuova concessione (del 1284) fu confermata a 4
maggio 1283, e cita in prova il breve elenco del marchese Cap-
poni nelV Arch: Stor. Bai. Appendice, t. V, pag. 255.
Mi è sembrato indispensabile dare l'esatta lezione del docu-
mento, perchè il Saint-Priest , e gii altri editori , che lo segui-
rono, offrirono un testo inesatto e monco. Trovasi infatti nel loro
testo : « et bonam suam et bonam voluntatem », e quindi : « ope-
ris effìcias effectus precibus comprobatus iudicis » (che non offre
alcun senso grammaticale, né logico), e «commendabile» invece
di «commendabilem», oltre l'omissione di una riga dopo la pa-
rola « representent » .
Amari nemmeno curò di migliorare la lezione nella 9a ediz.,
voi. Ili , pag. 349, sui manoscritti del Carini , essendo il docu-
mento del 4 maggio 1283 (edito nel De rebus, pag. 640) in gran
parte simile a questo del 1284 ; ma l' interpretazione del Carini
— 95 — (1284)
offre ancora : « effìcacis effectus prioribus comprobatus indiciis » ,
mentre non è monca alla fine.
XLI.
1284, febbraro 25, indizione 12, Palermo.
La Regina Costanza ordina al Secreto di Sicilia Ugo Talac
di compiere un'inchiesta intorno alle onze quattro di oro annuali
dovute alla Cappella del regio palazzo di Palermo per le lumi-
ri arie da farsi, e che si afferma essere state pagate sin dai tempi
dei Re predecessori, e di curare, se ciò sia provato, l'esatto adem-
pimento.
Segue il testo dell' inchiesta (inquisicio) fatta a 21 marzo dal
notaro Pellegrino di Palermo, dopo la lettera del 24 di quel mese
del Secreto Tagliavia.
(L'atto, con l'inserzione del documento regio, è rogato dal notai-
Benedetto di Palermo).
L'originale in pergamena si conserva nel Tabularlo della Cap-
pella nel Palazzo reale.
Nel voi. ms. Qq. H. 3 , fol. 176 (Bibl. Gom. di Palermo) del
« Tabularium Basilicae et regiae Cappellae Sancti Petri Panormi »
se ne ha una trascrizione.
Il documento è ricordato con data inesatta del 1285 nelle Regie
Visite di mons. Pozzo del 1583, e di mons. .lordi del 1604 (che
crede siano due del 1283 e 1285) nella Conservatoria di Registro,
vol.i 1326 e 1330 (Arch. di Stato di Palermo).
Fu dato in luce dal beneficiale Luigi Garofalo, Tabularium
regiae ac imp. Capellae Divi Petri. Panormi, 1835, pag. 87 e seg.
Nel 1839 Nicolò Buscbmi nell' Appendix ad Tabularium reg. ac
imp. Capellae. Panormi , pag. 28 e seg. , notò alquante varianti
sulla lezione data dal Garofalo.
Rocco Pirri , Sicilia Sacra. Panormi [Venetiisj 1733, t. Il,
pag. 1360, fece menzione di questo documento. Amari, 9a ediz.,
voi. I, pag. 367, e II, pag. 441 lo ricorda per il tiiolo della Re-
gina e per altre notizie.
(1284) — 96 -
È degna di rilievo la memoria, che si ha nel documento, del
Quinternns Gaytie, e dei notari che erano addetti, dai tempi di
Manfredi sino agli Aragonesi, a quell'officio che derivava dall'an-
tica Dohana normanna. Gfr. su le attribuzioni dei Gaiti la prege-
vole monografia del prof. Enrico Besta, II « Liner de Regno Sici-
liae » e la storia del diritto siculo (in Miscellanea Salinas. Pa-
lermo, 1907, pag. 291).
Non ostante l' inchiesta ordinata nel 1284, il clero della regia
Cappella non potè esigere dai Secreti le rendite ad esso spettanti
per gli anniversari dei sovrani, e perciò in una breve istanza del-
l'anno 1285 chiese alla Regina che fosse provveduto per il paga-
mento, perchè nulla si era corrisposto da quattordici mesi, ed i
Secreti dichiaravano che il pagamento doveva farsi soltanto in
agosto. Questo documento in pergamena è pubblicato da Buscbmi,
Appendix cit. pag. 29.
XLII.
1284, aprile 9, Valenza.
Il Re Pietro I ordina al Vicario di Barcellona che, appena sarà
arrivato frate Galcerando de Timor dalla Sicilia, lo avverta di
recarsi per la sua ambasceria in Saragozza, ove il Re si troverà
dopo la festa di Pasqua.
Vicario et Baiulo Barellinone, vel eorum locumtenenti-
bus. Gum frater Gaucerandus de Timore veniat ad nos de
partibus Sicilie, cura pecunia et prò licteris legacionis, raan-
damus vobis quatenus , si arribaverit Barelli nonara vel in
convicinio, dicatis eidem ex parte nostra quod incontinenti
veniat ad nos apud Gesaraugustam, cum licteris et aliis le-
gacionis predicte, set pecuniam dimitat Barchinone in ali-
quo loco tuto. Nos enim dieta die dominica post presens
testura Paschatis eriraus Gesarauguste, concedente Domino,
et istud sibi dicatis. Datura Valencie, V° Idus Aprilis [lu284].
— 97 — (1284)
Similis fuit missa Vicariis et baiulis Terrachone quod
dimiteret sirailiter pecuniam in aliquo loco tuto. Datum ut
supra.
Similis fuit missa Vicario et baiulis Dertuse. Datum ut
supra.
Dal reg. 46 del Re Pietro, fol. 176 r. esistente nell'Aron, della
Cor. di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl. voi. II, pag. 29, ne dà un sunto
e indica il fol. 177 invece del 176r. , notando per la prima let-
tera Similis: « che lascino il danaro in Tarragona» , mentre il
senso appare diverso, poiché non i Vicari, ma il de Timor dovea
lasciare il denaro.
Il de Timor era persona di molta riputazione nella Corte, e nel
1288 vedesi indicato quale Gran Commendatore dell'Ospedale di
S. Giovanni Gerosolimitano per la Spagna (Carini, cit., p. 231).
XLIII.
1284, aprile 9 e 11, Valenza.
La regia Corte trasmette varie lettere in lingua araba (litera
morisca) intorno alla prigionia in Sicilia di Margat saraceno ,
il quale promise di pagare, per suo riscatto, tredicimila doppie
d'oro, e sul suo guidatico quando avrà eseguito il pagamento, e
su quanto dovrà trattarsi per il riscatto suddetto.
Fuit missa litera morisca Arrays Manerch quod tradat
barcam armatam Zacharie nuncio domini regis, qui de man-
dato eiusdem iturus est apud Cerdeniam in Siciliam. Da-
tum Valencie ut supra (in Idus Aprilis).
Item alia litera morisca super guidatico Dols Gallaranz,
qui venturi sunt ad dictum regem super tractatu habendo
racione redempcionis domini Margam sarraceni, qui captus
detinetur in Siciliam.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 7
(1284) — 98 —
Nel reg. 43 del Re Pietro, fol. 176 r. e 178 dell'Ardi, della
Cor. d'Arag. in Barcellona non si ha il testo intero delle quattro
lettere arabe, ma soltanto una breve notizia in sunto latino.
Carini, Gli Arai, e le Bibl., voi. II, pag. 30, pubblicò il testo
delle prime due lettere del V idus aprilis (9 aprile) , contenute
nel fol. 176 r.; ma incorse in vari equivoci. Ritenne la data del
10 aprile , omise la parola loquela dopo venientes super , e più
sotto decifrò exagat la parola Margat , e dubitando aggiunse
« (exeat ?) ». Tralascio, dopo tali avvertenze, di riprodurre il testo.
Ho riferito quello delle due lettere dell' 11 aprile, che trovasi
a fol. 178, e che il Carini omise del tutto; ma che pure è note-
vole per gli avvenimenti di guerra dei Siciliani alle Gerbe ed a
Tripoli.
Amari, 9» ediz., voi. II, pag. 76, 78 e 215,216, offre speciali
notizie sulla prigionia di Margam Ibn Sabir, « per istrana avven-
tura compagno di carcere al principe di Salerno » nel 1284, e poi
liberato nel 1291, al cessare della guerra in Africa.
xliy.
1284, aprile 10, Valenza.
Il Re Pietro I avvisa Mariano II Giudice di Arborea perchè
faccia consegnare le due navi, con gli uomini e le merci , prese
violentemente in Cagliari dai Pisani mentre dalla Sicilia (de par-
tibus Sicilie) recavansi in Catalogna, essendo intensione del Re
« semper amare et honorare Pisanos , prout per antecessores no-
stros, et antecessores eciam illustrissime domine regine consortis
nostre semper honorati fuerunt » .
Dal reg. 46 del Re Pietro, a fol. 178 r. nell' Arch. della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Pubblicato dal benemerito Pasquale Tola , nel Codice diplo-
matico di Sardegna. Torino, 1857, pag. 395 (nella collezione Hi-
storiae patriae monumenta , t. X). Il Tola indica così la pro-
venienza : « Dal Regio Archivio di Barcellona. Registro Gratia-
rum Regis Petri Secundi de an. 1218 ad an. 1284»,
— 99 — (1284)
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II , pag. 30 ne ha dato un
breve sunto, senza indicare l'edizione di esso nell'opera del Tola.
Il testo offerto dal Tola contiene nondimeno varie inesattezze,
che occorre rilevare sul registro esistente a Barcellona. Infatti egli
adopera i dittonghi che non trovansi nel registro, cangia dompno,
dampna in domino, damna, legge « parati pacem facere» invece
di satisfacere , poiché non si trattava di guerra coi Pisani , ag-
giunge nuntium dopo super hoc, e pone la data « tertio Idus »
invece di IIIJ.
Giova qui dare alcuni cenni su le origini della predilezione
degli Aragonesi per i Pisani. Costoro erano ghibellini e partigiani
dell'impero. Furono quindi bene accetti agli Svevi, e poscia agli
Aragonesi. Malaterra nella sua Cronaca (lib. II, cap. XXXIV,
ed. Burmanno, Thesaurus Siciliae, t. V, col. 35), narrando i fatti
del 1065 attesta che « Pisani mercatores... saepius navali commer-
cio Panormum venire soliti erant». L'imperatore Enrico VI, in-
nanzi di conquistare il regno di Sicilia, concedeva ai Pisani « no-
stri fidelissimi et imperio semper devotissimi » un privilegio di
grandi immunità e prerogative , col quale assegnava altresì in
feudo metà di Palermo e Messina , tutta Mazzara e Trapani , ed
in ogni altra città, « quam Tancredus tenet, rugam convenientem
Pisanis mercatoribus», in modo simile ad altro privilegio di Fe-
derico I imperatore, del 1161. (Flaminio Dal Borgo, Disserta-
zioni sopra l'istoria pisana. In Pisa, 1761, t. I, parte I, pag. 159
e seg,; e voi. Appendice ossia Raccolta di scelti diplomi pisani,
pag. 24 e 34 per il testo dei documenti).
Tale documento di Enrico VI del 1191 fu ristampato per in-
tero nel 1889 ; sull' originale esistente nell' Archivio di Stato di
Firenze, nel tomo VI, parte II, supplemento I, dell'Archivio Sto-
rico Italiano. Firenze, 1848-1889, « Diplomi pisani e regesto delle
carte pisane, che si trovano a stampa», pag. 104-114 con note e
con la riproduzione del monogramma imperiale.
Il Re Corrado nel 1252 tra i Capitoli del regno approvati in
Foggia stabilì che i Messinesi godessero libertà di dogana in Acri
come i Pisani, « que dicitur de catena Acon, sicut habetur a Pi-
sanis » (Orlando , Un codice di leggi e diplomi sicil. del medio
evo. Palermo, 1857, pag. 57, nel § 16.).
Corrado II nel 1268 largiva ai Pisani amplissimo privilegio.
Ricorderò soltanto quanto concerne la Sicilia, cioè : franchigie e
(1284) — 100 —
riduzioni diverse di tasse per dogana ed altro; restituzione delle
loggie , terre e case che avevano in Palermo , Messina ed altre
città , ed inoltre ricupero di rendite « a tempore discessus Pisa-
norum de regno citra ex inhibitione contra eos facta per Garolum
Provincie Gomitem »; libertà di tenere loggie; ricostruzione della
loggia di Messina « in eo modo et forma et statu, bonitate et pul-
chritudine et ornamento, quibus erat ipsa Logia tempore sue de-
structionis», e così per Trapani, ed anche per Palermo, dove la
loggia « de novo fuit incepta , et postea diruta » ; nuova costru-
zione di loggia in Girgenti, Licata e Terranova; libertà di tenere
Consoli ovunque vogliano; restituzione di multe pecuniarie pro-
messe alla Corte del Re Carlo d'Angiò, e consegna di beni, merci,
danaro ed altro usurpati da ufficiali angioini; concessione di città
di Trapani, Marsala e Salemi ; e libera estrazione ogni anno di
diecimila salme di frumento (Dal Borgo , op. cit. , voi. Appen-
dice, pag. 201, ove è riferito il testo del privilegio).
I Pisani, perchè di fede ghibellina, erano invisi agli Angioini.
Giorgio Yver nel suo erudito lavoro Le commerce et les mar-
chands dans V Italie meridionale au XIIP et au XIV siede.
Paris, 1902 , pag. 227-232 offre alquante notizie sui Pisani ed il
loro commercio nelle provincie continentali del regno. Ricorda
per equivoco come concesso ai Pisani un privilegio dell'impera-
tore Federico dato invece ai Genovesi per la Sicilia. L'Yver giu-
stamente osserva per i Pisani : « Leur inébranlable fidélité à la
dynastie souabe et leur dévouement à la cause gibeline rendirent
les relations difficiles entre les gens de Pise et les nouveaux maì-
tres de 1' Italie meridionale. Charles Ier ne pouvait témoigner
qu'une mediocre bienveillance à la ci té, qui servait de centre et
de point de ralliement à ses adversaires les plus acharnés »
(pag. 228). Nota quindi (p. 232) che, per la situation trop précaire
dei Pisani, il lóro commercio venne sin d'allora declinando sem-
pre più nell'Italia meridionale.
Le espressioni solenni del Re Pietro, nel documento qui men-
zionato , contengono pertanto un ricordo sincero ed un' affer-
mazione recisa , provata prima dalle rivendicazioni dei diritti
svevi, e poi dalle alleanze aragonesi con l'impero e dai rapporti
con Pisa sotto Federico II di Aragona.
Si vedano altresì le lettere del Re Pietro dirette al Comune
di Pisa, a 15 ottobre 1282 e 7 aprile 1283 (in Carini, De rebus,
— 101 — (1284)
pag. 104 e 591) , nella prima delle quali si dice: «Quia singuli
precessores nostri, in regnis nostris Aragonum et Sicilie recolende
memorie esistentes, dictum Gommune civitatis Pisarum sunt ex
speciali benevolentia prosecuti » ecc. Notevole è pure la lettera
inviata dal Re ai Pisani a 10 febbraio 1*284 per le quistioni coi
Genovesi ed altro, della quale è cenno in Carini, Gli Arch. e le
Bibl., voi. II, pag. 54.
Vincenzo Di Giovanni die in luce i Capitoli del Console dei
Pisani in Palermo nel voi. Atti e doc. inediti e rari raccolti per
cura deir Assemblea di Storia, Patria. Palermo , 1864 , pag. 5 e
seg.; ma non riuscì a rintracciare la vera data di quei Capitoli in
volgare ed incompleti sui sensali. Sembra però che appartengano
al secolo XV, e che derivino da testo più antico ora perduto.
Una speciale memoria scrisse Pasquale Cipolla , col titolo To-
scana e Sicilia. Appunti e note. Palermo, 1882, nella quale sono
utili notizie su i Pisani sino al secolo XIII.
XLV.
1284, aprile 19, indizione 12a. Palermo.
Il Secreto di Sicilia, Venuto de Pulcaro, scrive al Giudice Ro-
berto di Cefalù, manifestandogli che ha sentito i reclami del Ve-
scovo di Cefalù Giunta , presentatosi nella « Dohana regia » , ed
ordina pertanto, «ex regia parte, qua fungimur auctoritate », al
medesimo Giudice di fare un'inchiesta sul diritto del sudetto Ve-
scovo a percepire la metà dei proventi della dogana del mare di
Tusa, ed ove ciò consti, di vietare che alcuno gli rechi molestia.
Segue il testo dell'inchiesta compiuta a 29 aprile.
(L'atto, con l'inserzione della lettera del Secreto, è rogato dal
notaro Giacomo de Notaro Roberto di Cefalù).
In nomine Dei amen. Anno ab incarnacione eius mille-
simo ducentesimo , octogesimo quarto , vicesimo nono die
mensis aprilis, duodecime indicionis. Regnante serenissimo
domino nostro Petro Dei gracia Rege Aragonum et Sicilie,
(12S4) — 102 —
regnorum eius Aragonura anno octavo, Sicilie vero secundo
feliciter amen. Nos Alferius de Alferio Iudex civitatis Ce-
phaludi, Iacobus de Notario Roberto publico eiusdem terre
notarius, et subscripti testes ad hoc specialiter vocati et ro-
gati , presenti scripto publico notum facimus et testamur
quod olim vicesimoquinto die mensis aprilis eiusdem duo-
decime indicionis prudens vir Iudex Robertus de Vassallo
de Gephaludo ostendit nobis quasdam licteras sibi missas
a discreto viro Venuto de Pulcaro de Panormo , una cum
sociis regio Secreto tocius Sicilie, suo noto sigillo cera vi-
ridi sigillatas, quarum tenor per omnia talis erat : Discreto
viro ludici Roberto de Gephaludo dilecto amico suo. Venutus
de Pulcaro de Panormo una cum sociis regius Secretus to-
cius Sicilie salutem et sincere dilectionis affectum. Accedens
ad Dohanam regiam coram nobis honorabilis et circum-
spectus vir dominus Iuncta, venerabilis cephaludensis Epi-
scopus , exposuit cum querela quod cum tam ipse , quam
predecessores sui , racione predicte sue cephaludensis Ec-
clesie, medietatem integram iurium et proventuum dohane
maris Thuse a catholicorum Regum Sicilie, felicis memorie,
temporibus usque ad hec felicia tempora domini nostri Re-
gis, per se et procuratores eorum tenuerint et possederint
pacifice et quiete, cabellotus predicte dohane maris presentis
anni duodecime indicionis, alia medietate Curie eorumdem
proventuum ad extalium ei concessa non contentus , eam-
dem medietatem, quam ipse racione diete sue Ecclesie habet
in dohana predicta, per procuratorem dicti domini Episcopi
procurari et exigi non permictit, non minus in derogacionem
iurium ipsius Ecclesie, quam diete sue Ecclesie et ipsius do-
mini Episcopi preiudicium et gravamen. Gumque nos ex
parte regia requisiverit ut de premissis , auctoritate nostri
officii, provideri sibi secundum iusticiam deberemus, ipsius
peticionibus, iustis utpote annuentes, et specialiter quia de
sacro procedit beneplacito regio et mandato ut ecclesiarum
iura illesa serventur, inquisicionem de premissis fieri prò
cautela maiori Curie providemus diligentem, et iuxta ipsius
— 103 — (1284)
merita procedere in premissis. De vestra igitur fide, probi-
tate et legalitate, fama de vobis laudabile testimonium pe-
rhibente, piene confisi, vos super faciendo cum diligencia
inquisicionem predictam, et exequucione ipsius iuxta teno-
rem eiusdem, duximus prò parte Curie fiducialiter statuen-
dos, vobis ex regia parte, qua fungimur auctoritate , raan-
dantes quatenus , receptis presentibus , vos ad casale pre-
dichimi Thuse personaliter conferentes de premissis tam per
homines ipsius casalis quam terrarum sibi adiacencium, fi-
delignos, huius rei conscios et fideles domini nostri Regis,
per quos possit inde veritas melius indagari, recepto prius
ab unoquoque ipsorum de veritate dicenda corporali ad
sancta Dei evangelia iuramento, inquisicionem diligentissi-
mam in testimonio publico faciatis , querentes de loco et
tempore et aliis cìrcumstanciis sicut decet, et si per inqui-
sicionem eamdem in publicam formam redactam , per vos
nobis in Dohanam regiam presentandam, vobis piene con-
stiterit eumdem dominum Episcopum et predecessores suos,
racione predicte sue Ecclesie, predictam medietatem proven-
tuum dohane prescripte , tam per se quam per procurato-
rem eorum, tenere et possidere a predictorum catholicorum
Regum Sicilie temporibus usque ad hec felicia tempora do-
mini nostri Regis, pacifice et quiete , et ad eum et dictam
Ecclesiam suam medietatem ipsam pieno iure spedare, ac
Regiam Guriam nonnisi unam medietatem ipsorum proven-
tuum diete dohane habere, predicto cabelloto eiusdem do-
hane ex regia parte mandetis expresse, ut cabellam eamdem
sicut est hactenus consuetum exercens, de predicta medie-
tate spectante ad eumdem dominum Episcopum et eamdem
Ecclesiam suam se nullatenus intromictat; vosque nichilo-
minus , si ipse cabellotus de premissis desistere noluerit ,
de proventibus ipsius medietatis diete Ecclesie tantum pre-
scripto domino Episcopo vel procuratori suo prò eo , prò
eodem presènti anno , faciatis auctoritate presencium cum
integritate qualibet responderi, nulla per eumdem cabello-
tum exeomputacione Curie proponenda. Caventes vos om-
(1284) — 104 —
nino ne ullo unquam tempore possit aliud inveniri, quam
quod ipsa inquisicio continebit, cuoi exinde vobis prò parte
Curie totaliter innitamur. Datura Panormi decimo nono a-
prilis duodecime indicionis. Ad cuius exequucionem man-
dati predictus Iudex Robertus volens intendere diligenter ,
adhibitis sibi nobis predictis Iudice et notario, ad requisi-
cionem suam prò parte Curie nobis factam, ad predictum
casale Thuse personaliter se contulit, et de premissis tara
per homines ipsius casalis, quam terrarum sibi adiacencium
fide dignos, huius rei conscios et fideles domini nostri Re-
gis , per quos potuit inde melius veritas indagari , recepto
prius ab unoquoque ipsorum de ventate dicenda corporali
ad sancta Dei evangelia iuramento , subscriptis diebus in-
quisicionem diligentissimam facere procuravit, cuius inqui-
sicionis tenor per omnia talis est : In primis vicesimo sexto
predicti mensis aprelis, predicte duodecime indicionis, apud
casale Thuse. Iohannes de Martino iuratus et interrogatus
si sciret [quodj tara prenominatus dominus Iuncta, venera-
bilis cephaludensis Episcopus, quam predecessores sui, ra-
cione predicte sue cephaludensis Ecclesie , medietatem iu-
rium et proveatuum dohane maris Thuse a catholicorum
Regum Sicilie felicis memorie temporibus usque ad hec fe-
licia tempora domini nostri Regis , per se et procuratores
eorum, tenuerunt et possiderunt pacifice et quiete, dixit quod
sic. Interrogatus quo modo sciret, dixit quod ipse multociens
predictis temporibus retroactis vidit procuratores et cabel-
lotos tam predicti domini Iuncte, quam aliorum predeces-
sorum suorum, exigere et percipere pacifice et quiete inte-
grane medietatem iurium et proventuum predictorum , et
ipse idem testis iura predicta prò parte ipsius Ecclesie re-
collegit. Interrogatus de tempore, dixit quod iam sunt anni
sexdecim et plus elapsi quod vidit et exercuit predicta. In-
terrogatus de loco, dixit quod in portu et in maritima Thuse.
Magister Petrus Bucellus iuratus et interrogatus dixit ut
proximus testis, excepto quod non recollegit ipse iura pre-
dicta, vidit tamen pluries tam predictum Martinum , quam
— 105 — (1284)
plures alios iura ipsa sic recolligere et habere. Petrus
Dictator iuratus et interrogatus dixit per omnia ut pro-
ximus testis. Philippus de Haverio iuratus et interroga-
tus dixit ut primus testis , et addidit quod a tempore Im-
peratoris vidit iura ipsa prò parte ipsius Ecclesie sic re-
colligi et haberi. Guillelmus de Alberto iuratus et interro-
gatus dixit ut Petrus Bucellus secundus testis. Nicolaus
de Iurmele iuratus et interrogatus dixit ut Petrus Bucellus.
Nicolaus, filius magistri Symeonis , iuratus et interrogatus
dixit ut Petrus Bucellus. Magister Symon faber iuratus et
interrogatus dixit ut Philippus de Haverio. Guillelmus de
Iurmele iuratus et interrogatus dixit ut secundus testis. Ni-
colaus de Ramis iuratus et interrogatus dixit ut secundus
testis. Gualterius de Pitineo habitator Thuse iuratus et in-
terrogatus dixit ut secundus testis. — Item vicesimo sep-
timo eiusdem apud Pictineum. Pandolfus de Tramunto iu-
ratus et interrogatus si sciret [quod] tam prenominatus
dominus Iuncta venerabilis cephaludensis Episcopus, quam
predecessores sui , racione prediate sue cephaludensis Ec-
clesie , medietatem integram iurium et proventum dohane
maris Thuse a catholicorum Regum Sicilie felicis memo-
rie temporibus usque ad hec felicia tempora domini no-
stri Regis , per se et procuratores eorum , tenuerunt et
possiderunt pacifice et quiete, dixit quod sic. Interrogatus
de causa sciencie , dixit quod vidit temporibus ipsis pro-
curatores et cabellotos ipsius Ecclesie , qui per tempora
fuerunt , integram medietatem ipsorum iurium , nomine et
prò parte ipsius Ecclesie, exigere et percipere, et ipsemmet
testis iura ipsa tamquam cabellotus ipsius Ecclesie recolle-
git. Interrogatus de tempore, dixit quod iam sunt anni vi-
ginti et plus, de loco, in portu et maritima Thuse. Thoma-
sus de Petralia, habitator Pictinei , iuratus et interrogatus
dixit ut proximus, excepto quod non recollegit iura predi-
cta et de tempore quod dixit ab annis sex citra. Guillelmus
Garonitus iuratus et interrogatus dixit ut primu» testis. Io-
hannes de Magistro Gonstantino iuratus et interrogatus dixit
(1284) — 106 —
ut proximus, excepto quod non recollegit ipse iura predicta.
Presbiter Basilius iuratus et interrogatus dixit ut proximus.
Presbiter Iohannes de Pictineo iuratus et interrogatus dixit
ut primus testis, et addidit se recordari Ecclesiarn cephalu-
densem possedisse iura predicta annis quatraginta iam e-
lapsis. Nicolaus Gritus iuratus et interrogatus dixit ut pri-
mus testis. Presbiter Mercurius iuratus et interrogatus dixit
ut Iohannes de Magistro Gonstantino. Notarius Basilius iu-
ratus et interrogatus dixit ut proximus. Notarius Nicolaus
iuratus et interrogatus dixit ut proximus. Nicolaus Malliotus
iuratus et interrogatus dixit ut proximus. Nicolaus de Ar-
contissa iuratus et interrogatus dixit ut primus testis. Io-
hannes de Bella habitator Pictinei iuratus et interrogatus
dixit ut primus testis. Notarius Bartholomeus iuratus et
interrogatus dixit ut proximus. Fredericus de Bartholomeo
iuratus et interrogatus dixit ut proximus. Gonsta.ncius de
Giorgio iuratus et interrogatus dixit ut proximus. — Item
vicesimo octavo eiusdem apud Pollinam Petrus Vetulus iu-
ratus et interrogatus si sciret quod dominus luncta, venera-
bilis cephaludensis Episcopus, tam ipse quam predecessores
sui, racione predicte sue cephaludensis Ecclesie, medietatera
integram iurium et proventuum dohane maris Thuse a ca-
tholicorum Regum Sicilie felicis memorie temporibus usque
ad hec felicia tempora domini nostri Regis, per se et procu-
ratores eorum, tenuerunt et possiderunt pacitìce et quiete, di-
xit quod sic. Interrogatus qualiter sciret, dixit quod vidit mul-
tociens procuratores et cabellotos ipsius Ecclesie nomine et
prò parte Ecclesie ipsius, iura predicta integre percipere et
habere. Interrogatus de tempore dixit quod ab annis viginti
citra, de loco, in portu et maritima Thuse. Oliverius de Ca-
stellana iuratus et interrogatus dixit ut proximus testis, et
addidit de tempore quod a tempore Imperatoris citra vidit
procuratores predictos eadem iura multociens exigere et per-
cipere. Nicolaus de Oliverio iuratus et interrogatus dixit ut
proximus testis. Iohannes de Spusa iuratus et interrogatus
dixit ut Oliverius. Matheus de Damiano iuratus et interro-
— 107 — (1284)
gatus dixit ut Oliverius testis predictus. Petrus de Antiquo
iuratus et interrogatus dixit ut Oliverius testis predictus.
Robertus Magrus iuratus et interrogatus dixit ut proximus
testis. — Item vicesimo nono eiusdem apud Cephaludum. Do-
minus Guillelraus de Marino iuratus et interrogatus si sciret
quod tam venerabilis pater dominus Iuncta episcopus ce-
phaludensis, quam predecessores sui, racione sue cephalu-
densis Ecclesie, medietatem integram iurium et proventuum
donane maris Thuse a catholicorum Regum Sicilie , felicis
memorie, temporibus usque ad hec felicia tempora domini
nostri Regis, per se et procuratores eorum, tenuerunt et pos-
siderunt pacitìce et quiete , dixit quod sic. Interrogatus de
causa sciencie, dixit quod vidit multociens procuratores et
cabellotos eiusdem Ecclesie, nomine et prò parte ipsius, ip-
sam medietatem iurium et proventuum integre exigere et
percipere et habere, et ipse idem testis cum aliis sociis suis
cabellotus eiusdem Ecclesie, nomine et prò parte ipsius, iura
predicta sic exercuit et percepit. Interrogatus de tempore ,
dixit quod a tempore felicis memorie boni Imperatoris Fre-
derici et aliorum Regum successorum suorum usque ad hec
felicia tempora serenissimi domini nostri Regis Petri ; de
loco, in portu et maritima Thuse. Bartholomeus VetuJa iu-
ratus et interrogatus dixit ut proximus testis. Riccardus de
Salomone iuratus et interrogatus dixit ut primus testis, ex-
cepto de tempore quod dixit se tantum de premissis recor-
dari ab annis vigintiquinque citra , et quod non fuit ipse
cabellotus iurium predictorum. lohannes de Gastanea iura-
tus et interrogatus dixit ut primus testis , excepto de tem-
pore quod dixit se tantum de premissis recordari a tempore
domini nostri Regis Manfredi citra. Gracianus Bandonus
iuratus et interrogatus dixit ut proximus testis. Berardus
de Tancredo iuratus et interrogatus dixit ut primus testis,
excepto quod non fuit ipse cabellotus iurium predictorum.
Martinus de Pandolfo iuratus et interrogatus dixit ut lohan-
nes de Gastanea testis predictus. Bonaquistus de Gredun-
deo iuratus et interrogatus dixit ut Berardus de Tancredo.
(1284) - 108 -
Thomasius Campsor iuratus et interrogatus dixit ut primus
testis. Bartholomeus Girasa iuratus et interrogatus dixit ut
primus testis. Rogerius de Golioso iuratus et interrogatus
dixit ut Iohannes de Gastanea. Benchivinus Tuscus iuratus
et interrogatus dixit ut proximus. Notarius Guillelmus de
Symone iuratus et interrogatus dixit ut primus testis. Bi-
vianus de Baldo iuratus et interrogatus dixit ut Iohannes
de Gastanea. Notarius Henricus iuratus et interrogatus dixit
ut Iohannes de Gastanea. Paganus planellarius iuratus et
interrogatus dixit ut Iohannes de Gastanea. Symon Tribi-
sacci iuratus et interrogatus dixit ut primus testis. Et quia
predicto ludici Roberto per eamdem inquisicionem, in pre-
sentem publicam formam redactam, piene eonstitit eundem
dominum Episeopum et predecessores suos racione predicte
sue Ecclesie , predictam medietatem proventuum dohane
maris Thuse tam per se, quam per procaratores eorum te-
nere et possidere a predictorum catholicorum Sicilie Regum
tempori us usque ad hec felicia tempora dicti nostri Regis
pacifìce et quiete, et ad eumdem et dictam Ecclesiam suam
medietatem ipsam proventuum pieno iure spectare, ac Re-
giam Guriam nonnisi unam medietatem ipsorum proventuum
diete dohane habere, provido viro Iohanni de Martino cabel-
loto eiusdem dohane, auctoritate predicti mandati, ex regia
parte mandavit expresse ut cabellam eamdem, sicut est ha-
ctenus consuetum, exercens, de predicta medietate spectante
ad eumdem dominum Episcopum et eamdem Ecclesiam
suam se nullatenus intromictat. Unde ad futuram memo-
riam et predicti domini Episcopi et Ecclesie sue cautelam,
de premissis factum est publicum instrumentum presens
per manus mei qui supra notarii, signo meo, sigillo predicti
commissarii, et subscripcione sua, sigillo et subscripcione
mei predicti Iudicis, et nostrum subscriptorum testium sub-
scripcionibus roboratum. Scriptum Gephaludi penultimo die
mensis aprelis, duodecime indicionis premisse.
f Ego Alferius qui supra Iudex me subscripsi et sigillavi.
f Ego Rogerius de Golioso me subscripsi et testor.
— 109 — (1284)
f Ego Guillelmus de Marino, miles, de Gephaludo testis
sum.
f Ego Rufìnus de Papia testis sum.
f Ego Henricus de Letitia me subscripsi et testor.
f Ego Gracianus Bandonus me subscripsi et testor.
f Ego Albertus Placentinus me subscripsi et testor.
f Ego Martinus de Pandolfo me subscripsi et testor.
f Ego Riccardus de Salomone me subscripsi et testor.
f Ego Iacobus de Notano Roberto, qui supra, publicus
notarius Cephaludi rogatus interfui et scripsi.
Pergamena originale nel Tabulano della Chiesa di Cefalù, al
n. 59 (Arch. di Stato di Palermo). È guasta in varie parti, e con-
tiene ancora due sigilli in cera aderenti alla pergamena, sebbene
uno sia quasi interamente rotto.
Se ne ha una copia nel voi. in pergamena del sec. XIV dei
Privilegi della Chiesa di Cefalù, eseguito nel tempo del Vescovo
Tommaso di Butera (Arch. di Stato di Palermo), a fol. 23 r. in
un transunto del 21 novembre 1329, con firme originali. In tale
transunto si afferma che il documento era con « duobus sigillis
de cera , in cuius primo sculptum est sigiilum Alpherii de Al-
pherio, et arma in eo sunt flos quidam seu arbor, in secundo si-
gillo scriptum est : Robertus de Vassallo, et in medio sunt arma
ad leonem munitum » .
Altra copia è nel ms. Qq. H. 8, fol. 657 e 659, Diplomata Ec-
clesiae Cephaludensis (Bibl. Com. di Palermo).
È ricordato questo documento nelle Regie Visite di mons. Ar-
nedo del 1552 , Daneo del 1579 e lordi del 1604 nella Conserva-
toria di Registro, voi. 1308, 1320, 1330 (Archivio di Stato di
Palermo).
Dall'inizio del doc. si rileva che la lettera del Secreto era si-
gillata con cera verde. È degno di nota il ricordo della volontà
del Re Pietro di mantenere illesi i diritti delle Chiese, ed altresì
il soprannome di buono dato all' imperatore Federico dal testi-
mone Guglielmo de Marino in Cefalù.
(1284) — 110 —
XLVI.
l!284, maggio 7, Saragozza.
Il Re Pietro I scrive alla Regina, avvertendola di dover privare
subito dell'ufficio di Giustiziere di Val di Mazzara Gerardo Boxio
pisano, il quale commetteva ingiustizie, specialmente contro i Ge-
novesi, « quos tamquam amicos karissimos semper invenimus».
Vuole che quell'ufficio sia conferito ad altri « prò parte nostra et
vestra » . Raccomanda i cittadini e mercanti genovesi al favore
della Regina.
Simile lettera all'Infante Giacomo.
Illustri domine Regine etc. Noveritis ad nostrani audien-
ciam pervenisse quod Girardus Bocxii , civis pisanus , cui
nos lusticiarii officium commiseramus in valle Mazarie, non
bene se gessit in ipso officio, gravando quamplures contra
iusticiam , et specialiter Ianuenses , quos tamquam amicos
karissimos semper invenimus nos et nostri ad servicium et
honorem nostrum voluntarios et paratos. Unde cum non
possimus, nec debeamus sustinere quod illi, qui per nos sta-
tuti sunt ut iusticiam tribuant et conservent , iniusticiam
inferant et gravamina, volumus et vobis mandamus quate-
nus , visis presentibus , impediatis et interdicatis dicto Gi-
rardo predictum officium lusticiarii, et ipsum officium alii,
quem noveritis esse discretum et sufficientem, committatis
prò parte nostra et vestra, qui exerceat iusticiam cuilibet et
conservet. Preterea vos rogamus ut cives predictos Ianuen-
ses et mercatores, sicut speciales amicos nostros, habere ve-
litis vestre gracie comendatos. Datum Gesarauguste, nonis
maij [1284].
Simili modo fuit scriptum Infanti Iacobo. Datum ut supra.
Dal reg. 46, fol. 192 del Re Pietro , nell' Arch. della Cor. di
Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 33 ne dà soltanto
un breve sunto.
Questo documento è notevole perchè dà prova delle rivalità
che avvenivano tra Pisani e Genovesi in quel tempo in Sicilia,
— Ili — (1284)
ed altresì perchè dimostra le ottime relazioni di amicizia tra Ara-
gonesi e Genovesi, i quali ultimi erano ghibellini al pari dei Pi-
sani. Sin dall'epoca normanna i Genovesi tennero fiorente com-
mercio in Sicilia con consoli e loggie. Il Conte Ruggiero in set-
tembre 1116 concedeva ad essi libertà di commercio per le merci
che non superassero la somma di sessanta tari d' oro , pagando
per il maggior valore quanto era solito nell'isola. Nel documento
greco , edito da Gusa , I diplomi greci ed arabi di Sicilia. Pa-
lermo, 1868, pag. 359 e seg., si legge : 'Ava[3i(3aCóiisvov tò xojièp-
xiov (jù) SiSovou xt Iva sxaatov auttòv, altrimenti il pagamento xa6ò)<;
ó tt\c, x^Pa? W7C0? Iotiv, per il valore eccedente.
Il Re Guglielmo II nel novembre 1157 accordò ai Genovesi
che fossero ridotti in iscritto «usus et consuetudines , quas per
civitates regni nostri tempore dominii regis Rogerii dive memorie
patris nostri habere soliti sunt», cioè particolari riduzioni di do-
gana per le merci in Palermo e Messina. Altre esenzioni di com-
mercio nel regno di Sicilia sancì pei Genovesi il Re Federico
nel 1200, e loro permise di tenere consoli e Curia come li ebbero
al tempo di Guglielmo II, e concesse case pei mercanti in Mes-
sina, Siracusa e Trapani, e sicurtà di persona per mare e terra,
e contro i corsari (Cfr. Liber iurium Reipublicae Genuensis nella
collez. Hist. patriae Monum., t. I, Torino, 1854, pag. 202 e 300).
A 22 marzo 1259 il Re Manfredi largì ampie immunità ai Ge-
novesi , anco per loggie e consoli in Messina ed altre città del
regno (Orlando, Un Codice di leggi e dipi, cit., pag. 102 e seg.).
Il Re Pietro a 7 aprile 1283 provvedeva su alcuni eccessi di
due navi genovesi contro i Siciliani, affinchè (come egli diceva)
« per Ianuenses fideles nostri minime offendantur, sicut lanuenses
per nostros offendi fideles nostra minime serenitas pateretur » (Ca-
rini, De rebus, pag. 592 e seg.). Indi l'Infante Giacomo per gra-
titudine dei servizi resi dai Genovesi ai suoi predecessori, « dum
precedencium devotio impensa potissime derivari cernitur ad se-
quaces» , a 24 novembre e 19 dicembre 1284 concesse ai Geno-
vesi che godessero le immunità, delle quali aveano fatto uso ai
tempi del Re Manfredi (V. appresso doc. n. LX e LXIV).
È utile consultare I'Yver, Le commerce et les marchands cit.,
pag. 232 e seg. per quanto concerne i mercanti genovesi e per i
danni, che risentirono nell'epoca angioina.
(1284) — 112 —
XLVIL
1284, maggio 7, Saragozza.
Il Re Pietro I avvisa la regina affinchè provveda secondo giu-
stizia sull'istanza di Babilone Boria, il quale deve conseguire al-
cune eredità esistenti in Sicilia, per donazione del Re Manfredi
o per altri dritti.
Illustri domine Regine etc. Ex parte dilecti nostri Babi-
lonis de Auria expositum fuit nobis quod ipse Babilonus
habet et habere debet quasdam hereditates in Sicilia , ex
donacione illustris regis Manfredi, felicis recordacionis, pa-
tris vestri seu aliis iuribus. Quare volumus et vos rogamus
quatenus, audita eius peticione , in ea prout iustum fuerit
procedatis ac procedi faciatis. Nobis enim placet quod ius
suum habeat de predictis. Datum Gesarauguste nonis maij
[1284].
Dal reg. 46 , Ibi. 192 del Re Pietro, nell' Archivio della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 33 offre un sunto del
documento.
È questo Babilone certamente un antico membro della fami-
glia genovese Doria, che poi si rese celebre in Sicilia nel regno
di Federico II aragonese per aver dato vari strenui ammiragli ,
che difesero l'indipendenza dell'isola.
XLVIII.
1284, maggio 23, indizione 12a, Castronovo.
Avendo il regio Consigliere Pietro de Queralt, Vicario gene-
rale del regno di Sicilia al di qua del Salso, e provveditore dei
regi castelli, ordinato di farsi un'inchiesta intorno i confini del
— 113 — (1284)
casale di Riena , presso Vicari , appartenente a Lancellotto de
Paccia , il Baùdo ed i giudici di Gastronovo adempiono V inca-
rico ai medesimi affidato.
(L' atto è rogato dal notaio Giovanni de Teti di Gastronovo).
In nomine Dei eterni àmen. Anno salutifere Incarnacio-
nis eiusdem millesimo ducentesimo octogesimo quarto, vi-
cesimo tercio die mensis madii , duodecime indicionis , re-
gnante serenissimo domino nostro Petro Dei gracia inclito
Aragonum et Sicilie Rege , regnorum suorum Aragonum
anno octavo, Sicilie vero secundo feliciter amen. Nos Guil-
lelmus de Ligorio Baiulus Castrinovi , Philippus Facticius
et Bartholomeus Septempani Iudices eiusdem terre, Iohan-
nes de Thetis actorum Curie eiusdem terre notarius , in
defectu notarii publici nondum in eadem terra per maie-
statem regiam ordinati, et testes subscripti ad hoc vocati
specialiter et rogati , presentis scripti serie notum facimus
et testamur quod nos predictus Baiulus et Iudices supra-
dicti, auctoritate cuiusdam mandati nobis directi a magni-
fico viro domino Petro de Queralto , milite , domini Regis
Gonsiliario et familiare, ac regio in Sicilia citra fìumen Sal-
sum Vicario generali, et regiorum castrorum provisore, si-
gillo eiusdem domini Vicarii de cera rubea sigillato , de
sciendis tini bus casalis Ryene nobilis viri Lanzalocti de
Paccia, ex illa videlicet parte tenimenti terre Bicari et leni-
menti Margane Sancte Trinitatis de Panormo, per antiquio-
res homines predicte terre Castrinovi et predicte terre Bi-
cari de huiusmodi finibus conscios et expertos ac lidedignos,
accedentes personaliter cura hominibus infrascriptis , vide-
licet diete terre Castrinovi et predicte terre Bicari, per quos
novimus de predictis finibus posse scire plenius veritatem,
ad locum illud, videlicet ubi dictum casale Ryene terminat
cum tenimento predicte terre Bicari, et tenimento Margane
supradicte, didicimus et invenimus per eosdem homines, vi-
delicet per Thomasium de Abaiata, Nicolaum de Siniscalco,
Nicolaum de Iohanne Greco et Symonem de Sarlo de pre-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 8
(1284) — 114 —
dieta terra Castrinovi, per Matheum de Amato, Nicolaum
de Authore, notarium Sanctorum et Guirrucium de predicta
terra Bicari, quod fines predicti sunt a via publica, que est
a Karkarello sub Rupa Russa, et descendunt per vallonem
vallonem usque ad petram grossa m, que est intus in ipso
vallone , et descendunt inde per vallonem vallonem usque
ad aliam petram, que est intus in ipso vallono, qui vallonus
vocatur Handiki Belchelgi, et transeunt inde per vallonem
vallonem ad quendam alium vallonem, qui est ad diricturam
predicte petre magne, et ascendimi per vallonem vallonem
usque ad latus casalis de Sclavis, quod est extra pheudum
dictum Lanzalocti de Paccia, et deinde ascendunt ad quer-
cum que est apud bantrellas, et vadunt inde ad l'ontanam,
que est in capite Biccari, et sic fines predicti terminantur.
Unde ad futura m memoriam presens scriptum exinde factum
est de lìnibus predictis, per manus mei predicti notarii, si-
gno nostro signatum , subscripcionibus nostrum qui supra
Baiuli et Iudicum et sigillo, et subscriptorum testium sub-
scripcionibus et testimonio roboratum. Actum apud Ca-
strumnovum, anno, die, mense et indicione premissis.
f Ego Guillehnus de Ligorio qui supra Baiulus nesciens
scribere per manus predicti notarii me subscribi feci et si-
gillavi.
f Ego Philippus Faticius qui supra Iudex Castrinovi me
subscripsi et sigillavi.
f Ego Bartholomeus Septempani qui supra Iudex ne-
sciens scribere per manus predicti notarii me subscribi feci
et sigillavi.
f Ego lohannes de Abandio interfui et testor.
-j- Ego Facius de Sarlo interfui et testor.
f Ego Matheus de Fristocco interfui et testor.
-J- Ego Antonius de Sancto fladello interfui et testor.
f Ego Raynaldus de Monacho interfui et testor.
f Ego Andreas de Villaudrino interfui et testor.
f Ee'o Nicolaus Spallaforti de Bicaro interfui et testor.
— 115 — (1284)
f Ego Iohannes de Mauro de Bicaro interfui et testor.
f Ego Parisius de Ioanne de Petrahelye interfui et testor.
f Ego notarius Ventura de Panormo habitator Castri-
novi me subscripsi et testor.
f Ego Iohannes de Thetis qui supra actorum Curie Ca-
strinovi notarius scripsi et signavi.
Nel margine inferiore si legge :
Presentatum est in Iudicio XiIJ° niadii VIJ Indicionis.
XVIIJ0 aprilis VIJ Indicionis apud Panormum presen-
tatum in Iudicium.
Notarius Ventura — Philippus de Facticio ludex.
Pergamena originale n. 8 del Tabulano di 8. Martino delle
Scale (Arch. di Stato di Palermo). Nel margine destro si vedono
tre suggelli rotti in cera gialla , posti verticalmente ed aderenti
alla pergamena , con carta sovrapposta contenente un' impronta
che non si legge.
Si desume dal documento che la lettera del Vicario Queralt
era con suggello di cera rossa. Sul Queralt cfr. i ricordi da me
dati nelle Notizie preliminari al regno di Pietro I , nel § 4 a
pag. 35, e nelle note al documento XXII.
Conviene rilevare la menzione di non essere stato nominato
dal Re il notaro pubblico in Castronovo, così che dovette adibirsi
il notaro degli atti della Curia. Il tenimento di Margana appar-
teneva alla Chiesa della SS. Trinità della Magione di Palermo. Ne
dà notizia Mongitore, Monumenta historica Sacrae Domus Man-
sionis. Panormi, 1725, pag. 205. Sul casale di Riena offre alquanti
cenni Tirrito, Sulla città e comarca di Castronovo di Sicilia. Pa-
lermo, 1873, pag. 215 e seg.
XLIX.
1284, giugno 1, Albarracin.
Il Re Pietro I annunzia alla Regina che ha inviato con la flotta
in Sicilia Rodolfo de Manuele, che è informato della volontà re-
(1284) — 116 —
già, dello stato di salute della Corte, e della condizione dei suoi
domini. Vuole che la Regina senta ed esegua quanto il medesimo
de Manuele riferirà a voce.
Altre simili all'Infante Giacomo ed altri, ed a varie città di
Sicilia.
Illustrissime et diligende quam plurimum karissime con-
sorti sue domine Cfonstancie], per eamdem eorumdem re-
gnorum regine illustri, salutem et intime dilecionis constan-
ciam ac continuum incrementimi. Gum Radolfum de Ma-
nuele, dilectum, fìdelem familiarem et consiliarium nostrum,
remictamus ad partes Sicilie cum felici stolio nostro galea-
rum, informatum de voluntate et consciencia nostra et bono
statu nostro et tocius terre nostre, atque principum consan-
guineorum ac affinium nostrorum , rogamus vos quatenus
quicquid predictus Radolfus vobis oretenus, ex parte nostre
excellencie, explicabit velitis credere, et cum solicitudine du-
cere ad effectum. Datum in obsidione Albarrasin, kalendis
Iunii, anno domini M0CC°LXXX° quarto.
Infanti lacobo — Alaymo de Lentino — Universis homi-
nibus urbis Panormi - Petro de Queralto — Domine Ma-
halde — Universis hominibus civitatis Trapani — Universis
hominibus civitatis Messane — Beltrando de Bellopodio —
Guillelmo Galcerandi — Iohanni de Procida — lusticiariis et
Gapitaneis Sicilie — Rogerio de Lauria — Magistro Matheo
de Thermis — Universis hominibus Mazarie.
Dal reg. 46, fol. 204 del Re Pietro , nell' Archivio della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 36 ne dà un breve
sunto.
Sono degne di nota le espressioni di vivo affetto adoperate
per la regina. L'ambasceria del De Manuele dovette essere molto
importante, sebbene non se ne indichi 1' oggetto preciso ; ma si
rileva che egli veniva con una flotta , destinata senza dubbio a
maggior difesa del regno. La lettera è diretta ad alti personaggi
della maggiore fiducia , compresa Macalda (oltre che al marito
— 117 — (1284)
Alaimo da Lentini), ed alle città di Palermo, Trapani , Messina
e Mazzara, ed altresì ai Giustizieri e Capitani di Sicilia.
Amari, 9" ediz., voi. II, pag. 43 e seg. dall'invio della lettera
anche a Mazzara deduce : « Donde si può argomentare che la mi-
naccia più prossima di guerra e di tradimento fosse nella Sicilia
occidentale, per la fazione guelfa che covava a Mazzara ». Dà pure
alcuni cenni biografici (desunti da vari documenti editi dal Ca-
rini) su Rodolfo de Manuele , che fu giustiziere del Val di Gir-
genti dal febbraio 1283 in poi (Carini, De rebus, pag. 517) e non
di Val di Mazzara come dice I'Amari.
Ii284, giugno 4, Albarracin.
Il Re Pietro dà notizia alla Regina di essere a lui venuti
dalla Sicilia gli armigeri Perrone de Caltagirone e Guido Talach,
che hanno atteso ai suoi servizi, « de quo ab eis nos reputamus
contentos», e vuole, in seguito ad istanza dei medesimi, che sia
loro conferito in Sicilia qualche officio nella Corte, od altro grado
per equa retribuzione.
Simili lettere all'Infante Giacomo ed a Giovanni da Procida.
Domine Regine salutem et incrementum dileccionis. Scia-
tis quod dilecti et familiares nostri scutiferi Perronus de
Calatagirono et Guidonus Talach in quadam barca venerint
ad istas *partes , de partibus Sicilie , et continue fuerint in
nostro servicio , de quo ab eis nos reputamus contentos ,
volunt nunc ad propriam remeare , ad quod eis defficere
nolumus. Et supplicaverunt nobis ut, prò servicio per eos
nobis exhibito, retribucionem aliquam eisdem in ipsis par-
tibus facere deberemus. Nos autem ignoramus de quo eis
condignam retribucionem possemus facere in ipsis partibus,
voluimus vobis scribere super eo rogantes vos quatenus ,
eosdem scutiferos commendatos habentes, velitis habere bo-
(1284) — 118 -
num consilium et tractatum , tam in provisione eis conce-
denda in domo nostra, quam in conferendis beneficiis ido-
neis eisdera in retribucione servicii memorati. Taliter super
hiis vos habendo, quod racione ipsius servicii in ipsis par-
tibus condigna premia assignentur. Nos enim istud gratum
et acceptum habebimus ac regraciabimur vobis multimi. Da-
tura in obsidione Albarransi , fi nonas Iunii , anni ut su-
pra [1284].
Similes Infanti Iacobo.
Similes lohanni de Procida.
Dal reg. 46, fol. 205 del Re Pietro , nell' Arch. della Cor. di
A rag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bill., voi. II, pag. 36, ne fornisce un
sunto.
La missione del Caltagirone e del Talach dovette riferirsi ai
preparativi di armata , dei quali trovasi ricordo nel documento
anteriore (n. XLIX).
LI.
1284, giugno 1% Albarracin.
Il Re Pietro I scrive a Rodolfo Re dei Romani, manifestan-
dogli che invia a lui Raimondo de Bruncignach, il quale conse-
gnerà la lettera, e darà notizia dell'intenzione del medesimo Re
Pietro di render servizio ed onore a Rodolfo, del processo o sen-
tenze emanate dal Papa « contra nos insontes et ignorantes, non
citatos ut iuri convenit, nec convictos » (a cagione della conquista
della Sicilia), e dell'irruzione del Re di Francia contro i domini
di Catalogna ed Aragona; e lo prega di rispondergli su quanto
lo stesso Raimondo gli esporrà.
Segue il testo del memoriale in lingua catalana.
Dal reg. 47, fol. 127 del Re Pietro , nell' Arch. della Cor. di
Arag. in Barcellona.
— 119 — (1284)
Pubblicato da Saint-Priest, Hist. de la conquéte, t. IV, pa-
gina 236-239.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il , pag. 66 dà solo un' in-
dicazione generica di rimando al Saint-Priest.
Riesce evidente la grande importanza del documento. Nel lungo
memoriale, che ha per titolo : « Mémorial de les coses quen Ra-
mon de Brucinach de part del senyor Rey a dir al Emperador
Dalamanyna » , si trova il ricordo preciso dei vari fatti , e spe-
cialmente del viaggio del Re Pietro con l'armata in Barberia, e
poi in Sicilia chiamato dagli ambasciatori dell'isola, « que anas
emparar Sicilia quel iiurarien per lo dret de la reyna sa muller
et de sos fìlls » .
Notevole è ancora quanto vi si dice per il «dret quel senyor
rey a en Savoya per part de la reyna sa muller » , per le quali
pretese offre chiara luce il documento del Re Pietro del 28 otto-
bre 1280 al marchese di Monferrato per l' invio di milizie desti-
nate all' acquisto della Savoia. (Di tale documento dà un esteso
sunto Carini, Gli Arch. e le Bibl. cit., pag. 42).
Bohmer, nell'opera Regesta imperii, voi. VI, Innsbruck 1898,
a pag. 402 e seg., n. 1838, offre alquanti cenni sul documento,
e nota che da esso si rileva che il Re Pietro voleva formare con
Rodolfo una nuova lega (mit diesem eine nàhere verbindung an-
zukniipfen gesi'icht), che aveva iniziato sin dal 1274, cioè dal prin-
cipio del regno del medesimo Rodolfo, per la conquista della Si-
cilia, come appare da un documento di Rodolfo di quel tempo ,
del quale dà notizia lo stesso Bohmer, a pag. 86 e seg. n. 302.
LII.
1284, giugno 14, Albarracin.
Il Re Pietro I ordina agli ufficiali di Val di Mazzara di pre-
stare aiuto ad Alaimo da Lentini, per sé' ed i suoi beni.
Officialibus Vallis Mazare quod manuteneant et defen-
dant magistro Alaymo de domo nostra ipsum et bona sua,
ipso faciente suis querelantibus iusticie compleraentum. Da-
timi ut supra [in obsidione Albarassin, 14 giugno 1284].
(1284) — 120 —
Dal reg. 46, Ibi. 2(Hr. del Re Pietro, nell'Arch. della Cor. di
Arag. in Barcellona.
È una breve nota della Cancelleria nel registro per 1' ordine
emanato.
Carini, Gli Arch. e le Bihl., voi. II, pag. 36, la riferisce per
la sua concisione.
Pare che quel provvedimento sia avvenuto per i disordini, che
infestavano allora Trapani ed altre città dell' isola (V. doc. nu-
mero XLIX).
LUI.
1284, luglio 24, indizione IO, Termini.
Il Regio Giustiziere della Contea di Geraci e di Cefalù e Ter-
mini, Raimondo di Pietro, scrive, per parte regia , al Baialo e
ai giudici di Caltavuturo affinchè immettano nel possesso tempo-
raneo dei beni di Gentile , abitante di Caltavuturo , */ procura-
tore del Vescovo di Cefalù per il debito del suddetto Gentile in
onde quattordici per fideiussione prestata, al Vescovo, il quale
debito non è stato ancora pagato.
Il Bando e i giudici adempiono l'ordine dato dal Regio Giu-
stiziere.
(L'atto di immissione, con l'inserzione della lettera del Giu-
stiziere, è rogato dal notaro Salvo de Riccardo di Caltavuturo).
In nomine domini amen. Anno dominice Incarnacìonis
millesimo ducentesimo octuagesimo quarto, die lune, ultimo
mensis Iulii , duodecime indicionis. Regnante serenissimo
domino nostro domino Petro Dei gracia Aragonum et Sicilie
inclito Rege , regnorum vero suorum Aragonum anno oc-
tavo, et Sicilie secundo feliciter amen. Nos Henricus de Mi-
lite Iudex Caiatabuturi , Salvus de Riccardo publicus eiu-
sdem terre notarius, et testes subsciipti, ad hoc vocati spe-
cialiter et rogati, presenti scripto publico notum facimus et
testarnur quod prudentes viri Matheus de Biasio Baiulus
Caiatabuturi, et notarius Iohannes de Anglerio coniudex no-
— 1°21 — (1284)
ster, ad nostrani accedentes presenciam, ostenderunt nobis
quasdam licteras sibi missas a nobili viro domino Ray ni lin-
do Petri , regio Iusticiario comitatus Giraci!, pa ranni Ge-
phaludi et Thermarura , noto et consueto sigillo eiusdem
domini Iustieiarh de cera rubea sigillatas, que [erant] per
omnia continencie infrascripte : Raymundùs Petri regius Iu-
sticiarius Baiulo et Iudicibus Galatabuturi etc. Quia procu-
rator venerabilis patris domini cephaludensis Episcopi , in
Regia Curia corani nobis constitutus , eonquestus fuit de
Gentile habitatore Galatabuturi de unciis auri quatuorde-
cim , quas ipse ex causa fideiussionis dare tenebatur pre-
dicto domino Episcopo," citatus fuit ut coram nobis in Regia
Curia comparere deberet in certo termino eidem procura-
tori responsurus, quo termino elapso dictus Gentilis nec a-
liquis prò eo comparuit corani nobis, qui suam vellet con-
tumaciam excusare, propter quod interloquendo pronuncia -
vimus proeuratorem dicti domini Episcopi l'ore mictendum
in possessione honorum mobilium, et in defectu ipsorum ,
stabilium prò mensura debiti declarati causa reservandi ,
donec tedio affectus veniat responsurus. Quare vobis ex
regia parte, qua [fungimur] auctoritate, iniungendo manda-
mus quatenus, receptis presentibus, proeuratorem dicti do-
mini cephaludensis Episcopi in possessione bonorum mo-
bilium, [et] in defectu ipsorum, stabilium, prò mensura de-
biti declarati inducatis et tueatis inductum. Datum Ther-
mis , vicesimo quarto iulii duodecime indicionis. Quar[um]
auctoritate licterarum predicti Baiulus et Iudex, pretitulato
die lune, coram nobis et testibus subscriptis, religiosum vi-
rum fratrem Nicolaum de Notano Roberto venerabilem ca-
nonicum Ecclesie cephaludensis, proeuratorem predicti do-
mini Episcopi induxerunt in possessione partis contingentis
eumdem Gentilem de quadam domo sita in eadem terra Ga-
latabuturi iuxta domum Symonis de Teiera , et si qui alii
sunt confìnes , et de quadam vinea sita in territorio pre-
dicte terre, in contrata que dicitur Solatia, iuxta vineam he-
redum quondam Bartolomei de Alamagno , in defectu bo-
(1284) —ig-
norimi mobilium ipsius Gentilis prò mensura predicti de-
biti declarati, causa reservandi donec predicius Gentilis te-
dio affectus corani predicto domino Iusticiario se conferat,
de premissis procuratori predicti domini Episcopi in iudicio
responsurus. Unde ad futuram memoriam et predicti do-
mini Episcopi eautelam presens scriptum publicum exinde
factum est, per manus mei predicti notarii, signo meo so-
lito, subscripcione et sigillo nostro predicti Tudicis et no-
strum, subscriptorum testium subscripcionibus roboratum.
Actum aput Galatabuturum anno, die , mense et indicione
premissis.
f Ego Hemicus de Milite qui supra Iudex interfui , me
per predictum notarium subscribi feci , et meo sigillo si-
gillavi.
f Ego Gulielmus de Gastro Iohanne interfui , me sub-
scribi feci et testor.
f Ego Iohannes de Nicosia interfui, me subscribi feci et
testor.
-j- Ego Raynaldus de Giracio interfui, me subscribi feci
et testor.
f Ego Symon de Galato interfui , me subscribi feci et
testor.
f Ego lacobus de Salvo interfui , me subscribi feci et
testor.
f Ego Sinibaldus de Errigo interfui , me subscribi feci
et testor.
f Ego Herricus de Ragulo interfui, me subscribi feci et
testor.
f P]go Nicolaus de Gapicio interfui , me subscribi feci
et testor.
f Ego Lazarus de Agunio interfui, me subscribi feci et
testor.
-j- Ego Iohannes de luliano interfui, me subscribi feci et
testor.
f Ego Iohannes de Amico interfui, me subscribi feci et
testor.
- 123 — (1284)
-}- Ego Gualtherius de Stagnetto me subscripsi et testor.
f Ego Salvus de Riccardo qui supra publicus notarius
terre Galatabuturi interfui , scripsi et meo signo solito si-
gnavi.
Questo documento è trascritto nel voi. ras. in pergamena del
secolo XIV dei Privilegi della Chiesa di Gefalù, eseguito per or-
dine del Vescovo Tommaso di Butera, a Ibi. 97 r. (Arch. di Stato
di Palermo).
Se ne ha una copia nel ms. Qq. H. 8 «Diplomata Ecclesie Ce-
phaludensis » a ibi. 914 r. (Bibl. Com. di Palermo).
La lettera del Giustiziere era sigillata con cera rossa. E no-
tevole 1' espressione di coniudex noster usata pel notaro de An-
glerio. Ai Giustizieri era assegnato uno speciale territorio di loro
giurisdizione , e se ne può veder 1' elenco in Carini , De rebus ,
pag. 792, nell' «Indice delle cariche civili e militari».
LIV.
1284, agosto 22, Teruel.
Il Re Pietro I ordina a Giovanni da Procida ed ai Maestri
Portolani del regno di Sicilia di non impedire ad A. di San Bau-
dilio scrittore di Giacomo di Pietro, figlio del medesimo Re, la
donazione del tomolo (de tumino) di vettovaglie dal porto di Gir-
genti, fattagli con atto dall'Infante Giacomo.
Simili lettere all'Infante.
Petrus Dei gracia etc. Nobili et fidelibus suis lohanni de
Prochida, consiliario et familiari nostro, et Magistris Portu-
lanis regni Sicilie, tam presentibus quam futuris, salutem et
dilecionem. Intelleximus quod vos impeditis A0, de Sancto
Baudilio, scriptori dilecti filii nostri lacobi Petri , donacio-
nem sibi factam de tumino victualium Agrigenti per karis-
simum fìlium nostrum Infantem Iacobum. Quare vobis man-
damus quatenus non impediatis eidem A., seu eiusdem prò-
(1284) — 124 —
curatori, tuminum su p radi et uni, immo ipsum sibi habete et
tenere faciatis , prout in instrumento inde eidem facto per
predictum In fante m laeobum plenius continetur, nisi tamen,
ante dictam donacionem factam dicto A. de predicto tumino,
nos ipsum tuminum alteri concesserimus seu dederimus cum
instru mento nostro. Et si forte post dictum impedimentum
aliquid inde habuistis vel recepistis, illud eidem seu procu-
ratori eiusdem restituatis et restituì faciatis. Datum Turolij,
XI kalendas septembris anno [millesimo] LXXX0IIIJ0.
Item super eodem facto fuit scriptum deprecatorie In-
fanti Iacobo, sub eadem forma. Datum ut supra.
Dal reg. 43, fol. 24 r. del Re Pietro, nell'Arch. della Cor. di
Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 5 indica così il do-
cumento : « Lettera di Re Pietro Iohanni de Prochida conciliarlo
et familiari nostro ed ai Maestri Portolani del Regno di Sicilia»,
cioè senza determinare per nulla il suo contenuto.
Del tìglio del Re Pietro, per nome Giacomo di Pietro, si ha
notizia in alcuni documenti del 1283 e del 1290 , dei quali offre
un sunto il Carini cit., pag. 70 e 233. Per quello dell'8 aprile 1290
vedi appresso.
LV.
Sett. 1283 — Ag. 1284, indizione 1*», Palermo.
La Regina Costanza, ordina ai Secreti di Sicilia che sia for-
mata un'inchiesta sulla condizione ed i proventi di un molino ,
sito nella terra di San Fratello, e del quale desiderava la nuova
concessione il notar o Bongiovanni de Omobono.
In seguito a tale ordine fu eseguita dal notaro Ugo , della
stessa terra, l'inchiesta per accertare le circostanze suddette.
Tale documento della Regina Costanza è ricordato espressa-
mente nell'altro dell'Infante Giacomo, Luogotenente del Re, del-
l'il ottobre 1284, indizione 13" (Vedi doc. seguente, n. LVI).
— 125 — (1284)
Si legge nel documento di Giacomo che il notaro de Omobono
« olim indicionis nuper preterite aput Panormum ad
presenciam illustris domine Regine, domine matris nostre, acce-
dens , peciit sibi saltum cuiusdam molendini » ecc. La
data della lettera della Regina si desume da queste altre parole :
« Quia per inquisicionem factam per notarium Hugonem
dudum in predicto anno duodecime indicionis per lic-
teras eis factas cum inserta in eis forma mandati diete domine».
Si ha così la precisa indicazione dell' anno indizionale , cioè da
settembre 1288 ad agosto 1284, pel documento della Regina.
Per l'inchiesta (inquisicio) si ha un sunto abbastanza esteso
nel documento seguente, al quale conviene pure rinviare per con-
servare il testo nella sua integrità.
LVI.
1284, ottobre 11, indizione 13.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del Re, dice che dai
registri della Corte si è rilevato che il notaro Giovanni de Omo-
bono chiese alla Regina, madre del medesimo Giacomo , la con-
cessione di un salto d'acqua per molino nella terra di San Fra-
tello , nella fiumara detta Affriano , che aveva ottenuto dal Re
Manfredi, ma del ciucile poi « adveniente infelici dominio Comitis
Provincie » fu privato ; e poiché dalla inchiesta fatta per ordine
della Regina Costanza (V. doc. precedente) risultò la convenienza
di dare a censo il salto d'acqua del molino diruto, V Infante lo
concede al suddetto de Omobono, che ha fatto la maggiore offerta,
ma con l'obbligo di restaurare il molino a sue spese.
Iacobus Infans illustris Regis Aragonum et Sicilie filius,
suus in Regno Sicilie futurus successor et heres, ac eius in
eodem Regno generaliter locumtenens. Presenti
universis quod, quesitis Registris Regie Curie, per ea inve-
nimus quod notarius Boniohannes de Homine borio , de
Santo Philadelio, elicti domini Regis Sicilie devotus noster
(1284) — 126 —
olim indicionis nuper preterite apud Panormum .
ad presenciam illustris domine Regine, domine matris no-
stre, accedens , peciit sibi et heredibus suis in perpetuum
sive saltum cuiusdam molendini, siti in territorio
diete terre Sancti Philadelli, in flomaria que dicitur Affriani,
construendi per eum propriis sumptibus et expensis, quod
dictus exponens Manfridi domini avi nostri, reco-
lende memorie, tenuit, sicut dixit , sub annuo censu uni US
augustalis per eum et heredes suos prò aqueductu sive saltu
predicti molendini persolvendo, et postmodum ad-
veniente infelici dominio Gomitis Provincie, hostis illustrium
doininorum parentum nostrorum et nostri, ob fidem et de-
vocionem, quain dictus exponens et pe dominum
avum nostrum continue gesserant, quoad vixit , abruptum
extitit, et ad presens nulla comoditas Curie provenit ex eo-
dem, asserens se per se et heredes suos predictos
census anno quolibet per regie Curie, census no-
mine, soluturum; et quia per inquisicionem factam per no-
tarium Hugonem, de predicta terra Santi Philadelli, devo-
tura nostrum, ad manus de Pulcaro dudum in pre-
dicto anno duodecime indicionis, et una eum sociis Secre-
torum Sicilie devotorum nostrorum, per licteras eis factas,
eum inserta in eis forma mandati diete domine
propterea destinati , et in publicam formam redactam ac
Camere Regie et Magistris Racionalibus Magne Regie Curie
assignatam, Curie piene constitit predictum molendinum . .
... m subscriptis finibus limitatimi totaliter dirutum, de-
vastatum et sine aliquo hedificio, quodque nulli proventus
ex eo proveniunt, et tempore quo predictus te-
nuit, perveniebant ex ipsius proventibus anno quoiibet fru-
menti salme odo vel uncia auri una et tareni decem , et
quandoque parum plus, et quandoque parum minus, et . .
.... predictum molendinum et aqueductum ipsius ad ex-
pensas suas reparari faciebat, et quod molendinum ipsum
non est de demani is regiis vel solaciis Curie aut censuum
fuit quondam Rogerio de MonCerisio et Guillelmo
— 127 — (1284)
de Presbitero, et per excadenciam devenit ad manus Curie,
et quod dictus notarius Boniohannes est fidelis dicti domini
patris nostri eandem non petit sibi fieri in odium
vel malivolenciam alicuius, in dampnum Regie Curie , vel
dispendium privatorum, imiiio ex concessione ipsa utilitas
procuratur posset prò unciis auri sexdecim et ta-
renis tribus , et post reparacionem ipsius , proventus eius-
dem molendini valere possent per annutn frumenti salmas
sex et si in pec .... tar. quinque et parum plus, vel parum
minus , et quod inquisicione ipsa facta , et oblacione dicti
census per predictam terram Sancti Philadelli predicti pe-
tentis nomine pecunie vel victualium vellet Regie
Curie exhibere, ad predictum notarium Hugonem accederet
in hoc suum et Curie comodimi tractaiurus lus
compare ...... dicto notario Hugone per triduum et am-
plius expectatus , qui prò eoclem censii maiorem quantita-
tem pecunie offerret annuatim Cur et melius for
[mojlendini ubi nulle requiruntur expense, conce-
dere sub predicto annuo censu de quo Curiam pre-
dictas subire exp[ensas| . . . supervenientibus alluvionibus
aquarum pluvialium , molendinum ipsum devastaretur , de
quo predicte aumenterentur expense pateretur, et
actendentes in locacione dicti census commodum Regie Cu-
rie procurari, eo quod ex molendino predicto, quod est to-
taliter dirutum, de census acquisitur annuatim, in
cuius habicione defectus aliquis intervenire non potest, ei-
dem notario Boniohanni, tamquam ultimo emptori et plus
eciam afferenti [aquejductum sive saltum predicti
molendini, siti in predicta fiumana, construendi de novo ad
omnes expensas suas, sub annuo resurrecionis do-
minice anno quolibet Regie Curie perpetuo exolvendo, duxi-
mus prò parte eidem notario Boniohanni et here-
dibus suis plenam licenciam et liberano pot nandi,
permutando donandi et vendendi, in eo et ex eo velie
semper salvo. Fines vero predicti molendini sunt hii
occidente et aquilone sunt terre ecclesie Sancti Bartholomei
de XJ octubris XIIJ Ind. [1284].
(1284) — 128 —
Pergamena originale conservata al n. 165 del Tabulano della
Magione (Arch. di Stato di Palermo). È molto lacera dal lato de-
stro, e nella parte inferiore.
Ho curato di trascriverla fedelmente , segnando con punti le
lacune che la pergamena offre.
È degna di nota l'intitolazione per intero dell' Infante Giaco-
mo, della quale ho fatto cenno nel § 4 delle Notizie preliminari
al regno di Pietro I, pag. .35. É altresì rilevante l'affermazione
della esistenza dei Registra regie Curie di quel tempo, che con-
servavansi in Sicilia, e che si perdettero indi per le guerre. Il do-
cumento contiene ancora notizie utili per regalie, sistemi di ven-
dita all' incanto ed altro. La parola saltus nel senso di deriva-
zione di acqua manca in Ducange.
La data della XIII indizione , mentre Giacomo era Luogote-
nente del Re, non può essere che il 1284.
LVII.
1384, novembre 17, indizione 13, Messina.
La Regina Costanza scrive ai procuratori della Chiesa mag-
giore eli Siracusa, manifestando che è sua volontà che sia fatta
un inchiesta per provare che Enrico Tartaro siracusano , cano-
nico e vicearcidiacono messinese, familiare del Re Manfredi, ot-
tenne da questo Re il benefìcio della chiesa di S. Lucia di Sira-
cusa, ma che indi « adveniente dominio Karoli Provincie Comitis
hostis nostri», per la sua fedeltà agli Svevi, perdette il possesso
del benefìcio ; e ordina che , riconosciuta la verità dei fatti , sia
il Tartaro rimesso nel possesso del suddetto benefìcio.
Il Giudice Guglielmo de Bonaventura ed il notaro eseguono
l'ordine regio.
(L'atto di inchiesta, con l'inserzione della lettera della Regina,
è rogato dal notaro Marchisio Mirenda di Siracusa).
In nomine Domini amen. Anno clominiee incarnacionis
millesimo ducentesimo octuagesimo quarto , mense decem-
bris, lercio eiusdem, terciedecime indicionis. Regnante victo-
riosissimo domino nostro Rege Petro, Dei grada inclito Ara-
— 129 — (1284)
gonum et Sicilie Rege , felicis dominii regnorum suorum
Aragonura anno nono, Sicilie vero tercio feliciter amen. Nos
Guillelmus de Bonavintura Iudex Siracusanus , Notarius
Markisius Mirenda publicus regius eiusdem civitatis tabellio,
et testes subscripti ad hoc vocati specialiter et rogati, pre-
senti scripto publico notum facimus et testamur quod pri-
mo die dicti mensis decembris prudentes viri magister la-
cobus de Cannamela Siracusie, [Iacobus] et Pontius de Pe-
ralata, cives Siracusie, procuratores maioris syracusane Ec-
clesie, ostenderunt nobis et publice lejgi fecerunt quasdam
licteras excellentissime domine nostre domine Constando ,
illustris Aragonum et Sicilie Regine, noto et vero sigillo e-
iusdem domine nostre Regine, de cera alba sigiliatas, omni
vicio et suspicione carentes, quas vidimus et legimus, con-
tinencie infrascripte : Constancia Dei gracia Aragonum et
Sicilie Regina procuratoribus maioris siracusane Ecclesie
fìdelibus suis graciam suam et bonam voluntatem. Intelle-
ximus quod Henricus Tartaro siracusanus, canonicus et vi-
cearchidiaconus messanensis , clericus et familiaris domini
Regis Manfredi, felicis memorie, patris nostri, habuit et pos-
sedit ca nomee beneficium ecclesie sancte Lucie Syracusie,
et postmodum adveniente dominio Karoli Provincie Comitis
hostis nostri , ob fidem servandam dicto domino patri no-
stro fuit destitutus possessione dicti benefìcii , sine cause
cognicione. Quare volumus et mandamus vobis quatenus ,
si est ita quod ipse Henricus dictum beneficium canonice
possederit, et adveniente dominio dicti Karoli possessione
dicti benefìcii destitutus fuerit, ut dictum est, restituatis et
assignetis ei beneficium supradictum seu possessionem e-
iusdem sine strepitu. Et si forte aliqua persona contra pre-
dictum beneficium se ius habere pretendat contra dictum
Henricum, coram Iudice suo ius suum ordine iudiciario pro-
sequatur. Data Messane anno Domini millesimo ducentesi-
1110 octuagesimo quarto, mense novembris, decimo septimo
eiusdem, terciedecime indicionis, regnorum nostrorum Ara-
gonum anno nono, Sicilie vero tercio. Qui predicti procura-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 9
(1284) — 130 —
tores predictas licteras eiusdem domine nostre Regine cu-
pientes, cura ornni devocione et sollicitudine, ducere ad effe-
ctum, de premissis omnibus, nobis presentibus, scientibus et
videntibus, per probos viros, rei conscios et fidedignos, per
quos melius veritas potuit indagari, recepto prius ab unoquo-
que ipsorum de ventate dicenda corporali ad sancta Dei evan-
gelia iuramento , diligentem inquisicionem fecerunt. Guius
tenor per omnia talis est : Presbiter Matheus Syracusie, post-
canonicus et Cappellanus, iuratus et interrogatus si Henri-
cus Tartaro Syracusie canonicus et vicearchidiaconus mes-
sanensis, clericus et familiaris quondam domini Regis Man-
fredi , habuerit et possederit canonice benetìcium ecclesie
sancte Lucie de Syi icusia, dixit quod sic. Interrogatus de
causa sciencie, dixit quod vidit ipsum Henricum tenere et
possidere predictam ecclesiam sancte Lucie tamquam bene-
tìcium sibi collatum, nescit tamen a quo, et percipientem
iura, fructus seu proventus ipsium ecclesie tamquam bene-
tìcialis, et vidit ibi presbiterum Viraldum servientem ecclesie
supradicte nomine et prò parte predicti Henrici. Dixit eciam
vidisse predictum Henricum fore destitutum possessione
dicti beneficii , sine cause cognicione, adveniente dominio
Karoli Provincie Comitis, quia oportuit ipsum recedere de
Siracusia ob tidem servandam quondam domino Regi Man-
fredo, nescit tamen a quo fuerit destitutus. Interrogatus de
tempore , dixit quod predictus Henricus tenuit et possedit
pacitìce et quiete dictam ecclesiam spatio trium annorum
et amplius, tempore supradicti quondam domini Regis Man-
fredi. Thomasius clericus Syracusie, terciarius , iuratus et
interrogatus dixit per omnia ut proximus, et addidit quod
ipse testis spacio trium annorum recollegit tamquam pro-
curator ipsius Henrici iura, proventus seu redditus ecclesie
predicte a censualibus et aliis hominibus de Syracusia, de-
bitoribus ecclesie supradicte, nomine et prò parte eiusdem
Henrici. Presbiter Durantus Syracusie, terciarius, iuratus et
interrogatus dixit quod vidit presbiterum Viraldum de Sy-
racusia servientem in ecclesia sancte Lucie de Syracusia no-
— 131 — (1284)
mine et prò parte domini Henrici Tartaro syracusani ca-
nonici, et recolligentem fructus seu redditus, qui pervenie-
bant in ipsa ecclesia, nomine et prò parte eiusdem domini
Henrici. Interrogatus de tempore, dixit spacio duorum an-
norum et amplius iuxta recordacionem suam. Dixit eciam
quod predictus Henricus fuit destitutus possessione eiusdem
ecclesie, nescit tamen a quo; super aliis interrogatus, dixit
se nichil scire. Presbiter Raynaldus Russus iuratus et inter-
rogatus dixit ut presbiter Matheus, preterquam de tempore
quod dixit spatio duorum annorum et parum amplius , et
quod dixit prout ipse testis vidit dictum Henricum facientem
murari ibi quemdam murum tamquam dominus et patronus.
Presbiter Viraldus iuratus et interrogatus dixit idem quod
presbiter Matheus, et addidit quod ipse servivit ecclesie su-
pradicte sancte Lucie nomine et prò parte ipsius domini
Henrici, et recolligebat et percipiebat introytus et oblacio-
nes, (\ue perveniebant ipsi ecclesie, nomine et prò parte e-
iusdem domini Henrici spacio quatuor annorum et amplius.
Presbiter Philippus de Sancto Iohanne iuratus et interro-
gatus dixit ut primus testis, excepto quod de tempore, de
quo dixit quod non recordatur nisi spacio duorum annorum
et parum amplius. Presbiter Nicolaus de Sancto Thoma iu-
ratus et interrogatus dixit ut proximus, preterquam de tem-
pore de quo dixit spatio annorum triutn. Rayrnundus cle-
ricus siracusanus , terciarius , iuratus et interrogatus dixit
idem quod proximus. Paulus de Sansone iuratus et inter-
rogatus dixit quod predictus Henricus Tartaro tenuit et pos-
sedit canonice ecclesiam sancte Lucie de Syracusia, pacifice
et quiete, spacio duorum annorum," prout ipse testis vidit;
ad alia nichil. Lanfrancus drapperius iuratus et interrogatus
dixit quod Henricus Tartaro tenuit et possedit pacifice et
quiete benefìcium ecclesie sancte Lucie de Syracusia in tem-
pore quondam domini Regis Manfredi, non recordatur ta-
mèn per quantum tempus , et postmodum adveniente do-
minio Karoli Provincie Gomitis fuit destitutus possessione
dicti beneficii sine cause cognicione , quia oportuit ipsum
(1284) — 132 —
Henricum exire et recedere de civitate Syracusie propter su-
pervenientes hostes dicti quondam Regis Manfredi. Iohannes
Manchinus iuratus et interrogatus dixit ut proximus , pre-
terquam de tempore quod dixit quod vidit ipsum Henricum
tenere et possidere dictum benefìcium spacio annorum qua-
tuor et plus, et quod ipse testis solvit censum procuratori
suo de quadam vinea, quam tenebat in terris diete ecclesie
sancte Lucie. Notarius Benedictus iuratus et interrogatus
dixit per omnia ut presbiter Matheus, preterquam de tem-
pore quod dixit se recordari dictum Henricum tenere et
possidere ecclesiam predictam sancte Lucie spacio septem
annorum et amplius. Gualterius Manchinus iuratus et in-
terrogatus dixit ut presbiter Raynaldus Russus, preterquam
de tempore, de quo non recordatur. Vivianus Maniscalcus
iuratus et interrogatus dixit ut Lanfrancus drapperius. Ray-
naldus de Aiuto iuratus et interrogatus dixit ut notarius Be-
nedictus ; per quam quidem inquisicionem piene constitit
quod ipse Henricus dictum benefìcium canonice possedit ,
et adveniente dominio dicti Karoli Provincie Gomitis pos-
sessione dicti beneficii fuit destitutus , ut est dictum , sine
cause cognicione. Et sic magister lacobus et Pontius pro-
curatores predicti predicto pretitulato tercio die dicti mensis
decembris corani nobis [petierunt ut] restituerem et assi-
gnarem eidem Henrico benefìcium supradictum et possessio-
nem eiusdem, sine iuris strepitu. Unde ad futuram memo-
riam et predicti Henrici cautelarli, presens publicum instru-
mentum exinde factum est per manus mei predicti tabellionis,
nostrum qui supra Iudicis, notarii et subscriptorum testium
subscripcionibus, signo et testimonio communitum. Actum
Syracusie anno, mense et indictione premissis.
f Ego Guillelmus de Bonavintura qui supra Iudex Si-
racusie subscripsi.
f Ego Guido de Mohac testor.
f Ego Benedictus de Sancto Michaele testor.
f Ego Franciscus de Aspello miles testor.
— Ì33 — (1284)
f Ego Ichairaes de Notano Philippo testor.
f Ego Rogerius Morena testor.
f Ego Rogerius Tartaro testor.
f Ego Paga[nus] de Millorcta testor.
f Ego Andreas de Bonocarato testor.
f Ego Leonardus Pedelepore testor.
f Ego Biscardus Russus testor.
f Ego Baldoynus Russus testor.
f Ego Peregrinus Morena testor.
f Ego Guidus Burgesi testor.
■J- Ego Antonius de Pugnecto testor.
f Ego Orlandus de Pellayo testor.
■J- Ego Fredericus de Valentia testor.
f Ego Raynerius Campisanus testor.
f Ego notarius Markisius Mirenda, qui supra, regius pu-
blicus tabellio Siracusie rogatus predictis omnibus interfui,
scripsi predicta et meo signo signavi.
Il testo del documento è riferito nel voi. ms. in pergamena
del secolo XIV dei Privilegi della Chiesa di Cefalù, eseguito per
ordine del Vescovo Tommaso di Butera , a fol. 71 r. (Arch. di
Stato di Palermo).
Se ne ha una copia nel voi. ms. Qq. H. 8 « Diplomata Eccle-
siae Cephaludensis » a fol. 870 (Bibl. Com. di Palermo). Nel ms.
Qq. H. 5 è riferito l'ordine di Costanza, ma con data erronea 1285.
L'erudito Giuseppe Maria Capodieci nei volumi manoscritti
delle sue Miscellanee storiche e letterarie, conservati nella Biblio-
teca del Seminario di Siracusa, ricorda, in quello concernente Santa
Lucia, il documento della Regina Costanza.
Fu pubblicato un breve frammento di esso da Pirri , Sicilia
Sacra. Panormi [Venetiis] 1733, t. II, pag. 807, senza il principio,
da Intelleximns, ed accorciando in varie parti il privilegio di Co-
stanza, come per altro era non infrequente costume del Pirri nella
trascrizione dei documenti. Tralascia pertanto l'intero testo del-
l'inchiesta.
Si accenna in principio del documento che la lettera della Re-
gina era sigillata «noto et vero sigillo eiusdem domine Regine,
de cera alba». Deve notarsi la parola victoriosissimus adoperata
(1284) — 134 —
pel Re Pietro, e che dimosfra il sentimento di gloria, che circon-
dava quel Re fra i Siciliani nei primi anni del suo dominio. La
data di regno segnata dalla Regina è esclusivamente per sé, senza
alcun ricordo del Re Pietro. Ciò trova conferma nelle espressioni
usate dal cronista Saba Malaspina (lib. X, cap. 24, ediz. Del Re,
Cronisti cit., voi. II, pag. 406) : « Post haec dompnus Iacobus tì-
lius dicti Petri de Aragonia, qui cum matre tunc Siciliae praee-
rat». Tra i ricordi del documento è da rilevarsi il fatto dell'al-
lontanamento del beneficiale Tartaro (fedele agli Svevi) da Sira-
cusa «adveniente dominio Karoli Provincie Comitis». Il nome
terciarius deriva dall'assegno della terza parte della decima dei
proventi doganali, che face vasi talvolta ai prelati. Garofalo, Ta-
bularium reg. Capellae cit., pag. 45 e 65 pubblica un documento
del 1210 per Cappellano terziario, e altro del 1253 per la terzeria
di Salemi. L'insigne Can. Stefano Di Chiara nel voi. De Capella
Begis Siciliae , Panormi , 1815 , pag. 40-42 die estese notizie su
le origini e la natura della terzeria pei benefici ecclesiastici in
Sicilia.
Il cenno concernente le costruzioni di muri della chiesa di
S. Lucia di Siracusa, e le terre che alla medesima appartenevano
è interessante , poiché è mestieri notare che la chiesa ed il mo-
nastero di S. Lucia fuori le mura di Siracusa sono antichissimi,
come ricorda Pirri, Sicilia Sacra, t. I, pag. 655, che dice altresì
che nel 1140 la Contessa Adelaide concesse quella chiesa al Ve-
scovo di Cefalù (Cfr. t. II, pag. 799, ed i documenti del 1141 e
1186 pubblicati dall'egregio prof. Carlo Garufi, I documenti ine-
diti dell'epoca normanna in Sicilia. Palermo, 1899, pag. 41 e 207;
in Doc. della Soc. Sicil. di Stor. Patria, Serie I, voi. XVIII).
Nello stesso voi. in pergamena del Vescovo Butera a fol. 74
è un documento del 15 agosto 1285 del Vescovo Giunta di Cefalù.
Questi dice di essersi recato nella chiesa di S. Lucia, che trovò
« fere destructam , necnon domos ipsius dirutas et disiectas » , e
che credette pertanto utile di concederla in beneficio ad Enrico
Tartaro, con l'obbligo del pagamento annuale di oncia una d'oro
per ricognizione. È notevole la menzione che quel Vescovo fa della
guerra del 1282 in poi in Sicilia: « Tum etiam propter imbecilli-
tatem et turbacionem temporis, que satis arditissime et asperrime
extiterunt, tlentes super eam [chiesa di S. Lucia} et nomen Sal-
vatoris, qui cunctos gubernat, necnon merita et preces beatissime
— 135 — (1284)
virginis Lucie, que in eodem loco coronarli glorie suis meritis ac-
quisivi!, affectuosissime invocando».
Il noto giureconsulto napolitano Michele Maria Vecchioni die
in luce in Napoli negli anni 1762 e 17B9 due erudite memorie ,
la prima (di pag. 152) intitolata « Ragionamento intorno al real
padronato che al monarca di Sicilia compete, come regio padrone
della vescovile Chiesa di Gefalù, in sul feudo ossia fondo di S. Lu-
cia di Siracusa», e l'altra (di pag. 159) « Diritti della Chiesa ve-
scovile di Cefalù nel regno di Sicilia, come Chiesa di regio pa-
dronato , in sul Benefizio di S. Lucia di Siracusa » , riportando
larga copia di notizie e prove storiche , anco per la chiesa di
S. Lucia e la concessione al Tartaro.
LVIJL
1284, novembre 17, Saragozza.
Il Re Pietro I ordina a Matteo da Termini, Maestro Razio-
nale di Sicilia, di annotare nei conti del tutore del figlio del fu
Raimondo Romeo, maestro della zecca, quanto lo stesso Raimondo
consegnò alla Regina, all'Infante Giacomo, a Ruggiero Loria, a
Giovanni da Precida ed a Bertrando Belle-podio; ed, altresì il da-
naro speso dal Raimondo pel carico di grano di due navi por-
tato a Messina, d'ordine della Regina.
Matheo de Thennis , Magistro Racionali Sicilie , dilecto
consiliario, familiari ac fideli suo graciam suam et bonam
voluntatem. Mandamus vobis quatenus recipiatis in compo-
tum tutori heredis Raimundi Romei quondam magistri de
la cicha, vel eius procuratori, omnes datas, quas ipse R. Ro-
mei fecerit illustrissime domine Regine karissime consorti
nostre et Infanti Iac[oboJ filio nostro, seu Rocgerio de Lo-
ria aut micer Iohanni de Procida aut Bertrando de Bello-
podio, non obstante quod idem R. Romei pudixas non ha-
buerit in predictis datis, dummodo ipsi receptas ipsas con- »
(1284) - 136 —
cedant. Ceterum cum intellexerimus quod idem R. Romei
quondam ponderasset de grano quandam navem et lignum
quoddam prò ipso grano de regno Sicilie extrahendo , et
solvisset creitam quam inde solvere tenebatur , et navem
ac lignum predicta ponderata grano predicto, ad mandatum
illustris regine predicte , portasset ad civitatem Messane ;
mandamus vobis quatenus, si vobis constiterit ita, omnem
habeatis prò recepta pecuniam, quam idem R. Romeo sol-
vit prò creita predicta , et ipsam in compotum datarum
suarum recipiatis. Nos istud concedi mus de gracia speciali.
Rem volumus et mandamus vobis quatenus recipiatis in
compotum expensas legitimas quas idem R. Romei, racione
monete predicte, dicitur fecisse, vel recipiatis ei in compo-
tum tantum quantum duo viri discreti cognoverint, qui in
opere monete fuerint circumspecti. Datum Gesarauguste,
XV0 kalendas decembris [1284].
Dal registro 43, fol. 68 r. del Re Pietro, nell'Aron, della Cor.
d'Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 5, più che un sunto,
dà alcuni appunti su questo documento, dai quali non si rileva
alcuna idea del contenuto, poiché egli dice : « In quest' atto , in
cui si parla di conti e di estrazione di grano ecc. occorre men-
zione della Regina Costanza » ecc.
La parola crejta , probabilmente dal francese antico crejstre,
aumentare (Cfr. Ducange, Glossaire francais, ed. Niort, 1887, t. TX)
si riferisce alle crescimogne del frumento, delle quali è cenno al
§ 16 di una Prammatica della fine del secolo XVI (Pragmatica-
rum Regni Siciliae, t. II, Panormi, 1637, pag. 247). Nel voi. ms.
Regolamento del Caricatore di Termini del 1754 (conservato nella
Bibl. dell' Arch. di Stato di Pai.) a fol. 15 è stabilito per le cre-
scimogne che gli ufficiali ricevitori « abbiano la cura di soprain-
tendere sopra d'essi [i paliatori], facendo quelli [i frumenti] ben
paliare, e toccare il solo del magazzino, da quale diligenza nasce
il profitto delle crescimonie » .
Per Matteo da Termini è giusto ricordare che egli è ben di-
verso da quel Matteo giudice al tempo di Re Manfredi, e che alla
disfatta di costui, si fece frate dell'ordine agostiniano, come narra
— 137 — (1284)
la leggenda, e si venera a Siena ed a Termini Imerese col nome
di beato Agostino Novello. Si vedano Vincenzo Solito, Termini
Himerese, città della Sicilia, posta in teatro. In Palermo , 1669,
voi. I, pag. 9 e seg., e Pietro Sanfilippo, Compendio della vita
del beato Agostino Novello. Palermo, 1838. Il toscano Giuseppe
Borghi scrisse una mirabile ode in onore di Matteo.
LIX.
1284, novembre 18, Saragozza.
Il Re Pietro I scrive all' Infante Giacomo perchè accetti il
nuovo tutore, che sarà destinato dal Vicario di Barcellona, per
il figlio del fu Raimondo Romeo, avendo il tutore Pietro di Bo-
nastro presentato la sua rinunzia. Vuole inoltre che siano notate
nel conto le somme date dal Raimondo alla Regina e ad altri, e
sia pagato quanto era dovuto al medesimo, e che, se Berengaria
vedova di lui desidera tornare in patria, le sia permess o
Inclito et karissirao filio suo Infanti Iacobo, suo in re-
gno Sicilie futuro successori et heredi , ac generaliter lo-
cura eius tenenti salutem et dilecionem sinceram. Gum per
renunciacionem Petri de Bonastro , tutoris fìlii Rai mundi
Romei fidelis reponicarii nostri quondam, supplicatum no-
bis extiterit quod eidem tìlio Raimundi Romei dignaremur
de tutore alio providere, rogamus vos et volumus quatenus
tutorem illum, quem Vicarius Barchinone eidem pupillo, ad
requisicionem proximorum eiusdem , duxerit assignandum,
vel procuratore m eiusdem ad ministrandum bona eiusdem
Raimundi Romei recipi faciatis, bona prefati Raimundi Ro-
mei eidem tutori vel eius procuratori tradì totaliter facien-
tes, prout fuerit faciendum. Preterea cum nos scribamus
Magistro Racionali regni Sicilie super datis, quas R. Romei
predictus quondam fecit sine podicxa vobis , aut domine
regine, vel Rocgerio de Loria, aut Iohanni de Procida, seu
(1284) ' — 138 —
Bertrando de Bellopodio, aut aliis nomine curie, quas idem
Magister Racionalis recipere in compotum recusat, rogamus
vos quatenus mandatum nostrum factum eidem, cura litera
nostra, faciatis observari, ut in ipsa litera continetur. Simi-
liter omnia debita, que debeantur dicto Raimundo Romei,
faciatis solvi dicto tutori, vel eius procuratori, prout fuerit
faciendum. Nihilominus volumus, ac vobis rogamus, quate-
nus cura contingat dompnam Berengariam , uxorem dicti
Raimundi Romei quondam, velie ad propria remeare , nul-
lum eidem impedimentum, vel contrarium faciatis, nec fieri
permictatis , set libere cum bonis suis permictatis venire.
Datum Cesarauguste, XIIIJ0 kalendas decembris [1284].
Dal registro 43, ibi. 68 r. del Re Pietro, nell'Aron, della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il, pag. 6 ne offre un sunto
abbastanza indeterminato , cioè : « Si parla dei medesimi perso-
naggi in quest'atto . . . circa il nuovo tutore del figlio di Rai-
mondo Romeo ». La parola reponicarius derivata dal latino repono
e dal francese antico reponre, ha lo stesso significato di reposi-
tarius o tesoriere. Rezasco, Dizionario del linguaggio storico-am-
ministrativo. Firenze, 1881, alla voce Riponete nota essere stata
adoperata per le entrate pubbliche nel medio evo.
La lettera, ricordata nel documento per Matteo da Termini, è
la precedente (n. LVIII).
Amari, 9a ediz., voi. I, pag. 367, accenna questo doc. per ri-
levare il titolo di Giacomo, desumendolo dal Carini.
LX.
liJ84, novembre 24, indizione 13a, Mazzara.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, concede
ai Genovesi, in ricompensa della loro devozione ai Re predecessori
e finora, di usare in Sicilia delle immunità di commercio godute
dal tempo di suo avo Re Manfredi, dichiarando per tale conces-
— 139 — (1284)
sione « ordinacione, mandato et beneplacito predicti domini patris
nostri [regis Petri] in omnibus semper salvis».
11 testo di questo importante documento trovasi riferito nel
reg. 5 (a. 1360-1410) , fol. 228 del Protonotaro del Regno (Arch.
di Stato di Palermo), e nel reg. 2 (a. 1312) fol. 39 r. della R. Can-
celleria (ibidem). È pure inserito nel God. del secolo XIV Pandecta
cabellarum Messane, nella Biblioteca dell'Università di Cagliari.
Nel Codice ms. del secolo XV (Qiiaternus continens cabellas)
della Secrezia di Palermo, segnato Qq. E. 28, fol. 80 (Bibl. Com.
di Palermo"), nell'altro dello stesso secolo intitolato Constitntio-
nes , ordinationes , capitula regni Siciliae , segnato Qq. H. 124
(pure quivi) , e nel voi. ms. Liber Pandectarum ord. et const.
Secretiae del 1594, fol. 85 (Arch. di Stato Palermo) il testo è reso
brevissimo, perchè è riferito per sunto, e con data precisa, nel-
l'altro documento di conferma del 19 dicembre 1284 dell' Infante
Giacomo (Cfr. D. Orlando , Un codice di leggi e diplomi sicil.,
pag. 105).
Fu pubblicato da Quintino Sella , Pandetta delle gabelle di
Messina (nella Miscellanea di Storia Bai., voi. X. Torino, 1870,
png. 96j.
Le immunità commerciali, che vengono richiamate in vigore
dall'Infante Giacomo, sono quelle concesse la prima volta col trat-
tato di pace del Re Manfredi coi Genovesi in luglio 1257, e poi
confermato in luglio 1261. Il testo del doc. del 1257 (approvato
nel 1259) è in Orlando cit., pag. 102 e Sella cit, pag. 90; quello
del 1261 in Gregorio, Considerazioni sulla storia di Sicilia, pa-
gina 284, nota 3; nel Liber Iurium reipublicae Genaensis (in Hist.
Patriae Monum., voi. I, 1854, pag. 1346) ed in Orlando, pag. 115.
Il Re Martino con suo privilegio del 2 gennaio 1403 ordinava
che i marcanti genovesi in Messina fossero giudicati dai loro Con-
soli e non dai giudici, secondo le loro franchigie (R. Cancelleria,
reg. 39, a. 1401-2, fol. 224 r.). Si veda su ciò quanto è stabilito
nel trattato del Re Manfredi (ed. Sella, pag. 93). Nel 1404, a 9
aprile, lo stesso Re Martino volle che fossero osservate le immu-
nità concesse ai Genovesi dai Re predecessori , e confermate da
lui (R. Cancelleria, reg. 41, a. 1403-4, fol. 138 r.).
Le franchigie dei Genovesi sono ricordate nella Pandetta di
Palermo (1312) ed in quella di Messina (formata dopo il 1305).
(1284) - 140 ~
iì
Gfr. G. La Mantia , Le Pandette delle gabelle regie , antiche e
nuove, di Sicilia nel secolo XIV. Palermo, 1906, pag. 10 e 51.
LXI.
1284, dicembre 10, Albarracin.
Il Re Pietro I scrive alla Regina Costanza perchè consenta
(placeat similiter vobis istud) a mantenere nell'officio di Maestro
Portolano del Regno di Sicilia Lapo Guiandone ; e se crede as-
sociare altri nell'officio a lui, provveda a quanto occorre.
Simili lettere all'Infante Giacomo.
Domine Regine. Sciatis quod volumus et placet nobis
quod fidelis noster Lapo Guiandonii habeat et teneat inte-
gre officium Magistri Portulani in regno Sicilie , et utatur
ipso officio prout consuetum est , et quod habeat et reci-
piat iura, que consuevit recipere Magister Portulanus racio-
ne dicti offìcii, cura reputemus dictum Lapo satis idoneum
et discretum ad regendum ipsura officium , ad regie Curie
comodum et honorem. Quare rogamus vos quatenus pla-
ceat similiter vobis istud, ac tamen si videretur vobis alium
debere associari eidem ad officium memoratum, faciatis id
quod fore cognoveritis faciendum. Datum Albaracjno, IIIJ0
Idus decembris [1284].
Similes Infanti Iacobo. Datum ut supra.
Dal registro 43 , fol. 84 del Re Pietro , neh' Arch. della Qor.
di Arag. in Rarcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 7, ne dà un breve
sunto.
Sembra ricavarsi dal documento che la Regina abbia creduto
di rimuovere il Guiandone dall'alta carica di Maestro Portolano,
ed il Re, usando della tsuprema potestà, si sia opposto « cum re-
putemus dictum Lapo satis idoneum» ecc. Su Guiandone o Guin-
done si vedano i doc. XXXIII a XXXVII dell' anno 1283 , cioè
— 141 — (1284)
quando egli venne da Valenza in Sicilia ed ottenne quell'officio ,
insieme con Romeo de Portella.
LXIL
1284, dicembre 10, Albarracin.
Il Re Pietro I dice a Lapo Guiandone , Maestro Portolano
del regno di Sicilia, di avere ricevuto le sue lettere, insieme ai ca-
pitoli da lui trasmessi , lo esorta ad adempiere con zelo il suo
officio, e promette di rispondere sui capitoli per mezzo di uno spe-
ciale nunzio. Aggiunge che desidera che sia consegnato al medesi-
mo Lapo il castello di Licata, perche è utile per l'officio che egli
tiene.
Fideli suo Lapo Guiandoni Magistro Portulano regni
Sicilie, ac consiliario nostro salutem et graciara. Noveritis
nos recepisse literas vestras, simul cum capitulis, que no-
bis misistis, et tam contenta in literis ipsis, quam in capi-
tulis intelleximus et perpendimus diligenter, et credimus
quod semper procuraretis et intenderetis ad ea omnia, que
nostro cederent comodo et honori. Et rogamus vos quod
circa ea sitis solicitus et intentus, scientes quod ad predi-
cta capitula vobis non facimus responsionem ad presens,
cum eam proponamus facere per nuncium specialem , ac
tamen placet nobis quod vos teneatis integre offìcium Ma-
gistri Portolani regni Sicilie ac utamini eo, ut est consue-
tum. Et indie recipiatis iura que Portulanus consuevit reci-
pere racione officii memorati. Similiter contìdentes de tìde-
litate vestra, volumus ac placet nobis quod castrum de la
Licata tradetur vobis, cum reputemus ipsum vobis conferre
plurimum ad officium vestrum. Et super hoc scribimus do-
mine Regine , karissime consorti nostre, et Infanti Iacobo,
karissimo fìlio nostro. Datum in Albaracjno , III J° Idus
decembris [1284].
(1284) — 142 —
Dal registro 43, fol. 84 r. del Re Pietro, nell'Arch. della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 7 ne offre un buon
sunto.
È probabile che nei capitoli inviati da Lapo si contenessero
osservazioni e proposte su inconvenienti nell' esercizio del suo
officio, per i quali il Re non volle dare risposta per iscritto.
Deve notarsi che invece di Licata si legge Lacca per errore
del nome topografico , come nel doc. seguente si trova Liccata ,
che ho corretto.
LXIIL
li£84, dicembre 11, Albarracin.
Il Ite Pietro I manifesta alla Regina che se verrà tolto a Ber-
nardo de Serriano il castello di Licata } lo faccia consegnare a
Lapo Guiandone Maestro Portolano, che ne ha bisogno per il suo
officio, e che è nomo della massima fiducia.
Simile lettera all'Infante Giacomo.
Domine Regine. Volumus et vos rogamus quatenus si
propter insufficienciam, vel alia causa, castrum de la Licata
auferri habuerit Bernardo de Serriano , ipsura castrum fa-
ciatis tradi et deliberari fìdeli nostro Lapo Guiandoni, Ma-
gistro Portulano Sicilie, cui inultum confert dictum castrum
prò administracione sui offìcii , et est homo cui domus ,
castrum et maius quid possit fiducialiter commendari. Nos
enim isiud gratum habebimus et acceptum. Datum in Al-
barrazino IIJ° Idus decembris [1284],
Similes Infanti Iacobo. Datum ut supra.
Dal reg. 43, fol. 84 del Re Pietro, nell'Arch. della Cor. d'Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 6 ne dà un sunto,
però con data del 10, invece che dell' 11 dicembre. Nel documento
— 143 — (1284)
anteriore (n. LXII) il Re diceva che avrebbe scritto alla Regina
ed all'Infante.
Il de Serriano nel 1283 era Castellano di Caltanissetta (Carini,
De rebus, pag. 262 ecc.). S. V. Bozzo, Note storiche siciliane del
secolo XIV. Palermo, 1882, pag. 168, offre alcuni ricordi biogra-
fici del de Sarria o Serriano , e corregge qualche equivoco del-
1' Amari.
LXIV.
1284, dicembre 19, indizione 13a, Messina.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, ordina
che sia eseguito il suo precedente privilegio del 24 novembre dello
stesso anno (V. doc. n. LX) concernente la conferma delle esen-
zioni commerciali in Sicilia pei Genovesi (in huiusmodi nego-
ciacionibus), come ne godevano ai tempi del Re Manfredi.
Il testo intero si trova nel reg. 5 (a. 1360-1410) , fol. 228 del
Protonotaro del Regno (Archivio di Stato di Palermo). Nel fol.
anteriore (227) è trascritto il privilegio del Re Manfredi del 1257,
confermato nel 1259. 11 documento di Giacomo è altresì nel reg. 2
(a. 1312) della R. Cancelleria, fol. 40 (Arch. di Stato Pai.).
Nel Codice di Cagliari del sec. XIV, nel voi. ras. del sec. XV
segnato Qq. E. 28 , a fol. 80 , in quello Qq. H. 124 (Biblioteca
Com. Palermo), e nell'altro del 1594, fol. 85 (Arch. di Stato Pai.)
della Secrezia della stessa città, è riferito quel privilegio.
Venne pubblicato da D. Orlando , Un Codice di leggi cit. ,
pag. 105 , e da Sella , Pandetta delle gabelle di Messina, cit. ,
pag. 98.
Deve notarsi che il testo edito dall'ORLANoo offre secondo il
manoscritto Qq. H. 124, varie restrizioni in principio, ma nella
parte finale è completo : « Concludebatur sic »; mentre l'altro pub-
blicato dal Sella sul Codice di Cagliari contiene il testo completo.
La data del 29 dicembre fornita da Orlando sembra inesatta,
perchè non trovasi in altri codici, oltre quello da lui adoperato.
(1285) — 144 —
LXV.
1285, febbraio 3, Saragozza.
Il Re Pietro I trasmette a Guglielmo de Roca in Barcellona
alcune lettere per la Regina Costanza e l'Infante Giacomo in Si-
cilia, ed ordina che siano senza alcun ritardo spedite con la barca,
nella quale si trova il frate Picalquers, o con altra, e (se sarà
possibile) nello stesso giorno.
Guilelmo de Rocha civi Barellinone. Sciatis quod nos
mictimus domine regine, karissime consorti nostre, et In-
fanti Iacobo fìlio nostro apud Siciliani cartas nostras, quas
lator presencium vobis tradit , que quidem volumus quod
incontinenti expediantur. Quare mandamus vobis quatenus,
visis presentibus, incontinenti faciatis parare et armare bar-
cam Sicilie, in qua venit frater R. de Picalquers, vel aliam
barcam armatam , que possit caute et cicius preparari , et
per aliquem hominem, quem ponatis in dieta barca, micta-
tis ad reginam et Infantem lacobum predictos nostras licte-
ras supradictas , et in hoc nullam tardam ponatis , set si
ipsa barca una die poterit expediri , eamdem barcam ipsa
die expediatis. Datum Cesarauguste , IIJ° nonas februarii
[1285].
Dal reg. 58 del Re Pietro , fol. 4 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini , Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 110 ne dà breve
sunto; ma per la data non avverte che il 1284 deve ridursi al
computo comune del 1285 , come ben si rileva dagli altri docu-
menti di quel registro (cfr. appresso n. LXXXVII). Altra prova
si ha dalla data di luogo, perchè il Re Pietro nell'inizio del feb-
braio dell'anno antecedente dimorava in Barcellona (Carini, op.
cit., pag. 164 e seg.).
La celerità, con la quale si provvedeva per l' invio delle let-
tere reali (et in hoc nullam tardam ponatis), dimostra che si ri-
ferivano ad affari molto importanti di governo.
— 145 — (1285)
LXVI.
1285, marzo 21, indizione 13, Messina.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, scrive ai
Doganieri della dogana del porto di Messina, riferendo il testo
delle sue precedenti lettere del 24 novembre e 29 dicembre 1284
(Gfr. sopra, doc. n. LX e LXIV), secondo le quali i Genovesi po-
tevano godere , senza alcuna molestia , delle immunità commer-
ciali , che i medesimi usavano nel tempo del Re Manfredi suo
avo. Li avverte inoltre che in seguito a reclamo del Console ge-
novese in Messina , che dolevasi che non fossero dai doganieri
osservate quelle franchigie di commercio , col pretesto che « vos
dicitis ignorare » , a dirimere la controversia ha fatto eseguire
un' inchiesta dai notari credenzieri della dogana ed altri probi
uomini circa le immunità usate dai Genovesi « in regno Sicilie,
et specialiter in Messana » durante il dominio del Re Manfredi,
e trasmette ora la notizia precisa (formam et moduro) delle sud-
dette franchigie per immissione ed estrazione di merci e per le
tasse che si pagavano , affinchè siano inviolabilmente adempite.
Il testo di tale documento si trova nel reg. 5 (an. 1360-1410)
del Protonotaro del Regno a fol. 228, e nel reg. 2 (an. 1312) della
Regia Cancelleria , a fol. 40 (Archivio di Stato di Palermo). Se
ne ha pure la copia nel codice ms. Pandecta cabellarum Messane
del secolo XIV nella Biblioteca Universitaria di Cagliari, nel vo-
lume ms. Qq. H. 124 Constitutiones , ordinationes ecc. , nell'al-
tro Qq. E. 28 Quatemus continens cabellas del secolo XV, a fol.
80 (Bibl. Coni, di Palermo) , ed in quello Liber Pandectarum
Secretiae di Tommaso Marnilo del 1594 , a fol. 85-90 (Arch. di
Stato di Palermo).
Fu dato in luce la prima volta da Diego Orlando, Un codice
di leggi e dipi, siciliani. Palermo, 1857, pag. 105-109 , e quindi
ristampato da Sella , Pandetta delle gabelle di Messina (nella
Miscellanea di Stor. Ital. Torino, 1870, t. X, pag. 98-109) sul ma-
noscritto di Cagliari , e con le varianti che desumonsi dal testo
edito da Orlando.
G. La Mantia, God. dipi. arag. 10
(1285) — 146 —
Amari, 9' ed., voi. II, pag. 237, lo ricorda brevemente in un
riassunto di alcuni documenti riguardanti i Genovesi, e contenuti
nell'edizione di Orlando; però egli notò per equivoco la data 11
marzo invece del 21.
La data è indicata nel ms. di Cagliari soltanto per il mese e
giorno e l'indizione 13»; mentre nel Codice Qq. H. 124 di Palermo
è segnato l'anno 1284, per il quale è ovvio che debba ridursi al
1285, modo comune. Orlando avvertì che l'indizione 14a era ine-
satta, ed in ciò il Codice di Cagliari è più preciso.
Il testo dell'inchiesta su le varie franchigie dei Genovesi, con-
tenuta in questo documento , è composto di ventuno paragrafi ,
nei quali si provvede per le tasse dovute per lo scarico di merci
in Messina, secondo i varii casi, per mutuo sulle merci, per l'e-
strazione di esse quando riducevasi al peso del quintale « si eciam
non essent de cantano», per la pesatura delle stesse, e per tra-
sporto ed estrazione di particolari merci , rimanendo il divieto
di immunità nel regno di Sicilia per quelle che erano comprate
quivi. Vayra nella prefazione al volume del Sella, a pag. 32
dice che con questo privilegio Giacomo «francava i Genovesi dal
diritto di ancoraggio o falangaggio »; ma ciò è inesatto, perchè in
taluni casi era dovuto.
Nel Codice di Cagliari, che serviva per gli ufficiali della Do-
gana di Messina (cfr. Sella, pag. 10 , per la nota marginale :
« fiat ut ex [corr. est] hactenus consuetum in dohana Messane »)
si legge nei margini dei fogli, nei quali è trascritto il documento,
il testo di una provvista di Simone Salvagio , Luogotenente del
Siniscalco del regno Giovanni Chiaramonte, del 12 maggio, indi-
zione 2" [1335] (cfr. appresso per la data da me rinvenuta) intorno
alla modificazione pel pagamento di alcune tasse. Sella riferisce
in pie di pagina quelle note marginali della provvista.
Trovansi nel trattato del Re Manfredi coi Genovesi del 1259,
confermato nel 1261 (ed. Gregorio , Considerazioni , pag. 284 e
seg. e Hist. Patriae Monum. t. VII, Liber Iiirium reipublice ge-
nuensis, voi. I, pag. 1293 e 1346) solamente alcune norme gene-
rali sul pagamento di quelle tasse dovute dai Genovesi in Sicilia;
ma in questo documento dell'Infante Giacomo si ha la descrizione
minuta dei casi , nei quali applicavansi le speciali tasse con ri-
duzione. Giova quindi esso per la storia del commercio in Sicilia
non solo nell' epoca aragonese , ma anco nella anteriore sveva.
— 147 — (1285)
Gfr. pure quanto ho detto per il doc. LX. Enrico Fodera scrisse
una breve memoria Relazioni commerciali e politiche dei Geno-
vesi colla Sicilia nel medio evo (in Nuove Effemeridi Siciliane.
Palermo, 1874, Serie. II, voi. I, pag. 385 409) , sebbene non citi
le fonti.
LXVII.
1285, aprile 17, Figueras.
Il Re Pietro I manifesta a Raimondo de Munterolis di avere
inteso con rincrescimento che egli abbia venduto in Maiorca, in-
vece che in Catalogna, il frumento che aveva portato dalla Sicilia,
ed ordina di recare a lui il frumento se, anco in parte, non l'ha
venduto, o altrimenti il danaro insieme con la nave.
Raimundo de Munterolis. Intelleximus quod bladum,
quod in navi nostra de parti bus Sicilie attulistis , venditis
in Maiorica, licet vobis significatum fuerit quod raelius po-
terat vendi in Gathalonia et ad maius servicium nostrum,
de quo non modicum cogimur admirari. Quare mandamus
vobis quatenus , si bladum predictum venditum non est,
bladum ipsum, vel si quod restat ad vendendum aportetis
nobis incontinenti cum navi predicta ; si vero venditum
fuerit, aportetis nobis denarios quos ex eo habuistis, et na-
vem ipsara, et hoc nullo modo diferatis. Datum apud Fi-
guere, XV kalendas maij [1285].
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 70 r. (Arch. Cor. Arag. in
Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 72 offre il sunto.
Sono notevoli le parole quod melius poterat vendi in Gatha-
lonia, che provano i vantaggi che si ricavavano dalla vendita dei
frumenti che si trasportavano dalla Sicilia.
(1285) — 148 —
LXVIII.
11285, maggio 4, Figueras.
Il Re Pietro I, per rimunerare i servizi resi da Bartolotta Ma-
niscalco di Messina, gli concede i casali di Furnari e Protono-
taro siti nella valle di Milazzo.
Nos Petrus Dei grada etc. Actendentes grata servicia
per vos magistrum Bartholottum Menescalcum de Messana,
fidelem et devotum nostrum , nobis exhibita , et que vos
exhibiturum in posterum speramus, damus et concedimus
vobis ex nostra mera liberalitate casalia Fumarie et Pro-
tonotarii, existencia in valle Melacii, ut ipsa cum omnibus
iuribus, racionibus , proprietatibus et pertinenci[is] suis ad
fidelitatem nostrani integre habeatis, possideatis et exple-
tetis , absque tamen iuris alterius lesione. Datum Figeriis,
1IIJ0 nonas Maij [1285].
Dal reg. 56 del Re Pietro, a Ibi. 132 (Arch. Cor. Aragona in Bar-
cellona).
Questo documento è ricordato in altro della regina Maria del
22 luglio 1388, trascritto nel reg. 20 (a. 1418-19) del Protonotaro
del Pegno a fol. 76, nel reg. 48 (a. 1413) della R. Cancelleria a
Ibi. 222, nel reg. 4, Mercedes (a. 1413-39) fol. 478, e nel regi-
stro 1197 Investiturae , privilegia, confìscationes (a. 1459-89)
della Conservatoria di Registro a fol. 799 r. (Archivio di Stato di
Palermo).
È indicato nel Cedolario dei feudi di Sicilia (ms. dei primordi
del secolo XIX). Val Demone, voi. I, nel reg. n. 2464 della Con-
servatoria di Registro, a fol. 333.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 109 offre un sunto
del documento del Re Pietro.
Se ne trova la menzione, secondo la notizia contenuta nel pri-
vilegio della regina Maria , nei Capibrevi di G. L. Barberi , I
Feudi del Val di Demina (nei Doc. della Soc. Sicil. di Sipria
Patria, Serie I, voi. Vili, Palermo 1886, ed. Silvestri) a p. 134.
— 149 — (1285)
La regina Maria nel 1388 confermava la vendita dei casali sud-
detti stipulata da Gentile moglie di Nardo Di Giovanni in favore
del notaro Blasco di Furnari, e ricordava la concessione fatta in
aprile 1204 dal Re Federico II svevo a Bartolomeo de Foggia mae-
stro Marescalco e suoi eredi in perpetuo, confermata indi (agosto
1243) al nipote Bartolotta dallo stesso sovrano post tempora coro-
nacionis , e più tardi approvata con nuova donazione dal Re
Pietro: «per serenissimum principem dominum Petrum Arago-
num et Sicilie Regem , recolende memorie , iuxta formam privi-
legii solempnis inde facti, dati Phigeriis (sic) olim anno domini
M°CG0LXXXV° de mense maij ».
Il nome di Bartolomeo Maniscalco è celebre per avere egli in
aprile 1282 sollevato il popolo dì Messina contro gli Angioini ,
ed affidato poco dopo a Baldovino Mussone il governo della città
(Amari, 9a ed., voi. I, pag. 212 e 213). Nell'Elenco dei feudatari
(Descriptio feudorum) del tempo del Re Federico II aragonese si
legge: «D. Bartholomeus de Maniscalco prò Gasali Furnari»
(Gregorio, Bibl. script, arag., t. II, pag. 468, lin. 4).
LXIX.
1285, maggio 4, Figueras.
Il Re Pietro I avverte V Infante Giacomo perchè , se troverà
meritevole Tommaso de Ato di Messina , lo nomini (auctoritate
nostra) notaro credenziere del porto di Sciacca.
Simile lettera a P. (x. de Ato di Messina , per V ufficio della
staterà del fondaco regio di essa città.
Infanti Iacobo. Audita supplicacione Thornasii de Atho,
de Messana, ut eumdera statuere et ordinare deberemus in
notarium credencerium portus Sacce, sub debitis solidis et
forma, quibus notarius credencerius in portu predicto con-
suevit per Curiain deputari, discrecioni et cognicioni vestre
et Consilio vestri ducimus committendum, volentes quatenus,
si dictus Thomasius circa dictuni officium exercendum u-
(1285) — 150 —
tilis et sufficiens fuerit, eumdem auctoritate nostra ordine-
tis et statuatis in eo, dum tamen alii non fuerit assigna-
tum. Datum Figeriis IIIJ0 mensis Maij [15285].
Similis P. G.° de Atho de Messana super officio statere
regii fundici Messane. Datum ut supra.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 94 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 77 ne dà il sunto.
Tali provvedimenti riescono interessanti per gli antichi sistemi
doganali dell'isola.
LXX.
1285, maggio 8, S. Celedonio.
L'Infante Alfonso, primogenito del Re Pietro I di Aragona e
Sicilia, essendo stato emancipato dal padre, approva e conferma
in favore di suo fratello Infante Giacomo e suoi la donazione, che
il suddetto Re « et domina Constancia uxor eius, Aragonie et Si-
cilie regina , mater nostra » fecero al medesimo Giacomo per il
regno di Sicilia e le regioni di Puglia, Calabria , principato di
Capua e terra di Lavoro « prout melius et plenius in instrumento
vestre donacionis continetur». Tale conferma è concessa dall' In-
fante Alfonso per sé e successori in perpetuo, senza alcuna con-
dizione e restrizione , con la promessa di non contravvenire in
alcun tempo, e di osservarla con giuramento , avendo egli rag-
giunto Vela legittima, « salvis tamen condicionibus, retentionibus
et substitucionibus , si que sunt in instrumento donacionis pre-
dicte » .
Noverint universi quod nos Infans Alfonsus, illustris re-
gis Aragonie et Sicilie primogenitus , confìtentes nos fore
sollepniter emancipatum a dicto patre nostro, in bono ani-
mo et spontanea voluntate , et ex certa scientia , cum te-
stimonio huius publici instrumenti , vicem eciam epistole
gerentis, laudamus, approbamus et confìrmamus vobis ka-
— 151 — (1285)
rissimo fratri nostro Infanti Iacobo et vestris perpetuo to-
tani illam donacionem, quam predictus dominus rex pater
noster et domina Gonstancia uxor eius, Aragonie et Sicilie
regina, mater nostra, vobis fecerunt de predicto regno Si-
cilie , et de terris sive locis Apulie , Calabrie , principatus
Gapue et terre Laboris, cum omnibus civitatibus, villis, in-
sulis , castris , terminis et iuribus universis ad dictum re-
gnum Sicilie et ad dictas terras sive loca Apulie, Calabrie,
principatum Capue, et terre Laboris competentibus, et com-
petere aliquo modo debentibus , seu infra dictum regnum
et loca supradicta constitutis , prout melius et plenius in
instrumento vestre donacionis continetur. Hanc autem lau-
dacionem, approbacionem et confi rinacionem facimus , per
nos et omnes heredes et successores nostros , vobis dicto
fratri nostro et vestris in perpetuum de predictis omnibus
et singulis pure, libere et absolute, et sine omni condicione
et retencione, et sicut melius dici potest et intelligi, ad ve-
strum vestrorumque salvamentum et bonum intellectum ,
ita quod de predictis omnibus et singulis a (lieto patre no-
stro et a dieta domina matre nostra vobis donatis vestram
possitis facere libere voluntatem, sine contradicione et im-
pedimento nostri et heredum et successorum nostrorum et
alterius cuiuscumque persone, promictentes vobis bona tide,
licet absenti et notario infrascripto a nobis legitime stipu-
lanti prò vobis nomine vestro, quod nunquam contra pre-
dictam donacionem vobis factam nec contra hanc confirma-
cionem et laudacionem nostrani veniamus per nos vel per
interpgsitam personam, aliquo iure , causa vel racione. Et
ut predicta omnia et singula maiori gaudeant fìrmitate [co-
gnoscentes] nos pervenisse ad perfectam etlegitimam etatem,
iuramus per Deum et eius sancta quatuor evangelia, mani-
bus nostris corporaliter tacta , predicta omnia et singula ,
ut superius dieta sunt , tenere et observare in perpetuum
inviolabiliter, et non in aliquo contravenire aliquo tempore.
Salvis tamen condicionibus, retentionibus et subst.itucioni-
bus, si que sunt in instrumento donacionis vestre predicte.
(1285) — 152 —
Et insuper presentem cartara, quam iussimus fieri auctori-
tate notarii infrascripti, fecimus sigillo nostro pendenti si-
gillare. Actum est hoc in Saneto Geledonio VILI0 ldus Ma-
dii, [anno domini M° CG° LXXXV0].
Gallabinus de Crudiliis.
Benedictus de Gastroterciolo.
Magister Petrus de Costa cappellanus dicti domini In-
fantis Alfonsi.
Magister Ianfridus Rubei.
P. de Minorisa.
Dal reg. 62 del Re Pietro, a fol. 152 r. (Arch. Cor. Arag. in
Barcellona).
Pubblicato da me per la prima volta nella memoria Documenti
su le relazioni del Re Alfonso III di Aragona con la Sicilia.
1285-1291 (nelV Anuarì (1908) de VInstitut d'Estudis catalans. Bar-
celona, 1909) pag. 346, doc. I.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 180 die un sunto
fugace del documento, senza rilevare l'importanza eccezionale di
esso.
Nella mia memoria già indicata così ho scritto (pag. 340) per
tale documento : « Conquistata la Sicilia, e ritornato nel 1283 il
Re Pietro in Catalogna, era d'uopo di dar norma esatta alla suc-
cessione nel regno di Sicilia, poiché nel testamento nulla era su
ciò previsto [Cfr. doc. n. XIV]. Il Re Pietro volle pertanto che
il figlio Alfonso, già emancipato dalla patria potestà, confermasse
con un atto solenne la donazione di quel regno già fatta dal me-
desimo Re Pietro al secondogenito Giacomo. Di tale donazione
non si ha alcuna notizia; ma certamente la forma del governo
della Sicilia dovette essere determinata nel Parlamento tenuto in
Messina nell'aprile del 1283, prima che il Re Pietro si allontanasse
diffìnitivamente dall'isola. La donazione comprendeva l'intero re-
gno di Sicilia, cioè insieme alle provincie continentali; e però si
dimostra l'antico desiderio dei Re aragonesi di acquistare, anco
in parte, quelle regioni».
Amari, 9* ediz. , voi. II , pag. 163, opina che vari pretesti e
dubbi poterono influire su quel!' atto , e crede di trovarli in al-
— 153 — (1285)
cuni fatti di quegli anni; ma egli non rileva alcuna circostanza
di questo documento solenne , formato al tempo dell' emancipa-
zione dell'Infante Alfonso, e del quale 1' Amari non conobbe il
testo. È ormai indubitato che il Re Pietro e Gostanza fecero com-
pilare nella loro Cancelleria in Sicilia un instrumentum dona-
cionis.
Ho creduto conveniente ristampare tale documento di Alfonso,
anco per aversene migliore notizia fra noi.
LXXI.
1285, maggio 21, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Raimondo Alamanni, Baiulo di Bar-
cellona , di permettere che Raimondo Mar quei possa inviare in
Sicilia la sua nave, fornita di alquanti marinai e serventi, di-
spensati dal recarsi all'esercito, se la nave partirà fra tre setti-
mane.
Raimundo Alamandi , baiulo Barellinone. Noveritis nos
concessisse Raimundo Marcheti quod navera suam, que ve-
nit de partibus Sicilie, possit mittere nunc ad ipsas partes
Sicilie, et quod possit ipsam navem amarinare de illis ho-
minibus, qui nunc prò marinariis in ea venerunt, vel si de
illis defecerint , possit alios in ipsa mittere loco ipsorum ,
ita quod inter omnes in ipsa navi sint XXXV marinarli et
III serviciales ; quare mandamus vobis quatenus predictos
XXXV marinarios et III serviciales non compellatis, ratione
preseritis exercitus , dum tamen recesserint infra 111 septi-
manas a confeccione presencium computandas. Datum ut
supra [Coli de Panissars, 12 kalendas iunii, 1285].
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 104 r. (Ardi. Cor. Arag. in
Barcellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 81 ne dà un breve
sunto e legge quattro settimane, invece di tre. Di altri marinai
venuti pure da Sicilia, e dispensati dal rimanere nell'esercito di
(1285) — 154 —
Catalogna è notizia per l'ordine precedente del 5 maggio dato per
Attobono di Trapani, (cfr. Canini cit., pag. 113).
L'oggetto di questi viaggi frequenti in Sicilia si desume me-
glio dai documenti che seguono, cioè per la tratta dei frumenti.
Il Marquet era allora viceammiraglio in Barcellona. (Amari ,
9' ed., voi. II, pag. 68, 137).
Ducange non registra la parola servicialis, ossia servente, ma
invece l'altra di serviciabilis, che ha un significato alquanto di-
verso.
LXXII.
1285, maggio 1% Colle de Panissars.
Il Re Pietro I, avendo inteso che alcuni mercanti si recano in
Sicilia, con la nave di Raimondo Marquet, per estrarre frumento,
ordina al medesimo di indurre i suddetti mercanti a comprare
la tratta presso Bernardo legatario in Barcellona , poiché egli
(il Re Pietro) ha bisogno di molto danaro per l'armata.
Raimundo Marcheti. Intelleximus quod aliqui mercatores
vadant in Siciliani in navi vestra prò extrahendo biado de
partibus Sicilie, unde cura nos mittamus Bernardum de Se-
galario, fidelera scriptorera nostrum, apud Barcbinonara ad
vendendum tractam seu exituram biadi Sicilie ipsis merca-
toribus et aliis, prò eo quia multum indigemus denariis prò
armata et aliis necessariis nostris, rogamus vos, sicut pos-
sumus , quod inducatis predictos mercatores ad emendum
tractam seu exituram predictam a dicto Bernardo , taliter
facientes quod incontinenti tradant ipsius exiture [precium]
predicto Bernardo. Data in Collo de Pani^ars, XI kalendas
iunii anno predicto [1285].
Dal reg. 5(5 del Re Pietro, a fol. 105 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 81 offre un sunto.
— 155 — (1285)
Per i solleciti preparativi dell'armata contro il Re di Francia
occorrevano grandi somme, per ottenere le quali il Re Pietro or-
dinava anche di dare in pegno oggetti preziosi o di far mutui ,
come si ricava dal documento dello stesso giorno a Sabastida, e
da quello del 23 maggio al Vescovo di Gerona, dati in sunto dal
Carini cit., pag. 81 e seg.
LXXIII.
1285, maggio 22, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I dà allo scrittore regio (scriptori nostro) Ber-
nardo Segalario ampia facoltà di permettere ai mercanti, ai quali
avrà venduto la tratta , di recarsi in Sicilia con navi , padroni
di esse e marinai, e vuole inoltre che il Segalario tenga presso
di sA in Barcellona coloro, che saranno utili per tale affare della
vendita, dovendo poscia essi recarsi all'esercito.
Nos Petrus dei gracia etc. Concedimus plenariam pote-
statem vobis fìdeli scriptori nostro Bernardo de Segalario
licenciandi, ex parte nostra, mercatores, quibus nomine no-
stro vendideritis tractam sive exituram biadi de partibus
Sicilie , ad eundum ad partes ipsas Sicilie prò ipso biado
aportando, et licenciandi eciam naves et lembos, in quibus
dictos mercatores ire contingerit, ad eundum ad partes pre-
dictas Sicilie cum patronis seu dorainis ipsarum navium et
lemborum et nautis, marinariis ac servicialibus necessariis
ad easdem. Possitis eciam licenciare quoscumque necessa-
rios habueritis, prò vendicione diete traete seu exiture, ad
remanendum vobiscum in Barchinona, dum vobis necessarii
fuerint et utiles ad predicta; postea vero redire ad nostrum
exercitum teneantur. Volumus tamen per vos super hiis ta-
lem cautelam et diligenciam adhiberi ab illis , qui redituri
sunt ad exercitum, quod fraus nullatenus commictatur. Data
ut supra [XI0 kalendas iunii 1285].
(1285) — 156 —
Dal reg. 56 a fol. 105 r. del Re Pietro (Arch. Cor. Arag. in
Barcellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il, pag. 82 fornisce il sunto
assai conciso.
Si scorge chiaramente che il Segalario, come scrittore o con-
tabile dell' armata , adempiva con sollecitudine quegli incarichi
svariati a lui affidati in tempo di guerra. Il Segalario si sotto-
scrisse come testimonio cristiano nel trattato di pace tra il Re
di Tunisi Abdelehehit ed il Re Alfonso d' Aragona conchiuso a
30 luglio 1287. (Cfr. appresso, doc. di tale data).
LXXIV
1285, maggio 22, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Ruggiero de Loria, Ammiraglio dei
regni di Aragona e Sicilia , di non arrecare impedimento o ri-
tardo ad alcuni mercanti di Barcellona, che hanno avuto licenza
di estrarre dalla Sicilia il grano, « quo in partibus Gathalonie
plurimum indigetur» , essendo stato pagato alla regia Corte il
diritto di tratta « seu exiture dicti grani».
Nobili et dilecto viro Rogerio de Lauria, regnorum Ara-
gonum et Sicilie Admirato salutem et dilecionem. Gum ra-
cione grani , quo in partibus Gathalonie plurimum indi-
getur , concesserimus quibusdam mercatoribus Barellinone
quod possint granum extraliere de partibus Sicilie , et sit
nobis de iure traete seu exiture dicti grani plenarie sati-
sfactum, mandamus vobis quatenus mercatoribus predictis,
de quibus vobis constiterit per literas nostras directas Ma-
gistris Portulanis nos concessisse tractam dicti grani, non
faciatis nec fieri permictatis impedimentum aliquod vel de-
tenimentum, nec eciam navibus, nautis seu marinariis na-
vium seu lignorum , in quibus granum ipsum voluerint a-
portare. (Nos enim si quid eis impedimentum fieri contin-
gerit, tenemur ad restitucionem dampni et detenimenti. Da-
— 157 — (1285)
tum apud Collem de Panicars, XJ° kaletidas lunii , anno
domini M° GG° LXXX0 quinto.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 106 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il, pag. 82 ne dà il sunto.
È noto che il Loria fu nominato Ammiraglio di Aragona e
Sicilia nel 1283 , e se ne ha il documento (20 aprile) edito la
prima volta da Quintana, Obras completas cit., Apéndices, p. 480,
doc. I, e ristampato (senza citarlo) da Carini, De rebus, pag. 617.
Sui motivi dell' unione di quelle due dignità Amari , 9a ediz. ,
voi. II, pag. 135, dice che il Re Pietro non « ignorava che allora
la Catalogna non avrebbe potuto mai metter in mare un grosso
navilio : al contrario egli avea visto in Sicilia quel grande numero
di audaci marinai e quella prontezza ad armare in corso».
Il documento da me dato in luce mostra come la Sicilia gio-
vasse a fornire grandemente di grano la Catalogna e l'armata.
La parola detenimentum nel signilicato di ritardo manca in
Ducange.
LXXV.
1285, maggio. 29, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I scrive all' Infante Giacomo affinchè faccia re-
stituire al milite Giovanni di Mazzarino, di Piazza, (che il sud-
detto Infante ha inviato al Re) i beni di lui, che erano stati posti
sotto sequestro, ed anche quelli che erano stali occupati da alcuni
con violenza , essendo contrario a ragione che il de Mazzarino
venga privato dei beni innanzi il giudizio, che dovrà subire presso
il Re.
Simile lettera per il milite Adenolfo di Mineo.
Infanti Iacobo. Noveritis quod Iohannes de Maczarino,
miles de Plasia, quem ad nos misistis, constitutus in pre-
sencia nostra, nobis exposuit quod, ipso existente in posse
vestro, bona sua mobilia, stabilia ac sese movencia omnia
(1285) — 158 —
fuerint sibi per Guriam vestram emparata et capta , que
bona, ut asserit, sic sibi emparata et capta vos ei restituì
mandavistis. Exposuit eciam nobis quocl quidam homines
ipsarum parcium, propria auctoritate, occupaverunt aliqua
de bonis lohannis predicti, in eius iniuriam, et in nostre do-
minacionis preiudicium et gravamen. Unde cum idem Jo-
hannes in posse nostro existat ad subeundum iudicium no-
strum , et non sit racioni consentaneum quod ante prola-
tam sentenciam bonis suis privetur, vel quod fìat exequucio
contra eum, rogamus et dicimus vobis quatenus, si qua de
bonis eiusdem lohannis de Maczarino a Curia vestra em-
parata remanent sive capta, ea omnia procuratori suo de-
semparare et restituì faciatis. Et nichilominus eis, qui ali-
qua de bonis eiusdem lohannis occupasse dicuntur , man-
detis ut ea retinere non presumant, immo ea procuratori
suo predicto restituant incontinenti ; quos occupatores ad
hoc, si necesse fuerit, compellatis, protegentes et defenden-
tes uxorem et domum ipsius lohannis ne ab aliquo contra
iusticiam aggraventur. Datura apnd Goliem de Panissars ,
IIIJ0 kalendas Iunii, anno domini millesimo CG° octogesimo
quinto.
Similis prò Adinolfo de Mineo milite.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 113 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 83 ne dà un sunto
brevissimo, dal quale non si rileva alcuna notizia dei motivi del
provvedimento. Egli legge de Plagia invece che de Plasia, donde
risulta la pronunzia più conforme pel nome di Piazza.
Il Mazzarino insieme ad Adenolfo di Mineo aveva nel 1283
tentato la ribellione contro il Re Pietro , come ricordano i cro-
nisti, ed entrambi furon presi prigionieri, al pari di Alaimo, per
i beni del quale si emanarono simili ordini (Cfr. doc. della stessa
data, al n. LXXVIII).
Vedasi quanto dice Amari, 9a ediz. voi. I, pag. 369, e voi. II,
pag. 89, anco sulla fede dei documenti dati per sunto dal Carini.
- 159 — (1285)
LXXVI.
1285, maggio 29, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina ai Maestri Portolani di Sicilia di per-
mettere a Pietro di Molleto, di Barcellona, latore della regia let-
tera, l'estrazione con una o due navi da qualunque porto o spiag-
gia dell'isola « ad extraccionem tamen victualiuni deputatis », di
salme duecento di frumento od orso da trasportarsi in Catalo-
gna, essendo stato pagato il diritto di esitura alla regia Corte.
Vuole che non si rechi alcun impedimento o ritardo al di Mol-
leto « propter magnani necetìsitatem frumenti et ordei, quam ad
presens habemus in partibus istis», né si chieda cauzione.
Simili lettere (a 24 ottobre) per Filippo Villasecca, di Barcel-
lona, per cento salme; per Castelliono de Bas e soci per seicento
salme , e per G. de Fonoleto e Ferrarono Burgeri per centocin-
quanta salme.
Magistris Portulanis Sicilie. Gum Petrus de Molleto, ci-
vis Barellinone, lator presencium, emerit a regia Curia exi-
turam frumenti salmarum ducentarum, vel ordeura ad exti-
macionem dicti frumenti, secundum consuetudinem ipsarum
pareium, et de iure ipsius exiture sit nobis et Curie nostre
satisfactum , sicut constat nobis per fidelem thesaurarium
nostrum Bernardum Scriba m, qui pecuniam ipsam recepit;
fidelitati vestre precipiendo mandamus quatenus permigta-
tis predictum P. de Molleto, vel quem voluerit loco sui, ex-
trahere,de quocumque portu seu maritima Sicilie maluerit,
ad extraccionem tamen victualium deputatis, cum uno vel
duobus vassellis, in quibus frumentum vel ordeum predictum
oneretur, predictam quantitatem frumenti salmarum CC vel
ordei ad extimacionem ipsius frumenti , ut superius conti-
netur , ferendamm ad partes nostras Cathalonie, et in hoc
uullum impedimentum vel dilacionem faciatis vel fieri per-
mictatis, sicut non cupitis nostre celsitudini dispiacere. Scien-
tes quod si culpa vestra oporteret dictum P. de Molleti ali-
(1285) — 160 —
quam moram trahere , vel in aliquo dampnificari , vestris
humeris totaliter inherernus, propter magnarci necessitatene
frumenti et ordei , quam ad presens habemus in partibus
istis, et quia nos, nisi vos expediveritis incontinenti, tene-
mur restituere dampna et dispendia , que ipsum subire
propterea oportet. Signifìcamus vobis preterea de ferendo
dicto biado ad partes istas non oportet vos aliarci petere
caucionem, cum iam nobis cautum fuerit super eo. Datum
apud Gollem de Panissars IIIJ0 kalendas lunii [1285].
Similis Filippo de Villasecca mercatori Barchinone de
C. salmis.
Similis fuit facta Gasteliono de Bas et sociis suis de
DG. salmis frumenti. Datum Barchinone IX kalendas no-
vembris.
Similis fuit facta G.° de Fonoleto et Ferrarono Burgeri
de CL. salmis frumenti. Datum IX kalendas novembris.
Fuit mandatum prò Bernardo Scriba, qui recepit ipsos de-
narios ad opus solucionis armate, et mandavit prò ea Ber-
ti ardus de Segalar.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 115 (Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 83 offre un sunto
assai conciso, che termina : « Quindi permettetegli ecc. Altri per-
messi simili »; e riferisce il nome di Mollo invece che di Molleto.
Nel doc. del 31 luglio 1285 (Gfr. appresso doc. n. XGIV) Carini
riporta « P. di Mol ... », e nell'indice: «Pietro di Mollto».
Sono degne di nota l'espressione secundum consuetudine™, ip-
sarum par cium , cioè della Sicilia per il prezzo del frumento e
dell' orzo , e la menzione dei «porti destinati all' estrazione delle
vettovaglie, perchè nel tempo di guerra, per precauzione contro
le clandestine estrazioni da parte del nemico, si limitava il nu-
mero dei porti per quell' estrazione , e talvolta anco la quantità
dei cereali.
In fine del documento è detto che allo scriba Bernardo de Se-
galar fu inviato il danaro «ad opus solucionis armate».
— 161 — (1285)
LXXVII.
1285, maggio 29, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Ruggiero Loria, Ammiraglio dei regni
di Aragona e Sicilia, di non recare alcun impedimento o ritardo,
a causa dell'armata di Sicilia, alla partenza della nave di Pietro
de Prunariis, cittadino di Barcellona, il quale deve trasportare
frumento od orzo dalla Sicilia «ad partes nostras Cathalonie »,
avendo il medesimo pagato il diritto di estrazione , e perchè si
ha grande scarsezza di cereali « in partibus istis ad presens » .
Simili a Castiglione de Bas.
Rogerio de Loria regnorum Aragonum et Sicilie Admi-
rato. Volumus et mandarnus vobis quatenus Petro de Pru-
nariis, civi Barchinone , vel navi sue et taride afferentibus
ad partes nostras Cathalonie frumentum vel ordeum ipsius
Petri vel mercatorum , quia a Curia nostra regia in parti-
bus istis exituram emerunt, sicut vobis de ìpsis empcioni-
bus exiture constare poterit per licteras patentes, quas su-
per hoc mictimus Magistris Portulanis , vel mercatori bus
ipsius, nautis videlicet, marinariis et servicialibus dictarum
navis et taride, non faciatis nec fieri permictatis impedimen-
tum aliquod vel detenimentum racione armate Sicilie, cura
nos habeamus magnam necessitatem in partibus istis ad
presens frumenti et ordei , precipue etiam quia si impedi-
rentur, tenemur eis restituere dampna et dispendia, que eos
subire propterea oporteret. Datum apud Collem de Panis-
sars, IHJ° kalendas Iunii [1285].
Simiiis fuit facta Castilioni de Bas. Datum Barchinone
IX0 Kalendas novembris.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 115 r. (nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. TI, pag. 84 ne dà un sunto
brevissimo.
» G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 11
(1285) — 162 —
Il ricordo dell'armata di Sicilia si riferisce ai preparativi della
flotta , che dovea recarsi in Catalogna per portarvi soccorso , al
comando dell'Ammiraglio Loria, come avvenne in agosto di tale
anno. Cfr. Amari , 9a ediz. , voi. II , pag. 139 , il quale osserva
(pag. 137) che « forse Ruggiero prendea dallo stesso fondo [delle
tratte] la sussistenza dell'armata in Sicilia».
Lo scopo di tale armata si desume chiaramente dal documento
che segue , cioè : « prò expugnanda et invadenda armata regis
Francie, Dei auxilio mediante».
LXXVIII.
1285, maggio 29, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I scrive all'Infante Giacomo, dicendo di essergli
pervenute le sue lettere ed i capitoli concernenti la prigionia (su-
per facto) del principe di Salerno. Risponde pertanto di volere
che sia inviato a lui in Catalogna il principe suddetto , quanto
più presto sarà possibile, accompagnato con navi e galee armate.
Riguardo ad Alaimo da Lentini, ed ai capitoli spediti col frate
Galcerando de Tous , si duole che siano stati fatti prigioni la
moglie ed i figli di Alaimo, e confiscati i loro beni e dati ad altri
prima di farsi il giudizio presso la Corte regia. Curerà la pro-
tezione dei beni di Raimondo Alamanni e di Arnaldo di Villa-
nova, e di rimunerarli. Desidera conoscere perchè si richiede la
sua intenzione sul fatto della concessione dei casali , dopo di a-
verne assegnato senza darne notizia a lui. Avverte V Infante di
avere scritto a Loria per mandare subito dodici navi e trenta
galee dell'armata di Sicilia per espugnare quella del Re di Francia.
Altra lettera a Ruggiero Loria per l'invio delle suddette navi
con persona idonea all'armata.
Infanti lacobo. Recepimus literas vestras , quas nobis
misistis per Salvatorelli Petri latorem presencium, et teno-
rem ipsarum literarum et capitula nobis raissa super facto
principis intelleximus diligenter, ad que vobis taliter respon-
— 163 — (1285)
demus , primo scilicet ad factum dicti principis quod cre-
dimus et speramus quod venia t ad nos, sicut prò certo in-
telleximus, et ex quo ipse veniet , non oportet super ipsis
capitulis respondere ; volumus tamen et mandamus quod,
si' forte adhuc non recessit de partibus ipsis , quod quam
cicius poteritis nobis ipsum mictatis, et veniat bene custo-
ditus et associatus navibus et galeis armatis, cum iam ad-
ventus ipsius sit multum publicatus. Super facto vero Alay-
mi de Lenti no et aliorum capitulorum , que nobis misistis
per fratrem Galcerandum de Tous , sciatis quod multum
miramur de vobis , et de Consilio vestro , quia , sicut prò
certo inteJleximus, vos cepistis seu capi fecistis uxorem di-
cti Alaymi et fìlios, et eciam omnia bona eorum sunt iam
divisa et data aliis, non servato iuris ordine, nec alia bona
forma. Novus ordo preposterus est, facere execucionem an-
tequam sentencia proferatur, et ex quo eum nobis misistis
ad subeundum iudicium, non debuissetis absque sentencia
vel mandato nostro taliter processisse, cum hoc videatur
derisio nostre Curie et contemptus. Et ex quo isto modo
procedere volebatis, fuisset melius quod non misissetis eum
nobis. Preterea nos non recepimus licteram papalem ut di-
citur sibi missam , nec per confessiones ibi missas prò fa-
cto ipso cognoscere possumus, donec -sit in meliori ordina-
cene. Cum autem fuerit in statu quo esse debet, nos prout
de iure fuerit, procedemus. Super aliis autem literis depre-
catoriis nobis missis prò R. Alamanni et R. de Villanova
et aliis nos bona , que habent in partibus istis, habemus
et habebimus commendata, et eis remuneracionem faciemus
de serviciis nobis et vobis exhibitis per eosdem. Ad dona-
ciones vero casalium respondemus quare nos requiritis in
istis, ex quo sine requisicione in consciencia nostra fecistis
alias donaciones, et quod iam scitis voluntatem nostram et
intencionem super donacionibus faciendis. Preterea sciatis
quod nos scribimus nobili Rogerio de Loria quod mictat
nobis incontinenti duodecim taridas et triginta galeas arma-
tas de armata Sicilie, quas necessarias habemus prò expu-
(1285) — 164 —
gnanda et invadenda armata regis Francie, dei auxilio me-
diante. Et mictimus specialiter super hoc Salvatorem pre-
dictum dicto Almirato ut hoc expediat festinanter. Vos e-
ciam hoc procuretis , quantum poteritis, celeriter expedire.
Datum apud-Collem de Panissars, I1IJ0 kalendas Iunii [1285].
Item fuit scriptum predicto Rogerio quod predictas ta-
ridas et galeas mictet festinanter per aliquem discretum vi-
rum, et idoneum ad ipsam armatam.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a Ibi. 116 r., nell'Arch. della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Carini , Gli Ardi, e le Bibl. , voi. II, pag. 84 ne fornisce un
larghissimo sunto. Egli ricorda altresì: «Un brano di quest'im-
portante documento è stato da me pubblicato nella Sicilia- Vespro.
Palermo, 1882». Bisogna però avvertire che tale pubblicazione
non è altro che la traduzione italiana (a pag. 19) di qualche pe-
riodo concernente Alaimo da Lentini, e non giova per nulla alla
diplomatica , perchè è contenuta in « Numero unico » illustrato
(Milano, tip. fratelli Treves), e d'indole esclusivamente popolare,
come dice lo stesso Carini. Vi si riscontrano gli errori : da Vil-
larosa (invece di Villano va), e calli (invece di Colli) di Panissars.
Nel 1886 Amari, 9a ediz., voi. II , pag. 89, si doleva di non
conoscere il contenuto preciso del documento nella sua originale
forma, e diceva : « Non ho sotto gli occhi il testo, ma un sunto,
o forse parafrasi, del canonico Carini, il quale di certo non ag-
giunse, né tolse alcuna circostanza a questo importantissimo do-
cumento » .
Ne dò il testo trascritto accuratamente sull'originale registro.
A niuno può certamente sfuggire l'alto interesse storico e di-
plomatico di cotale lettera del Re Pietro. Da essa si rileva con
quanta energia si provvedesse dal sovrano ad impedire abusi ed
ingiustizie nella Corte di Sicilia, e presso il suo Vicario Giacomo.
Per la partenza del principe di Salerno il Re dice che « iam ad-
ventus ipsius sit multum publicatus » . Notevole è ancora il rim-
provero per la prigionia di Alaimo e la confisca dei suoi beni ,
contro ogni forma di dritto, rilevando la sconvenienza : « facere
execucionem antequam sentencia proferatur » , la qual cosa ap-
pare piuttosto derisio nostre Curie et contemptus. Altre notizie
— 165 — (1285)
riguardano la lettera del Papa mandata ad Alaimo , e le prove
che si raccoglievano per il giudizio contro di costui. Frate Gai-
cerando de Tous era monaco dell'ordine cisterciense di S. Greus,
e adempì in tale anno importanti missioni politiche (Carini, op.
cit., voi. II, pag. 59, 93, 181).
Sembra che R. Alamanni sia quel Raimondo, che poi in no-
vembre 1285 seguì il principe di Salerno nel suo trasferimento
nelle prigioni di Catalogna (Amari , voi. II, pag. 153). Rinaldo,
o meglio Arnaldo, di Villanova è il celebre medico fisico del Re
Pietro. A 5 aprile di questo anno il Villanova avea ottenuto dal
Re la concessione di una parte del castello di Otter, e poco tempo
dopo conseguì un assegno di duemila soldi barcellonesi , e fu
testimone nelle false donazioni del morente Re Pietro, inventate
dai prelati (Carini cit., voi. II, pag. 110, 119 e ;206). Venne indi
nell'isola nel 1309, e molta parte ebbe nelle quistioni religiose e
nelle relazioni politiche tra la Corte di Federico II e quella di
Aragona. L'illustre prof. Antonio Rubiò y Lluch ha pubblicato,
non è guari, nel suo erudito lavoro Documents per l'historia de
la cultura catalana mig-eval. Barcelona, 1908, voi. I, pag. 5
a 56 vari documenti dal 1285 al 1312 riguardanti il Villanova.
Le rimostranze per le concessioni dei Casali fatte da Giacomo
mostrano che l'alta prerogativa regia non si voleva su ciò im-
mutare, anzi doveano eseguirsi le norme già emanate, « volunta-
tem nostram et intencionem super donacionibus faciendis » . (Ve-
dasi pure il documento anteriore, n. XXXII). Per i fatti dell'ar-
mata siciliana basta rinviare ad Amari, 9a ediz., voi. IL pag. 138
e seg.
Nella cronaca del Neocastro, cap. 92 (ed. Gregorio, Bibl. script.
Arag., t. I, pag. 129) si ha una lettera concitata, evidentemente
composta dal cronista , con la quale il Re Pietro rimprovera il
figlio Giacomo per il ritardo dell' invio del prigione principe di
Salerno; ma tali sentimenti coincidono però col testo della vera
lettera.
(1285) — 166
LXXIX.
1285, maggio 30, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Bernardo scriba di fornire agli am-
basciatori del Re di Tunisi quanto ai medesimi occorre per la
spesa di una giornata per carni e pane.
Bernardo Scribe quod donet nunciis regis Tunicii diaf-
famo sive expensam unius diei, scilicet duas vaccas, viginti
arietes, et XL solidos panes. Datum in Colle de Panissars,
IIJ° kalendas Iunii.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 27, nell'Aron. Cor. di Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 116 dà un sunto, e
indica il foglio 28 invece di 27 , e 1' anno 1284 , che deve però
essere ridotto a modo comune, al pari di altri documenti- che se-
guono.
Quegli ambasciatori del Re di Tunisi Abu Hafs (Bohap) eran
venuti al Colle di Panissars per conchiudere il trattato di pace
del 2 giugno 1285 tra quel Re e l'Aragona e la Sicilia (Vedi ap-
presso, doc. LXXXI).
La parola diaffamo manca in Ducange; però è spiegata in que-
sto documento stesso con le parole expensa unius diei. Carini
nel sunto traduce diaffa, ma senza alcuna evidente ragione filo-
logica.
LXXX.
1285, maggio 31, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina allo scriba Bernardo di consegnare gli
abiti convenienti all' ambasciatore dell'Infante Giacomo.
Bernardo scribe quod donet Salvatori Petri, nuncio In-
fantis Iacobi , vestes sibi competentes. Datum in Colle de
Panissars, pridie kalendas Iunii [1285].
— 167 — (Ì285)
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 27, nell'Arch. Cor. Arag. in
Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 116 ne offre il sunto.
L'ambasciatore Salvatore di Pietro avea portato al Re Pietro
le lettere ed i capitoli diversi spediti dall'Infante Giacomo, e tor-
nava indi in Sicilia a recare le risposte regie, come si rileva dal
documento precedente n. LXXVIII.
LXXXI.
1285, giugno 2, Colle de Panissars.
Trattato di pace per quindici anni tra Pietro Re di Aragona
e di Sicilia e Miralmomeni Bohap Re di Tunisi. Si provvede con
tale trattato per sicurtà ai Saraceni che trafficano nelle terre del
Re Pietro, o che abitano nelle terre soggette al Re di Tunisi, re-
stituzione di oggetti naufragati o rubati, casi di inseguimento di
navi cristiane o saracene, o che viaggiano contro nemici, sicurtà
ed altro per i Cristiani nelle terre del Re di Tunisi, pagamento
delle tasse di dogana , dritto ai sudditi del Re Pietro di tener
fondachi e consoli a Tunisi ed altrove', obbligo del Re di Tunisi
di pagare ogni anno al Re di Aragona e di Sicilia il tributo di
33,333 bisanti , facoltà al sudetto Re di Aragona di nominare i
capi dei Cristiani col soldo cerne al tempo del nobile Guglielmo
Moncada, libertà di culto e di scuole per i medesimi. Il Re Pie-
tro si obbliga di ottenere la ratifica della Regina sua moglie e
dell'Infante Giacomo per il regno di Sicilia.
(Seguono il segno del Re e le firme dei testimoni , ed alcuni
capitoli aggiunti per l'obbligo del Re di Tunisi del pagamento
del tributo dei tre anni scorsi , e di danaro ed altro dovuti al
tempo del Re Carlo d Angiò).
Questo documento in lingua catalana si trova nel reg. 47 del
Re Pietro, a fol. 81, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Fu dato in luce da Capmany , Memorias historicas sobre la
marina , comercio y artes de la antigua ciudad de Barcelona.
(1285) — 168 —
Madrid, 1779, t. IV, doc. VI, pag. 9 e seg. Egli suddivide il testo
in XL articoli, premettendovi il numero, ed in alcune parti mi-
gliora qualche espressione del catalano antico, per renderla più
comprensibile. A pag. 12 trascrive inesattamente fondecs de mer-
caderies e consols invece di mercaderies, fondecs e consols.
Il medesimo storico catalano ristampò nel volume Antiguos
tratados de paces y alianzas entre algunos Reyes de Aragon y
diferentes principes infieles de Asia y Africa, desde el siglo XIII
hasta el XV, pubblicato in Madrid nel 1786, per ordine del Re,
quel trattato del 1285 , però con data erronea del 13 giugno (a
pag. 39 e seg.), traducendolo « fiel y literal mente del idiòma an-
tiguo lemosiDO al castellano», e rendendolo più breve.
Mas Latrie nell'opera Traités de paix concemant les relations
avec les Ardbes de l'Afrique septentrionale au moyen age. Paris,
1868 , pag. 286 e seg. riprodusse il testo originale del trattato ,
ricavandolo dall'edizione del Capmany, Memorias cit.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II , pag. 37 e seg. ne offre
più che il sunto, una traduzione o meglio parafrasi; ma non in-
dica affatto che il testo era stato pubblicato prima dal Capmany
e dal Mas Latrie.
Amari , 9a ediz., voi. I , pag. 367, e specialmente nel voi. II,
pag. 130 e seg. dà varie utili notizie su questo trattato, senza ri-
cordare l'edizione del Mas Latrie ; però non sembra esatta l'af-
fermazione che « sperava il re che non cascasse mai [il trattato]
nelle mani del papa, e non fornisse nuovo argomento a processi
della curia romana».
Per tale documento di eccezionale importanza, anco per la no-
tizia del commercio esterno della Sicilia con 1' Africa settentrio-
nale, rileverò soltanto che Pietro stipulava il trattato tanto come
Re di Aragona che di Sicilia, e che ricordava espressamente per
Giacomo qui deu esser hereter apres nos, mentre per Alfonso dice:
«flls nostre maior et hereter apres nos en les dits Regnes» [di
Aragona, Valenza e Catalogna]. Si desume ancora l'esistenza di
Consoli di Sicilia e Catalogna nella Tunisia in quel tempo, e l'ob-
bligo del tributo dall'epoca di Carlo d'Angiò, ricordandosi altresì
in fine il frumento che Lorenzo Ruffo « et ses caballers trameseren
de Sicilia, el temps que Karles la tenia, per vendre a Tunis».
Capmany, nel t. Ili Suplemento a las Memorias, pag. 204, os-
serva : «No consta que antes del ano 1285 por algun tratado de
— 169 — (1285)
paz se habiese asegurado el tràfico y la navegacion en aquellas
tierras » [di Africa], e fornisce quindi un pregevole riassunto delle
disposizioni contenute in esso. A pag. 205 ricorda per Guglielmo
Moncada che « esto illustre caballero fué el primer gobernador ,
que habia puesto en el alcàzar de Tùnez el Rey Don Pedro en
1281 », e per il tributo dovuto a Carlo d'Angiò nota che esso pro-
veniva dall' anno 1276 « en que Omar Muley se hizo tributario
suyo. Este tributo anual lo pagaban los Reyes de Tùnez desde
1145, quando Rogerio II Rey de Sicilia los sujetó».
Rimase nondimeno ignoto al Capmany un trattato del 14 feb-
braio 1271 per dieci anni , conchiuso dal Re Giacomo I di Ara-
gona, e ristampato da Mas Latrie, Traités cit., pag. 280 e seg.
sull' edizione datane da Champollion e Reinaud. Altro trattato
posteriore, del 21 novembre 1301, del Re Giacomo II «que ase-
gurase a los Catalanes las ventajas ya consignadas en los tratados
de 14 de Febrero de 1271 y 2 de Iunio de 1285 » è stato pubbli-
cato col testo arabo , traduzione contemporanea e fac-simili dal-
l'illustre prof. Andrea Gimenez Soler , Episodios de la historia
de las relaciones entre la Corona de Aragón y Tunez nell'Armari
de l'Institut d'Eshidis Catalans. Barcelona, 1907, pag. 212 e seg.
LXXXII.
1285, giugno 3, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I avverte l'Infante Giacomo di non permettere
che i mercanti o gli abitanti di Barcellona portino, nel presente
anno, frumento o biada dalla Sicilia (de partibus Sicilie), tranne
per quelli che acquisteranno il diritto di tratta dalla regia Corte
in Catalogna (in partibus istis).
Simili lettere alla Regina, a Loria, ai Maestri Portolani ed
a Giovanni da Procida.
Infanti lacobo. Rogamùs , dicimus et inibemus vobis
quatenus non permictatis quod aliqui mercatores, vel habi-
tatores Barchinone , extrahant vel extrahere possint anno
(1285) — 170 —
presenti frumentum , vel aliquod genus biadi de partibus
Sicilie, immo istud prohibeatis et faciatis, sicut cupitis no-
stre celsitudini compiacere ; exceptis tantum illis, qui a re-
gia Curia nostra in partibus istis predicti frumenti et biadi
emerint exituram, quos volumus posse extrahere de parti-
bus ipsis quantitates a nobis eis concessas , sicut de ipsis
quantitatibus Magistris Portulanis per nostras patentes li-
teras dedimus in mandatis. Datum apud Collera de Panis-
sars, I1J° nonas Iunii.
Similis domine Regine — Rogerio de Loria — Magistris
Portulanis — f ohanni de Procida.
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 118 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Cartni, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 85 dà il sunto del
documento.
È evidente lo scopo di quella proibizione, destinata ad impe-
dire la carestia del frumento durante la guerra, ed a provvedere
pei bisogni dell'armata.
LXXXIII.
1285, giuguo 4, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina al Baiulo di Barcellona, R. Alamanni,
di pagare le spese di locazione convenuta (logherium ) a coloro,
che fornirono gli animali per il viaggio degli ambasciatori del
Re di Tunisi sino al Colle di Panissars, presso il medesimo Re
Pietro.
R.° Alamanni, Baiulo Barchinone, quod solvat illis qui
conduxerunt bestias, quas nuncii illustris regis Tunicii ad-
duxerunt apud Collem de Panizars, logherium quod eis de-
betur prò tempore , quo iidem nuncii ipsas bestias tenue-
runt, prout cura ipsis convenistis, et est fieri assuetura. Da-
- 171 — (1285)
tum apud Gollem de Panissars , pridie nonas Iunii , anno
predicto.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 27 r. nell' Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 110 offre un breve
sunto, ma con data erronea del 31 maggio, mentre le parole pridie
nonas Iunii indicano sicuramente la data del 4 giugno.
Cfr. il doc. LXXIX per altre spese per quegli ambasciatori.
LXXXIV.
1285, giugno 5, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina a R. Alamanni di pagare a quelli, che
fornirono le bestie per il viaggio degli ambasciatori del Re di Tu-
nisi al Colle di Panissars, le nuove spese per il ritorno in Bar-
cellona.
i
R.° Alamanni quod solvat illis qui conduxerunt bestias,
quas nuncii illustris regis Tunicii adduxerunt apud Coilem
de Panissars, expensas novas, quas facti sunt in veniendo
[et] redeundo cum ipsis nunciis Barchinone. Datum apud
Coilem de Panizars, nonis Iunii, anno predicto.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 27 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 116, omise intera-
mente il sunto di questo documento, che giova a mostrare l'iti-
nerario seguito dagli ambasciatori del Re di Tunisi.
(1285) — 172 —
LXXXV.
1285, giugno 5, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I avvisa Guglielmo de Roca per la consegna di
due mila soldi agli ambasciatori del Re di Tunisi per loro prov-
visione.
Guiilelmo de Rocha quod donet nunciis regis Tunicii
duo milia solidos, quos dominus rex eis donat prò quieta-
cene seu expensis eorum. Datum ut supra fnonis [unii
1285].
Dal reg. 58, fol. 28 r. del Re Pietro Arch. Cor. Arag. in Bar-
cellona).
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 117 riporta il sunto.
È altro documento pregevole per la notizia di quell'ambasce-
ria, tra le fazioni di guerra nella Catalogna.
LXXXVI.
1285, giugno 5, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina al Vicario di Barcellona , od ai suoi
luogotenenti, di non vietare ad Abramo Mosse ed Abramo Cachar,
ebrei di quella città, di recarsi in Sicilia con le proprie merci ,
tranne se siano proibite , né di molestarli , durante il viaggio ,
per quanto essi devono per prestazioni e tributi (in peitis sive
questiis), ai quali sono tenuti gli Ebrei di Barcellona.
Vicario et baiulo Barellinone, vel eorum locum tenenti-
bus, quod non impediant Abraham Mosse et Abraham Qa-
char, socium suum, iudeos Barellinone, super viatico quod
facturi sunt apud Siciliam, cum mercibus suis, exceptis re-
— 173 — (1285)
bus prohibitis; et in hoc nullum faciant impedimentum ipsis
assecurantibus idonee solvere parte m suatn in hiis, que Iu-
dei Barellinone nunc nobis dare debent , et in aliis peitis
sive questiis que fient , ipsis existentibus in viatico , et si
qui adhuc debent de peitis preteritis. Datum in Collo de Pa-
nissars, nonis iunii [1285].
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 122, nell'Aron. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 86 dà un sunto so-
lamente per metà del documento, tralasciando di notare l'obbligo
del pagamento.
Il divieto di esportazione di merci proibite si riferiva a quelle,
che potevano usarsi in guerra. Riesce utile il documento per il
ricordo della speciale condizione degli Ebrei in Catalogna, e delle
tasse alle quali erano soggetti.
L' insigne storico Iosé Amador De los Rios nella sua impor-
tante opera Historia social, politica y religiosa de los Iudios de
Espana y Portugal. Madrid, 1876, t. II, pag. 5 e seg. ricorda e-
spressamente i vantaggi che il Re Pietro I ricavava per la guerra
dai tributi degli Ebrei, mentre si trovava nel Colle de Panissars.
Egli dice : « Contribuian los judios a todas estas empresas con
su actividad y sus tesoros. Don Pedro, que atendiendo al decoro
de su esposa dona Constanza, le habia donado, al coronarla reina
de Aragon, la ciudad de Gerona , con las pingiies rentas de su
ya famosa juderia , no solamente aceptaba sus servicios para la
provision y ordenacion de sus ejércitos y armadas, comò los ha-
bia aceptado el Conquistador [Giacomo I], sino que acudia tam-
bien, no sin frecuencia, a las aljamas de Aragon, Valencia y Ca-
taluna, en demanda de extraordinarios tributos».
LXXXVII.
1285, giugno 8, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I avverte Berengario de Conques perchè esamini
quanto è dovuto dalla nave regia, chiamata «Bonaventura», che
(1285) — 174 —
si trova nella spiaggia di Barcellona , e deve partire per la Si-
cilia per trasportare frumento «ad usum ac sustentacionem gentis
exercituum nostrorum » in Catalogna, e si obblighi al pagamento
a Raimondo Fiveller e Giacomo Dalmazzo della somma suddetta
derivante sì dal mutuo fatto in Genova per le spese occorse nel
viaggio dalla Sicilia in Genova e poi sino all'arrivo in Barcel-
lona, che dal resto di altro mutuo conchiuso in Palermo, ed as-
suma quindi il comando della nave per recarsi in Sicilia.
In una nota che precede il documento si legge di essere stato
lacerato a 31 luglio, perchè il pagamento fu eseguito invece con
la concessione di tratte di frumento dall'isola.
Berengario de Conques. Cum navis nostra vocata Bo-
naventura nunc existens in plagia Barellinone, quam per
vos ad partes Sicilie duci mandamus prò afferendo in ea
grano ad servicium nostrum , et usum ac sustentacionem
gentis exercituum nostrorum, sit obligata Raimundo Fivel-
lerii et Iacobo Dalmacii prò quadam pecunie summa, quam,
ad solvendurn logerium marinariorum, qui navem ipsam
de Sicilia in Ianuam, et exinde ad dictam plagiano Barelli-
none nuper adduxerunt , et ad emendum exarceam et pa-
naticam et faciendum alias expensas eidem navi utiles et
necessarias, atque ad satisfaciendum dicto Raimundo Fivel-
lerii in eo, quod sibi restabat ad solvendurn de mutuo per
eum facto Panormi fìdeli nostro Raimundo de Munterols
super eamdem navem et naulum ipsius , mutuaverunt in
civitate lanue et mutuo receperunt a P. de Molleto et Phi-
lippo de Villasicca , mercatoribus Barchinone , volumus et
mandamus vobis quatenus, certificatus prius per albaranum
nostrum sive P. de Libiano , magistri racionalis Curie no-
stre, de summa pecunie debita Raimundo Fivellerii et Iaco-
bo Dalmacii et aliis mercatoribus predictis racione mutui
supradicti, obligetis vos eisdem in solvenda eis, facto dicto
viagio, ea quantitate pecunie, quam in dicto albarano vide-
ritis contineri. Dictam vero navem, cum exarcia et appara-
tibus suis , et administracionem eiusdem recipiatis et em-
paretis , ac cum ea , dirigeute Domino, navigetis ad partes
— 175 — (1285)
Sicilie, prout vobis dedimus in mandatis. Datura apud Pa-
nicars, VI0 idus iunii [1285].
In principio di questo documento si legge :
Recuperavimus presentem litteram, et leniavimus ipsam,
quia alias fuit creditoribus satisfactum in exitura fruraenti
de Sicilia, prout notatum est in libro comuni in kalendario
li kalendas augusti, anno [M°GG°] LXXXV0.
Dal reg. 58, fol. 30 r. del Re Pietro, nell'Arch. Cor. Arag. in
Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 117, ne dà un sunto
incompleto in varie parti, ed anche per l'omissione della notizia
di revocazione dell'ordine per nuova forma di pagamento.
Il documento riesce interessante per il ricordo di usi marit-
timi per locazione di marinai , compra di sartie (exarcia) e pa-
natica, e convenzione di mutuo su la nave ed il suo nolo.
La parola in Kalendario, nella nota che è premessa, ha il si-
gnificato di data, per il provvedimento segnato in altro registro
{libro comuni).
Il de Conques nel 1279 era portiere della Gasa di S. Vincenzo,
e recò allora una rilevante somma a Giovanni da Procida in Pa-
rigi. Gfr. quanto ho detto a pag. 44. — Per il de Munterols, vedi
prima, doc. n. LXVII.
LXXXVIII.
1285, giugno 9, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Raimondo Marquet di permettere che
G. Benincasa , dopo aver consegnato la somma da lui ricevuta
per suo soldo « ratione armate», attenda al servizio della nave
regia, chiamata « Bonaventura », che sarà condotta da Berengario
de Conques per trasporto di frumento dalla Sicilia. Vuole altresì
che consegni al de Conques travi e legno per rinforzare l'albero
della nave suddetta.
Raimundo Marqueti. Cura G. Benencasa sit necessarius
ad servicia navis nostre vocate Bonaventura, quam per fi-
(1285) — 176 —
delem nostrum Berengarium de Gonques duci mandavimus
ad partes Sicilie prò afferendo frumento ad servicium et
usum nostrum et gentis nostre, volumus et mandamus vo-
bis quatenus recuperata a dicto G. pecunia per eum recepta
prò logerio suo ratio ne armate, in quam ut intelleximus
erat iturus, eum ad diete navis servicia dimittatis. Tradatis
etiam dicto Berengario, vel cui voluerit, trabes et aliam fu-
stam nostram, si quam habetis ydoneam ad fortificationem
arboris diete navis. Datum ut supra [Coli de Panisars, V
idus iunii 1285].
Dal reg. 56 del Re Pietro, a fol. 124 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 87 offre un sunto,
con data inesatta dell '8 giugno.
Raimondo Marquet era barcellonese , ed in maggio aveva ot-
tenuto , insieme a Berengario Maioli , di tenere ufficio di am-
miraglio su i marinai dell' armata di Catalogna e Valenza (Cfr.
Carini cit. , pag. 71 e 79). Si ha frequente memoria di lui nella
cronaca del Muntaner, edita da Bdchon, Chroniques étrangères.
Paris, 1846, pag. 343, cap. CXXTX e seg.
LXXXIX.
1285, giugno 20, Barcellona.
Il Re Pietro I vuole che G. de Roca fornisca quanto occorre
a Riccardo de Canalibus , a suo fratello ed al loro scudiere in
Barcellona, innanzi di partire per la Sicilia.
G.° de Roca quod provideat Rixardo de Canalibus et
Roberto fratri suo , et uno scutifero eorum, dum fuerint
Barchinone , et transmeaverint apud Siciliani. Datum Bar-
binone, XII0 kalendas iulii [1285].
— 177 — (1285)
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 31, nell'Arch. Cor. Arag. in
Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 117 ne dà un sunto.
Il documento prova che i fratelli de Canalibus erano inviati
per qualche missione, ed infatti si conosce che Riccardo a 30 giu-
gno die notizia al Re della buona disposizione degli abitanti del
continente del regno a sottomettersi al suo dominio (Carini cit.,
pag. 89).
Per Guglielmo de Roca» si veda il doc. n. LXXXV.
xo.
1285, giugno 21, indizione 13a, Catanzaro.
Pietro Ruffo di Calabria, Conte di Catanzaro, insieme a trenta
nobili e probi uomini della stessa Terra indicati per nome, sta-
bilisce , per V interposizione di alcuni nobili e religiosi uomini ,
con Guglielmo Calcerando di Cartelliano, Capitano e Vicario ge-
nerale del Re di Aragona {Pietro) « a Faro citra usque ad con-
tìnia terrarum Sacrosante reverende Romane Ecclesie», una tre-
gua o sospensione delle operazioni di guerra nelV assedio delta
Terra di Catanzaro da parte del suddetto Re di Aragona, e segna
in venti capitoli le varie condizioni della tregua medesima. Con
essi si permette al Conte Ruffo ed agli abitanti di Catanzaro di
chiedere aiuti di uomini e soldati al Legato del Re Carlo II od
a Roberto, Conte di Artois, Bando del regno, per continuare le
ostilità; altrimenti, non ottenendo il soccorso, essi dovranno la-
sciare la Terra, tranne per coloro che volessero passare sotto il
dominio del Re di Aragona , i quali non saranno privati delle
loro possessioni. Le due parti promettono di non recarsi, durante
la tregua, danno a vicenda, potendo anzi gli abitanti della Terra
portare vettovaglie e raccogliere le messi nel territorio. I patti
della tregua dovranno essere sottoposti alla ratifica del Re di Ara-
gona, della Regina e del figlio Giacomo.
Seguono le firme del Giudice e dei testimoni.
(Atto in notar Giovanni de Archipresbitero di Catanzaro). j
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 12
(1285) — 178 —
In nomine domini Amen. Anno incarnacionis eiusdem
millesimo ducentesimo octuagesimo quinto, die Iovis, vice-
simo primo mensis iunii, tercie decime indicionis, apud Ca-
tanzarium , tempore Baliatus illustris viri domini Roberti
egregii Comitis Atrabatensis , heredis et successoris dive
memorie domini Karoli quondam Ierusalem et Sicilie regis,
in regno Sicilie Balii Generalis , Baliatus eius anno primo
feliciter amen. Nos Petrus Rufus de Calabria, Dei et regia
gratia Comes Catanzarii, presenti scripti serie notum faci-
mus universis atque fatemur, in presencia Rogerii de Cu-
sencia iudicis civitatis Catanzarii et Iohannis de Archipre-
sbitero publici notarii civitatis eiusdem , in quos consensi-
mus tamquam in nostros iudicem et notarium, cum scire-
mus ipsos nostros iudicem et notarium non esse , necnon
infrascriptorum nobilium et proborum virorum de Catan-
zaro videlicet : domini Roberti Filmaynardi, iudicis Goffredi,
Bartholomei de Domino Baldo , Andree de Prato , Arnoni
de Domino Goffredo, Roberti de Iudice Henrico et notarii
Mathei de Matheo, Deodati Pildire, Puchii Pisani, Gualterii
Mitro, Stephani Mathei , Andree Guberna, domini Riccardi
de Domino Baldo, Nicolai de Spoleto, Guillermi Quatroppa,
domini Gualterii Filmaynardi, Riccardi Gacti, Iacobi Vallecti,
Petroni de Sigillatore , Guidonis de Petrono , Guillermi de
Astoe, Renaldi Romagnani, Petri Squillacheti, Iohannis de
Milina, iudicis Iohannis de Iohannico, Pauli Christiani, iu-
dicis Marci Galioti, Iohannis de Protopapa, Iacobi Fiuma-
ne et Nicolai de Magistro Iacobo, qui ad hec interfuerunt
vocati et rogati, quod cum nobilis et egregius vir dominus
Guillelmus Galzarandus de Cartilliano, domini regis Arago-
num consiliarius et familiaris, regni Sicilie Mariscalcus, re-
gius Vicarius , et castrorum Sicilie provisor citra flumen
Salsum , necnon a Faro citra usque ad confinia terrarum
sacrosante reverende Romane Ecclesie , sicut se consuevit
scribere, Capitaneus et Vicarius generalis, cum exercitu suo
prò parte regis Aragonum obsedisset terram nostram Ca-
tanzarii, et tam nos quam homines ipsius terre nostre Ca-
— 179 — (1285)
tanzarii coegisset ad obediendura eidem , prò parte regis
Aragonum, ac nos et homines diete terre nostre in hoc sibi
resistentes guasto vinearum et segetum, necnon aliis dam-
pnis et gravaminibus per eura nobis illatis in personis et
rebus per dies plures dampnificasset et diversimode afflixis-
set , mediantibus aliquibus nobilibus et religiosis viris ad
infrascriptarn treugam, pacta et concordiarn devenimus cum
domino Gapitaneo supradicto, videlicet quod ab eodem do-
mino Guillelmo nos et omnes homines terre Gatanzarii et
tenimenti sui , necnon exteri morantes ibidem , terminum
mictendi ad dominum legatura regis licteras seu nuncios ,
vel ad dominum Gomitem Atrabatensem seu ad alium, prò
requirendo subsidio ad eisdem, quatraginta scilicet dierum
recepimus, numerandorum a die lovis vicesimo primo men-
sis iunii, terciedecime indicionis in antea, in quibus diebus
non computentur dies in quibus fìeret eis impedimentum
ab aliquibus , qui sunt vel erunt infra eumdem terminum
ex parte domini regis Aragonum, qui nuncii secure vadant
et redeant per mare, terras et loca subiecta fidei et domi-
nio dicti regis Aragonum , quibus nunciis si aliquid esset
ablatum in via per fideles predicti domini regis Aragonum,
idem dominus Guillermus Gapitaneus restituì faciat omnia
dampna nunciis ipsis per eosdem illata et liberari faciet, si
quera nunciorum ipsorura capi contingerit, infra quem ter-
minum si tale auxilium seu exforcium nobis veniet seu mic-
titur , quod nos possimus defendere et bellare in campo
cum eo et exercitu suo , ubicumque fuerit idem dominus
Capitaneus citra Farum, tara nos quam domina Comitissa
uxor nostra et omnes homines in predicta terra nostra Ga-
tanzarii morantes, occasione pactorum presenciura, que cum
eo inimus , minime teneamur eidem vel alicui alteri , et si
forte nos et predicti homines Catanzarii infra predictum
terminum quatraginta dierum exforcium seu auxilium tale
habere non poterimus, quo nos possimus defendere et pu-
gnare cum ipso et exercitu suo in campis, ut dictum est,
nos, predicta domina Comitissa uxor nostra et filii nostri,
(1285) — 180 —
necnon et homines in ipsa terra Gatanzarii morantes, cives
seu exteri, Gallici seu Latini, libere et secure possimus exire
de locis et terris fidei et dominio predicti domini regis A-
ragonum subiectis, in personis et rebus cum omnibus hiis,
.qui nos sequi voluerint, habito ab eodem domino Gapitaneo
ydoneo et securo conducto, prestando nobis ab eo de gente
sua, et relieta terra et bonis nostris stabilibus eidem Gapi-
taneo prò parte dicti domini regis Aragonum , ita tamen
quod quicumque de hominibus morantibus in predicta terra
Catanzarii , civibus seu exteris, morare voluerit sub domi-
nio et fidelitate domini regis Aragonum secure morentur,
et habeant liberum arbitrium morandi , eundi et redeundi
quocumque voluerint ad terras et loca fidelitati et dominio
dicti regis subiecta , nullumque malum meritum reddatur
nobis vel eis seu alicui ex eisdem , occasione fidei quam
usque nunc tenuimus , tenemus et gerimus seu tenent et
gerunt erga quondam dominum nostrum regem Karolum et
eius heredes, vel etiam alicuius dampni seu iniurie illati seu
illate per nos et eosdem homines vicinis aliquibus seu ali-
cui de gente predicti Gapitanei seu dicti regis Aragonum in
personis et rebus eorum , tempore guerre, de quibus con-
querentes aliqui contra nos vel eosdem habitatores terre
nostre Catanzarii, cives vel exteros, nullatenus audiri debe-
bunt , nec etiam predicte terre nostre Gatanzarii homines
possessionibus suis, quas nunc tenent et possident , desti-
tuente iuris ordine non servato. Item quod omnes habita-
tores predicte terre nostre Catanzarii, tam cives quam ex-
teri „ qui sunt in Gatanzario , possint secure redire ad do-
mos suas, et bona eorum stabilia , que tenuerunt tempore
quondam domini nostri regis Karoli , tam ipsi scilicet de
Nicotera, Neocastro, Squillacio, Mayda, Marturano, Syrano,
quam aliunde ; et si forte bona eorum ab aliquo seu aliqui-
bus detinentur , et iam capta et occupata per aliquem vel
aliquos sunt, promisit idem dominus Guillelmus Capitaneus
restituere et restituì facere possessiones eorum ipsorum ho-
norum volentibus ad fidem ipsius regis Aragonum redire ,
— 181 — (1285)
iure tamen cuiuslibet alterius semper salvo. Promisit eciam
idem Capitaneus nobis firmiter cum toto exercitu suo de
toto tenimento Gatanzarii statini recedere, factis cautelis et
instrumentis de treuga predicta, nec inferet eciam idem Ga-
pitaneus seu pacietur inferri dampna seu molestias, in per-
sonis vel rebus, nobis vel eciam alicui de vassallis nostris
predictis per vicinos , vel eciam per gentem exercitus sui ,
vel per alios de gente regis Aragonum, per terram seu per
mare, infra terminum predictorum quadraginta dierum, nec-
non postquam predicti vassalli nostri redierint ad fìdem
predicti domini regis Aragonum, ita tamen quod nos et ha-
bitatores terre nostre Gatanzarii illis , qui iam ad fìdem
domini regis Aragonum redierunt , vicinis scilicet vel aliis
in personis vel rebus nulla inferamus dampna , molestiam
vel iacturam. Gonvenimus eciam et promisimus eidem do-
mino Guillelmo Gapitaneo, ex causa treuge predicte, quod
nos et predicti habitatores Gatanzarii, tam cives quam ex-
teri, nullas municiones de novo faciemus in castro et terra
predictis, et nullum fodrum seu victualia inferemus, vel in-
ferri faciemus in terra et castro predictis, et eciam messes
omnes, quas interim recolligerimus nos et predicti vassalli
nostri extra ipsam terram, conservabimus et conservari fa-
ciemus in areis vel massariis consuetis, vel in terris et lo-
cis fidelitati et dominio dicti regis Aragonum subiectis. Li-
ceat tamen nobis et hominibus Gatanzarii, civibus ac ex-
teris, indigentibus victualibus prò vita et sustentacione no-
stra, et animalium nostrorum, et dictorum hominum habi-
tatorum diete terre , et animalium suorum , prò predicto
tempore tantum quadraginta dierum intromictere et inferre,
seu intromicti facere et inferre, victualia et alia necessaria
victui nostro et eorumdem et animalium suorum, iuxta ar-
bitrium nostrum et prescriptorum triginta virorum de terra
Gatanzarii, prestito iuramento a nobis et eis , tacto corpo-
raliter libro, quod ultra quantitatem predictam prò vita et
sustentacione nostra et eorum et animalium nostrorum et
suorum prò predicto tempore, ut predictum est, non infe-
(1285) — 182 —
reraus nec inferri ab aliquibus paciemur. Gonvenimus eciam
cum eodera domino Capitaneo et promisimus quod nos et
habitatores diete terre nostre Gatanzarii, et alii vassalli no-
stri, libere possiraus et possint metere segetes seu messes
nostras et eorum , recolligere , ac timonias facere tam in
Gatanzario, Rocaffallucca et pertinenciis suis, quatti Tachina
et Castello maris et pertinenciis suis. Ac eciam conveni-
mus cum eodem Capitaneo ex causa treuge predicte quod
liceat nobis et habitatoribus Catanzarii, tam civibus quam
exteris , infra supradictum terni inum secure ac libere , prò
nostre et eorum voluntatis arbitrio, ire et redire per terras
et territoria seu tenimenta Catanzarii, Roccefalluce, Tachine
et Castellorum maris, habendo liberum gressum et regres-
sum , itum et reditum per tenimenta Symonis Sellari , Ta-
berne Barbarie et Genetocastri, per que necessario transi-
tur ad predictas terras Tachine et Castellorum maris , ita
tamen quod non liceat eis et nobis ire ad predictam ter-
ram Castellorum maris nisi dominus Iohannes frater noster
prestiterit iuramentum, sicut in pactis inter nos et predictum
Capitaneum habitis continetur, ac eciam omnia pacta facta
nobiscum promissa , concessa et acceptata in persona no-
stra robur lirmitatis habeant et obtineant in persona do-
mini Iohannis Rufi fratris nostri , dum tamen prius idem
domnus Iohannes frater noster iuramentum per totum vi-
cesimum quartum diem presentis mensis iunii prestet si-
mile iuramento prestito a nobis, ut in serie presentis scripti
plenius continetur, in eadem treuga et convencione , iuxta
formam et condicionem predictorum et infrascriptorum Ga-
pitulorum. Cui eciam Capitaneo promisimus per iuramen-
tum, fidem et legalitatem nostram quod consanguineis, flliis
et rebus eorum , qui iam ad fidem dicti regis Aragonum
devenerunt, in ipsa terra Gatanzarii vel extra morantibus ,
nulla de cetero infra predictum terminum gravamina seu
molestias inferemus vel paciemur inferri, dummodo non ve-
niant ad segetes suas colligendas, vel ad offendendum vel
impugnandum nos vel aliquem de vassallis nostris. Nos au-
— Ì83 — (Ì285)
tem et predicti triginta viri de Catanzario superius nomi-
nati iuravimus ad sancta Dei evàngelia , tacto corporaliter
libro, in fide et legalitate nostra, in presencia predictorum
Iudicis et notarii et predictorum virorum, firmiter actendere
et observare treugam, convenciones et pacta predicta illesa
sine fraude, dolo et aliqua diminucione, atque in nullo con-
trafacere vel venire, et si contigerit quod nos violaverimus
ea omnia, que promisimus vel aliquid predictorum, veniendo
contra treugam et convenciones predictas, quod omnes ipsi
qui iuraverint nobiscum de consensu nostro et nostre be-
neplacito voluntatis, eodem iuramento teneantur, tam prò
se ipsis, quam nomine et prò parte hominum universitatis
ipsius , ut sindici eorum in quos sponte ordinatos et con-
stitutos ad hec unanimiter consenserunt, redire ad fidem et
dominium ipsius regis Aragonum, et quod predicti homines
et universitas ipsius terre Gatanzarii sint contra nos , non
obstante aliquo iuramento fìdelitatis et homagii, quo nobis
sunt vel fuerunt astricti, de quibus homagio et fìdelitate, si
contra predicta fecerimus vel aliquod predictorum, eos dein-
de duximus absolvendos. Ipse etiam dominus Guillelmus
Gapitaneus et omnes infrascripti viri nobiles, videlicet: do-
minus Raynaldus de Sancto Felicio, Ribaldus de Sfar, do-
minus Bonamicus de Randacio, Rodericus Chanzus de Bir-
gaz, Bernardus de Billuri, Guillelmus Galvans, Galzaranus
Saccurt , Garzias Ghimenis et Bernardus de Cor promise-
runt et iuraverunt ad sancta Dei evàngelia, tacto corpora-
liter libro, firmiter observare sine dolo et fraude nobis et
hominibus babitantibus in Catanzario, tam civibus quam
exteris , treugam , convenciones et pacta predicta ; et sub
eodem iuramento, fide et legalitate sua promisit nobis dictus
Gapitaneus se curaturum et facturum quod predictus rex
Aragonum, domina regina uxor eius et domnus Iacobus fi-
lius eorum adimpleant omnia supradicta, et rata habeant
sub fide et legalitate sua. Nos eciam predictus Comes et
prefati babitatores Catanzarii convenimus et promisimus ,
sub eodem iuramento prestito, fìdelibus dicti domini regis
(1285) — 184 —
Aragonum infra predictum terminum in personis et rebus
nullam inferre molestiam vel iacturam. Unde ad cautelam
Curie prefati domini regis Aragonum , et predicti domini
Guillermi Gapitanei, factum est de premissis omnibus pre-
sens scriptum publicum, per manus Iohannis de Archipre-
sbitero publici notarii civitatis Gatanzarii, sigillo nostro et
sigillo Gapitanie prefati domini Guillermi , ac subscripcio-
nibus predictorum Iudicis et notarii et quorumdam [de] ex-
pressatis viris scribere scientibus roboratum. Scriptum Ca-
tanzarii, anno die mense et indicione premissis.,
f Ego Rogerius de Gusencia Iudex Catanzarii qui supra
subscripsi.
f Ego Robertus Filmaynardus miles de Catanzario qui
supra.
•J- Ego Bartholomeus de domino Baldo de Catanzario
qui supra.
f Ego Gualterius Filmaynardus de Catanzario qui supra.
f Ego Gofridus Franciscus de Catanzario dictus ludex
qui supra subscripsi.
f Ego Matheus de Matheo qui supra.
■j- Ego Nicholaus de Magistro lacobo qui supra.
-j- Iohannes de Iohannicio qui supra.
f Ego Gualterius Micro qui supra.
f Ego Marcus Guliotus dictus Iudex qui supra.
•j- Ego Iohannes de Archipresbitero qui supra publicus
notarius civitatis Gatanzarii presens scriptum scripsi et sub-
scripsi.
Dalla pergamena di n. 487 del Re Pietro, conservata nell'Arch.
della Cor. di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 203 e seg. ne fornisce
un sunto, nel quale incorre in vari equivoci, perchè dice che la
tregua avvenne « per opera di alcuni religiosi » soltanto, mentre
sono nobili e religiosi, trascrive Galcerando di Castiglione invece
di Cartelliamo, menziona un « Legato pontificio», che è piuttosto
appellato Legatus regis, e indica «Baiulo, ossia tutore», il Conte
d'Artois, che è Balio ossia governatore e non tutore di alcuno.
— 185 — (1285)
Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 66, 101 e 103 offre vari cenni sul
Conte Ruffo e su questa tregua.
Conviene rilevare nel documento l'indicazione degli anni del
Baliato del Conte di Artois, la dignità del Re di Aragona, cioè
di Pietro , che non viene menzionato col nome di Re di Sicilia
dai fedeli angioini, i titoli che usava il de Cartelliano , sicut se
consuevit scribere , per la sua potestà in Sicilia ed in Calabria
nel tempo della guerra e delle conquiste nel continente, e la di-
stinzione degli abitanti di Catanzaro in Gallici seti Latini, cioè
Provenzali o naturali dei luoghi.
Il Re Carlo I elevò il Conte Ruffo al grado di «Capitano ge-
nerale a guerra del Giustizierato di Calabria, cioè dalla porta di
Roseto fino al Faro » a 27 luglio 1284. Cfr. Mixieri - Riccio , Il
regno di Carlo I oVAngiò da gennaio 1284 a dicembre 1285 (nel-
T Arch. Stor. Bai. , serie IV , t. VII , 1881 , pag. 23). A questo
Conte Ruffo aveva il Re Pietro scritto in febbraio 1283 per esor-
tarlo a liberarsi dal dominio angioino in terraferma (Carini, De
rebus, pag. 479 e seg.).
Della potestà di Balio affidata a Roberto è esplicito ricordo in
un documento del 6 gennaio 1285 del Re Carlo I, « cum in regno
nostro presens habeat et habere valeat satis plenam plenitudi-
nem», durante la prigionia del figlio Carlo II. Minieri -Riccio,
Saggio di Codice diplomatico. Napoli, 1878, voi. I, pag. 213. Deve
qui notarsi che Giannonb, Storia civile del regno di Napoli. Mi-
lano, 1821, voi. V, pag. 355 osserva che il Re di Francia, Filippo,
inviò a Napoli il figlio Roberto, Conte di Artois, « dubitando che
la compagnia del Legato con una donna ed un fanciullo non re-
casse pregiudizio alle supreme regalie del Principe. . . Con tutto
ciò per lo bisogno che s'aveva allora del Pontefice, e per l'accu-
ratezza del Legato, non ne fu questi escluso».
In tate documento della tregua sono menzionati la Contessa,
moglie di Pietro Ruffo, ed il fratello di costui, a nome Giovanni,
che doveva giurare la tregua sino a 24 giugno. Come è detto in
fine, il documento conteneva i sigilli del Conte Ruffo e del Ca-
pitano de Cartelliano. Quest'ultimo è ricordato nei Capitoli del-
l'officio del Secreto di Sicilia del 1310, pubblicati nel mio lavoro
Le Pandette delle gabelle regie, antiche e nuove, di Sicilia nel se-
colo XIV. Palermo, 1906, pag. Ili lin. 17 «... et in terris, que
fuerunt quondam nobilis Guillelmi Galcerandi de Cartelliano, et
(1285) — 186 —
terra Salem, Gonradum Calandanum militein, habitatorem Sacce...
loco tui... duximus statuendos » ecc. I nomi di coloro, che giu-
rano col de Gartelliano, sono evidentemente siciliani e catalani.
XOI.
1285, giugno 27, indizione 13\ Palermo
Inchiesta fatta da Giacoma de Milite, Maestro procuratore del
regno di Sicilia al di qua del fiume Salso, in seguito ad ordine
regio, intorno le immunità commerciali dei Genovesi nell'isola.
Tale documento è ricordato nella sentenza del 2 aprile, 9a in-
dizione , 1311 , emanata da Corrado Lancia di Gastelmainardo ,
Maestro razionale della Magna Curia, sur un reclamo del Console
dei Genovesi in Palermo circa il pagamento di tasse nell' immis-
sione di merci per terra ed estrazione per mare. La suddetta sen-
tenza è trascritta nel Codice del sec. XIV della Bibl. Universi-
taria di Cagliari , e fu pubblicata da Sella , Pandetta delle ga-
belle di Messina (in Miscellanea Stor. Ital., t. X, 1870, pag. 87
e seg.).
Riferisco le parole, nelle quali trovasi la menzione della in-
chiesta, cioè: «Quia nobis constitit.... eciam per inquisicionem
de hiis a [corr. et] similibus factam olim in civitate predicta
[Panormij anno domini MCGLXXXV0, mense iunii, XXVII0 eius-
dem, XIIP indicionis, per quondam dominum Iaconiam de Milite,
regium Secretarium et Magistrum procure [corr. procuratorem]
Sicilie citra flumen Salsum, de mandato regio sibi propterea per
licteras destinato » .
Una inchiesta intorno alle franchigie doganali dei Genovesi
era stata nel medesimo anno eseguita , come rilevasi dal docu-
mento dell'Infante Giacomo del 21 marzo 1285 (cfr. doc. n. LXVI).
È da notare però che quelP inchiesta fu formata dai notari e cre-
denzieri della dogana di Messina e da alcuni probi uomini , ed
invece questa del De Milite avvenne in Palermo, con particolare
incarico, e probabilmente per il ripetersi di nuove molestie fiscali
— 187 — (1285)
contro i Genovesi. L' espressione de hiis et similibus dimostra
che la nuova inchiesta eseguita dal De Milite riguardava non solo
il caso di pagamento di terza parte di tassa di dogana per im-
missione ed estrazione (Orlando, Un codice di leggi e dipi. cit.
pag. 108), ma anche la definizione di altre controversie. Il man-
dato regio sarà stato certamente dell'Infante Giacomo.
La famiglia De Milite è nota in Sicilia sin dal 1282 , perchè
Bartolotto de Milite fu uno dei Consiglieri della repubblica sici-
liana di quel tempo in Palermo (Gfr. Amari , 9a ediz. , voi. I ,
pag. 200). Si hanno altresì ricordi di Giovanni e Rinaldo de Mi-
lite negli anni 1317 e 1326 (Bozzo, Note stor. sicil. del sec. XIV,
pag. 439 e £49). Gli eredi di Matteo de Milite ed Orlando de Mi-
lite avevano feudi in Sicilia, durante il regno di Federico II ara-
gonese (Gregorio, Bibl. Script, arag., t. II, pag. 468, 469).
XOII.
1285, giugno 30, Barcellona
Il Re Pietro I ordina a Berengario de Vilardello di ricevere
nella propria nave, col pagamento del nolo per il viaggio, P. E-
neci che si reca in Sicilia per servizio regio e dell'Infante Gia-
como.
Berengario de Vilardello. Gum P. Eneci proponat tran-
sfretare ad partes Sicilie ad servicium nostrum et Infantis
Iacobi , sciatis quod volumus et placet nobis quod ipsurn
recolligatis in navi vestra, que nunc itura est ad dictas par-
tes , ips*o solvente vobis naulum suum prò passagio suo
[Datum Barchinone, 11° kalendas iulii 1285].
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 140 , nell' Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
La data, che manca , si desume dal documento precedente e
dall'altro che segue nel registro.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 90 dà un breve sunto.
(1285) — 188
xeni.
1285, luglio 15, Barcellona
Il Re Pietro I avverte i Maestri Portolani del regno di Si-
cilia affinchè permettano ai mercanti di Barcellona, che ottennero
la licenza (prima dell'ordine di proibizione) ed a quelli che ora
si recano in Sicilia con la nave di Pietro de Prunariis, di estrarre
frumento ed orzo dall' isola per portarlo in Barcellona, pagando
però il dritto di estrazione ed altro consueto.
Magistris Portulanis regni Sicilie. Licet mandaverimus
et prohibuerimus vobis per Jiteras nostras ne per aliquos
mercatores , seu habitatores Barellinone permicteretis ex-
trahi frumentum, vel aliquod genus biadi de partibus Sici-
lie anno presenti, nunc ad supplicacionera proborum homi-
num Barellinone concessimus et mandamus vobis quatenus
mercatores et habitatores diete civitatis ante dictam prohi-
bicionem nostrani in ipsis' partibus existentes , necnon et
istos mercatores euntes in presenti viatico ad partes ipsas
in navi Petri de Pruneriis, permictatis extrahere frumentum
et quodlibet aliud genus biadi de partibus Sicilie, afferen-
dum ad partes Barchinone, prohibicione nostra predicta in
aliquo non obstante, ipsis tamen mercatoribus seu habita-
toribus solventibus ius exiture et alia iura , que prò ipso
biado solvere in ipsis partibus teneantur. Datum Barchi-
none Idus Iulii [1285].
Dal reg. 57 del Re Pietro a fol. 153, nell'Arch. Cor. Arag. in
Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le BibL, voi. II, pag. 94 ne offre un sunto
alquanto esteso.
Il divieto di estrazione di frumento era stato imposto dal Re
a 3 giugno dello stesso anno (cfr. doc. n. LXXXII). La revoca
parziale di quel provvedimento si scorge essere avvenuta « ad sup-
plicacionem proborum nominimi Barchinone », cioè del magistrato
— 189 — (1285)
municipale. Il De Prunariis o Pruneriis è ricordato pure nel do-
cumento del 29 maggio (n. LXXVII).
XOIV.
1285, luglio 31, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina ai Maestri Portolani di Sicilia di per-
mettere a de Molleto, di Barcellona, la libera esportazione da qua-
lunque porto dell'isola di salme 431 di frumento od orzo, da re-
carsi in Catalogna, essendo stato pagato il diritto competente per
l'estrazione.
Altre lettere per Filippo de Villasecca per salme 431, per B.
Fiviller per salme 673 e per Giacomo Dalmazzo per salme 813.
Il diritto di estrazione importa soldi di Barcello'/ta 18784 , la
qual somma era dovuta dal Re a vari mutuanti in Genova
per diversi debiti e spese della sua nave maggiore, che sono stati
in tal modo soddisfatti.
Simili lettere all'Infante Giacomo.
Petrus Dei gracia etc. Magistris Portulanis Sicilie fideli-
bus suis graciam suam et bonam voluntatem. Gum P. de
Molleto civis Barellinone emerit a Curia nostra exituram
frumenti quadringentarum triginta unius salmarum ad ge-
neralem mensuram, extrahendarum de insula Sicilie et af-
ferendarum ad partes Catalonie, vel ordeum ad extimacio-
nem dicii frumenti secundum consuetudinem Sicilie, et de
precio sive iure diete exiture sit per dictum Petrum nostre
Curie satisfactum , fìdelitati vestre precipiendo mandamus
quatenus permictatis eumdem Petrum , vel nuncium aut
nuncios suos, extrahere de quocumque seu quibuscumque
portubus Sicilie, ad extraccionem victualium deputatis , in
uno vel pluribus vassellis , predictas CCCC.XXXJ. salmas
frumenti , vel ordeum si maluerit , ad extimacionem dicti
frumenti vel partis ipsius frumenti, absque omni iure exi-
■ /
(
L
(1285) — 190 —
ture, non exacta eciam ab eo de afferendo dicto frumento
vel ordeo ad partes Gatalonie, cum nobis cautum sit, iura-
toria vel alia caucione. Super hiis autem non faciatis dicto
mercatori impedimentum aliquod, nec fieri permictatis, cum
nos promiserimus sibi restituere dampna et dispendia , si
qua eum vel nuncios suos contingat subire prò vestri im-
pedimento, negligencia seu defectu ; de quibus dampnis et
dispendiis, si per vos evenerint , vestris humeris incumbe-
mus. Caventes preterea ne pretextu presencium maior, vel
alia victualium quantitas, seu quoque prohibita, in fraudem
nostre Curie extrahantur, sicut inde cupitis ipsi Curie non
teneri et penarum periculum evitare. Datum Barchinone ij°
kalendas augusti, anno Domini millesimo CCLXXX0 quinto.
Similis fuit facta ad dictos Magistros Portulanos prò
Philippo de Villasicca de quadringentis triginta una salma.
Similis fuit facta ad dictos Magistros Portulanos prò R.°
Fivillerii de sexcentis septuaginta tribus salmis.
Similis fuit facta ad dictos Magistros Portulanos prò la-
cobo Dalmacii de octingentis et tresdecim salmis , excepto
quod non fuit in bac facta mencio de ordeo.
Que omnes salme frumenti predicte sunt in summa duo
millia trescente quadragintaocto. Que fuerunt vendite dictis
mercatoribus ad racionem quatuor tarenorum prò iure exi-
ture, et duorum solidorum prò tarino, et ipsarum parcium
ad dictam racionem est novem millia tres centi XC duo
tareni ; et valent ad racionem predictam de duobus solidis
prò tarino decem et octo millia septingentos octoginta qua-
tuor solidos Barchinone.
Quam pecuniarum summam dictus Rex debebat dictis
mercatoribus , qui eam per quantitates predictas mutuave-
rant in Ianua prò solvendis debitis et faciendis expensis
navis sue maioris, de quibus debitis et expensis fuit facta
racio coram Petro de Libiano, et recuperavit cartas dicto-
rum debitorum et tenet cartoraJium diete navis, continens
dictas expensas per minutum et totum compotum navis
ipsius, et dominus rex posuit eis in solutum dicti debiti
- 191 — (1285)
dictam summam pecunie, prò qua eis vendidit exituram
diete quantitatis frumenti.
Super hac materia fuit scriptum domino Infanti Iacobo
quod non permictat dictos mercato res impedire super dicti
biadi extraccione. Datum ut supra.
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 173 , nell' Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 99 e 100 ne dà il
sunto, lasciando però incompleto (P. di Mol. . . . ) il nome del
de Molleto.
Questo documento è notevole per il ricordo degli usi commer-
ciali della considerevole e frequente estrazione dei frumenti dalla
Sicilia, poiché vi si rinvengono le indicazioni della salma ad ge-
neralem mensuram vigente nell' isola , del prezzo del frumento
«ad extimacionem secundum consuetudinem Sicilie», dei porti
destinati all'estrazione delle vettovaglie , delle cauzioni con giu-
ramento che dovevano prestarsi per il trasporto al luogo deter-
minato, ed altresì del prezzo di quattro tari a salma per l'estra-
zione del frumento, che viene calcolato a due soldi barcellonesi
per ogni tari, secondo il valore della moneta.
Deve pure rilevarsi il ricordo del cartoralium navis , o gior-
nale di bordo , che conteneva l'elenco ossia il conto delle spese
per minutum. La voce cartoralium manca in Ducange , e vi è
registrata soltanto quella di chartularium e per significato in parte
diverso.
Il nome di Pietro Libiano è abbastanza conosciuto, perchè a
26 aprile 1282 a lui fu affidata la sorveglianza sui pescatori di
Valenza, che non recavansi all'armata (Carini, cit., pag. 13), e
nel 1283 la cura per conti e pagamenti di navi in Sicilia (Carini,
De rebus, pag. 248, 561), ed egli a 25 novembre 1285 fu testimone
nell'atto solenne di difesa promessa dall'Infante Alfonso in Ma-
iorca al fratello Giacomo ed al regno di Sicilia , e nell' altro di
nomina dell'Ammiraglio Loria per ricevere simile giuramento da
Giacomo per l'Aragona. Tali due ultimi documenti sono stati pub-
blicati da me nélY Attuari (1908) del Vlnstitut d'Estudis catalatts.
Barcelona, 1909, pag. 347 e 348.
(1285) — 192
xov.
1285, agosto 1, Barcellona.
Il Re Pietro I annunzia ai Secreti di Sicilia che, avendo bi-
sogno di non poca quantità di vettovaglie per sussidio dell'eser-
cito contro i nemici, che hanno già invaso la Catalogna, trasmette
Berengario de Conques per acquistarne in Sicilia, ed ordina per-
tanto che sia al medesimo Berengario permessa con la nave « Bo-
naventura » la libera estrazione, senza il pagamento del diritto di
dogana od altro.
Simile lettera ai Maestri Portolani. — Altra all'Infante Gia-
como perchè aiuti Berengario, dal quale conoscerà lo stato di sa-
lute del Re e le condizioni nelle quali si trova la Catalogna. —
Altra a Giovanni da Procida.
Petrus Dei gracia etc. Secretis Sicilie fidelibus suis gra-
darci suam et bonam voluntatem. Quia prò sustentacione
equitum et clientum nostrorum, quos prò defensione regno-
rum nostro rum ac hostium repulsione, qui terram nostram
illicite aggredì iam ceperunt, in Barchinona congregari ius-
simus, non modica quantitate victualium indigentes, Beren-
garium de Conques familiarem et fidelem nostrum ad par-
tes Sicilie prò emendis victualibus, et ad civitatem Barchi-
none afferendis , duximus transmittendum; fidelitati vestre
firmiter et districte precipiendo mandamus quatenus eum-
dem Berengarium , aut nuncium vel nuncios suos , a quo-
cumque seu quibuscumque portubus Sicilie in navi nostra
vocata Bonaventura, seu in quocumque vel quibuscumque
aliis vassellis elegerit, extrahere libere , et sine aliquo iure
dohane, vel solucione granorum portuum custodibus debi-
torum, aut alia quacumque exactione, absque molestia per-
mictatis illam seu illas, quas extrahere voluerit, victualium
quantitates, non quesita eciam ab eo vel nunciis suis de
— 193 — (1285)
afferendis Barchinonam victualibus ipsis, cum nos inde cauti
simus, iuratoria vel alia caucione. Significaturi nobis per li-
teras vestras quantitatem seu quantitates victualium ipsorum,
que et in quibus vassellis , et a qnibus portubus extracta
fuerint, et quibus temporibus particulariter et distincte. Ca-
ventes actente ne dictus Berengarius de mora sui reditus
cum dictis victualibus, si forsan accideret per vestrum de-
fectum seu negligenciam, se valeat excusare, sicut inde non
cupitis nostre celsitudini displicere. Datum Barchinone, ka-
lendis Augusti, anno domini M° GGLXXX quinto.
Simili modo scripsimus Magistris Fortulanis quod sine
aliquo iure exiture permictant etc.
Super hac materia scripsimus domino Infanti lacobo
quod in predictis prestet dicto Berengario favorem, addito
quod de statu domini regis et terre liuius poterit per eum
certifìcari, cui super hoc credat etc.
Super hac eciam materia fuit scriptum lolìanni de Pro-
cida quod in premissis assistat dicto Berengario Consilio et
auxilio opportunis.
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 173 r. nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arai, e le Bibl. , voi. Il , pag. 100 dà un breve
sunto, riferendo alcune parole dell'inizio del documento.
Amari, 9. ediz., voi. II, pag. 137 lo ricorda appena con que-
sto cenno: «e mandò [il Re Pietro] addirittura una sua propria
nave a caricare grano nell'isola».
Riesce evidente da tale ordine regio quanti aiuti apprestasse
la Sicilia alla Catalogna per fornimento di uomini e di vettova-
glie in quel tempo. Il pericolo dell'invasione delle milizie del Re
Filippo di Francia, e la necessità di prepararsi al combattimento
erano stati manifestati dal Re Pietro a 28 luglio (Carini , cit. ,
pag. 98). Quei fatti narra distesamente il cronista D'Esclot (ediz.
Buchon, Chroniques étrangères, pag. 715 e seg., cap. CLIX, che
dice : « Quant lo rey d'Arago hac estat lonch temps en la ciutat
de Barcelona, segon que d'amunt es dit , e hac ordenat sos fets
per mar e per terra , hac en volentat de anar eli personalment
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 13
(1285) — 194 —
vers Gerona e de donar als Francesos batalla, si les sues gents
pogues repiegar». Gfr. pure l'ediz. Cronica del Bey En Pere data
da Ioseph Gorolbu, in Barcelona, 1885, pag. 329.
Notevole è la menzione del diritto dei grani dovuto ai custodi
dei porti, e delle lettere nelle quali si registravano le vettovaglie,
che estraevansi , per quantità , luogo e tempo , particulariter et
distincte. Dall'indicazione contenuta nella lettera all'Infante Gia-
como si rileva che il de Conques doveva informarlo di tutto quanto
avveniva in Catalogna. L'altra diretta al Procida mostra che di
consueto nei più ardui affari era richiesto il suo consiglio. Il de
Conques doveva pure trasportare pece e catrame, come si dice nel
documento che segue.
XCVI.
1285, agosto 1, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina ai custodi dei porti e delle spiaggie di
Sicilia che, se Berengario de Conques venderà in tutto od in parte
la pece ed il catrame (che egli porta in Sicilia con la nave della
Corte, detta Bonaventura) a persone che vorranno estrarre quelle
merci dall'isola, ne permettano l'estrazione, però con la cauzione
di non portarle a luoghi di nemici.
Petrus etc. Custodibus portuum et maritime Sicilie , ad
quos etc. Fidelitati vestre precipiendo etc. quatenus si Be-
rengario de Conques familiaris et fìdelis noster vendiderit
personis , volentibus extrahere de insula Sicilie et deferre
extra regnum picem et quitranum , quam et quod dictus
Berengarius portat ad partes ipsas in navi Curie nostre vo-
cata Bonaventura, vel partem diete picis et quitraminis, per-
mictatis ipsam picem et quitranum extrahi de insula Sici-
lie per emptores ipsorum, recepta prius ab ipsis emptoribus
sufficienti et idonea caucione quod ipsam picem et quatra-
num non deferant ad aliquas partes , seu loca inimicorum
nostrorum, ne inimici nostri rebus ipsis contra nos valeant
se iuvare. Datum ut supra [kalendis augusti, 1285].
— 195 — (1285)
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 173 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arai, e le Bibl. , voi. Il, pag. 100 lo indica sol-
tanto così : « Simili [lettere] ai Custodi dei porti e delle marine
di Sicilia » , mentre qui l'oggetto della lettera è ben diverso dal
precedente, trattandosi di pece e catrame , e non di vettovaglie.
È degna di nota l'espressione : « ne inimici nostri rebus ipsis
contra nos valeant se iuvare » , per impedire il contrabando di
guerra. La forma quitranum manca in Ducange, che riporta quella
di catranum.
xovn.
1285, agosto 11, S. Celedonio.
Il Re Pietro I ordina ai baroni ed ufficiali di non recare per
otto giorni alcuna molestia ad A. Galaart , P. de Alamanno e
Adamo tesoriere del Principe di Salerno, nell'occasione della loro
ambasceria per parte del suddetto Principe.
Baronibus , militibus , peditibus , officialibus et subditis
nostris aliis universis, ad quos presentes pervenerint. Man-
damus vobis quatenus A. Galaart , P. de Alamanno et A-
dam , thesaurarium illustris Principis Salerni , qui ad nos
venerunt cura legacione dicti Principis, familiam, equitatu-
ras vel res eorum, eundo scilicet, stando et redeundo, non
offendatis nec offendi ab aliquo permictatis, set eisdera gui-
datis et assicuratis a nobis provideatis de securo transitu
et ducatu. Presente autem guidatico elapsis octo diebus, a
confectione presencium continue computandis, minime du-
raturo. Datum apud Sanctum Celedonium III0 idus Augu-
sti [1285].
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 182 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 101 , dà un breve
(1285) — 196 —
sunto ; ma aggiunge per equivoco la parola milite ad Alamanao
(corr. Alamanno), e trascrive « Tesoriere », quasi fosse cognome
di Adamo, seguito in ciò dall' Amari.
Su quei fatti dell' ambasceria mandata dal Principe , e su i
maneggi che avvenivano intorno la sua prigionia, si veda Amari,
9a ediz., voi. Il, pag. 151 e seg. , ed inoltre il documento sopra
riferito al n. LXXVIII.
XOVITI.
1285, agosto \% S. Celedonio.
Il Re Pietro I avverte la Regina di ritenere come scusato A.
Galaart se non tornerà prigione in Sicilia nel tempo stabilito, poi-
ché è stato prolungato al medesimo il termine per presentarsi.
Simili lettere all'Infante Giacomo ed a Loria.
Domine Regine. Noveritis nos elongasse ob causarci A.
Galaart ab homagio et promissione, quibus se obligavit, de
redeundo ad capcionem nostram in partibus Sicilie, donec
nos ei mandatum fecerimus super eo ; unde si forte ipse
non redierit ad capcionem predictam termino, quo se redi-
turum obligavit, habeatis ipsum excusatum, donec ut dictum
est , ei mandatum aliud super hoc duxerimus faciendum.
Datum apud Sanctum Geledonium ij° Idus Augusti [1285].
Similis Infanti lacobo. — Rogerio de Loria.
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 182 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 101, riporta un sunto
di tale lettera.
11 Galaart aveva ottenuto il salvocondotto con il documento
anteriore. Si rileva da quest'altro ordine, speciale per lui, che sia
stato un provvedimento richiesto dalle difficoltà che sorgevano
per quell'affare, come nota Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 152.
197 — (1285)
XOIX.
1284 settembre a 1285 agosto, indizione 13a.
L'Infante Giacomo, ^Luogotenente generale del Re, in seguito
alla lettera del suo genitore Pietro diretta alla Regina ed a lui,
concede con sue lettere (tantum modo nostris licteris destinatis) al
milite Guido Talac il casale di Arcudaci , sito nel territorio di
Monte S. Giuliano, con tutti i dritti e pertinenze, a beneplacito
regio e di lui stesso.
Questo documento dell'Infante Giacomo è ricordato in altro di
lui del 27 maggio 1286 , indizione 14% anno primo del regno di
Giacomo (Vedi appresso il doc. di tale data), col quale conferma
in perpetuo a Guido Talac e suoi eredi il casale di Arcudaci ,
perchè l' Infante aveva per quella concessione destinato soltanto
sue lettere, e non un privilegio, secondo le norme della Cancel-
leria regia.
Si trova il documento del 1286 nel reg. 4 , an. 1413-39 della
Conservatoria di registro (Mercedes) a fol. 629, e nel reg. 701, a
fol. 178 r. (Arch. di Stato di Palermo). Se ne ha pure copia nel
voi. ms. Qq. G. 1, fol. 187 r. e nell'altro Qq. G. 4, fol. 36 r. (Bibl.
Goni, di Palermo).
Conviene qui riferire quanto concerne la menzione delle lettere
del 1285 del Re Pietro e dell'Infante Giacomo. Vi si dice : « Quod
cum olim infra annum terciedecime indicionis nuper preterite ad
literas illustris domini regis Aragonum et Sicilie domini patris
nostri, dare memorie, tunc illustri domine regine domine matri
nostre et nobis proinde directas, sibi [al Talac] liberaliter et gra-
ciose concessimus Casale Arcudachii, situm in tenimento Montis
Sancii Iuliani, cum omnibus iuribus et pertinenciis suis, usque
ad beneplacitum illustrium dominorum parentum nostrorum vel
nostrum, super hoc sibi tantummodo nostris licteris destinatis ,
et privilegio aliquo a nostra Curia non obtento».
Il Talac era armigero insieme con Perrono di Caltagirone, co-
me si ricava dal documento del 19 aprile 1283 (Carini, De rebus,
pag. 656), e dall'altro del 4 giugno 1284 (Vedi sopra, n. L). Del
(1285) — 198 —
casale di Arcudaci si ha il ricordo nel Regesto svevo del 1239
(G arcani, Constitutiones regni Siciliae, Neapoli, 1786, pag. 269),
e in alcuni doc. del 1282 e 1283 (Carini, op. cit., pag. 11 e 364).
Varie notizie su quel casale offre il P. Giuseppe Gastronovo ,
Erice oggi Monte San Giuliano in Sicilia. Palermo, 1873, voi. I,
pag. 159.
c.
1285, settembre 19, Darnils.
Il Re Pietro I avverte il Baiulo di Amposta di avere permesso
a Pericono Disona, cittadino di Lerida, di estrarre per mare e
condurre in Sicilia cinquecento sporte di pece, ed ordina al me-
desimo Baiulo di non recare impedimento all'estrazione , dopo
che egli avrà ricevuto idonea sicurtà dal Disona di non portare
la pece altrove.
Petro lordani, baiulo Emposte. Noveritis nos concessisse
licenciam Perecono Disona, mercatori et civi Ilerdensi, ex-
trahendi per mare et portandi apud Siciliam quingentas
esportas de pegunta. Quare mandamus vobis quatenus re-
cipiatis ab eo fìrmam et idoneam cautionem quod predi-
ctam peguntam portet sive mittat apud Siciliam, et non alibi,
et quod teneatur aportare et ostendere vobis albaranum
illustris domine Regine, karissime consortis nostre, vel In-
fantis Iacobi, quod dictam peguntam portaverit sive mise-
rit apud Siciliam, quod quidem albaranum teneatur osten-
dere per totum mensem Aprilis primo venturum ; et re-
cepta ab eo huiusmodi cautione, permitatis ipsum extrahere
per Empostam peguntam predictam usque ad dictam quan-
titatem, et super ea extrahenda nullum impedimentum vel
contrarium eidem fieri permitatis , et retineatis ab eo pre-
sentem litteram, ut de ea possitis nobis reddere rationem.
Datum in parrochia de Darnils , XIII0 kalendas octobris
[1285].
- 199 — (1285)
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 203 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 104 offre un sunto,
e trascrive Perono invece di Pericono.
Il Disona doveva per garenzia della Corte esibire l'attestazione
della Regina o dell' Infante Giacomo « quod dictam peguntam
portaverit si ve miserit apud Siciliani » . Tale ordine aveva per
iscopo di evitare che pervenisse ai nemici quella materia desti-
nata ad usi di guerra. Amposta è un comune nella provincia di
Tarragona.
CI.
1285, ottobre 10, Barcellona.
Il Re Pietro 1 ordina a Rodrigo Eximeni , procuratore del
regno di Valenza , di non recare impedimento a Pericono Cer-
dano, abitante di Valenza, che estrae per mare pece, olio, sparto,
carta, zoccoli e riso per portarli in Sicilia. Lo avverte di richie-
dere la sicurtà di 500 moraboiini alfonsini d'oro, e V attestazione
della Regina e dell'Infante Giacomo.
Roderico Eximini , procuratori regni Valencie vel eius
locumtenenti salutem. Noveritis nos concessisse de gratia
speciali Pericono Cerdani, vicino Valencie, quod possit ex-
trahere per se , vel per alium , de regno Valencie quadra-
ginta quintalia de pice, et centura iarras de oleo, et centura
cestos de esparto , et centum quinquaginta palomeras de
esparto, et triginta caxias de papiro , et centum duodenas
de esclops , et XL pondera de arrocio , et ipsa [per mare]
portare seu portari tacere ad partes Sicilie. Quare manda-
mus vobis quatenus, recepta per vos ab eo securitate ydo-
nea per quingentos morabatines auri aifonsinos quod pre-
dieta omnia portet per se vel per alium ad partes Sicilie
predictas et non alibi, et quod hinc ad festum Peutecostes
proxime venturum atulerit albaranum ab illustri domina
(1285) — 200 —
Regina consorte nostra, vel ab Infante Iacobo fìlio nostro,
continens quod predicta porta'verit ad partes Sicilie predi-
ctas, quod quidem albaranum nobis vel scribanie nostre vo-
bis constiterit presentasse , permitatis ipsum , et quem vel
quos voluerit loco sui , extra here res predictas de regno
Valencie , et nullum in eo hnpedimentum vel contrariuin
faciatis. Datum Barellinone, XV kalendas novembris [1285].
G. Scriba repositarius.
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 214 r., nell'Aron. Cor. Arag.
in Rarcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl. , voi. II , pag. 107, dà un sunto
alquanto esteso, anco per la distinzione della quantità delle merci.
Riferisce come dubbia la parola cestos del testo , mentre essa è
voce sicura catalana.
Sono degui di nota la parola vicino derivata dal catalano vicin,
abitante , ed il ricordo delle monete di morabotini e della scri-
bania regia, od ufficio di cancelleria.
Da questo e dal documento precedente riesce chiaro che in Si-
cilia si avea allora urgente bisogno di provviste di guerra per
reprimere sommosse.
CU.
1285, ottobre 18, Barcellona.
Il Re Pietro I fa una dichiarazione di debito (albaranum de-
biti) di 300 soldi barcellonesi in favore di Alaimo da Lentini per
suo assegno del mese di agosto, e di altri 1680 soldi sino al 12
del mese presente, da pagarsi nella prossima festa di S. Andrea
{cioè a 30 novembre).
Trovasi nel reg. 58 del Re Pietro, a fol. 63 r. nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona.
Fu pubblicata da Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 120
e seg. Aggiunge però egli in fine queste parole : « Este pago lo
hizo de orden del Rey, Muce de Portella», che non sono nel re-
gistro.
— 201 — (1285)
Olili
1<M>, ottobre 18, Barcellona
II Re Pietro I fa una dichiarazione di debito di soldi barcel-
lonesi 540 per assegno del mese di agosto in favore di Adinolfo
di Mineo, e di altri 735 soldi sino al 12 del mese presente.
Item fecimus albaranum debiti Adinolfo de Mineo de
quingentis quadraginta duobus solidis barchinonensibus ,
qui sibi debentur de quitacione sua mensis augusti proxime
preteriti, et de septingentis triginta quinque solidis barchi-
nonensibus , qui restant sibi ad solvendum de quitacione
sua usque ad* diem veneris duodecimam diem , in introitu
presentis mensis octobris, quos denarios promisit dominus
Rex solvere in primo venturo ffestoj Sancti Andree. Data
Barchinone , XV0 kalendas Novembris [1285]. Bernardus
Scriba.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a Ibi. 63 r., nelFArch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 121, ne dà il sunto
alquanto indeterminato.
Si rileva dal documento n. LXXVIII sopra riferito che Alaimo
da Lentini era stato mandato in Barcellona ab subeundum indi-
cium. Adinolfo di Mineo era il suo presunto complice nella con-
giura. Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 89 nota 2, nel riportare quasi
con le -stesse le parole il contenuto del precedente documento, ed
il sunto di questo osserva : « Sia buona coscienza e amor del giu-
sto, sia timore di destar più pericolosi movimenti in Sicilia , il
Re fece pagare in Barcellona larga pensione ad Alaimo ed al suo
nipote Adenolfo di Mineo».
(1285) — 202
OIV.
1285, ottobre 22, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina a Bernardo Scriba di pagare all'ammi-
raglio Ruggiero Loria onde di oro 1400 per lo stipendio di un
mese ai corsari, che vennero con lui dalla Sicilia.
Bernardo Scriba quod solvat et compleat Rogerio de
Loria mille et quadringentas uncias auri prò solucione fa-
cienda de uno mense corsariis , qui cum eo venerunt in
galeis, quas adduxit de partibus Sicilie. Datum Barchinone,
X kalendas novembris [1285]. P. de Sancto Clemente.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 81, nell'Arch. Cor. Arag. in
Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II, pag. 122 , dà un sunto
del documento, e poscia con l'indicazione (ivi) ne riferisce il breve
testo, quasi altro documento, con data inesatta del 23.
Credo utile, anche per l'anomalia di tale inserzione, di ripor-
tare quell'ordine con qualche variante nella lezione. Il Loria in-
sieme all'armata era arrivato dalla Sicilia in Barcellona a 24 a-
gosto , in seguito alle insistenze del Re , come riferiscono i cro-
nisti, Cfr. Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 142 e seg. Quei corsari
stipendiati erano gente di mare , adoperata per andare in corso
contro i nemici.
oy.
1285, ottobre 24, Barcellona.
Il Re Pietro I scrive all' Infante Giacomo , manifestandogli
che ha permesso a Bartolomeo de lo Legale ed al figliuolo suo
Giovanni, abitanti di Castrogiovanni, di tornare salvi in Sicilia,
e di dimorare in qualunque luogo, tranne in Castrogiovanni, e
provvedere secondo il diritto sui loro beni. Vuole pertanto che non
sia recato ai medesimi alcun ostacolo.
Infanti Iacobo. Sciatis quod nobis placuit quod Bartho-
lomeus de lo Legale et Iohannes fìlius eius, fideles homines
— 203 — (1285)
nostri de Castro Iohanne , redeant apud Siciliani salve et
secure , et dum in Castro Iohanne non stent, possint in
quibuslibet aliis locis nostris Sicilie habitare , super bonis
suis et rebus que habent in Castro Iohanne exequentes
ius suum, et de eisdem mediante iusticia ordinantes. Quare
mandamus vobis quatenus dictis Bartholomeo et Iohanni
filio suo super redeundo , ut dictum est , in Siciliani , et
stando ibidem salve et secure, dum in Castro Iohanne non
stent, nullum eis impedimentum vel contrarium faciatis nec
fieri permictatis, [cum] de gracia sibi duxerimus conceden-
dum. Datum Barchinone , IX0 kalendas novembris. R. E-
scorna. *
Dal reg. 57 del Re Pietro, a fol. 224 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arai, e le Bibl., voi. II, pag. 108 e seg. ne dà un
sunto assai conciso , dal quale non si ricava il vero scopo del
provvedimento.
Bartolomeo de Lo Legale insieme a Ruggiero de Mauro dovette
in ottobre 1282 consegnare , per ordine regio , il castello di Ca-
strogiovanni a Rodrigo Eximene de Luna, e fu inoltre permesso
che gli Angioini ed oltramontani, che vi dimoravano, potessero
allontanarsi. Soffrirono poi Lo Legale e de Mauro, da parte del
popolo , la spoliazione dei loro beni per offese commesse contro
il Giustiziere , e vennero sequestrati i beni e iniziata la causa ,
finché in gennaio 1283 fu ordinato di darsi quei beni al de Luna,
e di arrestare Bartolomeo coi figli ed il de Mauro come traditori
per corrispondenza tenuta col figlio del Re Carlo d' Angiò (Cfr.
Carini, De rebus, pag. 78, 115, 232, 302 e 369)
Il nuovo permesso era pertanto una vera grazia, e quasi un
perdono, che il Re Pietro concedeva a Lo Legale, anche con la
facoltà di far valere in giudizio le sue ragioni per i beni.
(1285) — 204
OVI.
1285, ottobre 24, Barcellona.
Il Re Pietro I dichiara di avere ricevuto da Lapo Faciola,
Vicario di Valenza, onde di oro 150 spedite da Lapo Guiandoni
Portolano di Sicilia per acquisto di pece, scope e verghe, ed esatte
dal Tesoriere Bernardo Scriba; e vuole che Matteo di Termini,
Maestro Razionale di Sicilia, annoti tale somma ad introito.
Nos Petrus etc. Recognoscimus et confitemur vobis Lapo
Faciole , Vicario Valencie , quod habuimus et recepimus a
vobis centum quinquaginta uncias auri, quas Lapo fandoni
Portulanus noster Sicilie nobis misit prò emenda pegunta,
scopa et acutis , quas quidem nos non licenciaviraus emi
per vos , sed ipsas uncias recepì fecimus per Bernardum
Scribam fidelem thesaurarinm nostrum. In cuius rei testi-
monium presens vobis fecimus albaranum , sigilli nostri
munimine roboratum , volentes et mandantes quod magi-
ster Matbeus de Tennis , magister racionalis regni nostri
Sicilie, dictas centumquinquaginta uncias recipiat dicto Lapo
in computo receptarum. Datum Barellinone, X° kalendas no-
vembris [1285].
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 114, nell' Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 128 offre un brevis-
simo sunto incompleto.
Il documento è notevole per i sistemi finanziari vigenti allora,
nei rapporti con la Sicilia.
OVII.
1285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I nomina Console in Tunisi, per i fondachi dei
Catalani e Siciliani, F. Maioli, con facoltà di esercitare la giù-
— 205 — (1285)
stizia civile e criminale, di adempire quanto i consoli precedenti
hanno fatto, e di esigere i diritti spettanti alla regia Cprte. Con-
cede altresì al medesimo di poter eligere altri che faccia le sue
veci, e vuole che per lo stipendio ed altre spese si rimetta all'ar-
bitrio regio.
Noverint universi quod nos Petrus Dei gracia Aragonum
et Sicilie rex concedimus et comendamus vobis fideli no-
stro F. Mayoli consulatus nostros Tunicii, videlicet alfundi-
corum Gathalanorum et Siculorum , ita scilicet quod vos
sitis consul dictorum alfundicorum, et possitis exercere ac
exerceatis loco nostri iusticias tam civiles quam criminales,
et generaliter omnia tacere, que alii consules, qui hactenus
ibi fuerunt , exercere et tacere consueverunt , et iura ad
dictos consulatus et aifundicos pertineneia exigere et reei-
pere ac tenere, et ea nobis fìdeliter reservare. Concedentes
vobis quod possitis alium consulenti seu consules in dictis
alfundicis substituere loco vestri, ydoneos tamen et fideles,
qui predicta omnia et singula exerceant et exercere ac fa-
cere valeant loco vestri. De salario autem et expensis, que
in predictis et circa predicta vos tacere oportebit , stabitis
ad arbitriura et voluntatem nostrani. Datum Barellinone VII0
kalendas novembris, anno domini M° GG° LXXX0 quinto.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 114 r. nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 129, ne dà un sunto
alquanto indeterminato , e ricorda impropriamente : « con godi-
mento ,di tutti i dritti » quanto nel testo si legge per gli obblighi
di amministrazione e di esazione di tasse.
Con questo ed i tre documenti, che seguono dello stesso giorno
(n.i CVIII a GX) , il Re provvedeva in modo sicuro su quanto
concerneva il consolato di Sicilia in Tunisi. Per il trattato del
2 giugno 1285, del quale ho dato notizia sopra (doc. n. LXXXI),
era stabilito al § 37 che il Re di Tunisi doveva concedere i fonda-
chi di Sicilia e di Catalogna (los fondecs de Sicilia è de Catalu-
nya) con tutti i dritti consueti, e « quel senyor Rey [Pietro] y meta
consols aquells que volra». La distinzione di fondachi dei Cata-
(1285) — 206 —
lani e dei Siciliani deriva dal trattato del 14 febbraio 1271 con-
chiuso col Re Giacomo I di Aragona, detto il Conquistatore, nel
quale al § 28 fu convenuto « qu' els homens de la terra o de la
senyoria nostra ajen à Tunis un consol o dos, qui demanen tots
lurs drets è lurs custumas en la duana » (Mas Latrib, Traités de
paix et de commerce cit., pag. 283).
Sembra pertanto che fossero nel 1285 in Tunisi i consoli dei
Catalani oltre quelli dei Siciliani. Pervenuti in unico sovrano i
domini dell'Aragona e della Sicilia, Pietro continuò a mantenere
quella distinzione, ma elesse un solo console per i mercanti e sud-
diti di entrambi quegli stati. Tale appare la novità che , con la
nomina del Maioli , avveniva ; e si potrebbe desumere dalle pa-
role : consulibus regnorum nostrorum et Sicilie contenute nel do-
cumento seguente (n. GVII1), che il console dei Siciliani fosse an-
cora quello del tempo angioino, poiché non si conosce altra no-
mina di console fatta anteriormente dal Re Pietro.
Minieri-Riccio, Il regno di Carlo I dal 1275 al 1283 (in Arch.
Stor. Bai., S.e 3a, t. XXIV, 1876, pag. 402) fa esplicito ricordo
di un documento del 28 dicembre 1275 (Reg. ang. 1275 B n. 23,
fol. 77), col quale il Re affidava per un anno, da febbraio 1276
sino a gennaio 1277 l'esazione di « omnia iura, redditus et pro-
ventus, que Curia nostra habet et habere debet in consulatu et
fundico Tunisi!, cum omnibus iustitiis, rationibus et pertinentiis
eorum, cum quibus vendi et concedi consueverunt hactenus pre-
decessoribus suis, prout retroactis temporibus usque in presentem
annum », e ciò in seguito all'incanto ed al bando emanato in va-
rie città più importanti di Sicilia.
Il Re Giacomo, col privilegio del 16 febbraio 1286 (e non 29
luglio 1294, come erroneamenfe si era prima creduto) per immu-
nità a Messina, concedeva per grazia speciale che il console dei
Siciliani in Tunisi fosse un messinese, di elezione regia (Cfr. ap-
presso tra i doc. del 1286).
Yver , Le commerce et les marchands cit. , pag. 136 , nota :
« Selon Camera, Charles I.er aurait mème possedè des domaines
en Tunisie. Aucune justification n'est, il est vrai, apportée à l'ap-
pui de cette affirmation, et la seule propriété royale pourrait bien
ètre précisément ce fondouk, qui appartenait à la Curia, « quem
nostra curia habet in terra Tunisii » (reg. 1275 B, fol. 171)». La
parola alfundicus mostra la provenienza diretta di quel nome dal-
— 207 — (1285)
l'idioma arabo, come ricorda anche per le altre d'indole commer-
ciale, cioè : dogana, gabella, magazzino, sensale, tariffa, 1' Amari,
Storia dei Musulmani di Sicilia. Firenze, 1868, voi. Ili, p. 887,
e pure V. Mortillaro, Idea di un glossario delle voci siciliane
derivanti dall'arabo (in Arch. Stor. Sicil., an. VI , 1881, p. 132
e seg.). L'aveva registrato prima il Ducange, che notò : TJnde vox
videtur arabica.
F. Maioli è noto per l'incarico a lui affidato in Catalogna, in
maggio e giugno 1285, per costringere a venire all'esercito i re-
nitenti ed altresì per fare composizione con essi (Gartni , Gli
Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 123 e seg.).
OVIII.
i
lu285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina ai Consoli dei Catalani e Siciliani in
Tunisi di formare con il nuovo console F. Maioli i conti d' in-
troito dei fondachi , e di consegnare al medesimo quanto spetta
alla regia Corte.
Petrus Dei gracia Aragonum et Sicilie rex fidelibus suis
consulibus alfundicorum Tunicii regnorum nostrorum et
Sicilie, salutem et graciam. Mandamus vobis quatenus com-
putetis de biis, que percepistis et habuistis de iuribus omni-
bus alfundicorum nostrorum , cum fideli nostro F. Mayoli ,
cum n©s dictorum alfundicorum comendaviinus consulatus,
et eidem detis et tradatis loco nostri quecumque nobis tor-
nare habueritis de computis supradictis , alias mandamus
eidem quod vos et bona vestra compellat. Datum Barchi-
none vij° kalendas novembris, anno predicto [1285].
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 114 r. nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 129 ne dà il sunto,
(1285) — 208 —
riportando senza spiegazione la parola alfondici che trova nel
testo.
La parola tornare ha qui il significato di restituire , e così
trovasi registrata in Ducange.
OIX.
1285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro 1 ordina a Bertrando Misuraca di apprestare fa-
vore ed aiuto a F. Maioli, che è stato nominato console dei f on-
datiti dei Catalani e Siciliani in Tunisi, ed altresì di consegnare
in mutuo al medesimo (se occorra) la quantità di denaro neces-
saria per l'acquisto della gabella di Tunisi, secondo i patti con-
tenuti nel trattato col Re di Tunisi.
Petrus Dei gracia etc. Dilecto suo Bertrando de Misu-
raca salutem et dilectionem. Noveritis nos comendasse fi-
deli nostro F. Mayoli , quem una vobiscum ad partes Tu-
nicii destinamus , consulatus alfundicorum nostrorum Ga-
thalanorum et Siculorum Tunicii. Quare mandamus vobis
circa ea , in quibus vestrutn auxilium requisierit , favorem
eidem et consilium impendatis. Preterea cum in paccionibus
initis inter nos et regem Tunicii illustrem contineatur quod
Gathalani habeant gabellanti Tunicii prò precio et denario
quod alii dare vellent, volumus et vobis mandamus quatenus
si ad opus diete empcionis gabelle dictus F. indiguerit pe-
cunia, vos permictatis ipsum percipere et retinere de quan-
titate pecunie , quam vos et ipse recepti estis prò nobis a
dicto rege Tunicii, illam quantitatem quam ad opus empcio-
nis predicte necessariam habuerit, recepto inde ab eo pu-
blico instrumento. Nos enim concessimus dictam quantita-
tem sibi mutuare de gracia speciali , si contingerit ipsum
emere gabellarli predictam. Datum Barellinone vij° kalendas
novembris, anno predicto [1285].
— 209 — (1285)
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 114 r. nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arai, e le Bibl., voi. II, pag. 129 ne offre il sunto.
Conviene notare quanto si rileva dal documento , cioè che il
Misuraca era inviato insieme col Maioli ad partes Tunicii, e che
egli esigeva le somme dal Re di Tunisi dovute al Re Pietro. La
gabella ossia 1' esazione dei dazi , che erano stabiliti in Tunisi,
doveva essere rilevante, tanto che i Catalani, conoscendone gl'in-
troiti, vollero nel trattato del 2 giugno 1285 (cfr. sopra doc. nu-
mero LXXXI) esser preferiti nella concessione di quella gabella
agli altri, anche ai Siciliani. Si legge infati nel § 39 del trattato :
« Item qu'el dit Miralmomeni [cioè il Re di Tunisi] atorg als Ca-
talans, d'avant tots altres homens, la gabela de Tunis à preu cu-
vinent». Capmany, Memorias historicas cit., t. III. pag. 205, nel
ricordare le condizioni principali del trattato, così spiega quella
clausola : « Que la gabela de Tùnez se concediese a los Catalanes
en un regular arrendamiento, con preferencia a otra^ qualquiera
nacion » .
ox.
1285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I annunzia ai mercanti e sudditi del regno di
Sicilia , dimoranti in Tunisi nel fondaco dei Siciliani , di aver
nominato F. Maioli console del fondaco dei Catalani in Tunisi,
con potestà civile e criminale, e vuole che al medesimo prestino
obbedienza.
Simili lettere ai mercanti e sudditi dell' Aragona e di Cata-
logna pure residenti a Tunisi.
Petrus Dei gracia Aragonum et Sicilie rex. Universis
mercato ribus et aliis regni nostri Sicilie fìdelibus nostris in
alfundico Siculorum Tunicii commorantibus graciam suam
et bonam voluntatem. Noveritis nos concessisse et comen-
dasse fideli nostro F. Mayoli consulatum nostrum Cathala-
norum alfundici Tunicii, ut ipse sit consul ibidem, et exer-
G. La Mantia, God. dipi. arag. 14
(1285) — 210 —
ceat per se, vel per substitutum ab eo in dicto alfundico ,
iusticias civiles et criminales, et alia omnia faciat que alii
consules, qui hactenus ibi fuerunt, facere et exercere con-
sueverunt. Quare mandamus vobis quatenus eumdem F.
Mayoli vel substitutum ab eo habeatis in consulem nostrum
alfundici Cathalanorum Tunicii, et eidem tamquam consuli
obediatis, ac respondeatis de omnibus , de quibus consue-
vistis nostro consuli responde re. Datum Barchinone vij°
kalendas novembris, anno predicto [1285].
Similes fidelibus suis universis mercatoribus et aliis ho-
minibus Aragonie et Cathalonie , existentibus in alfundico
nostro Cathalanorum Tunicii salutem et graciam. Datum
Barchinone ut supra.
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 114 r. nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 129 ne dà un sunto.
Il Maioli era console dei Catalani e dei Siciliani, come appare
dal privilegio di nomina (cfr. doc. n. CVII); ma è qui invece in-
dicato soltanto per il grado di console dei Catalani , al quale i
Siciliani devono prestare obbedienza. Sembra che sin d'allora si
mirasse a formare di quel consolato una dipendenza esclusiva
dell'Aragona, oltre il diritto al tributo che si contrastava alla Si-
cilia , e per il quale si protestava dal Re Giacomo con il docu-
mento dell'8 marzo 1287 (cfr. appresso per il testo).
È degno di nota il ricordo delle attribuzioni esercitate dai con-
soli anteriori in Tunisi, «qui hactenus ibi fuerunt» ecc., e del-
l'obbedienza da prestarsi al nuovo console « de omnibus, de qui-
bus consuevistis nostro consuli respondere», le quali parole di-
mostrano la precedente amministrazione tenuta dall'altro console,
che non è indicato per nome.
CXI.
1285. novembre °2, Tarracona.
L'Infante Alfonso di Aragona, primogenito del Re Pietro, ed
emancipato dalla patria potestà per la sua maggiore età, volendo
— 211 — (1285)
eseguire i voti dei suoi genitori, e procurare il vantaggio e l'o-
nore di suo fratello Infante Giacomo , cede al medesimo, in se-
guito alla concessione a costui fatta del regno di Sicilia, del prin-
cipato di Capua e del ducato di Puglia , dal Re Pietro e dalla
regina Costanza « prout in testamentis vel concessionum instru-
mentis hec et alia plenius continentur » , tutti i diritti che gli
competono sul regno di Sicilia « tam voce paterna quam materna,
aut qualibet alia racione » , rinunziando per l'avvenire ad ogni
pretesa contraria , ed ordinando a tutti i sudditi di quel regno
di prestare obbedienza al suddetto Giacomo come a loro Re e si-
gnore naturale, nella stessa guisa che eran tenuti di fare verso
lui (Alfonso) prima della donazione e concessione del Re Pietro
e di Costanza.
Noverint universi quod cum illustrissimi domini Petrus
Dei grada Aragonum et Sicilie rex et Constancia eius uxor
per eamdem regina dederint, concesserint seu ex causa he-
reditatis assignaverint infanti Iacobo, eorum lìlio karissimo,
regnum Sicilie, principatum Gapue et ducatum Apulie, cum
omnibus insulis, iurisdicionibus et pertinenciis eorumdem,
vel partem omnium predictorum , prout in testamentis vel
concessionum instrumentis hec et alia plenius continentur,
Nos Infans Alfonsus, eorumdem regis et regine primogeni-
tus, nostri iuris effectus et a patria potestate per emancipa-
cionem liberatus, volentes votivis magnitìcenciis parentum
annuere et obsecundare , ut expedit atque decet , et com-
modum et honorem et promocionem fratris nostri ut pro-
prium est, ampliando predicta et robur plenissimum confe-
rendo, idcirco per nos et nostros absolvimus, diffinimus et
perpetuo remittimus vobis karissimo infanti Iacobo supra-
dicto absenti tanquam presenti, omnes peticiones, questio-
nes et demandas reales et personales, utiles et directas et
etiam mixtas et cuiusque iuris vel racionis nos habemus
vel habere debemus , seu speramus habere , tam voce pa-
terna quam materna , aut qualibet alia racione , que dici
vel cogitari possit , in toto regno Sicilie et principatu Ga-
pue et Salerni et ducatu Apulie et in omnibus insulis, co-
(1285) — 212 —
mitatibus, iurisdicionibus et omnibus aliis pertinenciis om-
nium predictorum et singulorum , tamquam si in presenti
instrumento essent specialiter enumerati , et sine omni re-
tencione et excepcione quam ibi vel inde non facimus ali-
qua racione , absolventes vos et vestros et bona predicta
ab omni peticione, questione seu demanda quam possemus
facere seu movere racione legitime vel supplementi eiusdem,
vel quolibet alio quovis iure. Ita quod de cetero non pos-
simus vos vel vestros in iudicio vel extra convenire vel e-
ciam agravare , faciendo vobis et vestris super premissis
finem legalem et pactum perpetuum de non petendo. In-
super damus , concedimus et cedimus per nos et omnes
nostros omnes acciones, raciones et iura nobis competentes
seu competencia, competituras seu competitura, et quas spe-
ramus nobis competere contra quascumque personas. Ita
quod predictis possitis uti, agere ac experiri contra quos-
cumque retinentes aliquid de predictis , ut nos poteramus
ante huiusmodi donacionem, concessionem seu eciam con-
firmacionem, constituentes vos procuratorem ut in rem ve-
stram propriam. Mandantes comitibus, ducibus , baronibus
et richis hominibus, militibus , civibus, hominibus villarum
et omnibus habitatoribus omnium predictorum et singulo-
rum presentibus et futuris , cuiuscumque gradus , status ,
dignitatis, sexus et condicionis existant, ut vobis tamquam
eorum regi et domino naturali obediant, ut nobis teneban-
tur ante huiusmodi donacionem et concessionem ac eciam
cessionem. Et ut vobis [quam] nobis ex nunc ut ex tunc
ipsos absolvimus ab omni vinculo et obligacione , quibus
nobis tenentur racionibus supradictis. Et ut premissa omnia
et singula maiori gaudeant fìrmitate , recognoscentes nos
esse maiores decem et novem annis, iuramus quod contra
predicta vel aliquid predictorum non venimus. Sic Deus
nos adiuvet et hec sancta Dei Evangelia coram nobis po-
sita et a nobis corporaliter manu tacta. Quod est actum
Tarracone quarto [nonas] novembris [1285].
— 213 — (1285)
Dal reg. 62 del Re Pietro, a fol. 161 r., nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Se ne ha pure il testo nel transunto fatto eseguire in Messina,
a richiesta del Cancelliere del regno Giovanni da Precida a 18
febbraio 1287 , tra le pergamene del Re Pietro ai n.i 496 e 497,
nel medesimo Archivio di Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl. , voi. Il , pag. 182 dà un fugace
sunto del documento, aggiungendo per errore le parole « e contèe
annesse», che non corrispondono al testo dopo le altre « cum om-
nibus insulis», perchè l'espressione comitatibus è adoperata nel
senso di territori e non di contee, né il regno di Sicilia oltre le
isole ebbe contee annesse. Fornisce altresì il Carini a pag. 206 e
seg., con varietà di parafrasi, il sunto delle due pergamene qui
ricordate, senza notare che contengono lo stesso documento, per-
chè non sono che due copie di esso.
Pubblicato da me nella memoria Documenti su le relazioni del
Re Alfonso III di Aragona con la Sicilia (nelV Anu'ari (1908) de
Vlnst. d'Estud. catal., pag. 346, doc. II). Ho creduto conveniente
riprodurlo per la sua importanza.
L'Infante Alfonso era nato nel 1265, e divenne pertanto mag-
giore di età ed emancipato nel 1285. Nel documento dell'8 mag-
gio 1285 (cfr. sopra n. LXX) Alfonso dice infatti : « confìtentes
nos fore sollepniter emancipatum a dicto patre nostro » , ed in
quest' altro : « recognoscentes nos esse maiores decem et novem
annis » .
Col primo documento dell'8 maggio Alfonso confermava la do-
nazione del regno di Sicilia fatta dal Re Pietro al figlio Giacomo,
e ricordava per essa « prout melius et plenius in instrumento ve-
stre donacionis continetur». Tale donazione dovette essere fatta
certamente nel Parlamento di Messina tenuto in aprile 1283; né
i Siciliani avrebbero tollerato che il Re Pietro lasciasse 1' isola
per sempre, senza assicurare che, dopo la morte di lui, essa sa-
rebbe rimasta indipendente dall' Aragona e con proprio sovrano
e governo. Si desume ciò anche dalla mancanza della menzione
del testamento per la donazione del regno di Sicilia a Giacomo;
ed infatti non è alcun cenno per la successione di Giacomo nel
testamento di Pietro 1 del 3 giugno 1282 (V. sopra doc. n. XIV).
Il contemporaneo Neocastro (nel cap. LX1II, in Gregorio ,
Bibl. script, arag., t. 1, pag. 91) dice chiaramente, con espres-
(1285) — 214 —
sioni che sembrano tratte da un atto solenne e giuridico poste-
riormente fatto, che il Re Pietro manifestò nel Parlamento : « Quia
vices regum et hominum singuloruin in manu Dei sunt, si forte,
prout Immane fragilitatis est proprium, quomodocumque in hoc
viagio nos abesse contingeret , ordinamus ex nunc et statuimus
ut dominus fìlius noster Iacobus indolis commendande nobis in
regno Sicilie succedat, Friderico fratri suo, tamquam maior natu,
vobis volentibus, preferendus » . Di tale risoluzione si ha la prova
da vari documenti dal 15 dicembre 1283 sino al 2 giugno 1285,
perchè nell' intitolazione l' Infante Giacomo adopera le parole :
« suus [cioè di Pietro] in regno Sicilie futurus successor et heres »,
e così pure il Re Pietro , scrivendo a lui (Cfr. doc. XXXVIII ,
XXXIX, LVI, LIX e LXXXI).
Nel trattato col Re di Tunisi del 2 giugno 1285 , cioè poste-
riore di quasi un mese alla conferma dell'8 maggio fatta da Al-
fonso della donazione del regno di Sicilia a Giacomo, è detto in
fine al § 40, che quel trattato dovrà pure essere approvato « per
l'infant en Iacme fili nostre , qui deu eser hereter apres nos en
lo dit regne [di Sicilia], e farem à els fermare otorgar», e dal-
l' Infante Alfonso « fili nostre mayor è hereter apres nos en los
dites regnes » , cioè di Aragona , Valenza e Catalogna (V. pure
sopra pag. 46 e seg.).
La successione di Giacomo nel regno di Sicilia era pertanto
notoria e ben definita , specialmente dopo la conferma suddetta
di Alfonso dell'8 maggio. Sembra però che il Re Pietro, ricono-
scendo vicina la sua morte (avvenuta il 10 novembre), abbia vo-
luto che per maggior garenzia Alfonso facesse in quei giorni (2
novembre) la rinunzia a qualunque dritto sul regno di Sicilia
(volentes, dice Alfonso, votivis magnificenciis parentum annuere
et obsecundare) , perchè (come ho ricordato) nel testamento del 3
giugno 1282 nulla era disposto per la successione in Sicilia, tanto
che nella rinunzia di Alfonso fu detto per il dritto di Giacomo
« prout in testamentis vel concessionum instrumentis » , adope-
randosi la congiunzione disgiuntiva, e non la copulativa et, quasi
ad equipararne gli effetti. Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 156 e 164
non conoscendo il testo dei due documenti di Alfonso, da me dati
in luce, non potè ricavare notizia sicura su gli ultimi atti del Re
Pietro , né provare 1' assurdità del documento della stessa data,
compilato da ecclesiastici per mostrare agli Angioini che il Re
— 215 — (1285)
avesse rinunziato alla Sicilia , divenendo « qual è quei che di-
svuol ciò ch'ei volle» come diceva l'Alighieri.
Tale documento del tutto incoerente del 2 novembre, e l'altro
del 3 per legati a monasteri e chiese sono da me compresi tra i
Documenti falsi del regno di Pietro I (V. appresso doc. n. GXXXII
e CXXXIII). Esporrò quivi le ragioni, per le quali devono i due
documenti ritenersi falsi, e non corrispondenti alla vera volontà
del sovrano.
DOCUMENTI DI DATA INCERTA
OXII.
Il Re Pietro 1 concede alla città di Messina che la Curia del
Mare sia retta dai Consoli, da eligersi dai mercanti della stessa
città, e da confermarsi, per parte regia, dallo Stratigoto.
Questo documento senza data è ricordato nell'altro del Re Gia-
como dell'anno 1286 (prima ritenuto erroneamente del 1294) per
immunità a Messina , con queste parole : « Privi legium vero in-
dultum eidem civitati per predictum dominum patrem nostrum
super regenda Curia maris per consules , ad hoc eligendos per
mercatores civitatis eiusdem, et per Straticotum Messane prò parte
nostre Curie conflrmandos , eidem universitati Messane tenore
presencium confirmamus (Cfr. ed. Gallo, Annali di Messina, 1758,
t. II , pag. 155 , e Starrabba , Cons. e privil. di Messina cit.
pag. 259 e seg.).
Si ha 1' affermazione sicura della esistenza della Curia del
mare in Messina ai tempi del Re Pietro nelle altre parole del
Re Giacomo , che ordinava che i consoli della Curia dovevano
esercitare il loro ufficio « prout a tempore predicti privilegii eis
indulti [cioè dal Re Pietro] iuxta ipsius tenorem usque nunc e-
xercuerunt consulatum predictum », rimanendo i proventi presso
lo Stratigoto di Messina , che li esigeva per conto della regia
Corte.
Nel privilegio di Giacomo sono ricordati tre documenti del
Re Pietro per Messina , cioè questo per l' istituzione della Curia
del mare, l'altro per l'esenzione dal pagamento dei nuovi statuti
o tasse angioine (V. sopra, pag. 67, n. 7), ed il terzo per impor-
tazione di frumento libera dal diritto di dogana (V. pag. 52, n. 1),
che è la remota origine della gabella del Campo delle vettovaglie
di Messina {in campo nostro victualium civitatis ipsius), che tro-
vasi poi regolata nella Pandetta approvata verso il 1305, non ri-
— 217 — (1282 - 85)
cordato affatto dal Vayra nella prefazione all' ediz. del Sella ,
Pandetta di Messina cit., pag. 24 e seg., né da Francesco Crispi,
Nella causa del regio campo delle vettovaglie. Roma, 1880, voi. I,
pag. 13, che segue il Vayra senza aggiungere alcuna ricerca ori-
ginale. Il Re Pietro estese anzi con altro privilegio del 4 gennaio
1283 (Carini, De rebus, pag. 251, e testo in Appendice di Silve-
stri, pag. 70 e seg. ) ai Siciliani la franchigia per importazione
di vettovaglie in Messina ; onde appare che il campus noster, o
luogo di deposito regio, sia una istituzione di origine aragonese.
I riscontri precisi delle menzioni dei privilegi del Re Pietro
contenute nel documento di Giacomo denotano la indubitabile au-
tenticità di quest'ultimo privilegio.
Particolare cenno del documento di Pietro I per la Curia del
mare in Messina fece Schaube Das Konsulat des Meeres in Pisa
cit. pag. 271. Egli crede che appartenga al 1283, appena liberata
la Sicilia, « bald nach der Befreiung der Insel », ed offre un sunto
esatto del suo contenuto, notando che il Consolato del mare in
Messina si dimostra come un' istituzione locale : « erscheint da-
nach als eine in Messina eingeburgerte Institution ». Il documento
del 15 dicembre 1283 dell'Infante Giacomo (V. sopra doc. nume-
ro XXXIX), che concede ai Messinesi di poter eligere un Console
nel regno di Sicilia , in Aragona ed altri stati , dove fossero tre
Messinesi o più, e l'altro del Re Federico II del 24 novembre 1330
(da me pure ricordato quivi, pag. 91), col quale si ordinava l'e-
satta osservanza di quel privilegio, danno chiara prova della isti-
tuzione del Consolato del mare vigente allora in Messina; e sono
perciò prive di fondamento le osservazioni contrarie dello Schaube
e di altri autori stranieri, ricordati dal mio genitore nella memoria
Consolato del mare cit., pag. VI.
A Siracusa era pure nel 1323 il Console del mare, perchè in
quel tempo fu chiesto al Re Pietro II, Luogotenente del Re Fe-
derico II, che 1' elezione di quel Console si facesse « per merca-
tores civitatis eiusdem, et non per alias personas», e così fu ap-
provato dal Re Pietro II, come si rileva dal privilegio pubblicato
la prima volta da Vito La Mantta, Consolato cit., pag. X.
L'origine della Curia del consolato del mare di Messina pro-
viene probabilmente dagli Aragonesi. Capmany, Memorias histo-
ricas cit., voi. I, parte 2», pag. 95, afferma che nello stesso tempo
Che fu conquistata la Sicilia , i Catalani si giovarono della prò-
(1282 - 85) — 218 —
tezione dei sovrani, ed intrapresero la loro navigazione diretta e
lo stabilimento di offici di commercio nei vari porti del regno.
Ricorda altresì (pag. 183) che da un ordinamento del 1258, con-
fermato dal Re Giacomo I , si ricava che la città di Barcellona
aveva i suoi Consoli « para juzgar las controversias maritimas y
mercantiles en terras estranas » (certamente con le norme del di-
ritto o consuetudinarie), però a bordo dei bastimenti, non avendo
ancora essi « residencia fixa. . . con lonja y tribunal sedentario»;
ed aggiunge che con un privilegio di Giacomo I del 1266 , con-
fermato nel 1268, quella città ottenne di potere « elegir de su pro-
pria autoridad los Gonsules que juzgase necesarios para proteger
sus factorias y bastimentos en todos los puertos y mercados de
su contratacion » , la qual prerogativa è dal Capmany definita «una
de las majores regalias à que podia entonces aspirar la ciudad
mas independente » . È manifesta cosi la somiglianza dell'istitu-
zione del Consolato di Messina , e non riesce quindi difficile di
ritrovarne l'origine dalla Catalogna.
Heyd, Histoire du commerce du Levant au moyen-àge. Leipzig,
1885, voi. I, offre varie notizie per la Sicilia, ed a pag. 475 giu-
stamente osserva : « Les Vèpres siciliennes avaient forme la base
d' une union intime entre les Aragonais et les Catalans d' une
part et les Siciliens de l'autre;.... dans le port de Messine, la
marine catalane était presque comme chez elle».
Riguardo alle leggi, che concernevano la Curia del Consolato
del mare di Messina , derivate senza dubbio da antiche consue-
tudini, deve qui notarsi che esse furono approvate dal Re Fede-
rico II aragonese nel 1325 (cfr. doc. di tale data) ed hanno que-
sto titolo : « De officio Consulum maris et capitulis de ordinacio-
nibus officii eiusdem prout servantur in civitate Messane et
aliis terris et locis huius regni Sicilie», se pure questa non è con-
ferma di capitoli più antichi. Furono date in luce la prima volta
da Vito La Mantia, Consolato cit. pag. 3 e seg. Verso quel tempo
Pisa aveva pure il Breve Curie maris Pisane civitatis del 1305,
diviso in 130 capitoli, oltre il testo in volgare del 1322, riformato
nel 1343. (Cfr. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa dal XII
al XIV secolo. Firenze, 1857, voi. Ili, pag. 345-643). Un lungo
capitolo ha titolo De sensalibus, cioè lo stesso argomento dei Ca-
pitoli del console dei Pisani in Palermo , da me ricordati sopra
(pag. 101), ed i cap. 96 e 111 si riferiscono a censi in Palermo
— 219— (1282-85)
ed a dritti da ricuperare in Messina. La città di Genova nell' i-
nizio del secolo XV (1403-1407) manteneva 1' officio di Gazarla ,
il quale « teneatur et debeat tractare, querere et vigilare et totuiu
suum inclinare ad facta et negotia navigandi, omnia et singula
que ad utilitatem et commodum navigantium crediderint preme-
re ». Tali leggi marittime sono riferite nel volume Leges Genuen-
ses, della collez. Hist. Patriae Monum. Torino, 1901 , t. XV1I1 ,
pag. 731-848.
Altri capitoli della Curia del mare di Messina del secolo XV
trovansi nel codice in pergamena 2 Qq E. 140 della Bibl. Gom.
di Palermo pubblicato da Starrabba, Consuet. e privil. di Mes-
sina cit. pag. 273 a 302, con l' inserzione del privilegio falso del
Re Ruggiero, la quale mostra 1' uso che voleva farsene per am-
biziose pretese, notando trovarsi il « privilegiu in la banca di li
Iurati » (pag. 301). È inesatta l'affermazione dello Starrabba che
la prima parte di quei Capitoli sia del secolo XIV.
Vincenzo Ferrarotto (f 1608) nel suo lavoro Della premi-
nenza dell'officio di Stradicò della città di Messina. Cosenza, 1671,
pag. 140 e seg. ricorda il diritto dei Messinesi di eliggere i Con-
soli del mare, i quali « eleggono poi tutti gli altri Consolati » in
Sicilia ed all'estero e che cotali Consoli erano chiamati i primi
Consoli dei Messinesi, e gli altri Consoli dei Siciliani». Dice an-
cora per il suo tempo che nella « elettione di Consoli [del mare
di Messina] non interviene il Stradicò».
Una monografia ha pubblicato Andrea Finocchiaro-Sartorio
col titolo II diritto marittimo di Messina. Appunti. Roma, 1904,
nella quale, giovandosi pure dei testi editi da Vito La Mantia e
da Starrabba e delle posteriori Istruzioni del Consolato di Mes-
sina del 1728, offre un'esposizione metodica di quella legislazione.
Il Finocchiaro dice (pag. 13) : « É solo lecito affermare che il con-
solato del mare di Messina se non al secolo XII, rimonta almeno
al XIII », ed inoltre per il testo delle sue leggi osserva : « Certa-
mente sembra assai probabile che alle più antiche fonti che vi si
riferiscono abbia servito di guida, più che altro , il modello pi-
sano, sia per la evidente rassomiglianza del loro contenuto, sia
perchè le relazioni tra Pisa e Messina dovettero essere alquanto
intime anche prima della dominazione sveva» (pag. 11, nota).
Su P importanza del commercio in Sicilia nelle epoche nor-
manna e sveva, specialmente coi Genovesi, Pisani, Toscani, Ve-
(1282-85)
neziani e Marsigliesi , lo sviluppo di alquanti istituti giuridici
commerciali, e le speciali prerogative che godeva Messina, è utile
consultare l'opera recente di Schaube, Handelsgeschichte der ro-
manischen Vòlker des Mittelmeergebiets bis zum ende der Kreuz-
zuge. Miinchen, 1906, pag. 456-517 « Unter-Italien und Sizilien ».
CXIII.
Il Re Pietro 1 ordina di restituirsi agli eredi di Gerardo Mai-
meni una casa in legname, appartenuta a costui, sita in Messina,
e che era stata data, al tempo del Re Carlo d'Angiò, come bene-
ficio al canonico Aldoino, dopo la confisca fattane al Maimeni ,
che andò in esilio per la sua fedeltà agli Svevi.
É ricordato in un documento del 14 febbraio 1316 del Re Fe-
derico II aragonese , che menziona altra lettera di lui di aprile
8a indizione 1310 , dalla quale si ricava che Pietro Ruffo di Ca-
labria, Vicario di Sicilia sotto il Re Manfredi, aveva fatto ridurre
a via pubblica un fondo del canonico Aldoino e vari altri immo-
bili appartenenti ad alcuni borghesi di Messina, e che erano siti
vicino il castello a mare della medesima città, dando in cambio ad
ognuno di quei borghesi oncia una di oro , ma nessuna somma
equivalente al canonico Aldoino. Dice altresì il Re che poi , al
tempo del Re Carlo d'Angiò, «tempore dominii quondam regis
Karoli primi », fu data in cambio ad Aldoino una casa costruita
in legname nel «convicinio sedilium [luoghi per edificare] civitatis
eiusdem » , presso la casa di Roberto Pardo , e che era apparte-
nuta al fu Gerardo Maimeni , il quale per conservare la fede ai
Re svevi dovette andare in esilio. É appunto questa casa che,
dopo cacciati gli Angioini, viene restituita agli eredi del Maimeni.
Per tali fatti si veda appresso il doc. di aprile 1310.
Qui riferisco soltanto le parole del documento per quanto si
attiene all'epoca aragonese : « Quo primo adveniente Comunitate
Sicilie nuper preterita [ossia il governo repubblicano] , et subse-
quenter dominio illustris regis Aragonum et Sicilie divi patris
nostri, dive memorie, [il Re Pietro] heredibus quondam Gerardi,
— 221 — (1282-85)
taraquam fìdelibus et oppressis prò dieta fide servanda, cum aliis
bonis suis fuit per Curiam restituta».
Il documento del Re Federico li del 1316 è inserito nel reg. 11
della R. Cancelleria (an. 1367) fol. 128 , neh" Arch. di Stato di
Palermo.
È evidente che il privilegio del Re Pietro deve essere poste-
riore al 29 luglio 1283, perchè nel documento dello stesso Re, di
tale data, contenuto nel reg. 54, fol. 178 (V. sopra doc. n. XXX)
si accenna una transazione che il Re voleva che si facesse per
quel!' affare , scrivendo dalla Catalogna (Logrono) al Cancelliere
del regno di Sicilia, Giovanni da Procida in tali termini: «De
peticione tamen Aldovini , nobis existentibus in partibus ipsis
[cioè in Sicilia], audivistis intencionem nostrani, et placeret nobis
quod inde tractaretur aliqua ydonea composicio, quam nobis si-
gnificare debeatis». Saint-Priest , Hist. de la conquéte , t. IV,
pag. 234.
CXIV.
Il Re Pietro I concede , a beneplacito suo e dei suoi succes-
sori, a G. di Calcerando de Carteliano una casa con sue perti-
nenze, sita in Messina, e che un tempo appartenne a Matteo de
Riso.
Menzionato in altro privilegio del Re Giacomo dell' 8 aprile
1294 , dato in Gerona , de consciencia regis , e trascritto nel re-
gistro 194 del Re suddetto, a fol. 2 (Arch. Cor. Aragona in Bar-
cellona).
Con tale privilegio (V. appresso, an. 1294) Giacomo dava li-
cenza al Carteliano di vendere quella casa.
Conviene riferire le parole contenenti il ricordo del documento
del Re Pietro : « Cum ipse [de Carteliano] tam ex donacione et
concessione illustrissimi domini regis Petri, inclite recordacionis,
patris nostri, sibi facta usque ad ipsius domini regis et heredum
suorum ordinacionem et mandatum, quam confìrmacione nostra
sibi et heredibus suis in perpetuum exinde facta, teneat et pos-
sideat quoddam hospicium cum pertinenciis suis, quod olim fuit
(1282 - 85)
Mathei de Riso in civitate Mecane existens, sub certis modis, for-
mis et condicionibus in privilegio diete confirmaeionis nostre con-
tentis ... ».
La conferma del Re Giacomo , come ben si scorge , estese la
concessione agli eredi del Garteliano in perpetuo.
Riguardo al de Garteliano cfr. le notizie date sopra (doc. nu-
mero XG).
cxv.
Il Re Pietro I concede alcune franchigie al comune di Milazzo.
Se ne ha la notizia nei capitoli di Milazzo approvati dal Re
Martino a 27 aprile 1392, in obsidione Panormi. Il comune chie-
deva nell'inizio di quei capitoli la conferma degli antichi privilegi,
« li quali ne foro concessi per la santa bona memoria imperatore
Frederico e la santa bona memoria hi Re Pery vecho e per con-
sequens tucti li altri Reali, li quali so stati ab antiquo tempore».
Con tale soprannome di vecchio o antico s'intende Pietro I, per-
chè (come è noto) regnò poscia in Sicilia Pietro II dal 1337 al 1342.
11 testo dei capitoli approvati dal Re Martino si trova nel
reg. 20 (an. 1392) della R. Cancelleria , fol. 30 (Arch. di Stato
Pai.). Una copia se ne conserva nel ms. Qq. G. 5, fol. 29, della
Bibl. Com. di Palermo. Dal Re Martino fu concessa 1' approva-
zione agli abitanti di Milazzo « prout dictis privilegiis melius usi
fuerunt ».
L'erudito barone Giuseppe Piaggia, Illustrazione di Milazzo.
Palermo, 1853, pag. 119, riporta il testo intero dei capitoli so-
pra ricordati.
OXVI.
Il Re Pietro I conferma a Filippo Guarichi e suoi eredi la
concessione di alcuni lenimenti di terre, dette Misilabes, Sacaro
e Misilmyon, siti nel territorio di Sciacca, per il censo annuale
(1282 - 85)
di salme trenta di frumento della misura generale; la quale con-
cessione era stata fatta al suddetto Filippo nel tempo del Re Carlo
d'Angió da Giacomo Ruffolo di Ramilo , Maestro Portulano di
Sicilia, insieme con Giacomo Pironti.
Ricordato nel documento del Re Federico II aragonese del 16
agosto 1299, confermato ed ampliato a 3 agosto 1301, e trascritto
nella pergamena 17 del Tabularlo di S. Maria della Grotta (V. so-
pra doc. n. XXXII). Vi si legge per la conferma del Re Pietro :
« que [concessio] postmodum ei et suis heredibus, tam per predi-
ctum dominum patrem nostrum, quam nos confi rinata fuit». 11
prof. Salinas, Osservazioni intorno a due dipi, greci cit., pag. 92
si limita soltanto a notare : « Si ricorda inoltre . . . i tenimenti
detti » ecc.
OXVII.
La Regina Costanza e l'Infante Giacomo, Luogotenente gene-
rale del regno, in seguito alle lettere del 4 ottobre 1283 ai mede-
simi trasmesse dal Re Pietro I (V. sopra doc. n. XXXII), ordi-
nano a Venuto de Pulcaro, di Palermo , Secreto di Sicilia , che
faccia eseguire un'inchiesta sul valore delle rendite dei Casali di
Burgibilluso e Turbuli con terre e molini, nella valle di Girgenti.
E menzionato, nel documento indicato sopra (n. GXVI) , con
queste parole : « Quarum auctoritate [cioè delle lettere del Re Pie-
tro a Costanza ed alV Infante] ad licteras predictorum domine
matris et domini fratris nostrorum Venuto de Pulcaro de Panor-
mo» ecc. (Gfr. appresso doc. del 1299). Dice il Re Federico II che
fu quindi formata l'inchiesta « sicut quaternus eiusdem [inquisi-
cionis] sub sigillo dicti Venuti ad eos [Regina ed Infante] pro-
inde missus piene et particulariter distinguebat » . Notevole è il
computo della moneta, che si dice adottato in quella inchiesta :
«grosso pondere ad generale converso», ossia a quello usato co-
munemente nell'isola. Ducange alla voce Pondus nota alcune di-
stinzioni di peso nelle monete, come pondus Caroli, Palata ecc.
Di Venuto de Pulcaro si ha notizia qui sopra (doc. n. XLVj.
(1282 - 85) — 224
OXVIII.
La Regina Costanza e l'Infante Giacomo, Luogotenente gene-
rale del regno , stabiliscono che sia esaminata dai Giudici della
regia Gran Corte l'inchiesta ordinata precedentemente per i ca-
sali di Burgib illuso e Turbuli.
Questo nuovo ordine è così mentovato nel documento del Re
Federico, sopra citato (n. CXVI) : «Et postmodum predicta in-
quisicione de mandato predictorum domine matris et domini fra-
iris nostrorum discussa et examinata per tunc iudices Magne
Regie Curie » ecc. Il risultato , che se ne ebbe, fu quello di es-
sersi rinvenuto un difetto nel valore, « in causa sciencie per de-
ponentes in inquisicione predicta», onde i giudici furono di pa-
rere di doversi rifare l' inchiesta, che poi fu evitata per un au-
mento offerto dai concessionari.
OXIX.
La Regina Costanza e l'Infante Giacomo, Luogotenente gene-
rale del regno , per i meriti e la fedeltà dimostrata da Stefano
di Nicola e Filippo Guarichi, ordinano ai giudici Guglielmo de
Licata e Gualtiero de Gaudioso, di Cammarata , di immetterli
nel possesso dei Casali e territori di Burgibilluso e Turbuli, se-
condo quanto è disposto nella lettera del Re Pietro del 4 ottobre
1283, (V. sopra doc. n. XXXII), con l'obbligo di pagare onde 72
annuali d'oro (come si è ricavato dall'inchiesta, insieme all' au-
mento) e di adempire quanto si deve per il servizio militare.
Altro documento ricordato in quello del Re Federico II del
1299 (indicato sopra n. CXVI). Si rileva da esso che: «predicti
domina mater et dominus frater nostri. . . . per eorum licteras
iniunxissent » ecc., e che il de Nicola ed il Guarichi furono im-
messi nel possesso «modo et forma in eisdem licteris denotatis».
(1282 - 85)
oxx.
La Regina Costanza trasmette a vari baroni della Marca, del-
l'Abruzzo e di altri luoghi del regno sue lettere, per esortarli a
recare aiuto a Corrado d'Antiochia e ribellarsi agli Angioini.
La notizia di queste lettere della Regina Gostanza viene data
dal cronista Saba Malaspina (lib. X, cap. XXIV, ediz. Del Re,
Cronisti e scritt. sincr. cit., voi. II, pag. 404) con queste parole :
« Hi sane regnicolae cum ex parte prefatae dominae [Constantiae]
ad nonnullos barones Marchiae , Aprutii , alterius partis regni ,
litteras detulissent ». Soggiunge che coloro che le portavano fu-
rono presi prigioni in Terracina « cum omnibus litteris dominae
memoratae. ... et litteris inventis ad dominum papam trans-
missis ».
Su la verità di tali fatti non può esservi alcun dubbio, poiché
il Malaspina, d'origine guelfa, doveva ben conoscerli alla Corte
di Roma. La data di quegli avvenimenti è 1' anno 1284. È evi-
dente che l'audace ghibellino Corrado d' Antiochia non solo vo-
leva riacquistare allora i suoi castelli nell' Abruzzo , ma prepa-
rarvi insieme con gli esuli una rivolta, tanto che la regina Co-
stanza, «domina Constantia uxor Petri de Aragonia quandam
quantitatem auri de Sicilia per quosdam nuntios catalanos et re-
gnicolas ipsi Conrado prò suorum militum stipendiis destina-
va». Cotali soccorsi dimostrano che gli Aragonesi non avevano
tralasciato di incitare , con ogni mezzo (come negli anni 1282 e
1283, cfr. Carini, De rebus, p. 108 e seg. e 478 e seg.) , le Pro-
vincie continentali del regno ed i fedeli ghibellini a ribellarsi al
dominio angioino, allo scopo di dare esecuzione all'antico disegno
di impadronirsi di quelle regioni; ed ora la figlia medesima del
Re Manfredi rinnovava gli entusiasmi fra i sostenitori della causa
sveva.
Il Rettore della Campagna e Marittima per parte della Chiesa,
alleato con gli Angioini, rese vani gli sforzi degli esuli. Infatti
il Papa Martino IV con una lettera del 15 ottobre 1284 si con-
gratulava col Rettore di Campagna per avere sconfitto i sediziosi
(Cfr. Potthast, Regesta pontificum romanorum. Berolini , 1874,
voi. I, n. 22181). Il Re Carlo d'Angiò poco dopo (a 8 novembre)
G. La Mantia, God. dipi. arag. 15
(1282-85)
dava ordine , in seguito a quei fatti , al Giustiziere di Abruzzo
ultra di reprimere ogni sollevazione, poiché indarno i ribelli cre-
devano « nostrani fore diminutam potenciam » . Ciò si ricava dal
Reg. Ang. 1283 A. n. 45, fol. 8 , e dì questo documento dà un
esteso sunto Minieri - Riccio , II tegno di Carlo I oV Angiò (in
Arch. Stor. Bai., serie IV, t. VII, 1881, pag. 309).
Si veda quanto narrano per quella rivolta Gregorovius, Sto-
ria della città di Roma nel medio evo. Venezia , 1874 , voi. V ,
pag. 565; Amari, 9" ediz., voi. li, pag. 55 e 93 ; e Pasquale Ri-
dola nella sua pregevole memoria Federico d'Antiochia e i suoi
discendenti (in Arch. Stor. Nap., voi. XI, 1886, pag. 251 e seg.).
OXXI.
La Regina Costanza dà notizia ai Secreti di Sicilia al di qua
del Salso di aver nominato Matteo di Catania credenziere del
fondaco di riva e serviente della dogana del cacio di Palermo ,
a suo beneplacito.
Questo privilegio della regina Costanza è ricordato in una sup-
plica del Baiulo e dei Giurati di Palermo al Re Federico II ara-
gonese del 16 settembre, lla indizione, 1311 , con la quale chie-
devano che fossero confermati al notaro Matteo gli uffici doga-
nali , che gli erano stati concessi dalla regina Gostanza , e con-
fermati poi dal Re Giacomo.
È detto nella supplica : « ut cum illustris domina tunc Arago-
num et Sicilia Regina domina mater vestra eumdem Matheuin
in notarium credencerium l'undici rive et servientem dohane casei
civitatis eiusdem, usque ad voluntatis sue beneplacitum, ordina-
rit, prout continetur in quibusdam patentibus licteris diete do-
mine Regine Secretis Sicilie citra flumen Salsum tunc presentibus
et futuris propterea destinatis».
Le parole tunc Aragonum et Sicilie regina mostrano chiara-
mente che il documento di Gostanza fu emanato nel tempo ante-
riore al regno di Giacomo, che ebbe inizio dall' 11 novembre 1285.
La supplica sopra indicata si trova nel Reg. di Lettere dell'anno
1311-12 a fol. 63 r. (Arch. Gom. di Palermo), ed è pubblicata da
Pollaci, Gli atti della città di Palermo cit., pag. 127 e seg.
— WI — (1282 - 85)
Devesi notare per le norme sul fondaco di riva, per il quale
si pagava una tassa nella compra o nell' estrazione di panni di
lana dai mercanti esteri, che esse leggonsi in uno speciale capi-
tolo dell' antica Pandetta sveva di Palermo , edita da Pollaci ,
senza alcuna indicazione precisa dell' epoca , a pag. 328. Per la
dogana del cacio non si ha capitolo particolare; ma pare che sia
compresa fra le merci regolate nella dogana di terra (pag. 317 ,
lin. 11-12), per alcune delle quali poteva essere durante il regno
di Pietro I un officio separato nella dogana per il maggior traffico.
OXXII.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno , ordina
a Pietro de Queralt , Gran Siniscalco e Vicario generale in Si-
cilia al di qua del fiume Salso , che constandogli che il feudo o
casale di Favarotta sia stato posseduto, dal tempo dell' impera-
tore Federico sino alla morte del Re Manfredi, da Guido di Mo-
dica, e che il suddetto casale non sia integro ma disabitato , lo
assegni al de Modica per suo sostentamento , col godimento dei
frutti sino all'epoca della venuta del Re Pietro, e durante il be-
neplacito regio e di lui per l'avvenire.
Ricordato da Giovanni Luca Barberi nei Capibrevi, voi. Ili,
I feudi del Val di Mazzara cit. (ed. Silvestri) pag. 76 e seg.
Egli dice che , essendo insorta una quistione per violazione dei
confini del feudo, fu presentato il processo; ma avendolo esami-
nato (revoluto per me processu), non vi trovò il documento ori-
ginario , onde si convinse « possessores ipsos dictum antiquum
privilegium absconditum et sub silentio retinuisse». Il Viceré e-
manò allora un ordine perchè i possessori mostrassero « dictum
antiquum privilegium», e ciò fu eseguito a 19 dicembre 1510.
Il Barberi narra pertanto che fu esibito un transunto , fatto
nel 1486 , di un atto rogato presso notar Giovanni de Biscardo
di Licata del 1283 , nel quale si asserisce che la moglie del fu
Guido di Modica ed i suoi antecessori possedettero il feudo di
Favarotta ed il casale allora abitato, al tempo dell'imperatore Fe-
derico e del Re Manfredi , ma che poi , succeduto il dominio di
(1282 - 85) — 228 —
Carlo d' Angiò , il feudo fu concesso da quel Re ad Isnardo de
Trinca La Boyra, e dopo ancora « eodem comite Carulo debellato,
ipsoque regno ad dominium domini regis Petri seu domini In-
fantis Iacobi eius geniti reducto», Guido espose all'Infante l'e-
silio e le fatiche sostenute , e che il feudo o casale apparteneva
a lui per parte della moglie.
Segue la menzione del contenuto del privilegio di Giacomo in
tal modo : « Domino Petro de Queralt , magno Siniscalco et ge-
nerali Vicario in Sicilia citra flumen Salsum , prefatus dominus
Infans Iacobus ad eius literas precepit quod , constito ei casale
ipsum a tempore dicti domini imperatoris Federici usque ad mor-
tem prefati domini regis Manfridi per eandem uxorem dicti Gui-
donis habitum et possessum fuisse, dictumque casale et feudum
integrum non fuisse sed exhabitatum, utique prò ipsius Guidonis
vite sustentacione, usque tamen ad dicti domini regis Petri eius
patris adventum ac ad ipsorum beneplacitum, de dicti casalis seu
feudi fructibus eidem Guidoni responderi facere debuisset; dum-
modo de huiusmodi assignacione tria publica consimilia scripta
annotacionis proventuum feudi ipsius et servicii quod Curie regie
deberetur, ac confinium feudi iamdicti fieri fecisset, conservanda
unum scilicet per ipsum dominum Petrum de Queralto prò sui
compoti redditione, aliud per Secretos et magistros Procuratores,
tercium vero ut ipsi domino Infanti transmicteretur » .
Nelle sue interpretazioni feudali a vantaggio del fisco, il Bar-
beri osserva inesattamente che non fu concesso corpus et domi-
nium dicti feudi, ma la sola rendita , e con la clausola « usque
ad adventum domini regis Petri ». Quest'altra affermazione è pure
erronea, ed il Barberi la ripete nell'allegazione (a pag. 82), di-
cendo che non poteva darsi il possesso del feudo, e che le lettere
erano nulle perchè l'Infante Giacomo « non erat Rex, nullumque
tenebat dominium, dicto domino rege Petro eius patre subsi-
stente » , ed altresì perchè il Re Pietro al suo arrivo in Sicilia
non le confermò.
È chiaro che il dire che Giacomo (che era Luogotenente ge-
nerale del regno) non aveva potestà di concedere nuovamente, an-
che col beneplacito regio, il casale, è assurdo; ed inoltre che male
spiegò il Barberi le parole del privilegio (nonostante date in
sunto) : « de dicti casalis seu feudi fructibus eidem Guidoni re-
sponderi facere debuisset», che non significano altro che il Que-
(1282 - 85)
ralt doveva rendere conto al de Modica di tutti i frutti sino al
tempo della venuta del Re Pietro, e non già « quia non apparet
licteras easdem cuna dicto beneplacito prefatum dominum regem
Petrum in eius adventu confirmasse», perchè non è conforme al
vero che Giacomo avesse emanato privilegi prima che il Re Pie-
tro avesse conquistato la Sicilia, o che almeno questi vi fosse ve-
nuto altra volta dopo il 1282 dalla Catalogna.
OXXIII.
Pietro de Queralt , Vicario generale , avvisa Nicola Canigla
[corr. Tagliavia] e Giovanni di Caltagirone, Secreti e maestri Pro-
curatori al di qua del fiume Salso, perchè eseguano quanto l'In-
fante Giacomo, Luogotenente generale del regno, ordina per l'as-
segnazione del casale e feudo di Favarotta a Guido de Modica
(V. doc. precedente).
1 Secreti scrivono a Girolamo de Caro e Rustico de Marto-
rana, di Licata, per l'esecuzione, i quali riferiscono le informa-
zioni assunte.
La menzione di queste lettere del Queralt trovasi pure nel vo-
lume dei Capibrevi del Barberi, indicato nel doc. anteriore. Que-
sti (a pag. 77) ricorda che fu rilevato che le rendite del casale
erano di oncie sei annuali, del quale valore e di quello del ser-
vizio militare, e dei confini del feudo « ac metis sive terminis et
limitibus eiusdem feudi » furono formati tre atti consimili, rogati
dal notaro Giovanni de Biscardo.
Per le attribuzioni del Queralt vedi sopra pag. 35 e 112.
CXXIV.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, concede
a Rodolfo de Manuele il casale di Burgibilluso, che era ricaduto
alla regia Corte per la rinunzia del notaro Stefano di Nicola e
di Filippo Guarichi (cfr. doc. n. XXXII e GXIX).
Tale documento dell'Infante Giacomo è ricordato dal Re Fede-
rico II aragonese nel suo privilegio del 1299, confermato a 3 ago-
(1282 - 85) — 230 —
sto 1301 (indicato sopra al n. XXXII), con queste parole : « pre-
dicto Gasali Burgi [billusii] quondam Radulfo de Manuele militi
per predictum dominum fratrem nostrum graciose concessum».
Siccome il Re Federico II menziona appresso l'usurpazione com-
messa pel casale di Turbuli da Manfredi Maletta, quando Giaco-
mo «in regno Sicilie presidebat», cioè quando era Re (dal 1286
in poi), sembra sicuro che il privilegio pel De Manuele sia stato
emanato nel tempo anteriore della luogotenenza.
Non può per altro supporsi che, seguita la devoluzione al fìsco
per il feudo di Burgibilluso, e l'amministrazione temporanea di
esso affidata al notaro Trinchio per parte della regia Corte , sia
trascorso molto tempo, dopo il 1283, per la concessione fatta dal-
l'Infante Giacomo al de Manuele.
Gfr. il doc. XLIX per altre notizie su de Manuele, e su le ca-
riche da lui tenute.
DOCUMENTI FALSI
cxxy.
1282, agosto 28, Catania.
Il Re Pietro I, per i meriti di Arnaldo de Bocabert, visconte del
castello di Bocabert, maggiordomo di Aragona, essendosi egli pre-
sentato a lui con 150 militi armati a proprie spese, e venuto con
la flotta per l'acquisto del nuovo regno di Sicilia, ed in conside-
razione delle gesta dei predecessori di lui, discendenti dalla stirpe
dei Be goti di Spagna per linea diretta, concede per ora in conto
dei servizi suddetti la terra ed il castello di Cammarata in Si-
cilia, col mero e misto impero.
Petrus dei gratia Rex Aragonum , Valentiae , Siciliae ,
Sardiniae etc. Inclito militi consanguineo et nepoti nostro
dilecto Arnaldo de Rocabert, Vicecomiti terrarum et castri
Rocabert, maiori domo regni nostri Aragonum et dapifero.
Gum tu, dilecte noster, cum tuis centum quinquaginta mi-
litibus armatis ad tuas expensas coram nobis contulisti, et
simul in nostra maritimarum classe valde ac benigne, prò
acquisitione nostri novi regni Siciliae, cum tua laude asso-
ciasti ; idcirco attendentes nos tuis magnis meritis, virtuti-
bus et servitiis continue praestitis , tam in rebus gestis ,
quam in aliis maioribus et importantissimis nostrorum re-
gnorum occasionibus , pariterque tui , tuorum inclitorum
praedecessorum , et praesertim vicecomitum Arnaldi , Gu-
glielmi , Ufridi, Gaufridi, Guerai, Dalmai, Alarichi et Ame-
richi de Rocaberti, proavi , avi , patris et fratrum tui , qui
et tu ex regia stirpe gotorum regum Hispaniae ex directa
linea tratti, taliter quod nos et tu ex una eademque stipite
nati sumus, prò qua quidem concedimus et damus tibi prò
(1282-85)
modo in compotum praedictorum servitiorum terram et
castrum Cammaratae in hoc regno Siciliae existentes, cum
iuribus et pertinentiis suis omnibus meroque et mixto im-
perio et cladii potestate , salvis etc. Datum Cathanae , 28
Augusti 1282.
Il testo è riferito da Filadelfo Mugnos, nella sua opera Teatro
genealogico delle famiglie nobili di Sicilia. Palermo , 1647 , par-
te III, lib. Vili, famiglia Rocaberti (dopo la pag. numerata 232).
È abbastanza noto il discredito del Mugnos, il quale mescolava
nei suoi lavori notizie inesatte ed inventate, insieme a documenti
falsi, per soddisfare maggiormente 1' orgoglio e le ambizioni dei
nobili del suo tempo
Non si ha, tra i registri di Pietro I, alcun documento per con-
cessione di Gammarata al Rocabert; anzi sembra che allora quel
comune fosse demaniale, perchè era quivi dato avviso dal Re Pie-
tro in ottobre 1282 per mandare i propri rappresentanti al Par-
lamento di Catania: «quatuor ex vobis de melioribus, mediocri-
bus et popularibus vestrum . . . eligatis » Gfr. Carini, De rebus,
pag. 140). La famiglia Rocaberti è di origine catalana, né si scorge
memoria di suoi discendenti in Sicilia. Dalmacio , insieme con
altri nobili , era nel maggio 1283 richiesto dall' Infante Alfonso
per recarsi con uomini ed armi a Lerida, all'arrivo del Re Pietro
(Carini, De rebus, cit. p. 703). Amari, 9a ed. , voi. II, pag. 133
ricorda il Visconte di Rocaberti , signore di Peralada in Catalo-
gna nel 1285 e strenuo difensore. Del frate Dalmacio dell'ordine
del Tempio, prigioniero del Sultano d'Egitto nel 1303, di Gugliel-
mo arcivescovo di Tarragona nel 1309 , e di Gerao proposto dal
Re Giacomo nel 1317 come canonico di Tortosa , forniscono no-
tizia vari documenti in Finke , Ada aragonensia cit. , voi. II ,
pag. 744, 770, 792. S. V. Bozzo menziona Guerao ambasciatore
del Re Giacomo nel 1318 alla Corte del Papa in Avignone (Note
storiche sicil. cit., pag. 461).
La falsità compiuta del Mugnos , oriundo spagli uolo , riesce
evidentissima dallo stile strano ed insolito del documento , dal
titolo di Re di Sardegna dato al Re Pietro , che non possedeva
affatto quell'isola, dal ricordo dell' esser venuto il Rocaberti in-
sieme col Re alla conquista del nuovo regno di Sicilia, dalla de-
— 233 — (1282 - 85)
signazione di vari Rocaberti (quasi ricavata da qualche antica
genealogia spagnuola), dulie concise ed interrotte frasi riguardanti
le forinole di giurisdizione feudale, ed infine dalla data (28 ago-
sto 1282, da Catania), cioè prima dell'arrivo del Re Pietro in Tra-
pani, che fu a 30 agosto, come nota Amari, voi. I, pag. 287.
OXXVI.
1282, ottobre 24, indizione 11, Messina.
It Re Pietro I, per la fede sincera dimostrata dal milite Gual-
tieri di Caltagirone , che non ha curato pericoli e dispendi per
il servizio regio , conferma il privilegio (inserito per intero) del
14 aprile 1253, col quale il Re Manfredi concede in feudo al me-
desimo Gualtieri il castello e la terra di Giarratana , siti nel
Giustizierato della Valle di Noto, per sé, suoi eredi e successori.
Petrus Dei gratia Aragonum et Sicilie Rex. Quamquam
regalis cura regiminis nos impellat fìdelium nobis obsequen-
tium merita compensare dignorum vicissitudine premiorum,
magis ante illorum debemus remunerare servicia, qui pre-
decessoribus nostris regibus et nobis totis viribus fideles
se semper exhibuerunt, et exhibent ad presens famulatum.
Per presens igitur privilegium notum fieri volumus univer-
sis, tam presentibus quam futuris, quod presens in Curia
nostra nobilis miles Gualterius de Calatagirono celsitudini
nostre ostendit et presentavit quoddam privilegium conces-
sionis sive donacionis sibi suisque heredibus et successori-
bus per illustrem dominum regem Manfridum, olim Sicilie
regem, memorie recolende, predecessorem nostrum, conti-
nentie talis : Manfridus Dei' gratia Rex Sicilie , Ducatus A-
pulie et Principatus Capue. Etsi cunctis fidelibus nostris
obsequiosa servicia eorum premiis et muneribus compen-
sare tenemur , illis tamen quos fìdei constancia digniores
reddit dexteram nostre liberalitatis prò meritis extendere
debemus. Presentis itaque privilegii serie notum fieri volu-
(1282 - 85) — 234 —
mus universis, tam presentibus quam futuris , quod atten-
dentes fidelitatem sinceram grataque servicia que tu, nobi-
lis Gualterius de Galataierone , familiaris et fidelis noster ,
prompto animo fideliter et devote culminibus nostris presti-
tisti, nullis parcendo laboribus, iacturam bonorum minime
curando, mortis pericula obeundo prò nostri nominis et ho-
noris] exaltatione, nostrorumque hostium oppressione et di-
spersione. Ne igitur tot tantaque servicia inremunerata per-
transeant, tibi tuisque heredibus et successoribus castrum
et terram Iarratane in lusticiariatu Vallis Nethi , predicti
nostri regni Sicilie, posita, cum omnibus iuribus, pertinen-
ciis, tenimentis, hominibus, vassallis, territoriis, casalibus ,
possessionibus, iurisdicionibus, dignitatibus et preeminentiis
quibuscumque concedimus et donamus, que videlicet de de-
manio in demanium , et que de servicio in servicium. Ita
tamen quod castrum et terram predictam in capite a nostra
Curia teneatis et possideatis , ipsique nostre Curie militari
servicio servire teneamini , ana videlicet unciarum viginti
prò quolibet equo armato , iuxta usum et consuetudinem
dicti nostri regni, secundum annuos redditus et proventus
dictorum castri et terre et pertinenciarum suarum , quod
servicium ipse nobilis Gualterius, presens in Curia nostra,
sponte obtulit et promisit se dictosque suos heredes et suc-
cessore^ prestaturos , faciens manibus et ore homagium ,
iuxta sacrarum dicti regni constitucionum imperialium con-
tinenciam et tenorem. Quodque vivant iure Francorum, vi-
delicet quod maior natu minoribus fratribus et coheredibus
suis et masculus feminis preferatur , quodque sint incole
dicti regni nostri Sicilie et in eodem regno sub nostra, he-
redum et successorum nostrorum fidelitate et dominio ha-
bitent et morentur. Retentis tamen et expresse reservatis ,
que a presenti concessione nostra omnino excludimus, iu-
ribus lìgnaminum, necnon mineriis , salinis , solaciis et fo-
restis antiquis, que velut ex antiquo ad regiam dignitatem
spectancia, nostro demanio volumus reservari, et quod ad
ea omnia et singula occasione presentis donacionis nostre
— 235 — (1282 - 85)
et [concessionis] non extendant manus suas. Si vero perti-
nencie dictorum castri et terre usque ad mare protenduntur,
ius, dominium et proprietas tocius lictoris et pertinenciarum
ipsorum , in quantum a mare infra terram per iactum ba-
liste ipse pertinencie protenduntur, tamquam ad regiam
dignitatem spectancia , in nostris demanio et dominio re-
serventur, quodque eciam in pertinenciis supradictis dicto-
rum castri et terre animalia et equitature araciarum, mas-
sariarum et marescallarum nostrarum libere sumere valeant
pascua, prout hactenus et consuetum est. Ad huius autem
concessionis et donacionis futuram memoriam et robur per-
petuo valiturum presens privilegium exinde fieri iussiinus,
et maiestatis nostre sigillo communiri. Datum in castris
apud Barlectam regni Neapolis , die XIV aprilis , XV indi-
ctionis, anno domini MCCLIII, per manus Raynaldi Secre-
tarli et fidelis nostri in defectu Cancellarli. Et maiestati
nostre humiliter et devote supplicavit ut sibi et suis here-
dibus et successoribus in perpetuum castrum et terram pre
dictam , cum omnibus iuribus, racionibus, pertinenciis, iu-
risdicionibus et aliis , prout in dicto privilegio continetur ,
de benignitate regia confirmare dignaremur. Guius suppli
cacionibus benigniter admissis , considerantes illibatam fi
dem dicti nobilis militis erga celsitudinem nostram serva
tam , prò qua contra diversos insultus nostrorum hostium
viriliter se opponens, vitam suam periculis, et facultates et
bona sua iacturis et dispendiis multimode exponere non
metuit, familiamque suam deserere prò nobis obsequendo
non curavit. Nolentes igitur tam grandia et accepta servicia
absque premio pertransire, eidem nobili militi, suisque suc-
cessoribus legitimis de suo corpore legitime descendentibus
castrum et terram Iarratane predicta, cum omnibus iuribus
et pertinenciis suis, vassallis, vassallagiis, territoriis , casa-
libus, possessionibus, vineis, olivetis, terris cultis et incultis,
planitiis, montibus, pascuis, pratis, neraoribus, arboribus do-
mesticis et silvestribus, aquis, aquarum decursibus, molen-
dinis, molendinorum saltibus, piscacionibus, venacionibus,
(1282 - 85) — 236 —
iurisdicionibus, dignitatibus et preeminentiis quibuscumque
[concedimus], que videlicet de demanio in demanium, et que
de servicio in servicium, sub debito tamen et consueto mili-
tari servicio, ana videlicet unciarum viginti prò quolibet equo
armato , secundum annuos redditus et proventus castri et
terre predicte, iuxta sacrarum regalium et imperialium con-
stitucionum dicti nostri regni continenciam et tenorem ,
quod servicium dictus nobilis miles per se et suos succes-
sores nobis et successoribus nostris sponte facere et prestare
promisit, prestans proinde fidelitatis debitum iiiramentum,
et faciens manibus et ore homagium iuxta sacrarum con-
stitucionum imperialium eiusdem regni continenciam et te-
norem. Ita tamen quod predictus nobilis miles suique suc-
cessores predicti castrum et terram predicta in capite a
nostra Curia teneant et cognoscant , quodque vivant iure
Francorum , scilicet quod maior natu minoribus fratribus
et coheredibus suis et masculus feminis preferatur, ac sint
incole regni nostri predicti et in eodem regno sub nostro
nostrorumque heredum et successorum dominio et fìdeli-
tate habitent et morentur. Retentis tamen et expresse re-
servatis , que a presenti confirmacione seu de novo dona-
cione et concessione nostra omnino excludimus , iuribus
lignaminum, si que in dictis castro et terra et pertinenciis
suis predictis nostre Curie debentur , necnon mineriis , sa-
linis, solaciis et defensis antiquis, si que in eisdem castro
et terra et pertinenciis suis predictis reperiuntur, tamquam
ex antiquo ad Curiam nostram pertinentibus eidem nostre
Curie volumus reservari, et quod ad ea omnia et singula,
occasione presentis nostre confirmacionis, et nove donacio-
nis et concessionis non extendant aliquatenus manus suas.
Et si dicti castri et terre pertinencie usque ad mare pro-
tenduntur, ius, proprietas et dominium tocius lictoris per-
tinenciarum ipsarum, in quantum a mari infra terram per
iactum baliste ipse pertinencie protenduntur, tamquam ex
antiquo ad regiam dignitatem spectancia, in nostris dema-
nio et dominio reserventur. Insuper ammalia et equitature
— 237 — (1282 - 85)
araciarum, massariarum et marescallarum nostrarum libere
sumere valeant pascua in teniraentis et pertinenciis djcto-
rum castri et terre. Ad huius autem nostre confirmacionis
aut nove concessionis et donacionis memoriam et robur
perpetuo valiturum , presens privilegium exinde fieri , et
maiestatis nostre sigillo pendenti iussimus coramuniri. Da-
tum Messane XXIV die mensis octobris , XI indicionis ,
anno dominice incarnacionis MGGLXXXII, regnique nostri
anno primo.
4
Questo documento trovasi trascritto nel volume ms. Qq. H. 13,
fol. 46 (del sec. XVIII) della Bibl. Com. di Palermo. Non se ne
scorge però alcuna notizia nei registri del Re Pietro. Il privilegio
inserto del Re Manfredi è inedito , perchè manca nell' opera di
Bartolomeo Gap asso , Historia diplomatica regni Sicilie inde ab
anno 1250 ad annum 1266. Neapoli, 1874. Winkelmann, Ada im-
perii inedita. Innsbruck, 1880, pag. 220 , pubblicò un documento
del 1222 dell' imperatore Federico II , traendolo dalla medesima
fonte , e notò di essere una impudente falsificazione moderna :
« unverschàmte falschung der neuzeit».
Falsi sono senza dubbio il privilegio del Re Pietro e 1' altro
inserto del Re Manfredi. Il dettato ed il sistema di forinole pro-
lisse, propri dei secoli XIV e XV, sui quali fu foggiato il docu-
mento (come può vedersi in Gregorio , Bibliotheca scriptorum
aragon., t. Il, pag. 501 e seg.) lo provano abbastanza; ed è anzi
rimarchevole che le formole del documento svevo siano quasi
identiche alle altre del periodo aragonese , contrariamente ai si-
stemi di quelle Cancellerie. Le espressioni de demanio in dema-
ninn/C et que de servicio in servicium, proprie dei giuristi, adope-
rate nei due documenti, la datazione apud Barlectam regni Nea-
polis in quello svevo, e le frasi dell'altro : prò nobis obsequendo,
ed il ricordo regalinm et imperialium constitucionum, mentre si
conosce che il Re Pietro I non emanò costituzioni , sono pure
indizi sicuri della falsificazione.
Nondimeno Vito Amico, Lexicon topographicum siculum. Pa-
normi, 1757, t. I, pag. 279 accolse come veri quei documenti, e
scrisse per Giarratana che « sub Manfredo Gualterius de Calata-
jerone possidebat , cui post exactos Gallos Petrus Aragonensis
dominium confirmavit » .
(1282 - 85) — 238 —
Conviene notare che Gualtieri fu uno dei quaranta militi, che
a 30 dicembre 1282 sottoscrissero la convenzione per il duello
tra il Re Pietro e Carlo d'Angiò. Per altre notizie si veda sopra,
doc. n. Vili.
OXXVII.
1282, ottobre 27, indizione 11, Messina.
Il Re Pietro I, volendo rimunerare la fedeltà ed i servisi resi
« signanter in acquisitone dicti regni nostri » da Giovanni e Pie-
tro di Antiochia, padre e figlio, concede ai medesimi in feudo la
terra ed il castello di Cerami, che prima erano posseduti da Ro-
berto Arnoldo, al quale furono confiscati per crimine di ribellione.
Petrus Dei gratia Aragonum et Sicilie Rex. Decet ma-
gnificentiam regiam illos gratiis et favoribus ampliare, quos
antiqua fidelitas et gratuitorum serviciorum oblacio reddunt
benefìciorum largitione condignos. Actendentes igitur puram
fidem et devocionem sinceram , nec minus servicia nimis
grata serenitati nostre fideliter prestita per nobiles milites
Iohannem et Petrum de Antiochia, patrem et filium, signan-
ter in acquisicione dicti regni nostri , et que prestaturos
speramus in futurum , eisdem miiitibus Iohanni et Petro
terram et castrum de Ghirami in dicto regno posita et in
valle Demone , que detinebantur per Robertum Arnoldum
publicum hostem et proditorem nostrum , et nostre Curie
legitime per dictum crimen devoluta et confiscata, cum om-
nibus hominibus, iuribus et pertinentiis eorum damus, con-
cedimus et donamus liberaliter et gratiose. Ita tamen quod
dicti Iohannes et Petrus eadem terram et castrum in capite
a nostra Curia teneant et cognoscant, et inde diete nostre
Curie militari servitio servire teneantur , quodque vivant
iure Francorum, videlicet quod maior natii minoribus fra-
tribus et coheredibus suis et masculus feminis preferatur.
— 239 — (1282 - 85)
Et si in terra et castro predictis sint aliqui barones et feu-
datarii, qui prò baroniis et feudis eorum servire in capite
nostre Curie tenentur, ipsi nostre Curie serviant ut tenen-
tur. Retentis tamen et expresse reservatis , que a presenti
donacione et concessione nostra omnino excludimus , iuri-
bus lignaminurn, si qua in dictis terra et castro et predictis
pertinentiis suis Curie nostre debentur , necnon mineriis ,
salinis, solaciis , forestis et defensis antiquis, tamquam ad
nostrani Curiam ex antiquo pertinentibus. Si vero pertinen-
tie diete terre et castri usque ad mare protenduntur , ius ,
proprietas et dominium totius lictoris et pertinentiarum ip-
sarum, in quantum a mari infra terram per iactum baliste
ipse pertinentie protenduntur , tamquam ad regiam digni-
tatem spectantia ipsi nostro demanio et dominio reserven-
tur. Ammalia insuper et equitature aratiarum , marescalla-
rum, massariarum nostrarum libere sumere valeant pascua
in tenimentis et pertinentiis diete terre et castri predictis.
Fidelitate nostra , heredum et successorum nostrorum ac
militari servitio semper sai vis , stante ho magio facto et fi-
delitate coram nobis per dictos milites Tohannem et Petrum
prestita. Ad huius autem nostre donationis et concessionis
futuram memoriam et perpetuam firmitatem presens fieri
fecimus, et nostri sigilli munimine roborari. Datum Messa-
ne, die XXVII octobris, XI indictionis, regnis nostri anno
primo [1282].
Dal volume ms. Qq. H. 13 della Bibl. Com. di Palermo , a
fol. 100 , nel quale volume il Winkelmann additava contenersi
vari documenti svevi falsificati (cfr. doc. precedente, n. CXXVI).
Manca ogni ricordo di tale concessione per il tempo del Re
Pietro ; e soltanto nell' Elenco dei feudatari dell' epoca di Fede-
rico II aragonese , si legge : « D. Petrus de Antiochia miles prò
Mistretta, Rigitano, Capitio et duabus partibus Cirami (Gregorio,
Bibliot. script, aragon., t. Il, pag. 467). La concessione di quella
terra non è perciò insussistente, ma non appartiene al regno di
Pietro.
Si desume la falsità anche per questo documento dallo stile
(1282 - 85) — 240 —
improprio , ed inoltre dalla notizia del ribelle Roberto Arnoldo
che è sconosciuto, dall'espressione homagio facto et fidelitate co-
rani nobis, e dall'altra : « fecimus . . . sigilli munimine in dorso
roborari », che proverebbe come la concessione di un feudo si fa-
cesse quasi con una lettera, più che con un privilegio.
La famiglia Antiochia è assai celebre per la sua fedeltà agli
Svevi, e poi ai sovrani aragonesi. Gfr. sopra, doc. XI, del tempo
«dei preparativi di conquista».
CXXVII1.
1283, dopo rtl giugno.
Il Re Carlo 1 d'Angiò annunzia che nel giorno 1° giugno si
presentò, secondo i patti, in Bordeaux innanzi Giovanni Greilly,
Siniscalco del Re d'Inghilterra, per il duello, ma che il Re Pie-
tro non comparve, né si scusò, nonostante che egli (Re Carlo) lo
avesse aspettato sino alla sera, avendo il Re di Francia, Filippo,
assicurato che avrebbe dato libero passaggio al Re Pietro. Dice
altresì che il Re Pietro fu visto sano di corpo avanti il 1° giugno,
e vicino alla città di Bordeaux, nella quale poteva in quel giorno
presentarsi, ina che ciò egli non eseguì.
Sciat vestra nobilitas quod die martis prima die iunii
nuper preterite secundum pacta et conventiones prelibatas,
corani Iohanne de Greilli milite Senescalco regis Angliae
illustris et aliis compluribus iusticiariis , ballivis et officia-
libus dicti regis, locum ipsius in Vasconia, et specialiter in
civitate Burdegalensi, tenentibus, nos in dieta civitate pre-
senta vim.us ad beJlum, de quo supra fit mentio, cun centum
militibus nostris faciendum paratos, Petro praedicto quon-
dam rege Aragonum minime comparente et se nullatenus
excusante. Et sciatis quod ipsum Petrum a mane ad vespe-
ram usque expectavimus, ipsius desiderantes adventum, te-
nentes prò firmo quod dominus et nepos noster Philippus
rex Francorum nuntiis dicti Petri obtulit quod ipsum Pe-
— 241 — (1282 - 85)
trum et suos per litteras suas et iuramentum super hoc
praestandum prò se et omnibus baronibus et gentibus suis
ibidem existentibus assecurare volebat , qui barones per
litteras et iuramenta assecurationem modo simili offerebant
ex abundanti, licet praedictus rex Franciae et nos ad hoc
nullatenus teneremur , maxime cum securitas quam eidem
Petro feceramus , sufficeret prò ut in dictis convention ibus
continetur, nec aliquatenus per dictum regem Franciae aut
alios amicos nostros frangi deberet, sed illam intendebat
inviolabiliter observare. Et licet idem Petrus a pluribus fide
dignis visus fuisset sanus corpore ante dictam primam diem
iunii, et ita dictae civitati propinquus quod poterat se dieta
die praesentare, si vellet, in civitate praedicta propter pro-
missiones et assecurationes a rege et baronibus ei factas ,
sicut praedictum est, nihilominus nec venit, nec se aliqua-
tenus excusavit.
Tale lettera fu pubblicata da Pietro De Marca nell'opera Mar-
ca hispanica. Parisiis , 1688, col. 592, col titolo: « Literae en-
ciclicae Karoli regis Sicilie de rebus a se gestis in Vasconia » ,
e con l'indicazione di averla tratta « ex eodem archivio regio Pa-
lensi». Venne poi ristampata dal Burmanno, Thesaurus Siciliae,
cit., t. V, col. 72, con lo stesso argomento dato dal De Marca.
Vari sospetti inducono a ritenere falso questo documento , il
quale non ha alcuna intitolazione regia, né datazione. Esso sem-
bra derivato dalla lettera vera del Re Carlo d'Angiò, posteriore
all'11 giugno, inviata alle città italiane, e pubblicata dal Mura-
tori (cfr. sopra, doc. XXVII). Siccome in tale lettera, dopo avere
enumerato le ingiustizie del Re Pietro, e gli obblighi per presen-
tarsi al duello, si faceva in fine un breve cenno della venuta del
Re Carlo in Bordeaux al 25 maggio e della dimora sino all' 11
giugno , senza che il Re Pietro venisse , forse sembrò meglio a
qualche erudito di foggiare una nuova lettera, che desse notizia
dei latti della presenza del Re Carlo al campo nel 1° giugno.
La lettera falsa di Carlo segue nell'edizione del De Marca su-
bito dopo il testo dei due documenti, in gran parte conformi, di
convenzioni del duello (V. sopra, doc. XVI, pag. 50). Quegli che
inventò la lettera, adoperò locuzioni simili al testo della lettera
G. La Mantia, God. dipi. arag. 16
(1282 - 85) — 242 —
vera, perchè in quest'ultima si dice : insuper amicitiam vestram
scire volumus, e nell'altra : sciai nobilitas vestra. Inoltre il fal-
sificatore volle formare quasi unico testo di quei documenti di
convenzione per il duello, di dicembre 1282, con questo del 1283,
dopo l'il giugno, perchè si dice : secundum pacta et conventiones
prelibatas, e poi : bellum de quo supra fit mentio, ed altresì : prout
in dictis conventionibus . Non è però affatto a presumersi che
il Re Carlo per dar notizia dell'esito del duello avesse messo, in-
nanzi il documento, il lungo testo di quelle convenzioni, né ciò
fu fatto nella lettera vera di protesta del Re Carlo (V. sopra ,
doc. XXVII cit).
Termina il documento falso con le parole : « sicut predictum
est, nihilominus nec venit [il Re Pietro] nec aliquatenus se ex-
cusavit», le quali sono identiche a quelle della lettera vera. Ap-
pare così manifesto che questa breve lettera falsa si voleva so-
stituire al cenno fugace della lettera genuina di protesta.
Strana è ancora l'espressione sanus corpore per il Re Pietro.
La notizia che il Re Carlo aspettò dalla mattina sino alla sera,
sembra tratta dalla cronaca del M al aspi na che dice : « expectans
per meridiem , et plusquam etiam » (in Gregorio , Bibl. script,
arag., t. II, pag. 402). Amari , 9a ediz. , voi. II , pag. 25 e seg.
indica per quei fatti del duello le varie cronache , dove vedonsi
ricordati; ma non accenna i dubbi che sorgono per questa lettera
di Carlo, la quale egli anzi non menziona affatto.
È evidente che il partito guelfo intendeva spargere sempre mag-
gior biasimo su quanto concerneva la mancata presenza del Re
Pietro al duello, e di ciò è chiara conferma la prolissa narrazione
del Malaspina pei» quei fatti (ed. Gregorio cit., pag. 386-402). Il
Re Pietro, partito da Valenza a 17 maggio 1283, trova vasi a 26
maggio a Tarazona , ed a 1° giugno a Bordeaux , e di là a Ba-
iona nei Pirenei, come si ricava dai documenti editi da Carini,
De rebus (pag. 705 e seg.).
Devesi qui avvertire, per non incorrere in equivoci, che Bur-
manno, op. cit., col. 89-94, dopo il testo dei documenti sul duello,
i quali trae dal De Marca , aggiunge quello di due lettere del
Papa Martino IV , una del 21 marzo 1282 e V altra senza data.
Egli dice : « Quibus duas literas a Martino IV pontifice exara-
tas, et ad hanc rem facientes ex iamiam memorato Francisco Du-
chesne addidimus », cioè perchè riguardano l'epoca del Re Pietro
. — 243 — (1282 - 85)
di Aragona. L'erudito tedesco non si avvide che la lettera , che
egli riporta con questo titolo : « Martini IV papae epistolae e-
xemplar responsivae epistolae Petti regis Arragonum» (sic), di-
mostra invece, dai fatti che vi si ricordano, che essa apparteneva
al Papa .Onorio III, e che era una violenta risposta ad altra del-
l'imperatore Federico II, e non di Pietro d'Aragona. Il testo fu
dato poi in luce nel 1726 da Liìnig, Codex Italiae diplomaticus,
t. Il, col. 867 e seg., come documento di Papa Onorio. Gfr. Pot-
thast, Regesta pontif. rom. cit., t. I, n. 7581 ad an. 1226.
OXXIX.
1283, agosto 13, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo dà licenza a Pietro d' Antiochia , milite , che
possiede la terra di Cerami per concessione del Re Pietro, di ce-
dere la terza parte di essa terra per dote della figlia Bettuccia
data in isposa a Luigi La Manna.
Iacobus dei gratia rex Sicilie, ducatus Apulie et prin-
cipatus Gapue. Notum fieri volumus universis tara presen-
tibus quara futuris quod presens in Curia nostra nobilis
miles Petrus de Antiochia, baro terre et castri Cerami, hu-
militer et devote exposuit quod cum ipse ex reali conces-
sione sibi et quondam Iohanni genitori suo ohm per sere-
nissimum regem Petrum reverendum genitorem nostrum
habeat, teneat et possideat dictam terram et castrum Cera-
mi , cumque teneatur assignare dotem congruam Aloysio
la Manna et promessam in nuptiis celebratis inter ipsum
et Bectuciam filiam dicti Petri , neque habeat unde dotem
predictam satisfacere, supplicavit idcirco ut ei licentiam ter-
tiam partem eiusdem terre Chirami assignandi dicto Aloy-
sio prò dotibus predictis concedere dignaremur. Qua sup-
plicatione per nos clementer admissa, quia ad hoc accedit
consensus Friderici de Antiochia fìlli primogeniti dicti Petri
(1282 - 85) — 244 —
et fratris ipsius Bectucie , actendentes puram fidem et de-
vocionem sincerarli tam dictorum Petri et Foderici , quam
Aloysii predicti, concedimus eis licentiam et plenariam fa-
cultatem assignandi tertiam partem diete terre Chirami prò
dotibus diete Bectucie eius filie dicto Aloysio , dummodo
tamen indivisa terra predicta remaneat , stante quod hec
talis nostra licentia non ledit constitutiones dicti nostri re-
gni , sed quoad fructus et redditus ipsius terre procedat
assignatio antedicta. Quapropter omnibus et singulis officia-
libus nostris in eodem regno constitutis et constituendis
dicimus, precipimus et mandamus quatenus presentem no-
strani licentiam fìrmiter habeant, teneant et observent, haberi
teneri et observàri per omnia faciant per quoscumque , nil
in contrarium temptaturi prò quanto gratiam nostram ca-
ram habent iramque et indignationem cupiunt evitare. Da-
tum Messane, anno dominice incarnacionis MGC[L]XXXIII
mense augusti, XIII eiusdem, prime indietionis, regni nostri
anno III.
Dal voi. ms. Qq. H. 13, fol. 110, della Bibl. Gom. di Palermo,
con indicazione incostante dei dittonghi, che non si usavano nel
secolo XIII.
Non occorre recar molte prove per dimostrare la falsità di que-
sto documento. La designazione della dignità di Re per Giacomo
al 1283, quando ancora era Infante e Luogotenente , l' indizione
erronea che dovrebbe essere XI, le formole insolite e troppo sem-
plici del testo , e le espressioni : « prò quanto gratiam nostram
caram habent, iramque et indignationem cupiunt evitare», pro-
prie dei documenti regi del secolo XV e posteriori, tolgono qua-
lunque carattere genuino al privilegio. La concessione indicata
del Re Pietro è quella, pure falsa, del 27 ottobre 1282, per il ca-
stello di Cerami donato a Giovanni e Pietro d'Antiochia , padre
e figlio (V. sopra, doc. GXXVII).
Dalla Bescriptio feudorum compilata durante il regno di Fe-
derico II aragonese , si ricava che il milite Pietro di Antiochia
possedeva due parti della terra di Cerami (ed. Gregorio , Bibl.
script, arag., t. II, pag. 467, lin. 49), ed una terza parte spettava
agli eredi del giudice Giovanni de Manna. Si ha pertanto qual-
— 245 — (1282 - 85)
che base di vero per la concessione agli Antiochia, ed anche per
il trasferimento ai de Manna ; ma nonostante ciò , il documento
di Giacomo (come quello del Re Pietro) è certamente falso.
oxxx
1284, dopo il 5 maggio.
Il Re Pietro I scrive al Papa Martino 1 V dolendosi delle ac-
cuse ingiuste contro di lui (Re Pietro) mosse dal Re Filippo di
Francia, e della conseguente privazione dei suoi domini di Ara-
gona e Catalogna, ed assegnazione al figlio del suddetto Re Fi-
lippo. Ricorda varie massime evangeliche intorno la moderazione
che dovrebbe usare la Chiesa, « nec est de ara pontificis , ut de-
linquenti venia denegatur», per non far subire ai figli innocenti
la pena dei delitti dei genitori, e lo supplica perchè revochi la
sentenza di privazione e freni V audacia del Re di Francia , al-
trimenti sarà egli (Re Pietro) costretto a chiamare i Saraceni
contro gli Angioini e gli Italiani. Dice di avere egli assunto la
difesa della Sicilia , non solo per essere stato invocato da quel
popolo contro le oppressioni degli Angioini, ma anche per il di-
ritto alla successione del Re Manfredi, e che i domini di Aragona
e Catalogna , prima invasi dai Saraceni , furono convertiti dai
suoi antecessori alla fede cristiana.
Il testo di questa pretesa lettera, senza data, è riferito dal cro-
nista Bartolomeo di Neocastro, al cap. 73 (ed. Gregorio, Bibl.
scriptorum arag., t. I, pag. 99 e seg.).
I documenti , ai quali la lettera del Re Pietro potrebbe rife-
rirsi , sono quella serie di bolle e brevi, che il Papa Martino e-
manò dal 21 marzo 1283 sino al 5 maggio 1285 intorno la priva-
zione dei regni di Aragona, Valenza e Catalogna, dei quali atti
pontifici ed altri connessi die in parte cenno Amari, 9a ed., vo-
lume I, pag. 275 e seg. ed il riassunto il Carini, Gli Arch. e le
Bibl., voi. II, pag. 194-200, su le pergamene esistenti nell'Archi-
vio di Barcellona.
La bolla del Papa Martino IV, data in Orvieto a 21 marzo 1283,
(12S2 - 85) — 246 —
non contiene altro, per la privazione del regno di Aragona, che
le parole : « exponimus eadem regnum et terras occupanda catho-
licis, de quibus et prout sedes apostolica duxerit providendum
in dictis regno et terris eiusdem Ecclesie Romane, ut premittitur,
iure salvo». Non si menziona affatto alcuna concessione al figlio
del Re di Francia. Per questa bolla di scomunica e deposizione
del Re Pietro conviene notare che essa fu pubblicata nel 1882 ,
come inedita in gran parte (avendone riferito soltanto frammenti
il Raynaldi) dal chiar. mons. Gioacchino Di Marzo, con un ar-
gomento alquanto improprio, nel voi. Bicordi e doc. del Vespro
sicil. cit., pag. 91 e seg., e così ritenne 1' Amari, 9a ed., voi. II,
pag. 7. Fu poi riprodotta la bolla, nello stesso anno 1882, dicen-
dola inedita (e per migliorare la lezione del Di Marzo), nel voi.
I Papi ed i Vespri Siciliani. Roma, pag. 135-151 . Il testo intero
invece era ben noto sin dal 1726 per 1' edizione data da Lunig,
Codex Italiae diplomaticus, t. II, col. 999 a 1014, e fu ristampato
nel Bullarium diplomatum et primi, romanorum pontif. Aug.
Taurinor., 1859, t. IV, pag. 54-66, la quale edizione del Bollano
era indicata nel 1884 dallo stesso Carini, op. cit., pag. 194.
Altra bolla più esplicita, che concerne la privazione del regno
di Aragona contro il Re Pietro , è quella del 27 agosto 1283 da
Orvieto (cfr. Potthast, Begesta pontif. rom., cit. n. 22061). Con
essa il Papa permetteva al Cardinale di S. Cecilia di trattare col
Re Filippo di Francia per 1' assegnazione del regno di Aragona
e della Catalogna ad uno dei suoi figli , escluso il primogenito.
A 5 maggio 1284 il Papa Martino IV emanava la bolla , con la
quale concedeva quei regni a Carlo di Valois, figlio del Re Filippo.
Dopo tal tempo (maggio 1284) potè avvenire la trasmissione
della lettera di protesta del Re Pietro. Non si ha però di tale let-
tera alcuna menzione nei registri di quel Re. Deve pertanto rite-
nersi che essa sia stata compilata dal cronista Neocastro, for-
mandone quasi una conclone, al pari degli storici dell'antichità,
e con una breve risposta assoluta del Papa. Amari, 9a ediz., voi. II,
pag. 7 e seg., attenendosi al testo delle bolle, non ricorda la pre-
sunta lettera del Re Pietro , la quale sarebbe stato conveniente
di rigettare.
Può desumersi donde sia provenuta l'occasione della compo-
sizione della lettera riferita dal Neocastro. L'Infante Alfonso di
Aragona, a 27 febbraio (III kalendas marti!) 1283, forse preve-
— 247 — (1282 - 8ò)
derido quanto il Papa Martino IV voleva compiere contro il Re
Pietro, scrisse al Papa, prima che questi emanasse la bolla del
21 marzo , una lettera, nella quale ricordava che suo padre era
stato chiamato al regno di Sicilia, e che egli (Alfonso) aveva ot-
tenuto il diritto alla successione del regno di Aragona (V. su ciò,
doc, XIV, pag. 46), e lo pregava quindi di non recar danno a lui
ed al suo regno (che sono innocenti), se voleva punire il Re Pietro
(cfr. il sunto esteso in Carini cit., pag. 134).
Era il noto principio, che derivava dal diritto romano (Cod.
IX, 9, § 5, Ad legem Iuliam maiestatis), cioè che i figli innocenti
non debbano esser tenuti per la colpa dei padri , come diceva
Dante per il Conte Ugolino (Inf., XXXIII , v. 85-90). Il Re Fe-
derico II aragonese nel 1296 moderava per le mogli e le figlie dei
ribelli feudatarii gli eccessi delle confische (Capitala regni Sici-
liae, cap. VI di Federico, ed. Testa cit., t. I, pag. 50).
Le parole innocuus ftlius della lettera dell'Infante Alfonso tro-
vansi in modo simile nella cronaca del Neocastro ; ond' è evi-
dente che la lettera dell'Infante, trasformata ed alterata, die oc-
casione ad una nuova lettera del Re Pietro , che deve ritenersi
falsa, perchè non conforme ai fatti, né emanata dalla Cancelleria
regia.
Il Re Alfonso nel 1290 , richiedendo il Potestà ed il comune
di Genova a stringere lega con lui , ripeteva quelle proteste , e
l'espressione «non tamen debuit de iure puniri, ob delictum pa-
tris, heredem » , nel doc. da me dato in luce nell' Anuari (1908)
de Vinsi. d'Estudis Calalans. Barcelona, 1909, pag. 360 e seg.
CXXXI.
1285, maggio 27, indizione 11% Termini.
Federico, tenendo in considerazione i meriti di Francesco, de
Milo e quelli del figlio Giovanni Luigi , milite , concede , a suo
beneplacito, a costui l'officio di Provveditore dei castelli di Sicilia,
che era stato prima conferito al defunto suo padre.
Facte sunt patentes litere in hec verba : Fridericus etc.
Notum fieri volumus universis tam presentibus quam fu-
(1282 - 85) — 248 —
turis presentes commissionis literas inspecturis quod acten-
dentes fìdelia servicia per quondam nobilem Franciscum
de Milo militem de Trapani prorapto animo et devote no-
bis prestita dum vitam duceret in humanis, nec minus grata
obsequia per nobilem Iohannem Aloysium de Milo militem
genitum suum nobis ferventer exhibita. Ad humilem sup-
plicationem eiusdem nobilis militis loan Aloysi officium Pro-
visoris castrorum nostrorum in dicto regno Sicilie , quod
dictus nobilis miles Franciscus genitor suqs tempore mor-
tis sue ex regia commissione tenebat et exercebat , dicto
nobili militi Ioannucio, nostro tamen beneplacito perdurante,
et donec aliter per nos fuerit provisum, recepto prius ab eo
debito et consueto ad sancta Dei quatuor evangelia iura-
mento de officium predictum legaliter et fideliter exercendo,
committimus et conferimus cum omnibus honoribus, lucris,
emolumentis, dignitatibus , prerogativis , preeminentiis , iu-
risdictionibus et aliis ad dictum officium spectantibus et
competentibus. Mandantes per presentes ipsas omnibus et
singulis officialibus maioribus et minoribus et presertim
magnifico Protonotario, consiliario et fideli nostro, vel eius
locumtenenti, ad quos seu quem pertinet et presentes pre-
sentate fuerint, quatenus dictum nobilem militem Ioannem
Aloysium de Milo in possessionem dicti officii inducant ,
inductumque manuteneant et defendant, dicto tamen nostro
beneplacito perdurante , eumque in provisorem regiorum
castrorum nostrorum babendo, reputando et tractando, ipsi
respondeant , et responderi faciant de omnibus lucris et
emolumentis solitis et consuetis, et ad dictum officium le-
gitime spectantibus et pertinentibus , contrarium minime
faciendo , vel fieri permictendo prò quanto gratia regia ei
cara est, iramque et indignationem nostram cupiunt evitare.
In cuius rei testimonium presentes fieri et sigilli nostri
munimine roborari. Datum Thermis XXVTI madii, XI in-
dictionis, anno dominice incarnacionis MGGLXXXV.
Dal voi. ms. Qq. H 13, fol. 109 della Bibl. Com. di Palermo.
Riesce agevole il riconoscere la falsità di questo documento.
— 249 — (1282-85)
Federico nel 1285 non era né Luogotenente, né Re, e non poteva
quindi emanare privilegi. Non si ha nemmeno notizia che in
quell'anno (e neanco durante il regno di Pietro) esistesse l'officio
del magnifico Protonotaro o del suo Luogotenente, « ad quos seu
quem pertinet et presentes presentate fuerint» (cioè le lettere).
Dalle mie ricerche si rileva anzi che prima del 1319 non si trova
ricordo di registri del Protonotaro (cfr. G. La Mantia, Su l'uso
della registrazione cit. in Arch. Stor. Sicil. , an. XXXI , 1906 ,
pag. 208).
La sanzione penale in fine del documento : prò quanto gratia
regia ecc. non appartiene ai documenti regi di tale tempo. È da
menzionare altresì che la data è segnata in cifre romane 1385 ,
ma è corretta in principio in numerazione ordinaria : 1285.
Si ha notizia di un Francesco Milo per la concessione di una
vigna presso Trapani, a lui fatta dal Re Giacomo nel 1288, che
Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 179 indica inesattamente per Ber-
nardo, e come riportata nel voi. ms. Qq. G. 3, fol. 6, invece di
G. 4, della Bibl. Com. di Palermo. Di altro Bernardo de Mili di
Messina è ricordo in un registro angioino del 1294 (Amari cit.,
pag. 257).
OXXXII.
*
1285, novembre % Villafranca.
Il Re Pietro I, in presenza di notaro e testimoni, in seguito
al giuramento su gli Evangeli, prestato nelle mani del confessore,
di obbedire agli ordini (mandatis) della Chiesa romana, ed altresì
all'ordine imposto al Re dal confessore medesimo (mandato sita
facto ex parte dicti guardiani confessoris) di restituire il regno
di Sicilia alla Chiesa, ed i prigionieri dovunque siano , e di ri-
mettere nel loro stato le chiese di Saragozza, Barcellona, Tarra-
gona e Gerona , adempisce quanto gli ha imposto il confessore.
Ordina pure il Re di rimettere le ingiurie commesse e di pagare
i debiti, che siano a conoscenza « manumissorum seu executorum
sui testamenti seu sue ultime voluntatis ». Dopo ciò il guardiano
ha inteso la confessione dei peccati del Re, e lo ha liberato dalla
(1282 - 85) — 250 —
scomunica, avendo quindi il Re ricevuto il viatico « cum multa
devolione et reverentia».
(Atto in notar Raimondo Escorna, scrittore regio. Mancano le
firme, o almeno l'elenco, dei testimoni).
Pergamena di n. 495 del regno di Pietro I (neh" Arch. Cor.
Arag. in Barcellona), nella quale è trascritto questo ed il docu-
mento che segue (n. GXXXIII).
Trovasi pure nel registro 55 del Re Pietro, a fol. 20 r. (nel me-
desimo Archivio), però cancellato con due linee trasversali.
Pubblicato la prima volta da Saint-Priest , Hist. de la con-
suète, t. IV, pag. 239 e seg. e poi ristampato dal cav. Giuseppe
Salvo-Gozzo in fine di una estesa recensione bibliografica , nel-
V Arch. Stor. Sicil., an. VII, 1883, pag. 442 e seg., da una copia
inviatagli da Manuele de Bofarull (come egli dice). Il Salvo Cozzo
però nella stampa fa precedere a questo documento l'altro del 3
novembre, che nella pergamena 495 è trascritto dopo quello del 2
novembre.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 204 dà un sunto del
documento, sul testo riferito nella pergamena , e non ricorda la
ristampa di Salvo Cozzo. Per la trascrizione contenuta nel regi-
stro 55 il Carini, riproducendo in parte le parole di Saint-Priest,
nota soltanto a pag. 70 : « Testamento di Re Pietro al letto di
morte. Vedi i sunti delle pergamene».
È da ricordare che il Carini chiama inesattamente testamento
quest'atto, e dice che fu fatto alla presenza, mentre invece è per
ordine del monaco guardiano; né corrisponde al testo che il Re
«dichiara di rimettersi in tutto agli ordini della Romana Chiesa»,
perchè ciò è soltanto giuramento che serve alla dichiarazione della
celebre restituzione del regno di Sicilia, quasi « per viltate il gran
rifiuto » del Papa Celestino V.
Ho collocato tra i documenti falsi questo documento, nel senso
che esso, formato dall'umile monaco guardiano di Villafranca, e
da alcuni prelati , non corrisponde affatto alle volontà estreme
del Re Pietro, anzi contiene risoluzioni che costui non avrebbe
mai accolto, oltre le frasi irreverenti verso il Re. Quando ancora
non si conosceva quell'atto , Amari , Un periodo ecc. (pag. 166)
nel 1842 riteneva che, per avere l'assoluzione, il Re Pietro non
dispose intorno la successione al regno di Sicilia. Saint-Priest,
Hist. de la eonquéte, t. IV, pag. 167, avendo nel 1847 trovato il
— 251 — (1282 - 85)
documento , affermava che il Re avesse restituito il regno alla
Chiesa, «dont il se reconnut Vhomme lige », e denominava quella
scrittura, quasi teologicamente, Acte de contrition. L'Amari, mo-
dificando talvolta le sue opinioni , secondo i documenti che in
quasi mezzo secolo venivan fuori, nel 1851 (ediz. 4% Firenze, pa-
gina 298) per la notizia di essere l'atto cancellato manifestava i
suoi dubbi in tal modo : « Fu opera del successore o comando
dello stesso Pietro, che ricusasse di segnare quest'atto preparato
dai preti, che speravano domare il lione mentre aveva la febbre ? ».
Antonio de Bofarull, Historia critica de Cataluna cit. (t. Ili,
pag. 519) nel 1876 confutava I'Amari perchè riteneva nullo l'at-
to, mentre nel registro è cancellato pel motivo che non appar-
tiene al 1285, e la pergamena è intatta. Carini in una lettera al
Salvo-Cozzo nel 1883 (in Arch. Stor. Sicil. , an. VII, pag. 443)
ricordava 1' opinione di Manuele Bofarull e di Pellas y Fargas
(corr. Forgas) favorevole all'autenticità, col sostenere che le linee
fossero state apposte da mano posteriore.
Salvo-Cozzo (Arch. Stor. Sicil. cit. ibidem) credeva di trovare
inesatto il Surita, e che il Re Pietro avesse scritto un secondo
testamento, ina poi, per avere l'assoluzione, lo avesse annullato,
e restituito il regno di Sicilia alla Chiesa. Carini , Gti Arch. e
le Bibl., voi. II , pag. 204 e 206, affermava che quel documento
non fu annullato, perchè si hanno altri documenti cancellati in
altre parti dello stesso registro, e lo dimostrano alcune tarde note
nel verso della pergamena.
Finalmente Amari, 9* ediz. voi. II, pag. 154 e seg. lo ritenne
falso, senza reticenze, dichiarando : « In faccia al Papa i prelati
di corte squadernarono la promessa riparazione », e giustamente
osservò : « Non è testamento [rigettando l'espressione del Carini]
per la forma, né per la sostanza, perchè non istituisce eredi, né
contiene se non che una serie di dichiarazioni e di fatti, parte
del re e parte d'altre persone, attestati da un notaio». Conchiu-
deva pertanto : « L' atto del notaio li dà [i fatti] come li imba-
stirono i prelati di corte, volendo riconciliare il re con la Chiesa
o almeno farlo comparire riconciliato».
Aggiungerò qui le prove che fanno ritenere falso il documento.
Per la forma è da notare che la natura del documento è del tutto
anormale , né i testimoni che si dicono sottoscritti • apposero le
loro firme, forse per vergogna di un simile atto. Le linee di can-
(1282 - 35)
cellazione, che sono nel registro, indicano evidentemente che il
documento non ha valore per la Cancelleria regia, e certamente
furono tracciate nello stesso tempo. La pergamena conservata a
rotolo fra molte altre , come ancora è costume nell' Archivio di
Barcellona , restò obliata e non fu cancellata. É ben noto nella
diplomatica che le linee trasversali in un registro annullano il
documento, e se ne ha l'esempio nei registri angioini di Napoli
del 1276 - 77 (cfr. Durrieu , Les archives angevines de Naples.
Paris,' 1886, t. I, pag. 225 e seg). In quelli aragonesi di Sicilia
del tempo di Ludovico , e nei posteriori , si annullava con li-
nee, e si aggiungeva : Vacat o Cassantur quia registrate [UtereJ
sunt infra, o quia non processerunt. Vedansi la mia memoria Su
i frammenti di due registri originali degli anni 1353-55 di Lu-
dovico d'Aragona, Re di Sicilia (neìVArch. Stor. Sicil., an. XXX,
1905, pag. 504) e l'altra Su l'uso della registrazione, cit. an. XXXI,
1906, pag. 213 e 215.
Secondo il cronista D'Esclot (cap. 168, ed. Bughon, Croniques,
pag. 734) il Re Pietro quando rispose al vescovo di Valenza di
volersi confessare « a penes podia parlar, tant era feble». Amari,
9a ediz., voi. Il, pag. 156, crede che ancora egli avesse coscienza
dei suoi atti, per la rinunzia compiuta in quel giorno dall'Infante
Alfonso in favore di Giacomo per il regno di Sicilia ; ma qui è
da notare che in quella rinunzia non interveniva per nulla il Re
Pietro, ma certo se ne adempiva il volere, forse manifestato prima,
e noto altresì dall'8 maggio precedente (cfr. doc. LXX).
È appunto quel documento del 2 novembre di rinunzia fatta
da Alfonso, e dato da me in luce per la prima volta in Barcel-
lona nel 1908 (cfr. sopra, doc. CXI) che spiega la falsità dell'altro
liturgico scritto da ecclesiastici , e compiuto nello stesso giorno
della rinunzia di Alfonso, per far dubitare della priorità di tem-
po , ed anche per frapporre equivoci sull' oggetto della rinunzia
vera dalla falsa. Il vescovo di Valenza Iosberto era stato nomi-
nato fidecommissario nel testamento del 1282 , onde il ricordo
«testamenti seu sue ultime voluntatis» è esclusivamente per
quello; e le parole di Muntaner (cap. 145 , ediz. Boparull cit.,
pag. 287) : « lo senyor rey volch quel seu testament se publicas
altra vegada » dimostrano una nuova lettura di quelle ultime vo-
lontà del 1282 fatta nel 1285.
I cronisti D'Esclot, Muntaner e Speciale, non distinguendo
— 253 — (1282 - 85)
le disposizioni contenute nel testamento del 1282, il solo formato
dal Re Pietro (V. sopra, doc. XIV) , da quelle espresse nella ri-
nunzia di Alfonso, ritennero pure norme testamentarie quelle per
la successione al regno di Sicilia ; ma i fatti corrispondono con
precisione nel loro complesso, e nessuna notizia esplicita è presso
i cronisti per rinunzia del regno di Sicilia alla Chiesa. Questo è,
insieme agli altri , argomento validissimo della falsità dell' atto
compiuto con tanto mistero dagli ecclesiastici di Villafranca.
OXXXIII.
1285, novembre 3, Villafranca.
Il Re Pietro I, volendo aggiungere altre disposizioni al suo
testamento già fatto (volens aliqua addere in ordinacione seu
testamento per eum iam facto) , ordina al notaro di scrivere i
suoi codicilli (in hunc modum fieri codicillos). Pertanto , es-
sendo «in nostro pieno sensu et memoria», il suddetto Re ma-
nifesta di voler sepoltura nel monastero di Santa Creus, al quale
concede i castelli chiamati Fores , Ca Real e Cabra. Concede al
monastero di Poblet il castello detto Apiaria , e lascia a varie
Chiese somme determinate di denaro. Ordina che i dieci anelli,
conservati nelle casse regie ed appartenenti al vescovo di Iahen,
si restituiscano al medesimo; che a Domenico de Osca, portiere, si
paghino due mila soldi barcellonesi, e che si consegnino a P. Gar-
cesio Darroz, armigero, le case ed eredità di Camerana. Desidera
che i suoi figli Alfonso e Giacomo facciano quante elemosine vor-
ranno , per la salute della sua anima e per le offese non ripa-
rate (et prò iniuriis oblitis).
(Atto in notar Raimondo Escorna, scrittore regio. Sono indi-
cati i nomi dei testimoni).
È trascritto tale documento nella pergamena di n. 495 del re-
gno di Pietro (nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona), dopo il testo
del documento precedente, che è datato del giorno innanzi (nu-
mero CXXXII).
Si ha altresì nel reg. 55 del Re Pietro, a fol. 21 (nello stesso
(1282 - 85) — 254 —
Archivio) ; ma quivi il documento è cancellato trasversalmente,
come quello anteriore.
Pubblicato dapprima dal cav. G. Salvo-Gozzo in fine della
rassegna bibliografica già ricordata (in Ardi. Stor. Sicil., an. VII,
1883, pag. 440 e seg.) , secondo la copia rimessagli da Manuele
de Bofarull , ma però per equivoco prima del documento del 2
novembre.
Ristampato, sul testo contenuto nella pergamena, da Carini,
Gli Arch. e le Blbl. , voi. Il , pag. 204 e seg. , senza mentovare
l'edizione fattane dal Salvo-Gozzo, anzi notando : « non mai fi-
nora pubblicato » .
Quella pergamena 495 era stata ricordata nel 1876 da Antonio
de Bofarull , Historia de Cataluiìa cit. con le parole : « que se
encuentra al pie de la misma » , cioè del documento precedente.
Il Carini dà notizia (a pag. 206) del codicillo scritto « a pie del
menzionato documento», e riferisce alcune indicazioni poste da
archivisti dal secolo XVI in poi nel verso di quella pergamena,
ma che non offrono veruna importanza per l'autenticità del do-
cumento.
Riesce evidente che questo documento, chiamato codicillo, non
è altro che una scrittura formata specialmente dal monaco guar-
diano e dagli altri prelati, perchè varie chiese ed alcune persone
avessero potuto godere lasciti considerevoli di beni e di danaro
per la pretesa ultima volontà del Re. È degno anzi di nota che
tra coloro, i quali sono beneficati, trovasi Damiano Osca che non
solo appare legatario, ma testimone, e così Pietro Garcesio Darroz
testimone e legatario ad un tempo. È strano poi che due atti, com-
piuti in giorni diversi (2 e 3 novembre) , si siano scritti in una
stessa pergamena, contro i sistemi notarili e giuridici prevalenti
dovunque , e che nel primo documento si siano omessi i nomi
dei testimoni ed aggiunti nell'altro.
Il ricordo che si fa in fine per le abbondanti elemosine a chie-
se, e le espressioni prò iniuriis oblitis indicano abbastanza, anco
nello stile , l'origine ecclesiastica del falso documento , il quale
fu appellato codicillo per renderlo dipendente dal testamento del
1282 di Portfangos e valido, e non (come inesattamente crede il
Carini) perchè testamento fosse quello di sopra, del 2 novembre
1285, contenente la strana rinunzia e la confessione dei peccati.
Sembra che 1' Amari 9a ediz., voi. II, pag. 155 e seg. non abbia
— 255 — (1282 - 85)
esaminato (nemmeno sul testo dato dal Salvo Cozzo) tale docu-
mento del 3 novembre, perchè attribuisce al Carini l'espressione
codicillo, che è invece nel documento medesimo, ed afferma inol-
tre che i testimoni sono diversi da quelli del documento del 2
novembre, mentre in questo mancano del tutto i nomi, né sono
testimoni quelli indicati soltanto come presenti ad un preteso giu-
ramento del Re Pietro.
La disposizione riguardante la scelta del Re per la sua sepol-
tura nella chiesa del monastero di Santa Creus è una ripetizione
di quanto si contiene in principio del testamento del 1282, quasi
con le stesse parole: « Eligi mus sepulturam nostram in mona-
sterio Sanctarum Crucum», e qui invece: nobìs sepulturam. Lo
scopo di tale ripetizione è evidente, perchè con questo documento
falso si lasciavano nientemeno dal Re al monastero castelli e
ville diverse in proprietà e con grandi immunità, mentre nel te-
stamento del 1282 non si dava altro che vistose elemosine.
Per la falsità dell' atto si ha altra chiara prova dall' attesta-
zione che il Re trova vasi «in nostro pieno sensu et memoria»,
mentre è sicuro dalle affermazioni del cronista catalano D'Esclot
(cap. 168, ediz. Coroleu , Barcelona , 1885 , pag. 369) che il Re
dopo la confessione fu talmente vinto dalla malattia « tant lo a-
febli, que quaix no veya ne oya sino a gran pena». Non poteva
pertanto il Ee pensare allora a tutte quelle chiese , ed anche ai
dieci anelli del vescovo di Iahen , che si trovavano nelle arche
regie. Amari cit., pag. 156 giustamente osserva quindi che: «il
codicillo. . . non par dettato da Pietro padrone di sé stesso, né
pare che lo avrebbe consentito un uomo che udisse , intendesse
e potesse esprimere la sua volontà , sì numerose e stravaganti
donazioni fa a varie chiese e monasteri , tanti legati ei lascia a
vescovi ed a scudieri » .
La Cancelleria regia aragonese avvedutamente (anco per i si-
stemi archivistici da me accennati per il doc. precedente CXXXIT)
cancellava pertanto , nel registro in serie cronologica degli atti
regi, anche questo del 3 novembre, appunto perchè conosceva la
indebita intrusione di ecclesiastici, e lasciava in oblìo la famosa
pergamena contenente due atti diversi e non di un solo giorno,
ma di due giorni differenti ; e peraltro la Corte aragonese ed il
successore Alfonso come non erano proclivi ad abbandonare ad
altri la Sicilia, nemmeno avrebbero pagato con facilità tutti que-
gli enormi legati alle chiese e loro aderenti.
(1282-85) — 256 —
CXXXIV.
Senza data.
Il Re Pietro I d'Aragona concede la terra di Grotte , presso
Girgenti, a Federico Sances.
Tale documento, senza alcuna data, è menzionato da Mugnos,
Teatro genealogico. Palermo, 1647, t. Ili, pag. 316.
Non si trova alcuna notizia di simile concessione nei registri
del Re Pietro, e nemmeno se ne ha ricordo nell'Elenco dei feu-
datari dell' epoca di Federico II aragonese (in Gregorio , Bibl.
script, arag. , t. II , pag. 464 e seg.) , escludendosi in tal modo
l'esistenza di una terra feudale, di nome Grotte , anche in quel
tempo.
Vito Amico, Lexicon topographicum siculum. Gatanae , 1759,
t. II, parte I, pag. 273 , scrive : « Gruttas a Petro Aragonio Ro-
dericus Sances accepit, unde Vigintimilii tenuere». Il suo cenno
deriva probabilmente dalle indicazioni fornite dal Mugnos , le
quali spesso, come per questo documento, erano semplici inven-
zioni di lui.
REGNO DI GIACOMO
(succ. 11 nov. 1285, coron. 2 feb. 1286,
abdica 3 nov, 1295)
FEDERICO LUOGOTENENTE GENERALE DEL REGNO
dal 12 luglio 1291 in poi.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 17
iiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
iììiNTilìiiiiiiìiliiiiiìi^^
NOTIZIE PRELIMINARI
§ 1. Successione di Giacomo al regno di Sicilia. — Sua co=
ronazione. — Successione in Aragona, ritenendo arbitra-
riamente la Sicilia. — Abdicazione. — Intitolazione regia
nei documenti.
L'Infante Giacomo, secondogenito del Re Pietro I, succedeva
nel 1285 nel regno di Sicilia, dopo la morte del padre avvenuta
in Villafranca di Spagna nel 10 novembre di quell'anno. Gol suo
testamento del 1282 (V. doc. n. XIV) il Re Pietro aveva provve-
duto per la successione nei regni di Aragona , Valenza e Cata-
logna , e su quanto altro acquistasse in favore del primogenito
Alfonso, e per la sostituzione degli altri fratelli nel caso che pre-
morisse Alfonso o altro figlio del medesimo Re Pietro.
Prima di ritornare nell'Aragona , il Re Pietro in aprile 1283
con un instrumentum donacionis aveva in Messina concesso al-
l'Infante Giacomo il regno di Sicilia, compresa la parte continen-
tale di esso, e faceva poi confermare quella donazione dal figlio
Alfonso a 8 maggio 1285 , quando costui pervenne all' età mag-
giore (cfr. doc. n. LXX). L'Infante Alfonso, pochi giorni innanzi
la morte del Re Pietro, cedeva altresì a Giacomo a 2 novembre
di quell'anno tutti i diritti, che gli potevano competere sul regno
di Sicilia, e sin d'allora ordinava ai nobili ed al popolo del re-
(1285 - 95) — 260 —
gno medesimo di obbedire a Giacomo «tamquam eorum regi et
domino naturali» (cfr. doc. n. CXI). Nulla dirò della pretesa ri-
nunzia dello stesso giorno di Pietro al regno di Sicilia, perchè è
un documento falso, inventato da ecclesiastici (V. doc. n. CXXXII).
Era consuetudine invalsa specialmente nella Spagna nel medio
evo « que el seùorio del reyno no lo oviesse si no el fijo major,
despues de la muerte de su padre». Ciò è ricordato nelle sue
leggi da Alfonso il Savio, Re di Castiglia dal 1252 al 1284 (Se-
guitela Partida, tit. XV, ley II, Codigos de Espana ed. Martinez
Alcubilla , cit. , pag. 315). L Infante Giacomo dal giorno della
morte del Re Pietro era perciò di diritto investito della potestà
sovrana , in seguito alla donazione del regno di Sicilia ed agli
altri documenti sopra ricordati. Nondimeno la notizia della morte
di Pietro giunse con molto ritardo (15 dicembre) a Giacomo, per
la differita partenza della flotta del Loria dalla Catalogna a ca-
gione della tempesta, che continuò durante il viaggio per la Si-
cilia; onde 1' Anonimo, non tenendo conto delle norme del diritto
pubblico, affermava che Giacomo « incepit dominare in dicto re-
gno Siciliae XV decembris, XIV indictionis predictae, dicto anno
domini 1285» (cap. 47, ed. Gregorio, Bibl. scriptor. arag., t. II,
pag. 160). In un contratto di enfiteusi di casa a Pellegrino Chin-
done in Messina, del 20 novembre 1285, si legge ancora invariata
la designazione del sovrano : « Regnante illustrissimo domino no-
stro domino Petro, dei gracia excel] entissimo rege Aragonum et
Sicilie (perg. n. 162 del Tab. di S. Maria Maddalena di Valle Gio-
safat. — Arch. di Stato di Palermo).
Giacomo cinse la corona regia in Palermo a 2 febbraio 1286,
nella festa della Purificazione della Vergine, come narrano i cro-
nisti Neocastro (cap. 102), Speciale (lib. Il, cap. 9) e Muntaner
(cap. 148). È degno di nota quanto dice il Neocastro, cioè che,
essendo privi i Siciliani di un sovrano , « iam de coronando In-
fante sagaciter provident , coronam parant» (cap. 101, ed. Gre-
gorio cit., pag. 144), rilevandosi da tali espressioni la completa
indipendenza del regno di Sicilia da quello dell'Aragona . come
era stata volontà del Re Pietro. Intanto il Papa Onorio IV a 11 a-
prile 1286 scomunicava Costanza e Giacomo che fomentavano la
rivoluzione nell' isola, a 23 maggio lanciava altra scomunica con-
tro Giacomo che si era fatto coronare Re di Sicilia, ed a 18 no-
vembre approvava le proteste e dichiarazioni (processimi) contro
— 261 — (1285 - 95)
il Re Giacomo e scomunicava i prelati intervenuti alla corona-
zione (cfr. Potthast , Regesta pontif. rom. cit. n. 22414 , 22449
e 22537).
11 Re Giacomo convocò il Parlamento negli anni 1286, 1288 e
1291, come si rileva dalle cronache dianzi ricordate, e per rendere
più salda la monarchia emanò alquante sue costituzioni * (in so-
lemni nostra Curia) per tutto il regno, seguendo le memorie nor-
manne e sveve, e specialmente l'esempio del celebre imperatore
Federico II. I cronisti tributano elogi a Giacomo per la sua giu-
stizia ed il saggio governo; e Speciale afferma che quegli, « cau-
sami omnium Siculorum, dum regno Sicilie prefuit , tanta felici-
tate gerebat, ut quasi omnes habilatores Sicilie sub eo fìerent in
modico tempore locupletes » (cap. 9, ediz. Gregorio cit., pag. 338).
Per la conquista delle provincie continentali del regno si scorge
sotto Giacomo essere stato più vivo il proposito e costante l'ese-
cuzione. Nella provvista di Simone Salvagio del 1335, intorno alle
tasse da pagarsi dai Genovesi (V. sopra, doc. LXVI , pag. 146),
i territori che appartenevano alla Sicilia al tempo dell'ambasce-
ria di Gualtiero Bellanti e Nicoloso de Abrignali (cioè nel 1290)
sono indicati così : « terre et loca posita ultra Farum, que.... erant
sitò dominio regio, videlicet a Castello Albace inclusive ad petram
Rosseti ducatus Calabrie» (Sella, Pandetta di Messina cit., pa-
gina 105 e 110). Quella regione sarebbe la Calabria, come notava
il Gregorio, Considerazioni cit., pag. 88.
Moriva in Barcellona a 8 giugno 1291 il Re Alfonso III di Ara-
gona , al quale sì per il testamento del Re Pietro I (cfr. doc.
n. XIV), come per 1' altro dello stesso Re Alfonso del 10 marzo
1287 (V. appresso, doc. di tale data) doveva succedere il fratello
Giacomo Re di Sicilia. È qui da rilevare che Giacomo era obbli-
gato per i due testamenti suddetti e la donazione del Re Pietro,
a trasmettere il regno di Sicilia all'altro fratello Federico. Il Re
Alfonso stabiliva infatti che Giacomo , succedendo in Aragona,
« donet, diffìniat et concedat Infanti Frederico fratri nostro et suo
regnum Sicilie , et alias terras et loca , que sunt de pertinentiis
ipsius regni»; anzi Alfonso, se Giacomo non adempiva quella
condizione, lo dichiarava decaduto dalla successione al regno di
Aragona , al quale chiamava l' Infante Federico (cfr. Testa , De
vita et rebus gestis Friderici II Siciliae regis. Panormi , 1775 ,
pag. 232 e seg.).
(1285-95) — %m —
Fu quindi una vera infrazione alle estreme volontà dei Re Pie-
tro ed Alfonso quella commessa da Giacomo nel ritenere per sé
il regno di Sicilia, insieme all'altro di Aragona, e fu essa al-
tresì l'origine della nuova e funesta politica straniera di Giacomo,
propensa alla Chiesa, che avversava inesorabilmente 1' esistenza
del regno di Sicilia sotto il dominio degli Aragonesi. A ragione
diceva il cronista Speciale : « Quod si testamentum patris [Re
Pietro] in suis viribus consistebat, ex tunc regnasse debuit [corr.
regnare debuisset] in Sicilia Fridericus» (lib. II, cap. 17, in Gre-
gorio, Bibl. script, arag. cit., pag. 345).
L'annunzio della morte di Alfonso fu recato a 6 luglio a Mes-
sina dall'ambasciatore Raimondo de Minorisa; ed il Re Giacomo
partì da Trapani il 93 dello stesso mese per assumere il nuovo
regno di Aragona (Neocastro, cap. 115 a 117, ed. Gregorio cit.
p. 219 e seg.). Sui fatti di quella successione di Giacomo è una
minuta descrizione in lingua catalana , quasi una cronaca , nel
reg. 55 del Re Pietro I a fol. 31 e seg. (nell' Arch. Cor. Arag.
in Barcellona) , la quale fu edita la prima volta da Coro leu e
Pella nel pregevole lavoro Las Cortes catalanas ec. Barcelona,
1876, pag. 165, e poi ristampata, omettendo risposte e giuramenti,
che seguono, da Carini, Gli Arch. e le Bibl. , voi. II, pag. 243
e seg. , e traendola dal Coroleu , senza notare il registro della
Cancelleria aragonese.
Le pertinaci insidie degli Angioini e della Chiesa Romana vin-
cevano, in un lustro di dominio, l'incerta resistenza di Giacomo,
che proclamava nel novembre 1295 (in seguito al trattato di pace
col Re Carlo II ed il papa Bonifazio Vili) la sua abdicazione e
rinunzia del regno di Sicilia alla Chiesa , ottenendo così i ne-
mici quanto dopo la morte del Re Pietro I, nonostante l'atto falso
di rinunzia del 1285, non avevano potuto conseguire. Neocastro
in una orazione detta dagli ambasciatori a Giacomo, mettendo in
evidenza i propositi di opposizione dei Siciliani alla pace, rileva :
« Considera quod si prò pace hac tuos scienter offenderis Siculos,
ita quod Ecclesie vel Gallicorum dominio, te paciente, tradamur,
adnichilabitur siquidem alterius gloria regni tui ». Riferisce altresì
nella risposta di Giacomo anche le espressioni : « dum sanguis
inerit, nec labor atit metus a regni nostri demanio insulam no-
strani Sicilie separabit», e con la narrazione di tali pericoli della
Sicilia pone fine alla sua cronaca (cap. 124, ed. Gregorio cit. ,
pag. 237).
(1285 - 95)
Speciale , con acerbo e quasi poetico rimprovero , ricorda la
fine del regno di Giacomo nell'isola, con queste parole : « Quam-
vis in exitu amara dulcibus raiscuisset, et quam ipse idem prius
ad gaudium compegerat, in lamentabile Carmen Siculorum cytha-
ram postea convertisset», dopo la pace con gli Angioini fatta «eo
[pontifice] iubente contra fratrem et Siculos» (cap. 9, ediz. cit.,
pag. 338; cfr. pure cap. 22, pag. 349). Dice il Muntaner che il
Re Giacomo inviò nunzi in Sicilia al Maestro Giustiziere ed al
Maestro Secreto perchè abbandonassero l'isola e la Calabria alla
Chiesa romana (cap. 184, ed. Buchon, Croniques cit., pag. 396).
I documenti di partecipazione di quella rinunzia nel 1295 si con-
servano in uno speciale quaderno nell'Archivio della Corona di
Aragona in Barcellona, e furono pubblicati dal barone Starrabba
(in seguito a copia trasmessagli da Manuele de Bofarull) nella
memoria qui appresso notata.
L'intitolazione regia di Giacomo nei docu Dienti e nei Capitoli
del regno , dal 1286 in poi , è questa : « Iacobus Dei gratia Rex
Sicilie, Ducatus Apulie et Principatus Capue». Comprendeva,
come si scorge, anche le provincie continentali del regno, men-
tre i due ultimi titoli il Re Pietro non aveva usato (cfr. Capi-
tuia regni Siciliae, ed. Testa cit., t. 1, pag. 5, e doc. del 12 feb-
braio 1286 riferito qui appresso). JL' anno di regno traeva prin-
cipio costantemente dal dì della coronazione, come si ricava dagli
atti notarili (V. perg. del 1288, al n. 121 del Tabulano della Ma-
gione, in Arch. di Stato di Palermo).
Dopo la successione di Giacomo al regno di Aragona, si ha,
con poco divario, l'intitolazione in tal modo nei documenti : « Ia-
cobus divina favente clemencia Aragonum, Sicilie, Maioricarum
et Valencie Rex et Barchinone Comes » (cfr. appresso , doc. 15
luglio 1291). Il cronista Neocastro ricorda che Giacomo univa,
dal 1291 in poi , al titolo di Re di Sicilia l'altro dell' Aragona :
« contentus sub vocabulo regni Sicilie , cuius sceptrum assuin-
pserat , Rex Aragonum appellari » (cap. 18 , ed. Gregorio cit. ,
pag. 219). Narra altresì che Giacomo si recò dalla Sicilia nel 1291
in Valenza, dove arrivò a 16 agosto, e che fu coronato a 8 set-
tembre in Barcellona.
(1285 - 95) — 264 —
§ 2. — Datazione dei documenti.
Il sistema di datazione nei documenti del Re Giacomo in Si-
cilia appare che sia stato quello della indicazione del numero or-
dinale del giorno e del nome del mese, seguito dalla indizione e
dall'anno del regno. Dopo la successione in Aragona la data-
zione è di consueto regolata per colende, none e idi, secondo il
metodo classico romano, e trovasi anzi adoperata con maggiore
frequenza, che non si rileva nel tempo del Re Pietro 1.
Alla datazione seguiva negli atti notarili l'indicazione del no-
me del sovrano. Così in un atto del 26 ottobre 1286 , rogato in
Messina , si legge : « Regnante illustrissimo domino nostro do-
mino Iacobo Dei gratia excellentissimo rege Sicilie, Ducatus A-
pulie et Principatus Gapue » (perg. 105 del regno di Alfonso, in
Arch. Cor. Arag. in Barcellona). In altro atto del 6 aprile 1295
in Siracusa si ha invece questa indicazione : « Regnante domino
nostro excellentissimo rege Iacobo dei gratia inclito Aragonum,
Sicilie, Maioricarum et Valentie Rege, ac Comite Barchinone, fe-
licis dominii regnorum suorurn Aragonum anno quinto , Sicilie
vero decimo feliciter amen » (Voi. ms. in perg. del sec. XIV dei
Privil. della Chiesa di Cefalù , a fol. 73 r. in Arch. di Stato di
Palermo) .
§ 3. Registrazione dei documenti nella Cancelleria del regno
nell'epoca del dominio di Giacomo in Sicilia, e dopo la
successione all'Aragona.
La registrazione che era allora in uso nella Cancelleria regia
in Sicilia non ci è nota, perchè mancano i registri del regno di
Giacomo nell'isola degli anni 1285 al 1291, i quali dovettero per-
dersi nelle guerre continue di quell'epoca, non trovandosene af-
fatto alcuno nell'Archivio della Corona di Aragona in Barcellona,
ove rimase soltanto quello del 1282-83 , che il Re Pietro portò
seco dalla Sicilia. È indubitata l'esistenza dell'archivio della Can-
celleria , che vedesi ricordato in un documento del Re Giacomo
del 1288 con le parole : « que in archivo Curie conservantur » ,
— 265— (1285-95)
il qual documento è riferito dal Barberi, I Capibrevì cit., voi. I,
I feudi di Val di Noto, pag. 429, ed. Silvestri.
Del tempo del dominio di Giacomo in Aragona e Sicilia, cioè
dal 1291 al 1295, i registri sì conservano in Barcellona. Essi, co-
me quelli del regno di Pietro I , non offrono alcuna distinzione
per la Sicilia, perchè i documenti riguardanti l'Aragona e la Si-
cilia sono trascritti insieme nei registri , senza alcuna distribu-
zione per ragion di luogo.
I registri di Giacomo, nei quali sono documenti per la Sicilia,
offrono la designazione di Commune primum ecc. di Giacomo II,
cioè (come è notato nel reg. 90) : « Registrum continens mandata
regia de diversis negociis communibus », ossia (come si dice nel
reg. 92) : « Litere iusticie, commissiones causarum etc. »; ed altri
vengono denominati Gratiarum, il qual titolo è ancor meglio de-
finito nel reg. 194 così : « Registrum donacionum, priviiegiorum
et aliarum graciarum». Finalmente altri registri hanno l'indica-
zione Sigilli secreti secretorum o Pecunie o Solutionum.
Per una anomala trascrizione di documenti nel reg. 55 del Re
Pietro degli anni 1282 e seguenti, rinviensi a fol. 23 questa an-
notazione : « Sexto kalendas septembris in Barchinona , in ad-
ventu domini regis Iacobi, anno domini M° CG° XG° primo» e se-
gue il testo della cronaca della successione alla corona di Ara-
gona, e quello dei documenti del Re Giacomo estranei però alla
Sicilia , contrariamente a quanto sembra che affermi il Carini ,
Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 70: « Questo registro contiene
documenti molto interessanti relativi al regno di Giacomo II, che
però ho tralasciato » .
Uevesi qui notare che nel reg. 323 di Giacomo, con la tarda
designazione « Varia 36. Revocationum Sicilie, Sardinie et inhi-
bitionum Iacobi II » , trovansi alligati nove fogli isolati per la
rinunzia di Giacomo al regno di Sicilia nel 1295, che possono ri-
tenersi piuttosto un quaderno o breve registro , come ho notato
nella memoria Su l'uso della registrazione cit. (in Arch. Stor,
Sicil. 1906, pag. 206).
Alquante utili notizie su la registrazione nella Cancelleria del
Re Giacomo, per il solo tempo di suo dominio dal 1291 in poi,
fornisce il Finke, Ada aragonensia. Quellen cit., voi. I, pag. XCV
a CXXI1.
(1285 - 95)
§ 4. Luogotenenza di Federico figlio terzogenito del Re Pie-
tro — Potestà attribuite — Registri di tale epoca perduti.
Il Re Giacomo , innanzi di recarsi a Valenza per cingere la
corona del regno di Aragona nel 1291 , tenne un Parlamento in
Messina, e nominò Vicario del regno di Sicilia il fratello Fede-
rico , come ricorda il cronista Speciale : « Rem Siculis , conve-
nientibus ad eum syndicis in generali colloquio , patefecit ; Fri-
dericum fratrem eius, tunc dictum Infantem, in regno Sicilie Vi-
carium sibi constituit » (cap. 17, ed. Gregorio cit., pag. 345).
Da Messina partì Giacomo il 12 luglio, e pervenne a Palermo
e poi a Trapani, salpando per la Catalogna a 23 di quel mese ,
come narra il Neocastro, il quale ricorda con quanta manifesta-
zione di affetto Giacomo nominasse il fratello suo Vicario nel-
l' isola : « Propter quod te super regimine Sicilie constituo , ut
Siculos, prestita tibi auctoritate, salubri ter regas», e come dicesse
alla madre regina Gostanza : « Eris super eos [Siculos] veluti tur-
ris fortitudinis et arbor ramosa , sub cuius umbra spaciantes
quiescant» (cap. 115, ed. cit., pag. 213).
Il catalano Muntaner è più esplicito nel riferire quanto fu
stabilito nel Parlamento di Messina da Giacomo per il governo
di Sicilia : « E comanals [ai Siciliani] madona la regina, que la
guardasen e qué la tenguessen per cap e per senyora; e axì ma-
teix los mana, que haguessen per cap e per major e per senyor,
axì com la sua persona, l'infant Fraderich, e que faesen tot quant
eli manas e volgues , axì com fazien per eli (cap. 175 , ediz. A.
de Bofarull, Barcelona, 1860, pag. 333).
La potestà di Luogotenente generale concessa al fratello Fe-
derico era pertanto simile a quella conferita a Giacomo nel 1283
dal Re Pietro , anzi può affermarsi che una più sicura, e vigile
corrispondenza intervenisse tra il Re e l'Infante Federico, la quale
sotto Pietro I non si ebbe a cagione delle continue guerre , che
al tempo di Re Giacomo diminuivano per dar luogo agli intrighi
diplomatici.
Adoperavasi da Federico nella sua nuova dignità il titolo in
tal modo : « Fridericus Infans, illustris regis Aragonum et Sicilie
domini fratris sui in regno Sicilie generaliter locumtenens», co-
— 267 — (1285 - 95)
me si ricava dai documenti, e da quello di marzo 1292 per Rug-
giero de Milite, che riferirò innanzi.
Dalla Catalogna il Re Giacomo , esercitando la suprema pre-
rogativa, emanava incessantemente ordini e concessioni, e li in-
viava alle primarie autorità del regno di Sicilia , e fra esse al
Cancelliere dei regni di Aragona e Sicilia, Giovanni da Procida,
e di frequente al fratello con questo titolo : « Inclito et karissimo
fratri suo dompno Infanti Frederico, tenenti in regno Sicilie ge-
neraliter locum suum » (cfr. appresso , il doc. del 15 settem-
bre 1292).
Appare evidente dai registri di Giacomo che 1' autorità della
regina madre, dopo la morte del Re Pietro, svaniva quasi del
tutto negli affari, né poteva essere altrimenti. Si trovano infatti
raramente lettere dirette alla regina, ed in una di esse, con tale
indirizzo : « illustri domine matri sue domine Constancie, dei gra-
da Aragonum et Sicilie regine», il Re Giacomo a 27 settembre
1292 (V. tale doc.) raccomandava Bartolotto Tagliavia per la con-
cessione a lui fatta di alcune rendite della Secrezia di Palermo,
e desiderava «ipsum per illustrem Infantem Fridericum etc. fa-
vorabiliter et benigne tractare faciatis».
Neocastro ci rende testimonianza della prudenza e della giu-
stizia dell'Infante Federico nell'esercizio del suo Vicariato (cap.
118, ed. cit., pag. 219). La fama ne giunse sino ai Romani, che
nel 1294 elessero Federico a loro Senatore; ma dissentirono dal
popolo gli Orsini ed i Colonna per quella scelta, ed il cardinale
Pietro Colonna annunziava al Re Giacomo « quod si populus te-
neret Capitolium et alia fortilicia, et vellet ea tradere domino Fre-
derico, quod posset negocium ad fìnem debitum pervenire» (cfr.
Finke, Acta aragon. Quellen cit., voi. I, pag. 16 e seg.). Non si
trova alcun cenno di tale fatto notevolissimo nella Storia della
città di Roma del Gregorovius, ed. Venezia, 1874 , voi. V , pa-
gina 586 e seg.
Mancano per l'epoca della luogotenenza di Federico in Sicilia
(luglio 1285 a novembre 1295) i registri della Cancelleria, che ri-
masero nell'isola e si perdettero nelle guerre come gli altri della
luogotenenza di Giacomo (V. sopra, pag. 36). Si ha precisa no-
tizia nel 1294 dei registri dei Maestri Razionali della Magna Curia
di Sicilia, come ho rilevato nella memoria Su l'uso della registra-
zione, cit. pag. 207).
(1285 - 95) — 268
§ 5. Pubblicazioni speciali.
Per l'epoca del regno di Giacomo e della luogotenenza di Fe-
derico occorre qui menzionare :
Minieri-Ricgio C. — Genealogia di Carlo II a" Angiò , Re di
Napoli (in Arch. Stor. Nap., an. VII, 1882, pag. 5 e seg., 201 e
seg.).
Starrabba R. — Documenti riguardanti l'abdicazione di Gia-
como II d' Aragona al trono di Sicilia (1295) (nell' Arch. Stor.
Sicil., an. VII, 1883, pag. 275-293).
Amari M. — Trattato stipolato da Giacomo II di Aragona col
Sultano d'Egitto il 29 gennaio 1293 (nelle Memorie della R. Ac-
cademia dei Lincei. Serie 3a, voi. XI, Roma, 1883, pag. 423 e seg.
La Mantia G. — Documenti su le relazioni del Re Alfonso III
con la Sicilia — 1285-1291 (nelVAnuari (1908) de VInstitut d'Estu-
dis catalans. Barcelona, 1909, pag. 340 e seg.). Contiene alquante
notizie del tempo del regno di Giacomo in Sicilia sino al 1291.
Finke E. — Ada aragonensia. Quellen sur deutschen, italieni-
schen, franzòsischen, spanischen, sur Kirchen und Kulturgeschichte
aus der diplomatischen Korrespondenz Iaymes II (1291 - 1327).
Berlin, 1908, vol.i 2. — Sebbene non concerna il periodo del do-
minio di Giacomo dal 1285 al 1291, è interessante tale pubblica-
zione (distribuita secondo speciali materie o regioni) per il tempo
posteriore, cioè dopo la successione di Giacomo all'Aragona nel
1291 sino alla rinunzia del regno di Sicilia nel 1295.
Klupfel L. — Die àussere Politik Alfonsos III von Aragonien
(1285-1291). Mit einem Anhang : Beitràge sur Geschichte der in-
neren Politik Alfonsos. Berlin, 1911-12. — L'A. ricorda nella pre-
fazione, pag. VII : « Sulla scorta di alcuni lavori, che negli anni
più recenti son venuti fuori, oltre al materiale ancora inesplorato,
il quale in parte da Mantia [corr. G. La Mantia] è stato pubbli-
cato » [nella memoria già notata] ecc.
Rohde Hans E. — Der Kampf um Sizilien in der Iahren 1291-
1302. Berlin, 1913. — Offre nella prima parte, sinora pubblicata,
una esposizione delle vicende della lotta e della politica di quel
tempo sino al 1295 , giovandosi spesso delle viete fonti e della
raccolta del Finke sopra ricordata.
Botet y Sisò J. — Les monedes catalanes. Barcelona, 1909. —
Nel voi. II, pag. 80-94 sono menzionate le monete siciliane ap-
partenenti al regno di Giacomo, e si offre il fac-simile di altre.
REGNO DI GIACOMO
cxxxv.
i
1285, novembre 25, Maiorca.
U Infante Alfonso di Aragona , primogenito del defunto Re
Pietro I, per soddisfare il desiderio dei suoi genitori, e procu-
rare V onore di suo fratello Infante Giacomo , promette sponta-
neamente, in presenza di Ruggiero Loria, Ammiraglio dei regni
di Aragona e Sicilia, di difendere con tutte le sue forze il sud-
detto fratello suo ed il regno di Sicilia « contra omnes personas
de mundo». Promette altresì di confermare tale sua esplicita di-
chiarazione appena cingerà la corona, « cum regale sumpserimus
diadema», e per maggior cautela presta ora omaggio al fratello
Giacomo, secondo le consuetudini vigenti in Catalogna, e special-
mente in Barcellona.
È in fine il segno di croce dell'Infante Alfonso.
(Atto in notar Guglielmo Moratoni di Maiorca).
Novenni universi presentem seriem inspecturi quod nos
Infans Alfonsus domini Petri inclite record acionis excellen-
tissimi regis Aragonum et Sicilie , et serenissime domine
regine Constancie eius uxoris primogenitus, volentes voti-
vis magnificenciis parentum annuere et obsecundare, ut ex-
pedit , atque decus , promocionem , comodum et honorem
fraternum ut proprium prosequi, ampliando predicta et ro-
bur pienissime conferendo. Idcirco gratuito animo et spon-
tanea voluntate convenimus et promittimus bona fide, per
firmam et solempnem stipuiacionem, karissimo Infanti la-
cobo fratri nostro, absenti tamquam presenti, et vobis no-
(1285) — 270 —
bili Rogerio de Loria Almirallo nostro et dicti karissimi
fratris nostri, et eciam vobis notario infrascripto tamquam
publice persone, nomine et vice dicti fratris nostri recipien-
tibus, et prò ipso a nobis legitime stipulantibus, quod nos
nostro corpore et avere ac toto posse et viribus nostris
totisque gentibus et terris nostris defendemus et iuvabimus
dictum Infantem Iacobum , karissimum fratrem nostrum ,
necnon et regnum Sicilie, principatum Capue et Salerni et
ducatum Apulie, et omnes comitatus , iurisdicciones et in-
sulas predictis omnibus et singulis adiacentes , et omnia
alia bona et iura dicti karissimi fratris nostri contra omnes
personas de mundo cuiuscumque gradus, status, dignitatis,
sexus vel condicionis existant, semper dum nobis fuerit
vita comes. Promittimus eciam quod hec omnia et singula
supradicta laudabimus et confirmabimus, cum instrumento
nostre bulle dependentis munimine roborato , statini cum
regale sumpserimus diadema. Et ut hec omnia et singula
semper maiori gaudeant fìrmitate, et omnis dubitacio inde
removeatur, promictimus predicta omnia et singula semper
rata, grata et firma habere, tenere, actendere et compiere.
Sic Deus nos adiuvet et eius sancta quatuor Evangelia co-
rani nobis posita , et a nostris manibus tacta corporaliter
et iurata. Et ad cautelam omnium predictorum et singulo-
rum habendam, scienter et consulte facimus vobis iam dicto
nobili Rogerio de Loria, nomine et vice dicti carissimi fra-
tris nostri , homagium ore et manibus ad consuetudinem
Catatonie , et secundum usaticos Barchinone de omnibus
et singulis supradictis. Actum est hoc in Maiorica septimo
calendas decembris anno ab incarnacione domini millesimo
GG° LXXX0 quinto.
Signum ££< Infantis Alfonsi domini Petri inclite recorda-
tionis regis Aragonum primogeniti appositum hic per ma-
num Petri Marchisii notarii nostri, loco, die et anno prefi-
xis, et ad maiorem cautelam huic instrumento sigillum no-
strum apponi fecimus per eumdem.
Testes huius rei sunt Gonradus Laneea, Blasius Exemini
— 271 — (1285)
de Agerbe , Petrus Garcie de Noe, Albertus de Mediona ,
Petrus de Libiano, Belengarius de Gastilione Assessor Cu-
rie Maiorice et Petrus Marchisii dicti domini Infantis no-
tarius.
Signum Guillelmi Moratoni notarii puplici Maiorice et
Curie eiusdem , qui mandato dicti domini Infantis Alfonsi
hoc scripsit et clausit die et anno prefixis.
Dal reg. 63 del Re Alfonso II a fol. 97 nell' Arch. Cor. di
Arag. in Barcellona. Manca quivi la data, perchè il foglio è tar-
lato in quella parte e restaurato, ed offre qualche omissione verso
la fine.
Il testo si trova pure inserito nel transunto fatto eseguire in
Messina a 18 febbraio 1287 dal Cancelliere del regno Giovanni da
Procida, e nella conferma del 4 agosto 1287 fatta dal Re Alfonso,
tra le pergamene di Alfonso II , ai n. 129 e 152 del medesimo
Archivio di Barcellona (cfr. appresso per tali documenti).
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 210 dà soltanto un
breve sunto dei due documenti trascritti nelle pergamene citate,
e chiama impropriamente scrittura il documento del Re Alfonso
per la promessa di difendere Giacomo.
Pubblicato da me per la prima volta nella memoria cit. Do-
cumenti su le relazioni del Re Alfonso III di Aragona con la
Sicilia (neìVAnuari (1908) de VInstitut d'Estudis catalans. Bar-
celona, 1909) pag. 347, doc. III.
Il documento, oltre l'antica e precisa menzione data dal Su-
rita nel secolo XVI (Anales de Aragon, lib. IV, cap. 75), fu ri-
cordato da Antonio de Boparull nella Historia critica de Cata-
luna cit. t. Ili (1876) pag. 539. Amari, 9a ediz. voi. II, pag. 165
ne fa cenno sul sunto dato da Carini.
Ho creduto utile di riprodurne il testo per 1' importanza che
esso ha per la notizia degli avvenimenti dell' inizio del nuovo
regno di Giacomo. Questo e gli altri due documenti della stessa
data (25 novembre) si riferiscono infatti alla reciproca dichiara-
zione dei due fratelli di difendersi e di prestarsi omaggio. Of-
frono la data di Maiorca, perchè l'Infante Alfonso dimorava al-
lora in quell'isola da lui assediata, essendosi allontanato da Vil-
lafranca pochi giorni innanzi la morte del Re Pietro, come narra
(1285) — 272 —
Muntaner (cap. 143, ediz. Buchon, Chroniques cit. pag. 362). Il
preambolo di questo documento è in parte conforme all'altro del
2 novembre per la rinunzia fatta da Alfonso di ogni pretesa sul
regno di Sicilia (V. sopra, doc. n. CXI).
È degno di nota il ricordo dell' omaggio prestato secondo le
consuetudini di Catalogna e Barcellona , come fu eseguito pure
dal Loria (cfr. appresso, doc. GXXXVII). Riesce qui indispensa-
bile il dare un cenno di quelle leggi che erano richiamate in vi-
gore in occasioni solenni, anco in tempi posteriori in Sicilia, ma
che appare non esser ben conosciute nell'isola, ne da Francesco
Testa nell' ediz. Capitula Regni Siciliae (Panormi, 1741 , t. I ,
pag. 49), poiché cita soltanto l'opera di Galderò, Decis. Catalon.
Tralascio di notare i manoscritti esistenti , dei quali alcuno
trovasi pure in Sicilia (Bibl. Naz. Palermo , ms. sec. XVI , se-
gnato X, 2). Il testo delle Costituzioni di Catalogna, che hanno
inizio dal secolo XII e propriamente dal regno di Alfonso I di
Aragona in poi, fu (per ordine del Re Ferdinando I di Castiglia
nel 1413) raccolto e diviso in dieci libri , e venne stampato in
Barcellona la prima volta nel 1495 , e riprodotto poi nel 1588 ,
nel 1704 e nel 1909.
Brunet, Manuel du Libraire, Paris, L861, voi. II, pag. 239,
affermava che la prima edizione delle Costituzioni di Catalogna
fosse posteriore al mese di ottobre 1481, poiché vi si trova rife-
rito il testo di una prammatica di queir anno e manca in fine
del volume la data, la quale non esiste nemmeno negli esemplari
conservati in Barcellona nell'Archivio della Corona d'Aragona ,
in quello dell' Ayuntamiento (Municipio) e nella Biblioteca dell'U-
niversità.
Vito La Mantia nella memoria Su i libri rari del secolo XV
esistenti nella Biblioteca Lucchesiana di G-irgenti, pubblicata in
Bologna nella rivista II Propugnatore (voi. XIV, 1881, pag. 153
e seg.), avendo esaminato l'esemplare delle Costituzioni conser-
vato in Girgenti, rilevò la vera data di quella edizione principe,
apposta in fine del foglio CGCXLII, con queste parole : La pre-
sent obra es stada stampada en la insigne Ciutat de Bargalona.
Et acabada a XX del mes de Febrer any Mil. CCCC.LXXXXV.
Haebler, Bibliografìa Iberica del siglo XV, Leipzig 1903, pa-
gina 316, rinveniva poi quella data in altro esemplare posto in
vendila a Parigi presso la libreria Maisonneuve nel 1894. Egli ri-
— 273 — (1285)
tiene che, essendo morto il tipografo durante la stampa delle Co-
stituzioni, si appose la data finale soltanto en pocos ejemplares.
Gli Usatici di Barcellona , che rimontano al 1068 , vennero in
luce dapprima, sul testo tradotto in catalano , nell' edizione del
1495 delle Costituzioni. Nel 1544 fu pubblicato 1' originale testo
latino col titolo Antiquiores Barchinonensium leges, quas vulgus
Usaticos appellai. Altre edizioni del testo, secondo la lezione di
vari manoscritti , offrono Giraud , Essai sur V histoire du droit
francais au moyen àge. Paris, 1846, t. II, pag. 465-509; Helfferich,
Entstehung und Geschichte des Westgothenrechts. Berlin , 1858 ,
pag. 429-462; e Marichalar e Manrique, Historia de la legisla-
cion de Espana. Madrid, 1863, t. VII, pag. 232-279. Nel 1896 per
cura della E. Academia de la Historia di Madrid fu riprodotto
quel testo in fine del t. I delle Cortes de los antiguos reynos de
Aragon, y de Valencia y principado de Cataluna (Appendice II).
Speciali notizie storiche e giuridiche su gli Usatici forniscono
gli autori sopra indicati , ed inoltre Fjcker , Ueber die Usatici
Barchinonae und deren Zusammenhang mit den Exceptiones le-
gum Bomanorum, Innsbruch, 1886; Antequera , Historia de la
legislacion espanola. Madrid, 1895, pag. 202 e seg., Balari, Ori-
gines historicos de Cataluna. Barcelona, 1899, pag. 415 e seg.,
De Hinojosa, El régimen senorial y la cuestion agraria en Ca-
taluna. Madrid, 1905.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. I, pag. 28, affermò erronea-
mente nel 1884 per gli Usatici e le Costituzioni di Catalogna che :
« quest'opera servì di modello ai codici marittimi delle altre na-
zioni». Confondeva così le leggi e consuetudini di Catalogna con
la celebre raccolta delle leggi del Consolato del Mare , che non
hanno alcun riferimento con le Costituzioni di Catalogna.
Sembra evidente che i capitoli per l'omaggio e giuramento da
prestarsi , accennati in questo documento di Alfonso , siano il
cap. 33 del lib. IV, tit. 27 delle Constitutiones di Catalogna, ed
il cap. 82 degli Usatici di Barcellona.
Il segno di croce fu apposto nell'originale, per volere dell'In-
fante Alfonso, dal notaro Pietro Marchese, come è espressamente
indicato. Il Re Alfonso poi a 15 marzo 1286 (in adempimento
della promessa fatta) ordinava che fosse pagata a Bernardo de
Sarriano la somma di cinquantamila soldi mutuati per le spese
dell'invio di soldati per difesa del Re Giacomo. Ho pubblicato
G. La Mantia — Cod. dipi. arag. 18
(1285) — 274 —
nelYAnuari cit., pag. 349 al n.° V il documento suddetto del 15
marzo.
Per altre notizie si veda quivi, a pag. 341.
CXXXVI.
1285. novembre 25, Maiorca.
L'Infante Alfonso di Aragona nomina l'Ammiraglio Ruggiero
Loria suo procuratore per ricevere dall'Infante Giacomo, quando
cingerà la corona, o prima, « cum sumpserit dyadema regale vel
antea » il giuramento di difendere il suddetto Alfonso ed il regno
di Aragona, anco per nuove conquiste contro i Cristiani od i Sa-
raceni. Vuole pertanto che il Loria richieda da Giacomo le cau-
tele e sicurtà in modo conforme all' atto dello stesso giorno del
medesimo Alfonso in favore di Giacomo (V. doc. precedente), il
quale dovrà rilasciare altro atto simile con sigillo pendente circa
la cessione dei regni (cfr. doc. n. CXI).
È in fine il segno di croce dell'Infante Alfonso.
(Atto in notar Guglielmo Moratoni di Maiorca).
Noverint universi presenterei seriem inspecturi quod nos
Infans Alfonsus, domini Petri inclite recordacionis excellen-
tissitni Aragonum et Sicilie regis, et serenissime domine re-
gine Gonstancie eius uxoris primogenitus, cum hoc presenti
publico instrumento utili et firmiter valituro scienter et
consulte facimus , constituimus et ordinamus vos nobilem
Rogerium de Loria Almirallum nostrum maris et terre, pre-
senterò et recipientem , certuni et specialem procuratorem
nostrum ad petendum, demandandum et recipiendum, prò
nobis et nomine nostro, ab Infante Iacobo karissimo fratre
nostro, oum idem frater noster sumpserit dyadema regale
vel antea, iuramentum ad sancta quatuor Dei Evangelia,
et homagium ore et manibus ad consuetudinem Catalonie
et secundum usaticos Barchinone , quod ipse karissimus
frater noster suo corpore et avere ac toto posse et viribus
— 275 — (1285)
suis totisque rebus, gentibus et terris suis defendet et iu-
vabit nos et omnes gentes nostra s et regnum Aragonum ,
Maiorice et Valencie et comitatum Barellinone , et omnes
alios comifatus et iurisdicciones nustras, et omnes insulas
predictis omnibus et singulis adiacentes, et omnia alia bona,
res et iura nostra presencia pariter et futura, contra omnes
et singulas personas de mundo cuiuscumque gradus, status,
dignitatis, sexus vel condicionis existant, semper dum sibi
fuerit vita comes, et quod idem frater noster, semper dum
vixerit, iuvabit nos suo corpore et avere ac toto pieno posse
totisque rebus, viribus, terris et gentibus suis per mare et
terram et alia quelibet loca mundi et gentes nostras ad ca-
piendum , adquirendum , lucra ndum , habendum et adqui-
standum regnum et regna, comitatus et quaslibet alias te r-
ras , provincias et insulas , castra , iuredicciones et omnia
alia quelibet bona et iura tam Gliristianorum, quam Sarra-
cenorum , que a quibuscumque personis nos quocumque
modo capere, habere, adquirere seu adquistare voluerimus
ad totam nostra m liberam voluntatem.. Gonstituimus igitur
vos dictum nobilem Rogerium de Loria procuratorem no-
strum ad petendum et recipiendum ab eodem karissimo
fratre nostro omnes alias cauciones seu securitates, firmas
convenciones et pacta, super quibus et de quibus nos eidem
karissimo fratri nostro, vobis presentibus, fecimus, et con-
cessimus publicum instrumentum, factum per manum Guil-
lelmi Moratoni notarii publici Maiorice et Curie eiusdem
sub die et anno infrascriptis. Ita quod dictus frater noster
nobis* faciat de predictis instrumentum, sue bulle depen-
dentis munimine roboratum , et ad petendum , demandan-
dum et recipiendum ab eodem karissimo fratre nostro si-
mile instrumentum diffinicionis et cessionis de regnis et de
aliis terris nostris, prout fecimus et concessimus nos eidem.
Constituimus insuper vos procuratorem nostrum ad facien-
dum, exercendum et expediendum cum dicto karissimo fra-
tre nostro in predictis et circa predicta omnia alia genera-
liter , que necessaria fuerint in premissis. Nos enim comi-
(1285) — 276 —
tentes et cedentes vobis in hiis, procuratorio nomine, loca,
iura, vices et acciones nostras, proraittimus vobis et etiam
subscripto notario, nomine et vice dicti fratris nostri reci-
pientibus, et eidem fratri nostro absenti tamquam presenti,
nos ratum, gratum et firmum perpetuo habituros et obser-
vaturos, ulloque tempore revocabimus quicquid in predictis
et circa predicta per vos processum et actum fuerit sive
gestum. Sic Deus nos adiuvet et eius sancta quatuor Evan-
gelia, coram nobis posita et a nostri manibus tacta corpo-
raliter et iurata. Actum est hoc in Maioricis septimo kalen-
das decembris, anno ab incarnacene domini millesimo GG°
LXXX0 quinto.
Signum ££( Infantis Alfonsi, domini Petri inclite recorda-
cionis regis Aragonum primogeniti, appositum hic per ma-
num Petri Marchisii notarii nostri, loco, die et anno prefixis,
et ad maiorem cautelam huic instrumento sigillum nostrum
apponi fecimus per eundem.
Testes huius rei sunt Gonradus Lancee , Blasius Exi-
meni de Agerbe, Petrus Garcie de Noq, Arbertus de Medio-
na, Petrus de Libiano, Berengarius de Gastilione Assessor
in Curia Maiorice et Petrus Marchisii dicti domini Infantis
notarius.
Signum Guillermi Moratoni notarii publici Maiorice et
curie eiusdem, qui de mandato dicti domini Infantis Alfonsi
hoc scripsit et clausit die et anno prefixis.
Dalla perg. di n. 130 del Re Alfonso li , neh' Ardi. Cor. di
Arag. in Barcellona , la quale pergamena contiene il transunto
eseguito a Messina a 18 febbraio 1287 per ordine del Cancelliere
del regno Giovanni da Procida.
Carini, Gli Arai, e le Bibl., voi. II, pag. 211 offre un sunto
ricavato dalla suddetta pergamena di inserzione del documento;
ma inesattamente rileva: «che aiuterà il fratello [Alfonso] nel
difendere il regno », mentre il testo ha in modo chiaro defendet
et iuvabit nos.
Pubblicato da me per la prima volta nella memoria cit. Do-
cumenti su le relazioni del Re Alfonso III d' Aragona (nell' A-
- <ÌÌ1 — (1285)
nuari (1908) pag. 348, doc. IV). Ne riporto qui il testo per aver-
sene migliore notizia in Italia.
Antonio Bofarull nella Hist. de Cataluna cit., t. Ili, p. 539
e 541 nel fare nel 1876 esplicito ricordo di questi due documenti,
deplorava (come ho detto nell' Armari) che non fossero noti ad
Amari, ed aggiungeva : « lo que no es estrano , por no haberse
tornado la pena de visitar nuestros archivos».
È anche qui ripetuto V obbligo dell' omaggio derivante dalle
consuetudini di Catalogna. I testimoni indicati in fine sono gli
stessi che intervengouo nel precedente e nel posteriore documento.
Per vari tra essi si ha notizia nei registri del Re Pietro. Corrado
Lancia è il notissimo ghibellino e parente della regina Costanza
(Amari, 9* ed., voi. I, pag. 141). Il segno di croce, apposto per
parte dell'Infante Alfonso, contenevasi nell'originale pergamena.
In adempimento di quanto Alfonso esponeva in quest'atto, l'Am-
miraglio Loria prometteva a lui nello stesso giorno di farsene
consegnare altro simile di dichiarazione di difesa da parte di Gia-
como (V. doc. seguente). Costui, divenuto Re, soddisfaceva il de-
siderio del fratello Alfonso, emanando in Palermo a 12 febbraio
1286 l'atto richiesto (cfr. doc. n. CXXXIX).
OXXXVII.
1285, novembre 25, Maiorca.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria promette all'Infante Alfonso di
Aragona di fargli prestare dal fratello Giacomo, successore ed
erede del Re Pietro nel regno di Sicilia , il giuramento per la
difesa dei regni appartenenti al medesimo Alfonso, e che curerà
di fare apporre nell'atto le cautele e sicurtà conformi, e di non
consegnare ciascuno dei due atti emanati da Alfonso, cioè il pri-
mo per cessione del regno di Sicilia e l'altro per la difesa, pri-
ma che Giacomo non ne presenti altro consimile da parte di lui.
È in fine il segno di croce di Ruggiero Loria.
(Atto in notar Guglielmo Moratoni di Maiorca).
Noverint universi quod nos Rotgerius de Loria conveni-
mus et promittimus bona fide vobis illustrissimo domino
(1285) — 278 —
Infanti Alfonso, domini Petri inclite recordacionis regis A-
ragonum et Sicilie primogenito , nos facturos et curaturos
quod dominus Infans Iacobus, frater vester, fìlius, succes-
sor et heres dicti domini regis in regno Sicilie, faciet iura-
mentum ad sancta Dei evangelia , et instrumentum publi
cum, sua bulla sigillatum, et prestabit nobis homagium no-
mine vestro, secundum consuetudinem Gathalonie et usati-
cos Barchinone, quod suo proprio corpore et avere totisque
gentibus, terris, posse et viribus suis, semper dum sibi vita
comes fuerit , iuvabit et detendet vos et gentes vestras et
regnum Aragonum, Maiorice et Valencie, comitatum Barchi-
none ceterasque terras et iurisdiciones, comitatus , iura et
bona vestra contra omnes personas de mundo , cuiuscum-
que gradus, status, dignitatis, sexus vel condicionis existant,
et ad adquirendum etiam capiendum , habendum , lucran-
dum et adquistandum regna, comitatus, insulas, provincias
ceterasque terras, iura et iurisdiciones tam Christianorum
quam Sarracenorum, a quibuscumque personis vos capere,
adquirere sive adquistare vel habere volueritis. Promittimus
etiam nos facturos et curaturos cum eodem domino fratre
vestro quod ipse laudabit, concedet et approbabit vobis
omnes alias condiciones, securitates, cauciones et pacta con-
tentas in quodam folio papireo per alphabetum diviso, quod
vos nobis in presenti tradidistis. Promittimus insuper vo-
bis quod nos , per nos vel aliam interpositam personam ,
extraneam vel privatam, non trademus, dabimus vel delibe-
rabimus iamdicto fratri vestro vel alii nomine ipsius instru-
mentum diffinicionis et cessionis, quod vos nobis in presenti
tradidistis, et eidem fratri vestro concessistis de regno Si-
cilie, principatus Gapue et Salerni et ducatu Apulie et de
aliis contentis in instrumento predicto , nec instrumentum
etiam quod vos iamdicto fratri vestro fecistis et concessi-
stis de defendendo et iuvando ipsum et regnum Sicilie ,
principatum Capue et Salerni et ducatum Apulie et omnes
alias terras et insulas dictis terris adiacentes, et sibi perti-
nentes ex donatione dicti domini regis patris vestri, quous-
— 279 — (1285)
que dictus dominus Iacobus frater vester fecerit nobis ho-
magium nomine vestro et sacramentum de predictis omni-
bus observandis per eum, et fecerit inde fieri instrumentum
bullatum sua bulla, quod penes nos teneamus et tenebimus
ante traditionem dictorum vestrorum instrumentorum, hoc
modo videlicet quod ipso domino Infante Iacobo tradente
nobis loco vestri instrumentum diffìnitionis vel paccionis
predicte, nos teneamur sibi t radere et restituere simile in-
strumentum de vestris, et alterum retinere et penes vos re-
ducere , nisi ipse dominus frater vester faceret illud idem.
Et prò predictis complendis et observandis facimus inde
vobis homagium ore et manibus, secundum consuetudinem
Catbalonie et usaticos Barchinone. Et hec omnia et singula
iuramus per Deum et eius sancta quatuor Evangelia mani-
bus nostris propriis tacta actendere et compiere. Actum est
hoc in Maiorica, septimo kalendas decembris, anno domini
millesimo GG° octuagesimo quinto.
Signum Q5| Rotgerii de Loria predicti, qui hec laudamus,
iuramus et firmamus.
Testes huius rei sunt Gorradus Lancee, Blasius Exemini
de Agerbe , Petrus Garcie de Noe, , Arbertus de Mediona ,
Petrus de Libiano, Berengarius de Gastilione Assessor Cu-
rie Maiorice, et Petrus Marchisii domini Infantis notarius.
Signum Guillermi Moratoni notarii publici Maiorice, qui
hec scribi fecit et clausit die et anno quo supra.
Dalla perg. di n. 15 del regno di Alfonso II, nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arai, e le Bibl., voi. II, pag. 208 ne dà il sunto;
però dice impropriamente « con obbligo di aiutarlo [Alfonso] nella
difesa del regno», rendendo meno chiaro il senso del testo.
Sono degni di nota in questo pregevole documento le espres-
sioni di « successor et heres dicti domini regis [Petri] in regno
Sicilie » per Giacomo, il ricordo del foglio cartaceo (papireo) di-
viso per lettere d'alfabeto, e contenente la copia del documento
riguardante la difesa del regno, ed altresì il grande riserbo, che
era imposto al Loria, di non esibire i due documenti di Alfonso
(1286) — 280 —
se prima non fossero stati consegnati gli altri simili da Giacomo,
« quousque. . . fecerit nobis homagium » ecc.
Le parole instrumentum diffinitionis (adoperate in questo e nel
precedente documento) per la cessione del regno di Sicilia fatta
da Alfonso a Giacomo a 2 novembre 1285 (cfr. doc. CXI) provano
che quel documento era destinato a togliere ogni controversia
(diffìnitio) per la successione di Giacomo.
È qui pure menzionato per Loria l'omaggio, come viene usato
nella Catalogna. Il segno di croce apposto dall' ammiraglio di-
mostra che egli, probabilmente per 1' alta dignità , sia stato di-
spensato dal sottoscrivere.
CXXXVI1I.
1286, febbraio 5, indizione 14», Palermo.
Costituzioni emanate dal Re Giacomo, per il pacifico stato del
regno , nella solennità della sua coronazione in Palermo a 2 feb-
braio , e pubblicate nel Parlamento generale allora tenuto nella
stessa città.
Il Re dichiara nel preambolo che è suo intendimento, nell' ap-
provare tali costituzioni, di procurare V incremento della monar-
chia, che si rafforza « quando nulla est voluntatum dissensio do-
mini ad subiectos», ed altresì quando le aspirazioni dei nobili e
del popolo (tam nobilium quam populorum affectio) siano concor-
di nel promuovere la potenza del sovrano.
Sono distribuite le Costituzioni in 43 capitoli , secondo V an-
tica distinzione , la quale deriva dai manoscritti.
Le rubriche dei vari capitoli sono queste :
fi. De manutenendis ecclesiis ecclesiasticisque personis, et bo
nis ipsorum manutenendis et defendendis].
[II] -VI. De non imponendis col lectis in regno Sicilie, nisi in
quatuor casibus infrascriptis.
VII. Quantum prò quolibet predictorum casuum sit exigen-
dum.
Vili. De non exigendo mutuum per dominum regem, vel eius
offìciales, a regniculis , et de pena offìcialium mutuum exigen-
cium quoquo modo.
— 281 — (1286)
IX. De prohibita donacione demanii per dominimi regem vel
officiales.
X. De prohibita frequenti mutacione monete, et ea semel tan-
tum in vita domini nostri regis in regno cudenda , et aliis ca-
pitulis.
XI. Quod non liceat alicui officiali aliquos invitos ad aliqua
officia deputare, et de ceteris aliis capitulis.
XII. De non compellendis hominibus universitatum per offi-
ciales Curie ad custodiam captivorum.
XIII. De non cogendis universitatibus ad mictendum sub ea-
rum expensis pecuniam ad regiam Guriam.
XIV. Quod comites, barones, Iustitiarii aliique officiales Curie,
iudices, notarii et alii familiares eorum ab universitatibus terra-
rum prò parte universitatum ipsarum, aliqua ratione , occasione
vel causa, xenia, pecuniale servicium, esculenta et poculenta seu
res alias prò iure sigillorum , seu prò scribendis et sigillandis
quaternis aliquatenus non recipiant.
XV. De prohibita offìcialibus carceratione hominum, qui pre-
stare possunt idoneam fìdeiussoriam caucionem.
XVI. De celeri expedicione causarum civilium per Baiulos, Se-
cretos, Iustitiarios et alios officiales facienda.
XVII. Quod non liceat offìcialibus Curie procedere contra ali-
quem ad suggestionem seu denunciacionem aliquorum , sed de-
nunciatores ipsi caveant de prosequenda lite.
XVIII. Quod nullus officialis cognos^at de crimine suspicionis
seu prodicionis sine mandato regio, preterquam usque ad fìdeius-
soriam caucionem tantum.
XIX. Ne stipendiarii, vel aliis sequentes Curiam , eorum au-
ctoritate hospicia vel robas capiant ab invitis, nec etiam ani malia
vel equitaturam.
XX. Ad idem, prò secunda et lercia parte rubrice.
XXI. De non compellendo aliquo vendere vinum, victualia nec
suas vegetes consignare.
XXII. De contrahendis matrimoniis et dandis in dotem feu-
dalibus et non feudalibus absque licentia Curie , salvo servicio
quod prò ipso feudo Curie debetur.
XXIII. De non spoliandis seu destituendis possessoribus qui-
buscumque, de fìdeiussoribus et de illis, qui dicuntur invenisse
thesaurum.
(1286) — 282 —
XXIV. De vassellis passis naufragiutn et rebus naufragiorum.
XXV. De prohibita inquisicione contram certa tn personatn.
XXVI. Ne prò generalibus inquisitionibus aliquid ab univer-
sitatibus exigatur, sed detur copia actorum inquisitis.
XXVII. De celeri decisione cause inter fiscum et privatimi.
XXVIII. Quod forestarii non molestent aliquos in cultura ter-
rari! m suarum, seu in percepcione fructuum impediant occasione
ipsius foreste , et de amovendis forestis de novo factis tempore
Karoli.
XXIX. Quod nullus compellatur per aliquem offìcialem ad ina-
ni ictendos porcos suos ad glandes.
XXX. Quod nullus prò animali Silvestro extra defensam vel
limite defense invento punialur.
XXXI. Quod comites et barones non coganiur propriis sum-
ptibus facere teridas vel aliqua alia vassella.
XXXII. De concedendo baliatu per regiam Curiam alicui de
proximioribus consanguineis pupilli post obitum patris comitis,
baronis seu feudatarii.
XXXIII. De successione feudalium.
XXXIV. Quod nullus subfeudatarius compellatur de feudo,
quod ab aliquo feudatario tenet, servire Curie.
XXXV. Quod feudatarius sine licencia Curie possit concedere
bona subfeudataria publicata per Curiam cum onere servicii con-
sueti.
XXXVI. Quod vassalli baronum non cogantur per Curiam ad
aliqua privata officia.
XXXVII. De magistris iuratis.
XXXVIII. Quod vassalli baronum et aliorum non compellan-
tur ire ad novas communancias inviti.
XXXIX. Quod barones vel alii extra regni confinia nec servire
personaliter, nec adiumenta prestare cogantur.
XL. De castellanis et castrorum servientibus.
XLI. Ad idem.
XLII. Ut offìciales de cetero terciam partem furto rum vel re-
rum amissarum non exigant a patronis.
XLIII. Ut accusati ante litem contestatam possint-componere.
XLIV. De confìrmatione privilegiorum remissionum iurium
marinariorum, indultorum per illustrem dominum regem Petrum.
XLV. Quod nulla universitas teneatur prò clandestinis homi-
cidiis solvere Curie aliquam pecunie quantitatem.
283 — (1286)
XLVI. Quod nullus officialis Curie cogat aliquos habentes res
mobiles Karoli , Gallicorum et Provincialium captas per eos ad
restitucionem.
XLV1I. Quod officiales tempore Karoli de eorum officiis, que
gesserunt , non teneantur Curie reddere rationem , vel aliquid
abinde solvere.
Seguono, dopo il testo dei capitoli sopra indicati , le formole
di corroborazione e datazione.
Il testo di tali Costituzioni del Re Giacomo del 1286 si con-
serva in vari codici manoscritti del secolo XV. Essi sono :
I. Codice Filangieri , in pergamena , nell' Archivio del Conte
S. Marco in Palermo. Flandina, Il codice Filangieri e il codice
Speciale (in Doc. della Soc. Sicil. di Stor. Patria , Serie l , vo-
lume XIV , Palermo , 1891) non dà alcuna notizia dell' epoca di
questo manoscritto; ma il bar. Starrabba, Cons. e priv. di Mes-
sina cit., pag. XVI dice : « Il fatto costante di esservi [nella prima
parte antica del manoscritto] registrato un documento del 1436 ci
induce a credere che esso non può essere anteriore a quell'anno ».
In tale codice i Capitoli sono scritti di seguito e senza alcuna
rubrica. Flandina offre in nota le varianti con la ristampa data
dal Testa, ultimo editore dei Capitoli del regno, nel 1741. È ine-
satta pertanto l'affermazione del Flandina che il codice Filangieri
contenga il più antico, corretto ed intero testo, perchè il mano-
scritto non ha data certa, ed è contemporaneo ad altri dello stesso
secolo, e (come dice Starrabba) « presso a poco coevo » a quello
da lui dato in luce e che è della metà del secolo XV, e la lezione
è talvolta scorretta e monca, e non contiene le rubriche. Quel co-
dice apparteneva prima al Senato di Palermo, e ne fece ricordo
Gregorio , Opere scelte , pag. 42 ; ma per equivoco asserì : « La
forma defta scrittura annunzia un'epoca assai antica, e forse vi-
cina ai tempi di Giacomo » .
II. Codice in pergamena di consuetudini e privilegi di Mes-
sina, conservato nella Bibl. Com. di Palermo, ai segni 2 Qq. E.
140, a fol. 13-20. Starrabba, Cons. e privil. della città di Mes-
sina cit., pag. VII, ne attribuisce l'epoca alla metà del secolo XV,
e dice (pag. XI) che il testo di Costituzioni contenuto in quel
codice « è forse il più antico tra quanti ne sono a noi pervenuti ».
Vito La Mantia , Testo antico delle Consuetudini di Messina a
(1286) - 284 —
dottato in Trapani (1331). Palermo, 1901, pag. XII, ha definito
il codice « una delle copie, senza alcuna autenticità, possedute o
da nobili famiglie o da ricchi commercianti ». In questo codice
si riscontra l'anomalia che i Capitoli di Giacomo sono trascritti
dopo quelli di Federico II aragonese, né può giustificarsi tale er-
rore per il maggior valore delle leggi di Federico o per le elevate
parole del preambolo (come opina Starrabba, pag. IX); ma piut-
tosto sembra che l'amanuense li abbia copiato prima, credendo,
per ignoranza , che appartenessero a Federico svevo. I capitoli
sono ordinatamente riferiti con le rubriche per ognuno di essi ,
ma senza numerazione alcuna. É notevole in principio la rubrica
De manutenendis — defendendis , la quale manca in altri mano-
scritti , e prova che la distinzione dei capitoli di Giacomo adot-
tata da Testa nella sua edizione è inesatta. Manca nel codice il
preambolo spettante al cap. II , e che dal Testa , nonostante la
nota da lui apposta : « Hoc potius consequentium capitulorum
prooemium est, quam capitulum ab aliis distinctum», fu lasciato
come cap. I e privo di determinazione regia. Il testo contenuto
in tale manoscritto offre pure lacune ed equivoci , ma in varie
parti è migliore dell'altro del codice Filangieri. Starrabba nelle
note indica minutamente le varianti col codice suddetto. È altresì
da rilevare quanto osserva Starrabba (pag. 101, nota 2), cioè che
dopo l'ultimo capitolo di Giacomo (ed. Testa, c. 47) sono quat-
tro righe vuote e raschiate. Aggiungo che i Messinesi ciò fecero
per togliere le parole che denotavano l'approvazione dei capitoli
durante la coronazione regia in Palermo , anzi avendole prima
trascritte, credettero più conveniente raschiare quelle righe, spe-
rando di cancellarne la memoria.
III. Manoscritto nella Biblioteca Nazionale di Madrid, con que-
sto titolo : « Gonstitutiones et observantie edite a Friderico et la-
cobo Sicilie regibus». Di tale codice Carini, Gli Arch. e le Bibl.
voi. I, pag. 181, si limita a dare la breve indicazione di catalogo,
senza farne alcuna descrizione od accennare almeno la data del
codice. È probabile però che quest'altro manoscritto, se non ne
fornì l'apografo, derivi da quello messinese da me dianzi accen-
nato (al n. II), riscontrandosi pure in esso l'anomalia della tra-
scrizione in ordine inverso delle costituzioni di Giacomo e Fede-
rico. Potè il codice esistente in Madrid provenire da acquisti fatti
da Sdrita o da altri negli archivi ecclesiastici di Sicilia , e dei
quali dà cenno Carini cit. pag. 398 e seg.
— 285 — (1286)
IV. Regesto poligrafo dei secoli XV e XVI nella Bibl. Fardel-
liana di Trapani , a fol. 125 e seg. Al testo delle Costituzioni è
premesso questo argomento : « Gonstitutiones immunitatum edite
per illustrerà dominum Tacobum dei gratia regem, in testo coro-
nationis sue ». La trascrizione appare del secolo XV. Ne diedero
notizia Giuseppe Polizzi, Su un regesto poligrafo ecc. Trapani,
1873, pag. 17, e Vito La Mantia, Antiche Consuet. delle città di
Sicilia cit. pag. XXVI, nota 2.
V. Codice di costituzioni e capitoli di Sicilia, formato d' or-
dine di Giovan Matteo Speciale nel 1492, e conservato nella Bibl.
Com. di Palermo ai segni Qq. H. 124. È utile notare che questo
codice contiene il testo delle costituzioni , rimontando a quelle
celebri dell' imperatore Federico , e facendole seguire da alcuni
capitoli del Re Corrado, ed immediatamente dalle costituzioni di
Giacomo (fol. 61 r. a 68); onde sembra che nella serie si trala-
sciassero di proposito, per le invise memorie angioine, le costi-
tuzioni ed i capitoli emanati per la Sicilia, senza la solennità dei
Parlamenti, durante il dominio di Carlo I d'Angiò.
Diego Orlando, Un codice di leggi e dipi, cit., pag. 59 fornì
alcuni cenni intorno il testo, ricordando che i capitoli di Giacomo
sono riferiti «collo stesso ordine», che trovasi nell'edizione del
Testa, ed inoltre « che la lezione del mss. offre qualche variante,
ma di poca importanza » , e rilevò soltanto la variante negli ar-
gomenti dei cap. IX e X. L'Orlando incorse in equivoco nel ri-
tenere che Testa « trovando la collezione [dei capitoli di Giaco-
mo] senza data, vi appone come probabile quella del 1288»; per-
chè Orlando non si avvide che due sono le serie di Capitoli di
Giacomo, cioè la prima del 1286 e l'altra del 1288, come ben si
scorge ancora dall' argomento in questo codice « a tempore sue
coronationis in antea », che significa : nella coronazione e negli
anni seguenti (sebbene in fine sia la data erronea del 1285 per
le due serie). É superflua quindi la lunga nota dell'ORLANDO per
la data 1285, che non è affatto errata, ma rappresenta il computo
dell'anno ab incarnatione, per la prima serie dei capitoli.
VI. Codice intitolato Liber Regiae Monarchiae, compilato nel
1556 d'ordine del Viceré De Vega , e conservato prima nell'Ar-
chivio di Stato di Torino, e dal 1893 in quello di Palermo.
Cfr. Starrabba, Diplomi di fondazione delle Chiese episcopali di
Sicilia {neìV Arch. Stor. Sic. an. XVIII, 1893, pag. Ili, n. 1).
(1286) — 286 —
Vi si trova nei fol. 288-293 il testo, con qualche variante, di
alcuni capitoli, cioè del preambolo e cap. I Tunc status Princi-
pis — actus nostros (a fol. 291), del cap. XXII. In matrimoniis —
decessisse (a fol. 292) e del cap. XXXVII. In terris vero — amo-
veri (a fol. 288). Tralascio di indicare altre posterioriori copie
di quel manoscritto, che sono ricordate nella suddetta memoria
dello Stahrabba.
' VII e Vili. Di un Codice manoscritto delle « Constitutiones
regni, nel quale sono registrate diverse costituzioni , riti , ordi-
nazioni e capitoli del regno nel dominio del serenissimo Re Gia-
como , in carte 161 » , non indicato per data , si ha notizia dal-
l'inventario delle scritture della R. Cancelleria eseguito nel go-
verno di Vittorio Amedeo II in Sicilia nel 1714 , e riferito da
G. Spata, Sulle carte di Sicilia esistenti nei regii Archivi di Cor-
te in Torino. Roma, 1872, pag. 82 6. Negli originali registri (ora
perduti) della Cancelleria del Re Giacomo nell' isola dovea tro-
varsi il testo di quei Capitoli. I più antichi, che ora rimangono
trascritti in parte, sono quelli approvati dal Re Martino nel 1398
(Protonotaro del regno, reg. 13, an. 1398-1400, fol. 103. — Arch.
di Stato di Palermo. — Cfr. ediz. Testa, t. I, pag. 151 eseg.). —
Altro codice ms. appartenente al barone di Asaro, e che servì per
l'edizione principe dei Capitoli del regno curata da Appulo nel
1497, non più esiste. Il codice è menzionato da Appulo nella Gra-
tulatio in tal modo : « Nolo vos praeterire primum [volumen] u-
nius dumtaxat auctoritate Codicis vetustissimi , quem studiosus
baro Asari nobis commodavit , confectum esse ; reliqua multo-
rum collatione peracta». Può quindi ritenersi che quel codice
doveva almeno essere anteriore di un secolo al 1497, e compilato
nel secolo XIV o nei primordi del XV.
Antichi ricordi si hanno delle costituzioni emanate dal Re
Giacomo nel 1286. Il Re Federico II aragonese nel 1296 ne faceva
espressa menzione nei cap. II, XV e XXX, richiamando in vigore
o ampliando « constitutiones editas per regem Aragonum fratrem
nostrum, tum regem Siciliae» (ediz. Testa, t. I, pag. 47 e segj.
Nel 1398 il Re Martino manifestava esser suo proposito « nova
constituere nec minus vetusta servare», ed ordinava l'esatta os-
servanza delle Costituzioni dell'imperatore Federico, « nec non se-
renissimornm principum et dominorum regum colendae memo-
riae , tam regis Iacobi Aragonum et Siciliae regis , quam regis
— °287 — (1286)
Federici senioris praedeeessorum nostrorum » (cap. XXXVII, ed.
Testa, pag. 154).
Notevole è il privilegio dello stesso Re Martino del 3 luglio 1397
per revocazione al demanio della Terra di Cammarata, nel quale
trovasi questo esplicito ricordo delle Costituzioni di Giacomo, e
segnatamene del cap. IX (ed. Testa, pag. 9), e che conviene ri-
ferire : « Tamen quia iamdiu gloriosissimus princeps dominus Rex
Iacobus olim Aragonum et Sicilie Rex dum vite comodis [frue-
retur] et huius regni gubernacula possideret , non sine diligenti
consideracione advertens fore expediens regie dignitati suisque
Melibus non modicum fructuosum sui demani a alienari aliqua-
tenus non debere, ex sue provisionis edicto mandat tam ipsum,
quam heredes et successores suos in eodem regno et quoscumque
alios offieiales a prescriptorum demaniorum donacionibus absti-
nere debere, et dictum edictum per eumdem dominum Regem Ia-
cobum in regno predicto extitit inviolabiliter observatum ». La
trascrizione originale del privilegio trovasi nei reg. 9, an. 13955-97,
del Protonotaro del regno, a Ibi. 88 r. Il Re Ferdinando I di Ca-
stiglia a 1° settembre 1414, confermando quel privilegio di Mar-
tino, menzionava nuovamente le Costituzioni di Giacomo. Tirrito,
Sulla città e comarca di Gastronovo. Palermo, 1873, pag. 336 e
seg. ha pubblicato il testo di quei documenti, secondo un tran-
sunto fatto nel 1482, però con vari equivoci, e crede inesattamente
di Giacomo una precedente concessione in feudo fatta da Martino
per quella Terra.
Indicherò ora le varie edizioni delle Costituzioni di Giacomo,
cioè comprese nella collezione dei Capitoli del Regno , od edite
separatamente su antichi manoscritti, o riferite in opere speciali
dei commentatori :
I ediz. principe di Giovan Pietro Appulo , intitolata: Rega-
lium constitutionum, pragmaticarum et capitiilorum huius regni
liber trinus et unus. Messina, Bruges, 1497. Offrono la descrizio-
ne di questa rarissima edizione il can. Domenico Schiavo nelle
Memorie per servire alla storia lett. di Sicilia. Palermo, 1750,
t. I, parte VI, pag. 3-13; G. Mira, Manuale teorico - pratico di
bibliografia. Palermo, 1862, voi. II, pag. 388; Vito La Manti a ,
Notizie e documenti su le consuetudini delle città di Sicilia (in
Arch. Stor. Bai. Ser. IV, t. VII, an. 1881, pag. 317); G. Oliva,
L'arte della stampa in Sicilia nei secoli XV e XVI (nalVArch.
(1286) — 288 —
Stor. Sic. Orient. Catania, an. VII, 1911, p. 120-122), ed altri. Le
cost. di Giacomo sono contenute nei fol. 3 a 10. Nel Proemio del
lib. Ili a fol. 124 Appulo dice: « Orsi primum ab rege Iacobo,
primo legum latore post pulsos et contritos Gallos ». Non vi è
alcuna numerazione dei capitoli.
II. ediz. di Alfonso Cariddi, Messina, Spira, 1526. Di questa
pregevole ristampa die' particolare notizia con facsimile (tav. III)
il sac. Filippo Evola, Storia tipografico - letteraria del secolo
XVI in Sicilia. Palermo, 1878, pag. 192, e poi Oliva, L'arte della
stampa cit. pag. 378. A fol. 4-11 è il testo delle costituzioni di
Giacomo. È premessa una notizia biografica dei Re di Sicilia sino
a Giacomo, riprodotta nell'ediz. del 1655. I capitoli sono nume-
rati al margine.
III. ediz. di Ramondetta e Finamore. Venezia, 1575, con le
solite incisioni. A pag. 1-14 le cost. di Giacomo. La biografia
dei sovrani (che precede) è resa breve e rifatta con uno stile più
elevato dal Finamore. Ciò ricorda il chiar. can. G. Beccaria, An-
gelo Zanchisetti e la collezione dei Capitoli del regno sotto il Vi-
ceré Giovanni De Vega. Palermo, 1901, pag. 24. Egli crede che
Finamore si sia giovato dei manoscritti di Zanchisetti per quel-
le biografìe.
IV. ediz. Palermo, Cirillo, 1623. A pag. 1-12 trovasi il testo
delle costituzioni di Giacomo. Vi manca il preambolo Ut igitur
del cap. II.
V. ediz. Venezia. Hertez, 1655. A pag. 1-11 cost. di Giacomo.
Gregorio, Opere, pag, 36 osserva giustamente che le varie edi-
zioni da C aridd) a questa del 1655 e le altre di Muta e Cutelli
(V. appresso , n. IX e X) « sono state tutte copiate sulla prima
edizione di Giovan Pietro Appulo».
VI. ediz. del can. Francesco Testa, Palermo, 1741. Questa
edizione contiene utili annotazioni, richiami e schiarimenti sto-
rico-giuridici. Su le novità arrecate dal Testa in confronto alle
precedenti edizioni dà notizia Gregorio , Opere , pag. 37 e seg.
Nel t. I pag. 5-28 dell'ed. Testa sono i capitoli di Giacomo.
VII. ediz. di Flandina nel voi. Il Codice Filangieri ed il
Codice Speciale cit. pag. 65 - 82, capitoli di Giacomo , senza ru-
briche né numerazione, secondo il codice del Conte S. Marco, so-
pra notato al n. I dei manoscritti.
Vili. ediz. di Starrabba nel voi. Cons. e privil. di Messina
— 289 — (1286)
cit. pag. 68-101, cost. di Giacomo, sul manoscritto 2 Qq. E. 140
qui sopra indicato al n. II dei mss. I Capitoli non offrono nu-
merazione di rubriche.
IX. Muta Mario. Cupitulorum regni Siciliue potentissimi regis
Iacobi expositiones. Panormi, 1605, t. I. Vi è riferito il testo, se-
guito da esteso commento per ogni capitolo.
X. Cutelli Mario. Codicis legum sicularum libri quatuor a
totidem Siciliae et Arugoniue regibus lutar um, cum glossis sive
notis iuridico-politicis. Messanae , 1636. I capitoli di Giacomo,
coi quali ha inizio l'opera, sono da pag. 1 a 87.
Alcuni capitoli del Re Giacomo, cioè 22, 23, 32, 33, furono
ristampati da Vito La Mantia, Leggi civili del regno di Sicilia
(1130-1816) raccolte ed ordinate. Palermo, 1895, pag. 18, 32, 65 e 107.
Han fornito speciale notizia dei capitoli di Giacomo vari au-
tori, manifestando disparate opinioni, e basta menzionare Mon-
gitore, Purlumenti generuli di Sicilia. Palermo, 1749, t. I, pag.
41; Giannone, Istoria civile del regno di Napoli. Milano, 1825 ,
voi. V, pag. 390 ; Pecchia , Storia civile e politicu del regno di
Nupoli. Ivi, 1783, t. III, pag. 139 e seg. ; Gregorio, Opere, Pa-
lermo, 1845, pag. 35 e 270 e seg.; Palmeri, Somma della storia
di Sicilia. Palermo, 1840, voi. IV, pag. 12; Tomacelu, Storiu
dei reumi di Nupoli e Sicilia. Napoli, 1846, voi. II, pag. 55; De
Renzi, Il secolo decimoterso e Giovanni da Procidu. Napoli, 1860,
pag. 394 ; Vito La Mantia , Storia dellu legisluzione di Sicilia.
Palermo, 1866, voi. I, pag. 112, 122, 154 e seg., ed Amari, 9. ediz.
voi. II, pag. 166 e seg. — Se ne ha pure cenno per qualche sin-
golo capitolo in T. Gargallo, Memorie patrie per lo ristoro di
Siracusu. Napoli, 1791, t. II, pag. 346 ; F. P. Avolio, Leggi in-
torno ullu pesca. Palermo, 1805, pag. 149; Pardessus, Collection
des lois muritimes. Paris, 1831, t. V, pag. 233, e V. Dì Giovanni,
Lu topogrufiu unticu di Pulermo. Ivi, 1889, voi. I. pag. 108.
1 Capitoli del Re Giacomo, come gli altri del Re Federico II
aragonese e suoi successori , sono di grande importanza per la
storia del diritto della Sicilia. Gregorio, Opere cit. pag. 36, non
esitò ad affermare che « le leggi allora stabilite [dai Re arago-
nesi] non sono da riputarsi da meno delle costituzioni sveve e
normanne ». 11 cronista Neocastro (cap. CU, ed. Gregorio cit.
pag. 144) fornisce espressa notizia che, nel giorno della corona-
zione , il Re Giacomo confermò le immunità concesse al regno,
G. La Mantia — Cod. dipi. arag. 19
(1286) — 290 —
come avean fatto i sovrani negli antichi tempi, ed altre nuove
ne largì «et alie de novo eis [ai Siciliani] graciose conferuntur »,
che sono appunto i Capitoli del 1286. Deve notarsi che il napo-
litano Pecchia (op. cit. pag. 141) dubitò dell'autenticità dei ca-
pitoli di Giacomo, perchè vi si trovano adottati vari altri conte-
nuti nella bolla del 16 settembre 1285 del Papa Onorio IV , ed
osservò : « Chi dunque potrà ammettere, per vere e per legittime,
leggi contrarie ai fatti rapportati da tutti gli storici di quella
età?». Gregorio (pag. 39) espose però le prove che dimostrano
la completa autenticità delle costituzioni di Giacomo.
Vennero esse comprese nella collezione delle Costituzioni del
regno di Sicilia, come seguito a quelle dell' imperatore Federico
ed alle altre di Corrado IV, nei vari codici manoscritti che se ne
formarono. Ciò si rileva ancor meglio dal Codice Qq. H. 124
dell'anno 1492, da me sopra ricordato.
È d' uopo qui notare che la collezione dei capitoli del regno
contenuta nei manoscritti e nelle posteriori edizioni , e che co-
mincia dall'epoca di Giacomo, si presenta acefala, e sembra che
ciò sia accaduto per incuria ed anche per difficoltà nei tempi di
guerra di rintracciare le costituzioni del primo Re aragonese di
Sicilia, Pietro. Le costituzioni dei Re aragonesi non sono esclu-
sivamente approvate nei Parlamenti , ma anche fuori di essi ;
anzi è manifesto che doveva esistere in Sicilia il testo di molte
costituzioni emanate dal 1265 al 1282 dal Re Carlo I d' Angiò
per l'intero regno (terraferma ed isola), e che fu invece conser-
vato in Napoli , che era sede principale del dominio degli An-
gioini (Cfr. Giannone, Storia civile cit. voi. V, pag. 318 e seg.,
e testo dei Capitoli nell'ediz. Cervoni dei Capitula regni utrius-
que Siciliae. Neapoli, 1773, t. II, pag. 1-40). Io ho potuto rin-
venire i Capitoli approvati dopo il 1272 dalla regia Corte per la
tassa di sigillo in Sicilia , e che i Re aragonesi poi adottarono
senza alcuna indicazione dell' origine angioina. V. la memoria
Capitoli angioini sul diritto di sigillo della Cancelleria regia per
la Sicilia posteriori al 1272 (nell' Arch. Stor. Sicil. an. XXXII,
1907, pag. 425 e seg.).
I Re aragonesi pertanto abolirono ogni ricordo di leggi ap-
provate dagli Angioini, e le esclusero dalle loro collezioni. Non-
dimeno in alcuni codici manoscritti rimase il testo di vari pri-
vilegi, ordini e costituzioni del Re Carlo I, come vedesi nel Co-
— 291 — (1286)
dice del Principe Fitalia fol. 100 r. e seg. (doc. edito da Vito
La Manti a, Antiche consuet. cit. pag. 244), ed altresì nel Codice
Speciale , in pergamena e miniato , dei Privilegi di Palermo Qq.
H. 125 (doc. edito da Flandina 11 Codice Filangieri ecc. pag. 90),
nell'altro 2 Qq. E. 140 pubblicato da Starrabba, Cons. e priv.
di Messina, pag. 129-136, e nel voi. ras. Qq. G. 2. (doc. edito
da L. Siciliano, Consuetudini di Palermo — in Doc. Soc. Sicil.
Stor. Patria, Serie II, voi. IV, Palermo 1894, pag. 204), esistenti
nella Bibl. Gom. di Palermo.
Venivano dal Re Federico II aragonese nel 1296 confermati
i privilegi e le « constitutiones, ordinationes et leges » emanate
dall'imperatore Federico, da Manfredi, e dal « gloriosissimus Rex
Aragonum et Siciliae, reverendissimus pater noster» [cioè Pietro],
e da Giacomo (cap. 2 del Re Federico, ed. Testa, t. I, pag. 47).
Non è dubbio quindi che il Re Pietro I abbia approvato costi-
tuzioni e leggi ; ma il Re Martino in un capitolo esplicito De ob-
servatione Constitutionum imperialium et aliorum principum
Siciliae Begum, non fa alcun cenno di quelle del Re Pietro. Se
non furono raccolte le costituzioni di cotesto Re, di esse trovasi
però il testo sparso nei registri 53 e 54 nell'Archivio della Cor.
di Arag. in Barcellona.
Sono infatti vere e proprie norme generali e costituzioni per
tutto il regno le lettere del 1282 per la prestazione del giuramento
(Carini, De rebus, pag. 9), per le attribuzioni dei Giustizieri se-
condo il testo « constitucionum regni Sicilie editarum et obser-
vatarum » cioè dell'imperatore Federico (p. 58 e 73), giurisdizione
della Gran Corte (p. 92 e 100), elezione dei Maestri Giurati (pa-
gina 180), processi per gli omicidi clandestini « iuxta formam con-
stitucionum super hoc editarum per quondam dominum Frideri-
cum olim Romanorum imperatorem , recolende memorie , et ap-
probatarum prò parte Curie nostre» (pag. 185), uffici di Maestri
Giurati, sciurta ed altro (p. 208) , esenzione , sancita nel Parla-
mento di Catania, da collette e diritto di marineria (p. 225 e 272),
devoluzioni di beni alla Curia (p. 250), sottrazione di sale nelle
saline (p. 289), unione delle isole di Malta e Gozo al dominio di
Sicilia nel 1283 (p. 422), coniazione di nuova moneta di pierreali
(p. 425), ed infine nomina di Queralt a Vicario generale dell'isola
(p. 632). Non è quindi Giacomo il primus legum lator, come er-
roneamente diceva Appulo.
(1286) — 292
Altra importante quistione è quella di riconoscere quanta parte
dei Capitoli del Papa Onorio IV siasi adottata nei Capitoli di Re
Giacomo. É noto che dopo scoppiata in Sicilia nel 1282 la grande
rivoluzione contro gli Angioini, il Re Carlo I si affrettò a 10 giu-
gno dello stesso anno di approvare per le Provincie continentali
i Capitoli super bono statu del regno , e indi il Principe di Sa-
lerno Carlo, a 30 marzo 1283, altri ne promulgò nel Piano di San
Martino (Cfr. ediz. Cervoni cit., t. II, pag. 25 e seg. e 41 e seg.).
Per l'ingerenza che i Papi non cessavano di esercitare nel regno
di Sicilia, durante la prigionia del Principe di Salerno in Cata-
logna, a 11 e 16 lebbraio 1285 il Papa Martino IV non tralasciò
di emanare ordini per un' inchiesta sul buono stato del regno,
dopo la morte del Re Carlo I (ediz. Raynaldi, Annales eccl., t. Ili,
pag. 592 e seg.), e quindi il successore Onorio IV a 16 settembre
di quell'anno provvide ampiamente su le riforme da adottare nel
regno (ediz. Lunig, Codex Italiae diplom. , cit. t. II , pag. 1023
e seg.).
Da tutta cotale legislazione emanata, da giugno 1282 al 1285,
con tardo pentimento dagli Angioini (ancor con insolite forme par-
lamentari) e dalla Chiesa romana al duplice scopo di evitare la
ribellione in terraferma e di adescare i Siciliani all'antico domi-
nio , nelle costituzioni di Giacomo si trasse rilevante profitto.
Giannone cit. (pag. 390) notò espressamente come vari capitoli
di Onorio fossero stati accolti da Giacomo nelle sue nuove leggi
per tutto il regno, e Gregorio ne fece più preciso ricordo (p. 39).
Tomacelli, Storia dei reami di Napoli e di Sicilia cit., voi. II.
p. 55, dice con inesatto giudizio per i Capitoli di Giacomo : « E-
rano in parte una copia meschina, in parte una parodia più me-
schina delle costituzioni di Onorio», ed aggiunge contro il vero
che «prestamente scherniti da lui [Giacomo] e maladetti dai suoi
ministri, furon violati». Egli ristampa la bolla di Onorio a pa-
gina 364-384.
Conviene rilevare che l'avere i giureconsulti dell'epoca del Re
Giacomo adottato, in tutto od in parte, e con ordine diverso, il
testo di molti capitoli di Onorio fu una necessità politica, perchè
gli Angioini non avessero potuto più trovare, col pretesto di ri-
forme , aderenti e fautori in Sicilia; e se si ricorse alla trascri-
zione letterale di varie parti di quel testo, forse ne fu cagione la
ristrettezza del tempo , essendosi determinato , non molto prima
— 293 — (1286)
della coronazione di Giacomo, di stabilire una nuova legislazione
fondamentale per le speciali condizioni del regno.
Credo utile aggiungere un prospetto numerico dei capitoli di
Onorio adottati negli altri del Re Giacomo. Ne offro il confronto
sul testo dei Capitoli di Onorio dato dal Giannone (ediz. Napoli,
1723, t. Ili, pag. 94-107) su la bolla originale esistente nel mo-
nastero di Cava, col riscontro dei numeri dei Capitoli di Giaco-
mo, che trovansi nell'ultima edizione del Testa.
Capitoli di Onorio Capitoli di Giacomo
I. Ideoque ut omnino cesset (p.97). II a VII. Collette.
II. Simili quoque prohibitioue (p. X. Mutazione di moneta.
98).
III. In homicidiis clandestinis (ivi). XLV. Pena per omicidi clandestini.
IV. Eidem provisioni adiiciendo Manca.
(ivi).
V. Nec ad mutuandum regi (ivi). Vili. Mutuo al Re od alla Corte.
— Concedimus autem (p. 99). Manca.
VI. Ad captivorum custodiam (ivi). XII. Custodia dei prigionieri.
VII. Gravamen quod in pecunia XIII. Danaro da mandarsi alla
(ivi). • Corte.
Vili. Illud quod in eodem regno XL. Riparazione dei castelli ed
(ivi). altro.
IX. Circa personas accusatas (ivi). XVIII. Accuse e fideiussioni.
X. Circa destitutionem possesso- XXIII. Destituzione di possesso, e
rum [corr. possessionumj. (ivi). ritrovamento di tesoro.
XI. Regibus futuris prò tempore Manca.
(ivi).
(1286) — 294 —
Capitoli di Onorio Capitoli di Giacomo
XII. Victualia vero quaelibet (p. XXI. Vendita di vino e vettova-
100). glie.
XIII. Ecclesiasticae seecularive per- Manca.
sonae (ivi).
XIV. Abusum contra naufragos XXIV. Navi e beni naufragati,
(ivi).
XV. Quaerelam gravem hominum XIX. Divieto ad officiali di entrare
(ivi). in case.
XVI. Similiter prohibemus ne in XXI. Vendita forzata di vino e vet-
locis (p. 101). tovaglie.
XVII. In matrimoniis in quibus XXII. Matrimonii di feudatari ed
(ivi). altri.
XVIII. Providendo praecipimus ut XXV. Inchieste contro privati.
(p. 102).
XXVI. Divieto di esigere somme
da Università per tale oggetto.
XIX. Huiusmodi praecepto adiici- XXVII. Cause tra fìsco e privati,
mus (ivi).
XX. Providendo districtius inhibe- XXVIII. Forestarì per coltura di
mus (ivi). terre.
XXI. Omnes ecclesiasticae (ivi). Manca.
XXII. Abusiones castellanorum XL. Castellani, per trasporto di pa-
(ivi). glia ed altro.
XXIII. Eiusdem provisionis edicto XIV. Divieto ad officiali per doni
(ivi). e tasse di sigillo.
XXIV. Ammalia deputata molendi- Manca.
nis (p. 103).
— 295 — (1286)
Capitoli di Onorio Capitoli di Giacomo
XXV. De creatione officialium (pa- Manca.
gina 103).
XXVI. Super eo quod regnicolae Manca.
(ivi).
XXVII. Prohibemus nequisque (ivi) XXX. Animali trovati presso le fo-
reste regie.
XXVIII. Nullus comes, baro (ivi). XXXI e XL1V. Costruzione forzata
di navi, e marineria.
XXIX. Si contingerit baronem. XXXII. Baliato per minori nei feudi.
XXX. Si aliquem feudum (ivi). XXXIII. Successione nei feudi.
XXXI. Nullus subfeudatarius (pa- XXXIV. Servizio militare nei feudi,
gina 104).
XXXII. Si contingat subfeudata- XXXV. Beni feudali confiscati,
rium (ivi).
XXXIII. Vassalli baronum (ivi). XXXVI. Offici imposti a vassalli dei
baroni.
XXXIV. In terris ecclesiarum (ivi). XXXVII. Maestri Giurati in terre
di chiese ecc.
XXXV. Ad novas communantias XXXVIII. Divieto di trasferimento
(ivi). a nuovi comuni.
XXXVI. Barones vel alii (p. 105). XXXIX. Divieto di servizio milita-
re agli abitanti fuori regno.
XXXVII. Caeterum ut contra (ivi). Manca.
XXXVIII. Ad maiorem quoque (ivi). Manca.
XXXIX. Licet autem praemissae Manca.
(p. 106).
(1286) — 296 —
Sono del tutto nuove, e non ricavate dai Capitoli di Onorio,
le costituzioni del Re Giacomo segnate coi n.i I , IX , XI , XV-
XVII, XX , XXIX , XLI-XLIV e XLVI-XLVII. Una speciale co-
stituzione intorno il divieto di alienazione dei beni demaniali era
stata nel 1272 approvata dal Re Carlo I d'Angiò per tutto il regno
di Sicilia (ediz. Cervoni, cit., pag. 9), e sembra che da essa de-
rivi il cap. IX di Giacomo.
Sul capitolo XXXII Si aliquem dello stesso Giacomo riguar-
dante le norme della successione feudale, il quale è stato cagione
di molte dispute innanzi e dopo 1' abolizione della feudalità in
Sicilia (1812), scrisse un particolare ed esteso commento nel 1563
Giuseppe Cumia, In regni Siciliae capitulum Si aliquem de suc-
cessione feudalium (cfr. Vito La Manti a, Stor. legisl. Sicil. cit.,
voi. II, p. I, pag. 72). Notevole è la Dissertazione (II) del Gre-
gorio su quel Capitolo inserita nelle Opere, pag. 609 e seg., per-
chè la Dissertaz. I è stato provato di recente appartenere al fi-
scale Simonetti (V. la mia memoria Di un progetto di descrizione
dei feudi della Sicilia nell'anno 1802 , in A rch. Stor. Sicil., vo-
lume XXXVII, 1912, pag. 472 e seg.). Alquante notizie su quella
materia ha, non è guari, fornito L. Genqardi, Sulla falsa inter-
pretazione data al capitolo « Si aliquem » nella seconda metà del
secolo XVI11 (in Circolo Giuridico. Palermo, voi. XL, an. 1909,
pag. 102).
Non è qui il luogo di ristampare o rivedere il testo delle co-
stituzioni di Giacomo , né di dare altri cenni sul contenuto di
quelle leggi. Basta soltanto ricordare il chiaro prospetto dei ca-
pitoli di Onorio, che è stato offerto da Leon Cadier , Essai sur
V administration du royaume de Sicile sous Charles I et Charles II
d'Anjou. Paris , 1891 , pag. 122-137 « Les reformes du Pape Ho-
norius IV». Amari, 9* ed., voi. II, pag. 167 e seg. non desume
affatto i caratteri giuridici delle costituzioni di Giacomo, poiché
dà qualche breve cenno di alcune , e per altre dice : « men rile-
vano, furono bandite nel brio del coronamento».
297 - (1286)
OXXXIX.
1286, febbraio 12, indizione 14», Palermo.
Il Re Giacomo per adempire la volontà dei suoi genitori e
curare i vantaggi del fratello Re Alfonso, promette, in presenza
di Ruggiero Loria, procuratore speciale di costui, di difendere il
suddetto fratello ed i suoi regni di Aragona, Valenza e Maiorca
e la Contea di Barcellona, anche nell'acquisto di nuovi territori
contro i Cristiani ed i Saraceni, e presta giuramento di osservare
fedelmente quanto promette, e rende V omaggio , secondo le consue-
tudini di Catalogna e gli Usatici di Barcellona.
È in line il segno o monogramma del Re Giacomo (che viene
qui riprodotto). Alla pergamena era appeso il sigillo regio.
Seguono le firme dei testimoni.
(Atto in notar Marchisio di Siracusa, di Palermo).
Dalla pergamena originale di n. 48 del regno di Alfonso IT ,
conservata nell'Arch. della Cor. di Arag. in Barcellona.
Una copia se ne ha nel ms. Qq. G. 1 di Amico e Schiavo nella
Bibl. Com. di Palermo a fol. 147 r., ed altra nel ms. Qq. G. 12,
fol. 221 , di Gregorio (pure quivi) tratta dalla precedente e con
data 1285.
Pubblicato da Niccolò Buscemi, La vita di Giovanni da Pro-
cida. Palermo, 1836' , doc. VI , pag. XVI e seg. Nel Proemio ai
Documenti, a pag. V, ricorda : « L'originale si conserva in Bar-
cellona nella cassa dei diplomi sul l'atto di Sicilia», la quale in-
dicazione egli trae dalla copia eseguita dall'AMico. Fu pure stam-
pato il testo da Saint Priest , Ilist. de la conquète cit. , t. IV
(1847), pag. 291 e seg. Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pa-
gina 209 ne dà un sunto con data del 1285 (da ridursi al modo
comune), e menziona alcuni testimoni sottoscritti nell' atto, tra-
lasciando i nomi degli altri.
Trovasi il ricordo di questo documento in De Renzi, Collectio
salernitana. Napoli, 1854, t. Ili, pag. 177, doc. XVII, che ne offre
un sunto, e nell'altro lavoro di lui, Il secolo decimoterzo e G. da
Procida. Napoli , 1860, pag. 394 e 410 nota 3 ; Amari , 9* ediz.,
(1286) — 298
voi. II, pag. 165, nota 4, che riferisce i nomi di tutti i testimoni,
ma non si dimostra sicuro sul testo della perg. 48 (dato in sunto
da Carini), perchè dice : « Par che sia lo stesso documento pub-
blicato dal Buscemi »; e G. Del Giudice , Bartolomeo de Neoca-
stro, F. Longobardo, R. de Limogiis giudici in Messina (in Arch.
Stor. Nap., voi. XII, 1887, pag. 271).
Il testo dato dal Buscemi offre inopportu-
namente i dittonghi , che mancano nell'origi- "T~ *-H
naie , 1' omissione della parola semper prima
di dum vixerimus (pag. XVI , lin. 24), la di-
zione usantias invece di usaticos (pag. XVII,
lin. 21), e qualche inversione nell'ordine delle
sottoscrizioni, che riscontrasi anche nel Saint-
Priest. Ho creduto utile per la diplomatica ri-
ferire in fac- simile il monogramma del Re Giacomo {lacobus),
poiché nelle edizioni citate non si ha che il solo segno di croce."
Questo documento trae origine dagli altri due da me sopra ri-
feriti (n.i CXXXVI e CXXXVII) del 25 novembre 1285 dell' In-
fante Alfonso e del Loria, i quali provvedevano allora in Maiorca
affinchè Giacomo, appena coronato Re di Sicilia, avesse giurato
di difendere Alfonso, in modo simile alla dichiarazione fatta da
costui pure a 25 novembre di quell'anno (V. sopra, doc. CXXXV).
Buscemi, De Renzi e Del Giudice cit. e Federico Lancia, Dei
Lancia di Brolo. Palermo, 1879 , pag. 68 , hanno rilevato l' im-
portanza del documento, per la menzione della dignità di Cancel-
liere del regno di Giovanni da Procida, per la firma del cronista
Neocastro , per il suggello apposto ed altro. Il Buscemi anzi os-
serva a ragione (pag. V) : « Molti illustri personaggi la [scrittura]
sottoscrissero, che tanta parte ebbero nelle cose operate da Gio-
vanni [da Procida] ». Può ritenersi infatti che in un atto così so-
lenne quei nomi rappresentavano persone tra le più benemerite,
e che erano del tutto devote al dominio aragonese , insieme al
Procida, come se ne ha prova in cronache e documenti.
— 299 — (1286)
OXL.
1286, febbraio 16, indizione 14a, Palermo.
Il Re Giacomo, in seguito a richiesta degli ambasciatori della
città di Messina , per la conferma di prerogative ed immunità
agli abitanti di quella città, ed altresì dei privilegi concessi ai
medesimi dai sovrani predecessori, e da lui innanzi di coronarsi,
ed in considerazione dei grandi servizi resi ai suoi genitori ed
a lui, con gravi sacrifici e pericoli, durante la guerra, conferma
varie immunità :
1. I giudici , da eligersi ogni anno, debbono essere cinque,
cioè tre legisti e tre idioti, e confermarsi dal Re.
2. Risiederà in Messina un giudice annuale da nominarsi
dalla regia Corte per decidere le cause delle prime appellazioni,
proposte contro le sentenze dello Stratigoto e dei giudici della
stessa città.
3. Un Messinese sia Console dei Siciliani residenti in Tunisi,
debba essere nominato dal Re, e non esiga le rendite del fondaco
regio, senza espresso mandato (poiché l'esazione è affidata ad al-
tri) , ed abbia per propria abitazione alcune stanze nel fondaco
medesimo.
4. Per evitare i danni derivanti dalta varietà dei diritti di
dogana di mare e di terra , dall' anno seguente di 15* indizione
in poi si pagheranno dai mercanti esteri ai gabelloti e creden-
zieri, ai quali spetta, le tasse competenti e non altro.
5. Coloro che daranno a nolo le proprie navi ad altri, per
trasporto di merci, non siano tenuti pagare alla dogana di mare
i tari tre di oro per cento , ma invece ne siano obbligati i pa-
droni che hanno noleggiato le navi medesime.
6. Nel caso di carico e scarico di merci in altri navi nel
porto di Messina, si pagherà soltanto metà dei dritti di dogana
ai gabelloti e credenzieri.
7. Se per guasto delle navi od altro pericolo dovranno le
merci scaricarsi e porsi a terra , non si pagherà alcun dritto ;
ma se saranno quivi vendute , è dovuta la tassa stabilita , e se
si caricano in altra nave, si pagherà metà della tassa.
8. Si costruiscano dalla regia Corte le navi per trasporto
(1286) — 300 —
di animali (uxeria) da Catona a Messina e viceversa, e si paghi
il consueto dritto. Nel caso che manchino le navi della Corte, non
si pagherà alcuna tassa.
9. Sono esenti i Messinesi dal pagamento di tassa di bale-
stre per le navi, che recansi alle parti oltramarine.
10. È vietato estrarre vino dal territorio della città di Mes-
sina, tranne per uso del palazzo della regina madre e del Re e
dei loro familiari.
11. I banchieri (campsores) di Messina paghino soltanto, per
l'antica assisa del cambio, onde di oro sessanta ogni anno, e gli
affìtti delle botteghe della Corte, nelle quali tengono il cambio.
12. È confermato il privilegio concesso dal Re Pietro per la
Curia dei Consoli del mare in Messina , i quali saranno scelti
dai mercanti e confermati dallo Stratigoto , che terrà i proventi
per parte della regia Corte.
13. I Messinesi sono esenti dal pagare i nuovi statuti, che
erano stati aboliti dal Re Pietro nel primo Parlamento (primo
Colloquio) tenuto in Messina.
14. Lo Stratigoto, i giudici ed i notai degli atti della città
di Messina sono annuali.
15. Se alcuno sarà tenuto nelle carceri regie , se non per-
notta, non pagherà alcun dritto; ma se pernotta, pagherà soltanto
grana dieci quando sarà liberato, secondo la costituzione dell'im-
peratore Federico.
16. 1 Messinesi possono estrarre liberamente le vettovaglie
dai porti di Sicilia per recarle a Messina, se così fu concesso dal
Re Pietro.
17. Sono confermati i seguenti privilegi concessi ai Messi-
nesi, cioè :
a) dell'imperatore Federico, dato in Messina a 1° maggio
1197 per libera estrazione ed immissione di merci in quella città.
b) del Re Pietro, dato in Messina a 20 aprile 1283 , per
abolizione dei nuovi statuti in Messina.
e) del medesimo Giacomo , dato in Catania a 15 dicem-
bre 1283 per il privilegio di foro dei Messinesi.
d) del medesimo Giacomo, del 15 dicembre 1283, per ele-
zione di un Messinese a Console dei Siciliani fuori dell' isola.
Seguono le formole della corroborazione e della datazione del
documento.
— 301 — , (1286)
Il testo di questo notevole privilegio trovasi in vari mano-
scritti :
1. Transunto in pergamena del 4 aprile, 13» indizione, 1315
presso il notaro Vassallo de Ianulo di Messina (nell'Archivio Co-
munale di Trapani). La pergamena è alta cm. 74, larga 54, molto
guasta nei margini laterali, ed incollata su altra pergamena. È
scritta in nitido e piccolo carattere gotico. Sono in fine le sotto-
scrizioni originali dei giudici e testimoni e del notaro. Le estese
formole del transunto vennero pubblicate (sul testo riferito nel
Regesto Poligrafo) da Vito La Mantia, Antiche consuet. di Sicilia
cit. pag. XXXIX e seg. È detto nel transunto che innanzi il no-
taro de Ianulo si presentò il nunzio od ambasciatore di Trapani,
Tommaso de Maida, ed espose che, avendo il Re Federico II ara-
gonese permesso [21 febbraio 1314] ai Trapanesi di usare le pre-
rogative ed immunità concesse ai Messinesi, era desiderio della
città di Trapani di aver copia di quei privilegi. Recatisi infatti
il nunzio ed il notaro presso i giudici e Giurati di Messina otten-
nero da essi di ricercare il Tesoro della città, nel quale si si con-
servavano i privilegi, e fra gli altri i Giurati « ostenderunt nobis
privilegium unum illustris domini regis Iacobi , olim Sicilie et
nunc Aragonum regis, sub pendenti sigillo ex cera rubea , sub-
scripti tenoris ».
In questa pergamena, la quale per la data (1315) è la più vi-
cina all'epoca del regno di Giacomo, si trovano, oltre le varianti
(che ricorderò appresso) la corroborazione e datazione in fine, che
mancano negli altri codici , tranne nel Regesto Poligrafo e nel
Libro Rosso. Ne riferisco il testo : « Ad huius autem nostre con-
cessionis et confirmacionis memoriam et [robur perpetuo] valitu-
rum, sibi exinde presens privilegium fieri iussimus et nostre maie-
statis sigillo muniri. Datum Panormi anno domini millesimo du-
centesimo octuagesimo quinto , mense februarii , sexto decimo
eiusdem, quartedecime indicionis, regni nostri anno primo».
2. Regesto Poligrafo, ms. del secolo XV nella Biblioteca Far-
delliana di Trapani. Contiene a fol. 342 e seg. la copia intera del
transunto del 1315 da me descritto, con 1' inserzione del privilegio
di Giacomo, e perciò con le formole di corroborazione e datazione
del 1285 (m. e. 1286). Si ha inoltre in tal codice la trascrizione
separata di varie parti dello stesso privilegio, con argomenti di-
stinti e talvolta con Datum Panormi 1285, e spesso aggiungendo
(1286) . - 302 —
terra Trapani o universitas terre Trapani o Trapanenses, quasi
che il privilegio fosse stato concesso, sin dall'origine, ai Trapa-
nesi. A fol. 321 r. sono riferiti nel loro testo i §§ 3, 10, 11, 12,
13, 16 ; a fol. 322 i §§ 2, 15 ; a fol. 326 r e 327 i §§ 1, 2, 14 ; a
fol. 332 r. i §§ 4, 5, 6, 7, 8 e 9, cioè vi è sparso , come distinti
privilegi con l' intitolazione : Bex Iacobus Rex Sicilie etc. , il te-
sto di tutti i sedici paragrafi, che compongono il privilegio di Gia-
como, escluso il § 17 per la conferma di determinati documenti
con data. Gli argomenti apposti ai singoli paragrafi sono questi :
§ 1. De iudicibus annualibus. — § 2. De indice primarum appel-
lacionum. — § 3. De iure consulis Thunisii. — § 4 - 8. De iuribus
dohane et navili. — § 9. De remissione balistarum exaccionis. —
§ 10. De vino non immictendo in terra Trapani. — § 11. De cam-
psoribus. — § 12 (riunito col § 3). — § 13. Que mercantie sunt
libere et exempte. — § 14. Quod iudices et actorum notarii sunt
annuales. — § 15. De carceratis et iure carcerum. — § 16. Quod
victualia sunt exempta a iure dohane.
3. Codice, in pergamena, di consuetudini e privil. di Mes-
sina, della metà del sec. XV , nella Bibl. Gom. di Palermo , ai
segni 2 Qq E 140. A fol. 69-73 è il testo intero del documento.
In fine di esso resta un piccolo spazio in bianco, nel quale do-
vea trovarsi la data, che è in tal modo omessa del tutto. Star-
rabba in una breve memoria su tale codice (inserita in Arch.
Stor. Sic. an. 1899, pag. 285, e seg.) fornì la descrizione di esso,
e vari estratti e sunti del privilegio di Giacomo (pag. 299-302).
4. Codice in pergamena della fine del sec. XV nella R. Ac-
cademia di Storia in Madrid, a fol. 69 e seg. Nell'antico elenco
dei documenti di quel codice si legge : « Otra [cedula] del misno
rey [Iaime] confirmando los privilegios anteriormente otorgados
à Mesina», senza la data (cfr. l'elenco pubblicato da La Lumia,
sulla copia dell'HARTZEMBUscH, in Arch. Stor. Sic. an. I, 1876 ,
pag. 318 , n. 22). Una descrizione più estesa diede per quel co-
dice nel 1884 Carini , Gli Arch. e le Bibl. , voi. II , pag. 258 e
seg. Egli indica il documento genericamente in tal modo : « Gia-
como Re. Lungo privilegio confermativo dei precedenti » , cioè
senza alcun ricordo del contenuto e della data che vi manca
(pag. 260).
5. Codice cartaceo del secolo XVII dei privilegi di Messina,
segnato Qq. H 17 (Bibl. Com. di Palermo) a fol. 39 r - 49. Ter-
— 303 — (1286)
mina il privilegio così : « constiterit per privilegia supradicta.
Data in principio retrofolii»; ma quivi non è altro che la men-
zione di un privilegio di Pietro I del 20 aprile 1283, fatta da Gia-
como.
6. Libro Bosso dei privilegi di Trapani, ms. dell' inizio del
sec. XVII nell'Arch. comunale di essa città. A fol. 123 e seg. è
il testo integro del privilegio del Re Giacomo, con data 16 feb-
braio 1285, e con le formole del transunto del 4 aprile 1315. Tro-
vasi pure la copia di varie parti disgregate del documento nei
fol. 25-27, 50-51, e 78-79.
Fu pubblicato il privilegio di Giacomo la prima volta da Gaio
Domenico Gallo, Annali di Messina. Ivi, 1758, t. II, pag. 151-
158, e II ediz., pag. 155-161, però con data erronea del 1294, con
qualche lacuna, e fra le memorie di queir anno. È stato poscia
ristampato nel 1901, sul codice 2 Qq E 140 della Bibl. Com. di
Palermo, da Starrabba, Cons. e privi, di Messina, pag. 251-264,
con l' indicazione delle varianti che riscontransi nell'ediz. prece-
dente del Gallo.
Alquanti ricordi di questo privilegio si hanno fra gli scrit-
tori. Samperi (f 1654) nell'opera Messana nobilis et exemplaris.
Messanae, 1742, t. II, pag. 109 menzionava il documento con data
Barchinone III kalendas augusti 1294 [29 luglio], e riferiva al-
cune righe di esso , ed a pag. 219 e 316 ne offriva altro cenno,
specialmente per il console messinese in Tunisi. Nell'altro lavoro
Iconologia della gloriosa vergine Maria. Ivi, 1644, a pag. 27 ri-
portava le parole del preambolo da actendentes sino sunt per-
dessi, con la sola indicazione generica del privilegio, e senza data.
Gallo nell'Apparato agli Annali, la ediz. pag. 66, ricorda pure
il documento di Giacomo con data Barchinone 1294. Gregorio,
in un suo scritto Del corallo di Trapani (in Opere , pag. 757)
notava che i Trapanesi avevano ottenuto da Giacomo nel 1289
la facoltà di eliggere un Console in Tunisi , ed aggiungeva :
« quando prima dai soli Messinesi sceglievasi »; ma ciò non è che
evidente errore , trattandosi del privilegio di Giacomo del 1286
per Messina.
Ferro , nella Guida per gli stranieri in Trapani. Ivi, 1825,
a pag. 70 offre pure la stessa notizia data dal Gregorio , ma è
più esatto quando indica : « Privilegio dato in Palermo nel 1286»,
che è la vera data di quel documento. Vito Cusumano, Storia dei
(1286) — 304 —
Banchi di Sicilia. Palermo, 1887, voi. I, pag. 59 ricorda un do-
cumento di Giacomo del 1285 per i banchieri in Trapani , e ne
inserisce il testo, traendolo dal Libro Rosso di quella città. Egli
non conobbe però che quello era un frammento del privilegio
per Messina, e che avea la data del 1286 , anzi credette di rile-
vare dalla tassa 1' importanza di Trapani in quel tempo, e fece
rimontare l'origine di quei banchieri nientemeno che al X secolo.
Da vari scrittori moderni fu indicato di consueto il documento
di Giacomo con la data 1294 (fornita dai messinesi Sampbri e
Gallo) , e così pure da Starrabba , Cons. e priv. di Messina ,
pag. XXXIV. Schaube, Das Konsulat des Meeres in Pisa, Lei»
zig , 1888 , pag. 269 ricorda il documento del Re Pietro I per i
Consoli del mare menzionato nell'altro di Giacomo del 1294. Egli
dice : «Dessen wesentlichen Inhalt in die von seinem Sohne Iay-
me II in lahre 1294 den Messinesen angestellte urkunde aufge-
nommen ist», e nota la prerogativa di nomina di consoli dei Si-
ciliani all'estero confermata nel privilegio dello stesso Giacomo,
« von demselben als Kònig in der gedachten Urkunde von 1294
bestatigt » , come 1' altra immunità concessa da Giacomo per la
nomina dei consoli in Tunisi, che viene da Schaube specialmente
considerata.
Questo amplissimo privilegio di Giacomo per Messina prova
quanta gratitudine e benevolenza serbassero i Re aragonesi verso
quella città, che tanto avea contribuito a respingere le aggressioni
degli Angioini nell'isola. È degno di nota che il preambolo, dalle
parole Tunc status principis sino quam futuris, è tratto dall'al-
tro che trovasi nelle Costituzioni dello stesso Re del 5 febbraio.
Sembra che non sia stato troppo conveniente adottare le espres-
sioni riguardanti tutto il regno anco per le franchigie concesse
ad una sola città, se pure ciò non si volle dai Messinesi.
I §§ 4-8 per i diritti di dogana mostrano come si arrecassero
novità all'antica Pandetta doganale, che poi venne riformata dopo
il 1305 e prima del 1312. Per la tassa di balestre si veda quanto
dice Andrea d'IsERMA (f 1316) nell'opera Ritus regiae Camerae
Summariae regni Neapolis, pubblicata in Napoli nel 1689 da C.
N. Pisano (pag. 498). Isernia afferma : « Hoc ius novum est per
Fridericum imperatorem impositum».
Noterò per la data del privilegio che riesce evidente che, es-
sendosi omessa nei codici di provenienza messinese (diversamente
— 305 — (1286)
da quanto avveniva nei codici trapanesi) la data vera: Palermo,
16 febbraio 1286, forse perchè denotava la coronazione di Giaco-
mo in Palermo (5 febbraio 1286) , il privilegio di Giacomo per
Messina sia rimasto senza alcuna data. Gallo nel secolo XVIII,
non trovandola, credette di assegnare la Stessa data di altro pri-
vilegio (che precede nei codici) per immissione di vino in Mes-
sina, del 1294, III kalendas augusti, cioè 29 luglio, ed affermò
altresì , con troppo ardimento , che Giacomo fu coronato Re in
Messina , citando per prova la Storia di uno straniero , lo spa-
gnuolo Mariana. La vera data del privilegio è quella del 1286 ,
che ho ricavato dal transunto originale in pergamena del 1315 ,
eseguito dal notaro Vassallo de lanulo, e sopra ricordato. Ne diedi
nel 1906 espressa notizia , con prove storiche , nel voi. Le Pan-
dette delle gabelle regie cit., pag. VI e seg.
Non è superfluo aggiungere che la data del 1286 sorge altresì
dallo stesso privilegio, perchè nel preambolo di esso è detto che
gli ambasciatori di Messina chiesero a Giacomo di approvare ,
«antequam assumeremus regni nostri Sicilie dyadema», le desi-
derate franchigie. Da ciò si ricava che i capitoli furono presentati
innanzi la coronazione, per ottenerne la san/ Ione dopo quella so-
lennità.
Starkabba nel 1901 non riusciva a spiegare come il Re Gia-
como nello stesso giorno (29 luglio 1294) stabilisse il divieto di
immissione di vino da luoghi siti fuori il territorio di Messina,
e notava (pag. 259, n. 9) : « Si ha qui dunque un bis in idem, e
per sopraggiunta, sotto una data identica». La spiegazione è in-
vece sicura dal confronto delle date dei due privilegi, perchè col
primo del 1286 si vieta l'estrazione del vino dal territorio di Mes-
sina, e con l'altro, veramente del 1294, si estende quel beneficio,
proibendo che altri ne immetta da luoghi non appartenenti a quel
territorio.
Riguardo alle varianti ne indico alcune più notevoli contenute
nel Transunto del 1315 (T) in confronto col testo edito da Star-
RABBA (S).
S p. 251 1. 1 Sicilie etc. — T ag. ducatus Apulie et principatus
Capue.
(ivi) lin. 6 — T om. subiectorum.
S p. 253 1. 7 concedimus — T ag. et donamus.
S p. 254 1. 14 predictorum — T ag. ambasatorum.
G. La Mantia — Cod. dipi. arag. 20
(1286) — 306 —
S p. 258 1. 15 transducendis — T transeundis.
S p. 259 § 12, 11, 13— T § 11, 12, 13 (ordine da me adottato).
S p. 260 1. 24 Sicle — T Sicilie.
S p. 261 1. 9 rura — T riva
(ivi) 1. 11 usu — T ag. constitucione.
S p. 262 1. 16 primo madii XI ind. — T undeciruo madii, quin-
tedecime indicionis (Friderici corr. Henrici).
S p. 263 1. 13 tota — T quota.
(ivi) 1. 21 per terminacionem — T prò terminacione.
S p. 264 1. 26 omessa la data — T ag. la data Ad huius sino
anno primo.
CXLI.
1286, febbraio 18, indizione 14a, Palermo.
Il Re Giacomo per rimunerare i Catalani per i servizi resi
al defunto Ite Pietro I ed a lui, ed anche per l'affetto verso suo
fratello Alfonso, Ite di Aragona, concede ai soli abitanti della Ca-
talogna « et non aliis » di potere estrarre dai porti della Sicilia
il frumento e l'orso necessari per loro sostentamento nei terri-
tori della Catalogna, pagando per il diritto di estrazione tari tre
per ogni salma di frumento, e tari 1 e grana 10 per l'orzo. Or-
dina ai Maestri Portolani di eseguire quanto viene da lui sta-
bilito , anco per la fideiussione di non portare le vettovaglie al-
trove, e per la notizia dello scarico al luogo designato.
Il testo si trova nel reg. 2 (an. 1312) della R. Cancelleria ,
fol. 58 r. -65r., con data 1285 (m. e. 1286), nell' Arch. di Stato
di Palermo. É inserto in altro privilegio di conferma del Re Fe-
derico li aragonese del 3 aprile 1296 (cfr. appresso).
Un' antica copia (del secolo XV) del privilegio inserto nella
suddetta conferma, si conserva in un quaderno in pergamena di
sei fogli, al n. 3335 delle Cartas sueltas con fecha del regno di
Giacomo, nell' Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Si ha pure il testo nel voi. ms. Pandecta cabellarum Messane
del secolo XIV nella Bibl. Universitaria di Cagliari, nel Quater-
— 307 — (1286)
nus delle gabelle di Palermo, segnato Qq, E. 28, a fol. 90, nel-
1' altro Qq. H. 124 Constitutiones , ordinationes del 1492 , nella
Bibl. Com. di Palermo, ed in quello della Secrezia di Palermo,
di Manilio, del 1594, a fol. 96-101 r. (Arch. di Stato di Palermo).
Altra copia è nel ms. Qq. G. 1 di Amico a fol. 149 e 165 r. ,
della Bibl. Com. di Palermo. Nell'altro ms. Qq. G. 4 fol. 14 (pure
quivi) si ha la notizia, senza l'inserzione, e dicesi tratto il docu-
mento del 1296 dal reg. del Protonotaro del regno, an. 1392 B,
fol. 91 r., che ora più non esiste; ed in quello Qq. G. 5, fol. 38
e 56 r. è anco indicato, senza inserirlo, notandosi che il doc. del
1296 è contenuto nella conferma della regina Maria e dell'Infante
Martino, data in Barcellona a 24 novembre, 14" indizione, 1391.
Pubblicato la prima volta nell'opera (postuma) di Testa, De
vita et rebus gestis Friderici II. Panormi, 1775, pag. 240 e seg.,
insieme alla conferma del 1296; poi da Capmany, Memorias histo-
ricas sobre la marina de Barcelona. Madrid, 1779, t. II, pag. 62
e seg., traendolo dal «Lib. I Virido, fol. 268, A. M. B. (Archivio
Municipale di Barcellona), ed infine da Sella, Pandetta delle ga-
belle di Messina (in Mise. Stor. ltal., voi. X, Torino, 1870, pa-
gina 121 e seg.).
Varie menzioni trovansi di questo privilegio. Schiavo , Me-
morie per la stor. lett. di Sicilia. Palermo, 1756, t. I, parte VI,
pag. 51 lo ricordava per ricavare la notizia del prezzo di fru-
menti ed orzi in quel tempo; ma non riconobbe che era soltanto
l' importo della tassa e non già il valore della merce. Gregorio,
Opere. Palermo, 1845 , pag. 352 e 768 ; Pardessus , Collect. des
lois maritimes cit., t. II, pag. LXV1I; Orlando, Un cod. di leggi
e dipi., pag. 91; Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 170 e 236; Heyd,
Hist. du commerce du Levant. Leipzig, 1885, pag. 475 e Di Gio-
vanni, Topogr. ant. di Palermo. Ivi, 1889, voi, I, pag. 357 ed
altri ne fanno particolare cenno.
Il Re Alfonso III nella lettera del 5 novembre al Re Giacomo,
da me pubblicata nella memoria Doc. su le relazioni di Alfon-
so III ecc. (in Anuari (1908) cit. , pag. 351 , doc. IX) , menzio-
nava tale documento di Giacomo , perchè desiderava che fosse
resa perpetua l' immunità concessa ai Barcellonesi o Catalani.
Riesce altresì notevole il privilegio di Giacomo per la precisa e
sicura indicazione dei metodi di estrazione usati dal governo, e
dell'esistenza di vari Consoli dei Catalani in Sicilia.
(1286) — 308 —
OXLII.
1286, febbraio 22, indizione 14a, Palermo.
Il Re Giacomo, in considerazione della fede e devozione dimo-
strata dai Catalani verso il defunto Re Pietro 1, la regina ma-
dre e lui , concede ai medesimi di potere eliggere nel regno di
Sicilia un console, che decida le cause civili , salvo V appello al
Re, ed escluse le cause criminali. Stabilisce inoltre che, nel caso
di naufragio sofferto dai Catalani nel suddetto regno , possano
senza licenza della Corte, tanto prima, che dopo il triduo, ricu-
perare le navi e gli oggetti naufragati, nonostante la consuetu-
dine contraria.
Questo documento con data del 1285 (m. e. 1286) è inserito
nella conferma del Re Federico II aragonese del 3 aprile 1296 ,
ed è trascritto negli stessi codici e volumi indicati per il doc.
precedente (n. GXLI), e che qui non occorre ripetere.
Pubblicato da Testa , De vita et rebus gestis Friderici II ,
pag. 240; Capmany; Memorias sobre la marina de Barcelona cit.,
t. II, pag. 49, dal «Libro I Virido , fol. 251. A. M. B. (Arch.
Municip. di Barcellona) separatamente, ed a pag. 62 col testo della
conferma del 1296; e da Sella, Pandetta delle gabelle di^Messina
cit., pag. 123-125.
È ricordato esplicitamente tale privilegio da Capmany nel t. I,
pag. 95 e seg., e 195, dicendo che Giacomo era «deseoso de fo-
mentar el trafico de los Catalanes en aquella isla » ; Gregorio ,
Opere, pag. 352; Orlando , Un cod. di leggi ecc. , pag. 91 , che
erroneamente indica come due privilegi distinti il contenuto del
documento; Amari, 9a ediz. voi. Il, pag. 170; Di Giovanni, Topogr.
ant. di Palermo, voi. I, pag. 357, che ne inserisce quivi un fram-
mento nella memoria che concerne La Loggia dei Catalani; e da
Besta e Fedozzi, I consolati di Sicilia all'estero , e i consolati
esteri in Sicilia fino al sec. XIX cit., pag. 135 (secondo i cenni
del Capmany), che riferiscono la notizia dei più antichi consolati
stranieri nell' isola nell' epoca dei Normanni , cioè pei Genovesi
(1116 e 1194), Veneziani (1144) e Pisani (1190).
L'insigne Capmany, t. I pag. 97 menziona un privilegio del Re
— 309 — (1286)
Carlo II d'Angiò del 18 luglio 1299 per simile prerogativa con-
cessa ai Catalani per elezione del console nel regno di Sicilia, ed
altre immunità. Quel documento, confermato poi dal Re Roberto
a 12 gennaio 1308, fu pubblicato per intero dal Capmany nel t. II,
pag. 65 e seg. È abbastanza notevole per i grandi elogi che il
Re Carlo esprime per Giacomo allora non più Re di Sicilia, e che
guerreggiava contro il fratello Federico, per ridare la Sicilia agli
Angioini, «qui. . . contra hostes nostros et rebelles Siculos, im-
mo contra Fridericum de Aragonia fratrem suum , qui insulam
Sicilie occupat , sudores bellicos et labores immensos subest et
su bit indefesse ».
CXLIIL
1286, febbraio 22, indizione 14% Palermo.
Il Re Giacomo, riputando conveniente usare speciale riguardo
alle Chiese ed agli ecclesiastici , in seguito a supplica di frate
Federico de Boia, Precettore generale delle Case della sacra Mi-
lizia dell' Ospedale di S. Maria dei Teutonici di Gerusalemme in
Sicilia e Calabria , ed in considerazione della vita e del culto ,
« quibus Magister Domus predicti Hospitalis et fratres sui clarere
noscuntur», prende sotto la sua protezione la Casa suddetta, e
conferma tutti i castelli, casali, uomini e beni, che possiede per
concessione dei Re e principi e largizioni dei fedeli, e come ap-
pare dall'approvazione data dal suo avo Re Manfredi. Conferma
inoltre le immunità da cotesto sovrano conferite alla Casa, cioè
l'esenzione dal pagamento di dazi e collette, e da angarie e ser-
vizi: di non potere esser rimossi dal possesso dei beni; la fran-
chigia dai diritti di portatico, plateatico, falangaggio, ripatico e
teloneo, nell'immissione ed estrazione, per i beni e proventi che
i frati mandano oltremare per il loro uso ; V immunità per ac-
que, erbe e legna nelle terre del demanio, per quanto ad essi bi-
sogna; ed il libero passaggio del Faro nell'andare dalla Sicilia
in Calabria e viceversa.
Il testo con data 1285 (m. e. 1286) si trova nella pergamena
di n. 167 del Tabulano della Magione (Arch. di Stato di Palermo).
(1286) - 310 —
È scritto con elegante e nitido carattere , e con una bella capo-
lettera ornata del nome del Re. Pende nel margine inferiore un
laccio di seta rossa e gialla, che sosteneva il sigillo, ora non più
esistente.
È inserito pure il privilegio nelle posteriori conferme concesse
dai sovrani, e se ne ha perciò il testo nella perg. 330 del 12 di-
cembre 1299 e perg. 369 del 5 luglio 1302 del Re Federico II ara-
gonese, perg. 633 del 12 dicembre 1346 del Re Ludovico , perg.
700 del 17 giugno 1399 del Re Martino.
Nel registro 155 (an. 1484) della R. Cancelleria, a fol. 134, è
trascritto, in una conferma del 1483, l'intero testo con data ine-
satta del 1385, invece di 1285, insieme al privilegio di conferma
del 1299 (per errore detto del 1390).
Una copia se ne ha nel voi. ms. intitolato Privilegi concessi
atti Teutonici, del sec. XV a fol. 29 (nell'Arch. di Stato di Pa-
lermo, al n. 7), e quivi è riferito altresì nei fol. 31, 46 r., 49 r.,
55 r., 108 e 120 col testo delle posteriori conferme sino al 1484.
È indicato il documento, con data erronea del 1280 , nel vo-
lume 1326, an. 1583, della Conservatoria di Registro (Regie Vi-
site), che contiene la Visita di mons. Pozzo per la chiesa della
Magione.
Pubblicato da Monqitore , Monumenta Sacrae Domus Man-
sionis. Panormi, 1721, pag. 46 e seg. , che ricorda: « Autogra-
phum asservatur in Archivo Mansionis in membranis » , ed ac-
cenna le altre conferme.
Vito Amico nelle aggiunte al Pirri , Sicilia Sacra. Panormi
[Venetiis] 1733, pag. 1341 r. indica il documento per la notizia
del Precettore de Boia. Mortillaro nell'i£fewco cronologico delle
pergamene della Magione. Palermo, 1858, pag. 77 lo registra per
equivoco all'anno 1285, invece che al 1286.
È degno di nota in questo privilegio il ricordo delle tasse con
i vetusti nomi, provenienti dall'epoca normanna, come si rileva
dall'importante opera dell'illustre F. Chalandon, Histoire de la
domination normande en Italie et en Sicile. Paris , 1907 , t. II,
pag. 690 e seg. La menzione espressa della costituzione, che di-
cesi di Ruggiero e Guglielmo, si riferisce a quella che trovasi nel
lib. Ili, tit. 29 De rebus stabilibus non alienandis Ecclesiis; ed è
ancora da rilevare che si accenna : « etiam ipsius domini avi
nostri [Manfridi] constitutionibus comprehensa », che prova pure
l'esistenza di costituzioni approvate dal Re Manfredi.
— 311 — (1286)
OXLIV.
1286, maggio 24, indizione 14a, Messina.
Il Re Giacomo scrive a Bartolomeo di Castiglione, Secreto di
Sicilia al di qua del Salso, perchè in adempimento della sentenza
profferita dalla regia gran Corte nella causa tra Filippa vedova
di Perrone Marchisotto e la figlia Fenicia contro Raimondo de
Minorisa, procuratore della Corte dei conti , per restituzione di
alcune parti di terre site nelle fiumare di Rametta e di Muti, già
possedute dalla suddetta Filippa col marito e la figlia nel tempo
del Re Manfredi, e poi confiscate alle stesse Filippa e Fenicia
dal Re Carlo d'Angiò per la fedeltà dimostrata al Re Manfredi,
immetta nel possesso di quelle terre le attrici, formando di tale
assegnazione cinque consimili atti per cautela della Corte e delle
parti.
Iacobus dei gracia etc. Bartholomeo de Castellione etc.
Quia in questione dudutn in magna nostra Curia , corani
Magistro Iusticiario regni Sicilie et iudicibus magne nostre
Curie, agitata inter Iacobum de Rebecca, procuratorem ut
constitit prò parte Philippe mulieris vidue prò una tercia,
et Fenicie fiiie eiusdem Philippe prò duabus terciis, actri-
cum ex una parte , et Raymundum de Minorissa procura-
torem Curie racionum ex altera, super peticione restitucionis
possessionis duarum peciarum terrarum, sitarum in floma-
ria Ramecte , iuxta terras sancte Marie de monacis , et si
qui alii sunt confines , necnon et alterius pecie terrarum ,
que vocatur de Ansaldo, in flomaria Muti, iuxta terras ma-
gistri Bartholomei de Archidiacono , et prope pantanum ,
et si qui alii sunt confines, quas terras predicta Philippa ,
una cum Perrono Markisotto viro suo et patre eiusdem
Fenicie, tempore felicis dominii illustris quondam regis Man-
fredi, avi nostri memorie recolende, tenuit et possedit, quo
tempore predictus quondam Perronus mortuus extitit, su-
perstitibus sibi predicta uxore et fìlia heredibus suis prò
(1286) — 312 —
porcionibus supradictis, secundum .consuetudinem civitatis
Messane, post cuius Perroni obitum diete actrices tenuerunt
et possiderunt , hereditario iure , terras easdem usque ad
tempus dominii quondam Karoli , comitis Provincie , per
quem et officiales suos ob fidem et devocionem, quam ipse
et sui precessores erga predichiti) regem Manfredura, avum
nostrum, gesserunt, fuerunt possessione ipsarum terrarum
per violenciam destitute , et earum possessio pervenit ad
Curiam, que nunc eas tenet et possidet , secundum asser-
cionem predicti procuratoris actricum ipsarum , processo
ordinario iure constitoque eisdem [de] intencione actri-
cum ipsarum et dicti procuratoris sui, omnibus sollempni-
tatibus observatis, sentenciam proferentes in scriptis , pre-
fati magister Iusticiarius et iudices condempnarunt magi-
strum Iohannem de Peregrino, procuratorem Curie substi-
tutum, ut constitit per predictum Raymundum procuratorem
Curie, et prefatum Raymundum necnon et eandem Curiam
Philippo Saporito procuratori substituto Iacobi de Rebecca
procuratori predictarum Philippe prò una tercia et predicte
Fenicie filie sue prò duabus terciis , et eidem Iacobo de
Rebecca et prefate Philippe et Fenicie ad restitucionem pos-
sessionis terrarum ipsarum , faciendam eisdem Philippe et
Fenicie et dictis suis procuratoribus prò eisdem , ad hec
omnia fisci patrono seu advocato presente. Verum quia nihil
prodest ferri sentencias, tara diftinitivas quam interlocuto-
rias eciam, nisi eas exequucio debita subsequatur, fidelitati
tue precipiendo rnandamus quatenus, receptis presentibus,
prefatam Philippam prò una tercia, necnon et eandem Fi-
niciam, filiam eiusdem Philippe, prò reliquis duabus terciis,
in possessione predictarum duarum peciarum terrarum, si-
tarum in flomaria Ramecte , iuxta terras sancte Marie de
monacis , et si qui alii sunt confi nes , que ad presens prò
parte nostre Curie procurantur, seu procuratorem actricum
ipsarum prò eis reducas , prò exequeione sentencie supra-
dicte. De cuius inducione seu assignacione predictarum dua-
rum peciarum terrarum facta per te matri et filie antedictis
— 313 — (1286)
duo, ac de toto processu tuo habito in premissis cura forma
presentis fieri facias quinque publica consimilia instrumenta,
quorum uno magistro Iusticiario et iudicibus supradictis ,
alio magistro Racionali magne nostre Curie et tercio ad Ca-
meram nostram per fidum tuum nuncium destinatis, quar-
tum penes te retineas tui raciocinii tempore producendum,
et quintum prefatis rnatri et fìlie ad cautelam earum assi-
gnes. Datum Messane anno domini millesimo ducentesimo
octuagesimo sexto, mense madii, vicesimo quarto eiusdem,
quartedecime indicionis, regni nostri anno primo.
Dalla pergamena di n. 164 del Tabularlo di S. Maria Madda-
lena poi S. Placido di Galonero in Messina (Archivio di Stato di
Palermo).
La lettera regia è inserita in altra del Secreto di Sicilia, Bar-
tolomeo di Castiglione, che dava incarico a 25 maggio seguente
a Riccardo Candiloro, Vicesecreto delle Valli di Demone e di Mi-
lazzo , per V immissione in possesso , come si scorge dal docu-
mento da me appresso pubblicato (n. CXLVI).
È notevole nella lettera di Giacomo l' indicazione della pre-
senza del maestro Giustiziere nella decisione della lite , e delle
forme procedurali anco per l' intervento dei procuratori , ed al-
tresì la menzione della consuetudine di Messina relativa alla co-
munione dei beni fra coniugi, cioè la cons. 4, Defuncto patre et
matre ab intestato, pars premortili cui cedat, secondo il testo dato
da Vito La Manti a, Antiche consuet. cit., pag. 36, il quale nella
Prefazione, a pag. LXV e seg. espone vari ricordi delle consue-
tudini di Messina contenuti nelle costituzioni sveve ed in docu-
menti dal 1203 al 1280.
OXLV.
1286, maggio 27, indizione 14a, Messina.
Il Re Giacomo, in seguito a supplica del milite Guido Talac,
ed in considerazione dei servizi resi ai suoi parenti ed a lui ,
tanto in Catalogna che in Sicilia , conferma al medesimo ed ai
(1286) — 314 —
suoi eredi in perpetuo il casale di Arcudaci , sito nel territorio
di Monte 8. Ginliano, e che prima era stato concesso soltanto a
beneplacito. È imposto V obbligo del servizio militare, di tenere il
feudo « in capite » dal Re, dell'ordine di successione, delle riserve
per diritti del fìsco, tiro di balestra per le spiaggie, ed altro , e
sotto l'osservanza delle costituzioni poco innanzi [5 febbraio] ap-
provate dal medesimo Re nel Parlamento tenuto in Palermo.
Jacobus dei gracia rex Sicilie , Ducatus Apulie et Prin-
cipatus Capue. Per presens privilegium notum fieri volu-
mus universis quod prò parte Guidonis Talac , militis , fa-
miliaris et fidelis nostri, fuit celsitudini, nostre humiliter sup-
plicatum quod cum olirti, infra annum terciedecime indicio-
nis nuper preterite, ad licterasillustris domini regis Aragonum
et Sicilie domini patris nostris, dare memorie, tunc illustri
domine regine domine matri nostre et nobis proinde dire-
ctas, sibi liberaliter et graciose concessimus casale Arcuda-
chii, situm in teniraento Montis Sancti Iuliani, cum omnibus
iuribus et pertinenciis suis, usque ad beneplacitum illustrium
dominorum parentum nostrorum vel nostrum, super hoc si-
bi tantummodo nostris licteris destinatis , et privilegio ali-
quo a nostra Curia, non obtento, et nobis humiliter suppli-
cato per eum ut predictam concessionem sibi suisque he-
redibus confirmare in perpetuum, et casale ipsum de novo
concedere de benignitate regia dignaremur. Nos igitur ac-
tendentes puram fidem et devocionem sinceram, quam pre-
dictus Guido erga dictos dominos parentes nostros et nos
prompto zelo gessit et gerit, necnon grata satis et accepta
servicia dictis dominis parentibus nostris et nobis, tam in
Gatalonia quam in Sicilia, per eum fideliter et devote pre-
stita , et que in futurum , dante domino , conferre poterit
graciora, eidem Guidoni suisque heredibus in perpetuum ca-
sale ipsum cum omnibus iuribus, racionibus et pertinenciis
suis , videlicet que sunt de demanio in demanium, et que
de servicio in servicium, de liberalitate mera et speciali gra-
cia concedimus, donamus et pieno favore regio confìrmamus,
sub servicio unius militis per eum Curie nostre prestando.
— 315 — (1286)
Ita tamen quod ipse silique heredes predictum casale a no-
stra Curia sub predicto servicio in capite teneant et cogno-
scant, et exinde servire ipse Curie teneantur, et vivant inde
iure Francorum, videlicet quod maior natu minoribus fra-
tribus et coheredibus suis, et feminabus raasculus prefera-
tur , et quod [si] in eodem casali et tenimento eius sunt ali-
qui baroaes et pheudotarii, qui de baroniis et pheudis eorum
servire in capite nostre Curie teneantur , nobis et nostris
heredibus, et non sibi, servicium propterea debitum et con-
suetum exhibeant , et quod illi quibus in eodem casali et
tenimento eius aliqua iura, possessiones et bona per pre-
dictum dominum patrem nostrum vel serenissimam domi-
nami reginam dominam matrem nostram, seu nostrani excel-
lenciam sunt concessa, ipsa tenere debent in capite, prout
eis per predictos dominos parentes nostros et nos exinde
sunt concessa, quodque ad iura lignaminum, defensas an-
tiquas, salinas et solacia nostra, si que sunt in eodem ca-
sali et tenimento eius, que [sicut] nostro demanio et velut
ex antiquo ipsi demanio pertinencia, volumus eidem dema-
nio reservari, auctoritate presentis concessionis manus suas
aliquatenus non extendant ; et si forte tenimentum seu per-
tinence diete casalis currerent usque ad mare . ius , domi-
nium et proprietas tocius litoris et maritime pertinenciarum
ipsius casalis, in quantum a mari infra terram per iactum
baliste ipse pertinencie protenduntur, tanquam ex antiquo
ad regiam dignitatem pertinencia in nostro demanio et do-
minio reserventur. Et quod animalia massariarum, aracia-
rum et marescallarum nostrarum libere sumere valeantpa-
scua in eodem casali et tenimento suo, fidelitate, mandato,
constitucione nostra pridie edita in solemni Curia nostra
celebrata in civitate Panormi, predicto servicio et cuiuscum-
que alterius iuribus semper salvis. Ad huius autem conces-
sionis et confirmacionis nostre memoriam, ac robur perpe-
tuo valiturum , sibi exinde presens privilegium fieri iussi-
mus , et magestatis nostre pendenti sigillo muniri. Datum
Messane anno domini millesimo ducentesimo octuagesimo
(1286) — 316 —
sexto, vicesimo septimo eiusdem, quartedecime indicionis, re-
gni nostri anno primo.
Dai registro 4 della Conservatoria di Registro (Mercedes) an-
no 1413-39, a fol. 629 e seg. (Arch. di Stato di Palermo), nel quale
trovasi inserito in conferma del 1296 del Re Federico li aragonese.
Se ne ha una copia nel voi. 701 , fol. 178 r. della medesima
Conservatoria, che contiene le trascrizioni fatte nel secolo XVIII.
Altre copie sono nei volumi mss. Qq. G. 1, fol. 187 r., e Qq. G. 4
fol. 36 r (Bibl. Gom. di Palermo), ed in entrambi si indica : « Ex
libro magno confìrmationum prìvilegiorum etc. in officio regii
Gonservatoris», cioè dal reg. 4 sopra notato.
È utile accennare che nel ms. Qq. G. 1 manca, dopo le parole
curie nostre prestando , tutta la parte del documento sino alle
parole iuribus semper salvis. A fol. 189 r. dello stesso volume
vedesi nel margine una breve genealogia di Guido Talac e suoi
discendenti.
La lettera del Re Pietro I dell'anno di 13a indizione [1284-85],
che è qui indicata dal Re Giacomo, non si conserva nel suo testo,
ed è stata da me notata sopra , fra i documenti del Re Pietro
(doc. n. XCIX).
OXLVI.
1286, maggio 31, indizione 14a, Monforte.
Il Vicesecreto delle Valli di Demone e Milazzo, Riccardo Can-
diloro, essendo stato avvertito con lettera {inserta) del Secreto di
Sicilia, Bartolomeo di Castiglione, del 25 maggio, per curare l'im-
missione in possesso di alcune terre nella fiumara di Rametta ,
appartenenti a Filippa e Fenicia Marchisotto , ordinata dal Re
Giacomo con lettera del 24 maggio (cfr. doc. n. GXLIV), adem-
pie l'incarico affidatogli.
In nomine domini amen. Anno eiusdem incarnacionis
millesimo ducentesimo octuagesimo sexto, mense madii, ul-
timo eiusdem, quartedecime indicionis. Regnante serenissimo
— 317 — (1286)
domino nostro domino lacobo, dei gracia inclito Sicilie re-
ge, ducatus Apulie et principatus Capue, regni eius anno
primo feliciter amen. Nos Philippus Morabitus Iudex terre
Montisfòrtis, Michael de Presbitero Nicolao regius publicus
eiusdem terre notarius et testes subscripti , ad hoc vocati
specialiter et rogati , presenti scripto publico notum faci-
mus et testamur quod Riccardus Gandiloro, Vicesecretus et
vicemagister procurator Curie vallium Demone et Milacii ,
ostendit nobis quasdam licteras sibi missas a nobili viro
domino Bartholomeo de Gastellione , regio Secreto et ma-
gistro procuratore Sicilie citra flumeri Salsum, continencie
talis : Provido viro Riccardo Gandiloro Vicesecreto et Vice-
magistro procuratori vallium Demone et Milacii etc. Bartho-
lomeus de Castelione regius Secretus et magister procurator
Sicilie citra flumen Salsum etc. Nuper a sacra regia Maie-
state sacras recepimus licteras in hac forma :
[Segue il testo della lettera del Re Giacomo del 24 mag-
gio 1286].
Cum igitur ad exequucionem predicti sacri mandati regii
nos oporteat procedere cum effectu, nec ad id exequendum
possimus personaliter interesse aliis serviciis regiis occupati,
exequucionem ipsius vobis , loco et vice nostri, prò parte
Curie duximus totaliter commictendam , prudencie vestre
ex regia parte, qua fungimur auctoritate, mandamus quate-
nus predicti sacri mandati regii forma diligenter inspecta ,
et in omnibus observata, receptis presentibus , magistrum
Bartholomeum de Bella de Messana, procuratorem predicta-
rum actricum prò una tercia , nomine et prò parte diete
Philippe, et prò reliquis duabus terciis nomine et prò parte
predicte Fenicie, in possessione predictarum duarum pe-
ciarum terrarum , sitarum in fiumana Ramecte , iuxta ter-
ras sancte Marie de monacis, et si qui alii sunt confi nes,
que ad presens prò parte regie Curie procurantur, induca-
tis prò exequucione sentencie supradicte. De cuius inducio-
ne seu assignacione predictarum duarum peciarum terrarum
facta per vos predicto magistro Bartholomeo duo, ac de to-
(1286) — 318 —
to processu vestro habito in premissis, cuoi forma presen-
tis , fieri faciatis quinque publica consimilia instrumenta ,
quorum unum prefatis matri et filie ad cautelam earum
assignetis , reliqua quatuor nobis mietere debeatis. Reten-
turi nobis et remissuri ea, que vobis superius est iniunctum.
Datura Messane vicesimo quinto madii, quartedecime indi-
cionis [1286J. Ad quarum licterarum exequucionem predictus
Vicesecretus debito effectu procedens, pretitulato ultimo die
dicti mensis madii, nobis presentibus et videntibus, induxit
prò exequucione sentencie supradicte predictum Bartholo-
meuin de Bella, procuratorern actricum predictarum, nomi-
ne et prò parte actricum ipsarura, videlicet prò una tercia
nomine et prò parte predicte Philippe, et prò reliquis dua-
bus terciis nomine et prò parte predicte Fenicie , in pos-
sessione predictarum duarum peciarum terrarum sitarum
in fiumana Ramecte iuxta terras sancte Marie de monacis,
et si qui alii sunt confines. Unde ad futuram memoriam et
tam regie Curie, quam predictarum Philippe et Fenicie filie
sue cautelam, facta sunt exinde quinque publica consimilia
instrumenta per manus mei predicti notarii, sigillo et sub-
scripcione meique predicti Iudicis ac subscriptorum testium
testimonio communita. Actum in Monteforte anno, mense, die
et indicione premissis.
f Ego Philippus Morabitus Iudex Montisfortis.
f Ego Stephanus de Presbitero testor.
-j- 5Ef(ó 'Itóàvvec Tuarqp {jLàpTopoo.
f Ego presbiter Iohannes de Sancto Georgio testor.
f Ego Alexius Salvasuctus testor.
f Ego presbiter Petrus de Sancto Micaele testor,
f Ego Nicolaus de Presbitero testis sum.
f Ego Perronus de Presbitero testis sum.
f Ego Iohannes de Morabito testor
f Ego Perrectus Gugilarius testis sum.
f Ego Girardus de Presbitero monaco testor.
f Ego Nicolaus de Perrectis testor.
— 319 — (1286)
f Ego Iohannnes de Perrectis testis sum.
f Ego Nicolaus Suppa testor.
f Ego Guillelmus de Iohanne Marco testor.
f Ego Michael de Presbitero Nicholao regius publicus
Montisfortis notarius preraissis interfui et rogatus subscripsi
ìdioysipux;.
Dalla perg. di n. 164 del Tabularlo di S. Maria Maddalena
in Messina (Arch. di Stato di Palermo).
Si rileva da questo documento 1' esatta e sollecita corrispon-
denza tra il Secreto di Sicilia ed i Vicesecreti per quanto con-
cerneva gli affari del fisco. Tra le firme se ne trova in fine una
in greco, con traduzione in latino appostavi nel secolo XVII, oltre
la parola ISto^stpoù? (di propria mano; aggiunta dal notaro; e ciò
dimostra che nella regione messinese le tradizioni di popolazioni
greche non fossero ancora spente. Un tardo esempio, oltre quelli
del 1280 e 1342 (non del 1291, come per equivoco riporta Gusa,
I diplomi greci ed arabi di Sicilia. Palermo, 1868, pag. 746, nu-
mero 198, perchè il doc. è del tempo del Re Pietro II) è un atto
in lingua greca dell'anno 1338 stipolato nella terra di Fiumedi-
nisi, che rimase ignorato dal Cusa, e fu pubblicato (con versione)
dall'egregio benef. Ignazio Di Matteo, Una pergamena inedita,
in greco, del 1338 fin Arch. Stor. Sicil. an. XXVIII, 1903, pag. 460
e seg). Altro atto in greco, che il Gusa (pag. 746 n. 199) erronea-
mente assegnò agli anni 1331-35, è stato dimostrato dal prof. Ga-
rufi appartenere invece agli anni 1192-94, nella sua memoria Un
documento greco ritenuto del secolo XIV e la diplomatica greco-si-
cula (in Arch. Stor. Bai. Serie 5a, an. 1898, pag. 73 e seg.). L'af-
fermazione del Garufi (pag. 77) che l'uso di scrivere gli atti in
greco sia cessato in Sicilia nel principio del sec. XIV non sa-
rebbe però corroborata da prove, per l'esistenza degli atti del 1338
e 1342 da me dianzi notati. Cfr. su i giudici e stratigoti greci in
Messina la memoria del medesimo Garufi , Su la Curia strati-
goziale di Messina nel tempo normanno - svevo (in Arch. Stor.
Messinese, an. V, 1904, pag. 1 e seg).
(1286) — 320 —
OXLVII.
1286, prima del 21 giugno.
La Regina madre Costanza ed il Re Giacomo trasmettono al
Re Alfonso III di Aragona, per mezzo delV Ammiraglio Ruggiero
Loria, una lettera, con la quale avvertono il suddetto Re che essi
non sono disposti a trattare una pace vantaggiosa (uberiorem),
se loro non rimarrà V isola di Sicilia , e che è vano altrimenti
spedire nuovi nunzi, perchè non otterranno nulla, ed anzi la loro
missione (nunciorum missio) potrebbe arrecare ai medesimi grave
pericolo.
(La notizia di questa lettera è contenuta nell'altra del Re Al-
fonso al Principe di Salerno, del 21 giugno).
Egregio et inclito viro domino Karolo, illustri Principi
Salernitano. Alfonsus dei gracia rex Aragonum etc. Nove-
ritis nos ex parte domine regine matris nostre ac domini
Iacobi fratris nostri [per] nobilem Rogerium de Lauria al-
miratum nostrum [quam] eorum, licteras recepisse, et tam
per ipsum Rogerium quam per eorum licteras cercioratos
ac certificatos fuisse expresse quod nullam omnino compo-
sicionem seu pacem uberiorem facerent, nisi eis saltem in-
sula Sicilie remaneret, et quod prò alia composicione tra-
ctanda nullo modo ad eos nostros nuncios micteremus, cum
non possunt in hac parte aliud obtinere , et posset predi-
ctorum nunciorum missio eis afferre periculum valde ma-
gnum; quare rogamus vos quatenus si in Siciliam non mi-
ctimus sicut vobiscum condixeramus et ordinaveramus, nos
habere velitis, si placuerit, excusatos. Et super bis credatis
Guillelmo Durfortis, quem ad vos propterea duximus trans-
mictendum. Datum Barchinone XI kalendas Iulii [1286].
Dal reg. n. 60 del regno di Alfonso II, a fol. 125 (Arch. Cor.
di Arag. in Barcellona).
Tale lettera importantissima di Alfonso, sconosciuta al Carini
ed all' Amari, è stata da me pubblicata in Barcellona nella me-
— 321 — (1286)
moria Documenti su le relazioni del Re Alfonso III cit. nell'il-
nuari (1908) pag. 349, doc. VI, ed ho creduto conveniente qui ri-
produrla.
Essa dimostra le pratiche che tenevansi col principe di Saler-
no, prigione nel cartello di Siurana in Catalogna, per gli affari
di Sicilia, e le divergenze che sorgevano.
Manca il testo della lettera di Costanza e di Giacomo, che per
buona ventura fu dal Re Alfonso riferita in sunto nella propria
al principe di Salerno. Il Re Alfonso nello stesso giorno assicu-
rava il fratello Giacomo, in risposta alla sua lettera ed alle co-
municazioni a voce del Loria, che il principe di Salerno era ben
custodito, e che egli (Alfonso) non avrebbe trattato alcuna pace
senza l'esplicito consenso di Giacomo, e giova riportarne le pa-
role per quest'ultima parte : « Fraternitati vestre presentibus in-
notescat quod de eodem principe aliqua convencio, ordi-
nacio seu composicio non Set absque cosciencia, consensu, ordi-
ne et voluntate fraternitatis vestre , et de hoc sicuri estote prò
firmo et nullatenus dubitetis, quia nostri semper adest firmi pro-
positi tam de hiis , quam de omnibus aliis nil aliud tractare et
facere, nisi ea que de vestri cosciencia, consensu et voluntate pro-
cedant ». Quest'altro doccumento fu da me pure edito nel 1909 nel-
YAnuari cit., pag. 350, doc. VII. Cfr. ancora pag. 342 per altre
notizie.
Le proposte di pace furono poi riprese nel marzo dell' anno
seguente (V. doc. del 1287).
OXLVIII.
1286, luglio 19, indizione 14a, Messina.
Il Re Giacomo concede a Guglielmo Conto, portiere, ed alla
moglie Venuta di Messina, e loro eredi in perpetuo, il casale di
Ramina, sito nella Valle di Milazzo, prima posseduto da Palmieri
de Riso, ribelle, ed una casa sita in Messina nella contrada Con-
ceria, che era appartenuta a Nicoloso de Riso figlio di Corrado,
che nel combattimento navale contro gli Angioini (in conflictu ga-
learum Provincialium) nell'isola di Malta fu preso prigioniero.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 21
(1286) — 322 —
È imposto l'obbligo della successione col diritto dei Franchi, con
la riserva per quanto spetta al demanio, anco per la foresta regia
detta Linaria, secondo la costituzione « pridem edita in solemni
Curia nostra celebrata in ci vitate Panormi ».
La pergamena originale si conservava nell'Archivio del Prio-
rato Gerosolimitano in Messina.
Se ne ha una copia nel voi. ms. Qq. H. 12 Diplomatum mi-
litum S. Iohannis Hierosolimitani et Templariorum di Antonino
Amico, a fol. 164 (nella Bibl. Gom. di Palermo). Altra più mo-
derna, cioè del primo ventennio del secolo XIX, è nel voi. 14:24
bis della Conservatoria di Registro (Regie Visite) al n. 9 (nel-
l'Arch. di Stato di Palermo) ; nel quale voi. sono trascritti vari
doc. dell'Ordine gerosolimitano. Tale copia contiene varie inesat-
tezze, anco per il nome del Casale, che è detto Becinina , e per
la provenienza che si designa dal registro del Protonotaro del
regno, fol. 337 (sic).
Pirri, Sicilia Sacra, Panormi [Venetiis] 1733, t. II, pag. 937
pubblicò un breve e ristretto frammento della prima parte del pri-
vilegio, e con data di luglio senza indicazione del giorno. Gre-
gorio , Bibl. script, arag. t. II, pag. 500 ne die il testo intero,
ricavandolo dal suddetto ms. di Amico. Il Gregorio indica però
per equivoco quel ms. Qq. H. 60, invece di Qq H. 12, e premette
al privilegio questo argomento indeterminato : « Formula conces-
sionis feudalis cum nonnullis clausulis feudalibus ».
Viene ricordato tale documento da Gregorio, Opere, pag. 212
in nota, e da Amari, 9a ediz. voi. I, pag. 215, ma con data ine-
satta del 9, invece del 19 luglio.
La battaglia navale in Malta era avvenuta nel 1283 , con la
sottomissione dell'isola all'ammiraglio Loria, come narra 1' Amari,
voi. II, pag. 15 e seg. ricordando questo documento per la pri-
gionia di Nicoloso de Riso (pag. 17, nota 2). L'antica foresta re-
gia Linaria, sita nella valle di Demona, era (come ricorda il Bar-
beri, Capibrevì , ediz., Silvestri cit., voi. II, pag. 41) « una ex
antiquis forestis et principalibus regaliis regii patrimonii, regie
Secrecie nobilis civitatis Messane annexa et incorporata». Dei
feudi Bambali o Bamina e Casalotto dà notizia lo stesso Barbe-
ri (voi. cit., pag. 35) per il tempo posteriore, e dice che sono « in
confinibus territorii terrarum Tripi et Montis Albani».
323 — (1286)
oxlix.
1286, luglio, indizione 14a, Messina.
Il Re Giacomo annunzia ai doganieri della dogana Paliario-
rum di Messina di avere assegnato a Baliano Bivaigna, di quella
città, e suoi eredi, onde due di oro annuali, in compenso di un
casaleno, che il suddetto Baliano intendeva costruire innanzi la
Loggia dei Catalani, per la quale costruzione fu fatto a lui di-
vieto, perchè danneggiava quella Loggia, che per mandato del Re
allora si edificava. Ordina pertanto che sia pagata la somma an-
nuale stabilita al Bivaigna , sino a quando sarà dato a lui un
cambio equivalente.
Iacobus dei gracia etc. Dohaneriis dohane paliariorum
Messane , tam presentibus quam futuris etc. Cura Baliano
Bivaigne, de Messana, fideli nostro et heredibus suis , prò
excambio cuiusdam casalini sui , siti in dieta civitate Mes-
sane ante Logiam Catalanorum, iuxta domum Iobannis Ci-
ribelli et secus vias publicas, quod edificare intendebat prò
suis tamen utilitatibus peragendis, et sibi per Guriam no-
strani fuisset inhibitum quod ipsum non edificaret, prò eo
quod predicti casalini edificacio fieri non posset absque dam-
no et preiudicio Logie supradicte, que de mandato excellen-
cie nostre construitur, donec sibi et suis heredibus de ali-
quo equivalenti excambio de excadenciis nostre Curie pro-
videri serenitas nostra mandet, in unciis auri duabus ponde-
ris generalis per annum, a XV0 die presentis mensis lulii
huius XIIIJ6 indicionis in antea duxerimus providendum ,
qui Balianus predictum casalinum in manibus nostre Cu-
rie resignavit, et cessit cuilibet iuri et adoni, quod et quam
ipse et dicti sui heredes in eo habebant, habent et habere
possunt forsitan in futurum. Fidelitati vestre raandamus qua-
tenus eidem Baliano et dictis suis heredibus, donec sibi vel
eisdem heredibus suis, de equivalenti excambio, ut prescri-
bitur, per Guriam nostrani provideatur, predictas uncias auri
(1286) — 324 —
duas eiusdera ponderis generalis per annum, a predicto XV0
die presentis mensis lulii in antea, de pecunia Curie nostre,
que est vel erit per manus vestras, racione donane ipsius,
prò huiusmodi excambio exhibere et solvere prò parte Cu-
rie studeatis, recepturi exinde ad vestri cautelam idoneam
apodixam. Datum Messane, anno domini M° CC° LXXXVP,
mense lulii eiusdem X1I1J6 indicionis , regni nostri anno
primo.
Dal reg. 3 (an. 1343) della Regia Cancelleria, fol. 94r.-96r. (Arch.
di Stato di Palermo). Il documento è inserto in altro del 1° set-
tembre dello stesso anno , da me appresso riferito. Se ne trova
pure il testo nel reg. 4 (an. 1340) a fol. 75.
Col nome di dohana paliariorum si intendeva allora in Mes-
sina la dogana di terra. Nella Pandetta di Messina posteriore al
1305 sono le regole per l'esazione della « Gabella dohane paliario-
rum Messane», come si ricava dal testo del sec. XIV da me dato
in luce, riveduto sui manoscritti (V. Pandette delle gabelle regie
cit., pag. 51, ed altresì pag. Vili). Manca invece nel codice di Ca-
gliari edito da Sella quella denominazione, che è sostituita dal-
l'altra : Cabella dohane terre, forse ritenendosi più chiara in rap-
porto al capitolo che precede su la gabella-di dohana maris (cfr.
Pandetta delle gabelle di Messina, pag. 68). Il nome Paleariorum
indicava la contrada , nella quale sorgeva la dogana. In un do-
cumento del 20 novembre 1285 ed in vari altri è infatti la men-
zione della contrada de paleariis fuori le mura di Messina e presso
magna via publica ad oriente, ed altresì della contrata dohane
regie paleariorum (perg. 162, 179, 206, 286, 493, 765 del Tabula-
rio di S. Maria Maddalena, e perg. 345 e 346 del Tab. di S. Maria
di Malfino, nell'Arch. di Stato di Palermo). Si riscontra quel nome
sino ai primordi del secolo XV insieme ad altri per le contrade
dei setaiuoli, auripellari, coppulari ecc. in Messina, onde riesce
probabile che si riferisse ai mercanti di paglia (cfr. Ducange ,
voce Palearia, horreum palearum).
Degna di nota è altresì la menzione della Loggia dei Catalani
che veniva in quegli anni costruita. Dal documento del 1268 del
Re Corrado II per i Pisani ricordato da me sopra (pag. 99 e seg.)
si rileva che quel Re prometteva di far ricostruire la loggia di
325 — (1286)
Messina nella stessa forma e bellezza architettonica, come era in-
nanzi la sua distruzione. Sembra pertanto che il Re Giacomo anco
per i suoi Catalani abbia curato di fornire comoda e decorosa se-
de per trattarvi gli affari del loro commercio, né può darsi altro
speciale significato alle parole : « que de mandato excellencie no-
stre construitur ».
CL.
1286, agosto, indizione 14a, Messina.
Il Re Giacomo, accogliendo la supplica del suddiacono maestro
Enrico di Messina , legittima il figlio di lui nato da Francesca
donna libera, e lo ammette in tutti i diritti paterni e materni ,
tranne se feudali, secondo le leggi romane e le consuetudini della
città di Messina, ed in tutti gli atti ed onori, nonostante qual-
siasi legge contraria.
Tacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Dignum esse decrevimus et consentaneum ra-
cioni ut hii , quos interdum in legitimis actibus defectus
natalium impedit , legitiraacionis honore per principem re-
parentur, et si quando regius vel imperialis favor fidelium
supplicacene requiritur, liberaliter largiatur. Hinc est quod
cum magister Henricus de Messana clericus subdiaconus ,
tìdelis noster, prò legitimacione Iohannis fìlli sui, habiti et
suscepti ex Francisca de Messana muliere soluta, nostre cel-
situdini supplicarit, nos ipsius supplicacionibus inclinati, di-
ctum Iohannem naturalem esse scientes, de plenitudine po-
testatis nostre et ex certa sciencia legitimamus eundem, et
ipsura ad omnia iura legitima restituì mus, ut tatnquam legi-
timus et de legitimo thoro natus in bonis paternis et raa-
ternis, que feudalia non existant, succedat, tam secundum
iura romana, quam eciam secundum consuetudines civitatis
Messane, obtentas et observatas in eadem civitate Messane
(1286) — 326 —
in successione liberorum, et ad omnes actus publicos et ci-
viles honores, si se casus ingesserit, adtnictatur, et in cun-
ctis aliis suam libere prosequi valeat accionem , obiecione
prolis inlicite in posterum quiescente , et lege aliqua non
obstante, et illa precipue que legitirnare spurios, nisi ex certa
sciencia, non permictit. Ad huius autem legitimacionis et gra-
cie nostre memoriara et robur perpetuo valiturum presens
scriptum fieri per magistrum Vinchiguerram de Palicio de
Messana regni Sicilie Prothonotarium, dilectum consiliarium,
familiarem et fìdelem nostrum, et sigillo pendenti maiesta-
tis nostre iussimus communiri. Datum Messane anno do-
mini millesimo ducentesimo octuagesimo sexto, mense au-
gusti eiusdem quartedecime indicionis , regni nostri anno
primo.
Dalla perg. 91 del regno di Alfonso li nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
È d'uopo notare che nella pergamena trovasi apposta una leg-
giera linea di cancellazione dalle parole tam secundum tura sino
successionibus liberorum. Sembra però che tale linea sia stata
segnata posteriormente , e non abbia alcun valore. Nella perga-
mena rimase in fine molto spazio, e certamente per capriccio fu-
rono scritte le parole Iacobus dei grada ed altre del tutto inu-
tili. Si legge infatti in una trascrizione moderna del privilegio
questa annotazione dell'archivista catalano: « Este documento
n. 91 parece ser un borrador inutil, si , a mas de las emiendas
que tiene, se entretubo el escribiente en poner varios nombres y
escribir otras cosas inconexas quisa para provar la piuma ». Non-
dimeno è inesatta l'affermazione che il documento sia una bozza
inutile , soltanto perchè contiene qualche errore ed inoltre vari
sgorbi fatti per provare la penna in tempo posteriore.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. Il, pag. 209 dà un sunto fu-
gace del documento, e nota per errore l'indizione XV invece del-
la XIV.
Notevoli sono nel privilegio il ricordo della esclusione dei beni
feudali (se ve ne siano) dagli effetti della legittimazione, essendo
quei beni regolati da leggi particolari , ed inoltre la menzione
delle leggi romane (cioè lib. V, tit. 27 del Codice di Giustiniano
— 3°27 — (1286)
e Novelle 74 e 89) e delle consuetudini di Messina, per le quali
si dice espressamente : obtente et observate in eadem civitate, pro-
vandosi in tal modo che fossero allora riunite in codice , anco
perchè simile è il titolo che esse hanno : obtente et approbate in
contradictorio iudìcio nell' edizione principe (1498) di Appulo ,
derivata da manoscritti ora perduti. La consuetudine di Messina
è la XXII De exheredatione liberorum et spuriis (ediz. Vito La
Mantia , Ant. Consuet. cit., pag. 40). Si desume altresì che nei
primordi del dominio di Giacomo fosse investito della dignità di
Protonotaro del regno Vinciguerra Palizzi.
OLI.
1285 settembre a 1286 agosto, indizione 14a.
Il Re Giacomo concede in rimunerazione delle sue benemeren-
ze a Pietro de Ansatone, Giudice della regia Gran Corte, consi-
gliere e familiare, ed ai suoi eredi iu perpetuo onde venti d'oro an-
nuali su vari beni ricaduti per confìsche (de excadenciis et morti-
ciis) alla regia Corte, cioè di Alaimo da Lentini, Francesco de
Imperatore, Matteo Scaletta, Gualtieri di Caltagirone, e di Bar-
rasi Cadell e Guglielmo Raimondo provenzali, e con l'obbligo del
militare servizio' (unius militis).
Questo documento è ricordato dal Re Giacomo nell'altro del
31 maggio 1288 (cfr. appresso) per conferma della suddetta con-
cessione. Il ricordo del privilegio anteriore è con tali parole :
« Gum ei [ad Ansalone] tamquam benemerito suisque heredibus
in perpetuum, de excadenciis et morticiis Curie nostre, in annuo
redditu unciarum viginti auri, sub servicio unius militis , de li-
beralitate nostra et speciali gratia nostra sereni tas providisset»,
dicendosi ancora che « olim in anno XIIII inditionis primo pre-
terite » fu ordinata l'immissione in possesso. Sebbene non si ri-
levi da quella menzione , pare che Giacomo avesse come Re , e
non nella dignità di Luogotenente generale, fatto quella conces-
sione ; e perciò l'anno di 14a indizione deve intendersi meglio dal
febbraio 1286, dopa la coronazione, altrimenti Giacomo avrebbe
(1286) — 328 —
indicato quella circostanza , anco per il beneplacito regio. Una
copia del documento del 1288 trovasi nel voi. ms. Qq. G. 12 di
Gregorio, a fol. 225 (Bibl. Gom. di Palermo), tratta dall' opera
ms. del Barberi, e della quale offro ora cenno.
Giovan Luca Barberi diede notizia del privilegio della 14a in-
dizione (1285-86) nel riferire il testo della conferma del 1288
e trattando dei feudi o casali di Saccolino , Racalgibili , Aliano
e Longarino, che erano tra i beni assegnati (cfr. Barberi. I Ca-
piòvevi, voi. I, I feudi di Val di Noto, ediz. Silvestri cit., pag. 428
e seg.).
Interessante è la menzione precisa dei beni confiscati al cele-
bre Alaimo da Lentini ed agli altri ribelli in Lentini, Messina,
Lardarla, Siracusa, Noto, Catania, Aci e Piazza. Noterò soltanto
quelli appartenenti ad Alaimo, cioè i censi dovuti su alcune vi-
gne in Lentini, oltre vari fondi, una casa o taberna ed un giar-
dino in Catania nella contrada di porta di Aci (de Jacio), ed un
altro giardino detto de Calatarosata in Aci.
Su la confisca dei beni di Alaimo già avvenuta nel 1285 , e
della quale si doleva il Re Pietro I in maggio di quell' anno
cfr. sopra, doc. LXXVIII.
OLII.
1285, settembre a 1286 agosto, indizione 14a.
Il Re Giacomo ordina con s«e lettere al Secreto e Maestro Pro-
curatore di Sicilia al di qua del fiume Salso, Bartolomeo di Ca-
stiglione, di immettere il giudice Pietro de Ansatone nel possesso
dei beni e terre al medesimo assegnati (cfr. doc. precedente) per
il valore di onde venti di oro annuali.
In seguito a tale ordine il Secreto esegue V immissione in
possesso.
La menzione precisa di tale documento dì Giacomo trovasi
pure nell'altro di conferma del 31 maggio 1288, come per il pri-
vilegio di concessione (doc. CLI), al quale conviene rinviare per
altre notizie. Il Re dice : « ad mandatum nostrum tunc per lit-
teras ei [al Secreto] factum » .
— 329 — (1286)
Barberi, cit., pag. 428 offre il sunto del documento per l'ordi-
ne al Secreto, ma con qualche inesattezza, quasi che la devolu-
zione di quei beni al fisco fosse avvenuta dopo la concessione del-
l'assegno all'Ansalone (et exinde per excadenciam ecc.).
OLIII.
1286, settembre 1, indizione 15a, Messina
II Re Giacomo annunzia ai gabelloti e credenzieri dell' arco
del cotone di Messina che Baliano Bivaigna è stato pagato dai
gabelloti della dogana Paleariorum per la rata da luglio ad a-
gosto dell'assegno a lui accordato con la lettera di luglio scorso
(cfr. doc. GXLIX), e che il medesimo Bivaigna ha restituito alla
regia Corte la suddetta lettera. Ordina pertanto che da ora in-
nanzi debbano invece essi pagare le onde due di oro annuali al
Bivaigna, sino a che sarà provveduto per un equivalente cambio .
Iacobus dei gracia Rex Sicilie etc. Cabellotis seu cre-
denceriis arcus cuctoni Messane, tam presentibus quam fu-
turis etc. Pridem [dohaneriis] dohane Paleariorum Messane,
tam presentibus quam futuris, per nostras patentes licteras
scriptum extitit in hac forma :
[Segue il testo del documento di luglio 1286].
Veruni quia supradictus Balianus celsitudini nostre hu-
militer supplicavit quod, satisfacto sibi per dohanerios pre-
dicte dpbane Paleariorum anni XIIU6 [indicionis] nuper pre-
terite de tarenis auri septem, granis X ponderis generalis,
contingentibus eum prò rata mensis unius et dierum XV ,
numeratorum a predicto XVe die mensis iulii diete XIIIJ6
indicionis in antea usque per totum mensem augusti indi-
cionis eiusdem, de summa predicta quantitatem pecunie a
kalendis presentis mensis septembris huius XV0 indicionis
sibi per nos tribui mandaremus, eius supplicacionibus be-
nigne admissis, predictis patentibus licteris nostris predi-
(1286) — 330 —
ctis dohaneriis dohane Paleariorum proinde directis, per eun-
dern Balianum in manibus nostre Curie resignatis, mandavi-
mus et fecimus lacerari. Quare fidelitati vestre precipiendo
mandamus quatenus , predicti prioris mandati nostri pre
dictis dohaneriis directi forma diligenter actenta et in omni-
bus observata, donec sibi propterea de equivalenti excambio
serenitas nostra provideat, dictas uncias auri duas a predi-
ctis kalendis septembris XVe indicionis in antea, de pecu-
nia Curie nostre, que est vel erit per manus vestras racione
cabelle arcus cuctoni predicti, prò predicto excambio exhi-
bere et solvere prò parte nostre Curie debeatis , recepturi
ab eo exinde, ad Curie vestrique cautelam , ydoneam apo-
dixam. Datum Messane anno ìncarnacionis dominice M° CC°
LXXXVJ, mense septembris, primo eiusdem, XV indicionis,
regni nostri anno primo.
Dal reg. 3 (an. 1343) della R. Cancelleria , fol. 95 (Arch. di
Stato di Palermo). Il documento trovasi inserto in altro del 20
marzo 1293 di Federico , Luogotenente del Re Giacomo. Il testo
è riferito altresì nel reg. 4 (an. 1340) a fol. 75, in una conferma
posteriore.
È evidente che per il modo più facile di pagamento fu quel-
l'assegno destinato sui proventi della gabella dell'arco del cotone.
Tali cambiamenti di destinazione di pagamento su cespiti di ga-
belle ed altri rami finanziari erano allora frequenti , secondo i
bisogni e le spese dell'erario.
Le regole per la gabella dell'arco del cotone trovansi nella Pan-
detta di Messina posteriore al 1305 (cfr. il testo riveduto nel mio
voi. Le Pandette delle gabelle regie cit., pag. 64). Le città di Pa-
lermo e Trapani avevano pure simile gabella (ivi, pag. 21 e 35).
OLIV.
J286, ottobre 2, indizione 15a, Messina.
Beatrice, figlia del Re Manfredi, col consenso del curatore Fe-
derico Lancia, Conte di Squillaci, in considerazione dei benefici
— 331 — (1286)
ricevuti da suo nipote, il Re Giacomo di Sicilia, specialmente per-
chè il medesimo a sue spese la liberò dal carcere, dove da lungo
tempo languiva, ed altresì curò di sposarla convenientemente (se-
cundum paragium) con Manfredi, figlio primogenito ed erede del
marchese di Saluzzo, di sua spontanea volontà e col consenso del
suddetto suo sposo, dona irrevocabilmente al Re Giacomo l'intiero
regno di Sicilia ed ogni dritto che a lei appartiene su di esso
« usque ad confinia terrarum sancte Romane Ecclesie», e lo im-
mette « per fustem » nel possesso ampio'ed assoluto. Dichiara inol-
tre di adempire in ogni tempo quanto si contiene nella suddetta
donazione , sotto la pena di onde di oro centomila , nel caso di
contravvenzione , e rinunziando ad ogni azione che alla stessa
Beatrice appartiene secondo le norme del diritto civile su le do-
nazioni. A maggior cautela lo sposo Manfredi promette di osser-
vare ed adempire quanto ha donato Beatrice, ed entrambi presta-
no giuramento.
Seguono le firme di vari giudici di Messina e nobili. Alla per-
gamena era appeso il sigillo di Beatrice.
(Atto in notar Giovanni de Pellegrino, di Messina)
In nomine domini amen. Anno incarnacionis eiusdem
millesimo ducentesimo octuagesimo sexto, mense octubris,
secundo die mensis eiusdem, quintedecime indicionis, regnan-
te domino nostro rege Iacobo, dei gracia serenissimo rege
Sicilie, ducatus Apulie et principatus Gapue, regni eius anno
primo. Corani nobis subscriptis fudicibus magne regie Cu-
rie et civitatis Messane, notano Tohanne de Peregrino, acto-
rum predicte magne regie Curie et publico predicte civita-
tis notario, et subscriptis nobilibus, comitibus, baronibus ,
militibus et aliis prò bis viris ad hoc vocatis [prò] testibus spe-
cialiter et rogatis, illustris domina domna Beatrix, fìlia quon-
dam illustris regis Manfridi, memorie recolende, consenciens
ex certa sciencia in nos predictos Iudices et notarium, tam-
quam in suos, cum auctoritate egregii viri domini Frederici
Lancee, comitis Squillacensis, curatoris seu mundualdi sui,
sibi legitime dati ad infrascripta, ut constitit, actendens ac
diligenter considerans grata satis et accepta servicia, bene-
ficia et honores, que dudum predictus dominus noster rex
(1286) — 332 —
Iacobus dei gracia inclitus rex Sicilie, ducatus Apulie et prin-
cipatus Gapue, nepos eius , sibi contulit ilariter et gratan-
ter, et conferre sibi poterit ìq futurum, maxime quod idem
nepos suus , suis viribus et expensis propriis , a carcere
liberavit eamdem , ubi diu fuerat macerata , et quod idem
nepos suus de suo proprio maritavit et dotavit eamdem, se-
cundum paragium, ut constitit, magnifico viro Manfrido, pri-
mogenito et futuro heredi illustris marchionis Saluciarum,
non permictens ea, que premiorum remuneracione sunt digna
inremunerata transire, cum ex instinctu nature humane pro-
cedat ut benefactoribus bene fiat , de sua bona, gratuita et
spontanea voluntate, non vi coacta, non dolo ducta, set ornili
suo Consilio et provisione munita, cum expresso consensu
et auctoritate prcdicti Manfridi sponsi seu mariti sui, con-
senciens in nos predictos iudices et notarium, tanquam in
suos, cum sciret ex certa sciencia nos non esse suos, prout
constitit de premissis, donacione facta inrevocabiliter inter
vivos, dedit, tradidit et habere concessit eidem nepoti suo •
et eius heredibus inrevocabiliter et in perpetuum, non solum
predictorum benefìciorum et serviciorum intuitu, verum e-
ciam pure dileccionis affectu, totum et integrum regnum Si-
cilie, ducatum Apulie et principatum Gapue, et totum et in-
tegrum ius, si quidem habet, habere potest seu sperat ha-
bere et sibi competit et competere potest in regno, ducatu
et principatu predictis quocumque modo , iure vel causa ,
cum dignitatibus, honoribus , omnibus iuribus , racionibus
et pertinenciis suis usque ad confinia terrarum sancte Ro-
mane Ecclesie, de quo quidem regno, ducatu et principatu
predictis et omnibus iuribus eorumdem , predicta domina
Beatrix eumdem nepotem suum, ex eadem causa donacio-
nis , presencialiter et per fustem in possessionem et quasi
possessionem induxit, ac eciam investivit ad ipsum regnum,
ducatum et principatum et iura ipsoruin regni, ducatus et
principatus, habendum de cetero, tenendum, possidendum,
utifruendum et gaudendum cum pieno dominio et potesta-
te, de eis et in eis faciendum quicquid sibi et suis heredi-
— 333 — (1286)
bus placuerit libere velie suum , proprietario iure et titulo
donacionis ipsius. Et ex ea causa omnia iura , raciones et
acciones reales, personales, utiles, directas et mixtas, que et
quas ipsa habet et habere potest seu sperat habere in di-
cto regno, ducatu et prineipatu predictis et iuribuseorumdem,
dieta domina Beatrix, cum auctoritate dicti sponsi sui , ut
constitit, et curato ris seu mundualdi sui , a se et suis he-
redibus penitus alienans in dictum nepotem suum, cessit ,
transtulit et mandavit, faciens ipsum exinde procuratorem in
rem suam ut possit inde agere, causare, excipere et repli-
care ac omnia facere et exercere, que verus dominus potest
facere de re sua, et que ipsa facere posset si presentem do-
nacionem non fecisset. Promictens eidem nepoti suo , sub
hypotheca bonorum suorum, se ratum et fìrmum tenere et
babere, per se et heredes suos, quicquid dictus nepos suus
vel eius heredes super premissis duxerint faciendum. Quam
quidem donacionem, et omnia et singula supradicta, predi-
cta domina Beatrix convenit et promisit per stipulacionem
solempnem, per se et eius heredes, predicto nepoti suo et
eius heredibus , se semper et omni tempore grata, rata et
firma tenere et habere, inrevocabiliter observare et in nullo
contravenire, et quod de predicto regno, ducatu et prinei-
patu predictis et iuribus eorumdem, vel parte ipsorum, a-
licui alteri donacionem seu aliquam alienacionem non fecit
nec in predictis dedit vel fecit nocivum vel nociturum ; quod
si contrafecerit. sponte se obligavit ad penam unciarum auri
centum milium eidem nepoti suo stipulanti solemniter et
legitime, seu eius heredibus componendam, per solempnem
stipulacionem promissam, sub obligacione bonorum suorum
omnium habitorum et habendorum, ratis et fìrmis manenti-
bus omnibus'et singulis supradictis. Renunciando expressim
omni auxilio iuris et facti, excepcioni doli et in factum con-
dicioni sine causa , legi per quam propter vicium ingrati-
tudinis donacio revocatur , legi eciarn per quam revocatur
donacio si donator ad inopiam redigat, et alii legi qua ca-
vetur donacionem similiter revocari debere si donatrix post
(1286) — 334 —
donacionem susceperit filios, filium vel filiam, predicta do-
natrix cerciorata de predictis legibus per nos iudices supra-
dictos, quos eciam filios, si quos ex ea nasci contingerit, ad
predicta omnia obligavit, et se facturam et curaturam pro-
misit eidem nepoti suo quod ipsi tìlii, et quilibet eorum, ra-
tam et firmar» in perpetuum tenebunt et habebunt dona-
cionem predicta m et omnia et singula supradicta, sub pena
et obligacione premissis. Renunciavit eciam predicta dona-
trix generaliter omnibus et singulis iuribus et casibus legum,
quibus predicta donacio posset infringi vel aliquatenus irri-
tari. Et ut predicta donacio maiorem habeat firmitatem, pre-
dicta donacio celebrata extitit insihuacione premissa solemp-
niter et legitime, ut constitit. Nihilominus predictus Manfridus.
sponsus predicte domine Beatricis, consenciens in nos pre-
dictos Iudices et notarium, tamquam in suos, ex certa sciea-
cia convenit et promisit sollempniter eidem donatario pre-
dictam donacionem ac omnia et singula supradicta semper
et omni tempore rata et firma tenere, inrevocabiliter obser-
vare, et in nullo contravenire, ac eciam se facturum et cu-
raturum per se et heredes suos quod predicta domna Bea-
trix, uxor sua per se et heredes suos semper et omni tem-
pore grata, rata et firma tenebit ea, et in nullo contraveni-
re curabit, sub pena et obligacione premissis. Et ad maio-
rem cautelam donatarii supradicti, predicti Manfredus et
domna Beatrix iuraverunt ad sancta Dei evangelia , tacto
corporaliter libro, eidem donatario predicta omnia et singu-
la, sicut superius sunt distincta , semper et omni tempore
grata, rata et firma tenere, habere et inviolabiliter obser-
vare et in nullo contravenire. Et nos predicta Beatrix , in-
spectis meritis et beneficiis arduis a predicto domino rege
Iacobo, nepote nostro , nobis collatis , tam predictis quam
eciam aliis , de liberalitate mera et gracia speciali damus ,
concedimus et eciam confirmamus eidem totum predictum
regnum Sicilie, ducatum Apulie et principatum Capue, cum
omnibus predictis iuribus et pertinencius suis. Ad cuius rei
futuram memoriam , et predicti domini nostri regis Iacobi
- 335 — (1286)
et heredum suorum cautelarci, factum est exinde presens pu-
blicum instrumentum et eciam privilegium per manus mei
predicti notarli, nostrum qui supra iudicum et subscripto-
rum testium ac mei predicti notarii subscripcionibus robo-
ratum, et nostri que supra Beatricis predicte sigillo penden-
ti munitum. Actum Messane anno, mense, die et indicione
premissis.
f Ego Nicolosius Saporitus de Messana magne regie Cu-
rie Iudex.
f Ego Petrus de Ansatone de Messana magne regie Cu-
rie Iudex.
f Ego Nicolosus Chicarus de Messana magne regie Cu-
rie Iudex.
f Ego Iohannes de Laburzi Iudex Messane.
f Ego Guilielmus Saporitus Iudex Messane.
f Ego Gofridus de Imperatore Iudex Messane.
f Ego Poncius Cepulla Iudex Messane.
f Uscalrilius.
f Ego Fredericus Lancea comes Squilaci.
f Ego Manfridus filius comitis Guidonis Novelli in Tu-
scia Palatini.
f EgoAldoynus primogenitus Henrici Vigintimilie et Yscle
Maioris.
f Ego notarius Iohannes de Peregrino de Messana ma-
gne regie Curie actorum et publicus civitatis Messane no-
tarius, qui supra, predicta rogatus scripsi et testor.
Dalla perg. di n. 101 del regno di Alfonso II, nelPArch. Cor.
di Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il, pag. 209, offre un sunto
del documento, e indica alcuni dei testimoni sotloscritti nell'atto.
Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 171, ne fa un cenno, che ricava
dal sunto del Carini, del quale riporta le parole «con le sue for-
ze ed a proprie spese», e designa per equivoco la perg. 201, in-
vece di 101, di Alfonso.
La donazione fatta dalla figlia del Re Manfredi serviva a to-
gliere ogni adito a pretese di successione nel tempo avvenire con-
(1286) — 336 —
tro i sovrani legittimi del regno di Sicilia. Conviene rilevare la
forma giuridica che è data all'atto , ed i frequenti ricordi delle
regole del diritto romano.
Su Beatrice offre particolari notizie Domenico Forges Davan-
zati, Dissertazione sulla seconda moglie del Re Manfredi e sui lo-
ro figliuoli. Napoli, 1791, cap. IX « In qual castello Beatrice fi-
gliuola di Elena fu tenuta prigione dal Re Carlo » e cap. X « Per
qual via Beatrice ottenne la libertà ed a chi fu data in moglie »
(pag. 44-49). Altri ricordi trovansi nella Storia di Manfredi Re
di Sicilia e di Puglia di G. Di Cesare , Napoli , 1837 , voi. II ,
pag. 22 e 133 nota 100, e nel pregevole lavoro di Giuseppe Del
Giudice, La famiglia di Re Manfredi. Napoli, 1896, 2» ediz.
pag. 211-213. De Renzi, Il secolo decimoterzo e G. da Procida.
Napoli, 1860, pag. 390 ristampa un documento angioino del 1286
(non 1271) riguardante la prigionia di Beatrice, e che era stato
pubblicato dal Forges Davanzati cit. nei Monumenti , n°. 44 ,
pag. XLIII.
Nel 1284 per desiderio del Principe di Salerno , prigioniero
dei Siciliani, fu liberata Beatrice dal Castello dell' Ovo di Napo-
li, come narra il cronista Saba Malaspina, il quale dice : « Pe-
tunt ergo domicellam forma rispectabili et facie amoena decoram
illieo sibi tradi , quam Princeps , uti pretendebat , prò custodia
sui corporis postulabat» (ediz. Del Re, Cronisti e scrittori sincro-
ni napol. cit. voi. II , pag. 394). Del Giudice (op. cit. pag. 213)
rileva il fatto che il Loria non richiese nel 1284 la liberazione
dalla prigionia dei fratelli di Beatrice , e ne ritrova il motivo ,
perchè « quasi tutti [gli scrittori] concordano che Re Pietro non
volle chiedere la libertà di coloro, che un diritto migliore di sua
moglie Costanza vantar potevano sul regno di Sicilia » . Aggiun-
ge che potè credersi allora essere già morti i figli maschi di
Manfredi.
Sono notevoli , tra le firme, quelle del figlio del conte Guido
Novello, ghibellino e fautore di Casa d'Aragona, come si ricava
dal doc. del 12 gennaio 1282 (V. sopra, doc. XI, pag. 39), e l'al-
tra del figlio del conte Enrico Venti miglia, del quale da alcune
notizie Elena Arndt , Studien zur inneren Regierungsgeschichte
Manfreds. Heidelberg, 1911, pag. 126, nota 14. Il suddetto Aldoi-
no Ventimiglia fu testimonio nell'atto di omaggio del 12 febbraio
1286 fatto dal Re Giacomo ad Alfonso (cfr. doc. CXXXIX, pag. 297).
— 337 — (1286)
Perii matrimonio di Beatrice con Manfredi, figlio del marchese
di Saluzzo, si veda il documento seguente (n. GLV).
CLV.
1286, ottobre 25, indizione 15a, Messina.
Manfredi, figlio primogenito del marchese di Saluzzo, dichia-
ra di avere ricevuto dal Re Giacomo la somma di onde di oro
duemila in gioie ed arnesi, e di onde mille in danaro , dovuta
per il primo anno per ragione della dote costituita al medesimo
dalla regina Gostanza e dal Re Giacomo nell'occasione del ma-
trimonio celebrato con Beatrice figlia del defunto Re Manfredi ,
per il quale matrimonio fu convenuto di doversi pagare onde ot-
tomila di oro nel termine di quattro anni, cioè nel primo anno
onde tremila in gioie, arnesi e danaro, nel secondo e terzo on-
de cinquecento per ognuno, e le rimanenti onde quattromila quan-
do avverrebbe pace, o tregua non minore di quattro anni, tra il
Principe di Salerno e Giacomo, o che il medesimo Re acquistasse
in tutto od in parte il resto del regno, « ita quod civitas Neapolis
sit in numero acquisicionis». Lo sposo Manfredi si obbliga, nel
caso di scioglimento di matrimonio , di restituire la somma ri-
cevuta.
Seguono le firme dei giudici.
(Atto in notar Matteo de Sinapa, di Messina).
In nomine domini amen. Anno eiusdem incarnacionis
millesimo ducentesimo octuagesiroo sexto, vicesimo quinto
die mensis octubris . quintedecime indicionis , regnante il-
lustrissimo domino nostro donino Iacono, dei gracia excel-
lentissimo rege Sicilie, ducatus Apulie et principatus Capue,
regni eius anno primo feliciter amen. Nos subscripti Iudices
magne regie curie et subscripti Iudices civitatis Messane ,
Matheus de Sinapa regius publicus eiusdem civitatis Mes-
sane notarius et testes subscripti, ad hoc specialiter vocati
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 22
(1286) — 338 —
et rogati, presenti scripto publico notum facimus et testaraur
quod cum contractum sit matrimonium , secundum sacro-
sante Romane Ecclesie instituta , inter magnificum virum
Manfredum, filium primogenitum illustris marchionis Salu-
ciarum, et illustrem dominam Beatricem, fìliam quondam in-
cliti regis Manfridi dive memorie , quam dictus Manfridus
duxit legitimo matrimonio in uxorem in sacro phedere nup-
ciarum, illustris domina regina Gostancia, Aragonum et Sici-
lie regina, et serenissimus dominus noster rex Iacobus predi-
ctus, contemplacione ipsius matrimonii, convenisset et pro-
misisset quilibet eorum in solidum eidem Manfredo dare sibi
in dotem et nomine dotis, sibi pacte et convente ab eisdem
domina regina et domino rege, in auro, iocalibus et arnesio
iuste et legitime extimatis uncias auri octomilia ponderis ge-
neralis, solvenda et assignanda sibi in terminis infrascriptis,
videlicet ad presens in iocalibus et arnesio iuste et legitime
extimatis ad valens unciarum auri duarum millium et un-
ciarum auri mille ; item secundo anno post contractum ma-
trimonium ipsum uncias auri quingentas ; item tercio anno
post predictum matrimonium contractum alias uncias auri
quingentas, et reliquas uncias auri quatuor milia postquam
de beneplacito sacrosante Romane Ecclesie, inter principem
Salerni et heredes eius et eundem dominum nostrum re-
gem fieret pax et finalis concordia de regno Sicilie seu treu-
gua duratura per annos quatuor ad minus, vel dictus do-
minus noster rex ipsum regnum integrum residuum acqui-
sierit, seu maiorem partem ipsius, ita quod civitas Neapolis
sit in numero acquisicionis predicte, per annos quatuor pri-
mo venturos , quolibet videlicet ipsorum annorum uncias
auri mille, ita quod in fine ipsorum quatuor annorum dicto
Manfredo esset per predictam dominam reginam et dominum
regem, vel alterum eorum, de ipsis quatuor milibus unciis in-
tegre satisfactum ; predictus Manfridus de tota summa pre-
dieta docium predictarum recepit et habuit corani nobis, et
confessus est se recepisse et integre habuisse a predicto do-
mino rege predicta unciarum auri duo milia in iocalibus et
- 339 — (1286)
arnesio iuste et legitime extimatis et uncias auri mille pon-
deris generalis, renunciando excepcioni non ponderati auri,
seu diete pecunie, arnesii et iocalium non habitorum vel non
receptorum. De quibus unciis auri tribus milibus in ioca-
libus, arnesio et pecunia , receptis per eundem Manfridum
a predicto domino rege, idem Manfridus vocans et tenens
se ab eodem domino rege bene solutum, pagatum et integre
quietatum, convenit et promisit per stipulacionem solem-
pnem quod nullo unquam tempore predictum dominum re-
gem vel eius heredes de predictis unciis auri tribus mili-
bus molestabit, inquietabit vel impedire curabit, nec faciet
molestari ; et si casus acciderit restituende dotis predicte,
dictus Manfridus tenetur et debet, convenit et promisit per
stipulacionem solempnem eidem domino regi predicta tria
milia unciarum auri eidem domino regi, vel nuncio suo seu
habenti ius et causa m ab eo, integre restituere, solvere et
pagare in pace, sine molestia et absque ulla diminucione ,
statim casu adveniente restitucionis dotis ipsius, et prò hiis
omnibus etsingulis firmiter observandis predictus Manfridus
obligavit eidem domino regi omnia bona sua generaliter
habita et habenda, mobilia et stabilia, ubicumque poterunt
invenire, renunciando expresse omni auxilio iuris et facti ,
excepcioni doli et in factum condicioni sine causa, privile-
gio fori, et specialiter legi qua cavetur quod dos in mobi-
libus consistens restituatur post annum a tempore dissoluti
matrimonii, ac omnibus aliis iuribus, legum, constitucionum
et consuetudinum auxiliis, quibus contra predicta venire va-
leret. Unde ad futuram memoriam et predicti domini regis
et heredum suorum cautelam factum est exinde presens
publicum instrumentum per manus mei predicti notarii Ma-
thei, nostrum qui supra predictorum Iudicum magne regie
Curie et civitatis Messane , mei predicti notarii et subscri-
ptorum testium subscripcionibus roboratum. Actum Messane
anno, mense die et indicione premissis.
-j- Ego Gofridus de Imperatore Iudex Messane.
f Ego Petrus de Ansalone de Messana magne regie Cu-
rie Iudex.
(1286) — 340 —
f Ego Petrus de Philosopho de Panormo magne regie
Curie Iudex.
f Ego Nicolosus Ghicare de Messana magne regie Curie
Iudex.
•J- Ego Nicolosus Saporitus de Messana magne regie Cu-
rie Iudex.
f Ego Iohannes de Laburzi Iudex Messane.
f Ego Bernardus Coppula Iudex Sicilie.
Dalla perg. di n. 105 del regno di Alfonso II, nell'Arch. Cor.
di Arag. in Barcellona.
Pubblicalo da Delfino Muletti, Memorie storiche diplomatiche
appartenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo. Ivi, 1829, t. II,
pag. 449 e seg. sur un transunto eseguito nell'anno 1288, ed esi-
stente nell' archivio di Torino. Il testo edito dal Muletti offre
errori e lacune, ed inoltre prima del periodo finale TJnde ad fu-
turam ecc. questa aggiunta, che manca nella pergamena di Bar-
cellona : « Predicta vero domina regina et dominus rex, quilibet
eorum, in solidum per se et heredes eorum predicto Manphredo
legiptime stipulanti vel eius certo nuncio predicto, predicta qua-
tuor milia unciarum auri ressidua ex dotibus supradictis integra
solvere et pagare et solvi et pagari tacere in pace, sine molestia
et absque ulla diminucione in terminis suprascriptis et sub pactis
et conditionibus superius annotatis. Renunciantes omni auxilio
iuris et facti, exceptioni doli et in factum , ac singulis aliis iu-
ribus quibus contra predicta valerent». Deve pure notarsi che
dopo la parola roboratum si legge : « et sigillo pendente domini
regis munitum » , le quali espressioni non potevano adoperarsi
per un atto notarile, che non ammetteva la corroborazione regia;
onde è a dubitare della fede del transunto, che se ne faceva a 29
agosto 1288 in castro Bevelli, nel territorio di Saluzzo.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 210, ne offre il sun-
to senza indicare l'edizione del testo data dal Muletti, e mostran-
dolo quasi un solenne atto di costituzione di dote, mentre è piut-
tosto una dichiarazione per pagamento di rata di dote preceden-
temente convenuta ed assegnata, ancorché senza altro atto sepa-
rato, per il matrimonio prima celebrato. Muletti lo chiama giu-
stamente «istrumento di quitanza» (pag. 448).
— 341 — (1286)
Amari , 9a ediz. voi. II , pag. 171 aggiunse le notizie per il
matrimonio e la dote di Beatrice, desumendole dal Carini, poiché
nelle precedenti edizioni (cfr. ediz. 8% Firenze, 1876, voi. I, pag. 378)
non ne aveva fatto alcun cenno , e notò altresì il ricordo della
storia municipale del Muletti. Incorse però in equivoco nell'in-
dicare l'anno 1297 (o corretto 1296), invece di 1286, per il docu-
mento suddetto , quasi che si leggesse 1297 nella pergamena di
Torino ; né peraltro il regno di Giacomo ebbe inizio al 1296, ma
al 1286. Nicomede Bianchi , Le carte degli Archivi piemontesi.
Torino, 1881, pag. 39, accenna le scritture del marchesato di Sa-
luzzo del 967 al 1760 conservate in Torino.
Ho creduto conveniente, per la rarità dell'opera del Muletti,
ed ancora per le molte inesattezze e varianti della sua edizione,
di riprodurre il testo dell'atto.
Sul matrimonio di Beatrice con Manfredi di Saluzzo dà al-
quante notizie il Muletti cit., pag. 440 e seg., dalle quali si rileva
che a 3 luglio 1286 il matrimonio non era ancora avvenuto, poi-
ché in quel tempo il marchese Tommaso di Saluzzo istituiva (per
le nozze da contrarsi) suo erede il figlio Manfredi, e gli assegnava
vari castelli; e gli abitanti di Dronero eliggevano a 5 luglio i de-
putati per 1' omaggio da prestarsi a Manfredi. Altre notizie tro-
vansi in Del Giudice, La famiglia del Re Manfredi cit. 2a ediz.
pag. 211 e 277. Egli ricorda che il Re Manfredi aveva sposato
altra Beatrice, vedova del Marchese di Saluzzo, con la quale Ca-
sa ora si stringeva il nuovo legame, e rileva a tal proposito che
dopo l'eccidio degli Svevi, i nobili ed i comuni di Lombardia e Pie-
monte «furono i più terribili avversari di Carlo (d'Angiò) ». Cfr.
pure Amari, 9° ed. voi. IT, pag. 115 e 119.
È utile notare le espressioni del documento : matrimonium se-
cundum sacrosante Romane Ecclesie instituta, e le altre sul be-
neplacito della stessa Chiesa per una futura pace col Principe di
Salerno, ed ancora quelle per l'acquisto dell'altra parte del regno,
compresa la città di Napoli. Sembra che quest'ultima condizio-
ne, che diffìcilmente poteva avverarsi, sia stata apposta per evi-
tare il pagamento delle rimanenti oncie quattromila di dote. Im-
portante è altresì il ricordo di constitucionum et consuetudinum,
poiché le consuetudini avrebbero potuto allegarsi anco per il re-
gime dotale dei beni.
(1286) — 342 —
OLVI.
1286, ottobre 26, Lerida.
Il Re Alfonso di Aragona annunzia al fratello Re Giacomo
che Alaimo da Lentini lo ha supplicato perchè, attesi i servisi da
lui resi al Re Pietro, sia provveduto su quanto lo riguarda, ed
ha presentato i capitoli, che sono riferiti nel loro testo, cioè :
1° Se il Re Giacomo, non prestando ascolto alle insinuazioni
di nemici e malevoli, crederà che Alaimo abbia offeso il Re Pie-
tro o lui, il medesimo dichiara di sottoporsi alla volontà e gra-
zia del Re Giacomo.
2° Se alcuni, eccetto la regina ed il Re, vorranno accusarlo
di mancata fede , è pronto a difendersi secondo la consuetudine
di Aragona o di Catalogna o di Sicilia o altrimenti.
3° Se il Re Giacomo non lo troverà colpevole, lo rimetta in
grazia e gli restituisca la moglie, i figli ed i beni, e liberi lui
dal carcere, ordinando in guai luogo debba vivere, in Sicilia od
in Catalogna.
Non volendo il Re Alfonso provvedere su ciò senza il consi-
glio della regina madre e di Giacomo, li prega perchè gli rispon-
dano su quanto dovrà farsi, e manifesta di aver concesso sicur-
tà ad Adenolfo di Mineo per parlare con i medesimi.
Simili lettere alla regina Costanza ed a Giovanni da Proci-
da. Altra di salvocondotto per Giovanni Gondisalvo e Adenolfo
di Alineo. Altra di richiesta al Re Giacomo per il permesso ad
Adenolfo di parlare con la moglie di Alaimo.
Excellentissimo et karissimo fratri suo dompno Jacobo
dei grada illustri regi Sicilie, ducatus Apulie et principatus
Gapue. Alfonsus etc. salutem et fraterne dilecionis constan-
ciara ac prosperitatis augmentum. Ex parte nobilis Alaymi
de Lentino est nobis humiliter supplicatum quod, conside-
ratis serviciis per eum exibitis excellentissimo domino regi
patri nostro inclite recordacionis, deberemus super suo ne-
gocio providere, et super hoc obtulit nobis tria capitula con-
343 — (Ì286)
tinencia infrascripta: Primo quod si vos in conscencia ve-
stra, expulsis et remotis verbis , que per inimicos et mali-
volos suos contra ipsum indebite opponuntur , intenditis
ipsum dicto domino regi patri nostro in vita sua aut vo-
bis in aliquo fore offensum , quod mictet et subponat se
ad voluntatem et mercedem vestram. Secundo quod si ali-
qui, preter excellentissimam dominam reginam matrem no-
strani et vos, voluerint ipsum reptare de fide, aut alia obi-
cere contra ipsum, quod est paratus ostendere se et defen-
dere ad consuetudinem Aragonie vel Gathalonie aut eciam
Sicilie, aut quocumque alio modo vos duxeritis ordinandum.
Tercio supplicavit quod si in consciencia vestra inveneritis
ipsum non fore culpabilem de propositis contra ipsum, di-
gnetur excellencia vestra ei graciose restituere graciam ve-
stram, uxorem et filios suos ac bona sua, et ipsum a carce-
re liberare. Et ubi volueritis ipsum esse et vivere , vel in
Sicilia aut in partibus nostris, ducat istud vestra excellen-
cia ordinandum, cum ipse paratus sit super hoc mandatis
vestris et beneplacitis obedire. Unde cum nos in hiis, absque
requisicione domine regine matris nostre et vestra nolumus
aliquid ordinare, predicta fraternitati vestre significavimus
per presentes. Rogantes quatenus , consideratis predictis
serviciis exhibitis per dictum Alaymum , deliberetis super
premissis, et quidquid deliberandum duxeritis et iuxta con-
sciencia vestram volueritis fieri in eisdem, rescribatis nobis
si placet per presencium portitores. Significantes vobis quod
deliberavimus mietere super hoc Adenolfum de Mineo, cui
securitatem de comparendo corani vobis prestitimus, ut lo-
quatur vobiscum super premissis, et inde responsionem no-
bis afferat simul cum dilecto scutifero nostro Iohanne Gon-
dicalvi tenente locum nostri Alguacjrii , quem quidem A-
denolfum sub custodia ipsius Iohannis duximus statuen-
dum. Datum Ilerde VII kalendas novembris, anno etc. [1286]
R. Escorna.
Similis fuit missa domine regine. Datum ut supra. Idem.
Similis fuit missa dompno Iohanni de Prochida. Datum
ut supra. Idem.
(1286) — 344 —
Fuit facta litera ducatus Iohanni Gondigalvi et Adenol-
fo de Mineo predictis. Datum ut supra. Idem.
Fuit missa lictera precum regi Sicilie , quod permictat
dictum Adenolfum loqui cum uxore domini Alaymi, in pre-
senta dicti Iohannis. Datum ut supra. Idem.
Dal reg. di n. 64, fol. 188 del Re Alfonso II, nell'Aron. Cor.
di Arag..in Barcellona.
Pubblicato da me nella memoria Documenti su le reiasioni del
Re Alfonso III di Aragona cit. (néll' Anuari (1908) dell' Institut
d'Estudis catalans, pag. 350 e seg., doc. VIIIj.
Per la grande importanza del documento, ne ristampo qui il
testo. Non trovasi di esso alcun ricordo in Carini od in Amari.
Costui narra (9a ediz., voi. II, pag. 174 e seg.) i fatti della pri-
gionia di Alaimo , secondo la cronaca del Neocastro , il quale
però nei cap. 107 e 108 (ediz. Gregorio cit. , pag. 147) riporta
come discorso tenuto da Alaimo al Re Alfonso quanto si con-
tiene in questa lettera, ed aggiunge che « Alaymo placatur sevi-
cies carceris. Nepos [ Adinolfus] . . . tempus expectat placidum quo
ad Siculos prò complemento negocii transferatur » .
Su la prigionia di Alaimo, della moglie Macalda e dei figli e
la confìsca dei loro beni vedi sopra, doc. LXXVIII, del 29 mag-
gio 1285, ed altresì quello del 18 ottobre (doc. n. CU) per l'as-
segno che gli era corrisposto in Catalogna. Per Adinolfo di Mineo
cfr. doc. LXXV e CHI.
Sono degne di nota le dichiarazioni recise e piene di ossequio
fatte dal grande patriota Alaimo per sua discolpa.
La voce reptare, nel significato di accusare, proviene dal ca-
talano reptar , e castigliano retar (cfr. pure Ducange, voce re-
tare). Alaimo, siciliano e prigioniero allora in Catalogna, si sot-
tometteva a qualsiasi delle consuetudini di Aragona, Catalogna,
o Sicilia.
Nell'Aragona i Fueros del 1247, approvati dal Re Giacomo I,
disponevano per il tradimento il duello, nel quale «reptatus ha-
bet duos pedites, eo existente tertio si aptus fuerit ad duellum »
(lib. IX e XI dei Fueros del reyno de Aragon. (^aragoca, 1624,
fol. 177 r. e 184). Per gli Usatici di Barcellona del 1068 nel cap. 45
si stabiliva che il reptatus doveva subire il giudizio, o purgarsi
— 345 — . (1286)
« per batayam ad suum parem , qui de genere et de honore sit
de suo valore», e nel cap. 170 si davano le norme nei casi che
il reptahis victus fuerit o invece Victor (ediz. Giraud , Hist. du
droit frangais au moyen age. Paris, 1846, t. II, pag. 473 e 5052).
Erano esposte ampiamente nelle leggi del Re Alfonso il Savio
di Castiglia (1253-1284) nella VII Partida, tit. Ili De los rieptos,
le regole e le forme di accusa e prova per delitti di tradimento,
compreso quello di lesa maestà (tit. II) e per il « riepto que se
faze por razon dellos» (ed. Martinez Alcubilla, Códigos de E-
spana cit., pag. 620 e seg.).
In Sicilia le consuetudini di Messina , di origine normanna ,
ammettevano nel cap. 44 il duello per il crimine lese maiestatis;
ma però la cons. 6 di Palermo lo vietava super qiiibuscumque
criminibus, dovendo procedersi soltanto iure ordinario (cfr. Vito
La Mantia, Antiche consuet. cit., pag. 45 e 171). Sembra che tale
divieto (come lo dimostra anche il titolo : De duellis inhibitis)
provenga dall'abolizione delle prove paribili e dei duelli sancita,
con alta sapienza, dall'imperatore Federico II nelle const. 31, 32
e 33 del lib. II, perchè egli riteneva che il duello « non tam vera
probatio , quatn quaedam divinatio dici potest » . Tollerava quel
monarca il duello soltanto per venefici ed omicidi occulti, e ciò
«non tam iudicio, quam terrori» (V. ediz. Cargani, Const. regni
Sicil. cit. , pag. 142-146). Deve però notarsi che Federico Svevo
aveva prima, cioè nell'anno 1200, permesso ai Palermitani il
duello per il solo delitto di lesa maestà (De Vio, Privil. urbis
Panormi cit., pag. 11).
Il Re Giacomo nei Capitoli per tutto il regno approvati a 5
febbraio 1286 (cfr. sopra, doc. CXXXVIII) ordinava , ad evitare
malignità ed odi, che nessuno officiale potesse conoscere dell'ac-
cusa di crimine di lesa maestà, se non in seguito a regio mandato.
Tali norme confermava poi nel 1296 il Re Federico li aragonese
in uno speciale capitolo De crimine lesae maiestatis , col quale
ammetteva di potersi i rei difendere secondo il diritto romano
(iura communio), le costituzioni di Federico Svevo, ed anche « se-
cundum usagium Barcellonae » a scelta dell'accusato. Quest' ul-
tima disposizione simile alla richiesta fatta da Alaimo , ricono-
sceva implicitamente l'uso del duello ammesso in Catalogna, ma
che in Sicilia era stato abolito dall'imperatore Federico (cfr. Ca-
pitula regni Sicil., cap. 18 di Giacomo e 4 di Federico; ediz. Testa,
(1287) — 346 —
t. I, pag. 14 e 49, il quale editore non offre alcuna notizia pre-
cisa su gli Usatici di Barcellona).
Per le leggi dell' isola su tale materia vedi Vito La Mantia,
Stor. legisl. Sic, voi. I, pag. 225 e seg. Gfr. pure la memoria di
Francesco La Mantia, Ordines judiciorum Bei nel Messale gal-
licano del XII secolo della Cattedrale di Palermo. Ivi, 1892, spe-
cialmente per le purgazioni volgari del medio evo , che furono
respinte in Sicilia (pag. 21 e seg.).
OLVII
1287, febbraio 18 e 19, indizione 15a, Messina.
Il Cancelliere del regno di Sicilia, Giovanni da Procida , fa
transuntare , separatamente , dal notaro Scorciagatta tre docu-
menti riguardanti : il primo (del 2 novembre 1285) la cessione
fatta dall'Infante Alfonso di Aragona in favore dell'Infante Gia-
como di tutte le ragioni, che gli competono sul regno di Sicilia
(V. doc. CXI) , il secondo (del 25 novembre 1285) la promessa
di difendere il suddetto Giacomo ed il suo regno (V. doc. GXXXV)
e l'ultimo (della stessa data) la nomina dell' ammiraglio Loria a
procuratore per ricevere dall' Infante Giacomo il giuramento di
aiutare e difendere il fratello Alfonso (V. doc. GXXXVI). Tali
transunti devono servire per ottenere dal Re Alfonso la conferma
di quei documenti con il sigillo « dicti domini regis Aragonum
facto post coronacionem suam » .
È in fine di ognuno di essi la firma del giudice Goffredo de
Imperatore.
(Atti in notar Nicola Scorciagatta di Messina).
In nomine domini amen. Anno incarnacionis eiusdem
millesimo ducentesimo octuagesimo sexto, mensis februarii
octavo decimo eiusdem, quintedecime indicionis , regnante
inclito domino nostro rege Iacobo, dei gracia rege Sicilie ,
ducatus Apulie et principatus Gapue , regni eius anno se-
cundo feliciter amen. Nos [Gofridus de Imperatore] Iudex
— 347 — (1287)
Messane, Nicolaus de Scorciagacta regius publicus Messane
notarius et testes subscripti , ad hoc vocati specialiter et.
rogati, presenti scriplo publico notum facimus et testamur
quod, cum oporteat serenissimum dominum nostrum regem
Iacobum, illustrem regem Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue, tria privilegia sibi facta super quibusdam ne-
gociis per excellentem dominum fratrem suum regem Al-
fonsum, illustrem regem Aragonum, Maioricarum, Valencie
et comitem Barcellone , ante felicem coronacionem ipsius
regis Aragonum, sub pendenti sigillo, quo tunc generaliter
utebatur , habere firmata et roborata pendenti sigillo dicti
domini regis Aragonum facto post predictam coronacionem
suam , ut de tenore privilegiorum ipsorum apud eumdem
dominum regem Aragonum et alios fieri valeat piena fides,
nobilis vir dominus Iohannes de Procida, regni Sicilie Gan-
cellarius, nos ex parte dicti domini regis Sicilie requisivit,
nostrum offìcium implorando , ut privilegia ipsa exemplari
et in scripturam publicam redigere faceremus. Guius requi-
sicione utpote iusta admissa , quia eadem originalia privi-
legia ostensa nobis per predictum dominum Gancellarium
inspeximus et legimus diligenter, et vidimus ea esse sigil-
lata noto et consueto sigillo pendenti dicti domini regis
Alfonsi de cera comuni, quo ante coronacionem suam, cum
vocabatur Infans , generaliter utebatur , non abolita , non
abrasa , non cancellata ac omni vicio et suspicione caren-
cia , privilegia ipsa de verbo ad verbum , nichil in eis ad-
dito, mutato vel diminuto, exeraplavimus et presens redegi-
mus instrumentum. Quorum privilegiorum tenor per omnia
talis est :
[Segue il testo separato dei tre documenti dell'Infante Al-
fonso, cioè uno del 2 e due del 25 novembre 1285].
Ego Gofridus de Imperatore Iudex Messane.
Dalle perg. di n. 129 e 130 del regno di Alfonso II , e perg.
497 del Re Pietro II, esistenti nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 207, 210 e 211 dà
(1287) — 348 —
il sommario di questi tre transunti, però con data 1286, che non
riduce al modo comune, e senza indicare lo scopo del transunto,
e che esso esegui vasi per tre documenti , come è espressamente
notato nelle formole, che ripetevansi per ognuno dei suddetti do-
cumenti. Il Carini dice che il giudice ed il notaro «passano alla
trascrizione in forma pubblica d'una scrittura » o altrimenti : «re-
gistrano in forma pubblica una scrittura». Per la perg. di n. 129
del regno di Alfonso II incorre in equivoco nell'affermare che il
transunto concerneva una « scrittura di Alfonso Re d' Aragona,
con suggello di lui già coronato, data di Maiorca, 25 novembre
1285 » , poiché il Re Alfonso si coronò in Saragozza nella festa
di Pasqua del 1286, cioè a 15 aprile di quell'anno.
Pubblicato da me nella memoria Documenti su le relazioni
del Re Alfonso III, cit. neWAnuari (1908) dell'Instai d'Estudis
Catalans , pag. 354 , doc. XV , il transunto per le sole formole
identiche per ognuno dei tre documenti transuntati, « cum opor-
teat tria privilegia sibi [all'Infante Giacomo] facta... habere
firmata et roborata».
Riesce palese di quanta importanza fosse per il Re Giacomo
la nuova conferma di quei documenti da parte di Alfonso dopo
la sua coronazione. Costui pertanto a 4 agosto 1287 [V. appresso,
doc. di tale data) confermò solennemente , e con separato tran-
sunto, in lacca due documenti, cioè quello del 2 novembre 1285,
e 1' altro del 25 dello stesso mese per la promessa di difesa al-
l'Infante Giacomo.
Dalla comparazione delle tre pergamene di transunto del 1287,
richiesto avvedutamente dal Procida per non perdersi gli origi-
nali, si scorge che la trascrizione ebbe inizio nel giorno 18 feb-
braio (perg. 129 del regno di Alfonso) , perchè si dice in essa :
«Tenor unius [il primo] ex predictis privilegiis talis est», e fu
continuata e terminata nel giorno seguente 19 (perg. 130 come
sopra) , senza distinzione numerica , se pur non fu omessa per
caso , del documento del 25 novembre (nomina di procuratore
Loria), notandosi invece per l'altro (perg. 497 del Re Pietro II):
« Tenor reliqui [ossia ultimo] privilegiorum » , che è quello del
2 novembre circa la cessione di ragioni su la Sicilia, per il quale
documento fu fatto altresì un separato transunto in notar Fazio
de Parma (V. doc. seguente CLVIII). Nella perg. 130 del regno
— 349 — (1287)
di Alfonso si riscontra l'omissione di alcune parole prima di et
alios, avvenuta per equivoco.
OLVIII.
1287, febbraio 19, indizione 15a, Messina.
Il Cancelliere del regno di Sicilia, Giovanni da Procida, fa
transuntare dal notaro Fazio de Parma, Tatto dell' Infante Al-
fonso, rogato a 2 novembre 1285 (V. sopra, doc. CXI) da Pietro
Marchesi notaro del Re Pietro di Aragona, e riguardante la ces-
sione di ogni dritto al medesimo Alfonso competente sul regno
di Sicilia in favore del fratello Infante Giacomo. Il transunto
viene eseguito per presentarlo al Re Alfonso, ed ottenere la con-
ferma dell'atto dopo la sua coronazione.
Seguono le firme del giudice e testimoni.
(Atto in notar Fazio de Parma, di Messina).
In nomine domini amen. Anno incarnacionis eiusdem
millesimo ducentesirao octuagesimo sexto, mense februarii,
nono decimo eiusdem , quintedecime indiccionis , regnante
inclito domino nostro rege Iacobo, Dei gracia rege Sicilie,
ducatus Apulie [etj principatus Gapue, regni eius anno se-
cundo feliciter amen. Nos Gofridus de Imperatore iudex
Messane, Facius de Parma regius publicus eiusdem civita-
tis notarius et testes subscripti, ad hoc vocati specialiter et
rogati, presenti scripto publico notum facimus et testamur
quod, cum oporteat serenissimum dominum nostrum regem
Iacobum, illustrem regem Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Gapue quoddam scriptum publicum sibi factum sub
pendenti sigillo excellentissimi domini fratris sui regis Al-
fonsi , illustris regis Aragonum , Maioricarum , Valencie et
comitis Barcellone, ante felicem coronacionem ipsius regis
Aragonum, quo tunc generaliter utebatur, de remissione et
cessione omnium iurium , que dictus dominus rex Arago-
(1287) — 350 —
num, tam vice paterna quarti materna, quam qualibet alia
racione, habet vel habère possit in toto regno Sicilie , du-
cati! Apulie, principatu Gapue , Salerni [cum omnibus] in-
sulis et aliis iurisdicionibus et dignitatibus suis, habere fir-
matum et roboratum pendenti sigillo dicti domini regis A-
ragonum, facto post predictam coronacionem suam, ut de
tenore scripti publici apud eumdem dominum regem Ara-
gonum et alios fieri valeat piena fides, nobili s vir dominus
Iohannes de Procida, regni Sicilie Gancellarius , nos ex
parte predicti domini regis Sicilie requisivit , nostrum offi-
cium implorando , ut scriptum publicum exemplare et in
scripturam publicam redigere deberemus. Guius requisicione
utpote iusta admissa, quia ipsum originale scriptum, osten-
sum nobis per predictum dominum Gancellarium, inspexi-
mus et legimus diligenter , et vidimus ipsum esse factum
per manus Petri Marcliisii , notarii dicti domini regis Ara-
gonum et notarii publici eiusdem domini regis , sigillatum
noto et consueto sigillo pendenti dicti domini regis Alfonsi
de cera communi, quo ante coronacionem suam , cum vo-
cabatur Infans, sicut nobis piene constitit, generaliter ute-
batur , non abolitum , non abrasum , non cancellatum ac
omni vicio et suspicione carere, scriptum ipsum de verbo
ad verbum, nichil in eo addito, mutato vel diminuto, exem-
plavimus et in presens redegimus instrumentum. Guius
scripti tenor per omnia talis est :
[Segue il testo del documento dell' Infante Alfonso del 2
novembre 1285, con la trascrizione delle firme, cioè:]
Signum £g Infantis Alfonsi illustris regis Aragonum pre-
dicti primogeniti.
Testes sunt Blasius de Alagona, Garocius dominus Re-
bolleti , Rogerius de Loria Amiratus Aragonum et Sicilie ,
Petrus Lesse, Arbertus de Mediona.
Signum |$i Petri Marchisii dicti domini Infantis Alfonsi
scriptoris et notarii publici auctoritate domini regis Arago-
num et Sicilie predicti, qui mandato ipsius domini Infantis
hec scribi fecit et clausit loco, die et anno prefixis.
— 351 — (1287)
Ut autem de tenore predicti scripti apud dictum domi-
nimi regem Aragonum et omnes alios ex nunc et in poste-
rum fieri valeat piena fides , factum est exinde presens
scriptum publicum per manus mei predicti notarii, nostrum
qui supra Iudicis sigillo et subscripcione , meique predicti
notarii et subscriptorum testium subscripcionibus et testi-
monio roboratum. Actum Messane anno, mense, die et in-
dicione premissis.
f Ego Goffridus de Imperatore Tudex Messane.
f Ego Vinciguerra de Palicio de Messana testor.
•J- Ego Raymundus de Minorisa testor.
f Ego notarius Philippus de Bruno de Messana testor.
f Ego Matheus de Thermis miles testor.
f Ego Bartholomeus de Neocastro testis sum.
-J- Ego Facius de Parma regius publicus Messane nota-
rius rogatus scripsi.
Dalla perg. di n. 496 del regno di Pietro II, nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl., voi. II, pag. 206 offre un breve
sunto; ma indica inesattamente il cognome del notaro di Perama,
invece che di Parma. Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 164, forse per
emendare in forma più nota quel cognome, lo corresse in di Pe-
ranna. La firma autografa del notaro' de Parma si ha in un atto
di vendita dèi 12 aprile 1291, conservato nel Tabulario di S. Maria
Maddalena di Giosafat in Messina (perg. 185 , Arch. di Stato di
Palermo).
Il documento del 2 novembre 1285 trovasi in questo transunto
con testo più completo di quello che si legge nel reg. 62 del Re
Pietro, fol. 161 r., e che è stato sopra da me riferito al n. CXI,
pag. 210 e seg. Furono omessi infatti nel registro le firme del-
l'Infante Alfonso e del notaro ed i nomi dei testimoni, che trascrivo
qui insieme alle formole del transunto , che sono diverse in al-
cune parti da quelle contenute nell' altro transunto del notaro
Scorciagatta (doc. CLVII) , anco per le dichiarazioni finali e le
firme , tra le quali è degna di nota quella del celebre cronista
(1287) — 352 —
Bartolomeo di Neocastro. Forse per l'importanza del documento
si volle dal Procida altro transunto speciale.
OLIX.
1287, febbraio 27, indizione 15% Messina.
Il Re Giacomo nomina suoi ambasciatori i militi e familiari
Gisberto de Castelletto e Bertrando de Cannellis per presentarsi
innanzi suo fratello , il Re Alfonso di Aragona , e trattare la
pace « concordiam de regno Sicilie » con Carlo , principe di Sa-
lerno, secondo gli accordi nel tempo trascorso avvenuti tra Gia-
como ed il suddetto principe , come si rileva dai capitoli allora
for, ati e che sono consegnati ai medesimi ambasciatori, ai quali
vengono date ampie facoltà, con promessa di ratifica.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Gapue. Per presens scriptum notum fieri volu-
mus universis quod , confisi de prudencia , fidelitate et le-
galitate Gisberti de Gastelleto et Bertrandi de Cannellis ,
militum, consiliariorum, familiarium et fidelium nostrorum,
constituimus , facimus et ordinamus ipsos legitimos et ge-
nerales ac solempnes nuncios, ambassatores et procurato-
res nostros , presentes et legacionem , ambassatam et pro-
curacionem ipsas suscipientes, ita quod non sit raelior con-
dicio occupantis , ad conferendum se ad presenciam illu-
stris regis Aragonurn , Vaiencie et Maioricarum ac comita-
tus Barcellone, domini fratris nostri, et alio quo idem do-
minus rex mandaverit et viderit expedire , ad tractandam,
complendam et perficiendam, nomine et prò parte nostra ,
cura magnifico principe domino Karolo , filio quondam re-
gis Karoli, seu aliis nomine et prò parte ipsius, concordiam
de regno Sicilie, secundum tractatum olim super hoc ha-
bitum inter nos seu alios prò parte nostra ex una parte ,
et ipsum principem ex altera , contentum in capitulis tra-
ditis et assignatis eisdem nunciis , ambassatoribus et prò-
— 353 — (1287)
curatoribus nostris sub sigillo pendenti raaiestatis nostre ;
quibus nunciis , arabassatoribus et procuratoribus nostris
damus et concedimus plenam licenciam et liberam potesta-
tem ac generalera administracionem concordiam ipsam trac-
tandi, faciendi , coraplendi et perficiendi cum eodem prin-
cipe , seu aliis vel alio prò parte ipsius , iuxta tenorem et
forma m predictorum capitulorum, ac eciam recipiendi pro-
missiones, cautelas et securitates nomine et prò parte no-
stra a predicto principe et aliis personis intervenientibus
concordie supradicte , et ea omnia faciendi , exercendi et
percomplendi, que veri et legitimi procuratores , nuncii et
ambassatores facere possunt et debent, et que nos ipsi fa-
cere possemus de premissis si presencialiter adessemus ;
promictentes sub ypotheca honorum nostrorum ratum, gra-
tum et firmum semper habere et tenere quicquid predicti
procuratores, nuncii et ambassatores nostri super premissis
duxerint faciendum. Si vero contingerit aliquem ipsorum
decedere (quod absit), vel ex causa necessaria commissionis
eorum, de mandato predicti domini regis Aragonum vel
alio modo necessario, ad aliam provi nciam se conferre, et
sic ipsi ambo simul esse non possent, alter ipsorum super-
stes predictum negocium exequatur. Ad cuius rei futuram
memoriam et robur perpetuum et muuimen, et ut de pre-
missis aput omnes fiat in posterum piena fides , presens
scriptum exinde fieri et sigillo pendenti maiestatis nostre
iussimus communiri. Actum Messane anno domini M° GC°
LXXX0 VJ°, penultimo februarii, XVe indicionis, regni no-
stri anno secundo.
Dalla perg. di n. 133 del Re Alfonso II , nell' Arch. Cor. A-
rag. in Barcellona.
Carini , Gli Arch. e le Bibl. , voi. Il , pag. 211 dà il sunto
conciso del documento.
Amari , 9a ediz. , voi. II , pag. 153 , ne fa soltanto un cenno
indeterminato, ricavandolo dal sunto del Carini.
L' ambasceria affidata al Castelletto e al de Cannellis concer-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 23
(1287) — 354 —
neva gli accordi per la pace, per il matrimonio del Re Giacomo
e l'altro dell'Infante Federico, e per la tregua da stabilirsi men-
tre durava la guerra. Vennero formati pertanto cinque partico-
lari documenti , cioè il presente e gli altri quattro che seguono
(doc. GLX a CLXIII), e si ebbe cura anzi con quello di n. GLXIII
di ben definire quale dovesse intendersi la conchiusione della
pace, cioè esclusivamente con la cessione della Sicilia insieme
alle isole di Malta e Lipari ed al tributo di Tunisi. Tali atti di
procura offrono la data dal 27 febbraio all' 8 marzo ; e perciò
sembra che con prudenza si risolvevano quegli affari, e che gli
ambasciatori partirono nel mese di marzo dalla Sicilia.
Altra missione degli stessi ambasciatori accadde certamente
nel luglio seguente, perchè il Re Alfonso diceva a 4 agosto : Ve-
nientes nuper ad nos... nuncii vestri»; ma questa concerneva la
presentazione degli atti transuntati (a richiesta del Procida) per
confermarsi da quel Re dopo la sua coronazione, ed il permesso
di trasferire in Sicilia Alaimo da Lentini ed i nipoti per la con-
danna (V. doc. GLXVIII a GLXXI).
Questo documento del 27 febbraio per maneggiare la pace col
principe di Salerno ci rivela che era avvenuto un trattato fra Gia-
como e Carlo: « secundum tractatum olim super hoc habitum inter
nos et ipsum principem ». Non può simile trattato essere altro che
quello, del quale fa espressa menzione il cronista Neocastro nel
cap. 99 (ed. Gregorio cit., t. I, pag. 141), cioè quando l'Infante
Giacomo, troncando gl'indugi, nel novembre 1285 inviava al pa-
dre in Catalogna il principe prigione, facendosi prima promettere
di presenza e con giuramento nel castello di Cefalù che, appena
fosse liberato , cederebbe a lui la Sicilia , e gli darebbe Bianca
sua figlia in isposa, con altre condizioni.
Le pratiche furono poi riprese nel giugno 1286, come si ricava
dalla lettera del Re Alfonso del 21 di quel mese, da me sopra
pubblicata (cfr. doc. CXLVII). Esse provano che non derivavano
da «impazienza di carcere», né che « men valeano per la prigio-
nia», come affermava contrariamente I'Amari, perchè anzi furono
la base di queste solenni ambascerie del 1287, che rinnovavansi
per l'identico scopo della cessione del regno di Sicilia e dei due
matrimoni dinastici.
La Chiesa romana , che nelle divisioni d'Italia traeva fonda-
mento di sua potenza , avversava quegli accordi, Il Papa Ono-
— 355 — (1287)
rio IV in una sua lettera del 4 marzo di tale anno (e non 1297
come per errore si indica da Amari) diretta a Carlo, principe di
Salerno, diceva di avere inteso « quod Iacobus et Gonstancia ma-
ter eius ipsum [Alfonsum] per nuncios speciales duxerant requi-
rendum ut a compositione sive concordia pridem inter te illosgue
tractata, dum adhuc esses in Siciliae partibus, recedere non de-
beret», ed annullava recisamente quel trattato circa la cessione
di Sicilia , delle terre dell' arcivescovato di Reggio di Calabria ,
e del tributo di Tunisi, « cum peticiones in dicto contentae tra-
ctatu nihil rationis habeant». (Raynaldi, Annales eccles. t. IV,
pag. 19; Potthast, Begest. pontif., n. 22581).
Nondimeno a 15 luglio del 1287 potè venir conchiuso in 0-
leron un trattato, col quale si prometteva la liberazione di Carlo,
sotto varie condizioni espressamente stabilite, tra le quali erano
ancor quelle della cessione del regno di Sicilia e del matrimonio
di Bianca col Re Giacomo, che desumonsi dal testo del trattato
edito da Rymer, Foedera cit, t. II, pag. 346 e seg. Rimase pure
inefficace questo trattato per l'indebita ingerenza dei Papi.
OLX.
1287, febbraio 27, indizione 15% Messina.
Il Re Giacomo nomina suoi procuratori Gisberto de Castel-
letto e Bertrando de (Jannellis per andare presso suo fratello, il
Be Alfonso d' Aragona , e trattare « per verba de presenti » con
Carlo , principe di Salerno , il matrimonio tra il suddetto Gia-
como e la figlia maggior nata di Carlo, giusta il trattato di re-
cente con chiuso tra i medesimi; e dà pertanto ai procuratori am-
pie facoltà, e promette di ratificare quanto essi faranno.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Gapue. Per presens scriptum notum fieri volu-
mus universis quod, confisi de prudencia , fidelitate et le-
galitate Gisberti de Gastellecto et Bertrand! de Gannellis
militura, consiliariorum, familiarium et fidelium nostrorum,
(1287) — 356 —
ipsos constituimus, facimus et ordinamus legitimos , gene-
rales et solemnes nuncios , ambassatores et procuratores
nostros, presentes et legacionem , ambassatam et procura-
cionem ipsas suscipientes, ita quod non sit melior condicio
occupantis, ad conferendum se ad presenciam illustris re-
gis Aragonum, Valencie et Maioricarum ac comitatus Bar-
cellone , domini fratris nostri , et alio quo idem dominus
rex mandaverit et viderit expedire, et tractandum, complen-
dum et perficiendum , nomine et prò parte nostra , matri-
monium per verba de presenti cum illustri principe domino
Karolo , fìlio quondam regis Karoli , seu cum aliis nomine
et prò parte ipsius , prò parte et nomine domine [manca
il nome] filie sue maioris natu, et cum eadem filia sua vel
aliquo habente potestatem legitime contrahendi prò ea, iuxta
tractatum dudum inde habitum inter nos , seu alios prò
parte nostra, ex una parte, et predictum principem ex al-
tera, prò nobis et dieta filia sua ducenda per nos legitimo
matrimonio in uxorem , secundum sacrosante Romane Ec-
clesie instituta, quibus nunciis, ambassatoribus et procura-
toribus nostris damus et concedimus plenam licenciam et
liberam potestatem ac generale m administracionem predi-
ctum matrimonium prò parte nostra tractandi , faciendi ,
complendi et perficiendi cum eodem principe, seu aliis prò
parte ipsius , nomine et prò parte diete filie sue , et cum
dieta filia sua, vel aliquo habente super hoc potestatem ab
ea, et prestandi super firmando matrimonio ipso sacramen-
tum in anima nostra , ac eciam recipiendi promissiones ,
cautelas et pacta , nomine et prò parte nostra , a predicto
principe et dieta filia sua , vel aliis personis intervenienti-
bus matrimonio supradicto, et ea omnia faciendi, exercendi
et percomplendi, que veri et legitimi procuratores, ambas-
satores et nuncii facere possunt et debent, et que nos ipsi
facere possemus de premissis, si presencialiter adessemus,
promictentes sub ypotheca honorum nostrorum ratum, gra-
tum et firmum habere et tenere quicquid dicti procuratores,
ambassatores et nuncii nostri super premissis duxerint fa-
- 357 — (1287)
ciendum. Si vero contingeret aliquem ipsorum decedere
(quod absit), vel ex causa necessaria commissionis eorum,
de mandato predicti domini regis Aragonum, vel alio modo
necessario , ad aliam provinciam se conferre , et sic ipsi
ambo simul esse non possent, alter ipsorum superstes pre-
dictura negocium exequatur. Ad cuius rei futuram memo-
riam, et ut de premissis apud omnes fiat in posterura piena
tides, presens scriptum exinde fieri et sigillo pendenti maie-
statis nostre iussimus communiri. Actum Messane anno do-
mini M° CC° LXXX0 VJ° penultimo februarii , XV indicio-
nis, regni nostri anno secundo.
Dalla perg. di n. 133 bis del Re Alfonso II, nell' Arch. Cor.
Arag. in Barcellona. È in fine un frammento di sigillo di cera.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. Il, pag. 212, ne dà un bre-
vissimo sunto, senza indicare che l'atto è contenuto in altra per-
gamena, cioè la 133 (bis); donde Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 153,
ritenne che la procura per il matrimonio fosse contenuta nel do-
cumento anteriore, poiché dice : « La procura valeva ancora per
trattare il matrimonio».
Si ha notizia di Bianca figlia secondogenita del principe Carlo
d'Angiò (della quale non è qui notato il nome) nel Chronicon si-
culum d' incerto autore dall' an. 340 al 1396, edito dal Prof. Giu-
seppe De Blasiis tra i Monumenti della Soc. Napol. di Stor. Pa-
tria , Serie I , Napoli , 1887 , pag. 6. Vi si legge che Carlo ebbe
cinque figlie, e che « filiarum prima fuit domina Clementia con-
sors domini Caroli patris regis Philippi de Francia. Secunda fuit
domina Bianca consors regis Iacobi de Aragona » .
Non avvenuta la liberazione del principe Carlo d'Angiò e l'ap-
provazione della pace, il matrimonio, che per maggiore efficacia
doveva contrarsi per verba de presenti , non seguì. Il Re Gia-
como , soddisfacendo 1' antico desiderio , sposò poi a 1° novem-
bre 1295 in Villa Bertrand nei Pirenei Bianca figlia del principe
di Salerno, quando iniquamente cedeva la Sicilia agli Angioini,
contro i testamenti di Pietro I ed Alfonso III di Aragona. Il con-
temporaneo Muntaner nella sua cronaca (cap. 182, ediz. Boparull,
cit., pag. 345) descrive le grandi feste, che per otto giorni ebbero
luogo per il matrimonio di Giacomo.
(1287) — 358 —
Sul trattato di Cefalù del 1285 vedansi le note al doc. pre-
cedente.
CLXI.
1287, febbraio 27, indizione 15a, Messina.
L'Infante Federico , figlio del defunto Re Pietro e di età su-
periore ai dodici anni, con il consenso della madre e tutrice re-
gina Costanza, eligge suoi procuratori Gisberto de Castelletto e
Bertrando de Cannellis per presentarsi al Re Alfonso di Aragona,
e concordare con il principe di Salerno il matrimonio di sua
figlia secondogenita con il suddetto Federico , con V assegno di
territori e dote convenienti (cuoi terra et dote decenti tanto matri-
monio dandis) su le terre e beni della porzione del regno di Si-
cilia, che al medesimo Carlo appartengono, oltre il trattato con-
chiuso fra lui e Giacomo, anco per quello sul matrimonio sud-
detto. Si danno ai procuratori le facoltà consuete.
Nos Fredericus illustris quondam regis Petri Aragonum
et Sicilie regis dive memorie filius, maior annis duodecim,
minor autem quatuordecim annis, cum auctoritate illustris
domine, domine Gonstancie Aragonum et Sicilie regine, do-
mine matris et tutricis nostre, omnibus solempnitatibus ob-
servatis , que iura requirunt , tam in tutela ipsa , quam in
constitucione procuratoris constituendi a minore, quam e-
ciam in auctoritate prestanda a tutrice in constitucione pro-
curatoris ipsius, in presencia subscriptorum Iudicum civi-
tatis Messane, coram quibus de premissis omnibus solemp-
niter et legitime constitit, confisi de prudencia, fidelitate et
legalitate Gisberti de Gasteleto et Bertrandi de Ganellis, mi-
litum, illustrium predicte domine regine et domini regis la-
cobi, regis Sicilie, domini fratris nostri, consiliariorum, fa-
miliarium et fidelium ac devotorum nostrorum , constitui-
mus, facimus et ordinamus ipsos solempnes nuncios , am-
bassatores et procuratores nostros, presentes et Jegacionem,
— 359 — (1287)
ambassatam et procuracionem ipsas recipientes , ita quod
non sit melior condicio occupantis, ad conferendum se ad
presenciam illustris regis Aragonum, Valencie et Maiorica-
rum ac comitatus Barcellone, domini fratris nostri, et alio
quo ipse dominus rex mandaverit et viderit expedire , et
tractandum , complendum et perflciendum , nomine et prò
parte nostra, matrimonium per verba de presenti cum illu-
stri principe domino Karolo, filio quondam regis Karoli, et
prò parte domine [manca il nome] filie sue secunde natu, et
cum eadem filia sua seu habente potestatem legitime con-
trahendi , prò ea ducenda per nos legitimo matrimonio in
uxorem , secundum sacrosante Romane Ecclesie instituta ,
cum terra et dote decenti tanto matrimonio dandis per pre-
dictum principem, seu alium prò parte sua, nobis contem-
placione matrimonii supradicti, de terra et bonis porcionis
regni Sicilie, que sibi cedet preter concordiam factam inter
predictum dominum regem Sicilie fratrem nostrum et ipsum
principem de regno predicto, iuxta tractatum et concordiam
inde habitas inter ipsum dominum regem Sicilie fratrem
nostrum, seu alium prò parte nostra, et eumdem principem
prò predicta filia sua, et ad recipiendum promissiones, pacta
et cautelas ipsius matrimonii , facienda ab eodem principe
prò predicta filia sua, seu alio prò parte predicte filie sue,
vel ab ipsa filia sua. Quibus nunciis, ambassatoribus et pro-
curatoribus nostris damus et concedimus plenam licenciam
et liberam potestatem ac generalem administracionem pre-
dictum matrimonium tractandi, faciendi, complendi et per-
ficiendi cum eodem principe , et predicta filia ipsius prin-
cipis vel alio prò parte ipsius, ac prestandi, super firmando
matrimonio ipso sacramentum in anima nostra, et ea omnia
faciendi et exercendi, que veri et legitimi procuratores, am-
bassatores et nuncii facere possunt et debent , et que nos
ipsi facere possemus si ibidem presencialiter adessemus ,
promictentes, sub ypotheca honorum nostrorum, ratum, gra-
tum et firmum semper habere et tenere quicquid predicti
procuratores, ambassatores et nuncii nostri super premissis
(1287) — 360 —
duxerint faciendum. Si vero contingerit aliquem ipsorum de-
cedere (quod absit) , vel ex causa necessaria commissionis
eorum, de mandato predicti domini regis Aragonum fratris
nostri , vel alio modo necessario , ad aliam provinciam se
conferre, et sic ambo ipsi simul esse non possent, alter ip-
sorum superstes predictum negocium exequatur. Ad huius
autem rei futuram memoriam, et ut de premissis aput om-
nes fiat in posterum piena fides, presens scriptum publicum
factum est exinde per manus magistri lohannis de Pere-
grino, Magne Curie predicti domini regis Sicilie fratris nostri
actorum, et publici civitatis Messane notarii, sigillis penden-
tibus predicte domine regine, domine matris et tutricis no-
stre, ac nostro, ac eciam subscripcionibus predictorum Iu-
dicum et dicti notarii communitum. Actum Messane anno
domini M° GG° LXXX0 VJ°, mense februarii, penultimo die
mensis eiusdem, XV indicionis , regnante predicto domino
rege Sicilie, domino fratre nostro, regni sui anno secundo.
f Ego Gofridus de Imperatore Iudex Messane.
f Ego Guilielmus Saporitus Iudex Messane.
f Ego Poncius Gepulla Iudex Messane.
f Ego Iohannes de Laburzi Iudex Messane.
f Ego Bernardus Goppula Iudex Messane.
f Ego notarius Iohannes de Peregrino magne regie Curie
actorum , et publicus civitatis Messane notarius qui supra
predicta rogatus scripsi et testo r.
Dalla perg. di n. 132 del Re Alfonso II, nell'Aron. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bill., voi. Il, pag. 211 dà il sunto del
documento , ma tralascia alcune notizie rilevanti che vi si con-
tengono.
Amari , 9* ediz. , voi. II , pag. 198 , accenna appena il docu-
mento, senza notare alcuna circostanza importante di esso.
La figlia minor nata , che chiedevasi in isposa dall' Infante
Federico era Eleonora, che, cessate le guerre per la pace del 1302,
contrasse matrimonio nell'inizio dell'anno seguente con Federico
— 361 — (1287)
divenuto Re di Sicilia dal 1296. Neocastro (cap. 99, ediz. Gre-
gorio, t. I, pag. 141 ) dice espressamente che il principe di Sa-
lerno avea promesso nel 1285 in Gefàlù : « alteram filiam nostram
dabimus inclito fratti vestro domino Friderico in uxorem, cum
principatu Tarenti et honore Montis sancti Angeli, sicut illos te-
nuit avus vester», cioè il Re Manfredi.
Nella pace del 1302 trovavano perciò in parte adempimento i
progetti formati nel 1285 in Gefalù col principe Carlo, poiché an-
che i due vincoli di parentela, che allora promettevansi per i fra-
telli Giacomo e Federico con le due figlie del principe di Saler-
no, avvennero il primo nel 1295 e l'altro nel 1303.
Sono senza dubbio notevoli le espressioni del documento, che
riferisconsi al trattato di Gefalù, e specialmente quelle sul terri-
torio continentale del regno di Sicilia spettante al principe Carlo :
« de terris et bonis porcionis regni Sicilie, que sibi cedet per con-
cordia,™ factam», che dimostrano un vero trattato esplicito per
iscritto, e regolato in ogni sua parte, del quale non ci è perve-
nuto il testo, ma si conoscono le parti principali da questi do-
cumenti di ambasceria , oltre il sunto che ne ha fornito il con-
temporaneo Neocastro, che ricercò e vide quel trattato.
OLXII.
1287, marzo 3, indizione 15a, Messina.
Il Re Giacomo eligge suoi procuratori Gisberto de Castelletto
e Bertrando de Gannellis per presentarsi a suo fratello Alfonso,
Re di Aragona, e trattare col principe Carlo d'Angiò una tregua
per sospendere la guerra del suddetto Giacomo contro il principe,
i suoi figli, il Legato apostolico ed il conte d'Artois circa il do-
minio del regno di Sicilia « in regno et de regno Sicilie». Con-
ferisce a tal uopo ogni facoltà , e promette di ratificare quanto
gli ambasciatori faranno.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Capue. Per presens scriptum notum fieri volu-
mus universis quod, confisi de prudencia, fidelitate et lega-
(1287) — 362 -
litate Gisberti de Castelletto et Bertrandi de Gannellis, mi-
litum , consiliariorura , familiarium et fidelium nostrorum ,
constituimus , facimus et ordinamus ipsos legitimos et ge-
nerales ac sollempnes nuncios, ambassatores et procurato-
res nostros , presentes et legacionem , ambassatam et pro-
curacionem ipsas suscipientes, ita quod non sit raelior con-
dicio occupantis, ad conferendum se ad presenciam illustris
regis Aragonum, Valencie et Maioricarum ac comitatus Bar-
cellone, domini fratris nostri, et alio quo idem dominus rex
mandaverit et viderit expedire, et tractandam, complendam
et perficiendam , nomine et prò parte nostra , cum illustri
principe domino Karolo , fìlio quondam regis Karoli , seu
aliis nomine et prò parte ipsius, treugam super guerra, que
est inter nos et gentem nostram ex una parte et ipsum
principem , Legatum apostolice sedis in regno Sicilie , pri-
mogenitum et alios filios dicti principis et corniteli) Atraba-
tensem et gentem eorum ex parte altera, in regno et de re-
gno Sicilie supradicto, secundum provi sionem , mandatum
et ordinacionem dicti domini fratris nostri , et secundum
quod dicti nuncii, ambassatores et procuratores nostri, prò
parte nostra , cum dicto principe , vel aliis prò parte sua ,
melius poterunt exinde convenire. Quibus nunciis, ambassa-
toribus et procuratoribus nostris damus et concedimus ple-
nam licenciam et liberam potestatem ac generalem admi-
nistracionem treugam ipsam tractandi, faciendi, complendi
et perficiendi cum eodem principe seu aliis prò parte ipsius
in forma predicta, ac eciam recipiendi nomine et prò parte
nostra a predicto principe, vel aliis personis intervenientibus
diete treuge, et faciendi ac firmandi sibi nomine et prò parte
nostra promissiones , cautelas et securitates super treuga
predicta , secundum quod fuerit oportunum , et super hoc
ea omnia faciendi, exercendi et percomplendi , que veri et
legitimi procuratores, ambassatores et nuncii facere possunt
et debent, et que nos ipsi facere possemus de premissis, si
presencialiter adessemus. Promictentes sub ypotheca hono-
rum nostrorum ratum, gratum et firmum semper habere et
— 363 — (1287)
tenere quicquid dicti procuratores, ambassatores et nuncii
nostri super premissis duxerint faciendum. Si vero aliquis
dictorum procuratorura , nunciorum et ambassatorum no-
strorum decederet quo (dabsit), vel ex causa necessaria le-
gacionis ipsorum , de mandato predicti domini fratris no-
stri , vel alio modo necessario oporteret alterum eorum ad
aliam provinciam se conferre, et sic ambo simul esse non
possent, alter ipsorum superstes predicta omnia exequatur.
Ad cuius rei futuram memoriam , et ut de premissis aput
omnes fiat in posterum piena fides, presens scriptum exinde
fieri et sigillo maiestatis nostre iussimus communiri. Actum
Messane anno domini M° GG° LXXX0 VJ° mensis marcii,
IIJ eiusdem, XV indicionis, regni nostri anno secundo.
Dalla perg. di n. 134 del regno di Alfonso II nell'Aron. Cor.
Arag. in Barcellona. Si scorge in fine un frammento di sigillo.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 212, offre un sunto
indeterminato, nel quale afferma erroneamente che gli ambascia-
tori dovevano trattare la tregua pure con i figli del principe Carlo,
e con il Legato ed il Conte d'Artois, contro il vero senso del testo.
La potestà concessa agli ambasciatori per la conchiusione della
tregua era necessaria per sospendere le ostilità che avvenivano
nel regno tra gli eserciti nemici, e preparare (come di consueto)
la pace, per la quale davasi facoltà di trattarla ai medesimi am-
basciatori con il documento di procura del 27 febbraio (cfr. doc.
CLIX) e con l'altro più esplicito dell' 8 marzo (doc. CLXIII) su
quanto il trattato di pace doveva immancabilmente concernere ,
per le concessioni che avrebbe fatto il principe angioino. Basta
quindi rinviare ai suddetti due documenti per altre notizie, poiché
la tregua avrebbe offerto l'adito per raggiungere il compimento
della pace.
Il Legato era il Cardinale Gerardo di Parma , il quale risie-
deva in Napoli col Conte d'Artois (V. sopra, pag. 177 e 185, ed
il doc. che segue, n. CLXIII).
(1287) — 364 —
OLXIII.
1287, marzo 8, indizione 15», Messina.
Il Be Giacomo nomina suoi procuratori Gisberto de Castel-
letto e Bertrando de Cari nellis per andare dal Be Alfonso di Ara-
gona, e concordare con Carlo, principe di Salerno , la pace per
il regno di Sicilia « composicionem et concordiam de regno Si-
cilie», dove al presente è la guerra tra gli Aragonesi e gli An-
gioini. Concede all'uopo ogni facoltà, con la condizione però che
in ogni evento l'isola di Sicilia con quelle di Malta, Gozo, Pan-
telleria e Lipari e le altre minori, e col tributo, fondaco e con-
solato di Tunisi debba appartenere al dominio del suddetto Be
Giacomo.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et prin-
cipatus Capile. Per presens scriptum notum fieri volumus
universis quod, confisi de prudencia et legalitate ac fìdeli-
tate Gisberti de Gastelleto et Bertrandi de Gannellis mili-
tura, consiliariorum, familiarium et fidelium nostrorum, con-
stituimus, facimus et ordinamus ipsos legitimos et generales
ac solempnes nuncios, ambassatores et procuratores nostros,
presentes et legacionem, ambassatam et procuracionem ipsas
suscipientes , ita quod non sit melior conditio occupantis,
ad conferendum se ad presenciam illustris regis Aragonum,
Valencie et Maioricarum ac comitatus Barcellone , domini
fratris nostri, et alio quo idem dominus rex mandaverit et
viderit expedire, ad tractandam , complendam et perficien-
dam, nomine et prò parte nostra, cum illustri principe do-
mino Karolo, filio quondam regis Karoli, seu aliis nomine
et prò parte ipsius, composicionem et concordiam de regno
Sicilie, de quo et prò quo regno est ad presens guerra inter
nos et gentem nostram ex una parte, et ipsum principerà,
Legatum apostolice Sedis in regno ipso , primogenitura et
alios filios dicti principis et comitem Atrabatensem et gen-
tem eorum ex altera, secundum provisionem, mandatum et
— 365 — (1287)
ordinacionem dicli domini fratris nostri, et secundum quod
dicti nuncii, ambassatores et procuratores nostri, prò parte
nostra, cum dicto principe, vel aliis prò parte sua, melius
poterunt exinde convenire; qui bus nunciis, ambassatoribus
et proeuratoribus nostris damus et concedimus plenam li-
cenciam et liberara potestatem ac generalem administracio-
nem, composicionem et concordiam ipsas tractandi, faciendi,
complendi et perficiendi cum eodem principe, vel aliis prò
parte ipsius in forma predicta, ac eciam recipiendi, nomine et
prò parte nostra, a predicto principe, vel aliis personis inter-
venientibus composicioni et concordie supradictis, et faciendi
et firmandi sibi nomine et prò parte nostra promissiones ,
cautelas et securitates super composicione et concordia an-
tedictis, secundum quod fuerit oportunum, et super hoc ea
omnia faciendi, exercendi et percomplendi, que veri et le-
ghimi nuncii, ambassatores et procuratores facere possunt
et debent, et que nos ipsi facere possemus de premissis si
presencialiter adessemus. Promictentes sub ypotheca hono-
rum nostrorum ratum, gratum et firmum semper habere et
tenere quicquid dicti nuncii, ambassatores et procuratores
nostri super premissis duxerint faciendum. Ita tamen quod
insula Sicilie, cum insulis Malte, Gocii, Pantalarie et Lipari,
cum omnibus aliis insulis sibi adiacentibus habitatis et exha-
bitatis, cum tributo et fundico, consulatu et honoribus Tu-
nisii, cum omnibus iuribus, racionibus, tenimentis et perti-
nenciis suis, in omnem eventum remaneant nobis, et domi-
nio nostro subsint. Si vero alterum dictorum nunciorum ,
ambassatorum et procuratorum nostrorum de mandato dicti
domini fratris nostri, ex causa legacionis predicte, vel alio
modo necessario, oporteret ad aliquam provinciam se con-
ferre, et sic ambo in premissis simul esse non possent, alter
ipsorum superstes predicta omnia exequatur. Ad cuius rei
futuram memoriam, et ut de premissis apud omnes fiat in
posterum piena fides, presens scriptum exinde fieri et sigillo
pendenti maiestatis nostre iussimus communiri. Actum Mes-
sane anno domini M° GC° LXXXVJ0 , mense marcii , VIIJ
eiusdem, XV indicionis, regni nostri anno secundo.
(1287) — 366 —
Dalla perg. di n. 135 del regno di Alfonso II nell'Aron. Cor.
Arag. in Barcellona. In fine della pergamena vedesi, come nella
precedente, un frammento di sigillo di cera.
Carini , Gli Ardi, e le Bibl. , voi. II , pag. 212 dà un breve
sunto, nel quale traduce : onori di Tunisi le parole « et honori-
bus Tunisii » , che equivalgono piuttosto a giurisdizione e terri-
torio, come nota il Ducange alla voce Honores.
Amari, 9a ediz. , voi. II , pag. 195 e 198 fa appena un cenno
del documento, e spiega alquanto meglio il significato di quella
espressione in tal guisa : « e V onore di Tunis stessa, cioè un di-
ritto di alta sovranità, che si supponea conseguenza del tributo».
Il documento è assai notevole e segreto perchè denota quali
dovevano essere le parti del trattato per le quali nessun contrasto
doveva farsi dal principe di Salerno, cioè la cessione della Sicilia
con tutte le sue isole adiacenti, ed il tributo e la supremazia su
Tunisi, che aveano origine dall'epoca normanna, salvo a potere
in omnem eventum transigere su altre circostanze di minor rilievo.
Le intenzioni del Re Giacomo non trovarono, per le ingerenze
pontificie, la dovuta accoglienza, e non si ebbe che il trattato di
Oleron in Bearn del 15 luglio seguente, nel quale si provvedeva
ai preliminari di pace , cioè alle condizioni della liberazione
(voluta con ansia) del Principe, a tregue e promesse di paci re-
ciproche da convenirsi, anco per la Sicilia, ma senza alcuna espli-
cita dichiarazione e cessione dell'isola di Sicilia al Re Giacomo,
restando così incerta ogni promessa, come si scorge dal trattato
di Oleron, edito da Rymer, Foedera cit., t. II, pag. 346 e seg.
Il Re Alfonso di Aragona ebbe cura di fare inviare da varie
città di Provenza i sindaci per giurare di sottomettersi a lui, nel
caso di inadempimento del principe di Salerno ai patti stabiliti
in Oleron per la pace da convenirsi ; e quei documenti trovansi
in varie pergamene dell' Archivio della Cor. di Arag. in Barcel-
lona, dei quali dà i sunti il Carini cit., pag. 216-222, per i mesi
da settembre 1287 a 1° maggio 1288, poiché quest'ultimo, dal Ca-
rini riferito (pag. 212) in esteso sunto e con data erronea del 1287,
contiene il testo dei patti del trattato di Oleron , stipulato a 15
luglio 1287, come si ha in Rymer , e non può essere perciò an-
teriore. È pertanto inesatta l'affermazione di Amari cit., pag. 199
che quelle pergamene « portano varie date tra il gennaro e il set-
tembre del 1287 », ed ancora l'altra «che era già preparata prima
— 367 — (1287)
della stipulazione del trattato di Oleron la guarentigia della ces-
sione dei comuni di Provenza al re d'Aragona» ecc.
Per altre notizie su i negoziati di pace vedi sopra, doc. GLIX.
OLXIV.
1287, marzo 10, Barcellona.
Il Re Alfonso III di Aragona fa il suo testamento, col quale
nomina gli esecutori della sua volontà. Ordina che il suo corpo
sia sepolto nel monastero dei Frati minori di Barcellona, e prov-
vede per i funerali e gli anniversari da celebrarsi , stabilendo
« quod ardeantur semper diu [corr. die] noctuque incessanter co-
rani tumulo nostro duo cerei», da pagarsi la spesa sui proventi
dei molini di Barcellona. Istituisce suo erede universale nei regni
di Aragona e Valenza e nella Contea di Barcellona ed altri do-
mini il fratello Re Giacomo, con la condizione che egli ceda al-
l'Infante Federico il regno di Sicilia e le terre, che al medesimo
appartengono, « que sunt de pertinentiis ipsius regni »; e se Gia-
como vorrà avere per sé di più , e ritenere il regno di Sicilia ,
« quam ipse dare et concedere dicto Infanti Federico » , o pure
non sarà vivente , in tali casi istituisce erede universale il fra-
tello Infante Federico, e se costui sarà morto, l'altro fratello In-
fante Pietro. Stabilisce altresì che se Giacomo sarà suo erede in
Sicilia, e morirà senza figli, restituisca all'Infante Federico quanto
a lui è assegnato per il testamento, e se quegli non sarà allora
vivente, all'Infante Pietro , e così del pari ordina per V Infante
Federico se sarà suo erede in Aragona, per la restituzione allo
Infante Pietro; provvedendo che se il Re Giacomo o l'Infante Fe-
derico non potranno succedere nei regni suddetti, sia erede il fra-
tello Infante Pietro medesimo.
È in fine il segno di croce del Re Alfonso.
(Atto in notar Pietro Matteo, di Barcellona).
L'originale pergamena, che conteneva il testamento (come per
F altro del Re Pietro , cfr. doc. XIV) si conservava nell' Arch.
Cor. Arag. in Barcellona ; ma da molti anni più non si trova. In
(1287) — 368 —
un indice alfabetico, compilato nel secolo XVIII , ed intitolato :
« Escrituras en pergaoiinos sueltas , desde el ano 844 à 1291 » si
vede notato al n. 2271 il testamento di Alfonso con data 10 marzo
1287, e con la indicazione della successione di Federico nel regno
di Sicilia. Si ha nelle Cartas sueltas con fecha di Giacomo II al
num. 185 un estratto, eseguito nel 1288, dal testamento per quanto
riguarda la sepoltura ed il legato ai monaci.
L'insigne Prospero de Boparull nella sua opera Los Condes
de Barcelona vindicados. Barcelona, t. II, pag. 249 dimostra che
allora (1836) esisteva il testamento. Egli dice : « Pocas horas antes
de su temprana é inesperada muerte otorgó D. Alfonso dos codici-
los (Real Archivo, n. 443 de pergaminos de su coleccion), en que
ratificando el testamento que habia ordenado a 2 [corr. 10] de
marzo de 1287 (idem, armario 2°, n. 290) llamando a la sucession
de los estados de Aragon a su hermano D. Iaime rey de Sicilia,
y a los de està isla al otro hermano D. Federico, segun su padre
habia dispuesto, declaró sus amores con D.a Dulcia hija del de-
funto D. Bernardo de Galdes ciudadano de Barcelona», ecc. Ri-
corda che ordinò infine che la sua sepoltura fosse nel monastero
dei Frati minori , ai quali « hizo varios legados » ; però sembra
invece che questo non sia un codicillo, ma l'estratto da me sopra
indicato.
Nel 1860 Antonio de Bofarull nella edizione della Cronaca
catalana de Ramon Muntaner, da lui curata in Barcellona, a pa-
gina 331 die queste importanti notizie : « Del testamento de Al-
fonso III nada puede decirse, porque tampoco existe en nuestros
archivos, y si bien hay codicillos, estos son simplemente con un
objeto particular, pero sin hablar de sustituciones ni herencias,
limitandose à aprobar el testamento hecho en 6 de los idus de
marzo de 1287 , por sin detallarlo. Por el mismo estilo se halla
un traslado de una clàusula sola relativa à una fundacion en un
convento de Barcelona, cuyo documento es el que, sin duda al-
guna, se ha tornado por el testamento, mas ni en dicha clàusula,
ni en los referidos codicilos se halla nada que tenga relacion con
el interesante objeto que me ha impulsado à poner està nota
[cioè su la successione nel regno di Aragona].
Lo stesso A. de Bofarull nell'altra opera Historia de Gata-
luna cit., Barcelona, 1876, t. Ili, pag. 599 notava poi che il Re
Alfonso fece i suoi codicilli , coi quali ratificò il testamento an-
— 369 — (1287)
teriore, e indicava che un estratto di esso venne pure eseguito.
Riferiva ancora : « El ultimo documento que citamos [il testa-
mento] llevaba en la resena antigua del Archivo de la Corona
de Aragon el numero 290 de uno de sus armarios, y actualmente
el 193 de los pergaminos de D. Alfonso , corno llevan los codi-
cilos, bajo el mismo sistema, el443». Nondimeno affermava che
il testamento non si aveva più al suo tempo, e solo rinvenivansi
i codicilli.
In Barcellona ricercai accuratamente quel prezioso documento;
ma non fu possibile ottenere miglior risultato.
Il testo intero del testamento è per buona fortuna riferito nel
manoscritto Qq G. 1, fol. 151 r. della Bibl. Gom. di Palermo. Non
si indica la fonte; ma proviene dalla copia originale eseguita in
Barcellona dal celebre diplomatista Antonino Amico.
La più antica menzioue del documento si ha nella cronaca
del Muntaner (cap, 174 , ediz. Bofarull , pag. 330). È inesatto
quivi che il Re Alfonso avesse lasciato la Sicilia a Giacomo; però
soltanto nel caso che l'avesse desiderato, e perdendo il diritto alla
successione nell'Aragona (cfr. sopra, pag. 261). Surita ff 1581)
negli Anales, lib. IV , cap. 122 die estesa notizia del contenuto
del testamento, provandosi (come dice A. de Bofarull) di averne
egli esaminato diligentemente il testo.
Fu pubblicato la prima volta nel 1775 nell'opera postuma di
mons. Testa, De vita Federici II cit., pag. 232 e seg. con questa
indicazione : « Huius in publica panormitana Bibliotheca asserva-
tur exemplar inter codices ci. Dominici Scavo», che riordinò i
manoscritti di Amico.
Bdscemi, Vita di Giovanni di Procida , cit. , pag. LIX in no-
ta, ristampò nel 1836, traendola dall' ediz. di Testa, una parte
del documento da « Instituimus nobis haeredem universalem »
sino « Petrum fratrem nostrum » , oltre « Actum — anno domini
MGGLXXXVI». De Renzi, Il secolo XIII e G. da Procida, cit.,
pag. 441 , nota 2 , ne riprodusse un frammento da « Institui-
mus» ecc. sino « pertinentiis ipsius regni». Viene ricordato da
Tomacelli, Storia dei reami di Napoli e Sicilia cit., voi. II, pa-
gina 414, nota 7. Particolare menzione ne fa Amari, 9a ediz., voi. II,
pag. 232 e seg.
Il testamento di Alfonso fornisce chiara prova della slealtà di
Giacomo nel ritenere per sé la Sicilia. La data è indubbiamente
G. La Mantia, God. dipi. arag. 24
(1287) — 370 —
del 1287, essendo l'anno 1286 da ridursi al computo ordinario, co-
me lo attesta pure A. de Bofarull nella Cronaca e nella Hist.
de Cataluna cit. ; e così è segnato nell' Indice delle pergamene
nell'Arch. di Barcellona. Invece Amari (pag. 232) lo denota per
equivoco come appartenente al 1286. Vedasi ancora quanto ho
detto nella mia memoria Relazioni cit. in Anuari de Vinsi. d'E-
stud. catal. (1908), pag. 344 e seg.
OLXV.
febb. o marzo, indizione 15a, Messina.
Il Re Giacomo, ad istanza di Goffredo Sicho di Palermo, or-
dina ai Secreti e procuratori di Sicilia al di là del Salso, di e-
seguire il privilegio (inserto) dell'imperatore Federico II di agosto
1229, col quale veniva concesso a Teodoro Sicho, padre di Goffre-
do, ed ai suoi eredi in perpetuo l'officio del peso della staterà della
regia Curia in Palermo.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Secretis et magistris procuratoribus et uni-
versis officialibus Sicilie ultra flumen Salsum , vel Gayto
Panormi, tam presentibus quam futuris, fidelibus suis gra-
ciam suam et bonam voluntatera. Goffredus [Sichus] civis
Panormi fidelis noster , fìlius et lieres quondam Theodari
Sichii, ostendit nostre Curie quoddam patens scriptnm di-
rectum Secretis et universis officialibus Sicilie ultra flumen
Salsum, tam presentibus quam futuris, sub pendenti sigillo
illustrissimi quondam domini imperatoris Friderici proavi
nostri, dive memorie, continencie talis : Fridericus dei gra-
cia Romanorum imperator semper augustus , Ierusalem et
Sicilie rex. Secretis et universis officialibus Sicilie ultra flu-
men Salsum, tam presentibus quam futuris , fidelibus suis
graciam suam et bonam voluntatem. Theodarus Sichus civis
Panormi fidelis noster, in nostri presencia constitutus, cel-
situdini nostre humiliter supplicavit ut officium ponderacio-
vs,
— 371 — (1287)
nis statere nostre Curie in Panormo sibi de nostra gracia
concedere dignaremur. Nos itaque , supplicaciouem ipsius
Theodari fidelis nostri benigniter admictentes , de innata
celsitudinis nostre gracia , quam consuevimus fìdelibus et
benemeritis providere, dictum officium ponderacionis statere
Curie nostre in Panormo sibi et heredibus suis in perpe-
tuum duxit nostra serenitas concedendum. Ad huius autem
nostre concessionis memoriam presens scriptum sibi fieri ,
et nostre maiestatis sigillo iussimus communiri. Datum Fo-
gie, anno dominice incarnacionis M" CC° XXVIIIJ0, mense
augusti, secunde indicionis, imperante domino nostro Fri-
derico dei gracia invictissimo Romanorum imperatore sem-
per augusto , Ierusalem et Sicilie rege , anno imperii eius
nono, regni Ierusalem quarto, regni vero Sicilie XXXJ0 fe-
liciter amen. Cumque predictus asserat post obitum predicti
patris sui, auctoritate predicti scripti, predictum exercuisse
et petere officium, et humiliter supplicavit nobis super hoc
nostras licteras destinare, sua supplicacione benigne admissa,
donacionis et concessionis [scriptum], factum per predictum
dominum imperatorem, volentes inviolabiliter observari, fi-
delitati vestre mandamus quatenus predictum Goffredum et
heredes suos predictum ponderacionis statere officium, iuxta
tenorem predicti scripti, exercere sine molestia permictatis,
dummodo sit filius et heres Theodari memorati. Datum
Messane, anno dominice incarnacionis M° CCLXXXVJ, eiu-
sdem XV indicionis, regni nostri anno secundo.
Dal reg. 4, an. 1414-39, della B. Conservatoria di Registro,
a fol. 251 (Arch. di Stato di Palermo), con data erronea del 1299
per il privilegio dell' imperatore Federico. Il testo si trova pure
nel reg. 699 di copie del sec. XVIII, a fol. 384 r.
Si ha il solo testo del privilegio svevo nel reg. 21, an. 1419-20,
del Protonotaro del regno, a fol. 187 r. (nel medesimo Archivio).
Il documento era presentato allora (1° giugno 1420) ai Viceré da
Giovanni de Bankero per la conferma, insieme ad altre anteriori
conferme del Re Martino del 1398 e 1403, ma senza esibire que-
sta del Re Giacomo.
(1287) — 372 —
Antica menzione del documento fu data nel secolo XVI da
G. L. Barberi, I Capibrevi. Voi. Ili, I feudi di Val di Mazzara
(ed. Silvestri, e continuazione per mia cura, pag. 586), però per
il documento svevo soltanto e non per quello del Re Giacomo ,
desumendosi in tal modo che il Barberi consultò il registro del
Protonotaro, e non quello della Conservatoria.
Il testo della conferma è inedito; ma quello svevo è stato pub-
blicato dal dott. Luigi Genuardi nella memoria Documenti ine-
diti di Federico II [svevo], nella rivista Quellen und Forschungen
dell' Ist. Stor. prussiano. Roma, voi. XII, 1909 , pag. 237 e seg.
Il Genuardi non fa alcun cenno del testo, che nel registro della
Conservatoria fu pure inserito.
La data della conferma del Re Giacomo si desume chiaramente
dalla 15a indizione e dall'anno 2° di regno; poiché menzionandosi
ancora il 1286, la data ridotta a modo comune deve essere 1287,
da febbraio (dopo il 2, coronazione di Giacomo), e prima del 25
marzo (computo dell'Incarnazione).
Ho creduto indispensabile per la più esatta notizia della con-
ferma riferire il testo del documento svevo inserto, riveduto sul
registro del Protonotaro. Ricorderò la variante Theodatus che
riscontrasi per equivoco nell'ediz. Genuardi, invece di Theodarus,
che equivale a Teodoro , in siciliano Todaru (Vedi Vito Amico ,
Diz. topogr. della Sicilia, trad. G. Di Marzo, Palermo, 1856, vo-
ce S. Teodoro, e V. Nicotra, Dizionario sicil: -ital. Catania, 1883,
voce Todaru, pag. 860). Le altre varianti Sicho e presens prece-
ptum, invece di scriptum non ricavansi dai registri, e soltanto si
ha Sahus per errore nella Conservatoria.
Per la gabella -della staterà erano date particolari norme nella
Pandetta sveva di Palermo, e nella riforma del 1312 (cfr. il mio
voi. Pandette delle gabelle regie cit., pag. 22, eprefaz. pag. XXIV).
Andrea D'Isernia (f 1316) nell'opera Bitus regiae Camerae Sum-
mariae regni Neapolis (ediz. C. N. Pisano. Napoli , 1689 , pag.
386) dava notizia «de iure ponderaturae seu staterae, quod no-
vum ius est», cioè dei nova statuta dell'imperatore Federico.
— 373 — (1287)
CLXVT.
1287, giugno 5, indizione 15a, Caltagirone.
Il regio Giustiziere della Valle di Noto Boberto de Lauria at-
testa che nel febbraio scorso, rendendo giustizia in Vizzini « in
loco consueto Curiam regeremus » , si presentò Teodoro , procu-
ratore del canonico siracusano Enrico Traversa, con un libello
(che è inserto) circa la causa vertente contro il frate Nicolò Pre-
cettore dell'Ospedale di S. Maria dei Teutonici, in seguito ad or-
dine regio « auctoritate cuiusdam rescripti regii » e concernente
la molestia arrecata nel possesso della chiesa di S. Maria « de
Griptis rebellatis » sita nel territorio di Noto e concessa in pre-
benda al medesimo Traversa. Non costando dell' intenzione del-
l'attore, il Giustiziere assolve il precettore dell'Ospedale, dichia-
randolo nel possesso della chiesa.
In nomine domini amen. Anno incarnacionis millesimo
ducentesimo octuagesimo septimo, mense Iunii , quartede-
cime indicionis , quinto ....;.... m , regnante excel-
lentissimo domino rege Iacobo , dei gracia rege
Sicilie , ducatus Apulie et principatus Capue , regni eius
anno secundo feliciter amen. Nos Robbertus de Lauria,
domini regis Gonsiliarius ac regius lusticiarius Vallis Nothi,
et Guillelmus Carbonitus de Panormo Iudex assessor lu-
sticiariatus predicti, presentis scripti serie declaramus quod
cum nos to die mensis februarii proximi pre-
teriti, quintedecime indicionis , apud Bizinum in loco con-
sueto Curiam regeremus , accessit ad, presenciam nostrani
notarius Theodorus canonicus, et contra fratrem
Nicolaum Preceptorem seu procuratorem Hospitalis san-
cte Marie Theotonicorum libellum optulit in hunc modum:
Proponit notarius Theodorus procurato!' Henrici syracusani
^\ canonici, fìlli Belleboni Traverse militis, existentis in iudicio
cum auctoritate dicti patris sui , ut consistitit , auctoritate
cuiusdam rescripti regii , domino Iu contra fra-
(1287) — 374 —
trem Nicolarum Preceptorem seu procuratorem Hospitalis
sancte Marie Theotonicorum in Valle Nothi , dicens quod
cum dictus Henricus tenuerit et possederit , et ad presens
possideat in prebenda sibi concessa a Syracusano Episcopo
quandam ecclesiam, sitam in territorio Nothi, dictam Sanctam
Mariam de Criptis rebellatis cum iuribus suis, dictus Pre-
ceptor seu procurator eundem canonicum super possessione
diete ecclesie et iurium suorum indebite molestat et mul-
tipliciter inquietat. Quare peciit prò parte et nomine cuius
agit, dictum Preceptorem seu procuratorem predicte Ecclesie
comdempnare sibi per Guriam quod cesset ab inquietacione
predicta, salvo iure etc. Quo libello et lite super eo legiti-
me contestata, iuratoque de calumpnia a partibus ipsis, da-
tus fuit per nos utrique parti certus terminus ad proban-
dum et veniendum, et eo elapso facta fuit proposicio pro-
batorum ; demum rubricis assumptis et sollempni disputa-
cene secuta, renunciatum extitit a partibus ad sentenciam
proferri a nobis cum instancia sentenciam
postularunt. Nos vero qui supra Iusticiarius et ludex, vi-
sis predicte cause meritis et diligenter discussis, habitoque
super deliberatone Consilio cum aliis iurisperitis
dicti regis fidelibus ; quia nobis non constitit de intencione
actoris predicti et procuratoris sui sentenciam
absolvimus predictum Preceptorem seu procuratorem dicti
Hospitalis a predicta peticione dicti Henrici et predicti pro-
curatoris sui , pronunciantes dictum Preceptorem esse in
possessione predicte de Criptis rebellatis.
Lata est hec sentencia per nos predictum lusticiarium in
terra Calatagironis, in* regio pretorio terre ipsius, assidente
nobis predicto Iudice notario Iacobo Grillo de Mes-
sana per regiam Guriam nobis dictis anno, mense, die et
indicione premissis. Unde ad futuram memoriam et pre-
dicti Hospitalis cautelam presens publice confecimus per
manus predicti notarii Iacobi actorum Vallis Nothi notarii,
nostris subscripcionibus roboratum.
f Nos Robertus de Lauria domini regis consiliarius et
familiaris, regius Iusticiarius Vallis Noti qui supra.
— 375 — (1287)
f Ego Guillelmus Garbonitus de Panormo qui supra Iu-
dex me subscripsi.
f Ego Iacobus de Grillo regius actorum Vallis Nothi no-
tarius scripsi et testor.
Dalla perg. di n. 179 del Tabulano della Magione, nell'Arch.
di Stato di Palermo. Essa è alquanto logora nel margine destro
e danneggiata dall'umidità.
L'indizione 14» segnata in principio del documento è erronea,
come appare dalla designazione che segue dopo alcune righe. 11
documento è notevole per l' inserzione del libello e per le varie
norme di rito giudiziario , che sono espressamente ricordate , e
specialmente quella : rubricis assumptis et sollempni disputacione
secuta, che prova l'esame delle istanze (rubrice) delle parti. Du-
cange menziona per la voce Rubrica il significato di commenta-
rium, memorialis liber ecc. La lettera regia di Giacomo, con la
quale si permetteva la lite , non ci è pervenuta. Sembra che il
nome de criptis rebellatis derivi da qualche avvenimento in Noto
nelle epoche remote. Littara, De rebus netinis. Panormi , 1593,
pag. 27 , ricorda le « specus longissimae et prò tractus ratione
latae» esistenti nel mezzo della città di Noto, ed anche nei din-
torni.
OLXVII.
1287, dopo 23 giugno, Napoli.
Trattato di tregua per due anni per sicurtà nei mari , con-
chiuso per mezzo dell' Ammiraglio Ruggiero Loria tra Giacomo
Re di Sicilia per sé e per il Re Alfonso di Aragonp, , da una
parte, ed il Legato ed il Conte d'Artois, Baiuli del regno di Na-
poli stabiliti dalla Chiesa Romana, e Carlo il giovane, primo ge-
yv nito del principe e della principessa di Salerno, dall'altra.
Rimane il ricordo preciso di questa tregua nei due docu-
menti del 24 maggio e 1° giugno 1288 da me appresso riferiti
(n. GLXXIX e CLXXXI). Nel primo di tali documenti , che è
(1287) — 376 —
per la tregua conchiusa dalla principessa di Salerno, Maria, per
la Provenza con Alfonso Re di Aragona per sé e per il fratello
Giacomo di Sicilia , è detto : « Sicut inter dominos Legatum ,
comitem Atrabatensem regni Sicilie Baiulos per sanctam Rorna-
nam Ecclesiam constitutos et dominum Karolum iuniorem , pri-
mogenitum comunem illustris domini principis [di Salerno] ac
diete domine principisse ex una parte, et dictum dominum Iaco-
bum ex altera sunt [treuge] in regno confirmate». Si rileva al-
tresì appresso che il Re Giacomo inviò sue lettere ai Baiuli sud-
detti ed a Carlo il giovane per 1' osservanza della tregua tanto
in Sicilia che in Provenza, « dummodo Provinciales concederent,
sicut in tractatu et firmatione dictarum treguarum hec omnia
inde clarius exprimuntur » . Sembra perciò che in tale trattato
del 1287 fosse data facoltà di stipulare anche la tregua separata
con i Provenzali, come poi fu eseguito a 24 maggio 1288.
Dall' altro documento del 1° giugno 1288 , cioè dalla lettera
del Re Alfonso a Giacomo intorno ai dubbi ed all'incertezza da
parte del Re di Sicilia su l'osservanza della tregua di giugno 1287,
si desume chiaramente come avvenne tale trattato, poiché vi si
menziona la tregua « que facta et recepta erat per nobilem Ro-
gerium de Lauria inter vos et nos ex una, et Comitem Atraba-
tensem ac eciam Cardinalem Baiulum Apulie ex altera » ecc.
Nell'Archivio di Stato di Napoli , tra i frammenti dei primi re-
gistri del Re Carlo II d' Angiò , non si trovano documenti per
l'anno 1287 (Cfr. altresì Capasso, Inventario cronol. dei registri
angioini. Napoli , 1894 , pag. 508). Il testo del trattato doveva
quivi esser certamente trascritto.
I cronisti Neocastro e Speciale offrono vari ricordi della tre-
gua di giugno 1287. Neocastro (cap. Ili , ed. Gregorio , cit.
pag. 176) dice che quella tregua giovò a sedare l' indegnazione
dei Napoletani e la ribellione manifesta contro il sovrano an-
gioino , perchè accorsi subito in Napoli il Legato ed il Conte
d'Artois, « et Almirato [Loria] applicante, illis petentibus federa
treguarum annorum duorum , hinc inde mota placent et firma
tenentur». Si conosce anzi quale fosse in parte il contenuto del
trattato da cotali espressioni : « Itaque fit in mari securitas in-
ter eos et gentem eorum , quod eis navigantibus unus alterum
non offendat». Speciale ci fornisce la notizia che la tregua fu
conchiusa in Napoli dal Loria appena ottenuta la vittoria , « de
— 377 — (1287)
treugis quas , postquam vicerat , confederavit cum hostibus»
(lib. II, cap. 12 , ed. Gregorio cit , pag. 341). Aggiunge ancora
che presso i Siciliani la convenzione di quella tregua destò e-
norme malcontento contro il Loria , e che fu soltanto Giovanni
da Procida , « qui primatum in consiliis tunc habebat » , che lo
salvò dalla pena estrema, che si voleva a lui infliggere.
Amari, 9a ediz. voi. II, pag. 190 e seg. , che non conobbe il
testo dei due documenti del 24 maggio e 1° giugno 1288, da me
editi per la prima volta, si limitò a riprodurre brevemente %le
notizie date dai cronisti per la tregua di giugno 1287 con i Baiuli
del regno di Napoli.
OLXVIII.
1287, luglio 30, lacca.
Trattato di pace e tregua durante la loro vita, tra il Re Al-
fonso III di Aragona, anco per nome del Re Giacomo di Sicilia,
ed Abdelehehit figlio del principe dei credenti (Amir Almumenin), e
pretendente al dominio di Tunisi. Si stabiliscono con questo trat-
tato la sicurtà dei sudditi del Re Alfonso, la libertà del commercio
col pagamento dei diritti consueti, il soddisfacimento del tributo
annuale di 33,333 bisanti di argento, oltre quello di 16,000 dovuto
al suddetto Re Giacomo di Sicilia, la soggezione dei Cristiani, che
sono assoldati in Tunisi, alla giurisdizione dell' Alcade (castella-
no), che viene quivi tenuto dal Re di Aragona, ed innanzi al quale
si decideranno le cause (esclusi i mercanti, soggetti ai propri Con-
soli), Vassegnazione del soldo giornaliero per i militi e scudieri con
cavallo armato o senza, e di macchine ed animali quando vanno
in guerra (in exercitum vel cavalcatam) secondo le consuetudini
dei tempi del fu Guglielmo Moncada o di Enrico figlio del so-
y vrano di Castiglia, lo stipendio giornaliero da pagarsi all' Alcade,
il permesso al Re di Aragona di tenere in Tunisi il fondaco con
le immunità vigenti nell'epoca del Re Giacomo I di Aragona (a-
vi vestri), la licenza all' Alcade, ed ai Cristiani che sono con lui,
di avere la chiesa e mantenere il culto nei fondachi, la determi-
nazione del prezzo di vendita del vino all' Alcade e suoi militi e
(1287) — 378 —
scudieri, e la promessa di difesa del Re d' Aragona ad ogni ri-
chiesta.
Abdelehehit giura in presenza del Re Alfonso di adempire
quanto si contiene nel trattato in favore dei suddetti Re Alfonso
e Giacomo e dell' Alcade, appena lo stesso Abdelehehit avrà il do-
minio di Tunisi. Il Re Alfonso promette sicurtà e difesa per i
Saraceni che saranno nei suoi regni, ed aiuto ad Abdelehehit se
si troverà in guerra contro i Saraceni, e la ratifica del trattato
da parte del Re Giacomo.
Segue il testo medesimo in lingua araba. È apposto in fine
il segno di croce del Re Alfonso.
(Atto rogato presso Pietro Marchese, notaro del Re).
In nomine domini Dei nostri. Pateat universis presentem
cartam inspecturis quod nos Abdelehehit, fìlius Amir Almu-
menin, volentes esse in pace et treugis et bene concorditer
cum vobis illustrissimo Alfonso, dei gracia Aragonum . . .
et cum concedimus vobis illustris-
simo Alfonso regi predicto pacem et treugas et bonam con-
cordiam ab hac die in antea, quamdiu ambo insimul viva-
mus, sine aliqua fraccione et corrupcione et sine aliquo dolo
malo et fraude, que in hiis non faciemus, nec permictemus
fieri ab aliquo de subditis nostris. Promictimus eciam vobis
omnes gentes vestras salvare , defendere et custodire ab
omni iniuria, quamdiu fuerint gentes sive homi-
nes vestri possint libere ire et redire per totam terram no-
strani, cum mercibus et aliis rebus salvi et securi, ipsis sol-
ventibus nobis ius nostrum de eo, de quo ius ohm dare con-
suevit. Item promictimus vobis quod quolibet anno, quamdiu
ambo simul vixerimus , dabimus et solvemus prò tributo
vobis , et cui mandaveritis, trigintatres mille et trescentos
trigintatres bisancios argenti bonos et legales et iusti ponderis
et terciam partem unius bisancii. Item damus et concedimus
illustrissimo Iacobo, dei gracia regi Sicilie] et
vobis recipienti nomine eiusdem, treugas et pacem et bonam
concordiam, et omnibus eciam gentibus de regno et terra
ipsius, et promictimus vobis et notario infrascripto, a nobis
— 379 — (1287)
stipulantibus prò predicto illustri rege Sicilie fratre vestro,
quod dabimus et solvemus ei, et cui ipse voluerit, quolibet
anno, quamdiu nos et ipse insimul vixerimus , prò tributo
sexdecim millia bisanciorura argenti honorum et legalium et
iusti ponderis. Item promictimus vobis et volumus et con-
sentiraus quod omnes Cristiani, tam milites quara scutiferi,
quam alii cuiuscumque dominacionis sive
sint de dominacione vestra vel alterius cuiuscumque, qui [sint]
ad soldum prò facto armorum in terra mea, sint subditi iu-
risdicioni et dominacioni Alcaldi vestri, quem habebitis et
tenebitis apud Tunicium ; sed in hoc non intendimus mer-
catores cuiuscumque loci sint , qui iam sunt subiecti con-
sulibus eorum, sed intendimus omnes homines cum familia
eorum, qui cum armis et ad soldum sint ibi. Et quod om-
nes milites cum familia eorum et alii, qui a nobis soldum
recipient, [debeant] et teneantur recipere ipsum soldum per
manum ipsius Alcadi vestri Cristiani fir-
ment et placitent in posse ipsius Alcaldi et vicarii et iudi-
cis sui, tam in causis pecuniariis quam criminalibus, quam
in aliis quibuscumque. Et ipse Alcaldus sentencias super
hoc latas mandet et faciat mandari execucioni, sive [exequi]
et compleri. Promictimus eciam vobis quod quamdiu Alcal-
dus vester fuerit in terra nostra, nos non tenebimus neque
habebimus ibi alium Alcaldum. Item promictimus vobis quod
unicuique militum , qui sunt cum equo armato , sub iuris-
dicione dicti Alcaldi vestri, dabimus et solvemus in unoquo-
que die, prò soldo suo, tres bisancios argenti bonos et le-
gajes et iusti ponderis, et unicuique scutiferorum, qui cum
equo armato erunt similiter cum dicto Alcaldo , dabimus
et solvemus prò soldo duos bisancios argenti bonos et le-
gales et iusti ponderis. Item promictimus vobis quod dabimus
unicuique militum et scutiferorum, qui venient et erunt cum
dicto Alcaldo vestro , quando veniunt ad nos, scilicet uni-
cuique militum duos equos, et unicuique scutiferorum unum
equum. Et quod quandocumque et quociescumque predictus
Alcaldus vester , cum militibus et scutiferis et famulis suis
(1287) — 380 —
ibit in exercitum vel cavalcatali], dabimus ei tentoria et a-
zembles, et quod faciemus ei emendam de equis et aliis be-
stiis , quos et quas araictent in ipsis exercitibus et caval-
catis, secundum quod hec consueverunt fieri tempore nobilis
Guillermi de Montecateno quondam, vel tempore illustris
Enrici filii illustris regis Castelle. Item promictimus vobis
quod, si in solucione, quam faciemus vobis quolibet anno
de dieta quantitate bisanciorum, quam tenemur vobis dare
et solvere prò tributo, et si in solucionibus, quas faciemus
dicto Alcalde vestro et militibus et scutiferis , qui erunt
cum dicto Alcaldo et de iurisdicione sua et de soldo suo
predicto, ponamus et solvamus duplas auri in solucionem
dictorum bisanciorum , ponemus et computabimus unam-
quamque ipsarum duplarum auri, bonam et iusti
ponderis, prò quinque bisanciis argenti et non prò maìore
summa. Item promictimus vobis quod predicto Alcaldo ve-
stro dabimus et solvemus in unoquoque die, prò soldo cor-
poris sui, centum bisancios argenti, bonos et legales et iu-
sti ponderis. Item damus et concedimus predicto Alcaido
vestro quod possit milites et scutiferos et alios homines ,
quos tenebit ad servicium nostri et ad soldum nostrum ,
expellere de se et de ipso soldo nostro, et alios idoneos i-
bi ponere et tenere, secundum numerum , de quo conve-
niemus nos et ipse Alcaldus vester. Item damus et conce-
dimus vobis quod vos habeatis apud Tunicium alfundicum,
cum omnibus illis libertatibus et bonis consuetudinibus ,
quas ipse alfundicus habuit et consuevit habere et possidere
tempore illustris Iacobi bone memorie , regis Aragonura $.-
vi vestri, prout melius ipsas libertates, bonas consuetudines
aliquo tempore habuit, tenuit et possedit tempore predicti
illustris regis Iacobi avi vestri. Item damus et concedimus
vobis quod predictus Alcaldus vester et omnes Cristiani, qui
cum eo erunt, possint apud Tunicium habere ecclesiam, et
quod possint secum tradere et tenere sacerdotes et alios cleri-
cos, qui celebrent eis in ipsa ecclesia officium ecclesiasticum
sive domini Iesu Ghristi, et qui possint portare corpus Cri-
— 381 — (1287)
sti cum signo campane sive squille , prout moris est Cri-
stianorum, per omnes alfundicos et vassallos Gristianorum,
et tradere ipsum corpus Cristi Cristianis hoc requirentibus.
Et quod ipsi clerici possint portare crucem et turibula cor-
poribus Gristianorum decedencium, donec fuerint tra dici se-
pulture , secundum quod hoc consuevit fieri inter Cristia-
nos, sine omni contradicione et impedimento nostri et cuius-
cumque persone. Item promictimus vobis nos facturos et
curaturos quod barrile vini vendatur predicto Alcaldo vestro
et militibus et scutiferis suis et familie, et aliis Cristianis,
prò duobus bisanciis, sine omni encameramento , et quod
dabitur barrile vini militi ad quinque dies, et scutifero ad
septem dies. Item promictimus vobis bona fide quod, quo-
tiescumque a vobis fuerimus requisiti per licteras vestras ,
vel per nuncium vestrum, erimus vobis adiutores et defen-
sores toto posse nostro contra quoscumque homines Cri-
stianos scilicet et Sarracenos, et alios quoscumque homines,
cuiuscumque condicionis, legis vel fìdei existant, et hoc fa-
ciemus sine omni dolo malo et fraude. Et ad maiorem se-
curitatem et firmitatem predictorum omnium et singulorum,
bono animo et spontanea voluntate et sine omni dolo malo
et sine omni fraude, promictimus vobis illustrissimo Alfonso,
dei gracia regi predicto, presenti et a nobis legitime stipu-
lanti , prò vobis et prò illustrissimo rege Sicilie fratre ve-
stro predicto, et prò omnibus aliis quorum interest et inte-
resse potest et debet, et eciam iuramus vobis per Deum et
per legem Mahumeti et per lalquible et super Alchoran ,
nostris propriis manibus tactum , quod predicta omnia et
unumquodque predictorum prout superius continentur, ac-
tendemus et complebimus, et faciemus actendi et compleri
per nos et omnes subditos nostros vobis et predicto illustri
regi Sicilie fratri vestro, et eciam predicto Alcaldo vestro ,
quicumque a vobis electus et ordinatus fuerit, et militibus
et scutiferis et familie eiusdem, et omnibus aliis Cristianis,
incontinenti cum nos habebimus dominium Tunicii, et in ali-
quo non contraveniemus aliquo iure, causa vel racione. Ad
(1287) — 382
hec nos Alfonsus, dei grada rex Aragonum, Maioricarum,
Valencie ac coraes Barchinone , bono animo et spontanea
voluntate et ex certa sciencia et bona fide , et sine omni
malo dolo , damus et concedimus vobis dicto illustri Ab-
delehehit, filio Amir Almumenin, pacem et treugas et bo-
nam concordiam et bonum amorem ab hac die in antea,
quamdiu ambo insimul vixerimus, et omnibus gentibus ve-
stris et subditis , et quod ipsi possint ire , stare et redire
salvi et securi per totam terram nostrani cum mercibus
et aliis rebus et sine rebus, ipsis tamen solventibus no-
bis , vel tenenti locum nostrum , ius nostrum sicut dari
consuevit. Et nos promictimus vobis quod defendemus ipsos
subditos vestros a violencia et iniuria , que non net eis
in dominacionè nostra. Item promictimus vobis quod eri-
mus vobis adiutores et valitores et defensores toto posse
nostro contra omnes Sarracenos, cum quibus habeatis guer-
ram vel contencionem , postquam super hoc a vobis fue-
rimus requisiti vel moniti per licteras vestras, vel per nun-
cium vestrum. Item promictimus vobis , bona fide et sine
dolo malo, quod nos faciemus et procurabimus in quantum
melius poterimus quod illustris rex Sicilie , frater noster ,
laudabit et approbabit predictam dacionem pacis et treugue
et predictas convenciones et promissiones , quas vobis su-
pra fecimus , et quod non veniet contra predicta vel ali-
quod de predictis, immo firmabit, iurabit et complebit su-
pradicta. Et ad maiorem securitatem omnium predictorum
promictimus et iuramus vobis per Deum et eius sancta
quatuor evangelia, manibus nostris corporaliter tacta, pre-
dicta omnia et singula actendere et compiere toto posse no-
stro , et non in aliquo contravenire. Datum apud lacham ,
tercio calendas augusti , anno domini millesimo ducentesi-
mo octuagesimo septimo.
[Segue il testo in lingua araba del trattato].
Signum |$| Alfonsi dei gracia regis Aragonum , Maiori-
carum et Valencie ac comitis Barchinone.
Testes huius rei sunt Guilalbertus de Grudiliis, Iohan-
— 383 — (1287)
nes Salita, Guillelmus Durfortis, Bernardus de Segalars et
Manuel Sibo Ianuensis.
Signum Petri Marchisii notarii domini regis, qui hec
scribi fecit et clausit loco, die et anrio prefixis.
Dalla pergamena latino -araba di n. 150 del regno di Alfon-
so II, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 214 e seg. offre un
esteso sunto e con varie parole, che non traduce né spiega, rica-
vato dal testo latino del documento, come si vede dalle parole fi-
nali : « Segue il testo arabo colla firma autografa di Abdeluhehit».
Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 193, nel ricordare questo documento
con data erronea del 1288, diceva : « Cito secondo gli appunti del
can. Carini, il quale ebbe alle mani il testo e sapea leggerlo » ;
però 1' Amari non rimase affatto convinto che fosse nel trattato
la firma di carattere di quel sovrano, poiché affermava che « i re
di Tunis, come gli altri principi musulmani, metteano nei diplo-
mi 1' aldma [o motto apposto dalla Cancelleria] , non già la so-
scrizione del nome». Carini non die poi nella stampa del rias-
sunto alcun chiarimento su quel dubbio. Egli inoltre trascrive il
nome Abdeluhehit , che scorgesi invece nella forma Abdelehehit
nella pergamena.
Per questo trattato di pace del 1287 non fornì l' Amari alcuna
notizia precisa su l'origine ed i motivi , limitandosi a darne un
breve sunto, ed a correggere il nome del principe arabo in Abd-
al-Wàhid, che chiama re di Tunis. Notò soltanto che gli Arabi
temevano la potenza di Loria, ammiraglio di Aragona e Sicilia,
il quale si giovò della fiducia dei suoi sovrani per fare stipulare
quel trattato ; ma di tale asserzione non offre le prove storiche.
Occorrono quindi alcune notizie su l' importante documento.
È noto che il Re Pietro I nel 1285 in Panissars conchiuse con
Abu - Hafs (Bohap) Re di Tunisi un trattato di pace a 2 giugno
1285 da valere per quindici anni (cfr. sopra, doc. LXXXIJ. Non
era necessario pertanto sino all'anno 1300 di rinnovare quel trat-
trato, se pur non voglia ammettersi per l'avvenuta morte del Re
Pietro nello stesso anno 1285. Abdelehehit (che usava il titolo di fi-
glio del Principe dei credenti) non era però un sovrano legittimo di
Tunisi, ma soltanto un pretendente, come si ricava dalle parole
(1287) — 3&4 —
del documento : cum nos habebimus dominium Tunicìi. Il Re di
Tunisi era Abu - Hafs, al quale successe nel 1295 Abou - Acida-
Mohammed (cfr. Mas Latrib, Trésor de chronologie. Paris, 1889,
col. 1837). In un documento del 9 giugno 1287 di convenzione
dell'ambasciatore di Genova col Re di Tunisi, viene indicato co-
me sovrano in quel tempo Miralmomin Ebo - Afs e non Abdele-
hehit (Mas Latrie, Traités cit. pag. 125 e seg.).
In questo trattato di pace del 1287, ripetendosi le solite con-
venzioni per sicurtà, difesa, tributo, commercio ed altro, si sta-
bilivano speciali ed estesi patti per il mantenimento e lo stipendio
dei soldati cristiani che vanno all'esercito e sono soggetti all'Al-
cade, e per l'emenda dei cavalli morti. Lo scopo precipuo, per il
quale il principe Abdelehehit stipulava il trattato , era pertanto
quel soccorso di milizie, che egli stipendiava per far guerra al
Re di Tunisi. Era venuto Abdelehehit in Aragona per costrin-
gere il Re Alfonso a formare quel trattato, rilevandosi ciò dalle
parole: «Promictimus vobis Alfonso presenti» e dal giura-
mento prestato secondo le forinole del Corano.
Il celebre storico arabo Ibn-Khaldoun (1332-1406) nel suo la-
voro Kitab - el - Iber ricorda le sommosse ed i combattimenti, che
accaddero in Tunisi negli anni 1286 e 1287 contro il sultano Abou-
Hap, per opera specialmente dell'emiro Abou- Zekeria e di Abd-
Allah, uno dei capi dei Debbad (cfr. trad. De Slane , Hist. des
Berbères. Algeri, 1854, t. II, pag. 401 e seg.). Mentre il regno di
Tunisi era sconvolto da quella guerra, Abdelehehit conchiudeva
il trattato nella città di lacca in Aragona.
Grande vantaggio ritrovava il Re Alfonso nel fermare quei
patti. Mas Latrie, Traités, pag. 143 (dell' Introd.) nota che il Re
Pietro III d'Aragona cominciò ad ingerirsi nelle discordie dei Re
di Tunisi « quelques années après la croisade de 1270, et soutint
les armes à la main l'un des prétendants», cioè dopo che Abou-
Ishak, fratello del sultano EI - Mostancer si rifugiò in Aragona (cfr.
pure Amari, voi. I, pag. 174 e seg.) Così Alfonso III nel 1287 ,
promettendo aiuto al pretendente Abdelehehit, stringeva più age-
volmente patti meglio favorevoli alla Casa d' Aragona , che alla
Sicilia. Il tributo, che per il trattato del 1285 era dato al Re Pie-
tro solamente come sovrano di Sicilia, e non di Aragona, e chia-
mavasi lo tribut de Sicilia, perchè sin dall'epoca normanna e spe-
cialmente per la soggezione e per evitare le incursioni arabe nell'i-
— 385 — (1287)
sola si era stabilito (V. sopra, pag. 167, ed il testo in Capmany
cit., § 34), diveniva ora tributo esclusivo ed intero per V Aragona;
ed al Re di Sicilia Giacomo non si concedeva , contrariamente
alla protesta da lui fatta a 8 marzo 1287 (V. sopra, doc. CLXIJI),
che il pagamento di una ipotetica somma di tributo, equivalente
alla metà di quello convenuto per l'Aragona.
La spoliazione del tributo in favore dell'Aragona, già prima
tentata sin dal 1285 (cfr. sopra, pag. 210), era in quel modo av-
venuta , salvo ad ottenere la ratifica del Re Giacomo , che non
era presente, nemmeno per suoi ambasciatori, a quei patti. Del
trattato del 1285 conchiuso col Re Pietro 1, anche per lo tribut
de Sicilia non facevasi alcuna menzione , mentre sarebbe stato
obbligo indispensabile se il principe arabo fosse stato il sovrano
legittimo, e si ricordava invece quello del 1271 fatto per dieci an-
ni dal Re Giacomo I di Aragona (V. sopra, pag. 169).
Amari cit. pag. 192, dice che « l'Aragona e la Sicilia fermava-
no » quel trattato del 1287; ma ciò non corrisponde al vero, per-
chè la Sicilia non vi interveniva direttamente. L' illustre prof.
Camillo Manfroni , nella sua Storia della marina italiana dal
trattato di Ninfeo alla caduta di Costantinopoli (1261 - 1453).
Livorno, 1902, parte 1, pag. 166, dà notizia del trattato del prin-
cipe Abd-al-Uehit, e dice che, in esso, Alfonso « solo per grazia
alla Sicilia prometteva di pagare un tributo pari alla metà della
somma pagata per l'innanzi (16,000 bisanzi) », e giustamente os-
serva che « alla supremazia marittima della Sicilia si sovrappo-
neva quella dell'Aragona, non già pel diritto della forza, ma per
l'astuzia», notando come nel trattato del 1285 il Ré Pietro I in-
vece fosse stato «degli interessi dei nuovi sudditi [di Sicilia]
rigido tutore». Deve rilevarsi però che il Manfroni per equivoco
crede conchiuso il trattato del 1287 in Tunisi, invece che in Ara-
gona, e dal Loria, dopo alcuni combattimenti avvenuti in quel-
l'anno in Tunisi, secondo 1' asserzione di Amari da me riferita.
Di Guglielmo Raimondo Moncada, ricordato in questo trattato
del 1287 , si ha notizia nei §§ 35 e 36 del trattato del 1285 (V.
sopra, pag. 167 e seg.), e certamente si deve riportare la menzio-
ne agli anni 1278 e seguenti nel tempo della spedizione in Tunisi
di Corrado Lanza per parte del Re Pietro III d'Aragona, narrata
dal cronista Montaner, cap. 30 e 31 (ediz. Buchon, cit. pag. 242
e seg.). Per Enrico, figlio del Re di Castiglia, qui pure menzio-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 25
(1287) - 386 -
nato, si trova il ricordo nella cronaca di Saba Malaspina, lib. Ili,
cap. 18 (ed. Del Re, Cronisti cit. voi. II, pag. 262), perchè egli
insieme al fratello Federico nel 1259 si recò in Tunisi agli sti-
pendi di quel Re e ritornò nel 1267 in Italia. Varie notizie su quei
fatti fornisce Giuseppe Del Giudice nel suo pregevole lavoro Don
Arrigo Infante di Castiglia. Napoli, 1875, pag. 4, 17, 91 e 103.
OLXIX.
1287, prima di agosto.
Il Re Giacomo ordina a Bertrando de CannelUs di recarsi
in Catalogna dal Re Alfonso per farsi consegnare i prigionieri
Alaimo da Lentini ed i suoi nipoti Adinolfo di Mineo e Gio-
vanni di Mazzarino, rei convinti di tradimento contro il regno,
e che dovrà condurre verso la Sicilia , ed innanzi V arrivo nel-
l'isola far gettare in mare, « in raaris profundum proicias et sub-
mergas ».
Altra lettera al Re Alfonso per la consegna dei rei.
Il testo intero della lettera fu inserito dal Neocastro nella
sua Cronaca, cap. GIX, però senza l'indirizzo né la data, leggen-
dosi in fine Datum etc.
Trovasi nella edizione, che di quella cronaca venne eseguita
la prima volta dal sac. Giovanni Maria Amato, De principe tem-
pio panormitano. Panormi, 1738, pag. 635 e seg., e nelle altre
del Muratori , Rerum italicarum script, t. XIII , col. 1120 e
seg., e di Gregorio, Bibl. script, arag. t. I, pag. 149 e seg.
Ne diede notizia fugace il Surita, Anales cit. lib. IV, cap. 90.
Amari, 9a ediz. voi. Il, pag. 178, offre un breve sunto della let-
tera.
La data del documento si desume dalle parole della lettera
del 4 agosto 1287 del Re Alfonso d'Aragona a Giacomo, da me
edita nel 1909 in Barcellona, nella quale è detto : venientes nu-
per ad nos il Castelletto e de Cannellis , e dimostrasi che que-
gli ambasciatori dopo la missione di marzo di quell'anno per i
negoziati di pace, matrimoni e tregue (V. sopra, doc. CLIX), ri-
— 387 — (1287)
tornarono probabilmente in Catalogna in luglio per il nuovo in-
carico di richiesta di conferma della cessione e difesa della Sici-
lia dopo la coronazione di Alfonso, e di consegna dei rei di tra-
dimento per subire la pena di morte (cfr. appresso, doc. CLXX
a CLXXII).
Il documento non presenta alcun carattere di falsità o d' in-
venzione (quasi perorazione), rispondendo del tutto ai sentimenti
di sdegno e di rigore della Corte di Sicilia , ed alla verità dei
fatti ricordati ; e certamente per il grande stupore che recò nel-
l'isola (miratur populus siculus) quella condanna esemplare del
famoso patriota Alaimo, creduto incautamente ribelle, il cronista
Neocastro ritenne presso di sé la copia della lettera e volle in-
serirla nella sua narrazione, anco per la più sicura biografia di
Alaimo.
È nondimeno inesatta la data del viaggio fornita dal Neoca-
stro, poiché egli dice che il de Cannellis partì da Barcellona il
16 maggio, ed arrivò vicino l'isola di Maretimo a 2 giugno, men-
tre invece dalla lettera del Re Alfonso (già da me indicata) del
4 agosto si rileva che il Re in quel giorno affidò a de Cannellis,
ad vos [Re Giacomo] incontinenti redeunti , Alaimo e gli altri
due rei, e quindi il viaggio non potè essere che in agosto e non
in maggio, e le notizie di tempo, conformi al Neocastro, ripor-
tate dall' Amari (pag. 177) non sono precise (cfr. sopra, pag. 17).
Si prova altresì la verità della lettera riferita dal Neocastro
anche dal fatto che al solo de Cannellis vedesi dato nella lettera
del Re Giacomo l'incarico di richiedere la consegna dei rei per
portarli in Sicilia, ed a lui soltanto , e non al Castelletto (che
pur ne fece istanza col suo compagno di ambasceria), il Re Al-
fonso consegnava sollecitamente Alaimo ed i nipoti. Per altri ri-
cordi vedasi il doc. seguente CLXXII.
OLXX.
1287, agosto 4, lacca.
Il Re Alfonso III di Aragona conferma dopo la sua corona-
zione , a richiesta degli ambasciatori Castelletto e de Cannellis,
(1287) - 388 —
l'atto di cessione in favore dell' Infante Giacomo dei diritti sul
regno di Sicilia competenti al medesimo Alfonso , emanato a 2
novembre 1285 (cfr. doc. CXI).
Vi è il segno di croce del Re Alfonso.
(Atto in notar Guglielmo Luppeti, scrittore della Corte).
Noverint universi quod nos Alfonsus dei gracia rex A-
ragonum , Maioricarum et Valencie ac comes Barellinone ,
recognoscentes nos ad etatem pubertatis plenarie pervenisse,
cum testimonio huius publici instrumenti, gratis et ex certa
scientia laudamus , ratifìcamus et approbamus per nos et
nostros diftìnicionem, remissionem , donacionem et cessio-
nem per nos iam pridem ante coronacionem nostram factas
illustri regi Sicilie carissimo fratri nostro , tunc dicto In-
fanti , Iacobo , de omnibus peticionibus et demandis , et
omnibus actionibus et iuribus nobis competentibus et com-
petituris in toto regno Sicilie et principatu Capue et Sa-
lerai et ducatu Apulie , et omnibus pertinenciis et iurisdi-
cionibus eorumdem, cum quodam instrumento sigillato si-
gillo nostro pendenti , quo tunc utebamur et sacramento
vallato, cuius instrumenti series sic se habet :
[Segue il testo del documento del 2 novembre 1285].
Et laudantes atque confirmantes ex certa sciencia omnia
et singula supradicta, promictimus, sub virtute dicti sacra-
menti, dicto regi Sicilie fratri nostro, absenti tamquam pre-
senti , et vobis Iasperto de Castelleto et Bertrando de Ca-
nellis , nunciis dicti regis , ac notario infrascripto , presen-
tibus et vice ac nomine ipsius regis a nobis legitime stipu-
lantibus, ea semper firma habere et inviolabiliter observare,
et nunquam contravenire iure aliquo, causa vel racione. In
cuius rei testimonium presens publicum instrumentum signi
et sigilli nostri maioris apposicione fecimus communiri.
Quod est actum Jacce pridie nonas Augusti, anno domini
millesimo ducentesimo octogesimo septimo.
Signum )$| Alfonsi dei gracia regis Aragonum , Maiori-
carum et Valencie ac comitis Barchinone appositum hic de
— 389 — (1287)
voluntate et mandato ipsius domini regis , per manum Ia-
coni de Gabannis scriptoris eiusdem, loco, die et anno pre-
fixis.
Testes sunt I. Episcopus Valencie. — Poncius prepositus
Selsone. — Gilabertus de Grudiliis. — Lippus Ferrench de
Luna. — Petrus Marchisii, domini regis notarius.
Signum Guillelmi Luppeti scriptoris curie predicti do-
mini regis Aragonum et notarii publici , auctoritate regia ,
per totam terram et dominacionem suam, qui de mandato
eiusdem domini regis hec scripsit et clausit loco, die et anno
prefixis.
Dalla perg. di n. 151 del regno di Alfonso II, nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona. Si vede altresì quivi trascritto nel reg. 75
del Re Alfonso, a f. 23 r.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 216 dà il sunto del-
l'atto, ma tralascia di indicare che la conferma avviene per mag-
gior validità, essendo stato emanato l'atto di cessione iam pridem
ante coronacionem, la quale seguì in Saragozza a 14 aprile 1286,
e pi ima ancora della coronazione di Giacomo (2 febbraio 1286).
Pubblicato da me nella memoria Docum. su le relaz. del Re
Alfonso III cit. in Anuari (1908) de V Inst. d' Estud. Calai.
doc. XII, pag. 353.
Per la conferma del documento del 1285 fu eseguito doppio
transunto di esso a 19 febbraio 1287 in Messina , d' ordine del
Cancelliere Giovanni da Procida, che lo consegnò indubbiamente
agli ambasciatori già menzionati (V. sopra, doc. CLVIII, ed anco
l'altro che precede).
OLXXI.
1287, agosto 4, lacca.
Il Re Alfonso III di Aragona, a richiesta degli ambasciatori
Castelletto e de Cannellis, conferma dopo la sua coronazione Vatto
(1287) — 390 —
di difesa del regno di Sicilia , emanato in favore dell' Infante
Giacomo a 25 novembre 1285 (cfr. doc. GXXXV).
È in fine il segno di croce del Re Alfonso.
(Atto in notar Guglielmo Luppeti, scrittore della Corte).
Noverint universi quod nos Alfonsus dei gracia rex A-
ragonum , Maioricarum et Valencie ac comes Barellinone ,
cum testimonio huius publici instrumenti laudamus, rati-
fìcamus et approbamus convencionem et promissionem per
nos iam pridem, ante coronacionem nostram, factam illustri
regi Sicilie karissimo fratri nostro , tunc dicto Infanti , la-
cobo, cum quodam publico instrumento sigillato sigillo no-
stro pendenti, quo tunc utebamur, cuius instrumenti series
sic se habet :
[Segue il testo del documento del 25 novembre 1285 J.
Et laudantes ac confirmantes ex certa sciencia omnia et
singula supradicta, promictimus sub virtute sacramenti et
homagii predictorum iam dicto regi fratri nostro , absenti
tamquam presenti, et vobis Gisberto de Gastelleto et Ber-
trando de Ganellis nunciis eiusdem regis, ac notario infra-
scripto, presentibus et nomine ac vice eiusdem regis a no-
bis legitime stipulantibus, predicta omnia et singula semper
firma habere, actendere et compiere ac inviolabiliter obser-
vare , et non contravenire aliquo casu vel aliqua racione.
In cuius rei testimonium presens publicum instrumentum
ex sigilli nostri maioris apposicione fecimus communiri. Quod
est actum Iacee II nonas Augusti , anno domini millesimo
GG° LXXX0 septimo.
Signum )$( Alfonsi dei gracia Regis Aragonum, Maiorice
et Valencie ac comitis Barchinone appositum hic volun-
tate et mandato ipsius domini regis, per manum lacobi de
Cabannis scriptoris eiusdem, loco, die et anno prefixis.
Testes sunt I. Episcopus Valencie. — Poncius prepositus
Selsone. — Guilabertus de Crudiliis. — Luppus Ferrench de
Luna. — Petrus Marchisii domini regis notarius.
Signum Guillermi Luppeti scriptoris curie predicti do-
— 391 — (1287)
mini regis Aragonum et notarii publici , auctoritate regia
per totani terram et dominacionem suam, qui de mandato
eiiisdem domini regis hec scripsit et clausit , cum licteris
suppositis in quarta linea ubi scribitur prosequi, loco, die
et anno prefixis.
Dalla perg. di n. 152 del regno di Alfonso II (Arch. Cor. Arag.
in Barcellona). Se ne ha pure il testo nel reg. 75 del Re Alfonso,
a fol. 24 (nel medesimo Archivio).
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 216 ne offre un breve
sunto ; ma non indica la copia contenuta nel registro.
Pubblicato da me nella memoria cit. in Anuari (1908) de
l'Inst. d'Estud. catal. doc. XIV, pag. 353.
Amari, 9a ediz. voi. II, pag. 165, nota 3, ne fa un cenno su
le indicazioni di Carini.
È da rilevare che nel documento del 25 novembre 1285 era
in fine V espressa riserva di confermarlo « cum in strumento no-
stre bulle dependentis munimine roborato » appena (statim) av-
venuta la coronazione , e che ciò dimostra l' importanza che si
riconosceva in quell'atto per la definizione sicura dei rapporti
tra i due regni. Ho ristampato pertanto il testo dei due docu-
menti di conferma.
OLXXII.
1287, agosto 4, lacca.
Il Re Alfonso III di Aragona avvisa suo fratello Re Giaco-
mo di avere, in seguito a richiesta dei suoi ambasciatori Castel-
letto e de Cannellis, affidato al de Cannellis (che ritorna subito
presso il suddetto Giacomo) i prigionieri Alaimo da Lentini ed
i nipoti, poiché Alaimo più volte avea dichiarato di sottoporsi al
giudizio del Re Giacomo. Dice inoltre il Re Alfonso di aver dato
licenza al de Cannellis, nel caso di assalto della nave per libe-
rarli, di poter uccidere i prigionieri.
Egregio principi domino Iacobo dei gracià illustri regi
Sicilie, ducatus Apulie et principatus Capue karissimo fra-
(1287) — 392 —
tri suo. Alfonsus etc. salutem etc. Venientes nuper ad nos
Gisbertus de Gastelleto et Bertrandus de Canellis , nuncii
vestri , nos prò parte vestra instanter requisiverunt quate-
nus Alaymum de Lentino et nepotes suos , nostro carceri
mancipatos, eis vestro nomine tradere deberemus. Nos au-
tem , requisicioni nunciorum predictorum annuentes , quia
dictus Alaymus pluries asseruit quod dampnacionem sive
liberacionem suam libens commicteret consciencie et volun-
tati vestre, assignavimus et tradì fecimus captivos predictos
Bertrando de Canellis alteri nunciorum predictorum, ad vos
incontinenti redeunti, recepto homagio ab eodem quod di-
ctum Alaymum cum nepotibus ad vos ducat, data per nos
sibi licencia quod si contigeret navem aut vassellum, in quo
dictus Bertrandus, cum dictis captivis, ad partes Sicilie na-
vigabit , expugnari ab inimicis , vel consanguineos aut a-
micos eorum aggredì seu invadere ipsum Bertrandum prò
eis liberandis , sicque videretur ei non posse salve ad vos
ducere, possit eos occidere in utroque casuum predictorum.
Datum Iacee II nonas Augusti [1287].
Dal reg. 70 del Re Alfonso, a fol. 163, nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Pubblicato da me nella memoria cit. in Armari (1908) de
Vinsi. d'Estud. Catal. doc. XII, pag. 352.
Per la consegna dei prigionieri il Re Giacomo aveva , con
sua lettera , destinato come nunzio il de Cannellis , e ne aveva
anche dato avviso al Re Alfonso (cfr. sopra, doc. CLXIX). Si
scorge da quest'altro notevole documento del 4 agosto che l'am-
basciatore siciliano Castelletto rimase in Aragona , certamente
per compiervi altri affari che riguardavano la Corte di Sicilia.
La facoltà di uccidere i prigionieri, nel caso di assalto, si con-
cedeva perchè i rei non cadessero nelle mani dei nemici. Simile
esempio offre il Neocastro (cap. 99, ediz. Gregorio cit. t. I, pag.
140) per il principe di Salerno, allorché fu dal castello di Cefalù
inviato prigioniero in Catalogna. Il cronista , riferendo chiara-
mente il sistema criminale dei suoi tempi , narra che l' Infante
Giacomo manifestò ai militi che dovevano condurre il principe :
— 393 — (1288)
« Si necesse foret, quod in eos hostes in mari insilirent, ipsum
et se ipsos defenderent usque ad mortem ; et si aliud , vel plus
substinere non possint, ipsum decapitarent , et decapitatwm in
mare proicerent, ne vivus ad manus hostium aliquatenus perve-
niret, postea de morte vel vita consulerent «ibi ipsis».
Su la fine infelice di Alaimo e dei nipoti vedasi pure il doc.
CLXIX. Il Re Alfonso nello stesso giorno, che riaffermava i suoi
rapporti con l'isola, lasciava perire il celebre uomo di governo.
CLXXIII.
1288, febbraio 25, indizione la, Catania.
Il Re Giacomo ordina a Riccardo de Passaneto , Giustiziere
della V die di Girgenti, di intimare con un bando nelle terre di sua
giurisdizione il divieto (con determinata pena) di caccia ai daini
od anche ad altri animali, con le reti fad filum) nelle foreste re-
gie, e da maggio a luglio tanto con le reti che coi cani, e di dar-
gli avviso dei contravventori per la pena pecuniaria da riscuotersi
dalla Corte.
Iacobus dei gracia rex Sicilie etc. Riccardo de Passaneto
militi, Iusticiario vallis Agrigenti etc. Fidelitati tue finn iter
et districte mandaraus quatenus, statini receptis presentibus,
per terras et loca iurisdicionis tue, ex parte nostre celsitu-
dinis, sub certa pena pluries inhibeas et iniungas quod nul-
lus, cuiuscumque condicionis et status existat, in forestis ,
defensis et solaciis nostris iurisdicionis tue ad filum, et in
mensibus madii, iunii et iulii cuiuslibet anni ad filum seu
cum canibus, vel alio quocumque modo, ad daynos et alia
eciam animalia aliquatenus venari presumat, et illos, quos
predicti mandati et inibicionis nostre inveneris transgresso-
res, maiestati nostre per licteras tuas significes, ut contra eos
ad exactionem predicte pene per nostram Guriam proceda-
tur. Datum Catanie, vicesimoquinto februarii, prime indicio-
nis, regni nostri anno tercio [1288].
(1288) — 394 —
Dalla perg. di n. 194 del regno di Alfonso II nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona. Il mandato regio è inserto nella lettera del
15 marzo del Giustiziere Passaneto (cfr. doc. seguente).
Carini, Gli Ardi, e le Bibl. voi. II, pag. 222 dà un sunto del
documento, però con data del 1287, che non riduce al modo co-
mune, e senza notare che il Baiulo e giudici di Sciacca non pre-
sentavano soltanto al notaro la lettera dèi Passaneto, ma davano
anche i provvedimenti per la esecuzione di essa.
Su i vari modi di caccia usati nel medio evo in Sicilia for-
nisce alquante pregevoli notizie F. P. Avolio, Riflessioni sopra
le leggi siciliane intorno alla caccia. Palermo , 1800 , pag. Ile
seg. Altre ne offre il prof. G. Cosentino nel suo lavoro Le nozze
del Re Federico III con la principessa Antonia del Balzo. Paler-
mo, 1895, pag. 45-50. In una partita di conti del 1368 da lui
riportata (pag. 48) si ha la menzione «canum deputatorum ad
venacionem nostram » .
Deve qui notarsi che, durante il dominio angioino nell'isola,
i maestri forestari commettevano gravi eccessi contro coloro che
prendevano gli animali nella caccia. Nella lettera mandata dai Si-
ciliani (Universitas Siculorum) al Papa Martino IV dopo il mese
di agosto 1282 (cfr. sopra, doc. VI) si esponeva : « Quid Magistri
forestarum impietatis in Siculos exercuerunt, si quando per ali-
quem aliqua fera bestia caperetur, que de iure genti um et natu-
rali ratione, statim capta conceditur occupanti, sicut gloriosorum
Principum asserunt sanctiones, gravissima ab ipsis passi rerum
personarumque dispendia vix sufficiunt enarrare?». Il cronista
Speciale ricorda anzi più esplicitamente che gli officiali angioini
«occasione venationis prohibite», per rapire agli abitanti le loro
sostanze , ponevano segretamente nelle loro capanne le pelli di
cervi e daini : «quis.... pelliculas in eorum mapalibus clanculum
submittebat ? » (lib. I. cap. 11, ed. Gregorio, cit. t. I, pag. 308).
Il Re Giacomo, per metter freno a quei soprusi, nel 1286 sancì
per tutto il regno (V. sopra , pag. 282) che nessuno potesse su-
bire pena per gli animali trovati fuori le foreste (extra defensam),
se ciò non fosse avvenuto con « vehementi impulsione, arte vel
fraude » (Cap. Regni Sicil. e. 30, ed. Testa, t. I, pag. 20). Nel 1289
ripeteva egli altre sanzioni ad impedire gli abusi dei maestri fore-
stari, ed aboliva fìnanco i capitoli del loro ufficio emanati nel tempo
angioino, che davano pretesto alle oppressioni (cap. 64, ed. Testa,
— 395 — (1288)
pag. 38). Su ciò inviò il Re speciali lettere ai maestri forestari
in quell'anno (V. appresso, doc. di tale data).
Il divieto di caccia nelle foreste regie , secondo questo docu-
mento del 1288, era assoluto nei mesi di maggio a luglio. Carini
cit. non rileva tale distinzione, e riferisce invece quel particolare
ed eccezionale divieto come unica norma contenuta nella lettera
regia.
Nel documento che segue (n. GLXXIV) vedonsi le altre no-
tizie su l'esecuzione di quell'ordine.
olxxiy.
ì, marzo 18, indizione la, Sciacca.
II Baiulo di Sciacca, Riccardo de Orlando, insieme ai giudici,
in seguito alla lettera (inserta) del 15 marzo spedita ai medesimi
dal Giustiziere della Valle di Girgenti, Riccardo de Passaneto,
per esecuzione del mandato regio del 25 febbraio (V. doc. prece-
dente GLXXIII), divulga con bando nella terra di Sciacca il di-
vieto di caccia nelle foreste regie, e ne fa compilare atto in pub-
blica forma.
(Atto in notar Pagano di Siacca).
In nomini domini amen. Anno dominice incarnacionis
millesimo ducentesimo octogesimo septimo , mense marcii,
decimo octavo eiusdem, prime indicionis, regnante serenis-
simo domino nostro rege lacobo, dei gracia inclito rege Si-
cilie, ducatus Apulie et principatus Gapue, anno sui felicis
regiminis tercio feliciter amen. Nos Gonradus de Tancredo
iudex Sacce, Paganus de Sacca publicus eiusdem terre no-
tarius et testes subscripti , ad hec specialiter vocati et ro-
gati , presenti scripto publico notum facimus et testamur
quod prescripto die Riccardus Iobannis de Orlando Baiulus
Sacce, Rogerius de Gervasio et Gandolfus Saffudus Iudices
eiusdem terre Sacce ostenderunt nobis quasdam litteras e-
gregii viri domini Riccardi de Pasaneto, militis, domini regis
(1288) — 396 —
consiliarii et familiaris ac regii Iusticiarii vallis Agrigenti ,
comitatus Giracii, parcium Gephaludi et Thermarum, cum
inserta in eis forma cuiusdam sacri mandati regii sibi mis-
sas, quas vidirnus et legimus vero et noto sigillo eiusdem
domini Iusticiarii de cera rubea sigillatas, et erant per omnia
continencie infrascripte : Riccardus de Passaneto, miles, do-
mini regis consiliarius et familiaris ac regius Iusticiarius
vallis Agrigenti , comitatus Giracii , parcium Gephaludi et
Thermarum discretis viris Baiulo et ludici bus terre Sacce,
amicis suis, salutem et dileccionem sinceram. Nuper a sacra
regia maiestate sacras recepimus literas in hec verba :
[Segue il testo del documento del 25 febbraio].
Gumque oporteret nos prescriptum sacrum mandatum
regium execucioni debite, oum omni devocione , mandare ,
et ad id exequendum per singulas terras et loca iurisdictio-
nis nostre simul et semel interesse non possimus, individui-
tate corporis prohibente, execucionem ipsius in dieta terra
Sacce duximus prò parte Curie comictendam prudencie ve-
stre, ex regia parte qua fungimur auctoritate, mandant.es,
sub pena unciarum auri decem , quatenus prescripti man-
dati regii forma diligenter actenta, et in quantum vobis com-
mittitur observata, statim, receptis presentibus, per dictam
terram Sacce iurisdictionis nostre ex parte regie celsitudinis,
sub pena unciarum auri viginti, pluries inhibeatis et iniun-
gatis quod nullus, cuiuscumque condicionis et dignitatis e-
xistat , in forestis , defensis et solaciis regiis iurisdictionis
nostre ad fìlum, et in mensibus madii, iunii et iulii cuius-
libet anni ad filum, seu cum canibus vel alio quocumque
modo, ad daynos et alia eciam animalia aliquatenus venari
presumat, et illos, quos predicti mandati et inibicionis regie
inveneritis transgressores , nobis vestris litteris intimetis ,
ut successive maiestati regie per nostras litteras significe-
mus, et contra eos ad exaccionem predicte pene per regiam
Guriam procedatur; de qua quidem inibicione et iniuncione
instrumentum publicum, cum forma presencium, fieri facia-
tis, quod nobis ad Guriam incontinenti destinari curetis. De
— 397 — (1288)
die autem recepcionis presencium, cura forma ipsarum, no-
bis statim ad Guriara vestras mictatis licteras responsales.
Datum Agrigenti , quintodecimo martii , prime indicionis
[1288]. Guius auctoritate mandati, predicti Baiulus et fudices,
nobis, ad eorum requisicionera prò parte Curie factam, sibi
adhibitis, iuxta formam predicti mandati , statim per eam-
dem terram Sacce iurisdicionis dicti domini Iusticiarii , ex
parte regie celsitudinis, sub predicta pena unciarum auri vi-
giliti, pluries inhibuerunt et iniunxerunt quod nullus cuius-
cumque condicionis et dignitatis existat in forestis, defensis
et solaciis regiis aliquatenus venari presumat. De qua inhi-
bicione et iniuncione instrumentum presens publicum, cum
forma literarum ipsarum, ut exinde piene constet et fiat in
regia Curia piena fides, factum est per manus mei predicti
notarii, signo meo solito signatum, nostrique ludicis sigillo
et subscripcione ac subscriptorum testium subscripcionibus
et testimonio roboratum. Actmn Sacce anno, mense, die et
indicione premissis. .
f Ego Conradus de Tancredo Iudex Sacce qui supra me
subscripsi et sigillavi.
f Ego Marchisius de Fererio testor.
•j- Ego Andreas de Agusta testis sum.
f Ego Damianus de Cosmano testis sum.
f Ego Cremonesi testis sum.
f Ego Rainerius de Berio testis sum.
f Ego Paganus de Sacca publicus eiusdem terre nota-
rius hoc instrumentum scripsi, et signo meo signavi.
Dalla perg. n. 194 del regno di Alfonso II nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag. 222 offre il sunto,
del quale ho fatto cenno nel documento anteriore.
L'atto è notevole perchè dimostra la sollecitudine e la preci-
sione che usavansi dai Giustizieri delle Valli nel trasmettere gli
ordini ai Baiuli dei vari comuni , ed altresì perchè fornisce la
prova che nella regione vicina a Sciacca doveano essere foreste
(1288) — 398 —
regie soggette a quel bando. La pena pecuniaria per i contrav-
ventori era di oncie venti.
Giovan Luca Barberi nella prima metà del secolo XVI di-
ceva : «Regni foreste... quamplurime sunt, tamquam de iuribus
et membris solatiorum regie dignitatis »; e soltanto trattava, nella
sua descrizione, di alquante che erano state concesse in feudo a
privati (cfr. I Capibrevi, ed. Silvestri, voi. Ili Feudi di Val di
Mazzara , pag. 599). Sembra però che la foresta presso Sciacca
sia stata quella del castello di Misilino col canneto, come è in-
dicata nell'elenco delle foreste regie di Sicilia nel 1278 , riferito
da Minieri-Riccio , Il regno di Carlo I d' Angiò (in Ardi. Stor.
lidi. S.e IV, t. I, 1878, pag. 4). Sul casale di Misilino cfr. Amari
Carte comparée de la Sicile au XIIe siede. Paris, 1859, pag. 31
e 41.
OLXXV.
1288, maggio 7, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo scrive al Giustiziere della Valle di Girgenti,
Riccardo de Passaneto, manifestandogli che il Vescovo di Cefalù,
Giunta, lo ha supplicato perchè non gli sia recato impedimento
nella costruzione della tonnara , che si è fatta da tempo imme-
morabile nella spiaggia , dal luogo detto Fiumetorto sino all' al-
tro detto di Colobria, nonostanti le opposizioni di Nino Taglia-
via di Palermo e dei soci gabelloti delle tonnare della regia Corte
in Sicilia al di là del fiume Salso. Ordina pertanto che si fac-
cia sollecitamente un'inchiesta intorno all'antico uso dei Vescovi
di costruire la tonnara suddetta e di convenire una determinata
somma e quantità di pesci da pagarsi dai gabelloti per la co-
struzione e la pesca , mantenendo il Vescovo nel possesso se ciò
sia provato, ed attribuendo invece al medesimo i proventi, se si
riconoscerà che appartengano alla Chiesa.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Gapue. Riccardo de Passaneto, militi, Iusticiario Vallis
Agrigenti, comitatus Giracii, parciura Gephaludi et Therma-
— 399 — (1288)
rum, consiliario et familiari et fideli suo, graciam suam et
bonam voluntatem. Pro parte venerabilis patris domini
Iuncte cephaludensis Episcopi, consiliarii et familiaris et fi-
delis nostri, porrecta nuper culmini nostro peticio continebat
quod cum cephaludensis Ecclesia et predecessores sui, qui
fuerunt prò tempore in eadem , consueverunt hactenus a
tempore , cuius non extat memoria , habere et facere fieri
seu construi tonnariam in districtu maritime eiusdem Ec-
clesie, a loco qui dicitur Flumen tortum discurrendo per
maritimam usque ad locum, qui dicitur Golobra, pacifice et
quiete, et proventus eiusdem tonnarie, tamquam ab antiquo
ad eandem Ecclesiam pertinentes , sine contradicione qua-
libet percipere et habere, nunc Ninus Tallavia de Panormo,
et socii cabelloti tonnariarum Curie nostre in Sicilia ultra
flumen Salsum prò anno presenti prime indicionis , dum
idem Episcopus tonnariam istam construi fecerit prò anno
presenti, poni facere vellet ad piseandum in mari predicto,
occasione concessionis nostre facte eis de cabella tonnaria-
rum ipsarum , asserentes dictam Ecclesiam nullam habere
tonnariam in maritima ipsa, nisi tonum tantum unum, con-
struccionem ipsius tonnarie indebite impediunt, et particu-
lariter in preiudicio Ecclesie memorate , petens quod con-
structores ipsius tonnarie de construcione ipsa conveniant,
et supplicato igitur excellentie nostre prò parte Prelati pre-
dicti ut sibi et diete Ecclesie super huiusmodi impedicione
construcionis diete tonnarie providere nostra serenitas di-
gnaretur. Supplicacionibus suis benigne admissis, cum in-
tencionis et propositi nostri sit dictum Prelatum , bona et
iura omnia ipsius Ecclesie tempore felicis nostri dominii
manutenere, fovere, protegere et illesa servare, fidelitati tue
mandamus quatenus, recepta prius a constructoribus diete
tonnarie ydonea et sufficiente fideiussoria caucione de unciis
auri quinquaginta, quod si per inquisicionem faciendam per
te de premissis inveniretur antea consue visse construi ton-
nariam ipsam in predicta maritima per Prelatos eiusdem
Ecclesie , nec proventus ipsius spectare ad eandem Eccle-
(1288) — 400 —
siam, sicut habet exposicio Episcopi supradicti, de quanti-
tate pecunie et piscium conventa predicto Episcopo prò con-
strucione eiusdem tonnarie, prò construcione ipsa et pisca-
cione ipsius cabelloti predicti integraliter satisfiant predi-
ctum Episcopum et constructores eiusdem tonnarie, in fa-
cienda et construenda tonnaria ipsa in predicta maritima,
sicut hactenus consuevit, manuteneas et defendas , eosque
super construcione ipsius tonnarie molestare seu perturbare
per aliquos nullatenus paciaris , mandatis nostris directis
Baiulo et ludicibus eiusdem terre [et] quibuslibet aliis de
non permictendo construi tonnariam ipsam, absque licencia
et consensu cabellotorum predictorum, non obstantibus e-
xequucioni presencium, set penitus irritatis. Volumus eciam
et mandamus quod per homines rei conscios , antiquos et
fidedignos eiusdem terre Cephaludi , terrarum et locorum
circumadiacencium, fideles nostros, per quos melius veritas
poterit indagari, diligenter inquisicionem facias de singulis
supradictis , quam inquisicionem fideliter in scriptis reda-
ctam Curie nostre sub sigillo tuo mietere studeas preter mo-
ram, cautus existens quod inquisicio ipsa diligenter, sollicite
et fideliter fìat, quod super hoc nostra Curia non fraudetur,
nec ullo unquam tempore aliquid aliud valeat inveniri, quam
quod ipsa inquisicio continebit , cum exinde tuis humeris
Curia nostra totaliter innitetur. Si vero per tenorem inqui-
sicionis ipsius tibi constiterit predictam tonnariam consue-
visse construi per Prelatos eiusdem Ecclesie et commissarios
eorum , et proventus eiusdem tonnarie pertinere ad Eccle-
siam supradictam, fìdeiussores predictos ab eadem fideius-
sione liberes et absolvas , et proventus construcionis eius-
dem tonnarie predicto Prelato et statuto suo facias inte-
graliter assignare. De recepcione vero presencium, cum for-
ma ipsarum et toto processu tuo in premissis habendo, Can-
cellano regni Sicilie et magistro Racionali magne nostre
Curie per tuas licteras rescripturus. Si vero tibi non con-
stiterit de predicta quantitate pecunie et piscium conventa
predicto Episcopo prò construcione et piscacione diete ton-
— 401 — (1288)
narie, dicto cabelloto facias assignari. Datum Messane septi-
rao madii, prime indicionis, regni nostri anno tercio [1288].
Dalla perg. di n. 63 del Tabularlo della Chiesa . di Cefalù ,
nell'Archivio di Stato di Palermo, in un transunto del 20 mag-
gio 1290. La pergamena è in varie parti logora e sbiadita.
Se ne ha una copia nel voi. in pergamena del sec. XIV dei
Privilegi della suddetta Chiesa, compilato per ordine del Vescovo
Tommaso di Butera (Arch. di Stato di Palermo) a fol. 56 e seg.
in un transunto del 30 agosto 1303 con firme originali. Altra co-
pia è pure nel ms. Qq. H 8 Diplomata Eccles. cephalud. nella
Bibl. Comunale di Palermo , a fol. 727 , e per il transunto del
1303 a fol. 846.
11 documento del Re Giacomo è inserito nella lettera del Giu-
stiziere Passaneto (cfr. doc. seguente , n. CLXXVI). Un breve
frammento ne fu pubblicato da Pirri , Sicilia Sacra cit. t. II ,
pag. 808, con data erronea del 1289.
Riesce assai importante 1' ordine regio per la notizia dei si-
stemi di pesca del tonno vigenti da antico tempo nell'isola e che
attestano il fiorente commercio, avendosene speciale ricordo per
l'epoca normanna nell'opera dell'arabo Edrisi. Ofr. la memoria
storica di Vito La Mantia, Le tonnare in Sicilia. Palermo, 1901,
pag. 5 e seg. Il sito della tonnara era al di là di Termini, dalla
foce del Fiumetorto, che scorre nel Tirreno dopo aver traversato
la vallata , nella quale sono i comuni di Montemaggiore (terra
esistente nell' epoca angioina , come appare dalla perg. 54 del
1275 del Tabulano suddetto di Cefalù) e di Cerda e Sciara (sorti
nel declinare del secolo XVII su l'antica via verso le Madonie),
e si estendeva presso il mare di Cefalù al sito di Colobria.
Amari nella Carte comparée cit. dà notizia del Fiumetorto , ma
nessuna per Colobria. Sul Fluvius Tortus si veda Vito Amico,
Lexicon topogr. cit. t. II, p. I, pag. 163, e p. II, pag. 232.
L' espressione , che trovasi nel documento : « nullam habere
tonnariam in mariti ma ipsa, nisi tonum tantum unum », denota
una vera distinzione tra tonnara e tono , come sembra pure ri-
levarsi dai Capibrevi del Barberi cit. (voi. Ili , ed. Silvestri ,
pag. 520), nei quali si dice che fu concesso : « quoddam mare in
termino maris civitatis Sacce , sive construendi et faciendi in
eodem mari tonum ad opus piscacionis .... licencia »• , cioè
G. La Mantia, God. dipi. arag. 26
(1288) — 4M —
un luogo designato per qualsiasi pesca. Ducangb e gli altri les-
sicografi non ne registrano la voce. Barberi cit. non offre alcun
cenno su la tonnara di Golobria.
È notevole altresì V indicazione dei gabelloti delle tonnare
della regia Corte, che prova come il governo aragonese credesse
utile di esercitare quel monopolio, già invalso sotto gli altri do-
minatori.
OLXXV1.
ì, indizione la, dopo il 14 maggio.
Il Giustiziere della Valle di Girgenti, Riccardo de Passando,
con sue lettere patenti , in seguito all'ordine regio del 7 maggio
(V. doc. precedente) , volendo adempire con sollecitudine l'inca-
rico, ricevuta prima la fideiussione dai costruttori della tonnara
dal Fiumetorto al sito di Golobria, per parte del Vescovo di Ce-
falù, sul risultato dell'inchiesta, mantiene il Vescovo Giunta nel
possesso della tonnara medesima , e sentite le testimonianze di
uomini degni di fede , dichiara che la tonnara appartiene alla
Chiesa, e libera i fideiussori dalla loro eventuale obbligazione
verso i gabelloti.
Ricardus de Passaneto, miles, domini regis Consilia rius
et familiaris , ac regius Iusticiarius Vallis Agrigenti , comi-
tatus Giracii, parcium Cephaludi et Thermarum. Universis
presentes licteras inspecturis, domini regis fidelibus, amicis
suis, salutem et dilecionem sinceram. Noverit universitas ve-
stra quod olim quartodecimo die mensis madii , prime in-
dicionis, apud Galatabuturum, a sacra regia maiestate sacras
recepimus licteras in hac forma :
[Segue il testo del documento del 7 maggio].
Nos itaque [ad] exequucionem predicti mandati regii ,
cum omni devocione, diligencia et sollicitudine procedentes,
et recepta prius a constructoribus eiusdem tonnarie ydonea
et sufficienti fideiussoria caupcione de unciis auri quinqua-
— 403 — (1288)
ginta, iuxta ipsius mandati continenciam et tenorem, quod
si, per inquisicionem faciendam per nos de premissis, inve-
niretur antea consue visse construi torma riam ipsam in pre-
dieta maritima per Prelatos eiusdem Ecclesie, nec proventus
ipsius spectare ad# eandem Ecclesiam, sicut habet exposicio
Episcopi supradicti, et de quantitate pecunie et piscium con-
venta predicto Episcopo per constructores eiusdem tonnarie
prò construcione ipsa et piscacione ipsius cabelloti predicti
integraiiter satisfiant predictum Episcopum et constructores
eiusdem tonnarie, in facienda et construenda tonnaria ipsa
in predicta maritima, sicut hactenus consuevit, manumicti-
mus et defendimus eosque super construcione ipsius ton-
narie molestari seu perturbari per aliquos nullatenus per-
misimus, mandatis regiis directis Baiulo et Iudicibus eius-
dem terre et quibuscumque aliis de non permictendo con-
strui tonnariam ipsam , absque licencia et consensu cabel-
lotorum ipsorum, non obstantibus exequucioni presencium,
set penitus irritatis. Geterum per bomines rei conscios an-
tiquiores et fide dignos eiusdem terre Gephaludi, terrarum
et locorum circumadiacencium, fideles regios, per quos me-
lius potuit veritas indagari , diligentem inquisicionem feci-
mus de singulis supradictis, que fideliter in scriptis redacta
et regie Curie sub sigillo nostro transmissa, quia per teno-
rem inquisicionis ipsius nobis piene constitit predictam ton-
nariam consuevisse construi per Prelatos eiusdem Ecclesie
et commissarios eorum, et proventus eiusdem tonnarie per-
tinere ad Ecclesiam supradictam, subfideiussores predictos
ab eadem fideiussione libera vimus et absolvimus , et pro-
ventus construcionis eiusdem tonnarie predicto Prelato et
statuto suo fecimus integraiiter assignari. Unde ad futuram
memoriam, et tam predicti domini Episcopi, [quam] ipsius
Ecclesie et successorum suorum cautelam, ad supplicacio-
nem predicti Prelati, presentes patentes nostras licteras sibi
exinde fieri fecimus, sigillo nostro munitas. Scriptum loco,
mense, die et indicione premissis [1288].
(1288) — 404 —
Dalla perg. 63 del Tabulano della Chiesa di Gefalù nell'Arch.
di Stato di Palermo , e dagli altri manoscritti che ho ricordato
per il doc. precedente.
Pirri, Sicilia Sacra cit. t. I, pag. 808 menziona tale inchie-
sta ; ma per errore la attribuisce a Berardo de Ferro per la let-
tera (V. appresso) del 20 maggio 1290 , inserita nel transunto
del 1303 , e che è della stessa data del transunto dell' inchiesta
del Passar) eto.
Manca nel documento la data, perchè tanto nel transunto del
1290, che in quello del 1303 fu omessa nell'inizio dell'inchiesta,
dove era contenuta , dicendosi in fine soltanto : « loco , mense ,
die et indicione premissis». La data si desume però con certezza
dalle parole dello stesso Giustiziere Passaneto, il quale afferma
di avere ricevuto « olim quartodecimo die mensis madii , prime
indicionis » in Calta vuturo la lettera del Re Giacomo, e di avere
eseguito con « diligencia et sollicitudine » l' inchiesta. Dovette
quindi esser l'inchiesta compiuta pochi giorni dopo, nei luoghi
opportuni ed a Cefalù, e peraltro da Caltavuturo al Fiumetorto
il tragitto non era lungo per quella via montana donde nel 1535
passava l'imperatore Carlo V per recarsi da Termini a Polizzi ,
fornendo il viaggio in un giorno, come attesta il contemporaneo
Maurolico , Sicanicarum rerum compendium. Messanae , 1572 ,
fol. 204 r. Dalla lettera del maestro Razionale de Ferro si scorge
pure che egli ricevette le lettere testimoniali del Passaneto, « olim
in anno proximo preterito, prime indicionis, Iusticiarii», e però
non è dubbio che nel 1288 , mentre rivestiva quella dignità , il
Passaneto eseguì l'inchiesta.
Le lettere testimoniali del Passaneto , che diconsi trasmesse
alla regia Corte , non ci rimangono. Si dichiara in fine che il
documento che si faceva « ad supplicacionem predicti Prelati »
era munito del sigillo del Giustiziere.
OLXXVII.
1288, maggio 8, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo per la fedeltà ed i meriti del Giudice Rolando
de linda di Messina, concede a lui ed ai suoi eredi in perpetuo
— 405 — (1288)
il casale di Binurrato con i suoi casali e territori adiacenti ,
prima appartenuto a Gualtieri di Noto , ed inoltre il casale di
Bonfallura , siti nel territorio di Noto , sotto i consueti obblighi
feudali, compreso quello del servizio di un milite, dovuto per la
terza parte di un feudo , « iuxta usum et consuetudinem dicti
regni ». Vengono esattamente indicati in fine del privilegio i con-
fini dei due casali assegnati in feudo.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Per presens privilegium notum fieri volumus
universis, tam presentibus quam futuris, quod consideratis
grate devocionis et fidelitatis servitiis, que Iudex Rolandus
de Unda de Messana, familiaris et fidelis noster, erga excel-
lenciam nostrani gessit et gerit, et in futurum gerere poterit
gratiora, eidem Rolando suique heredibus in perpetuum ca-
sale Binurrati, cum aliis circumadiacentibus casalibus seu
locis et tenimentis suis, que fuerunt olim Gualterii de No-
tilo, necnon casale seu tenimentum dictum de Bonfallura,
consistens in peccia una terre, ad manus nostre Curie per
excadenciam devoluta, sita in territorio et pertinenciis pre-
dicte terre Nothi, subscriptis finibus limitata, cum iuribus,
redditibus, rationibus et pertinenciis suis, dummodo non sint
de nostro demanio, concedenda duximus de liberalitate mera
et gracia speciali. Ita tamen quod idem Rolandus et heredes
sui nobis, heredibus et successoribus nostris in dicto regno
nostro Sicilie, prò casalibus ipsis, immediate in capite ser-
vire teneantur de servicio tercie partis pheudi unius militis
iuxta usura et consuetudinem dicti regni nostri Sicilie, quod
servicium idem Rolandus , iu nostri presencia constitutus ,
prò se et dictis suis heredibus, sua bona et gratuita volun-
tate, prestare obtulit et promisit. Et quod illi, quibus aliqua
iura , possessiones et bona dictorum casalium et pertinen-
ciarum suarum forte concessimus , ipsa tenere debeant in
capite prout eis per nostrani excellenciara sunt concessa. Et
si forte aliqui barones et pheudatarii sunt in dictis casalibus
et pertinenciis eorum, qui servire in capite nostre Curie te-
(1288) — 406 —
neantur, in nostro demanio et dominio reserventur. Retentis
eciam Curie nostre salinis antiquis , regalibus solaciis vel
defensis , si que sunt in eisdem casalibus et tenimentis
[eorum]. Et quod animalia et equitature araciarum et mas-
sariarum nostrarum pascua libere sumere valeant in terri-
toriis et pertinenciis casalium predictorum. Et si forte per-
tinencie ipsorum casalium protenduntur usque ad mare, in
quantum a mari infra terra m per iactum baliste ipse per-
tinencie protenduntur, in nostro demanio et dominio reser-
ventur, fidelitate nostra, Curie nostre et cuiuslibet alterius
iuribus, ac predicto servicio Curie nostre debito, in omnibus
semper salvis. Fines autem predictorum casalium, locorum
et tenimentorum suorum, que tenebat dictus quondam Gual-
terius, sunt hii videlicet : ex parte orientis iuxta tenimentum
Rispense et iuxta casale Biserii et Burgii, ex parte meridici
iuxta casale dictum Libaroni et casale Buhulesy , ex occi-
dente iuxta casale Rahalsigera et iuxta flumen Obdillarii et
casale Hahedi , et ex parte septentrionis iuxta casale Bul-
chachemi, et si qui alii sunt confines. Predictum vero ca-
sale dictum de Bonfallura situm est in contrada predicte
Rispense, iuxta casale Stafende et iuxta casale Saytunini et
viam publicam, qua itur ad Spaccafurnum, et iuxta casale
Mulisine et iuxta terras Billudye , flumine mediante , et si
qui alii sunt confines. Ad huius autem nostre concessionis
memoriam et robur in posterum valiturum presens privile-
gium sibi exinde fieri, et maiestatis nostre sigillo pendenti
iussimus communiri. Datum Messane anno domini mille-
simo ducentesimo octuagesimo octavo, mense madii, octavo
eiusdem, prime indicionis, regni nostri anno tercio.
Dalla perg. di n. 206 del regno di Alfonso II nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 203 ne dà un breve
sunto ; ma indica erroneamente il nome di Gualtieri de Noto in
quello di Guglielmo, ed accenna il sito dei casali soltanto per
Bonfallura,
— 407 — (1288)
I beni di Gualtieri di Noto dovettero probabilmente ricadere
alla regia Corte per ribellione. Di vari casali e territori , men-
zionati come confinanti con i casali concessi al de Unda, si ha
la notizia nei Capibrevi di G. L. Barberi (voi. I, I feudi di Val
di Noto, ed. Silvestri cit.).
È degna di nota la distinzione, che si legge nel documento ,
per il servizio militare e per il ricordo della consuetudine feu-
dale su tale materia. Neil' antica concessione feudale fatta dal
Re Pietro I ad Alaimo da Lentini a 23 ottobre 1282 (in Carini,
De rebus, pag. 163, e cfr. pure sopra , pag. 52 n. 2) si dichiara
espressamente che Alaimo ed i suoi eredi « servire teneantur prò
servicio militum quot scilicet proventus et redditus ipsarum ter-
rarum et casalis nunc valere constiterit ad racionem
videlicet de unciis XX prò servicio unius militis, iuxta usum et
consuetudinem regni » ; e ciò mostra quale fosse la consuetudine
vigente nell'isola nell'inizio del dominio aragonese, anco per le
inchieste che facevansi sul valore. Cfr. anche Orlando , Il feu-
dalismo in Sicilia. Palermo, 1857, pag. 127 e seg. per varie no-
tizie sul servizio militare.
Le norme di riserva al demanio per le spiaggie del mare in-
fra il tiro di balestra sono altresì importanti. Esse non trovansi
riferite nel suddetto privilegio per Alaimo ; ma in quello del Re
Giacomo del 27 maggio 1286 (V. sopra, doc. CXLV) se ne ha la
precisa determinazione. Sul significato di quelle espressioni e su
le più antiche menzioni che se ne hanno vedasi la memoria di
Vito La Manti a, Ragioni del pubblico demanio su le spiaggie e
terre adiacenti « per iactum baliste » secondo l'antico diritto si-
ciliano, pubblicata nella rivista La Legge. Roma, 1889 , voi. I ,
pag. 816 e seg.
La designazione minuta dei confini prova senza dubbio che
per le concessioni dei feudi si curava di farne la descrizione in
particolari registri della regia Corte , secondo il vetusto e noto
sistema adoperato in Sicilia dai Normanni in poi , con i libri
detti Defetari (cfr. L. Genuardi, I Defetari normanni, nel voi. 1
degli Scritti pel centenario di Michele Amari. Palermo , 1910 ,
voi. I, pag. 159 e seg.).
(1288) — 40£ -
OLXXVIII.
1288, maggio 9, Monreale.
La regina Costanza, per rimedio delle anime dei suoi prede-
cessori e del Be Pietro suo marito , concede a frate Nicolò ere-
mita, dell'ordine di S. Basilio, monaco di S. Teodoro Benimor-
chi del Santo Sepolcro , cinquanta salme di terre libere , ad uso
di masseria, nel territorio di Salemi , già assegnate al suddetto
Nicolò, per mandato della regina, da Simone de Anfusio, Baiulo
della medesima terra di Salemi , e secondo i confini designati ,
salvo però il beneplacito del figlio Be Giacomo ed anche quello
della stessa regina.
Constancia dei grada Aragonum et Sicilie regina. Per
presens scriptum notum fieri volumus universis quod co-
gnoscentes multa beneficia de manu domini recepisse , ad
honorem dei, per quem reges regnant et principes dominant,
et gloriose virginis Marie piissime matris eius , necnon ob
remedium et salutem animarum illustrium parentum prede-
cessorum nostrorum, ac illustris domini Petri dei gracia re-
gis Aragonum et Sicilie, dare memorie , mariti nostri , da-
mus et concedimus religioso viro fratri Nicolao heremite ,
de ordine sancti Basilii, monaco monasterii sancti Theodosii
Renimorchis Sancti Sepulcri, prò parte et nomine monasterii
supradicti, prò faciendo massariam, ad opus francum, pre-
dicti monasterii, quinquaginta salmatas terrarum, positarum
in tenimento terre Salem, eidem fratri Nicolao de mandato
nostro iam assignatas per Simonem de Anfusio Baiulum et
Iudicem ipsius terre Salem, habitatorem eiusdem terre, per
eosdem terminos et ffines] limitatas prout in instrumento
assignationis ipsarum terrarum facte eidem fratri Nicolao
per eosdem Baiulum et Iudicem Simonem plenius contine-
tur, salvo eciam [in] omnibus beneplacito et ordinacione il-
lustris regìs Sicilie nostri karissimi fìlli , atque nostra. In
— 409 — (1288)
cuius autem nostre concessionis robur, memoriam et cau-
telarli presens scriptum exinde fieri iussimus, et sigilli ma-
gestatis nostre munimine communiri. Datum apud Montem
regalem, anno domini M° CGLXXXVIIJ0, mense maii, nono
eiusdem.
Dal volume ms. intitolato Liber regiae Monarchiae del sec.
XVI, prima esistente in Torino, ed ora depositato nell'Arch. di
Stato di Palermo, a fol. 287. In tale copia è in fine una dichia-
razione del 28 gennaio 1556, con la quale i Giurati della città
di Mazzara attestano che « praesens copia extracta est ex privi-
legio originali in membrano scripto, conservato in arca Archivii
maioris mazariensis Ecclesiae » per cura del notaro Giovanni
Andrea de Gramignano. Nell'Archivio della Chiesa vescovile di
Mazzara non ho ritrovato però tale documento.
Pubblicato soltanto per un breve frammento da Pirri, Sicilia
Sacra cit. t. II, pag. 891 , che indica la fonte così : « Autogr. in
tab. Maz. ex. in tabulis sic. Mon. f. 273».
Questo privilegio è ricordato da F. S. Baviera, Memorie iste-
riche su la città di Salenti. Palermo , 1846 , pag. 240 , sebbene
con data del 19 maggio, invece del 9.
Dallo stile e dalle formole adoperate dalla Cancelleria arago-
nese in quel tempo non sembra che possa dubitarsi della sua
autenticità. Pirri cit. ne desume : « Extitisse hic [Mazariae] lego
Monachos eremitas ordinis S. Basilii , cuius Beneficiario S. Ma-
riae de Sepulchro tractum terrae dedit Constantia » ecc. Non è
inverosimile che la devota regina vedova , traendo al maggior
tempio fondato dalla pietà dei Normanni in Sicilia, abbia voluto
corroborare con particolare privilegio una concessione che era
stata prima fatta de mandato nostro , e con un instrumento as-
signationis. La conferma era però sottoposta non solo al bene-
placito del Re Giacomo, ma anco a quello della regina, ed era
pertanto precaria e temporanea, trattandosi di una vistosa asse-
gnazione di territorio.
Si ha notizia di Simone de Anfusio da due documenti , cioè
uno del 10 settembre 1282 per la spedizione di vettovaglie per
F esercito , e F altro del 26 gennaio 1283 per F invio di uomini
d' arme ; ed in quest' ultimo documento è detto : « Similis facta
(12 — 410 -
fuit Symoni de Anfussio militi » (Carini , De rebus , pag. 15 e
362). Tali ricordi , che ricavansi dai documenti di alcuni anni
anteriori, giovano a confermare la verità del testo della conces-
sione.
A Messina esisteva nel 1329 la Chiesa del Santo Sepolcro
(cfr. Starrabba , I diplomi della Catt. di Messina , raccolti da
A. Amico cit. pag. 153).
OLXXIX.
1288, maggio 24, Arles.
Maria, figlia del Re di Ungheria , principessa di Salerno e
dell'Onore di Monte S. Angelo, ed il nobile Scoto, signore (Senior)
di Provenza e Forcalquier , ed altresì Gilaberto de Crudiliis e
l'arcidiacono Raimondo de Bisoldono, procuratori del Re Alfonso
d' Aragona , stabiliscono una tregua reciproca con queste condi-
zioni :
1. La principessa Maria ed il nobile Scoto , per parte della
Provenza e Forcalquier soggetti al loro dominio , ed altresì per
i territori che la principessa ha in Puglia e Calabria ed altrove,
manterranno stabile tregua dal 24 maggio sino alla festa di S.
Michele (29 settembre) con il Re di Aragona nei suoi domini e
con Giacomo, di lui fratello, per le terre e gli uomini a lui sog-
getti, «quos tenet in regno Sicilie», alla stessa guisa della tre-
gua convenuta tra i Baiuli del regno di Sicilia e Carlo , figlio
del principe di Salerno e della suddetta Maria, con il medesimo
Giacomo, obbligandosi a risarcire i danni nel caso di offese ar-
recate da quel tempo innanzi.
2. I procuratori del Re Alfonso promettono di adempire la
tregua con la principessa ed il Signore di Provenza ed i loro
sudditi, in tutti i domini di quel Re, cioè in Catalogna, Aragona
e dovunque, ed ancora che il Re Alfonso curerà che suo fratello
Giacomo nelle terre , che tiene « in insula Sicilie et Calabrie »
ed altrove, osservi la tregua, come si desume dalla promessa del
Re Alfonso, ed anche da quella di Giacomo « sicut patet per
suas literas speciales » al Legato e Conte d' Artois Baiuli , e si
— 411 — (1288)
esprime nel trattato. Si obbligano pure al risarcimento dei danni.
3. Per gli uomini del regno di Sicilia [continentale] , « si qui
dominio dicti domini Iacobi subiacent » , non sarà il medesimo
tenuto per i danni arrecati, prima che si abbia notizia della tre-
gua ; e parimenti per gli uomini di Puglia e Calabria soggetti
alla principessa.
Le parti promettono, con giuramento , di osservare quanto è
stabilito, ed i procuratori del Re Alfonso, anco per quel che con-
cerne il fratello di lui Giacomo, di ottenere da entrambi la con-
ferma « eciam per publica instrumenta »,
(Atto in doppio originale , rogato da Raimondo Girardi , no-
tare di Arles).
Anno incarnacionis domini millesimo ducentesimo octua-
gesimo octavo, scilicet IX kalendas lunii. Noverint univer-
si quod in presencia mei Raimundi Girardi notarii infra-
scripti, et testium infrascriptorum, ad hoc specialiter voca-
torum, excellens et magnifica domina, domina Maria, fìlia
illustris regis (Jngarie, principissa Salerai et honoris Montis
Sancti Angeli domina, ac nobilis vir dominus Scotus, senior
Provincie et Folcalquerii ex una parte , necnon nobiles et
egregii viri dominus Guilabertus de Grudiliis et magister
Raimundus de Bisoldono, Archidiaconus Ripacurcie in ec-
clesia Jlerdensi, ad infrascripta specialiter ordinati, et nuncii
speciales magnifici et excellentis viri domini Alfonsi regis
Aragonum , procuratorio nomine , prò parte ipsius domini
Alfonsi, sicut in procurationibus ipsorum eisdem factis per
regem Aragonum supradictum, una scripta marni Iacobi de
Cabanis notarii, eiusdem regis scriptoris, ut asserit, ac no-
tarii publici , et alia in ipsius regis persona propria piene
facta , sigillo eiusdem regis pendenti atque solito sigillata ,
prout de predictis procuracionibus michi dicto notario piene
constat, ex parte altera, inierunt, fecerunt, concesserunt et
firmaverunt treguas ad invicem modo inferius declarato, vi-
delicet quod dieta domina principissa et prefatus senior Pro-
vincie et Folcalquerii, nomine et prò parte ipsorum, et prò
tota terra Provincie et Folcalquerii et Provincialibus omni-
(128$) — 412 —
bus, qui eorum dominio gubernantur, quam prò terra, quam
tenet in Apulia et Calabria, et locis aliis quibuscumque, ab
hodie XXIIII madii prime indicionis in antea usque ad fe-
stum sancti Michaelis, proxime venientis, treguas predictas
firmas et illesas servabunt et servari facient per mare et per
terram predicto regi Aragonum, prò se suisque terris om-
nibus et hominibus , quos tenet tam in regno Aragonum ,
Maioricarum et Valencie et Gathalonie, quam alibi ubicum-
que, ac domino Iacobo fratre suo , prò se ac terris et ho-
minibus , quos tenet in regno Sicilie , sicut inter dominos
Legatum, comitem Atrabatensem, regni Sicilie Baiulos per
sanctam Romanam Ecclesiam constitutos et dominum Ka-
rolum iuniorem , primogenitum comunem illustris domini
principis ac diete domine principisse ex una parte, et dictum
dominum Tacobum ex altera sunt in regno Sicilie confir-
mate per se suosque homines omnes, tam Provinciales qui
eorum reguntur dominio, quam Apulos, Calabros et alios
de terris ipsorum ubicumque sint et eorum dominio guber-
nentur. Et quod non offendant nec offendi faciant per se
vel per alios, per mare vel per terram, in personis vel bonis,
dictos dominos regem Aragonum et Iacobum fratrem suum,
terras et homines, quos et quas tenent et possident, aliquo
ingenio vel colore. Et si acciderit quod ab hodie XXIIII ma-
dii, prime indiccionis , in antea aliqua offendo facta esset
ab hominibus, qui eorum dominacione reguntur, vel damp-
num aliquod datum esset in terris ipsorum dominorum regis
Aragonum et lacobi fratris sui , vel hominibus eorumdem
antequam iste tregue sic inite et firmate pervenire possent
ad noticiam dampnum vel offensionem inferentium ante-
dictis, promiserunt et firmaverunt dieta domina principissa
et senior quod , salva pena personali , quam dampnum et
offensionem inferentes incurrerent, si scivissent, ad quam
teneri non debent propter ignoranciam que est iusta, et salvo
quod ipsi infra dictum tempus penam corrupte fidei non
incurrant, restituì dampna faciant integraliter ipsa passis,
ad que restituenda eisdem dampna inferentes, statim cum
— 413 — (1288)
sciverint infra mensera, debita cohercione compellent. Si ac-
cideret eciam, postquam diete tregue fuerint publicate et ad
noticiam pervenerint subiectorum , quod dampnurn vel of-
fencio fìeret ab hominibus eorum iurisdicioni subiectis, prout
superius describuntur, in terris vel hominibus aut bonis et
rebus eorum dictorum regis Aragonum et domini Iacobi fra-
tris sui volunt et promictunt quod, postquam ad eorum fue-
rit noticiam declaratum , infra mensem facient emendari
dampnum , vel offensionem facientes huiusmodi ultore iu-
sticie brachio pena debita nichilominus puniendo. Et versa
vice dicti dominus Guilabertus de Crodiliis et magister Ray-
mundus de Bisoldono, archidiaconus Rippacurcie in ecclesia
Ilerdensi, procuratores dicti domini Alfonsi regis Aragonum,
ambo comuniter, et quilibet per se, concesserunt, promise-
runt et firmaverunt quod dictus dominus Alfonsus rex Ara-
gonum, prò se et nomine suo, ac terris omnibus et homi-
nibus, quos et quas tenet et possidet in Aragonia, Catato-
nia, Valencia, Maioricis et alibi ubicumque, ab hodie XX1III
madii , prime indicionis , in antea usque ad festum Sancti
Michaelis proxime venientis, treuguas predictas firmas et il-
lesas servabit et servari faciet, per mare et per terram, dictis
domine principisse et seniori Provincie et Folcalquerii, prò
se et tota terra Provincie et Provincialibus omnibus , qui
eorum dominio sunt subiecti , ac prò terris et hominibus ,
qui prò ipsis tenentur, in Apulia, Calabria vel alibi ubi-
cumque, per se terrasque suas omnes et homines cuiuscum-
que sint nationis, quos et quas tenet et habet vel gubernat
in Gathalonia , Aragonia , Maioricis , Valencia et alibi ubi-
cumque. Et quod non offendet nec offendi faciet per se vel
per alios, per mare vel per terram, publice vel occulte, in
personis vel bonis, dictos dominam principissam et senio-
rem, terras seu homines, quas et quos tenent, gubernant et
habent, seu prò ipsis tenentur et gubernantur in Provincia,
Folcalquerii, Apulia vel Calabria vel alibi ubicumque , ali-
quo ingenio vel colore. Item firmaverunt et promiserunt
expresse, procuratorio nomine, sicut supra nomine et prò
(1288) — 414 —
•parte dicti regis Aragonum, quod ipse rex procurabit et faciet
quod dominus Iacobus frater suus prò se , terris et homi-
nibus omnibus, et tota gente sua, quos et quas tenet, gu-
bernat et habet, tam in insula Sicilie et Calabria, quara a-
libi ubicumque, cuiuscumque sint nationis, servabit et ser-
vari faciet , per se et omnes predictos , treguas predictas ,
modo et forma superius declaratis, tam domine principisse
et seniori, quam terris omnibus et hominibus Provincie,
Folcalquerii , Apulia, Calabria et alibi ubicumque , que ab
ipsis et prò ipsis habentur, tenentur et gubernantur, sicut
predictus rex Aragonum proprio nomine boc promictit, et
idem dominus Iacobus promisit et corporali sacramento fir-
mavit, sicut patet per suas literas speciales dominis Legato
et corniti Atrabatensi regni Sicilie Baiulis et domino Ka-
rolo iuniori, servare predictas treuguas illesas, tam in regno
Sicilie, quam in Provincia, dummodo Provinciales concede-
rent, sicut in tractatu et fìrmatione dictarum treguarum hec
omnia hinc inde clarius exprimuntur. Promiserunt similiter
et firmaverunt dicti procuratores, procuratorio nomine, et prò
parte regis Aragonum supradicti, quod si ab hodie XXI1I1
madii , prime indicicnis , in antea aliqua offensio fìeret ab
hominibus et gente dicti regis Aragonum, vel domini Iacobi
fratris sui, per mare vel per terram, vel dampnum aliquod
datum esset in terris, vel hominibus seu gente, quos et quas
dieta domina principissa et senior tenent, gubernant et ha-
bent in Provincia, Folcalquerio et alibi ubicumque , vel in
regno Sicilie in terris, gente ac hominibus, qui et que sub
dictorum Baiulorum regimine gubernantur, antequam iste
treugue sic inite et firmate pervenire possent ad noticiam
dampnum vel offensionem inferentium antedictis, quod salva
pena personali, quam dampnum vel offensionem inferentes
incurrerent si scivissent , ad quam teneri non debent pro-
pter ignoranciam que est iusta, et salvo quod dicti procu-
ratores , rex Aragonum et dominus Iacobus , frater suus ,
infra dictum tempus penam corrupte fidei non incurrant,
restituì dampna facient ipsa passis. Ad que restituenda eis-
— 415 — (1288)
dem dampna inferentes buiusmodi statini cum sciverint ,
infra mensem , debita cohercione compellent. Si accideret
etiam postquam diete tregue fuerint publicate , et ad noti-
ciam pervenerint subiectorum, quod dampnum vel offensio
fieret ab bominibus eorum iurisdicioni subiectis, prout su-
perius describuntur , in terris vel hominibus aut bonis et
rebus eorum dictorum domine principisse, seu Legati , co-
mitis Atrabatensis et domini Karoli iunioris, volunt et pro-
mittunt, procuratorio nomine quo supra, quod postquam
ad eorum vel dictorum regis Aragonum et domini Iacobi
fratris sui [fuerit noticiam declaratum] , infra mensem fa-
cient emendari dampnum , vel offensionem facientes huiu-
smodi ultore iusticie bracbio pena debita nichilominus pu-
niendo. Hec autem predicta intelligantur de hominibus re-
gis Aragonum et qui domini Alfonsi regis eiusdem domi-
nio gubernantur. De hominibus enim regni Sicilie , si qui
dominio dicti domini Iacobi subiacent, non intelligatur quod
si dampnum dederint , antequam ad ipsorum vel noticiam
inferencium dampna perveniant treugue predicte, quod te-
neantur nec ipsi nec ipsas treuguas inientes de fide cor-
rupta, neque teneantur dampnum datum, cum iusta sit igno-
rancia, resarcire. Et eodem modo intelligatur quod si ho-
mines de Apulia vel de Calabria inferrent aliquod dampnum
hominibus dicti regni Aragonum antequam ad eorum noti-
ciam treugue pervenirent predicte, quod dieta domina prin-
cipissa vel predictus senior vel ipsas treuguas inientes de
fide corrupta minime teneantur , neque dampnum datum ,
cum iusta sit ignorancia, resarcire. Predicta enim omnia et
singula singulariter et distincte actendere et observare, ac-
tendi et observari facere per omnes superius nominatos ,
sive eorum iurisdiccioni subiectos, promiserunt domina prin-
cipissa et senior, ac corporali sacramento firmarunt. Simili
modo et forma iuraverunt dicti procuratores , procuratorio
nomine et prò parte domini regis Aragonum supradicti, si-
cuti in animam eius, tam prò se quam domino Tacobo fratre
suo, ad procurandum et faciendum quod idem dominus la-
(1288) — 416 —
cobus faciet et servabit omnia et singula supradicta, necnon
et omnibus , qui superius nominantur , iurisdicionibus su-
biectis tam domini Alfonsi regis Aragonum , quam domini
Iacobi predictorum, et quod ipsi procuratores, eorum pro-
prio nomine, bona fide, omni posse ipsorum procurabunt
et facient quod dicti rex Aragonum et dominus Iacobus ser-
vabunt omnia declarata superius singulariter ac distincte, et
quod procuratorio nomine procurabunt predicta omnia et
singula con firmari per regem Aragonum et dominum Iaco-
bum supradictos, corporali sacramento ipsorum, ac per eo-
rum licteras speciales ac etiam per publica instrumenta. Et
ad maiorem cautelam et firmitatem ac testimonium publi-
cum omnium predictorum , tam domina principissa et se-
nior, quam dicti procuratores voluerunt et mandaverunt de
predictis omnibus per me dictum notarium fieri duo publica
instrumenta , unum quod esset penes predictos dominam
principissam et seniorem, et aliud quod dicti procuratores
ad dominum regem Aragonum deportarent, ad dominum la-
cobum fratrem suum , si opus esset, similiter deferendum ,
quodlibet nichilominus ipsorum instrumentorum cuiuslibet
dictorum quatuor de voluntate *ac mandato ipsorum sigillo
pendenti proprio roborandum. Predicta vero omnia [et sin-
gula] predicta domina principissa et predictus senior promi-
serunt et iuraverunt actendere et compiere, ut superius con-
tinentur, in presencia mei notarii et testium infrascriptorum,
in civitate Arelatensi in palacio archiepiscopali, presentibus
testibus et vocatis domino R. dei gratia episcopo Vapincense,
domino Bertrando de Baucio, domino Bauci, comite Avel-
lini, fratre Petro de Alamanno de ordine fratrum Predica-
torum , domino Bt. Gassini Iudice Arelatense , domino Io-
hanne de Gen. Villa milite. Predicti etiam procuratores
iuraverunt et promiserunt eodem modo in palacio domus
Sancti Thome , prope Arelatem , hospitalis sancti Iohannis
Terosolimitani, presentibus testibus et vocatis domino Gui-
lelmo de Farnes , domino Guilelmo de Aquilone , domino
Guilelmo de Rossana militibus de Catatonia , domino Bt.
— 417 — (1288)
Gassini Iudice arelatense, Enrico de Mansano, inagistro Ro-
berto Anglico scriptore, Iohanne de Aurilianis , Bernardo
Pontii , Pietro Nigri , Bernardo Sarrea catalanis. Post pre-
dieta vero anno quo supra, seu in crastinum, predicta do-
mina prìncipissa et senior predicti ex una parte, et predicti
procuratores procuratorio nomine quo supra ex altera, pre-
dicta promiserunt sub forma superius annotata sibi ad in-
vicem [actendere et compiere], sub virtute ut supra prestiti
sacramenti, precipientes et requirentes de predictis fieri in-
strumentum publicum per me Raimundum Girardi notarium
infrascriptum. Actum fuit hoc in palacio archiepiscopali Are-
late nsi supradicto. Testibus presentibus domino R. dei gra-
da episcopo Vapincense, domino Bertrando de Baucio, do-
mino Baucii, comite Avellini, domino Bertrando de Baucio
domino Berre. Est [factum a] me Raymundo Girardi notario
publico in civitate Arelatense et in comitatibus Provincie
et Folcalquerii, qui predictis omnibus presens interfui. Et
de mandato, voluntate et ad requisicionem predicte domine
principisse et predicti domini senioris, et eciam procurato-
rum predictorum, hanc cartam publicam scripsi et signo meo
signavi.
, Iohannes.
Dalla pergamena di n. 209 del regno di Alfonso II, nell'Arch.
Cor. Arag. in Barcellona.
Carini, Gli Ardi, e le Bibl. voi. Il, pag. 223 offre un sunto
conciso, ed abbastanza 'indeterminato, del notevole documento.
Di questa tregua coi Provenzali non si trova affatto menzione
nell'opera dell'abate Papon, Histoire generale de Provence. Pa-
ris, 1784 , t. Ili , p. 88 e seg. Ne offrì notizia nel 1876 Antonio
De Bofarull, Historia de Cataluna cit. t. Ili, pag. 574, ricor-
dando la perg. 209. Amari, 9a ediz. voi. II, pag. 192 e seg. tra
gli avvenimenti del 1288 non ne fa invece alcun cenno, nono-
stante che quella tregua riguardasse anco la Sicilia.
Nel testo del documento è talvolta qualche errore, omissione
o ripetizione evidente di parole , che ho corretto. È degno di
nota che 1' atto dovea corroborarsi coi sigilli dei quattro con-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 27
(1288) — 418 -
traenti (principessa Maria , Signore Scoto e procuratori del Re
Alfonso), e che i giuramenti, in presenza dei testimoni, avven-
nero per parte della principessa nel palazzo arcivescovile di Arles,
e per parte dei procuratori di Aragona in quello di S. Tommaso
presso Arles, e che l'indomani (in crastinum) fu compiuto l'atto,
con la presenza di tutti, nel palazzo arcivescovile suddetto.
La principessa Maria, che interviene in quest'atto solenne, è
la moglie del principe di Salerno , Carlo , il quale allora trova-
vasi prigione in Catalogna. Minieri-Riccio, Genealogia di Carlo I
d'Angiò. Napoli, 1857, pag. 27 e seg., 107-110, fornisce estese
notizie intorno la vita della suddetta principessa, che fu poi re-
gina di Napoli , e rifece con ingenti spese il celebre monastero
denominato di S. Maria di Donna Regina di quella città , nel
quale fu sepolta. Il Minieri dice altresì che nel 1291 era stata
da Carlo scelta come Vicaria in Provenza « durante la sua as-
senza », secondo i registri angioini dell'Archivio di Napoli. Altri
ricordi su Maria si hanno in Celano, Notizie della città di Na-
poli .m Ivi , 1856 , voi. II , pag. 646 e seg. Negli anni più recenti
(1899) Emilio Bertaux nel suo erudito lavoro Santa Maria di
Donna Regina e V arte senese a Napoli nel secolo XIV (nei Do-
cumenti della Soc. Napol. di Stor. Patria) ha dato particolari
notizie su la regina Maria ed il tempio da lei fatto ricostruire ,
del quale descrive minutamente i famosi affreschi del trecento ,
ed il mausoleo della regina (tav. IX), lavori mirabili della scuola
toscana. Neil' affresco del giudizio finale sono i ritratti del Re
Carlo II « grasso nel vixo- e angelicho e bello » e della regina
Maria (tav. Vili). Camera, Annali delle Due Sicilie. Napoli, 1860,
voi. II, pag. 288 e seg. pubblicò il testamento di Maria.
Il nobile Scoto, che ha soltanto il titolo di Senior, era il Go-
vernatore della Provenza per parte della principessa di Salerno.
Ducange alla voce Senior annota cotale significato : « Dignitatis
etiam seu officii nomen apud Scotos ». Papón cit. pag. 415 ricorda
tra i nomi dei Grandi Senescalchi e governatori di Provenza
quello di Giovanni Scoto a 19 aprile 1288. Durrieu, Les archives
angevines de Naples. Paris, 1887, t. II, pag. 338 , menziona un
Giovanni Scottus o Lescot nel regno di Sicilia sotto Carlo I
d'Angiò negli anni 1277 - 78 , che forse è lo stesso personaggio.
Si ha espressa notizia di questa tregua del 1288 in fine della
lettera del Re Alfonso a Giacomo del 1° giugno dello stesso anno,
— 419 — (1288)
da me appresso pubblicata, nella quale si ricorda che erano tor-
nati dal Re Alfonso i legati de Grudiliis e Bisoldono, che « fir-
maverunt treugam cum Provincialibus», ed anzi si volea dal Re
che la tregua fosse accettata da Giacomo , e divulgata con un
bando in Sicilia. Il trattato di Giacomo con il Legato ed il Conte
d' Artois , Baiuli del regno di Napoli , e Carlo il giovane (figlio
del principe di Salerno) menzionato nei §§ 1 e 2 di questa tre-
gua , è appunto 1' altro anteriore del 1287 conchiuso in Napoli ,
nella fine di giugno, dopo la grande vittoria navale di Ruggiero
Loria contro gli Angioini , e del quale ho dato sopra notizia
(Cfr. doc. CLXVII).
I Provenzali dovevano allora esser numerosi nella regione
continentale del regno; ed anche nell'isola dopo il 1282 dovettero
rimanerne. Durrteu cit. pag. 217 - 400 ha fornito la « Table des
personnages francais mentionnés dans les registres angevins corn-
ine ayant passe dans le royaume de Si Cile sous le règne de
Charles I.er». Nel 1273 il Re Carlo aveva con una colonia di
emigrati provenzali curato di ripopolare Lucerà in Puglia, ed il
Papon cit. in fine, pag. 18 ne ha dato in luce i capitoli. Di re-
cente sono stati ristampati dall' egregio dott. Eduardo Sthamer
nel suo pregevole lavoro Die Bauten der Hohenstaufen in Unter-
italien. Ergànzungsband II. Leipzig, 1912. Band 1. Capitinata ,
pag. 28 e seg. — P. Egidi nell'erudita memoria La colonia sara-
cena di Lucerà e la sua distruzione, pubblicata negli anni 1911
a 1914 neìV Arch. Stor. Napol. offre (an. XXXVI, 1911, pag. 649-
656) varie notizie su quella venuta dei Provenzali in Lucerà, e ri-
corda che Carlo I « pensò di stabilire una colonia nella colonia,
chiamando a popolare la nuova cerchia fortificata buon numero
di famiglie provenzali». Espone altresì le vicende poco prospere
di quella immigrazione sino al 1280, secondo i registri angioini
dell'Archivio di Stato di Napoli, e ne trova (pag. 654) la cagione
nella circostanza che « questa terra [di Capitanata] era ben triste
cambio con le verdi pendici della mite Provenza, ove eterna sor-
ride la primavera , e sempre le piante dan fiori e dai fiori ven-
gono i frutti » .
Di Gallici seu Latini, cioè Provenzali o naturali dei luoghi, si
ha notizia nella tregua di Catanzaro del 1285 (V. sopra, doc. XC),
e di Gallici et Provinciales in Sicilia nei capitoli del regno di
Giacomo del 1286, cap. 4£ (V. sopra, doc. CXXXVIII). Il Re
(1288) — 420
Carlo I era (come indegno) dai sovrani aragonesi dell' isola de-
nominato Comes Provincie e non Bex Sicilie (cfr. prima, pag. 79,
100 ecc.).
OLXXX.
1288, maggio 31, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo, a richiesta di Pietro Ansatone, giudice della
regia Gran Corte, conferma al medesimo e suoi eredi V immis-
sione in possesso di vari beni della regia Corte per il valore di
onde venti annuali di oro , con V obbligo del servizio militare ,
concessi nell'anno di 14* indizione (1285 settembre a 1286 agosto),
salve le regalie spettanti al demanio. Si dà in fine V elenco dei
beni suddetti , ricaduti per confische alla regia Corte , cioè di
Alaimo da Lentini ed altri.
Dal reg. 21 (an. 1419-20) del Protonotaro del Regno, fol. 146 r.
(Arch. di Stato di Palermo). Il testo è riferito altresì nel reg. 4
(a. 1413-39) fol. 681 della Conservatoria di Registro (pure quivi).
Se ne ha una copia nel voi. ms. Qq. G. 12, fol. 225, di Gre-
gorio, nella Bibl. Comunale di Palermo , tratta dai manoscritti
dell'opera feudale, allora inedita, del Barberi.
Pubblicato nei Capibrevi del suddetto G. L. Barberi, voi. I,
I feudi di Val di Noto, ediz. Silvestri cit. pag. 428 e seg.
Per i due documenti della 14* indizione (1285 - 1286) di con-
cessione dei beni all'Ansalone e di immissione in possesso , ri-
cordati in questa conferma cfr. sopra, doc. CLI e CLI1, anco per
l'indicazione dei beni confiscati che furono dati in assegno.
Notevoli sono nel documento le espressioni su la perizia per
il valore dei beni : « per scripta testimonia publica inde con-
fecta . . . que in archi vo Curie conservantur », cioè nell'antico
archivio della Magna Curia Rationum, che provvedeva sui red-
diti del demanio ; e le altre per le norme intorno alla revoca-
zione e nuova assegnazione di beni, che potevano farsi dalla re-
gia Corte.
— 421 — (1288)
OLXXXI.
1288, giugno 1°, Barcellona.
Il Re Alfonso di Aragona scrive al fratello Re Giacomo, di-
cendogli di avere ricevuto sue lettere consegnategli dal siciliano
Esimbardo, abitante di Saragozza , e che per quanto si riferisce
alla tregua conchiusa da Ruggiero Loria [verso la fine di giu-
gno 1287] per parte dei Re Giacomo ed Alfonso medesimo con il
Conte d' Artois ed il Cardinale Gerardo di Parma , Baiulo del
regno di Napoli (Baiulus Àpulie) , essendo stato egli (Alfonso)
richiesto molto tempo innanzi da Corrado Lanza , a nome del
Re Giacomo, di accettarla, non può ora revocare la tregua sud-
detta, che aveva già accettato e fatto bandire nei suoi domini.
Gli dà notizia altresì di aver provveduto per gli affari di Ara-
gona , e che ha ordinato di custodire nel castello di Mignienca
il principe di Salerno, dopo l'offerta che costui aveva fatto degli
ostaggi, e che quivi lo terrà fino a quando saranno riunite le
Corti generali in Montesono a 24 giugno « prò direccione nostri
et negociorum nostrorum ac eciam defensione». Manifesta di es-
sere entrato in Barcellona, con grande comitiva di soldati di ca-
vallo e da piedi per respingere qualche aggressione dei nemici ,
e vuole a tal uopo da Giacomo il soccorso di navi, già richiesto.
Dopo avere scritto la lettera , aggiunge di essere a lui arri-
vati Gilberto de Crudiliis e l'arcidiacono Raimondo de Bisoldono,
che egli avea mandato in Provenza per V affare del principe di
Salerno , e di avere essi stabilito la tregua coi Provenzali sino
al 29 settembre ; e pertanto lo avverte di farla con bando divul-
gare in Sicilia, come egli ha fatto in Catalogna (per terram no-
strani). Dà altre notizie su gli ostaggi del principe di Salerno e
sul ritardo della sua liberazione.
Illustrissimo et quamplurimura diligendo Iacobo regi Si-
cilie etc. Alfonsus etc. Fraternitatis vestre licteras nobis mis-
sas per quendam porterium vestrum latorem presencium ,
qui nuper accessit ad partes istas in galiono quodam, quem
ducit Ezimbardus siculus habitator Gesarauguste, gratanter
(1288) — 422
accepimus, quarum viso tenore, ad significata in eis taliter
duximus respondendum, quod nobilis Corraldus Lan^a ante
recepcionem dictarum licterarum . . . diu erat, requisiverat
nos ex parte vestra ut treu guani, que facta et recepta erat
per nobilem Rogerium de Lauria inter vos et nos ex una,
et Comitem Atrabatensem ac eciam Gardinalem Baiulum
Apulie ex altera, quam peciistis non acceptari, per nos ac-
ceptaremus et confìrmaremus predictam treuguam
aeceptavimus, et eandem preconizari fecimus per terram no-
strani, quare bono modo non possumus ipsam de cetero re-
vocare, nisi prius per predictos Comitem et Gardinalem in-
fringeretur. Unde nos super eis excusatos habere velitis.
Verum quia peciisti de nostris agendis felicibus successibus,
Deo volente, certificare significamus vobis quod convenimus
bene et satis laudabiliter cum aragonense, et recuperavimus
principem, quem eis prò hostagiis tradideramus , et ipsum
nobiscum duximus , et posuimus in castro de Mignienga ,
ibidem remansurum donec quedam generalis Curia, quam
mandavimus Catalanis et Aragonensibus apud Montemso-
num, in proximo venturo festo Sancti lohannis mensis iu-
nii, prò direccione nostri et negociorum nostrorum ac e-
ciam defensione, fuerit celebrata. Nos vero nunc accessimus
Barchinonam, cum maxima equitum et peditum, tum Cata-
lanorum quam Aragonensium, comitiva, et exercitibus eciam
terre nostre, cum quo intendimus , si inimici veniant , nos
et terram nostram defendere et ipsos inimicos nostros in-
vadere ac eciam offendere in quantum poterimus. Et po[tuis-
semus] ipsos offendi amplius, si habuissemus galeas, quas
de partibus ipsis, sicut vos requisivimus, mietere debebatis.
Quare fraternitatem vestram rogamus, sicut possumus, qua-
tenus, quam cicius poteritis, dictas galeas nobis necessarias
mietere procuretis. Datum ut supra [Barchinone , kalendis
iunii 1288].
Preterea significamus vobis quod, post confeccionem pre-
sencium licterarum, venerunt ad nos nobilis Guilabertus de
Crudiliis et magister R. de . . . Salduno Archidiaconus in ec-
— 423 — (1288)
lesia Ilerdense , quos miseramus in Provinciam prò facto
principis , et fìrmaverunt treugam cum Provincialibus . . .
et nobis usque ad festum Sancti Michaelis proxime ventu-
rum. Quare vos rogamus quatenus dictam treugam accepte-
tis , et eamdem . . . faciatis per terram vestram , cum nos
ipsam preconizari fecerimus per terram nostrani , ad huc
eciam fraternitatem vestram quod predicti Guila-
bertus de Grudiliis et magister R. nichil potuerunt facere
de facto hostagiorum, et pecunie que prò liberacione. . . .
dari debebat, prò eo quia Rex Francie noluit guidare neque
dare transitum per terram suam predictis hostagiis
ens processus liberacionis dicti principis remanet ita, donec
super eo aliud ordinetur.
Dal reg. di n. 77, fol. 2 del regno di Alfonso II, nell' Arch.
Cor. Arag. in Barcellona. Alcune parole mancano nel testo, per-
chè il foglio del registro è logoro in quella parte.
Pubblicato da me nella memoria Relazioni cit. nell' Anuari
(1908) de l'institut d'Estudis catalans, doc. XVI, pag. 355.
Il documento è assai notevole , perchè offre il ricordo della
tregua stabilita in Napoli in giugno 1287 dal Loria per parte del
Re Giacomo, e della quale ho dato sopra particolare notizia (cfr.
doc. GLXVII). Aveva di ciò fatto espressa menzione nell'Attuari
cit. pag. 343. Riesce evidente che quella tregua stipulata con
molta fretta dal Loria coi Baiuli di Napoli nel 1287 , che arre-
stavano così i trionfi dei Siciliani, non riuscì gradita nemmeno
alla Corte , perchè il Re Giacomo ora chiedeva ad Alfonso di
non accettarla ; sebbene in tal tempo era già tardi il pentirsene,
come nella sua lettera manifesta il Re Alfonso. L'espressione din
erat prova che 1' ambasciatore siciliano Corrado Lanza si era
recato da Alfonso nel 1287 per l'accettazione, e forse non molto
dopo la conchiusione del trattato avvenuta in giugno di quel-
l'anno.
Credo utile ancora notare che da un documento da me ritro-
vato nel voi. 28, a fol. 146 dei Fascicoli angioini conservati nel-
l'Archivio di Stato di Napoli , si desume che a 24 febbraio , la
indizione [1288] si davano gli ordini per la difesa contro un ga-
leone armato in piraticam apparso nella marina di Positano ,
(1288) — 424 —
presso Salerno, e si manifestava il timore che « presumi posset
alicuius inicium novitatis » dopo la tregua conchiusa coi nemici
Siciliani (come dicevasi nel documento).
La notizia di soccorso di navi, che chiede vasi dal Re Alfonso
a Giacomo, dimostra che la Sicilia forniva aiuti anche alla Ca-
talogna contro i propri nemici. Per la tregua conchiusa coi Pro-
venzali , della quale gli ambasciatori erano solleciti di dare no-
tizia al Re Alfonso si veda quanto ho detto per il doc. CLXXIX.
Intorno ai fatti concernenti la prigionia ,. gli ostaggi e la li-
berazione (processus liberacionis) (tei principe di Salerno basta
qui soltanto notare che dopo il trattato di Oleron del 13 lu-
glio 1287, nel quale venivano stabilite le condizioni per la libe^
razione del principe, continuarono proteste e dissidi tra le Corti
di Roma, Inghilterra, Aragona e Sicilia sino a giugno di questo
anno 1288, poiché il papa Nicola IV aveva a 15 marzo 1288 in-
sistito presso il Re Alfonso per quella liberazione , e con bolla
posteriore (maggio - giugno) annullava le convenzioni segnate in
Oleron. Cfr. Potthast , Begest. pontif. n. 22615 , 22698 , 22719 ,
22728 ; Rymer , Foedera cit. t. II , pag. 358 e seg. , ed altresì i
cenni da me dati sopra, doc. CLIX e CLXIII. Dopo il trattato di
Campofranco sui Pirenei del 27 ottobre 1288 , il principe di Sa-
lerno fu liberato, come attesta egli medesimo nel documento del
3 novembre : « liberatum et in statu suae liberatis existere» (Ry-
mer, pag. 371 e seg., e 389).
OLXXXIT.
ì, luglio 17, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo, volendo rimunerare la devozione sincera dei
cittadini di Barcellona verso i suoi predecessori , il fratello Re
Alfonso e lui stesso , concede ai medesimi varie franchigie di
commercio, cioè :
1. Per V immissione ed estrazione delle merci nel regno di
Sicilia è data immunità ; tranne se le merci siano portate « a-
liunde , quam de Barchinonia et aliis locis et terris » del domi-
nio del Re Alfonso, nel qual caso si pagherà (come dai Genovesi)
— 425 — (1288)
la tersa parte delle sole tasse antiche del tempo del Re Gugliel-
mo II (esclusi i nuovi statuti dell'imperatore Federico).
2. È dovuto per le merci recate da Barcellona e domini del
Re Alfonso, nei luoghi dove arriveranno, « primitus applicare
contingerit », uno schifato d'oro , equivalente a tari otto di oro.
3. Se i mercanti, dopo avere venduto una parte di loro merci,
ne estrarranno la rimanente per venderla altrove, nulla deve pa-
garsi, constando del precedente pagamento dello schifato.
4. Per il peso delle merci a quintali si pagherà soltanto sino a
due grana e mezzo.
5. Per il diritto di riva e misura, come si paga dai Genovesi.
6. Per le merci da estrarre dai vari luoghi del regno per re-
carle altrove, si deve il diritto solito pagarsi dai Genovesi.
7. I cittadini di Barcellona saranno nel regno di Sicilia si-
curi nella persona e nei beni , come altresì i naufraghi , e non
potranno essere molestati per obbligazione altrui od offesa.
Il testo si ha al n. 181 delle Cartas sueltas con fecha del re-
gno di Giacomo II, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Trovasi pure (talvolta con qualche errore di data) nei regi-
stri e volumi manoscritti da me sopra menzionati (doc. n. GXLI),
poiché tale documento è inserito in altro del 3 aprile 1296 del
Re Federico II ; e non conviene quindi ripetere le indicazioni
già fornite.
Antica notizia esplicita del privilegio si rinviene nell'altro del
31 maggio 1313, col quale il Re Federico II largiva agli abitanti
di Perpignano, della contea di Rossiglione e delle isole di Ivica e
Maiorca le stesse immunità concesse dal Re Giacomo ai Barcel-
lonesi a 17 luglio 1288, come vi si dice (Vedi Sella, Pandetta di
Messina cit. pag. 131 e seg.). Altro ricordo se ne ha nel docu-
mento del 18 gennaio 1314 (cfr. appresso doc. di tale data) di
permesso ai Valenziani dell'estrazione (con riduzione di tassa) di
vettovaglie dai porti della Sicilia, e di concessione di franchigie
di dogana, come per i Barcellonesi.
È altresì tenuto in considerazione il documento di Giacomo
dal Re Martino in un suo privilegio del 3 novembre 1402, con-
cernente le norme per pagamento di tasse di dogana e cassia dai
mercanti catalani e genovesi, poiché per impedire l'inconveniente
di reiterata esazione dello schifato si trascrive un capitolo che
(1288) — 426 —
comincia : « Et si navis vel lignum » sino « tantum schifatum
unum et non ultra solvere compellatur », che sembra con alcune
varianti derivato da questo documento del 1288 , anche per le
espressioni del Re Martino «de dictis privilegiis fecimus extrahi»
(B. Cancelleria, reg. 39, an. 1401 - 2, fol. 198, Arch. di Stato di
Palermo).
Pubblicato nell'opera postuma di Testa, e da Gapmany (pag. 54)
e Sella, come ho notato innanzi, pag. 307.
Alquanti cenni su questo privilegio offrono gli storici. Gapmany
cit. t. I , parte 2a , pag. 96 e seg. ne dà un esteso sunto , con
qualche spiegazione sulla moneta detta schifato e su alcune di-
sposizioni del testo. Gregorio , Opere scelte cit. pag. 352 e 768
ne fa particolare ricordo. Orlando, Un codice cit. pag. 91 lo in-
dica inesattamente come una « conferma di tutte le immunità
ottenute» dai Gatalani. Amari, 9a ed. voi. 11, pag. 170 e 236 lo
menziona , e nota che in quel tempo (17 - 30 luglio) il Re Gia-
como « soggiornava in Palermo » ; ma ciò non corrisponde al
vero da questi documenti. Ganale, Storia della repubblica di Ge-
nova. Firenze, 1858, voi. II, pag. 303, rileva le grandi immunità
concesse ai Genovesi dai Re di Sicilia dopo il 1282, tanto « che
il Re Giacomo , volendo stabilire i mercatanti catalani in Sici-
lia e studiandosi in ogni modo di privilegiarli, non meglio seppe
farlo che ordinando che fossero trattati alla maniera dei Geno-
vesi». Di Giovanni, Topogr. di Palermo cit. voi. I, pag. 357 lo
accenna. Ne ho fatto pure menzione nel voi. Pandette delle ga-
belle cit. pag. XXVIII (cfr. inoltre pag. 51).
I Gatalani avevano ottenuto a 18 febbraio 1286 la libera estra-
zione di vettovaglie, per loro sostentamento, dai porti di Sicilia,
col pagamento di un determinato diritto per 1' estrazione , ed a
22 febbraio la facoltà di eliggere un console nel regno di Sicilia,
e di ricuperare nel triduo gli oggetti naufragati (cfr. sopra ,
doc. GXLI e GXLII). Le immunità che ora concedonsi dal Re
Giacomo ai Catalani sono quelle stesse che egli accordò a 24 no-
vembre 1284 ai Genovesi , richiamando in vigore le esenzioni
largite dal Re Manfredi nel 1261 (cfr. sopra , doc. LX e LXIV).
Ponendo infatti a confronto le norme contenute in tale privilegio
con quelle del Re Manfredi del 1257 per i Genovesi (ediz. Orlando
cit. pag. 102; Sella cit. pag. 96), poi ripetute nel 1261, si vede
che esse sono quasi identiche nell'ordine e nelle espressioni. De-
— 427 — (1288)
vesi inoltre notare che a 21 marzo 1285 il Re Giacomo , in se-
guito a reclami dei Genovesi, ordinò che fosse fatta un'inchiesta
delle franchigie da essi godute al tempo del Re Manfredi (V. so-
pra, doc. LXVI). In tale importante documento, edito da Orlando
cit. pag. 105, e ristampato da Sella, pag. 98, si vedono rimesse
in osservanza varie antiche disposizioni sveve , che sono ripor-
tate in questo privilegio per i Catalani.
Le tasse prò ripa et mensuris non sono indicate per il modo
di pagamento ; ma del ripatico si ha notizia sin dal tempo nor-
manno in Sicilia (V. prima , pag. 309) , e secondo il Ducange ,
alla voce ripaticum, è il «tributum quod accipitur in ripis », ed
alquante norme su la gabella fundaci ripe (oltre quella su la ca-
thena portus) si hanno nella Pandetta sveva di Palermo (ed. Pol-
laci cit. , pag. 328 e 339 e seg.) , e pure nella Pandetta di Tra-
pani, riformata verso il 1312. A Messina era la gabella campi vic-
tualium, invece della tassa di fondaco o fundaci ripe (cfr. G. La
Mantia, Pandette delle gabelle regie cit. pag. X e 29 e seg.). Del di-
ritto mensuraturae dà notizia Andrea d'IsERNiA (-J- 1316) nel Ritus
Regiae Camerae cit. (ediz. Pisano, pag. 386), ricordando le merci
che vendonsi ad mensuram e le vettovaglie ad tumulum Curiae.
Per lo schifato basta notare che è una moneta usata nell' I-
talia meridionale sin dall' anno 842. Sul nome , 1' origine ed il
valore di essa offrono speciali cenni Ducange, Glossarium cit.
voce Schyphati; Muratori, Antiq. italicae cit. t. II, col. 787; De
Meo , Annali critico-diplomatici del regno di Napoli della mez-
zana età. Napoli, 1810, t. XI, pag. 390; Guillaume, Essai histo-
rique sur VAbbaye de Cava. Cava dei Tirreni, 1877, Appendice,
pag. L1I, ricordando altresì un documento del 1269, nel quale si
legge : « Schifatum unum auri , qui est tareni odo auri » ; ed
Engel , Rqcherches sur la numismatique et la sigillo graphie des
Normands de Sicile et d'Italie. Paris, 1882, pag. 73.
OLXXXIII.
1288, luglio 30, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo concede a Vitale de Villanova e suoi eredi in
perpetuo il casale di Mazzarino , che prima appartenne a Gio-
(1288) — 428 —
vanni de Mazzarino, il quale poi ne fu privato per delitto di ri-
bellione (suis culpis exigentibus). Sono imposti i soliti obblighi
di servizio militare, ordine di successione, riserve di diritti del
fisco ed altro.
Iacobus dei grada rex Sicilie , ducatus Apulie et prin-
cipatus Capue. Per presens privilegium notum fieri volumus
universis , tam presentibus quam futuris , quod nos Vitali
de Villanova, familiari et fideli nostro, tamquam benemerito,
suisque heredibus in perpetuum casale Mazarini, situm in
valle Nothi, quod fuit quondam lohannis de Mazarino , et
suis culpis exigentibus ad manus Curie nostre devenit, cum
omnibus iuribus, racionibus, tenimentis et pertinenciis suis,
videlicet que sunt de demanio in demanium, et que de ser-
vicio in servicium , sub debito et consueto servicio , dum-
modo non sit de nostro demanio, de liberalitate nostra et
speciali gracia duximus concedendum. Ita tamen quod pre-
dictus Vitalis suique heredes predictum Gasale, cum omni-
bus iuribus, racionibus, tenimentis et pertinenciis suis, sub
predicto servicio a nostra Curia teneant, recognoscant , et
exinde servire ipsi Curie teneantur , quodque vivant iure
Francorum, videlicet quod maior natu minoribus fratribus
et coheredibus suis et feminabus masculus preferatur , et
quod si in eodem casali et tenimento suo sunt aliqui ba-
rones [et] pheudatarii, qui de baronis et pheudis eorum ser-
vire in capite nostre Curie teneantur, nobis nostrisque here-
dibus serviant. ut tenentur, et quod non respondeatur a ba-
ronibus et pheudatariis predicti casalis et tenimenti sui, nisi
de hiis tantum, que intus in eodem casali et tenimento suo
tenent et possident, quodque illi quibus in eodem casali et
suis pertinenciis aliqua iura, possessiones et bona per illu-
stres dominós parentes nostros vel nos sunt concessa , ea
tenere debeant , prout eis per predictos dominos parentes
nostros seu nostram celsitudinem sunt concessa , exceptis
iuribus lignaminum, si qua debentur in eo, defensis antiquis,
salinis, solaciis nostris et aliis bonis massariis Curie et ca-
— 429 — (1288)
strorum municionibus deputatis, si qua sunt in eodem ca-
sali et tenimento suo, que sunt de nostro demanio , et ea
velut ex antiquo ipsi demanio pertinencia volumus eidem
demanio reservari , atque occasione presentis concessionis
manus suas aliquatenus non extendant , et quod ammalia
massariarum, araciarum et marescallarum nostrarum libere
sumere valeant pascua in eodem casali et tenimento suo ;
et si forte tenimenta seu pertinencia dicti casalis currerent
usque ad mare, ius, dominium seu proprietas tocius litoris
et maritime pertinenciarum ipsarum , in quantum a mari
infra terram per iactum baliste ipse pertinencie protendun-
duntur, tamquam ex antiquo ad regiam dignitatem spectan-
cia, in nostris demanio et dominio reserventur , Additate ,
mandato et ordinacione nostris, predicto servicio et cuius-
libet alterius iuribus semper salvis. Ad huius autem nostre
concessionis memoriam et robur perpetuo valiturum sibi
exinde presens privilegium fieri [et] maiestatis nostre sigillo
pendenti iussimus communiri. Datum Messane , anno do-
minice incarnacionis millesimo- CC° octuagesimo octavo ,
mense iulii, penultimo eiusdem, prime indicionis, regni no-
stri anno tercio.
Dal reg. 46 (an. 1407-8) fol. 241 della R. Cancelleria (Arch.
di Stato di Palermo), nel quale registro trovasi trascritto insieme
alla conferma concessa dal Re Federico II aragonese nel 1325
della vendita dei feudi e casale di Mazzarino, Bracalegi e Gibil-
seni, fatta da Calcerando Villanova a Stefano Branciforti Maestro
Razionale nel 1324 (cfr. appresso , doc. del 1325), ed alla poste-
riore conferma del Re Martino nel 1408. Il testo, con le suddette
conferme , si ha pure nel reg. 61 (a. 1428) fol. 81 r. , e reg. 92
(a. 1453) fol. 621 r. della R. Cancelleria, ed altresì nel reg. 30
(a. 1428-29) fol. 89, e reg. 45 (a. 1452-54) fol. 577 r. del Pro-
tonotaro del Regno (pure quivi).
.Se ne trova la copia nei volumi mss. Qq G. 1, fol. 158 r., e
Qq G. 4, fol. 3 r. della Bibl. Comunale di Palermo, senza indi-
care la fonte donde vien tratto.
Nel privilegio del Re Martino è descritto il suggello di cera
(1288) — 430 —
del Re Giacomo, con queste parole : « quoddam privilegium ....
sub sigillo pendenti cere rubee, recommisso laqueo serico rubeo
et croceo colore, ceterisque titulo et signis , quibus tunc in hoc
regno generaliter utebatur». È notevole altresì , come prova della
formazione di antiche genealogie feudali nel 1408 , quella dei
Branciforti e Villanova, contenuta in cotesto privilegio, di Mar-
tino, che dicesi desunta dai documenti allora presentati nell'offi-
cio del Protonotaro, e che conviene riferire : « Fridericus de Bra-
chiisfortibus baro castri et terre Mazareni, filius quondam Nicolai
de Brachiisfortibus, fìlii quondam Friderici de Brachiisfortibus ,
fìlii quondam Raffi seu Raffahelis de Brachiisfortibus, filii quon-
dam Stephani de Brachiisfortibus viri quondam Graciane de Vil-
lanova mulieris, filie quondam Galcerandi de Villanova, filii cuius-
dam quondam Vitalis de Villanova». Il nome del Vitale, bene-
merito sotto il Re Giacomo , era divenuto cuiusdam posterior-
mente.
Menzione antica del documento del Re Giacomo si ha nel voi.
manoscritto Capibrevi Terrarum di G. L. Barberi, a fol. 305 e
seg. (Arch. di Stato di Palermo) , però con data erronea dell' 8
luglio, invece di 30.
Ne fanno ricordo Villabiànca, Sicilia nobile cit. t. Ili, pag.
139, con data del 31 luglio ; Vito Amico , Lexicon topogr. sicu-
lum cit. t. I, p. II, pag. 15, che dice : « Hinc eiusdem principis
beneficio anno MGCLXXXVIII Vitalis de Villanova Messanen-
sis in Mazarini possessionem ivit », ed Amari, 9a ediz. voi. II,
pag. 179 e 208, ma per equivoco lo indica dato in Palermo dal
Re, invece che in Messina.
Del ribelle Giovanni di Mazzarino, poi prigioniero con Alai-
mo di Lentini e Adenolfo di Mineo, si ha notizia nei documenti
degli anni 1285 e 1287 (V. n. LXXV, GLXIX e GLXXII). Amari,
9a ediz. voi. II, pag. 179 ricorda per la menzione di Giovanni di
Mazzarino un documento del 5 agosto 1288 , che è però indub-
biamente falso (né egli lo rileva) , e che io ho indicato sopra
(a pag. 249) a proposito di altro documento falso del regno di
Pietro I per de Milo. Tra le formole feudali del presente privi-
legio del 1288 è notevole quella per i beni « massariis Curie et
castrorum nostrorum municionibus deputatìs » , che è alquanto
rara a rinvenirsi.
— 431 — (1288)
OLXXXIV.
ì, agosto, indizione la.
Il Re Giacomo ordina a Giacomo Salendino e R. Romeo ,
tesorieri della Camera regia, di pagare a R. de Vilacetmat, sol-
dato stipendiario, onde cinque e tari dieci a compimento del suo
stipendio di quattro mesi da 11 novembre , 1* indizione [1287]
sino a tutto marzo della stessa indizione [1288] , ed inoltre on-
de dodici per quattro mesi da aprile a luglio seguenti.
Iacobo Salendino et R. Romeo Camere nostre thesau-
rariis. Placet nobis et volumus quod de pecunia Curie no-
stre, que racione ipsius vestri thesaurarie offieii est vel erit
per manus vestras , R. de Vilacetmat stipendiario et fideli
nostro uncias auri V et tar. X ponderis generalis, prò com-
plemento quietacionis sue mensium IIII et dierum XX, nu-
meratorum ab XI die mensis novembris, prime indicionis,
usque per totum mensem marcii, indicionis eiusdem , nec-
non uncias auri XII dicti ponderis prò quietacione sua men-
sium IIII, videlicet aprilis, madii, iunii, iulii eiusdem prime
indicionis , iuxta tenorem duorum albaranorum lohannis
Scorna , scriptoris quietacionis gentis nostre , familiaris ac
fidelis nostri, vobis proinde directorum, que per vos recipi
volumus raciocinii vestri tempore producendi, prò parte no-
stre Curie exolvatis. Datum etc. [1288].
Dal reg. di n. 261, a fol. 113, del regno di Giacomo II, nel-
l'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Il documento che era « sub sigillo maiestatis nostre », è in-
serito in altro del 28 luglio 1291. La data (che è omessa) si de-
sume da un documento del 28 dicembre 1288 , che è pure inse-
rito dopo il testo di tale ordine regio, probabilmente emanato in
agosto (cfr. appresso, doc. CLXXXVI).
Occorre notare la parola stipendiarius , cioè chi milita per
una mercede , come ricorda Rezasco , Biz. del linguaggio ital.
(1288) — 432 —
cit. voce Stipendiarlo , e la menzione dell' officio « quietacionis
gentis nostre», ossia dei pagamenti per l'esercito. Albaranum è
voce di origine catalana nel significato di apoca o chirografo ,
e molto usata in Sicilia sino ai tempi moderni. Ducange la re-
gistra, riportando le forme catalane albata, albara e albaraio. Il
documento dà prova della precisione degli ordini per il paga-
mento delle milizie nell'isola.
OLXXXV.
1287 sett. a 1288 agosto, indizione la.
Il Re Giacomo scrive ai Secreti e procuratori di Sicilia della
prima indizione [1287-1288] affinchè immettano A. Comte regio
portiere, per i fedeli servizi prestati, nel possesso del reddito an-
nuale di onde otto di oro sui beni della regia Corte , e con la
ricognizione « unius tercie prò qualibet uncia » di reddito , da,
pagarsi alla Corte.
Questo documento è ricordato in altro del 24 settembre 1293,
trascritto nel reg. 260, a fol. 250, del regno di Giacomo IT, nel-
l'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
È detto quivi che il Re avea dato 1' ordine ai Secreti della
prima indizione, e lo aveva ripetuto anco a quelli della terza in-
dizione (1289-1290) « per licteras magestatis nostre». Notevole è
l'obbligo della ricognizione stabilito per l'assegno.
CLXXXVI.
1288, dicembre 28, indizione 2a, Messina.
Il Re Giacomo annunzia ai Secreti di Sicilia , de Pulcaro e
de Bella, di avere prima scritto ai tesorieri della Corte R. Ro-
meo e Bartolomeo Tagliavia , per il pagamento a Giacomo de
Cloviano , soldato stipendiarlo , di onde sei di oro dovute per l
— 433 — (1288)
mesi di giugno e luglio della 1& indizione [1288] , che non fu
eseguito dai tesorieri Romeo e Salendino per mancanza di de-
naro. Ordina ora che si paghino le suddette onde sei, ed altresì
onde tre per il mese di agosto, ed onde sette per i mesi seguenti
da settembre a tutto dicembre della 2a indizione , come appare
dalle apoche.
Iacobus dei gracia etc. Venuto de Pulcaro et notario G.
de Bella, Secretis et magistris procuratoribus Sicilie etc.
Scripsimus pridem per licteras nostras R. Romeo et Bar-
tholocto Tallavie , Curie nostre thesaurariis etc. ut Iacobo
de Cloviano , stipendiano et fideli nostro , uncias auri sex
ponderis generalis , debitas sibi per Guriam nostrani prò
quietacione sua mensium iunii et iulii, prime indicionis nu-
per elapse, iuxta tenorem albarani Iohannis Scorna, scriptoris
quietacionis gentis nostre, familiaris et fidelis nostri, de pe-
cunia Curie nostre , que esset per manus eorum racione
dicti thesaurarie officii , deberent prò parte nostre Curie
exhibere , eo quia predicti R. et Iacobus Salendinus cum
insimul ipso thesaurarie officio fungebantur, quibus de sol-
vend[is] eidem predictis unciis auri sex per cedulam nostram
scripseramus, nichil prò parte nostre Curie solverunt eidem,
sicuti Curie nostre constitit per resignacionem predicte ce-
dute Curie nostre factam , quam mandavimus et fecimus
lacerari. Verum quia nobis exposuit predictus Iacobus de
pecunia ipsa per eosdem thesaurarios, defectu pecunie Curie
nostre non existentis per manus eorum, nihil sibi solutum
fuisse , sicut constitit per resignacionem predictarum lite-
rarum Curie nostre factam , quas mandavimus et fecimus
lacerari, et nobis humiliter supplicava sibi super solucione
ipsius pecunie per nostram Curiam provider! , suis suppli-
cacionibus inclinati , fidelitati vestre mandamus quatenus ,
recepto prius predicto albarano , raciocinii vestri tempore
producendo, dictas uncias auri VI, necnon uncias auri III
eiusdem ponderis debitas sibi per nostram Curiam , prò
quietacione sua mensis augusti , proximo preterite prime
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 28
(1288) — 434 —
indicionis, iuxta tenorem unius albarani dicti lohannis Scor-
na, et alias uncias auri VII dicti ponderis generalis, debitas
sibi per nostrani Guriara prò complimento quietacionis sue
mensis septembris, presentis secunde indicionis, usque per
totum mensem decembris , indicionis eiusdem , iuxta teno-
rem alterius albarani lohannis Scorna predicti, que predicta
duo albarana per vos ab eo similiter recepta volumus ve-
stri raciocinii tempore producenda, de pecunia Curie nostre
debita racione ipsorum officiorum Secrecie et procuracionis,
que dicto anno secunde indicionis ad extaleum exercetis ,
sibi exhiberi et solvere prò parte nostre Curie debeatis. Re-
cepturi ab eo exinde , ad vestri cautelam , apodixam suo
tantum sigillo munitam; nostre tantum Curie reservato quod
si per racionem dicti lohannis Scorna inveniretur nostram
Curiam non teneri eidem Iacobo in tanta pecunie quanti-
tate, quod tam ipse Iohannes Scorna quam dictus Iacobus
respondere et satisfacere exinde nostre Curie teneantur. Da-
tum Messane XXVIIJ decembris, secunde indicionis, regni
nostri anno tercio [1288].
Dal reg. di n. 261, a fol. 113, del regno di Giacomo II, nel-
l'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
È questo un altro documento riguardante militi stipendiarì ,
simile al precedente (n. CLXXXIV). I tesorieri R. [Romeo] e Sa-
lendino sono appunto i medesimi in esso ricordati. La voce exta-
leum denota che gli offici della Secrezia erano stati assunti in
appalto dai Secreti de Pulcaro e de Bella. Su le gabelle tenute
ad extaleum vel ad credentiam è notizia in Andrea d' Isernia ,
Ritus Regiae Camerae cit. pag. 506, che menziona le differenze
esplicite dei due modi di amministrazione. Cfr. pure Ducange
(voce Extalium) , che ne offre V esempio desunto dalle Costitu-
zioni dell'imperatore Federico.
— 435 — (1288)
CLXXXVII.
ì, novembre 4, indizione 2a, Palermo.
Il Re Giacomo, volendo principalmente rimuovere gli eccessi,
le oppressioni e le estorsioni di ogni genere , che commettevansi
dagli officiali durante il dominio del Re Carlo I d'Angiò, ed es-
sendo stato supplicato dai sindaci delle terre e luoghi di Sicilia
al di qua del fiume Salso di porre rimedio agli abusi dei Giu-
stizieri, i quali « dum ubilibet esse non possumus » non eseguono
affatto le costituzioni del medesimo Re approvate nel tempo della
sua coronazione (V. doc. CXXXVIII) e compiono eccessi gravis-
simi , trasmette al milite Marito degli liberti , Giustiziere della
città di Palermo, ed agli altri Giustizieri, i capitoli suddetti al-
lora sanciti, ed altri ora emanati per dar termine ad arbitri ed
ingiustizie , e sotto la pena « iuxta nostrum beneplacitum infli-
gendam » ai Giustizieri trasgressori.
Sono distribuite le costituzioni in 16 capitoli, secondo l'antica
distinzione derivata dai manoscritti.
Le rubriche dei vari capitoli sono queste :
I. De fideiussione ab accusatis prestanda.
II. Ad idem.
III. De eodem.
IV. Quod accusatores et accusati ante litem contestatam li-
bere componant, preterquam in homicidiis publice commissis, et
ut non compellantfur] accusatores iurare de persequenda accu-
satione.
V. De portatione armorum.
VI. De servientibus castrorum.
VII. De custodia reorum.
Vili. De procuratore Curie [admovendo].
IX. Ne Iustitiarii aliquid exigant iure sigilli vel apodixe.
X. Ut generaliter et communiter tam per offìciales Curie, quam
alios quoscumque , pecunia auri et argenti recipiatur et expen-
datur.
XI. De non carcerandis collectoribus pecunie subventionis
usque ad ultimam solutionem vel pagam.
(1288) — 436 —
XII. De imponenda collecta promisse pecunie per Iustitiarium
et alios offìciales, iuxta tenorem cedule eis assignande per regiam
Curiam [sigillate] et non aliter.
XIII. De executoribus pecunie promissionis seu subventionis.
XIV. De Meli estimatione terragiorum facienda.
XV. De novis statutis non exigendis per Secretos.
XVI. De magistris forestarum et qualiter debeant ipsas exer-
cere.
Seguono, dopo il testo dei capitoli sopra indicati, le formole
di corroborazione, mancando le altre di datazione.
Si trova il testo di tali nuove Costituzioni del Re Giacomo
(emanate in novembre 1288) in alcuni dei codici manoscritti del
secolo XV, da me estesamente sopra ricordati (doc. GXXXVIII,
ai n.i II a V, pag. 283 e seg.).
È compreso in quasi tutte le varie edizioni dei Capitoli del
regno da me innanzi distintamente indicate (doc. cit. n.i I-VI ,
VIII-X, pag. 287-289), e che è superfluo qui ripetere. Segue im-
mediatamente dopo il testo delle Costituzioni approvate da Gia-
como nel 1286 , al tempo della sua coronazione , cioè ed. 1497 ,
fol. 10 r. -13; ed. 1526, fol. 11 r.-15; ed. 1575, pag. 14-21;
ed. 1623 , pag. 12 - 17 ; ed. 1655 , pag. 12 - 16 ; ed. 1741 , t. I ,
pag. 28-39; ed. Starrabba, pag. 103-117, oltre le edizioni conte-
nute nel commento di Muta e nella raccolta del Cutelli (nu-
meri IX e X).
Manca l'argomento nell'inizio di questi capitoli nel codice ms.
del secolo XV di consuetudini e privilegi di Messina (ed. Star-
rabba, pag. 103), ed in fine si legge soltanto : «Expliciunt con-
stitutiones illustris domini Regis Iacobi. Deo gratias», le quali
parole si riferiscono a tutte le costituzioni approvate da quel Re,
e non soltanto a queste. Nell'altro codice ms. di Costituzioni e
capitoli di Sicilia (cfr. Orlando cit., pag. 59) si ha in principio
una intitolazione generica per tutti i capitoli di Giacomo, nella
quale si indica : « a tempore sue coronationis in antea » , ripe-
tuta nell' inizio della seconda serie dei capitoli ; e tale designa-
zione fa ben supporre che le due serie di capitoli avevano date
diverse , e si sconosceva quella della seconda serie , dicendosi
solamente in antea, cioè negli anni seguenti, nonostante che si
aggiungesse la data originaria del febbraio 1285,
— 437 - (1288)
Nell'edizione principe del 1497 di Appulo, prima del testo è
un lungo argomento, che è identico a quello premesso ai capitoli
anteriori del 1286 , e si trova nelle posteriori edizioni ripetuto
senza variazione alcuna per le due serie dei capitoli (cfr. pure
Starrabba cit. pag. 103). È evidente che l'errore di Appulo nel
conservare unico titolo a due serie disparate e di tempo diverso,
che non costituisce altro che una ripetizione inutile , fu accolto
senza riserva dai posteriori editori ; ma soltanto il Testa, usan-
do nuova critica nella sua edizione, volle rilevare quell'anomalia
riprodotta inconsciamente, ed osservò a ragione (pag. 29 in nota) :
«Ex verbis regii diplomatis [ossia del preambolo] manifesti er-
roris convincitur quod hic asseritur, sequentes consti tutiones a
Iacobo editas fuisse suae coronationis die». Si ha pure nelle e-
dizioni del 1526 al 1655 in fine dei capitoli la sottoscrizione Rex
Iacobus; ma poiché essa non deriva dai manoscritti, né i Re allora
sottoscrivevano leggi o documenti, non può avere qualsiasi valore.
Deve notarsi altresì che questa seconda serie di capitoli di
Giacomo fu nell'edizione Gariddi del 1525 (e così nelle posteriori
sino al 1741) fornita di numerazione unica (cap. 48 a 63) con i
capitoli della prima serie, perchè appartenenti ad unico sovrano,
e per la comodità della ricerca. Quella numerazione nondimeno
è inesatta in principio, perchè il cap. 48 non è altro che la par-
te finale del preambolo, e non doveva quindi esser segnato come
costituzione, ed inoltre gli argomenti (derivanti dagli antichi ma-
noscritti) premessi al preambolo ed al suddetto cap. 48 (che ne
è parte integrante) sono superflui ed inconcludenti; onde il Testa
notava : « Gur haec a superioribus distrahantur, ac distincto ca-
pitolo concludantur, non videtur ; nam haec et superiora instar
proemii consequentium Gapitulorum sunt». Ho dovuto quindi ri-
portare gli argomenti dei capitoli con numerazione distinta, tra-
lasciando quella complessiva derivante dalla pratica utilità delle
collezioni giuridiche, ed omettendola per il preambolo intero.
Su la data da me assegnata a queste costituzioni del Re Gia-
como , cioè novembre 1288 , occorre offrire alcune notizie. Te-
sta, nella sua edizione dei Capitoli del regno (t. I, pag. 39) ma-
nifestava in fine della seconda serie dei capitoli di Giacomo :
« Si coniecturae locus esset , censerem eas scriptas fuisse anno
1288, quo Iacobus, pactis cum Carolo induciis, in Siciliam re-
diit, ac ab expeditionibus bellique curis paullulum requievit».
(1288) — 438 —
Orlando cit. sostiene, contro il vero (come ho già notato a pag.
285) che Testa abbia apposto la data del 1288 per ambedue le
serie dei capitoli , invece che per la seconda ; e così 1' Orlando
ha lasciato del tutto indefinita la data della seconda serie , che
egli crede unica con la precedente , e con la sola data del 1285
(m. e. 1286).
Amari, 9a ed. voi. II, pag. 169, nulla disse per la data di que-
sti capitoli, che ritiene poco posteriori al 1286 , e serbando im-
mutato quanto avea scritto nel 1842 (tranne qualche ricercata lo-
cuzione) si limitò a notare : « Sono altri ventisette [corr. sedici]
capitoli, dei quali ho fatto qui parola, perchè non si sa appunto
in che anno si promulgassero , né monta molto [nell' ediz. 1842
dice: troppo] a indagarlo». Tale dichiarazione per leggi d'im-
portanza grandissima per tutto il regno non si può affatto acco-
gliere, perchè dimostra trascuranza inammissibile per le memo-
rie relative al diritto ed al progresso della civiltà nell'isola. Vito
La Mantia Stor. della legisl. sic. voi. I , pag. 123 afferma che
le costituzioni del Re Giacomo sono «divise in due parti». Il
prof. L. Siciliano , nella memoria Su la legislazione aragonese
in Sicilia. Note comparative (inserita nella Rivista di legislazione
comparata. Palermo , voi. 1 , 1903) , nella quale tratta soltanto
del diritto penale, non distingue affatto le due serie dei capitoli
di Giacomo, e dice a pag. 75 : « Ci avanzano * 64 capitoli ema-
nati da... Giacomo nel giorno della sua coronazione (2 febbraio
1286) e pubblicati nel Parlamento generale tenuto in Palermo».
Esaminando bene il preambolo della seconda serie dei capi-
toli suddetti, si vede che essi non furono approvati in un Parla-
mento, come quelli della prima serie del 1286, ma bensì vennero
sanciti dal Re "Giacomo e mandati al Giustiziere Marito degli
Uberti ed agli altri Giustizieri, perchè fosse posto freno agli ar-
bitri nell' osservanza delle costituzioni anteriormente emanate :
« ceterasque constitutiones in solemni nostra Curia, celebrata in
ci vitate Panhormi tempore felicis nostre coronationis, edidiinus».
In fine del testo dei sedici capitoli il Re, rivolgendosi al Giusti-
ziere, gl'impone « inviolabiliter et tenaciter observes».
Non si ha quindi alcun dubbio che le due serie non siano so-
lamente distinte per la materia, ma anco per il tempo della loro
formazione ed approvazione. La data del 1:288, ammessa dal Te-
sta, non può rigettarsi. La tregua, alla quale egli intende, con
— 439 — (1288)
acume , riferirsi è propriamente quella stipulata in Napoli dal
Loria, per due anni, nella fine di giugno 1287 (cfr. doc. GLXV1I).
Tale tregua sui mari non fu bene accolta in Sicilia ; e nonostante
che fosse vicino il tempo per una riforma ed interpretazione delle
leggi del 1286 , né molto sicura e propizia quella tregua parti-
colare convenuta col Loria , in rapporto all' altra poi conchiusa
in Gaeta in agosto 1289 col medesimo Re Carlo II di Napoli ,
pure per due anni (V. doc. seguente GXC) , i nuovi capitoli fu-
rono nel 1288 approvati dal Re per tutto il regno.
La deduzione del Testa riceve esplicita conferma nella data,
che io ho rinvenuto apposta, in fine della seconda serie dei ca-
pitoli di Giacomo, nel ms. Regesto Poligrafo di Trapani a fol. 145,
dopo le parole tenaciter observanda, con questi due periodi che
mancano in altri manoscritti e nelle varie edizioni , cioè : « De
die vero recepcionis presencium, cum forma ipsarum , maiestati
nostre tuas remictas licteras responsales. Data Panormi, quarto
novembris, secunde indicionis, regni nostri anno tercio» [1288].
Riesce così provato che nel novembre 1288 fu sancita , con 1' o-
pera di valorosi giuristi , altra serie di costituzioni del Re Gia-
como , anco per dimostrare ai Siciliani che la tregua , che fra
breve sarebbe scaduta, non significava acquiescenza a metodi di
governo della dominazione angioina, ormai aboliti nell'isola.
Darò per questi capitoli di Giacomo del 1288 l'indicazione del
riferimento di essi agli altri del 1286, cioè: 1-15; IV -43; V e
VI - 41 ; VII - 12 ; IX - 14 ; X - 10 ; XV - priv. Pietro I del 20 aprile
1283 (v. sopra, pag. 67); XVI -28. Per gli altri capitoli del 1288
che non hanno riscontro, e che concernono custodia di carcerati,
procuratori del fisco e sistemi di esazione di collette , è d' uopo
osservare che essi sembrano in parte desunti dai capitoli angioini
del 30 marzo 1283 per le provincie napolitane, editi da Cervoni,
Capitula cit., t. II, pag. 28 e 33, oltre che da varie costituzioni
sveve. 11 e. XIV sui terraggi deriva da antichi usi dell'isola, vi-
genti sin dall'epoca dei Normanni per il terraticum. Cfr. Chalan-
don, Hist. de la domination normande cit., voi. II, pag. 696, ed
altresì Garufi , Un contratto agrario in Sicilia nel secolo XII
per la fondazione del casale di Mesepe presso Paterno (nelYArch.
Stor. per la Sic. Orientale, an. V, 1907, pag. 11 e seg.).
Per Marito degli Uberti (e non Marino, come corresse il Testa
contrariamente ai manoscritti ed alle antiche edizioni), al quale
(1288) — 440 —
erano indirizzati i capitoli dal Re Giacomo , basta rinviare alle
estese notizie che espone Rodolfo Rbnier , Liriche edite ed ine-
dite di Farinata degli Uberti. Firenze , 1883 , pag. GXXVII a
CXXXII per Marito, che dice « il primo degli Uberti ch'io trovo
in Sicilia», e per gli altri di quella celebre famiglia fiorentina,
giovandosi di vari ricordi forniti da autori siciliani , ed ancora
delle altre notizie date da Starrabba, Catalogo ragionato di un
protocollo del notaro Citella del 1298-99 (in Arch. Stor. Sic, an-
no XII, 1887, pag. 395), che le comunicò prima all' Amari (9a ed.
voi. II, pag. 393). Di questo Marito degli Uberti è menzione in
alcuni conti del 1285-1287 dell'Ammiraglio Loria, dei quali rife-
rirò in Appendice il testo.
Credo qui utile ricordare che un Leonardo Aldighieri (Aldi-
gerii) era Rettore della città di Messina nel 1266 (come appare
da un documento di tale anno), e probabilmente apparteneva alla
famiglia del grande Poeta , che nasceva in Firenze nell' anno
precedente (cfr. la memoria dell'egregio dott. Giuseppe Travali,
I documenti con firme autografe esposti nell'Archivio di Stato di
Palermo. Ivi , 1892 , pag. 5). Amari non ebbe alcuna notizia di
quel documento, sebbene fornisca nel voi. I, pag. 21, vari cenni
su Leonardo nel tempo della sommossa contro il conte Ruffo in
Messina nel 1256.
CLXXXVIII.
1288, novembre 4, indizione 2a, Palermo.
Il He Giacomo avvisa i Maestri forestari di avere emanato
una sua costituzione, con la quale sono aboliti i capitoli del loro
officio che derivano dal tempo del dominio del Re Carlo I d'An-
giò, «que abominabilia penitus detestamur », perchè davano pre-
testo ad oppressioni di ogni genere contro i sudditi. Vuole che i
medesimi Maestri forestari adempiano bene il loro ufficio « ne-
minem indebite aggravando».
Sono ricordate queste lettere in fine del cap. XVI delle costi-
tuzioni approvate dal Re Giacomo nel 1288 (vedi doc. precedente),
con queste parole : « Super quo eisdem magistris forestarum no-
stre satis expresse litere diriguntur».
— 441 — (1289)
Per la data, che si dimostra contemporanea all'approvazione
dei capitoli, basta rinviare a quanto ho esposto per determinare
l'epoca di essi.
La nuova costituzione aveva lo scopo di annullare i capitoli
dei Maestri forestarì del tempo angioino, poiché il cap. XXVIII
del 1286 del Re Giacomo concerneva soltanto la proibizione di
formare foreste regie nelle terre appartenenti ai privati (ed. Testa,
t. I, pag. 19). Su gli eccessi che gli officiali angioini, ed anche
posteriormente gli aragonesi commettevano per foreste e caccia,
ho dato notizia sopra (doc. GLXXIII). I capitoli dei Maestri fo-
restarì, dei quali è sancita l'abolizione nella costituzione di Gia-
como trasmessa ai suddetti officiali, offrono la data del 28 marzo
1274 , e trovansi nel reg. ang. n. 18 , 1273 A , fol. 224 , e sono
stati pubblicati per intero dal benemerito Minieri-Ricgio, Il re-
gno di Carlo 1 d'Angiò (neWArch. Stor. Ital., Ser. 3a, t. XXIII,
1876, pag. 50). Sono divisi in sette paragrafi con varie rigorose
disposizioni e multe esorbitanti nel caso di contravvenzione.
olxxxix.
1289, gennaio 13, indizione 2a, Messina.
La città (Universitas) di Messina, riunita nel luogo consueto,
poiché i mercanti della suddetta città subiscono dagli ufficiali del-
la dogana di Palermo molti danni ed estorsioni, volendo rime-
diare a tali inconvenienti, eligge suoi ambasciatori il giudice Ro-
berto Calzamirra ed Andriolo de Falcone, regio Console dei ma-
rinai (riautarum) , allo scopo di presentarsi dinanzi il Re ed e-
sporgli quelle ingiustizie ed ottenere i provvedimenti opportuni.
Seguono le firme dello Stratigoto di Messina e dei giudici e te-
stimoni.
(Atto in notar Enrico de Santa Epifronia, di Messina).
In nomine domini amen. Anno eiusdem incarnacionis
millesimo ducentesimo octuagesimo octavo , terciodecimo
die mensis ianuarii, secunde indicionis, regnante serenissimo
(1289) — 442 —
domino nostro domino Iacobo dei gracia inclito rege Sici-
lie , ducatus Apulie et principatus Gapue , regni sui anno
tercio feliciter amen. Nos infrascripti Iudices civitatis Mes-
sane, Henricus de Sancta Epifronia regius publicus eiusdem
civitatis notarius et testes subscripti, ad hoc vocati specia-
liter et rogati, presenti scripto publico fateraur, notum fa-
cimus et testamur quod cum mercatores cives predicte ci-
vitatis Messane nunc a dohaneriis panormitanis multa gra-
vamina et exacciones inlicitas paciantur , [ipsi] mercatores
asserentes molestias ipsas universitatis civitatis eiusdem, no-
lente predicta universitate pati gravamina inlicìta supradicta
et volente ipsis grava minibus obviare , providit dieta uni-
versitas Messane suos sindicos ad serenissimum dominum
nostrum regem prò huiusmodi [negocio] destinare , et per
ipsos sindicos facere conscium dominum nostrum regem
predictum, per quem predicte exacciones inlicite derimantur.
Propter quod dieta universitas Messane , congregata in u-
num in consueto loco civitatis eiusdem, elegit suos sindicos,
ambassatores et nuncios nobiles viros Iudicem Robertum
Galzamirra, Iudicem civitatis ipsius anni presentis secunde
indicionis predicte, et Andriolum de Falcono, regium Gon-
sulem nautarum in civitate predicta, concives suos, ad pre-
sentandum se coram regia maiestate , prò parte universi-
tatis eiusdem , et exponendum eidem domino nostro regi
gravamina et exacciones inlicitas supradictas , inlatas per
predictos dohanerios Panormi ad presens mercatoribus mes-
sanensibus supradictis et obtinendum a predicta maiestate
regia ea omnia, que in hiis mandaverit regia maiestas pre-
dicta. Promictens dieta universitas , sub ypotheca omnium
bonorum suorum, ratum habere quicquid dicti eorum sin-
dici super hiis duxerint faciendum. Ad huius autem rei fu-
turam memoriam, et quod de presenti sindacatu et omnibus
supradictis fides adhiberi valeat in posterum apud omnes,
factum est inde presens instrumentum per manus mei pre-
dicti notarii Henrici, subscripti nobilis viri domini de Villa-
ragut regii Stratigoti Messane , nostrum predictorum ludi-
— 443 — (1289)
cum subscriptionibus et subscriptorum testium testimonio
roboratum.
f Ego Berengerius de Vilaraguto regius Stratigotus Mes-
sane.
•J- Ego Bartholomeus de Insula Iudex Messane.
f Ego Iohannes de Laburzi Iudex Messane.
f Ego Nicolosius de Brignali Iudex Messane.
f Ego Iudex Guilelmus de Pactis testor.
f Ego notarius Iohannes de Peregrino testor.
-J- Ego Boniohannes de Ioffo testis sum.
f Ego Poncius Gepulla testor.
f Ego Philippus Sardus testor.
f Ego Nicholaus de Bonfilio testor.
f Ego Aldibrandus de Falcone testor.
f Ego Iacobus de Bufalo subscripsi.
f Ego Astasius Chaffus de Granata testor.
f Ego Iohannes Buccapichula testor.
-J- Ego Bartholomeus de Magistro Iudex Messane.
f Ego Robbertus de Aloysio , miles , nesciens scribere
feci subscribi per manus Guillelmi de notario Orlando de
Aydone.
f Ego Fridericus Russus, miles, fìlius Perroni Russi testor.
f Baldoynus Mussonus.
f Ego Boniohannes de Falcone testor.
f Ego Gonradus Riara testis sum.
f Ego Henricus de Sancta Epifronia regius publicus Mes-
sane notarius scripsi et testor.
Dalla perg. di n. 280 del regno di Alfonso II, nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona. Vi si riscontra qualche errore e lacuna, che
ho corretto e supplito.
Carini, Gli Arai, e le Bibl. voi. II, pag. 231 ne dà il sunto,
con la data 1288, che non riduce al modo comune, e trascrivendo
Calzamurra invece di Calzamirra come trovasi nel testo.
Ho fatto nel 1906 menzione di tale documento nel mio lavoro
Le Pandette delle gabelle cit. pag. XVI, nota 1, fra i ricordi della
Pandetta antica di Palermo.
(1289) — 444
La deliberazione dei Messinesi è veramente importante per la
storia del commercio dell'isola, perchè prova come essi non go-
dessero allora grandi esenzioni nella dogana di Palermo , anzi
fossero costretti ad exacciones inlicitas, nonostante il privilegio
del Re Federico svevo, che nel 1196 ordinava « universos [Mes-
sanenses] per totum regnum nostrum, tam per mare quam ter-
ram, ampia volumus liberiate beare » (De Vio, Pimi. Panormi cit.
pag. 35). Sembra pertanto che tale franchigia col decorrere dei
tempi non fosse stata più osservata, come dovevasi. La Pandetta
che vigeva in Palermo nel 1289 era appunto quella di origine
sveva, che gli Angioini avevano mantenuto , e che è stata pub-
blicata da Pollaci, Atti della città di Palermo cit. pag. 317 e seg.
il quale però non seppe rilevare la vera data di essa.
Per le molteplici disposizioni che nella Pandetta di Palermo
si contenevano, specialmente per le dogane di mare e terra e per
qualche altra gabella, dovettero avvenire spesso inconvenienti coi
Messinesi per l'esazione di quelle tasse. In Messina anche in tal
tempo nella Pandetta notavansi « multas diversitates iurium do-
hanarum portus et terre», talché i mercanti «ab exercendis nego-
ciacionibus eorum resilire quodammodo cogebantur » , come di-
ceva il Re Giacomo nel privilegio del 16 febbraio 1286 (cfr. so-
pra, doc. GXL). La notizia delle molestie, che arrecavansi ai Mes-
sinesi in Palermo, trova piena conferma nelle espressioni che u-
savano i Palermitani per la loro Pandetta, innanzi la riforma di
essa avvenuta nel 1312, sull' esempio di quella di Messina , per
le dogane di mare e terra. Si manifestava infatti dai Palermitani
al Re Federico II che «propter multas et diversas cabellas do-
hanarum regiarum urbis . . . mercatores . . . sepius impediun-
tur et diversimode molestantur , in eo maxime quod diversas
soluciones eos proinde facere oportet in cabellis eisdem » (cfr. G.
La Mantia, Pandette cit., pag. XV e seg.).
Quali provvedimenti abbia adottato il Re Giacomo per i pa-
gamenti dei Messinesi nella dogana di Palermo non ci è noto ;
però non è a presumere che le proteste solenni della città di Mes-
sina siano rimaste senza la debita considerazione , almeno per
mitigare rigori ed arbitri.
Sono degne di nota nel documento la menzione del Consul
nautarum e le firme dello Stratigoto di Messina , di Nicoloso
de Abrignali , che fu nel 1290 inviato come nunzio a Genova
- 445 — (1289)
(cfr. doc. di tale data), e di Baldovino da Mussone, l'antico ca-
pitano di Messina , anteriore ad Alaimo da Lentini (V. sopra ,
pag. 16 e 149) , oltre una firma araba che trovasi in fine fra le
altre nel documento medesimo.
cxo.
1289, agosto, indizione 2a, Gaeta.
Trattato di tregua conchiuso tra il Re Carlo II di Napoli e Gia-
como Re di Sicilia per due anni , cioè sino alla festa di Ognis-
santi della 5» indizione (1° novembre 1291). Si stabilisce in esso :
1. Durante quel termine non si potrà muovere guerra per
mare o per terra, né permetterla.
2. Restano esclusi dalla tregua i territori della Calabria
sino a Trebisaccie e Castellabate; ma vanno invece soggetti i luo-
ghi medesimi che sono presso il mare.
3. Non è concessa tregua agli almogaveri, che si trovano in
quei territori, nel caso di guerra nel regno, e ad essi il Re Gia-
como non darà aiuto o consiglio.
4. Appartiene al Re Giacomo ed ai suoi ufficiali V obbligo
di inviare vascelli con munizioni per difesa delle terre e luoghi
di Calabria, soggetti al suo dominio.
5. È vietato al Re Giacomo di inviare vascelli per muovere
guerra o ribellione nei luoghi marittimi appartenenti al Re
Carlo II.
6. Nel caso di danni cagionati da una delle parti contraenti,
ne sarà fatto V esame dinanzi la Corte che ha sofferto i danni
suddetti, o innanzi il nobile Giovanni di Monforte per parte del
Re Carlo II, o dell' ammiraglio Ruggiero Loria per parte del
Re Giacomo, e si risarcirà fra quaranta giorni il danno dal so-
vrano, che l'ha arrecato.
.... Quod usque ad festum omnium Sanctorum proxi-
mo future quinte indictionis penitus duraturum, guerram ali-
quam non faciatis in terra nec in mari, neque per vestrorum
aliquos moveri aut fieri permittatis , exclusis a conditione
(1289) — 446 —
treuguarum ipsarura per terram [locis] Calabrie et citra Cala-
briam usque Tribisacium et Gastrum Abbatis, quibus ....
per mare (vero et usque ad locos maris treuge sunt indite
prò ut [exclusis| etiam a terminis predictorum fi-
niura infra terram almugavaris tantum , si forte guerram
aliquam per terram ubilibet infra regnum. Pro-
misso tamen per vos bona fide quod almugavaris ipsis, in
movenda vel facienda guerra ipsa, nullum prestetis consi-
lium, auxilium vel favorem, nec per officiales aut stipendia-
rios vestros associari permictatis eosdem. Et licet ex treu-
guarum ipsarum serie vobis et officialibus vestris competat,
prò munitione terrarum et locorum Calabrie vestro subie-
ctorum dominio, vascella illuc per mare mietere cum muni-
tionibus oportunis, per sequens tamen capitulum de treugis
ipsis per vos, gentem, valitores ac fautores vestros ubilibet
per mare servandum ac servare faciendum , expresse su-
biungitur quod causa faciendi vel movendi guerram , sca-
dalum vel turbationem in locis aliquibus existentibus ubi-
libet in dominio ac potestate dicti regis, vobis infra tregua-
rum ipsarum tempus, cum vascellis aliquibus ire non liceat,
aut illuc vascella mietere in magna vel modica quantitate.
Quibus etiam treugis inter alia subditur quod si medio tem-
pore contra earum formam ab una parte aliqua dampna
data fuerint alteri , eis probatis in Curia domini dampna
passi, vel viri nobilis domini Ioannis de Monteforte, Squil-
lacii et Montis caveosi comitis, prò parte dicti regis, seu viri
nobilis domini Rogerii de Lauri a, vestri ac regni Aragonum
Ammirati, prò parte vestra, dominus illatoris infra quadra-
ginta dies, numerandos a die significationis , exinde per li-
cteras sibi factas dampna ipsa bona fide sarciri faciat ....
passis.
Dal registro angioino n. 54, notato 1291 A, a fol. 183 e seg.,
nell'Archivio di Stato di Napoli. Il testo, reso più breve , è in-
serito in un documento del conte Roberto d'Artois, del 27 dicem-
bre 1290.
— 447 — (1289)
Pubblicato il documento suddetto del 1290 da Amari, Un pe-
riodo cit. Documenti, pag. XVIII e seg., e ristampato da Toma-
celli, Storia dei reami di Napoli e Sicilia cit., voi. II, pag. 405
e seg.
Il conte d'Artois ricorda espressamente (oltre i nomi dei so-
vrani stipulanti) la data del trattato « de mense augusti, secunde
indictionis proximo preterite , ante Gaietam » , ed aggiunge che
se ne aveva «non vulgarem exinde in populis notionem», e che
fu formato atto solenne « confecta utraque [corr. utrinque] pro-
inde scripta sollempnia , serie tam fulgenti». Non si ha alcun
dubbio che il testo sia quasi con le stesse parole riferito in gran
parte, come si desume dall'affermazione del conte d'Artois: « satis
adiacet verba repeti treuguarum, ut eorum serie proposita » ecc.
Varie notizie su i fatti dell'assedio di Gaeta, ove era presente
il Re Carlo II (ossia il principe di Salerno) già libero dalla pri-
gione di Catalogna sin dal novembre 1288 , e coronato in Rieti
a 29 maggio 1289, offre Amari, 9a ediz., voi. Il, pag. 205 e seg.
Il cronista Speciale dice : « Igitur inter partes treuge firmate sunt,
et ut deferatur in aliquo regie dignitati, Comes [Avellini] prior
loca castrorum deseruit, post biduum vero Rex [Iacobus] classem
ascendens in Siciliam remeavit» (lib. II, cap. 14, ed. Gregorio
cit., pag. 344). Di quella tregua scriveva poi Carlo II a 1° novem-
bre al Re Alfonso (cfr. Rymer, Foedera cit. t. II, pag. 441), ed
il papa Bonifazio Vili nel 1300 la ricordava come nulla , e sti-
pulata senza autorizzazione della Chiesa (Vedi Potthast , cit.
n. 24898). Nella importante lettera suddetta di Carlo II si dice
altresì che fu discusso , durante quella tregua , il progetto del
trattato di pace, ma che venne respinto dal Re Giacomo e dal
Loria , e che fu anzi ad alcuni , che tale ripulsa biasimavano ,
« per eundem Rogerium inculcata responsio quod si Catalonia et
Aragonia et totus mundus contra ipsos signum crucis assume-
rent , propter hoc non dimittent Siciliam , nisi exinde viribus
axtrahantur » .
Mi è sembrato utile riprodurre la parte del documento acces-
sorio e di reclamo del 1290 che contiene il testo del trattato di tre-
gua, perchè se ne abbia migliore notizia e possano considerarsi
con precisione le notevoli disposizioni quivi contenute. Ho emen-
dato il testo per qualche errore evidente o lacuna. Gli almogaveri
erano le animose milizie catalane, ben note per i ricordi frequenti
(1289) — MS —
delle cronache. Di essi fornisce estesa menzione Dugange, voce
Almugavari, traendone l'etimologia dall'arabo. Altre particolari
notizie, anche in riguardo a questo documento, dà Amari, 9a ed.
voi. I, pag. 349, nota 1. Su Giovanni di Monforte si vedano i
documenti del 1288 e 1291 editi da Minieri-Riccio, Saggio di co-
dice diplomatico. Napoli, 1882, Supplemento, parte I, pag. 49 e 53.
La tregua non fu esattamente osservata dai Siciliani , e fre-
quenti proteste spedivansi dalla Corte di Napoli al Re Giacomo
ed a Loria, come appare dal documento inedito del 28 ottobre di
questo stesso anno, che viene da me appresso riferito (n. CXC1).
Nondimeno la Sicilia potè ancora godere un periodo di quiete e
di pace, che servì a sollevare le condizioni del regno.
OXOI.
1289, ottobre 28, S. Gervasio.
Il conte Roberto d'Artois e Carlo, figlio primogenito e Vicario
generale del Re Carlo II di Angiò, scrivono a Giacomo, Re di Sici-
lia, per dargli notizia che, dopo l'avvenuta conchiusione e pubbli-
cazione della tregua tra il suddetto Carlo e Giacomo (V. doc.
precedente), hanno saputo che una nave con gente del medesimo
Re Giacomo, armata in Cotrone, navigando verso la marina di
Policoro, aggredì quegli abitanti , ed alcuni uccise ed altri fece
prigioni, e che, poco dopo, altre due navi pure armate in Cotrone,
scorrendo la marina di Valle di Crati e di Otranto, saccheggia-
rono alcuni casali e presero varie barche che viaggiavano. Ri-
chiedono pertanto il Re Giacomo perchè provveda a reprimere le
offese arrecate dalle suddette navi e da altre contro i patti sta-
biliti per la tregua, ed al compenso dei danni, ed avverta quanto
crederà disporre.
Simile lettera a Ruggiero Loria.
Inclito viro domino lacobo dudum regis
Aragonum. Robertus coraes Atrebatensis et Karolus illustris
regis Iherusalem et Sicilie primogenitus hono-
— 449 — (1289)
ris Montis sancti Angeli dominus, ac in eius regno Sicilie
Vicarius generalis, id agere quod valeat ad salutem. Dudum
post contracta inter magnifìcum principem dominum Karo-
lum secundum, Iherusalem et Sicilie regem illustrem, ac vos
presencium federa treugarum, eo quidem per fi-
deles regios citra Farum ex parte regia publicatis, magnitudo
vestra ex sua simile fecerat ac fecisse debuerat, in quo vos
credere nec debemus nec volumus defecisse , ad noticiam
nostram pervenisse noveritis quod galionus unus, in Cutrono
gente vestre potestatis armatus, apud maritimam Policorii
navigavit eiusque naute loci eiusdem homines , qui velud
infra treugas positi, de ipsarum securitate fìdentes et proin-
de tam [inj fortelliciis quam excubiis minus cauti, hostiles
incursus et presertim maritimos non timebant, hostiliter in-
vaserunt; et pluribus interemptis, nonnullos secum captivos
cum suis spoliis traduxerunt. Verum cum id vobis scribere
pararemus , ecce iterato et graviter multorum fidelium nu-
per ad nos querela perduxit quod galioni duo similiter in
Cutrono armati, terre Ydronti maritimam discurrentes, ca-
salia quedam sunt ipsarum parcium depredati , et barcas
quasdam ceperunt per maritimam Vallis grati et terre Y-
dronti sub treuguarum ipsarum fiducia navigantes. Sane
licet vir nobilis dominus Iohannes de Monteforti , Squil-
laci et Montis Caveosi comes ac regni Sicilie Gamerarius ,
dampna, que inferrentur per vos nostris, vobis intimaret, et
que darentur per nostros vestris, ex pactis invicem habuerit
emendare ; quia tamen prefatus rex eum ad partes Francie
secum duxit, sibi in hiis ex parte nostra viros nobiles do-
minum Anselmum de Gaprona, regni Sicilie marescallum ,
et dominum Hugonem de Vicinis regie marescalle magistrum
esse noveritis substitutos , qui quantitatem et qualitatem
dampnorum ipsorum cerciori et piena indagine veritatis ex-
quirunt, vobis e vestigio intimandam. Vos igitur, ex dieta-
rum treugarum virtute, requirimus quod super cohibendis
de cetero, ab offensione nostrorum, tam dictis vassellis quam
aliis, et generaliter servandis treugarum ipsarum federibus,
G. La Mantia, God. dipi. arag. 29
(1289) — 450 —
nec minus puniendis hiis, qui eas transgredi, ut predicitur,
ausi sunt, ac dampnorum per dictos galionos datorum e-
mendacione, cum de illis certitudinem a predictis substitu-
tis habebitis, id velitis et expresse mandare et efficaciter o-
perari, quod honori nostro et promisse fìdei servacioni de-
betur. Rescribentes nobis per latorem presencium quicquid
inde intenditis per debita vestre correpcionis opera secutu-
ros. Datum apud Sanctum Gervasium, die XXVIfl octubris,
IIP indicionis [1289J.
Eodem die, ibidem , similes facte sunt domino Rogerio
de Lauria, verbis competenter mutatis.
Dal reg. angioino n. 54, segnato 1291 A , fol. 10 r. nell' Ar-
chivio di Stato di Napoli. Il testo è logoro in qualche parte per
umidità nella pergamena.
Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 209, dà un breve sunto indeter-
minato di tale documento per «atti contrari alla tregua».
Vari documenti di simil genere trovatisi per tale anno e per
il seguente nei registri angioini, e contengono le rimostranze che
facevansi dai Vicari al Re Giacomo od a Loria per inosservanza
della tregua, od i provvedimenti che davansi in tale occasione.
Di alcuni di quei documenti ha fatto cenno 1' Amari cit. a p. 209
e 210. Ho voluto riferire il testo intero della lettera dei Vicari
angioini del 1289, da me trascritto nell'Archivio di Napoli, per-
chè essa costituisce uno dei reclami più vicini al tempo della
conchiusione della tregua, cioè nella fine di agosto 1289.
Devonsi rilevare nel documento le espressioni di principe e
Re usate per Carlo II, liberato da poco tempo dalla prigionia in
Catalogna , e la notizia che il conte Giovanni di Monforte era
andato allora insieme col Re ad partes Francie , e che in vece
del suddetto conte erano stati destinati, per il compenso dei danni
derivanti dalle infrazioni reciproche della tregua, il maresciallo
Anselmo de Caprona ed il maestro Ugo de Vicinis. Sul Monforte
cfr. altresì i ricordi biografici che fornisce Durrieu, Les archives
angevines de Naples cit., t. II, pag. 352.
— 451 — (1290)
OXOTI.
1290, marzo 22, indizione 3a, Messina.
Il Re Giacomo annunzia a Giovanni Sestari di avere ricevuto
le sue lettere, nelle quali ha riferito le notizie avute da Genova,
e vuole che ancora ne trasmetta al più presto. Lo encomia per
la sua sollecitudine circa l'impeciatura delle navi ed altri servisi.
Per la nave di Ruggiero Loria e per quelle, che dovranno pren-
der carico, gli ordina di inviarle dove si hanno migliori notizie,
tranne che in Catalogna, e che sia mandata pure per il carico la
nave regia, se non potrà noleggiarsi. Dice di aver fatto vendere
la pece spedita, che sinora non è stata consegnata al compratore,
e di inviargli intanto (per le spese necessarie) col latore della
lettera cento onde in pierreali d'oro, riserbandosi di rimettere il
resto.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. lohanni Sestari fideli suo graciam suam et
bonam voluntatem. Reebem les letres vestres, eri quens fa-
yets saber entre les altres coses lo novel, que entes aviets
de les parts de Ienova, lo qual novel entes segons que vos
per les dites letres nos trameses a dir, loam molt la solli-
citut que avida avets en fer saber a nos aquel. Manans a
vos que totavia que ardit o novel alcu sabrets dalcunes
parts, que fassats aquel nos saber con pus tost puscats.
Loan encara la sollicitud, que avets en les pecgaments de-
les nosires naus et en fer les altres serveys nostres. Ago
que vos demanavets del tari de la dohana, nos avem ia
trames recapte per lo correu, que vos nos trameses, quens
trameses a dir del fet de la nau den Rogers , si playa a
nos quant fos carrigada, que la tramesesets la don agues-
sets melors noves, et que valria mes que trametrela en Ga-
talunya. Vos responem eus manam que quant la dieta sia
carregada et espeeguda , et encara les altres que per nos
avets a carregar , que les trametats la don melors noves
(1290) — 452 -
haiats, ab consel totavia den Vilaragut et den Gerusa suy
scr[ivan , exjceptat en Gatalunya , on en nenguna raanéra
no volem que vaien. Aago quens envias a dir de la nostra
nau, si vuliem que quan fos venguda , que la tramesesets
al carrech , vos responem eus manam que mantinent que
sia venguda, si doncs no la pudiers noliciar per aquel no-
lit , que nos ia us avem trames a dir per altres letres no-
stres , la trametats al carrech. E aixi aquel con les altres
que les peutets despeegar tant pus tost ne pus delivrament
pugats. La pegunta quens trameses, avem feta reembre, et
es ver .... da, mas encara no sabem quant pesara, que
aquel qui la avia comprada no la avia reebuda ; mas per
mes a vos a des vos puscats aiudar dels diners en co ,
quels avets mester en nostres serveys, enviam vos per en
P. Busot , portador destes letres , del preu daquela G un-
Qas en perreals dor, comprat cambi a rao de VIIJ grans
per unga, et el sobrepus vos enviarem per bom segur quant
la pegunta sera pesada , et sarem certs a quant pervin tota
la pegunta damuntdita ; vos empero quan les dites G un-
gas havets reebides , certificats nos per letres vostres. Da-
tum Messane, XXII0 marcii, III lndicionis [1290].
Questo documento in antico idioma catalano si conserva al
n. 9835 delle Cartas sueltas sin fecha del Re Giacomo II, nello
Arch. Cor. Arag. in Barcellona. Vi manca la data dell'anno, la
quale si desume dall'indizione e dalla data di luogo.
Non è dubbio che la lettera regia sia stata inviata in Catalogna,
della quale regione si adoperava talvolta il linguaggio anche nella
Corte di Sicilia. Le notizie di Genova riferi sconsi probabilmente
ai fatti concernenti le pratiche per la lega proposta dal Re Al-
fonso a 27 gennaio 1290, in seguito alla mancata fede del prin-
cipe di Salerno, il quale «non pacem , imo guerram et discor-
diam contra nos ipse procurat», ed ha per sé l'aiuto della Chiesa
romana, che «non vult in iusticia nos audire», onde il Re di-
chiara ai Genovesi che sarebbe stato costretto a combattere la
Chiesa, «nam vim vi repellere omnes leges omniaque iura pro-
clamant». Nelle condizioni della lega scritte in catalano ed ag-
— 453 — (1290)
giunte in fine del documento suddetto , al § 3 era stabilito che
il Re Alfonso dovesse pure procurare l'amicizia del fratello Gia-
como di Sicilia. Il documento inedito è stato da me pubblicato
nell'Armari (1908) d'Estud. calai, cit., pag. 360-362.
Si ha altresì la prova dei rapporti della Corte di Sicilia con
la repubblica di Genova, in quel tempo, da un privilegio del Re
Giacomo del 3 luglio 1290 di concessione di immunità di com-
mercio ai Genovesi in Sicilia, nel quale si ricorda un'ambasceria
inviata dal Re di Sicilia ai Genovesi nel mese di maggio del me-
desimo anno (cfr. appresso, doc. GCIII).
I provvedimenti per navi, trasporti di provvigioni ed invio di
danaro per le spese diverse erano quindi dati nell' occasione di
difesa necessaria alla Catalogna. È notevole in fine in questo do-
cumento la designazione del cambio al computo (a rao) di grani
otto per oncia di pierreali d'oro. Su la coniazione di tale moneta,
ordinata dal Re Pietro I in Sicilia, rimane il documento del 1283
nel reg. 54, fol. 176 e seg. ed anco il fac-simile della moneta dopo
le parole : que sii forme et cunei - provisum (cfr. Carini, De rebus
cit., pag. 425 e seg.).
OXOIII.
1290, aprile 8, indizione 3», Messina.
Il Re Giacomo costituisce suo procuratore Bertrando de Can-
nellis per esigere, per parte sua, da Giacomo di Pietro figlio del
Re Pietro I, suo padre, la somma di venticinquemila soldi di
Barcellona , consegnata in mutuo al medesimo dall' ammiraglio
Ruggiero Loria. Conferisce a tal uopo ogni facoltà per il conse-
guimento della somma, promettendo di ratificare quanto il de
Cannellis eseguirà.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Presenti scripto notura fieri volumus univer-
sis quod nos constituimus, facimus et ordinamus Bertran-
dum de Canellis, militem, legitimum et certuni procuratorem
(1290) — 454 —
nostrum ad petendum, exigendum et recipiendum, nomine
et prò parte nostra, ab egregio Iacobo Petri , fìlio illustris
Aragonum et Sicilie regis, clare memorie, domini patris no-
stri , vigintiquinque milia solidorum bone monete Barelli-
none ponderis de terno, quos mutuo sibi fecimus assignari
per manus nobilis Rogerii de Lauria, regnorum Aragonum
et Sicilie Amirantis, seu quos dictus Rogerius mutuavit et
tradidit sibi nomine nostro , prout in scripto publico inde
facto ad cautelam nostram plenius continetur. Dantes ei-
dem procuratori nostro auctoritatem, licenciam et plenam
potestatem predictam monetam petendi, exigendi in iudicio
et extra, et ipsam recipiendi nomine nostro ab eodem de-
bitore nostro, faciendi sibi quietacionem, liberacionem, cau-
telam seu apocam de receptis post recepcionem integre mo-
nete predicte, constituendi et substituendi alium vel alios
procuratorem vel procuratores loco sui eciam ante litem, et
eciam faciendi et exercendi omnia et singula circa premissa
contra eum et bona sua, que nos ipsi contra eum et bona
sua tacere et exercere possemus. Cui eciam vel quibus con-
stituendo vel substituendo , constituendis vel substituendis
per predictum Bertrandum , damus potestatem recipiendi
monetam predictam nostro nomine, et alia faciendi que com-
misimus Bertrando predicto circa predicta. Promictentes ra-
tum et fìrmum habere et tenere quicquid idem procurator
noster, vel constituendus seu substituendus unus vel plures
ab eo, circa premissa et in premissis prò parte nostra du-
xerit vel duxerint faciendum. Ad cuius rei certitudinem pre-
sens procuracionis scriptum fieri, et nostri sigilli pendentis
munimine iussimus roborari. Datum in civitate Messane ,
anno domini millesimo ducentesimo nonagesimo, mense a-
prilis , octavo eiusdem, tercie indicionis, regni nostri anno
quinto.
Dalla perg. di n. 364 del Re Alfonso II, nell'Aron. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl., voi. II, pag; 233, ne dà un breve
sunto.
— 455 — (1290)
Giacomo di Pietro era figlio naturale del Re Pietro I. Pirri.
Chronol. regum cit. pag. XL, offre alcune notizie biografiche di
lui. Si ha il ricordo di altro mutuo fatto dal suddetto Giacomo
di Pietro nel 1283 per la somma di duemila soldi di lacca (cfr.
Carini, cit. pag. 70). Si veda pure il testo del documento del 1284
da me riferito sopra (pag. 123 e seg.).
Deve altresì notarsi l' indicazione della moneta barcellonese
de terno, per la quale fornisce chiarimenti il Dugange alla voce
moneta ternalis.
OXOIY.
1290, aprile 25.
Trattato di pace (in lingua araba) tra il Sultano di Egitto
Kélaoun Malec-el Mansùr da una parte, ed il Re Alfonso d'Ara-
gona, il Re Giacomo di Sicilia ed i fratelli Federico e Pietro
dall'altra, da aver vigore dal giorno stesso della sua conchiusione.
Si concede con tale trattalo :
1. Sicurtà completa dal Re Alfonso e suoi fratelli nei loro
sfati agli abitanti dei domini del Sultano, cioè da Costantinopoli
per le regioni dei Rum [Bizantini] e della Siria sino a Damiata
nell'Egitto, e di là sino a Tunisi. Simile sicurtà è accordata dal
Sultano nei suoi domini agli abitanti del regno di Aragona e di
quello di Sicilia, che comprende V isola, la terra di Puglia e le
isole di Malta, Pantelleria ed Ischia.
2. Difesa da parte del Re Alfonso nel caso che il Papa od
alcuno dei sovrani Franchi [Latini] muovesse guerra al Sultano.
3. Aiuto reciproco e ricuperazione, nei casi di naufragio, ne-
gli stati e domini dei contraènti.
4. Trasmissione libera dei beni di coloro che moriranno ne-
gli stati dell'altro sovrano.
5. Sicurtà e custodia per gli ambasciatori di entrambi i con-
traenti.
6. Proibizione della pirateria e punizione dei colpevoli , ed
invio dei prigionieri salvati al proprio stato.
7. Esportazione libera dagli stati del Re Alfonso per il ferro,
armi ed altro.
(1290) — 456 —
8. Liberazione di prigionieri musulmani, che saranno con-
dotti per la vendita nei domini del Re Alfonso o del Re Giacomo.
9. Determinazione di controversie di commercio tra i Mu-
sulmani ed i sudditi di Alfonso nei domini del Sultano.
10. Restituzione e rimborso del valore per le merci dei Mu-
sulmani perdute su le navi del Re Alfonso.
11. Estradizione per i fuggitivi dai domini del Sultano in
quelli del Re di Aragona o di Sicilia e viceversa.
12. Permesso agli abitanti degli stati dei Re Alfonso e Gia-
como per poter visitare la città di Gerusalemme.
13. Osservanza della tariffa egiziana per le merci importate
dagli stati del Re di Aragona nei domini del Stillano o viceversa.
Segue il testo delle tormole del giuramento prestato dal Sul-
tano e dal figlio, e dal Re di Aragona per sé ed i suoi fratelli.
Il testo di tale trattato trovasi riferito per intero in un mano-
scritto arabo, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi, ed
intitolato Kitàb tajrif al ayàm (Gloria dei giorni e dei tempi) os-
sia cronaca del Sultano Kélaoun.
Pubblicato la prima volta, tradotto in francese, dal De Sacy,
nella collezione del Millin, Magasin encyclopédique. Paris, 1801
an. 7°, t. II, pag. 145 e seg. Amari ne ristampò poi la versione
con note (riveduta e migliorata su quella data dal De Sacy) nella
4» ediz. del Vespro. Firenze, 1851, doc. XXXI e nelle posteriori;
e ne die ancora il testo arabo nella Biblioteca arabo sicula. Lip-
sia , 1857 , cap. 43, pag. 339 e seg ; ed altra ristampa della sua
traduzione nella Bibl. arabo sic. Torino, 1880, voi. I, pag. 552-568.
Aveva dato una breve notizia del contenuto di questo trattato
il Reinaud , Extrait des Historiens arabes relati fs aux guerres
des Croisades. Paris, 1829 ; e ne faceva pure esplicita menzione
il Michaud , Histoire des Croisades. ediz. Paris, 1862, per cura
di Huillard - Bréholles, t. Ili, pag. 314.
L'anonimo cronista arabo, del tempo di Kélaoun, nel paragrafo
riferito dal De Sacy e dall' Amari premette alcune notizie su l'o-
rigine del trattato, che serviva a fermare « la pace nei medesimi
termini, nei quali fu stabilita tra lo imperatore Federigo II e il
Sultano Malec Camil», il quale anteriore trattato si crede dall' A-
mari , 9a ed. voi. Ili, pag. 368 esser quello conchiuso nel 1229,
sebbene nel voi. II pag. 222 lo ritenga piuttosto l'altro del 1242
— 457 — (1290)
approvato dal sultano Malek- Saleh. Dopo la morte di Alfonso III
d'Aragona, il Re Giacomo succeduto in quel regno, inviò in ago-
sto 1292 da Barcellona suoi capitoli al Sultano Malek el- Archraf
Khalil per chiedere la conferma del precedente trattato del 1290. Il
testo di quei capitoli fu dato in luce da Capmany , Memorias
cit. t. IV , pag. 17 e seg. doc. Vili , e riprodotto da Amari , 4a
ediz. 1851, doc. XXXIII , pag. 600 e nelle altre. Il Re Giacomo
stipulò poi a 29 gennaio 1293 un trattato col successore di Kélaoun
(V. doc. di tale data), e sembra che ciò sia stato l'effetto dell'am-
basceria dell'agosto 1292.
Amari conobbe in Parigi, per i suoi studi sull'epoca musul-
mana in Sicilia, il testo arabo e la traduzione del 1801 eseguita
dal De Sagy del trattato del 1290, perchè nella la ediz. del Ve-
spro ed in quella stessa di Parigi del 1843 egli non avea fatto
alcuna menzione di esso; ed invece nella 4» ediz. del 1851 ne die
estesa notizia e riassunto (pag. 335-341). Si giovò indi I'Amari
di quelle sue particolari ricerche arabiche, per offrire nella Sto-
ria dei Musulmani di Sicilia. Firenze, 1868 , voi. Ili, pag. 649
e seg. alquanti cenni sul trattato dell'imperatore Federico del 1242
e sull'altro del 1290 di Alfonso di Aragona col Sultano Kélaoun
e sulle cagioni che costrinsero quei sovrani ad approvarli, le quali
sono piuttosto induzioni storiche per l'avversione manifesta de-
gli Svevi e degli Aragonesi alla Chiesa romana, non ricavandosi
bene dal testo.
È degno di nota che Amari n^lla 4a ediz. del Vespro nell'indice
al n. XXXI designa il trattato del 1290 così : «proposizione d'un
trattato di lega e commercio », mentre nella 7a ediz. Firenze 1866,
lo denota : «e quivi un trattato». In fine del testo di esso è la
« formula del giuramento che dee prestare » (trad. dall'arabo) il
Re Alfonso, donde Amari desume che quel trattato non sia stato
confermato con giuramento dal Re di Aragona; ma ciò non sem-
bra probabile, anco pel motivo della rinnovazione di esso nel 1293.
Michaud cit. t. Ili, pag. 314, nel ricordare la potenza del Sul-
tano d'Egitto Kélaoun e le sue guerre contro i Cristiani, osserva :
«Il n'était point de ville maritime en Italie ou sur les cótes de
la Mediterranée, qui ne se montràt disposée à préférer ainsi, dans
ses rélations avec 1' Orient, les avantages de son commerce a la
delivrance de saints lieux ». Fa pure menzione del trattato del 1290
Bernardo Kugler, Storia delle crociate (trad. dal ted.). Milano,
(1290) — 458 —
1887 , pag. 526. Importanti notizie su tale trattato e su quello
svevo, dal quale deriva, fornisce Heyd, Storia del commercio del
Levante nel medio evo. Torino, 1913, pag. 422 e 439 e seg., che
in vari punti contradice 1' Amari. Né dà altresì qualche cenno
Bozzo, Note storiche cit. pag. 60 in nota.
CXCY.
1290, maggio 20, indizione 3», Messina.
Il Maestro Razionale della regia gran Corte, Berardo de Fer-
ro, rilascia al Vescovo di Cefalù, Giunta, la trascrizione delle let-
tere testimoniali del Giustiziere Passando del 1288 , dopo il 14
maggio (cfr. doc. n. CLXXVI) sul possesso della tonnara di Co-
lobria spettante alla Chiesa suddetta , essendo stato V originale
conservato nell'archivio della Corte per sua cautela.
Nos Berardus de Ferro, miles, domini regis consiliarius
et farailiaris ac magne sue Curie magister Racionalis, notum
facimus universis quod octavodecimo die mensis madii, pre-
sentis tercie indicionis , a venerabili patre domino Iuncta
Cephaludensi Episcopo recepimus quoddam scriptum testi-
moniale, sub sigillo nobilis vg*i domini Riccardi de Passa-
neto, militis, olim in anno proximo preterito prime indiccio-
nis Iusticiarii Vallis Agrigenti, comitatus Giracii , parcium
Cephaludi et Thermarum, continencie infrascripte :
[Segue il testo del documento del 1288, dopo il 14 maggio].
Et quia predictas testimoniales licteras in archivo Curie
prò cautela ipsius Curie fecimus conservari , presentes ad
instanuam et peticionem Episcopi supradicti sibi fieri feci-
mus, nostro sigillo munitas. Scriptum Messane, vicesimo ma-
dii, tercie indicionis [1290].
Dal voi. in pergamena del secolo XIV dei Privilegi della
Chiesa di Cefalù, del vescovo Butera (Arch. di Stato di Palermo)
a fol. 56 r. , in un transunto del 1303. Altra copia trovasi nel
459 — • (1290)
voi. ms. Qq. H. 8, Diplomata Eccl. cephalud. nella Bibl. Comu-
nale di Palermo, a Ibi. 845 r. e seg.
Nelle forinole del transunto si ha la notizia del sigillo del
Maestro Razionale de Ferro, e conviene riferirne il ricordo : « quia
licteras ipsas legimus et vidimus.... noto et consueto sigillo eius-
dem domini Berardi fore de cera rubea sigillatasi
Pirri, Sicilia Sacra cit. t. II , pag. 808 , crede erroneamente
che questo documento contenga l'inchiesta ordinata dal Re Gia-
como a 7 maggio 1288 (V. sopra, doc. CLXXV), la quale fu in-
vece eseguita dal Passaneto. Ricorda altresì le lettere del Ferro
essere «sub eius sigillo munitas». Fa pure menzione di tale do-
cumento Giuseppe Ferro, Biografie degli uomini illustri trapa-
nesi. Trapani, 1830, t. I , pag. 101 , nelle notizie riguardanti la
vita di Giovanni Berardo Ferro; ma egli afferma (contro il vero)
che il documento del Ferro è una lettera regia sottoscritta da lui,
perchè il Re Giacomo «gli accordò il pregevolissimo onore di
marcare le regie lettere col particolare suggello di Ferro, il cui
blasone si è una fascia d'oro in campo rosso».
Deve notarsi che Berardo de Ferro denomina scriptum testi-
moniale la lettera del Passaneto, sebbene possa meglio definirsi
un ordine di manutenzione in possesso, per il motivo che l' in-
chiesta (inquisicio) per mezzo di testimoni costituiva altro docu-
mento ricordato dal Passaneto, che dice di averlo trasmesso alia
regia Corte , e del quale non ci rimane il testo (V. sopra , pag.
403). L'attestazione di Berardo fornisce la prova dell'esistenza del-
l'archivio della regia gran Corte dei conti , e delle copie che si
rilasciavano su gli originali quivi conservati.
OXOYI.
1290, prima del 14 giugno.
Il Re Giacomo consegna a Penco* Mar i capitoli concernenti
le risposte che egli, da sua parte, dovrà dare ad Alfonso Re di
Aragona, cioè :
1 . Che ha manifestato all' ambasciatore Bernardo Belvis
quanto occorreva su ciò , che il Re Alfonso gli ha partecipato
per mezzo del suddetto Belvis e di Bertrando de Cannellis.
(1290) — 460 —
2. Che tenendo in considerazione i pericoli che potrebbe su-
bire il dominio del Re di Aragona , e perciò anche la Sicilia ,
che ne segue le sorti, crede utile di trattare una concordia o tre-
gua con la Chiesa Romana , ed a tal uopo ha dato incarico a
Giovanni da Procida per recarsi dal Papa e compiere V affare.
3. Che gli invia mille salme di frumento, ed una parte delle
duemila salme di biscotto che ha potuto trovare , e ne manderà
ancora , se sarà necessario , ma che non può spedirgli danaro
(aiuda de moneda) perchè ne è assai scarso.
4. Che il progetto di matrimonio della sorella Violante con
personaggi di Roma , parenti di cardinali « et altres grans ho-
mens » sembra a lui vantaggioso , sebbene sia più onorevole la
parentela con altri sovrani.
5. Che ritiene non aver il Re di Aragona bene avvertito gli
ambasciatori del principe di Salerno (lo princep) , perchè i ne-
mici fanno le loro offese , ed il principe libera i figli e non dà
intanto sicurtà per la Francia, e che perciò egli (il Re Giacomo)
stima indispensabile [trattare per sé pace col suddetto principe].
Aquests Gapitols deia dir et mostrar Penco Mar al rey
darago de part del rey de Sicilia.
Primerament con lo rey de Sicilia ha entes be et com-
plidament to go , quel rey darago li trames a dir per en
Bernardo de Belvis , per en Bertran de Ganellis misacges
seus , et atotes aqueles coses fets et necessitats , quels dits
misagers dixeren , la respos lo rey de Sicilia per en Ber-
nardo de Belvis.
Item quel rey de Sicilia penssant la necessitat del dit
rey darago son frare, el perii de sa terra, volent fer tot son
poder a rèstauracio del et de la terra sua , per go con eli
e la terra sua te per cap, per maior, per naturaleza e cor,
enten que si aquela terra se perdria, la terra de Sicilia se-
ria en gran perii, havim posament de fer conposicio si pot
e tre va ab lesgley, e per 90 que ac,o puga acabar. . . . tam
perii de su persona, ni de sa terra. Gar senyaladament per
qo que acabar o puges Iohan de Procida per aquest
tractament al senyor Papa, lo qual tractament, axi coni. .
— 461 — (1290)
. . . [ordejnat a micer lohan , pora saber per Penco Mari
damunt dit.
Item quel dit rey de Sicilia li tram et per lo dit Penco
Mari M. salmes de forment, et de duemilia salmes fa fer be-
scuyt, del qual bescuyt li tram et quantitat, segons
que ei dit P. Mari li dira, et ayralli tot trames si ages tro-
bat, en que per lo damunt dit Penco. E si maior aiuda ha
ops , et eli la li per fer, li farà. Empero aiuda de moneda
no li pot fer, per co car eli nes molto freturos.
Item fa saber el rey de Sicilia al rey darago que alcuna
vegada ses parlat [de] parentesc et matremonia entre Madona
Violant et alcuns senyors de Roma, cardenals et altres grans
homens, axi con eli li ha fet saber. E jassia que eli li haia
trames a dir que no li par convinent cosa , par al rey de
Sicilia que sia bona cosa et profitosa de parentar se ab
ells , que jassia que aparentarse ab altres reys fos pus on-
drada cosa, enpero del parentesc dels cardenals et dels Ro-
mans lus pot venir gran profit , especialment car ells aiu-
das han a endressar to lurs fets ab lesgleya. E pero
es lo mils endressar con hi hagessen favorables et bons pro-
curadors et mantendors, car si .... no es son entenement
de parentar se ab ells, si ne car aran ni li loc haian fer.
Item par al rey de Sicilia que el rey darago mal
concell lo princep, que per eli son venguts, et. .
tots jatsia apparili quels enemics fan desveyt
lurs , atressi con delivra los Infants sens
para de Franca, el perii. . . . concell que rey lames poges
rey de Sicilia
Dalle Cartas sueltas sin fecha , ni mes del Re Giacomo , al
n. 231, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona. 11 documento in carta
è assai logoro in varie parti, e specialmente alla fine, rimanendo
incompleto.
La data, che manca nel documento, si rileva chiaramente dai
fatti che si menzionano in esso, poiché il Neocastro ricorda che
« anno quidem tercie indicionis », cioè nel 1289-90, la Chiesa Ro-
è
(1290) — 462 —
maria provvedeva per l'invio di cardinali in Provenza per trattare
la pace , ed il Re Giacomo mandava i suoi ambasciatori per il
medesimo scopo (cap. 114, ed. Gregorio cit. I, pag. 207). Si prova
altresì che questo documento in catalano dovette precedere di
poco tempo i quattro atti di procura, fatti dal Re Giacomo a 14
giugno, in favore dei suoi nunzi per i negoziati di pace o tregua
con la Chiesa di Roma, il principe di Salerno ed il Re di Francia
(cfr. appresso, doc. CXCVII-CC), i quali atti, che allora forma-
ronsi, erano stati deliberati prima, partecipandosi subito al Re
Alfonso la notizia delle risoluzioni per mezzo dell'ambasciatore
Belvis , ed anche di Penco Mar, coi capitoli in catalano.
Il contenuto del paragrafo ultimo non è dubbio per la parte
monca ; ed io ho segnato tra parentesi la notizia del provvedi-
mento, che ricavasi dalla procura del 14 giugno per trattare pace
o tregua col principe di Salerno (cfr. doc. CXGVIII e GXGIX).
Riesce di notevole importanza il testo di questo documento
segreto, in catalano, affidato al Penco Mar. Da esso si rileva che
erano venuti al Re Giacomo, come ambasciatori del fratello Al-
fonso di Aragona , il Belvis ed il de Gannellis ; e che il primo
partì tosto per l'Aragona, rimanendo invece in Sicilia il de Gan-
nellis, che poi ripartì solo, ma con facoltà estese anche ad altro
ambasciatore assente, cioè Gilberto de Castelletto. Il Re Giacomo
palesa qui, con le parole te per cap, per maior , per naturalesa
e cor, che egli riconosceva in suo fratello, e nei regni al mede-
simo appartenenti, una legittima supremazia su la Sicilia, dovuta
pure ai vincoli di comune origine, i quali sentimenti non erano
destinati invero a produrre i migliori effetti per l' isola , ma a
preparare la sua soggezione.
Della legazione del Procida al Papa Nicola IV dà notizia il
Neocastro (cap. 112, ed. Gregorio, pag. 203) con queste parole:
« Iam mittitur quod prudens Iohannes de Procida ad Sedem apo-
stolicam transmittatur. Speratur quidem quod ille ad perfecionem
negocii vacaret». L'Amari, 9a ediz., voi. II, pag. 213, dall'ora-
zione al Papa da parte del Procida, formata dal cronista (per e-
saltare le memorie del famoso patriota) su quanto conoscevasi
dell'intento della difficile e segreta ambasceria, cioè la pace con
la Chiesa, desume che il Neocastro « mostra non aver mai sa-
puto o non voler affidare alla storia il segreto di questa legazio-
ne » ; ma il vero scopo è evidente da questi capitoli : « de fer
%
— 463 — (1290)
composicio , si pot , e treva ab lesgley » , anco nei rapporti con
1' Aragona , come altresì appare che verun uomo , tranne che il
Procida , si credeva capace dalla Corte per la migliore riuscita
dell'affare, «per co que acabar o puges», e ben corrisponde a
tale spiegazione la parola prudens usata dal Neog astro.
Iolanda o Violante, sorella del Re Giacomo , menzionata nei
capitoli, sposò poi nel 1297 Roberto, figlio del Re Carlo II d'An-
giò (cfr. Pirri, Ghronol. regum cit. pag. XXXIX) , e così pote-
rono conciliarsi gli opposti desideri di una parentela con la Chiesa
e con una famiglia sovrana.
OXOVI1.
1290, giugno 14, indizione 3a, Messina.
Il Re Giacomo nomina suoi ambasciatori Gisberto de Castel-
letto, assente, e Bertrando de Cannellis, per recarsi presso i Car-
dinali Gerardo di Parma e Benedetto Colonna per istabilire una
tregua fra la Chiesa Romana ed il suddetto Re intorno la di-
scordia, ancora esistente, sul regno di Sicilia, e per ottenere af-
fidamento che durante il tempo della tregua il Re di Francia,
il fratello di Itti Carlo, il principe di Salerno ed i suoi figli, ed
altri nemici non offendano od invadano il regno. Dà all'uopo ai
medesimi ambasciatori le facoltà necessarie , e promette di rati-
ficare quanto essi eseguiranno.
Nos lacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Capue. Per presens scriptum notum facimus u-
niversis quod, confisi de fide et suffìciencia Gisberti de Ca-
stillecto, licet absentis, et Bertrandi de Cannellis, consilia-
riorum, familiarium et fìdelium nostrorum, eos constituimus,
facimus et ordinamus nostros veros nuncios , procuratores
et solempnes ambaxatores, vel eorum alterum, ad presen-
tandum se, nomine et prò parte nostra , coram reverendis
patribus domino Gerardo, venerabili Sabinensi episcopo, et
domino Benedicto, sancti Nicolai in Carcere Tubano vene-
(1290) — 464
rabili diacono cardinali, ve] eorum altero, necnon et ad pro-
curandum, tractandum et perficiendum, nomine et prò parte
nostra, inter eos seu ipsorum alterura, nomine et prò parte
sacrosante Romane matris Ecclesie, et nos treugas super
discordia olim orta, et adhuc durante, inter predictam sacro-
santam Ecclesiam et nos de regno Sicilie ; ita tamen quod
idonee et suffìcienter caveatur nobis quod, per totum tem-
pus predictarum treugarum, magri ificus rex Francie et domi-
nus Karolus frater eius et illustris princeps primogenitus
quondam regis Karoli, et filii dicti principis, et alii quicum-
que reges , principes et magnates , hostes et emuli nostri ,
gens eorum et alie quecumque persone, non offendant seu
invadant nos in persona, regno , terris, dominiis , gente et
fidelibus nostris, per se et suos vel alios submissos prò parte
eorum vel alterius eorundem , nec offendi faciant nec per-
mictant. Et si forte alter predictorum ambassatorum nostro-
rum, aliqua interveniente causa, impediretur, et in hiis tra-
ctandis, procurandis et perfìciendis intendere et adesse non
posset, alter eorum, qui in premissis intendere et adesse po-
terit, predicta omnia et singula, nomine et prò parte nostra,
procuret, tractet et perficiat. Quibus nunciis, procurato ribus
et ambassatoribus nostris et cuilibet eorum in solidum, si-
cut predicitur, damus atque concedimus plenam licenciam et
liberam potestatem predicto modo procurandi, tractandi et
perficiendi treugas ipsas inter predictos dominos cardinales
vel eorum alterum, prò parte diete sacrosante Ecclesie , et
nos, et cautelas competentes et ydoneas exinde faciendi eis-
dem aut ipsorum alteri, et recipiendi ab ipsis seu ipsorum
altero , et omnia alia et singula procurandi, tractandi , fa-
ciendi et perficiendi, que veri nuncii, procuratores et ambas-
satores circa permissa omnia vel aliquod premissorum facere
possunt et debent, et que nos ipsi facere possemus, si pre-
sentes essemus ; promictentes nos, sub ypotheca bonorum
nostrorum , ratum et fìrmum habituros quicquid predicti
nuncii, procuratores et ambassatores, vel eorum alter, pre-
scripto modo super predictis omnibus vel aliquo predicto-
— 465 — (1290)
rum duxerint faciendum. Ut autem de presenti procuracione
apud omnes et singuios, et nunc et in posterum, fieri valeat
piena fides, presens scriptum procuracionis exinde fieri, et
nostro sigillo pendenti iussirnus communio. Datum Mes-
sane , XIIII iunii , III indicionis, regni nostri anno quinto
[1290].
Dalla perg. di n. 316 del Re Alfonso U, nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli A.rch. e le Bibl., voi. II, pag. 232, ne dà un breve
sunto, però con la sola indizione, senza la data dell'anno.
Fece menzione nel 1876 di tale documento Antonio De Bofa-
rull, Hist. de Cataluna cit. t. Ili, pag. 588.
Questo ed i seguenti tre documenti della stessa data si rife-
riscono all' ambasceria, della quale fa cenno il cronista Neoca-
stro , nei cap. 112 e 114 (ed. Gregorio cit. pag. 204 e 207). Il
Papa Nicola IV aveva annunziato al Procida di aver già desti-
nato i cardinali di Parma e Colonna per andare in Provenza allo
scopo di trattare la pace « inter sedem apostolicam, re^em Fran-
corum et regem Karolum ex una parte, ac Alfonsum regem Ara-
gonum ex altera» (come si ricava da questi documenti), e stabi-
lire quanto occorreva «de condicione Sicilie». Il Neocastro ag-
giunge che il Re Giacomo «secreta pectoris sui illis [agli amba
sciatori] commisit, et informans eos quid facerent, mittit eos ad
Alfonsum regem fratrem eius in Catatonia » , che trovarono in-
vece in giugno nella città di Valenza , dove si era recato « pro-
pter amenitatem urbis » e per gli ozi estivi. Sembra che F amba-
sceria al Papa per la tregua non sia riuscita affatto vana, perchè
in un documento, senza data, del Re Giacomo, che probabilmente
appartiene al mese di luglio seguente (cfr. doc. di tale data), si
rispondeva ad alcune proposte dalla Chiesa Romana esplicita-
mente manifestate.
Le speranze della Corte siciliana e la prudenza del Procida
però rimasero fra non molto deluse , perchè la Chiesa Romana
ed il Re Alfonso preparavano, con indegne simulazioni, il trat-
tato di Brignolles del febbraio 1291 (V. doc. di tale data) contra-
rio agli interessi di Sicilia, della quale si stabiliva la restituzione
G. La Mantia, Cod, dipi. arag. 3Q
(1290) — 466 -
alla Chiesa, sempre persistente in tal proposito. Su l'ambasceria
di giugno 1290 dà alcune notizie Amari, 9a ed., voi. II, pag.
CXOYIIT.
1290, giugno 14, indizione 3a, Messina.
Il Re Giacomo eligge suoi ambasciatori Gisberto de Castel-
letto, assente, e Bertrando de Cannellis, per presentarsi a Carlo,
principe di Salerno , e trattare la pace finale tra il medesimo
principe e Giacomo per quanto concerne il regno di Sicilia, con
la condizione che rimangano al Re Giacomo e suoi eredi la Si-
cilia con le isole di Malta, Gozzo, Pantelleria ed altre adiacenti,
e quelle delle Gerbe e Kerkene, il consolato, il fondaco ed il tri-
buto di Tunisi ed altresì la Calabria. Conferisce ogni facoltà, con
promessa di ratificazione.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Capue. Per presens scriptum notum faciraus u-
niversis quod confisi de fide et sufficiencia Gisberti de Ca-
stellecto, licet absentis, et Bertrandi de Cannellis, consilia-
riorum, familiarium et fidelium nostrorum, eos constituimus,
faci ni us et ordinamus nostros veros nuncios, procuratores
et solemnes ambassatores , vel eorum alterum , ad presen-
tandum se, nomine et prò parte nostra, coram illustri prin-
cipe domino Karulo , primogenito quondam regis Karoli ,
necnon ad tractandum, procurandum et perficiendum, no-
mine nostro, integram et finalem pacem inter predictum prin-
cipem et nos de discordia olim orta, et adbuc durante, in-
ter eum et nos de regno Sicilie. Ita tamen quod tota insula
Sicilie, cura insulis Malte et Gaudisii, Pantellarie et aliis cir-
cumadiacentibus insulis habitatis et inhabitatis , . necnon
insulis Gerbarum et Querquinarum et aliis insulis Sarrace-
norum de cetero acquirendis, consulatu et fundico Tunisii
et tributo debito annuatim per regem Tunisii, et Calabria
— 467 — (1290)
nobis et heredibus nostris , curii omnibus iuribus , iurisdi-
cionibus, iusticiis, racionibus et pertinenciis suis perpetuo
concedantur. Et si torte alter predictorum ambassatorum
nostrorum , aliqua interveniente causa , impediretur , et in
hiis tractandis , procurandis et perficiendis , intendere et
adesse non posset, alter eorum, qui in premissis intendere
et adesse poterit, predicta omnia et singula, nomine et prò
parte nostra, procuret, tractet et perficiat. Quibus nunciis,
procuratoribus et ambassatoribus nostris, et cuilibet eorum
in solidum sicut predicitur damus atque concedimus plenam
licenciam et liberam potestatem predicto modo procurandi,
tractandi et perficiendi predictam pacem inter predictum
principem et nos, et cautelas competentes et ydoneas exinde
faciendi eidem et recipiendi ab eodem, et omnia et singula
procurandi, tractandi, faciendi et perficiendi, que veri nuncii,
procurato res et ambassatores circa premissa omnia et aliquod
premissorum facere possunt et debent et que nos ipsi facere
possemus, si presentes essemus; promictentes nos, sub ypo-
theca honorum nostrorum, ratum et firmum habituros quic-
quid predicti nuncii, procuratores et ambassatores, vel eo-
rum alter, prescripto modo super predictis omnibus vel ali-
quo predictorum, duxerint faciendum. Ut autem de presenti
procuracione apud omnes et singulos, et nunc et in poste-
rum, fieri valeat piena fides, presens scriptum procuracionis
exinde fieri, et nostro sigillo pendenti iussimus communiri.
Datum Messane XIIIJ iunii , tercie indicionis, regni nostri
anno quinto [12901.
Dalla perg. di n. 317 del Re Alfonso II, nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 233, offre un sunto del
documento, con la sola indizione, riferendo il nome Querquene
come lo trova nel testo, e con le espressioni « annuo tributo della
tassa di Tunisi » , che non danno alcun senso logico , perchè il
tributo si corrispondeva per l'alta sovranità della Sicilia su Tu-
nisi.
Deve notarsi che a 8 marzo 1287 il Re Giacomo , nelle prò-
(1290) — 468 —
poste di pace col principe di Salerno, non faceva alcuna menzione
delle isole Gerbe e Kerkene, né dei territori della Calabria (cfr.
doc. GLXIII). Si conosce però che sin dal 1285, quando il prin-
cipe era prigioniero a Gefalù , erano avvenuti accordi anco per
la cessione a Giacomo delle terre dell' arcivescovato di Reggio
di Calabria (V. sopra, pag. 355). TI Re Pietro I aveva poco pri-
ma, partendo dall' isola , fatto a Giacomo donazione del regno ,
con le regioni di Puglia, Calabria, Gapua e Terra di Lavoro (V.
doc. LXX). Il de Cartellano in giugno 1285 intitolavasi Capitano
e Vicario generale « a Faro citra usque ad confinia terrarum sa-
crosante reverende Romane Ecclesie» (doc. XG). Nel 1290 i ter-
ritori appartenenti alla Sicilia nella Calabria erano espressamente
designati (V. sopra, pag. 261). Non è dubbio quindi che il diritto
di conquista su quelle regioni si volesse esplicitamente confer-
mato.
Riguardo al mare africano, che così da vicino circonda la Si-
cilia , specialmente dal lato occidentale , e che Neocastro (cap.
83, ed. Gregorio, pag. 114), riferendo le gesta del Loria, dice:
«cum... mare sub nostro dominio sit » , è noto che l'isola più
prossima di Malta fu conquistata, contro gli Angioini, a 8 luglio
1283. Dice giustamente il Manfroni , Storia della marina ital.
cit., parte I (1261-1453), pag. 91, che «il possesso del gruppo di
Malta era di grande importanza per i Siculo-Catalani ». Nell'anno
seguente il Loria si impadroniva delle feraci isole Gerbe e Ker-
kene , site presso i confini della Libia , togliendole dal dominio
del Re di Tunisi e sottoponendole al tributo, e sgombrava così
quei mari dai pericoli di qualsiasi invasione. Il contemporaneo
Muntaner afferma chiaramente che gli abitanti mandarono am-
basciatori al Re Pietro I, e a lui si sottomisero, e per lui all'Am-
miraglio : « trameteren llurs missatgers al senyor rey Darago ,
e reterense a eli, e per eli al almiral» (ediz. Ant. Bofarull cit.,
pag. 230, cap. 117).
Si rileva dai conti presentati dall'ammiraglio Loria , concer-
nenti gì' introiti e le spese fatte dal medesimo nell' anno di 15*
indizione (1286-1287), e che riferirò nell'Appendice, che in agosto
14' indizione (1286) furono presi dal Loria molti Saraceni neri-
sola Kerkene , con le galere armate in Sicilia ed in Catalogna ,
« in comuni cum eodem domino rege » [cioè Alfonso di Aragona]
per quella spedizione, e che le ingenti somme ricavate dalla ven-
— 469 — (1290)
dita di essi furono ripartite per metà tra i Re Giacomo ed Al-
fonso, anco per le molteplici spese, che essi avevano sostenuto.
Quando nel 1295 già prepara vansi la funesta cessione della
Sicilia alla Chiesa Romana e l'abdicazione di Giacomo, l'ammi-
raglio Loria otteneva (senza contrasto , anzi con lodi per aver
guerreggiato contro gl'Infedeli) dal papa Bonifacio Vili a 11 a-
gosto una bolla di concessione in feudo, per sé e suoi eredi , e
col pagamento di un censo annuale di oncie cinquanta di oro ,
delle isole Gerbe e Kerkene. Quel papa, per disconoscere i diritti
della Sicilia, affermava contro la verità e su le assicurazioni del
Loria (ut asseris) , che cotali isole « non sunt de regno Siciliae,
nec ad regem pertinente, e che nel tempo anteriore non erano
state da alcun sovrano cristiano conquistate; mentre invece era-
no appunto i ricordi del dominio, dai Re normanni agli angioini,
tenuto in quelle regioni africane, che aveva spinto il Loria alla
nuova conquista. Il testo della bolla fu dato in luce dal Tutini,
Discorso dei sette ufficii del regno di N poli. In Roma, 1666, pa-
gina 90-92. (Vedi pure Potthast, Regesta pontif. cit., n. 24161).
Tradita la Sicilia nel 1295 da Giacomo, e rimasto il Loria come
ammiraglio soltanto del Re di Aragona, avrà il Loria pregato il
papa Bonifacio (che non aveva alcun diritto su quelle isole) di
permettergli l'usurpazione invereconda delle Gerbe e Kerkene, che
continuò sino al 1310; perchè essendo morto cinque anni pri-
ma 1' ammiraglio in Valenza , e poi il figlio , dello stesso nome
Ruggiero , la vedova Saurina trovavasi in dissesto per i debiti,
che fu costretta pagare, « del amirayll [suo sposo] e den Rogero »,
e priva di aiuti in Catalogna, ebb3 l'ardire di rivolgersi a Re Fe-
derico II di Sicilia per soccorsi in danaro, mediante il possesso
delle isole Gerbe e Kerkene, che fu ceduto a quel Re « hasta ha-
berse recobrado el anticipo» (Cfr. Muntaner, ediz. cit. cap. 250,
pag. 473).
Il Re Giacomo pertanto, rivendicando per sé nel 1290 il do-
minio delle Gerbe e Kerkene, dimostrava di affermare il suo le-
gittimo ed incontrastabile dominio, come Re di Sicilia, su quelle
isole, tenute direttamente sotto l'autorità del Loria per la sua e-
levata dignità militare ed anco politica. In questo documento si
fa anzi espressa riserva per le altre isole dei Saraceni, le quali
potevano appresso acquistarsi.
Su cotali pratiche e progetti di pace col principe di Salerno,
(1290) — HO —
che duravano a lungo, il Re Alfonso non prima del 13 novembre
di quell'anno dava notizia al fratello Giacomo di quanto si pre-
parava « ut plenius vobis possemus intimare tractatum pacis, qui
fieri debet inter nos et illustrem principem salernitanum, suono-
mine ac sancte Romane Ecclesie, ac eciam regis Francie». Ag-
giungeva quel Re che i cardinali avevano manifestato che « prò
eo quia videbatur eis quod pax firma et secura minime fieri pos-
set sine vobis » [il Re Giacomo] , gli ambasciatori di costui do-
vessero presentarsi a loro per quanto occorreva conoscere; e fa-
ceva altresì sperare « quod vos [Giacomo] et nos inde bonam pa-
cem aut securitatem longam debeamus habere » (V. il doc. edito
da me nelVAnuari de Vinsi. d'Estud. Catal. cit. pag. 363).
OXCIX.
1290, giugno 14, indizione 3a, Messina.
11 Re Giacomo nomina suoi ambasciatori Gisberto de Ca-
stelletto, assente, e Bertrando de Cannellis, per recarsi da Carlo
principe di Salerno e trattare la tregua fra il medesimo principe
e Giacomo intorno la discordia sul regno di Sicilia, e per otte-
nere affidamento che durante la tregua non sia recata offesa dal
Re di Francia, dal fratello di lui Carlo, dal principe di Salerno
e suoi figli e da altri nemici. Conferisce le opportune facoltà.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Gapue. Per presens scriptum notura facimus u-
niversis quod, confisi de fide et sufficiencia Gisberti de Ga-
stellecto, licet absentis, et Bertrandi de Cannellis, consilia-
riorum, familiarium et fideliura nostromo), eos constituitnus,
facimus et ordinamus veros nuncios, procuratores et solem-
nes ambassatores, vel eorum alterum, ad presentandum se,
nomine et prò parte nostra, coram illustri principe domino
Karolo , primogenito quondam regis Karoli , necnon et ad
procurandum, tractandum et perfìciendum , nomine et prò
parte nostra, inter predictum principem et nos treugas su-
— téli — (129Ò)
per discordia olim orta, et adhuc durante, inter predictum
principem et nos de regno Sicilie. Ita tamen quod ydonee
et sufficienter caveatur nobis quod, per totum te m pus pre-
dictarum treugarum, magnifìcus vir dominus Philippus, illu-
stris rex Francorum karissimus consobrinus noster, et se-
renissimus dominus Kurolus frater eius, et predictus prin-
ceps et filii dicti principis et ali) quicumque reges, princi-
pes et magnates, hostes et emuli nostri, gens eorum et a-
lie quecumque persone non offendant seu invadant nos in
persona, regno, terris, dominiis, gente et fidelibus nostris ,
per se et suos vel alios submissos prò parte eorum vel al-
terius eorundem, nec offendi faciant nec permictant. Et si
forte alter predictorum ambassatorum nostrorum , aliqua
interveniente causa, impediretur, et in hiis tractandis, pro-
curandis et perficiendis intendere et adesse non posset, al-
ter eorum, qui in premissis intendere et adesse poterit ,
predicta omnia et si ligula nomine et prò parte nostra pro-
curet, tractet et perticiat. Quibus nunciis, procuratoribus et
ambassatoribus nostris , et cuilibet eorum in solidum , si-
cut predicitur, damus atque concedimus plenam licenciam
et liberam potestà te in predicto modo procurando tractandi
et perficiendi treugas ipsas inter predictum principem et
nos, et cautelas competentes et ydoneas exinde faciendi ei-
dem , et recipiendi ab eo , et omnia alia et singula procu-
rando tractandi, faciendi et perficiendi, que veri nuncii, pro-
curatores et ambassatores circa premissa omnia vel aliquod
premissorum tacere possunt et debent, et que nos ipsi fa-
cere possemus si presentes essemus. Promictentes nos sub
ipotheca bonorum nostrorum ratum et firmum habituros
quicquid predicti nuncii, procuratores et ambassatores, vel
eorum alter , prescripto modo super predictis omnibus vel
aliquo predictorum duxerint faciendum. Ut autem de pre-
senti procuracione apud omnes et singulos , et nunc et in
posterum, fieri valeat piena fides, presens scriptum procu-
racionis exinde fieri et nostro sigillo pendenti iussimus com-
muniri. Datum Messane XIIIJ iunii , IIJ indicionis, regni
nostri anno quinto [1290].
(1290) — 472 —
Dalla perg. di n. 319 del Re Alfonso II nell'Aron. Cor. Àrag.
in Barcellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. Il , pag. 233 ne dà un bre-
vissimo sunto.
Il documento fu ricordato nel 1876 da Antonio de Bofarull,
Hist. de Cataluna cit. t. Ili, p. 589.
Gli ambasciatori dovevano trattare la tregua soltanto nel ca-
so , che non fosse stato possibile conchiudere la pace , per la
quale si stabilivano dal Re le condizioni col documento anteriore
(n. GXGVIII).
CO.
1290, giugno 14, indizione 3», Messina.
Il Re Giacomo costituisce suoi ambasciatori Gisberto de Ca-
stelletto, assente, e Bertrando de Cannellis, per presentarsi al Re
Filippo di Francia e trattare col medesimo, il fratello di lui Car-
lo, il principe di Salerno e Giacomo la pace per quanto concerne
il regno di Sicilia , con la condizione che rimangano a Giacomo
la Sicilia, con le isole adiacenti e quelle delle Gerbe e Kerkene,
il consolato di Tunisi e la Calabria. Concede le facoltà necessarie
e consuete.
Nos Iacobus dei gracia rex Sicilie , ducatus Apulie et
principatus Gapue. Per presens scriptum notum facimus u-
niversis quod, confisi de fide et sufficiencia Gisberti de Ga-
stellecto, licet absentis, et Bertrandi de Cannellis, consilia-
riorura, familiariutn et fìdelium nostrorum, eos constituimus,
facimus et ordinamus nostros veros nuncios, procuratores
et sollempnes ambassatores, vel eorum alterum, ad presen-
tandum se , nomine et prò parte nostra , coram magnifico
viro domino Philippo , illustre rege Francorum , karissimo
consobrino nostro, necnon ad tractandum, procurandum et
perficiendum , nomine nostro , integrano et fìnalem pacem
inter predictum dominum regem Francorum et inclitum do-
— 473 — (1290)
minum Karolum fratrem eius, et illustrem dorainum Karo-
lura, principem primogenitum quondam regis Karoli, et nos
de discordia olim orta, et adhuc durante, inter eosdem do-
rainum regem , fratrem eius et principem et nos de regno
Sicilie. Ita tamen quod tota insula Sicilie, cum insulis Malte
et Gaudisii , Pantellarie et aliis circumadiacentibus insulis,
habitatis et inhabitatis, necnon insulis Gerbarum et Quer-
quinarum et aliis insulis Sarracenorum in antea acquiren-
dis, consulatu et fundicu Tunisii, et tributo debito annua-
tim per regem Tunisii et Calabria nobis et heredibus no-
stris, cum omnibus iuribus, iusticiis, racionibus et pertinen-
ciis suis, in perpetuum concedantur. Et si forte alter pre-
dictorum ambassatorum nostrorum , aliqua interveniente
causa , impediretur , et in hiis tractandis , procurandis et
perficiendis intendere et adesse non posset , alter eorum ,
qui in premissis intendere et adesse poterit, predicta omnia
et singula, nomine et prò parte nostra, procure!, tractet et
perficiat. Quibus nunciis, procuratoribus et ambassatoribus
nostris, et cuilibet eorum in solidum, sicut predicitur, da-
raus atque concedimus plenam licenciam et liberam pote-
statem predicto modo procurandi , tractandi et perficiendi
predictam pacem inter predictos dominum regem Francie ,
dominum Karolum fratrem eius et principem et nos, et cau-
telas competentes et idoneas exinde faciendi eidem , et re-
cipiendi ab eodem, nomine nostro, et omnia et singula pro-
curandi, tractandi, faciendi et perficiendi, que veri nuncii ,
procuratores et ambassatores circa premissa omnia vel a-
liquod premissorum facere possunt et debent , et que nos
ipsi facere possemus si presentes essemus. Promictentes nos,
sub hypotheca honorum nostrorum, ratum et firmum habi-
turos quicquid predicti nuncii, procuratores et ambassato-
res, vel eorum alter prescripto modo, super predictis omni-
bus vel aliquo predictorum duxerint faciendum. Ut autern
de presenti procuracione apud omnes et singulos, et nunc
et in posterum , fieri valeat piena fides , presens scriptum
procuracionis exinde fieri, et nostro sigillo pendenti iussimus
(1290) — 474 —
communiri. Datum Messane, XIIIJ iunii , tercie indicionis ,
regni nostri anno quinto [1290].
Dalla perg. di n. 318 del regno di Alfonso II nell'Arch. Cor.
Arag. in Barcellona.
Carini Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 233 ne dà un sunto.
Il documento fu nel 1876 menzionato dal Bofarull Hist. de
Cataluna cit. t. Ili, pag. 589.
Le pratiche per ottenere la pace anche col Re Filippo di Fran-
cia, oltre che col principe di Salerno, sarebbero state (se accolte)
giovevoli al Re Giacomo, non meno che al fratello Alfonso, per
evitare che la Francia , richiesta di aiuto dagli Angioini , muo-
vesse ai loro danni. Non ebbero però felice risultato quei tenta-
tivi, perche il Re Alfonso a 18 settembre seguente scriveva a Gia-
como : « quod rex Francie noluerat acceptare treugam inter nos
et dictum principem [Salerni] initam usque ad proximum festuni
omnium Sanctorum, et... nobis nondum poterai constare de pace,
et sic habeamus castra nostra stabilire». Chiedeva per tal motivo
quel Re dalla Sicilia soccorsi di frumento, per l'esercito di Ca-
talogna contro i nemici. Cfr. il documento edito da me nell' A-
nuari cit. pag. 362.
COI.
1290, giugno 14, indizione 3a, Messina.
Il Re Giacomo, avendo trattato il matrimonio con Guglielma
Moncada, figlia di Gastone di Béarn, e volendosi dai mediatori
del matrimonio suddetto il consenso di lui , lo manifesta « per
verba de presenti » dinanzi il notar o e Bertrando de Cannellis
suo ambasciatore a tale scopo, e presta il debito giuramento.
Seguono le firme dei testimoni.
(Atto in notar Guglielmo de Solanis di Messina).
In nomine domini amen. Anno eiusdem incarnacionis
millesimo ducentesimo nonagesimo, die mensis iunii quar-
— 475 — (1290)
todecimo , tercie indicionis , regnante illustrissimo domino
nostro domino Iacobo dei gracia excellentissimo rege Sici-
lie, ducatus Apulie et principatus Gapue , regni eius anno
quinto feliciter amen. Nos Iacobus Bufalo Tudex Messane,
Guillelmus de Solanis , regius publicus per regnimi Sicilie
notarius, et testes subnotati ad hoc specialiter vocati et ro-
gati , notum facimus et testamur quod predictus dominus
rex Iacobus confessus est coram nobis quod, cum tractatus
habitus sit de matrimonio feliciter contrahendo ititer eum
ex una parte et egregiam dominam Guillelmam de Monte-
catheno, natam quondam egregii Guastonis de Bierna ex al-
tera, et prefati regis assensus per nuncios et huius rei me-
diatores fuerit requisitus , et predictum matrimonium sibi
sit acceptum et gratum, et velit in prefatam dominam, con-
sencientem in ipsum velut in suum virum et coniugem, ut
in suam uxorem et coniugem consentire, et quantum in eo
est predictum matrimonium per verba de presenti et corpo-
ralis sacramenti prestacionem firmare , nostrum qui supra
Iudicis et notarti officium imploravit ut , coram maiestatis
sue conspectu presentes, videremus et audiremus consensum
eius, exprimendum per verba super matrimonio supradicto,
et prestacionem sacramenti corporaliter prestandi ab eo prò
soliditate ipsius, et faceremus inde publicum instrumentum.
Quapropter in presencia nostra prefatus inclitus rex Iaco-
bus, interveniente et presente Bertrando de Ganellis, milite,
nuncio et mediatore huius matrimonii, consensit per verba
expressa et apta ad matrimonii vinculum de presenti in pre-
fatam dominam Guillelmam futuram suam coniugem et uxo-
rem, et de compiendo, gracia dei previa, matrimonio supra-
dicto corporale coram nobis, prepositis coram eo sacrosan-
tis Evangeliis et manu propria tactis, prestitit iuramentum.
Unde ad cautelam utriusque partis, et quod de predicto con-
sensu et sacramento nullum dubium oriatur, factum est inde
presens scriptum publicum per manus mei predicti notarti
Guillelmi, maiestatis sue sigillo pendenti munitum et nostris
subscripcionibus roboratum. Actum Messane, anno, die, men-
se et indicione premissis.
(1290) — 476 —
f Nos Fredericus Infans illustris eiusdem regis frater te-
stamur.
f Ego Iohannes de Procida regni Sicilie Cancellarius.
f Ego Iudex Bartholomeus de Neocastro testor.
f Ego Iacobus de Bufalo Iudex Messane.
f Ego Guillelmus de Solanis regius publicus per regnum
Sicilie notarius scripsi et testor.
Dalla perg. di n. 369 del Re Alfonso II, nell'Arch. Cor. Arag.
in Barcellona.
Carini , Gli Ardi, e le Bibl. voi. II, pag. 233 offre un breve
sunto del documento.
Manca presso gli storici il ricordo di questo parentato che vo-
leva stringersi dalla Corte siciliana. Giacomo aveva nel novembre
1285, quando ancora era Infante, ottenuto in Gefalù la promessa
dal principe di Salerno di dargli in isposa la figlia Bianca (V.
sopra, pag. 354). Nel 1287, a 27 febbraro, Giacomo, divenuto Re,
fece un atto di procura per contrarre quel matrimonio (cfr. doc.
CLXj. Pare che negli anni posteriori, non essendosi potuto con-
chiudere la pace col principe di Salerno, quel progetto fosse stato
abbandonato, tanto che ora (1290) Il Re Giacomo dava il suo con-
senso per altre nozze con Guglielma Moncada, figlia di Gastone,
visconte di Béarn e signore di Moncada e Castel veli.
Su cotesta Guglielma fornisce alquante notizie il Surita (Ana-
les cit. lib. Ili, cap. 77; IV, e. 47 e 89; V, e. 15 e 43). Egli ri-
corda che Guglielma era stimata donna virtuosa, ma che era mol-
to brutta (muy fea) , e possedeva grandi territori in Catalogna ,
Aragona e Maiorca. Dice che : «Era està senora la mas ricahem-
bra que habia en estos reinos, y tenia trescientas caballerias [ter-
ritori] en villas y castillos , y muy grande estado » Nel 1270 fu
promessa all'Infante Sancio, figlio del Re di Castiglia , ma non
seguì il matrimonio ; e dopo che Sancio salì al trono, si cercava
nel 1287 di indurlo a ripudiare la moglie Maria per isposare Gu-
glielma, sebbene sia riuscito vano ogni intrigo. Guglielma final-
mente in novembre 1295 sposò in Catalogna l'Infante Pietro, fra-
tello del Re Giacomo. Curò nel 1300 Giacomo , dopo la morte
dell'Infante, che Guglielma «dispusiesse dellos [villas y lugares]
— 477 — (1290)
de manera que volviessen à la corona , y no sucediese en ellas
seiìor estrano » .
Altri ricordi su Guglielma Moncada offre Leon Gadier , Les
états de Béam depuis leurs origines jusqu'au commencement du
XVI6 siede. Paris, 1888, pag. 59 e 62. Egli accenna che Gasto-
ne Vili di Béarn non ebbe figli maschi , ma quattro femmine ,
una delle quali era Guglielma , e che il suddetto Gastone morì
nel 1290 ed istituì suo erede il conte di Foix. Mazurb ed Ha-
toulet nell'opera Fors de Béarn. Législation inèdite du 11" au
13" siede. Pau (senza data , ma dopo il 1840) notano pertanto
(pag. LV) : « La dynastie de Moncade finit dans la personne de
Gaston VII [o meglio Vili] ; les vaches de Béarn, les tourteaux
de Moncade et le chàteau de Castet - Bielh vont s' associer les
pals de Foix». Per lo studio della legislazione della viscontèa
del Béarn riesce utile il recente lavoro di Pierre Roge, Les an-
ciens Fors de Béarn. Etudes sur l'histoire du droit béarnais au
moyeu dge. Toulonse, 1908.
Si rileva che l'intento del Re Giacomo nel 1290 per il progetto
di matrimonio con Guglielma Moncada era il conseguimento dei
grandi possedimenti, che alla medesima spettavano. Il consenso
di Giacomo e la procura data al de Cannellis per conchiudere il
matrimonio (cfr. doc. seguente) restarono tuttavia inefficaci, forse
per la deformità della sposa ed anco perchè essa non apparteneva
a lignaggio reale. Giacomo nel 1295 in villa Bertrand sposava
Bianca, l'antica fidanzata, nello stesso tempo che suo fratello ce-
lebrava le nozze con Guglielma.
Sono degne di nota in quest'atto 1' espressione implorami u-
sata dal notaro per il Re, la quale è del tutto sconveniente, pur
essendo frequente nelle formole notarili, ed in fine le firme ori-
ginali dell' Infante Federico , del Procida e del cronista Neoca-
stro , che vengono ricordati dal Carini cit. come presenti al-
l'atto, insieme al de Cannellis, ma sono piuttosto testimoni.
con.
1290, giugno 14, indizione 3», Messina.
Il Re Giacomo costituisce suo procuratore Bertrando de Can-
nellis per recarsi da Guglielma Moncada , figlia di Gastone di
(1290) — 4<?8 —
Béarn , trattare e conchiudere il matrimonio con la medesima ,
richiedere il suo consenso « per verba de presenti », ed il giura-
mento, e dare quindi, per parte del Re, il consenso per le nozze
ed il giuramento di compierle. Attribuisce ogni potestà a tal
uopo.
Seguono le firme dei testimoni.
(Atto in notar Guglielmo de Solanis di Messina).
in nomine domini amen. Anno eiusdem incarnacionis
millesimo ducentesimo nonagesimo, die quartodecimo rnen-
sis iunii, tercie indicionis, regnante illustrissimo domino no-
stro domino Iacobo dei gracia excellentissimo rege Sicilie,
ducatus Apulie et principatus Gapue, regni eius anno quinto
feliciter amen. Goram nobis Iacobo de Bufalo Iudice Mes-
sane, Guillermo de Solanis, regio publico per regnum Sicilie
notario, et testibus subnotatis ad hoc specialiter vocatis et
rogatis , predictus dominus rex Iacobus constituit, fecit et
ordinavit Bertrandum de Gannellis , militem , legitimum et
certum nuncium et procuratorem ad conferendum se ad e-
gregiam dominam Guillermam de Montecatheno, fìliam egre-
gii Guastonis de Bierna, [ad] tractandum, complendum ma-
trimonium, de quo habitus est tractatus per nuncios inter
eos, ad requirendum consensum eius per verba de presen-
ti, ad recipiendum corporale sacramentum ab ea prò soli-
ditate matrimonii supradicti , et prehabito assensu ipsius ,
ad consenciendum in eam, prò parte sua, tamquam in suam
coniugem et uxorem, necnon et, recepto sacramento ab ea
predicto, ad iurandum super anima eius prò parte sua de
perficiendo et compiendo matrimonio supradicto ; dans sibi
licenciam, auctoritatem et liberam potestatem omnia et sin-
gula faciendi super premissis, que ipse facere posset, si pre-
sens esset , et que natura ipsius negocii exigit et requirit ,
et quod possit alium procuratorem ordinare, facere vel sub-
stituere ad faciendum premissa nomine suo, si aliquo casu,
in faciendis premissis , eum contigeret impediri , ipsumque
revocare si voluerit et alium ordinare, et reassumere procura-
— 479 — (1290)
cionem ipsam et ipsius exercicium prout volet, et quod pos-
sit cautelarli vel cautelas sufficientes facere, tam de consensu
ipsius regis habito ad eandem , quam de sacramento pre-
stito corporaliter ab eo de compiendo matrimonio ipso ,
prout melius et caucius viderit expedire ; promictens, sub
ypotheca honorum suorum, ratum et firmum habere quic-
quid dictus nuncius et procurator suus et alius ordinatus
suus vel substitutus per eum in premissis , nomine suo ,
duxerint faciendum. Unde ad futuram memoriam, et ut de
predicta procuratone fieri valeat piena fìdes, factum est in-
de presens publicum instrumentum per manus mei predicti
notarii Guillelmi, maiestatis sue sigillo pendenti munitum ,
et nostris subscripcionibus roboratum. Datum Messane, an-
no, die, mense et indicione premissis.
f Nos Federicus Infans illustris eiusdem regis frater te-
stamur.
f Ego Iohannes de Procida regni Sicilie Gancellarius te-
stor.
f Ego Iudex Bartholomeus de Neocastro testor.
f Ego Iacobus de Bufalo Iudex Messane.
f Ego Guillelmus de Solanis regius publicus per regnum
Sicilie notarius scripsi.
Dalla perg. di n. 370 del Re Alfonso II, nell'Aron. Cor. Aràg.
in Barcellona. Trovasi ancora un sigillo di cera rossa quasi in-
tiero.
Carini Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 234, ne dà un argo-
mento brevissimo.
Per chiarimenti su quest'atto di procura che è la conseguenza
dell'altro, della stessa data, di consenso prestato dal Re Giacomo
al matrimonio con la Moncada, basta rinviare alle note sul do-
cumento anteriore (n. CGI).
(1290) — 480
coni.
1290, luglio 3, indizione 3a, Palermo.
Il Re Giacomo ordina al Secreto di Messina di provvedere
che sia data piena esecuzione alle immunità concesse ai Genovesi
nel trascorso maggio, durante V ambasceria del milite Gualtiero
Bellanti e del giudice Nicoloso de Brignoli.
Le franchigie allora concesse sono :
1. Per ogni nave dei Genovesi che arriva in Sicilia si e-
siga il diritto di ancoraggio una sola volta, cioè in quel porto
nel quale la nave prima approderà, rimanendo escluso ogni al-
tro pagamento per l'approdo in altri porti.
2. Per le merci che saranno scaricate dalle navi dei Geno-
vesi nel caso di riparazioui da farsi alle navi stesse, e che poi
verranno di nuovo caricate per il viaggio fuori la Sicilia non si
paghi alcuna tassa ; ma se si venderanno le merci . in tutto od
in parte, è dovuta la tassa consueta nel luogo di vendita.
3. Se le navi dei Genovesi partendo dalla Sicilia , per ca-
gione di tempesta « maris tempestate cogente » , ritorneranno al
porto o spiaggia donde partirono o ad altro porto qualsiasi, non
sarà dovuto pagamento di tassa per lo scarico di merci da tra-
sportarsi in altre navi, che partiranno dalla Sicilia , ma soltanto
la tassa solita nel caso di vendita di merci.
4. Per le navi di Genovesi cariche di merci, che verranno
da fuori regno, ma non da Genova «aliunde quam de Ianua »,
si pagherà una sola volta la tassa di un tari per cento nel luo-
go, nel quale saranno vendute le merci scaricate dalle navi.
5. Sono resi esenti i Genovesi dal' obbligo del pagamento del
diritto di riva e misura.
Il testo del documento è riportato nel reg. 2. (a. 1312) fol. 45 r.
della R. Cancelleria , con data inesatta del 1289 ; nel reg. 5
(a. 1360-1410) fol. 230 del Protonotaro del Regno, e nel reg. 23
(a. 1420-21) fol. 227 (Arch. di Stato di Palermo) in un foglio di-
sperso della Pandetta di Palermo del 1312 , e che fa seguito a
quello di n. 230 del suddetto reg. 5, però con data erronea di
giugno , invece di luglio. É inserito nel Codice del secolo XIV
della Bibl. Universitaria di Cagliari,
— 481 — (1290)
Trovasi altresì nel ms. del secolo XV, segnato Qq E 28, fol.
85, nel ms. Constitutiones ecc. Qq H 124 (Bibl. Com. di Palermo)
e nel Liber Pandectarum di Marnilo, fol. 90 (Arch. di Stato di
Palermo). Se ne ha una copia del secolo XVIII, male eseguita e
di carattere piccolissimo, nel reg. 1. della Conservatoria di Re-
gistro (a. 1412-54) fol. 35 (ibidem), in un foglio prima rimasto
bianco, con data erronea del 1288. Termina quivi con tali parole :
«Alia consimilis prò Secreto Messane, sub eisdem die et anno ».
Pubblicato da Orlando, Un codice di leggi e dipi. cit. pag. 109,
e di nuovo a pag. 118 , perchè non si accorse che il privilegio
fu trascritto due volte in quel codice Qq H 124, sebbene sia di-
retto nella prima copia al Secreto di Messina, e nella seconda al
Secreto e Gaito di Palermo. Doveva quindi 1' Orlando omettere
l'inopportuna ripetizione. Egli non corresse la data del 1289 nella
vera del 1290, che corrisponde alla 3a indizione. — Fu ristampato
il privilegio da Sella , Pandetta delle Gabelle di Messina cit.
pag. 110 e seg., secondo il codice di Cagliari. Vayra nella pre-
fazione, a pag. 32, assegna erroneamente il documento al 1289,
perchè non trova indicato l'anno nel testo da lui seguito.
Amari, 9a ed. voi. II, pag. 237, menziona questo documento,
e corregge in 1290 la data inesatta del codice Qq H 124, che Or-
lando non riuscì a spiegare.
La legazione di Bellanti e Brignali a Genova nel 1290 è ricor-
data anche nella Pandetta di Messina, cap. I Dohana maris ,
§§ 15 e 16 (formata dopo il 1305). Cfr. la mia ediz. nel voi. Le
Pandette delle gabelle regie cit , pag. 48 , ed i cenni a pag. VII
della Prefazione per il privilegio del 1289 (o meglio 1290), ed al-
tresì il ricordo a pag. 261 di questo volume. Le franchigie, che
ora accordavansi dal Re Giacomo, rendevano ancora più favore-
vole la condizione dei Genovesi nel commercio con l' isola, mi-
tigandosi od abolendosi varie tasse sino a quel tempo vigenti.
Su le precedenti concessioni di franchigie commerciali ai Ge-
novesi, e su gli ordini di inchieste per la precisa esecuzione, cfr.
doc. LX, LXIV, LXVI e XGI. Per notizie su le più antiche im-
munità , nei tempi normanni e svevi, sì veda quanto ho detto a
pag. 111.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 31
(1290) — 482 —
CCIY.
1290, luglio 13, indizione 3», Palermo.
Il Re Giacomo, in seguito alle istanze di Raimondo Villano-
va, ordina al milite Lorenzo di Caltavuturo di eseguire una mi-
nuta inchiesta su i confini del lenimento di Carsa, sito fra i ter-
ritori di Cammarata e Castronovo, e concesso al medesimo Rai-
mondo da Giunta, Vescovo di Cefalù. Si danno le norme pre-
cise per l'esatta formazione dell'inchiesta.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et principa-
ti Gapue. Laurencio de Galatabuturo, militi, fideli suo gra-
ciam suam et bonam voluntatem. Ramundus Villanova, ca-
merarius , consiliarius, farailiaris et fidelis noster maiestati
nostre humiiiter supplicavit quod , cum venerabilis pater
Iuncta, cephaludensis Episcopus , cappellanus, consiliarius
et farailiaris noster, donaverit et concesserit sibi quoddam
tenimentum terrarum dictum Charsia, situm infra tenimenta
Cammarate et Castrinovi, cum omnibus iuribus, racionibus
et pertinenciis suis, quod spectat ad eum et cephaludensem
Ecclesiam, et nonnulle persone aliqua de iuribus predicti te-
nimenti ceperunt, et detinent occupata, et ea sibi restituere
contradicunt , in suum et predicti Episcopi preiudicium et
non modicam lesionem, super hoc nostra providere sereni-
tas dignaretur. Guius supplicacionibus inclinati, de hiis cer-
tificari volentes , Additati tue mandamus quatinus de fini-
bus et pertinenciis predicti tenimenti terrarum , prout an-
tiquitus racionabiliter iuste protendebantur ac protendi con-
suevit et debent , ac de omnibus iuribus et bonis predicti
tenimenti, que per quoscumque occupata tenentur, per quem,
quantum per quemlibet, a quo tempore citra, qua racione
vel causa, et annuo valore singulorum iurium et bonorum,
que infra fines et pertinencias occupata tenentur per homi-
nes vicinarum terrarum et locorum ipsarum parcium, huius
rei conscios fideles nostros , per quos de premissis melius
— 483 — (1290)
et plenius possit veritas indagari, recepto prius a quolibet
eorum de ventate dicendo corporali et debito iuramento ,
personaliter, fideliter et diligenter inquiras et inquisicionem
ipsam , fideliter in scriptis redactara , nobis sub tuo sigillo
mictas et facias assignari. Gautus existens quod predicta in-
quisicio sic legaliter et absque fraude fiat, quod meram et
puram veritatem contineat, et nullo unquam tempore aliquid
aliud exinde valeat inveniri, quanrquod ipsa inquisicio con-
tinebit, Curia nostra tibi exinde totaliter incumbente. Datum
Panormi, terciodecimo Iulii , tercie indicionis , regni nostri
anno quinto [1290].
Dalla perg. di n. 61 del Tabulano della Chiesa di Cefalù (Ar-
chivio di Stato di Palermo). Il testo della lettera regia è contenuto
nel transunto dell'inchiesta, che offre la data 1289, 9 settembre,
4a indizione. L'anno vi è scritto in tutte lettere ; mentre l'ordine
di Giacomo ha la data 13 luglio, 3a indizione, « regni nostri anno
quinto». Se l'ordine regio fu emanato in luglio, 3a indizione
[cioè 1290], il transunto dell'inchiesta non poteva esser fatto nel-
1' anno precedente 1289 ; onde non è dubbio che per mero equi-
voco fu apposta al transunto la data del 1289, invece del 1290 ,
e ciò, vien provato, oltre che dall'indizione, anche dalla menzio-
ne dell'anno quinto del regno di Giacomo.
Una copia se ne ha nel ms. Qq. H 8 Diplom. Eccl. Cephalud.
a fol. 701 e seg. (Bibl. Gom. di Palermo).
Il nome del casale di Charse trovasi registrato da Amari, Carte
comparèe cit. pag. 33 , che indica : « casal près Valledolmo, El-
Khazàn». É ricordato, coi nomi di Harsa, Arsa, nella bolla di A-
lessandro 111 del 1169 , e nell' altra di Clemente III del 1190 di
conferma dei beni della Chiesa di Cefalù (cfr. Garufi, Doc. del-
l'epoca normanna cit. pag. 113 e 234).
Su questo antico casale di Carsa appartenente al Vescovo di
Cefalù conviene offrire alcuni cenni, per la migliore notizia del-
l' origine dei litigi e dei provvedimenti emanati in vari tempi.
Nell'anno del mondo 6683 (cioè 1176), essendo insorta controver-
sia tra gli abitanti dei casali di Ottumarrano e Carsa, il Secreto
Eugenio de Cales fece un' inchiesta dei confini dei suddetti ca-
sali, che venne riferita in un documento bilingue, greco - arabo,
(1290) — 484 —
del quale ci rimane soltanto la versione latina eseguita nel 1286,
che si contiene nella perg. 60 del Tabularlo della Chiesa di Ce-
falù (Arch. di Stato di Palermo), e fu pubblicata da Giuseppe
Spata, Le pergamene greche, cit. pag. 451 e seg. Cfr. pure Tir-
rito , Sulla città e comarca di Castronovo cit. pag. 186 e seg.
Rinnovaronsi le liti nel 1189, allorché il regio Giustiziere Rug-
giero Hamut (Hamictus) , tenendo presenti il privilegio di con-
cessione del Re Ruggiero ed un documento del maestro della regia
Dogana, eseguì altra verificazione dei confini, ed affidò (come egli
dice) licteris rerum indicibus quella descrizione. Tale documento
fu dato in luce dal prof. Garufi , nella sua memoria Monete e
conii nella storia del diritto siculo dagli Arabi ai Martini (nel-
YArch. Stor. Sic. , an. XXIII, 1898, pag. 153 e seg.).
Il Camerario Conte Manfredi Maletta nel secolo seguente privò
il Vescovo Giunta del possesso di quel casale detto Sancte Marie
de Harsia, ed il Re Giacomo ordinò nel 1285 che fosse tosto re-
stituito al Vescovo il casale suddetto (Cfr. il doc. del 2 maggio
1285 da me edito ne\V Appendice) .
Fu quindi dal Vescovo Giunta (come si ricorda in questo do-
cumento del 1290) concesso il casale a Raimondo Villanova. Per
l'inchiesta, che fu eseguita dopo i reclami di usurpazioni presen-
tati dal Villanova , si veda il testo del documento del 9 settem-
bre, che viene da me appresso riferito (n. GCXII). Aggiungo qui
soltanto che il Vescovo Giunta a 10 febbraio 1298 trasferì il pos-
sesso del casale di Carsa a Vinciguerra Palizzi , per il censo di
due oncie di oro annuali , come appare dalla perg. di n. 64 del
Tabulano della Chiesa di Cefalù (Arch. di Stato di Palermo).
Il Raimondo Villanova , indicato nel 1290 con le qualità di
Camerario e consigliere del Re, era catalano e forse della fami-
glia del celebre Arnaldo. Egli nel 1294 fu inviato in Sicilia dal
Re Giacomo per trattare la pace con la regina Costanza e l'infante
Federico (Surita, Anales cit. lib. V, cap. 8). Finke, Ada arago-
nensia cit. voi. I, pag. 32 ricorda che in marzo 1296 il Villanova
venne in Ischia per trovarvi la regina, e condurla a Roma.
— 485 — (1290)
ooy.
1290, luglio 27, indizione 3% Trapani.
Il Re Giacomo concede all' Ammiraglio Ruggiero Loria il per-
messo di estrarre fuori regno salme seimila di frumento, libere
dal diritto di estrazione (exiture).
Questo documento è ricordato in un altro del Re Giacomo del
3 aprile 1291, conservato al n. 216 delle Cartas sueltas con fecha
di Giacomo nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona. La menzione del
privilegio è con tali termini: « Quam exituram eidem Amirato,
ad eius instanciam, maiestas nostra libere et graciose concedit,
iuxta tenorem mandati nostri dati Trapani, vicesimo septimo iu-
lii, tercie indicionis». Per altre notizie cfr. il doc. sopra menzio-
nato del 1291.
È evidente che la grande quantità di frumento, che si estraeva
dall'isola, serviva per i bisogni della difesa in Catalogna. Si ha
infatti un documento del 18 settembre seguente (pubblicato da
me nell'Attuari cit. pag. 362, doc. XXII), col quale il Re Alfonso
manifestava a Giacomo che egli attendeva l'invio del resto del
frumento , « quod vos et domina regina mater nostra nobis mi-
etere debebatis » nella complessiva somma di salme cinquemila,
« de quo nobis misistis in navi Admirati duas mille salmas et
ducentas quinquaginta salmas in biscocto». Il Re Alfonso insi-
steva per l' invio sollecito del frumento , « cum illud sit nobis
valde necessarium propter stabilimenta, que habemus ponere in
castris frontarie et locis aliis terre nostre».
COVI.
1290, luglio 29, indizione 3% Trapani.
Il Re Giacomo si congratula con gli almogaveri delle società
di Matteo Fortuno e Ferrando de Cqmerasa degli Abdèlilli per
(1290) — 486
la fedeltà e la devozione dimostrate nell'avere strenuamente oc-
cupato la terra di Castrovillari e sottopostala al dominio regio.
Promette di render ad essi il dovuto merito, perchè con maggior
impeto si volgano contro i nemici.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Gapue. Almugaderiis et Almugavaris de societatibus
Mathei Fortuni et Ferrandi de Camerasa Abdelillorum di-
lectis , fidelibus suis graciam suam et bonam voluntatem.
Inteliecto nuper , ex relaeione quorundarn nostrorum fide-
lium , quod una cum predictis AbdalilJis terra ra Castrovil-
lari, nostrorum hostium potestati subiectam, potenter et viri-
liter invasistis et nostro dominio submisistis, que in nostris
fide et dominio gubernatur , strenuitatem et sollicitudinem
vestram , habitam in acquisicione et capcione terre ipsius
qunm in aliis nostris exaltacionibus [et] honoribus semper
promptam, expositam et paratam invenimus, probabiliter et
merito commendant.es, per laudabilium effectus operum ma-
nifeste cognoseimus et videmus quod honorem et exaltacio-
nem nostram tota mente et animo anelante desideratis, et
prò ipsa tractanda personas vestras promptis affectibus ex-
posuistis et exponere non formidatis. De quo vos, per con-
dignas largiciones et gracias , promovere et in melius am-
pliare disponimus, quod gaudebitis nostris insudasse servi-
ciis, et ad tractandam maiorem exaltacionem nostri nomi-
nis viriliter et prompcius laborabitis, propter quod, contra
communes rebelles et hostes spiritum maioris fortitudinis et
vigoris assumentes, contra eos in acquisicione aliarum ter-
rarum et locorum eorum dominii procedatis viriliter et poten-
ter. Datum Trapani, penultimo iulii, 111 indicionis, regni no-
stri anno V [1290].
Dalle Cartas sueltas sin fecha del regno di Giacomo, al n. 9812,
uell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
La data precisa si desume dalla 3" indizione e dall'anno quinto
del regno, che corrisponde appunto al 1290.
Su quegli eventi di guerra in Calabria fa un breve cenno gè-
— 487 — (1290)
nerico il cronista Speciale , che dice : « Anno ab incarnatione
domini millesimo ducentesimo nonagesimo Iacobus rex Sicilie ,
cuna quadraginta galeis in Calabria proficiscens, civitatem Gerachii
et alia loca plurima occupavit (lib. II, cap. 17, ed. Gregorio, cit.
voi. I, pag. 345). La notizia della presa di Castrovillari da parte
degli almogaveri , che si ricava da questo documento , fornisce
nuova prova dei successi dei Siciliani in Calabria.
Trovasi il ricordo di Matteo Fortuno negli Anales del Su-
rita (lib. IV , cap. 50) , perchè egli , narrando i fatti del 1284 ,
menziona la parte che ebbe il Fortuno negli attacchi contro gli
Angioini nella Calabria, essendo allora Adalid degli almogaveri.
È utile riferire le sue parole: « Algunos lugares de la provincia
Basilicata, despues de la toma de Castrovilari, se rebelaron con-
tra el rey Carlos , y residiendo en ella Mateo Fortun , que era
adalid de dos mil almogàraves » ecc. Il nome Abdalid o Adalid
è senza dubbio di origine araba, come l'altro di almogaveri. Du-
cange nel Glossarium alla voce Adalides ne offre precisa spie-
gazione, rilevandone la provenienza dagli Arabi di Spagna, e no-
tando con varie prove che gli Adalides sono « itineris ductores »
e che « iussa imponunt almogaberibus et peditibus». L'altra pa-
rola Almugaderii o Almocadeni è pure araba, e come nota il Du-
cange alla voce Almocadenus, significa « capitaneus peditum, Hi-
spanis » .
CCVII.
1°290, luglio 29, indizione 3a, Trapani.
Il Re Giacomo si compiace con Ferrando de Camerasa Ada-
lillo per avere, insieme con Matteo Fortuno e con gli almogave-
ri, preso con grande valore la terra di Castrovillari e sottomes-
so al suo dominio. Manifesta che darà loro il premio condegno,
affinchè egli con nuova forza assalti il nemico.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Ferrando de Camerasa Adalillo , familiari et
(1290) / — 488
fideli suo , graciam suara et bonam voluntatem. Intellecto
nuper, ex relacione quorundara nostrorum fidelium , quod
una cum Matheo Fortuno Abdalillo, familiare, et almugave-
ris fìdelibus nostris, terram Gastrovillari, nostrorum hostium
potestati subiectam , potenter invasistis et nostro dominio
submisisti, que in nostris fide et dominio gubernatur, stre-
nuitatem, industriam et sollicitudinem tuam et dictorum no-
strorum fidelium habitam in acquisicione et capcione terre
ipsius, quam in aliis nostris exaltacionibus et honoribus sem-
per promptam, expositam et paratam invenimus probabiliter,
et merito commendantes , per laudabilium effectus operum
manifeste cognoscimus et videmus quod honorem et exal-
tacionem nostrani, tota mente et animo , anelanter deside-
ras, et prò ipsa tractanda personas tuam et amulgaverorum
nostrorum fidelium promptis affectibus exposuisti et expo-
nere non formidas. De quo te et dictos almugaveros per con-
dignas largiciones et gracias promovere et in melius compia-
cere disponimus, quod gaudeatis nostris insudasse serviciis
[et] ad tractandam maiorem exaltacionem nostri nominis viri-
liter et prompcius laborabis, propter quod contra communes
rebelles et hostes spiritimi maioris fortitudinis et vigoris as-
sumens, contra eos in acquisicione aliarum terrarum et lo-
corum eorum dominii procedas viriliter et potenter. Datum
Trapani , penultimo iulii , III indicionis, regni nostri anno
V° [1290].
Dal n. 9813 delle Cartas sueltas sin fecha del regno di Gia-
como II, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Il documento è simile per il contenuto al precedente diretto
agli almogaveri : ma riscontransi alcune varianti, per le quali è
necessario riferirlo per intero. Per altre notizie basta rinviare a
quanto ho detto per il documento anteriore. Ho corretto nel te-
sto qualche errore evidente.
— 489 — (1290)
CCVIII.
1290, luglio 29, indizione 3a, Palermo.
Il milite Ruggiero Mastrangelo, Giustiziere di Palermo, ordi-
na (in seguito a lettera del Re Giacomo a lui diretta) a Neri figlio
di Giacomo, serviente della Corte del Giustiziere, di eseguire la
sentenza emanata dal medesimo Ruggiero nella causa tra Pie-
tro de Filosofo e Costanzo de Bentifano, giudici , e Ruggiero de
Bianco, cittadini di Palermo, per la designazione dei confini delle
terre di Curema e Marauso , e per la restituzione delle terre di
Marauso usurpate dal suddetto Ruggiero de Bianco. Il serviente
immette quindi in possesso delle terre i giudici de Filosofo e de
Bentifano. Si indicano esattamente i confini delle terre suddette.
(Atto in notar Guglielmo de Ruggiero di' Palermo).
In nomine domini amen. Anno dominice incarnationis mil-
lesimo ducentesimo nonagesimo, mense Iulii, vicesimo nono
eiusdem, tertie inditionis. Regnante serenissimo domino no-
stro domino Iacobo dei gratia inclito rege Sicilie, ducatus
Apulie et principatus Capue, sui felicis regiminis anno [quin-
to] feliciter amen. Nos Ioannes de Magistro Iudex civitatis
Panormi , Guillermus de Rogerio regius publicus eiusdem
civitatis notarius et subscripti testes, ad hoc vocati specia-
liter et rogati , presenti scripto publico notum facimus et
testamur quod nobilis vir dominus Rogerius de Magistro
Angelo, miles, regius Iustitiarius predicte civitatis Panormi,
auctoritate quarundam regiarum licterarum, sibi directarum,
de declarandis, terminandis et limitandis finibus et pertinen-
tiis tenimentorum terrarum Gureme et Marausi, de quibus
controversia tunc erat inter Iudicem Petrum de Pbilosopho
et Iudicem Gonstancium de Bentiphano socerum suum ex
una parte, et dominum Rogerium de Bianco, militem, cives
Panormi ex altera , ad peticionem et instanciam ipsorum
Iudicis Petri et Iudicis Gonstancii, manda vit et iniunxit co-
rani nobis Neri filio Iacobi, misso, servienti seu apparitori
(1290) — 490 —
Curie eiusdem domini Iustitiarii , ut nobis piene constitit ,
servatis omnibus sollempnitatibus , ut exequeretur senten-
tiam latam per eundem dominum fustitiarium prò predictis
Iudice Petro et Gonstancio contra predictum dominum Ro-
gerium, super restitutione quarumdam infrascriptarum terra-
rum usurpatarum per eundem dominum Rogerium , que
sunt infra fines et pertinentias de finibus et pertinentiis te-
nimenti terrarum Cureme, neenon super declaratione , ter-
minatione et limitatione fìnium et pertinentiarum tenimento-
rura Cureme et Marausi, ut in ipsa sententia plenius con-
tinetur, et aliis contentis ut nobis similiter constitit; et ad
mandatum predictum dictus serviens exequutus est, nobis
presentibus , sentenciam predictam, et posuit et induxit in
corporalem possessionem terrarum ipsarum eosdem Tudicem
Petrum et Constancium prò exequutione predicta in teni-
mento predicto Cureme. Terre, ut in predicta sententia con-
tente , et in quibus fuit predicta sententia exequuta , sunt
he: In primis incipiunt ex parte septemtrionis a porta,
que est supra saltum aquarum, et ab ipsa porta descendunt
per magnum vallonem vocatum de Ficaraciis, in quo sunt
adhuc ficaracie, deinde descendunt per aquas ipsius magni
vallonis et transeunt per mandram, que fuit Charboni Sar-
raceni olim procurator[is] Curie, que mandra est de teni-
mento Marausi. Deinde descendunt per aquas usque prope
massariam , que fuit olim Venuti Busketti , et nunc ipsam
tenet Guillelmus conciator, que massaria est in dicto teni-
mento Marausi. Deinde descendunt per easdem aquas aquas,
et tendunt usque ad flumen", quod descendit de Marausa ,
inter [quod] flumen et predictas aquas est lapis, qui voca-
tur lapis niger, qui lapis est in dicto tenimento Marausi.
Deinde descendunt a predicto flumine ex parte occidentis
per quemdam alium vallonem , qui est inter duas arbores
ficuum, et per ipsum vallonem vallonem ascendunt per cri-
stam cristam usque ad lapidem Bedera, et sic concluduntur
fines predicti. Terre autem usurpate per predictum domi-
num Rogerium , que sunt infra fines et pertinencias et de
— 491 — (1290)
finibus et pertinenciis dicti casalis seu teniraenti terrarura
vocatarum Gurema, quas tenet usurpatas, et in quibus dicti
Iudex Petrus et Constancius passi sunt usurpacionem sunt
hii : In primis incipiunt a porta Chasi , et deinde descen-
dunt recto tramite , respiciendo ipsam portam ad Gurgum
salitum, et ab ipso gurgo descendunt similiter ad vallonem
qui dicitur de Cancris , et ab ipso vallone Gancrorum de-
scendunt usque ad vallonem ad quem defluunt aque vallo-
nis Marausi, et deinde ascendunt ad quemdam alium gurgum
per viam vocatam de Burdis, que est prope mandram Petri
Barbera de Gorlione , et deinde ascendunt recto tramite
usque prope massariam dicti Petri Barbera, et abinde ascen-
dunt usque ad dictam petram Bedere, et sic concluduntur
terre usurpate. Unde ad futuram memoriam, et dictorum Iu-
dicis Petri et Constancii etberedum eorum cautelam, presens
publicum instrumentum eis exinde factum est per manus
mei predicti notarii , meo signo signatura , subscriptione
mei predicti Iudicis et subscriptorum testium subscriptioni-
bus et testimonio roboratum. Actum Panormi, anno, mense
die et indictione premissis.
f Ego Ioannes de Magistro qui supra Iudex me sub-
scripsi et testor.
f Ego Franciscus Tallavia testis sum.
f Ego Theodorus de Gayto testis sum.
f Ego Symon de Genturbio testis sum.
f Ego Basilius de Taberna testis sum.
-j- Ego Symon de Castroioanne testis sum.
f Ego Ioannes de Ioanne Vetulo testis sum.
f Ego Iacobus de Geralbono testis sum.
f Ego Ioannes Presbiter de Gorilono testis sum.
j- Ego Guillelmus de Policio testis sum.
f Ego Bartholoctus de Gaprara testis sum.
f Ego Rogerius de Gentili testis sum.
f Ego Iacobus Lombardus testis sum.
et scribere nescientes per manus predicti notarii fecimus
nos subscribi.
(1290) — 492 —
f Ego Guillelmus de Rogerio qui supra regius publi-
cus civitatis Panormi notarius predicta rogatus scripsi et
meo signo signavi.
Testes antedicti Iudex Theodarus de Gayto et Franciscus
Tallavia.
Il testo di tale documento si trova in copia, talvolta scorret-
ta, del secolo XVIII, nel volume ms. 2 Qq H 230, intitolato « vo-
lume di antichissimi documenti esemplati dalli pargameni » della
Chiesa della Martorana di Palermo, a fol. 303 (Bibl. Comunale
di Palermo). Nella copia si ebbe cura di riprodurre , come per
altri atti di quel volume, il monogramma del nome Guillermus
del notaro de Ruggiero, e ciò è maggiore indizio di autenticità.
La voce apparitovi si trova per equivoco trascritta in apponitori.
Pare che i testimoni de Gayto e Tagliavia, ricordati pure in fine
dell'atto, sapessero scrivere, e non gli altri , perchè nella copia
dopo i nomi di quei due testimoni, è una lunga linea , accanto
alla quale è notato « et scribere nescientes » ecc.
Il prof. Vincenzo Di Giovanni nella sua memoria Appendice
alla Topografia di Palermo dal sec. X al XV (inserita neìVArch.
Stor. Sic. an. XXIV, 1899, pag. 381 e seg.) rileva varie indica-
zioni di nomi topografici, che si desumono da questo documento.
Egli ritiene (pag. 384) che i teni menti di Marausa e Curema fos-
sero nel « territorio di Palermo » ; ma ciò non sembra vero, ac-
cennandosi nell'atto il Casale di Curema, che sarà probabilmente
il casale Cutemi vicino Mezzoiuso, esistente nella metà del seco-
lo XIII, e detto indi Gudemi, come ricorda Amari nella Carte com-
parée cit pag. 34. Il Di Giovanni inoltre nel dare un riassunto
del documento (a pag. 391), specialmente in riguardo ai nomi di
luogo, afferma che le terre erano state « usurpate da : Dominus
Rogerius de Magistro Angelo Miles Regius Iustitiarius civitatis
Panormi». Ciò è un evidente errore, derivante dal non avere il
Dì Giovanni considerato che l'usurpatore era stato Ruggiero De
Bianco e non l'omonimo Ruggiero Mastrangelo, l'intemerato fau-
tore della rivoluzione di Palermo del 1282, che non avrebbe certa-
mente commesso un delitto di usurpazione di terre , e che anzi
come Giustiziere aveva definito la controversia su quella materia.
Si ha così notizia che nel 1290 il celebre Mastrangelo era in-
vestito di alta dignità giudiziaria in Palermo. Di lui si ha ricordo
— 493 — (1290)
più recente nel 1286 , quando egli sottoscrisse da testimonio il
documento solenne del 12 febbraio, col quale Re Giacomo pro-
metteva di difendere il fratello Alfonso nel regno di Aragona.
Gfr. Amari 9a ed. voi. II, pag. 165, nota 4, e le notizie per quel
documento da me sopra riferite al n. GXXXIX.
OOIX.
1290, luglio (probabilmente).
Il Re Giacomo trasmette le sue risposte ai capitoli inviatigli
da maestro Raimondo, cappellano del papa Nicola IV.
Esse sono composte in tal modo :
1. La restituzione di beni alle chiese si farà interamente;
ma durante la tregua i prelati riceveranno soltanto le loro ren-
dite, con V assicurazione che le chiese e gli ecclesiastici saranno
mantenuti nelle prerogative competenti.
2. Il Papa non dovrà molestare né diminuire i territori ,
che sono al di là del Faro, ed appartengono al medesimo Re Gia-
como, il quale ha sostenuto tante spese e pericoli, «esponent la
sua persona e la gent sua a perils». Peraltro durante le tregue
non si possono diminuire, ma si devono conservare i territori di
ognuno.
3. La tregua si tratterà e stabilirà tra la Chiesa di Roma,
i Re di Francia, di Castiglia, e Carlo II di Napoli, e lo stesso Re
Giacomo per sé e per suo fratello Alfonso Re di Aragona, e tutti
con loro genti e fautori, per dieci anni, con le condizioni che a-
vanti si determinano :
a) Che il Papa ed i cardinali ed i suddetti sovrani , com-
preso il fratello del Re di Francia, prometteranno con giuramento
di osservare esattamente la tregua nei loro stati, come farà il Re
Giacomo per sé e per il fratello.
b) Che ritenuto che le tregue non offrono molta sicurezza .
e che per il passaggio in Terra Santa (propriamente in Acri, se-
condo la proposta del Papa) occorre molto tempo, il Re Giacomo
possa mandare a sue spese venti galere armate con mille almo-
gaveri e mille balestrieri, perché la Terra Santa non soffra danni
(1290) — 494 —
dalle galere del Sultano. Le suddette galere del Re Giacomo ri-
marranno in Terra Santa sino al venturo settembre , nel qual
mese, lasciate quivi le milizie, torneranno in Sicilia, perchè nella
primavera seguente delV anno 1291 il Re Giacomo con le stesse
venti galere e con altrettante e con quattrocento cavalieri, e due-
mila fra balestrieri ed almogaveri, si rechi in Terra Santa. Se
il Papa ed i cardinali vorranno che il Re Giacomo parta nella
medesima estate (cioè in agosto 1290) lo concedano, per non so-
spendere la spedizione.
e) Che essendo solito avvenire molti inconvenienti nelle tre-
gue, il Re Giacomo starà nelle regioni d'oltremare per un anno,
se sarà partito in agosto o settembre , e tornerà nella fine del-
l'anno. Se partirà nella primavera del 1291, vi rimarrà sino al-
l'estate dell'altro anno 1292, e poi ritornerà in Sicilia, lasciando
però in Terra Santa un capitano con trecento cavalieri e con i
suddetti balestrieri ed almogaveri, che rimarranno quivi sino al
termine della tregua.
d) Che tenuto in considerazione che le rendite del regno di
Giacomo , insieme al soccorso che potrà avere dai suoi sudditi ,
ascendono al più a quarantamila onde all'anno, il Re medesimo
promette di fare a sue spese gli apparecchi per l'armata, ed al-
tresì provvedere al mantenimento delle milizie per quattro mesi
dal primo anno , dopo la partenza , ciò che importerà la spesa
di circa quarantamila onde, oltre alle spese per le milizie dopo
il ritorno dello stesso Re in Sicilia. Per i rimanenti otto mesi
di ogni anno il danaro per le spese medesime dovrà essere fo-
nito al Re Giacomo dalla Chiesa Romana.
e) Che il Re Giacomo giurerà di inviare le suddette quaranta
galere con le loro milizie , e che dovrà provvedersi che il Re in-
sieme con quanti partiranno , ed anche coloro che rimarranno
in Sicilia siano assoluti dalla scomunica, togliendosi l'interdetto
posto nell'isola, e concedendosi il perdono al Re ed a tutti quelli
che con lui vanno in Terra Santa. Se l'armata navale dei Sara-
ceni non sarà pronta, si reputa però conveniente, anche per evi-
tare grandi spese , da sostenersi dalla Chiesa Romana , di fare
ritornare le quaranta galere del Re Giacomo, o mantenerne al-
cune, se fra breve i nemici si prepareranno.
f) Che il Papa ordini al Re di Cipro di andare , insieme
alla sua gente, col Re Giacomo in Terra Santa, ed altresì im-
— 495 — (1290)
ponga ai monaci dell' Ospedale dei Teutonici ed ai religiosi e se-
colari, che sono nella terra di Acri, di prestare obbedienza ed aiuto
al Re Giacomo, come capitano della Chiesa, potendo costui stare
nel castello di Acri durante la sua dimora in Terra Santa.
g) Che il Papa consenta il matrimonio già stabilito tra la
figlia del Re d' Inghilterra ed il Re Alfonso d' Aragona , perchè
se ciò farà, il Re Giacomo avrà maggior fiducia nel Papa, come
ancora, per la parentela col Re d'Inghilterra, potrà meglio offen-
dere i nemici della fede cristiana.
h) Che curi altresì il Papa che i suddetti sovrani osservino
bene la tregua, venendo altrimenti sottoposti all'interdetto ed al
pagamento dei danni.
i) Che durante la tregua il Papa difenda l'isola di Sicilia
e gli altri territori, che il Re Giacomo possederà al tempo del suo
passaggio in Terra Santa, sotto le debite pene ai ribelli.
j) Che se il Re di Francia od i suoi baroni volessero re-
carsi in Terra Santa, si dovrà dal Papa darne notizia al Re
Giacomo per sua sicurtà.
k) Se avvenisse la morte del Re Giacomo nel tempo della
tregua, i patti suddetti saranno adempiti dall' Infante Federico
suo fratello , e per la morte di costui dal fratello Pietro , ed in
caso pure di sua morte dal Re Alfonso di Aragona.
Resposta del rey en Iacme assignats per mestre
Ramon capela del senyor papa.
AI primer capitol de la [rejstitucio de les esglees e deles
persones ecclesiastiques, e maiorment dels prelats en la isla
de Sicilia.
Es respost que la restitucio se fassa plenerament , aixi
empero que, durant la treva, los prelats sien contents ree-
bre per lurs procuradors los drets e les rendes lurs. E sera
feta a els bona et sufficient segurtat de, conservar les esglees
e les persones ecclesiastiques en lurs libertats e drets.
Sobrel segon capitol de lexar tot go , que te de lo Far
en terra e en mar, francament e sens tot empaix.
Es respost que placia al sent papa que no agreuge ne
minue de sos teniments aquel quis sotmet a tan gran fet
e a tantes despeses, esponent la sua persona e la gent sua
(1290) — 496 —
a perils, que aia carrech daquell e en deu aver guardo. En-
cara que no es de les condicions daquels, qui prenen tre-
ves, que deien esser minuats, ans servats en sos teniments,
pergo que si per aventura avenia deffaliment de les parts,
cascun apres que. les treves fossen trencades , tengues en-
tegraraent tot §o que tenia.
Sobrel ters capitol de donar segurtat danar en Acre con-
trals enemics de la fé ab XL galees et ab GCGG cavalers,
dins lo termen, que per lesglea li sera assignat, e estar a-
qui mentre que les treves durassen.
Es respost que les treves se tracten effermen entre la
senta esglea de Roma per si e per los reys de Fransa e
de Castela e per Karles segons princep e per les comunes
e per los valadors e sotsmeses lurs ; encara aquels meteix
reys e els dits Karles e princep, comunes, valadors e sots-
meses daquels e el rey en Iacme , per si e per lo senyor
Namfos rey Darago frare seu e per los valadors e sotsmeses
daquels, e aquel meteix rey Darago, valadors e sotsmeses
seus per X anys en la forma e manera desusdites.
Que el dit sent papa e els senyors cardenals , per si e
per los dits princeps e comunes, ab cartes del papa ben fe-
tes e fermades, prometran, e els dits reys de Fransa e de
Castela, el princep e el frare del rey de Fransa e els altres
princeps enemics dels dits reys Darago e de Sicilia o del un
dels e les dites comunes prometran e fermeran ab segre-
ment les dites treves per tot lo damunt dit temps en terra
e en mar , per si e per la gent , valadors e sotsmeses da-
quels, en bona fé fermament atendre e sens tot faliment
observar e fer observar, e no contravenir en alcuna cosa
per alcuna manera. E aqui meteix lo dit rey en Iacme farà
per si e per lo dit rey Darago frare seu , valadors e sots-
meses lurs , e en bona [fé] procurara , cant pus tost pora,
aquesta meteixa cosa esser feta per lo dit frare seu , e a
totes aquestes coses e cascuna d'aquestes observar se obli-
gara solemnialment per lo dit frare seu, e de tot ago sien
fetes de cascuna de les parts aqueles cartes e escrits, que
sien cuvinens e bastans.
-- 497 — (1290)
Encara car el fet de les treves no a tanta segurtat , ne
els feels o sotsmeses no son aixi pagats de treves con de
pau, ne prometrien aixi gran secors, e moltes coses se pu-
rien fer dins treves, que no serien presumides o. . . . en
pau , e maior segurtat a mester a establir les terres e les
locs seus en temps de treva , e en complir aquestes coses
e ordonar la sua terra e encara a aparelar se al passatge
honradament e poderosa, segons que tan gran fet o requer
sia mester molt temps. Placia als dits senyors sent papa e
cardenals , esguardant totes aquestes coses , que per guar-
dar la Terra santa dels enemics per mar e a fer mal a a-
quels en totes partes, on mes e maior lur pusca esser fet,
que puga primerament trametre lo dit rey ab despeses seus
XX galees be e cuvinentment armades ab M almugavares
e M balesters, perco que la Terra santa no pug. . . . dam-
pnatge per les galees del Solda, ans ab les dites galees fas-
sen mal a les terres e als vassals del dit Solda. Les quals
galees estien en les dites parts doltramar entre al mes de
setembre seguent de la quarta indicio , e dins aquel mes ,
lexats aqui los dits balesters e almugavares, partesquen les
dites galees daqueles parts e tornen en Sicilia , pergo que
en la primavera daquel any de la quarta indicio , aixi ab
aqueles XX galees con ab altres XX galees e ab GCCC ca-
valers , M balesters e ab altres M almugavares , lo dit rey
pas a aqueles parts. E en aquest endemig lo dit rey en
lacme pus sufficientment e mils saparalara a fer lo passat-
ge, perco cor hi a mester gran aparalament, lo qual requer
gran quantitat de moneda, encara per^o que pus bastant-
ment e mils aparalat de tot co que mester hi sera, pas en
la dieta primavera en les dites parts ab les dites XXXX
galees, GCCC cavalers, M balesters e M almugavares. E si de
tot en tot vulien quel rey pasas aquel meteix estiu , ator-
gassen o, ans que no romanges lo fet.
Encara car en temps de treves molts escandels pusquen
nexer, dels quals no sens rao es de duptar, promet e diu
que estara en aqueles parts doltramar [ab les dites XXXX
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 32
(1290) — 498 —
galees , GCGCJ cavalers, M balesters e M almugavares per
un any, si passara en agost o eri setembre, e en la fi da-
quel any que seri torri; e si passara eri la primavera del se-
guent any, estia aquel estiu e livern e laltre estiu seguent,
e puis que sen puga tornar en Sicilia. En aixi empero que
lexera en aqueles parts ab un seu capita, loqual el lur darà,
CGG cavalers e encara los dits balesters e almugavares, los
quals romangen e estien aqui, entro a la fin de les dites treves.
Encara car totes les rendes de tota la terra del dit rey
en Iacme ab tot lo secors, que aver pot dels seus feels, puyen
a tot lo plus a XL milia uncias per any , per§o quels dit
sent papa e cardenals manifestament sapien e veien per
obra la gran volentat de la gran devocio que ha, que puga
tornar en gracia lur, promet fer del seu propri totes les de-
speses per les dites galees e cavalers e altre aparalament
necessari. E encara per los dits M balesters e M almugava-
res, los quals promets menar ab si a aqueles parts per IIII
meses del primer any , los quals se comensen a comptar
del primer dia, que el partirà de Sicilia per fer lo dit via-
ge. Les quals despeses, comptat larmament, nolit deles naus
qui portaran los cavals, vianda e altres coses necessaries ,
comptades encara moltes daltres coses , qui seran mester
al dit fet per los dits IIII meses, puyen almeyns a XL mi-
lia uncias, e depuis quel sera tornat en Sicilia, altres HIT
meses de cascu dels altres anys , entro a la fi deles dites
treves, per los dits CGC cavalers, balesters e almugavares,
los quals ab lo capita seu en les dites parts lexara. E con
per los altres Vili meses romanens de cascu dels dits anys
les despeses, que mester hi sien, no aia de que fer le pusca,
placia als dits sent papa e cardenals que ara en present
troben via e manera per les quals , mantinent quels dits
IIII meses de cascu dels dits anys seran passats , que el
dit rey aia per lo romanent temps aquela moneda que li
sia mester per totes les coses damunt dites.
Encara en forma dels princeps del mon iurara, e per
los nobles de la sua Gort iurar farà per los sents avange-
— 499 — (1290)
lis , que en la dita manera e terme trametra les dites XX
galees ab los dits M almugavers e M balesters, e apres, se-
gons que damunt es dit, passara a les dites parts d'oltra-
mar ab les dites XXXX galees, CCCG cavalers, M balesters
e M almugavers, e que estara aqui per lo dit primer any,
e en apres que el partirà daquen , lexara aqui , entro a la
fi de les dites treves, un capita ab los dits GGGC cavalers,
M balesters e M almugavers en la forma e manera damunt
dites. E els con tots aquels , qui ab el van el dit viat-
ge , e encara aquels qui romandran en Sicilia e en les al-
tres terres de la sua senyuria sien absolts de la excomuni-
cacio, e en les dites iles e terres sia relaxat lentredit, per-
donat a aquel rey e als altres, qui ab el passaran, tots los
pecats e de lurs pares e de lurs mares, aixi con aquest perdo
se dona aquels, qui en les dites partes van.
Encara que sia atorgat perdo de lurs pecats a tots aquels,
qui trametran ab lo dit rey en lacme en subsidi de la Terra
santa en lur loc, cavalers o homens darraes a peu, o mo-
nella quis despena en lo dit serviy, e que aien aquela meteixa
absolucio, que an aquels qui principalment hi van. Empero
car seria perilosa cosa e de gran despesa tenir en les dites
parts d'oltramar continuament les dites XXXX galees, una
per les grans despeses qui y serien mester, les quals gra-
varien molt la senta Esglea de Roma, car el temps del yvern
aia a fer la paga, altra encara quels mariners no purien
estar en aqueles per tant Ione temps, par que seria cosa cu-
vinent que, si 1' armada de les galees dels Sarrayns nos
feya ne sera aparalada per fer mal a la dita Terra, les di-
tes XXXX galees ab los mariners sen tornen en Sicilia, e
que los homens d'armes a peu, qui en aqueles fossen, ro-
manguessen en les parts d'oltramar. E si per aventura les
galees dels Sarrayns no eren aparalades e hom dubtara
que en breu se deguessen aparelar, romanges en la dita
Terra mentre que mester hi fos, dins lo dit temps quel dit
rey en les dites parts estara, sufficient e cuvinent quantitat
d'aqueles galees a deffendre la dita Terra e a combatre ab
(1290) — 500 —
les dites galees dels Sarrayns. Empero en lo seguent estiu,
si mester hi sera, les galees, qui tornades sen fossen en
Sicilia, tornassen a la dita Terra, dementre quel dit rey fos
en les dites parts d'oltramar. E si les dites galees, totes o
part d'aqueles, per molt o per poc temps estaren aqui, lo
dit rey solament farà les despeses, aixi con promes a, e de
les altres despeses se deia proveir a la dita sancta Esglea,
segons que dit es.
Encara que per escrits de la senta Esglea sia fet espres-
sament manament al rey de Xipre que el, ab la gent sua,
personalment sia ab lo dit rey en Iacme en aiuda e deffensio
de la Terra santa, e sots pena de excomunicacio als mestres
e als altres frares del Espital e de la Gasa des Alamanys e
a totes altres persones religioses e seculars , qui son en
la dita terra Dacre, e ales comunes que aqui estan, que al
dit rey en Iacme obeesquen e aiuden aixi con a capita de
lesgiea trames per deffeniment de la dita Terra, e que sia a-
torgat a el que puga estar e albergar el castel Dacre e quel
tenga mentre quey sia.
Encara, a melor e pus cuvinent perfeccio del dit fet, so-
plega que el sent papa consenta al matrimoni , que es ia
fermat, de la fila del rey Dangleterra ab lo dit rey Darago,
car iassia ago quel rey en Iacme se confiy molt del rey Dan-
gleterra, empero si lo dit matrimoni [sera] acabat ab cocen-
timent del sent papa, de el aixi con a pare se confiara , e
el dit rey en Iacme tendria aquel aixi con a pare , con el
passas a la Terra santa, e con el per lo dit matrimony se
fos acostat ab tant poderos rey, pus fortment e pus pode-
rosa puria fer mal als enemics de la fé de Grist.
Encara que sien fets escrits per lo sant papa sufficiens
e bastans quels dits reys , princep e el dit Karles o altres
princeps, grans senyors, comunes e altres persones eclesia-
stiques o seglars, de qualque estament, grau, condicio e di-
gnitat sien , o alcu daquels , dins lo damunt dit temps de
les treves, publicament o amagada no entren o fassen mal,
ne entrar ne fer mal procuren, o en neguna altra manera
— 501 — (1290)
sostenguen, als damunt dits rey Namfos e al rey en lacme
en persones, gent, vassals, regnes, principat o teniraent da-
quels o del un dels, que de dret o de fet per els o per lo
un dels son tengudes e posseydes en terra e en mar. E si
per aventura alcuns dels damunt dits alcuna cosa contra
totes les damunt dites coses, o alcunes de les damunt dites,
asaiaren, presumien o feyen, daquela hora avant fossen ex-
comunicats , e aixi els con la gent , vassals e terres lurs ,
per los dits escrits del sent papa, sien sotsmeses al entre-
dit de la santa Esglea de Roma , e perden los drets lurs ,
terres e tots altres bens, que tenguessen de la santa Esglea
de Roma, de la qual excomunicacio per l'Esglea o per ma-
nament daquela non deien esser absolts, ne sia relexat l'en-
tredit, si doncs primerament no satisfeyen de les eniuries
e dels dans, que fets aguessen a aqueles persones, qui les
agessen preses , aixi qui fos provat [solament] en la cort
del senyor daquels qui agessen soffertes les eniuries e els
dans, de les eniuries e dels dans, que a els fos fet per a-
quels. En aixi que dins un mes, si aquels qui auran fets
los dans e les eniuries, seran del poder del dit princep, e
dins dos meses, si aquels qui auran fet lo dan, seran dal-
tres parts, lo qual temps comens a comptar del dia a a-
vant que hora aura fet saber daqueles eniuries e dans, sia
feta piena satisfaccio de les eniuries e dels dans a aquels,
qui les auran preses, per los senyors daquels qui fetes les
auran.
Encara quel dit sent papa e els senyors cardenals, aixi
temporalment con espiritual, per tot lo damunt dit temps
de les treves deien esser tenguts de guardar e deffendre la
isla de Sicilia e tota laltra terra, la qual lo dit rey en lac-
me tendra e posseyra el temps que el comensara a passar
a les dites partes d'oltramar, e encara los regnes e tota la
terra del dit rey d'Arago frare seu. E si per aventura alcun
escandel o rebellio se comensara en les ciutats, castels, ter-
res o locs de la senyuria dels damunt dits rey Namfos e
rey en lacme o del un dels , alcun procurant o en altra
(1290) — 502 —
manera, los dits sant papa e cardenals procuren e traeteli
en tal guisa que aquel escandel o rebellio, si cosa es que
fer se puga , ces , e si no es cosa que fer se puga en la
manera damunt dita , meten si espiritualmente e temporal
en totes guises e en tota manera. En aixi que aquels, qui
ago auran fet o comensat , no solament sen pinedan , ans
de qo , que fet auran, aien e sostenguen aquela pena que
meeresquen, segons la qualitat del crim o del malefici que
fet auran. E aqui meteix mantinent aquels qui agos aguessen
pensat, e fossen ia venguts al fet, sien exeomunicats, e tots
los lurs bens sien publicats, e encara oltra la pena cor-
poral, la qual sostenguen a volentat del senyor de la pro-
vincia, sien privats de totes lurs honors e dignitats, e negu
dels fdamunt dits] reys, princeps, comunes o altres persones
puguen les dites terres rebeles o alcuna daqueles reebre en
senyoria o poder lur, mantenir ne deffendre, ne fer mante-
nir ne deffendre, ne donar conseyl, favor ne aiuda manife-
stament o amagada, e aquel o aquels qui de totes les coses
damunt dites o sengles presumira o farà lo contrari , sia
encorregut en les penes damunt dites. Si empero avenia
que lo dit rey de Fransa o son frare , o alcuns comtes o
barons seus, o altres quals se volgues princeps e grans se-
nyors volgessen passar ab gent de Fransa a la dita Terra
santa, que el dit sent papa o els senyors cardenals, avans
de lur passatge o fessen sa ber en fesseti rey Iacme
ab la gent sua , per c,o car perilosa cosa seria que el fos
en aqueles parts ab aquels, si doncs alcuna condicio non y
havia, per la qual aquel rey en Iacme plenerament se po-
gues fiar dels. E si lo sent papa o los senyors cardenals no
feyen saber a el aquesta cosa ans de temps, dins lo qual
el pogues esser tornat en Sicilia, que aquel rey ans sabent
Taveniment daquels, sens tota altra licencia puga tornar en
Sicilia per guardar la terra sua , les dites treves e abso-
lucions e relexacio del entredit romanens en lur fermetat.
E si per aventura, qo que Deus no vula avenia en neguna
manera, que aquel rey en Iacme dins lo damunt dit temps
_ 503 — (1290)
de les treves muris , sens fil de leal coniuy , que totes les
coses damunt dites e caseuna daqueles , aixi con damunt
son distinctament notades , de tot en tot passeri a la per-
sona del senyor infant don Frederich frare seu. E apres la
mort del dit rey , ab aquel infant don Frederich, e per a-
quel aixi com ab lo dit rey, devien esser servades, no con-
trastant la mort sua, per los damunt dits sant papa, car-
denals, reys, princeps e comunes e altres persones eclesia-
stiques e seglars de qualque grau, condicio, stament e di-
gnitat sien, per tot lo damunt dit temps, fermament e sens
tot contrast sien observades. E semblantment si el dit se-
nyor en Frederich muria, totes les damunt dites coses pas-
sen en persona del senyor infant en Pere, frare daquels. E
semblantment si el dit infant en Pere muria, totes les co-
ses damunt dites e caseuna daqueles passen en la persona
del damunt dit senyor Namfos, rey d'Arago, les damunt di-
tes coses e condicions observades.
Dalle Cartas sueltas sin fecha del Re Giacomo II, nell'Arch.
Cor. Arag. in Barcellona. Manca, nel documento (che appare es-
sere alquanto logoro) la data dell'anno , la quale però si ricava
da varie notizie che riferisco appresso.
Questo documento fu noto senza dubbio al Surita (Anales
cit. lib. IV, cap. 114), comesi ha da queste parole: «El papa le
enviò [a Giacomo] sus nuncios, y entres ellos un religioso que se
decia fray Ramon, que era catalan, y en norabre de la sede a-
postólica le pidieron que con su armaci a fuése en socorro de a-
quella eiudad» [Acri]. Non è perciò esatta l'asserzione del Finke,
Ada aragon. cit. voi. I, pag. 7, che il Surita ne abbia tratto il
ricordo dal cronista: « Aus B. de Neocastro schòpfte Zurita».
Pubblicato con varie lacune dal Finke cit. pag. 2 e seg., per-
chè egli, contrariamente ai più sani principi diplomatici, spesso
abbrevia o sunta in parte i documenti che fornisce nella sua
raccolta per 1' epoca del Re Giacomo II di Aragona. Questo ed
altri due documenti, che non appartengono al regno di Giacomo
in Aragona e Sicilia, che come è noto comincia dal 1291, essendo
pervenuto il Re in Barcellona in luglio di tale anno , sono dal
(1290) — 504 -
Finke posti all'inizio del § I Aus der Zeit Bonifaz Vili. In Bar-
cellona non potei ritrovare tali capitoli, e però ho chiesto all'il-
lustre prof. Eduardo Gonzàlez Hurtebise , degnissimo Direttore
dell' Archivio della Corona di Aragona , di curare che mi fosse
inviata la trascrizione delle varie parti (alcune assai estese) del
documento omesse dal Finke, e che rendevano quasi incompren-
sibile il testo. Ho corretto talvolta alcuni evidenti errori dell'e-
dizione del Finke, come la parola almugevares invece di almu-
gaveres ed altre.
Per la migliore notizia del testo dei capitoli conviene accen-
nare che al § 1 è stabilita la restituzione dei beni delle Chiese,
dal quale provvedimento si rileva che la Corte di Sicilia aveva
dovuto per i bisogni dell'erario, durante la guerra, revocare quei
beni al demanio. Alla pretesa del Papa per la restituzione delle
terre conquistate in Calabria è dato dal Re Giacomo nel § 2 il
diniego più esplicito , perchè era costante proposito del Re di
Sicilia di tener quelle terre tolte agli Angioini (cfr. sopra, doc.
CXCVUI).
Il terzo paragrafo concerne la proposta della Chiesa Romana
al Re Giacomo di recarsi in Acri, nella Siria, per combattere con-
tro gl'infedeli, « contrals enemics de la fé ». Giacomo per tale con-
dizione risponde determinando dapprima le parti , che devono
convenire la tregua, il tempo della sua durata, il giuramento del-
l'esatta sua osservanza, e quindi stabilisce con estese norme quan-
to si riferisce al suo passaggio in Terra Santa. Dalla menzione
che la tregua doveva trattarsi con la Chiesa Romana , il Re di
Francia ed altri sovrani e principi si scorge che questo documen-
to è posteriore al 14 giugno 1290, quando tali pratiche avvennero
(cfr. doc. CXCVII) , che desumonsi altresì dai capitoli al Penco
Mar poco prima assegnati dal Re Giacomo (V. doc. CXCVI, §2).
L'aiuto che volevasi che Giacomo apportasse in Terra Santa
nel tempo che il dominio dei Latini in quelle regioni veniva me-
no , dopo la perdita di Tripoli , era un artifìzioso disegno della
Corte di Roma (adoperato sin dai tempi svevi) di allontanare il
legittimo sovrano dalla Sicilia, per potere più facilmente disporre
delle sorti dell'isola a vantaggio degli Angioini. La data che si
denota « entre al mes de setembre seguent de la quart indicio »
prova bene che il documento devesi riferire all'anno 1290 , che
corrisponde a quella indizione dal mese di settembre in poi ; tal-
— 505 — (1290)
che riesce evidente che l'assegnazione di data espressa dal Fin-
ke, cioè « 1290 oder 1291 Friihjahr », e come dice nelle note « urn
die Zeit der ersten Monate 1291 oder 1290 vielleicht sogar Friih-
sommer », non è esatta per l'anno 1291, che viene esclusa dal te-
sto del documento, ma invece coincide con precisione all' estate
del 1290, cioè prima del settembre.
Si conosce che anche il Re Alfonso di Aragona doveva per
un capitolo del trattato di Brignolles del 1° febbraio 1291 re-
carsi in Palestina nell'anno di 6» indizione, ossia 1292 -93, ad ser-
vitici Terre Sancte transire (cfr. Neocastro, cap. 114, ediz. Gre-
gorio cit. pag. 209). Nondimeno sembra che le promesse di aiuto
da parte del Ile Giacomo non siano rimaste del tutto inefficaci, per-
chè dal medesimo Neocastro si ricava che essendo venuto dalla
Siria a Roma presso il papa il milite Giovanni de Greilly (de Gril-
liaco) per avere soccorsi, nel ritornare verso Acri si fermò a Mes-
sina , dove il Re Giacomo gli apprestò sette galere armate per
quattro mesi. Amari 9a ediz. voi. II pag. 216 trae soltanto dai
cronisti Neocastro e Speciale le notizie di aiuti di Giacomo in
Terra Santa, notando giustamente che per la Chiesa Romana pre-
sto fu « perduta la speranza di trar nella rete Giacomo o i Sici-
liani » .
Nel documento del Loria del 26 settembre 1290, che viene da
me appresso pubblicato (n. GCXIV) , si narra che alcune galere
dell'angioino Russo de Soliaco si erano incontrate oltremare con
quelle del Re Giacomo dirette in Siria : « oviaverint galeis pre-
dicti domini nostri in siiccursum Terre sancte transmissis » , e
che non furono molestate dai Siciliani per 1' adempimento della
tregua.
Ròhricht in un breve articolo « Zum Fall Accon und zur ge-
schichte des fùnften Kreuzzuges», inserito nella rivista Neues Ar-
chiti fur altere deutsche Geschichtskunde. Leipzig, voi. XXI, 1895,
pag. 562-64, riporta un frammento di cronaca manoscritta del se-
colo XIV di un monaco di Assisi, e conviene qui riferire, per la
sua importanza , quanto concerne i soccorsi inviati dalla regina
Gostanza in Terra Santa : « Inter hec nuntii in galia ad portum A-
chon applicuerunt muniti et bellatoribus Cathalanis, quos
mittebat Regina Constantia, Manfredi olim fìlia et regis olim Pe-
tri uxor Aragonie, ut prò anima viri sui et prò subsidio Terre san-
cte ibidem servirent per annum et civitatem defenderent, qui ex-
(1290) — 506 —
perti bellatores erant et precipue contra Saracenos. Set peccatis
facientibus , Aragonenses tunc rebelles erant ecclesie et excom-
municati , quia obtinebant Siciliani et principem , filium Karoli
regis defuncti, contra voluntatem domini pape et sancte ecclesie,
ideo quod patriarcha , qui ibi erat et domini pape vicarius non
recepit eosdem per dies XV, tempore quo starent et ad servien-
dum se offerrent. Et illi ultimo vela vertentes, sulcantes maria,
in patriam redierunt regine domine sue se representantes et ex-
cusantes et fìliis suis regni gubernatoribus».
La città di Acri era , come dice lo Schaube , Handelsgeschi-
chte cit. (trad. Torino, 1910, pag. 233) «il luogo in cui l'Occidente
si approviggionava in parte delle merci del lontano Oriente », e
grande commercio vi esercitavano nei secoli XII e XIII Pisani ,
Genovesi, Veneziani, Marsigliesi e Provenzali, finché in maggio
1291 cadde con Acri « il principale baluardo degli stati crociati »
(Heyd , Storia del Commercio del Levante cit. , trad. dal ted.
pag. 317). Tra le memorie siciliane concernenti Gerusalemme ed
Acri devesi ricordare che i monaci di S. Maria di Valle di Gio-
safat ottennero dal Re Ruggiero alcune particolari franchigie per
le merci che trasportavano dalla Sicilia in Siria, mittenda ultra
mare, e viceversa. Il Re Guglielmo II nel 1185, essendosi perduto
il privilegio di Ruggiero, confermò quelle concessioni ed altre ne
aggiunse (cfr. il testo in Garupi, Doc. inediti dell'epoca normanna
cit. pag. 200 e seg.). I monaci, dopo che Acri tornò in possesso
dei Cristiani nel 1191, vi stabilirono la propria sede, che dianzi
avevano in Gerusalemme , e trascorso un secolo , cioè nel 1292,
per la perdita di Acri, si rifugiarono nella casa di S. Maria Mad-
dalena di Giosafat che tenevano in Messina (cfr. Delaborde ,
Chartes de Terre Sainte provenant de VAbbaye de N. D. de Jo-
saphat. Paris, 1880, pag. 2 e seg.).
Nell'epoca sveva, e probabilmente nel 1248 come opina il prof.
Garqfi, i monaci, per esimersi da gravi dazi di dogana ed altro,
formarono un privilegio falso di Guglielmo II di gennaio 1188 ri-
guardante, fra l'altro, assoluta franchigia per i loro traffici in Ge-
rusalemme (Vedi Garqfi, Il Tabulario di S. Maria di Valle Gio-
safat nel tempo normanno e svevo e la data delle sue falsifica-
zioni, neìVArch. Stor. Sic. Orientale, an. V, 1908, pag. 175 e 325).
Ritengo una falsificazione dei tempi del regno di Alfonso , cioè
coeva alla formazione nel 1439 (come altrove ho dimostrato) del
— 507 — (1290)
falso privilegio del Re Ruggiero del 1129 per Messina (per darvi
maggiore fede), e non anteriore alla caduta di Acri nel 1291 se-
condo lo Schaube, il testo del privilegio di Guglielmo II del 1160
o 1164 per conferma del suddetto preteso privilegio di Ruggiero
e concessione di immunità commerciali ai Messinesi esplicita-
mente in Gerusalemme ed in Acri, con la prerogativa di propri
consoli e loggie, come Ruggiero avea largito ed il successore ri-
conosceva con la sua regia autorità (cfr. Vito La Manti a, I pri-
vilegi di Messina, cit. pag. 23).
Il Re Corrado IV con una disposizione contenuta nel § 16 dei
Capitoli concessi nel 1252 al regno di Sicilia, accordò ai Messi-
nesi l' immunità dal pagamento dei diritti « doane , que dicitur
de catena Acon , sicut habetur a Pisanis » (Vedi Orlando , Un
Codice di leggi cit. pag. 57 , ed altresì sopra , pag. 99). Questa
particolare concessione pei diritti di catena del porto prova che
non poteva prima dai Messinesi aversi una più ampia e quasi
illimitata franchigia. Andrea Finocghiaro - Sartorio ha scritto
di recente una breve memoria Le leggi di Corrado IV. Cata-
nia, 1909.
Ho creduto utile, con questi ricordi, ridurre al giusto valore
di storica verità la notizia dei rapporti con Acri, innanzi la sua
caduta e l'invio dei soccorsi che tratta vansi, fra il Re Giacomo
e la Chiesa Romana, per impedirne la perdita da parte dei Cri-
stiani.
Il Re di Cipro menzionato nei capitoli di Giacomo è Enrico II,
della casa di Lusignano. Per il matrimonio del Re Alfonso d'A-
ragona offre alquanti documenti Rymer, Foedera cit. t. I, pag. 210
e seg.
»
oox.
1289, sett. 3a ind. a 1290 agosto.
Il Re Giacomo rinnova ai Secreti e procuratori di Sicilia
della terza indizione [1289 - 1290] l'ordine già dato a quelli della
prima indizione [1287-1288] per immettere A. Comte, regio por-
tiere , nel possesso dell' annuo reddito di onde otto di oro sui
beni spettanti alla regia Corte.
Documento menzionato in altro del 1293. Vedasi sopra, doc.
CLXXXV del 1287 - 88, per le notizie relative.
(1290) — 508 —
Aggiungo soltanto che le due lettere, di data diversa, furono
presentate dal Gomte al Re, che dice : « quas clausas in manibus
nostre Curie resignavit, et ipsas aperiri et lacerari mandavimus »,
per il motivo che fece col posteriore documento del settembre 1293
(cfr. appresso) una nuova concessione.
OOXT.
1290, settembre 1, indizione 4a, Piazza.
Il Re Giacomo, in seguito a reclamo del Precettore della Casa
di S. Maria dei Teutonici in Sicilia per una lite tra il canonico
Enrico Traversa di Siracusa ed il suddetto Precettore, che si era
agitata presso il Giustiziere di Val di Noto, Roberto de Lauria,
sul possesso della chiesa di S. Maria « de Griptis rebellatis » ,
sita nel territorio di Noto, ordina al nuovo Giustiziere di quella
Valle che, dopo assunte le debite informazioni, e purgata la con-
tumacia del Precettore, lo immetta nel possesso della chiesa sud-
detta , che era stato conferito al canonico Traversa, e riserbi a
costui la facoltà di esporre il suo diritto nella regia Gran Corte,
presso la quale il Precettore ha risoluto di litigare , secondo il
privilegio accordato alle Chiese.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Iusticiario Vallis Nothi anni quarte indicionis
future, consìliario , familiari et fìdeli suo graciam suam et
bonam voluntatem. Pro parte Preceptoris et conventus sa-
cre Domus sancte Marie Theotonicorum, nostrorum devoto-
rum in Sicilia, maiestati nostre fuit humiliter supplicatum
quod, cum syndicus Domus eiusdem citatus fuisset ad pe-
ticionem cuiusdam Henrici siracusani canonici, fìlii Belle-
boni Traverse militis, fìdelis nostri, ut in certo termino sibi
dato, coram Roberto de Lauria, tunc in eodem Iusticiaria-
tus officio precessore, comparere deberet , responsurus in
iudicio predicto Henrico volenti [convenire] syndicum pre-
dichili), prò parte diete Domus, super peticione ecclesie san-
— 509 — (1290)
cte Marie de Criptis rebellatis, cum iuribus et pertinenciis
suis, ppsite in territorio Notili, quam ad se asserebat pieno
iure spectare, prò eo quod comparere non potuit syndicus
supradictus , nec alius prò parte Domus predicte , in ter-
mino ipso, dictus Henricus inductus fuisset per predictum
precessorem tuum in possessione ecclesie supradicte , pro-
videre sibi super hoc iusto remedio dignaremur. Suis ita-
que supplicacionibus inclinati, fidelitatitue precipiendo man-
damus quatenus, receptis presentibus, si premissa ventate
nituntur, de quibus per licteras predicti precessoris tui po-
teris informali, purgata prius per syndicum diete Domus ,
seu alium prò parte sua, contumacia predicta, legitime pos-
sessionem predicte ecclesie dicto syndico, prò parte Domus
predicte, auctoritate presencium restituì facias, predicans ni-
chilominus Henrico predicto quod si in ecclesia predicta
se ius habere [intendit], illud in nostra magna Curia , co-
rani magistro Iusticiario regni Sicilie et iudicibus magne
nostre Curie , prosequatur , in qua magna Curia prefatus
syndicus litigare super premissis elegit , ecclesiarum privi-
legio permictente , mandato nostro dicto precessori tuo
proinde directo de cognoscendo super premissis aliquatenus
non obstante, cum intencionis nostre non fuit per manda-
tum illud predicte Domus Theotonicorum privilegio dero-
gare. Datum Placie, primo septembris, quarte indicionis, re-
gni nostri anno quinto [1290].
Dalla perg. di n. 218 del Tabularlo della Magione (Arch. di
Stato di Palermo) in un transunto del 27 settembre. Se ne ha
un' altra copia nella perg. di n. 220 in un transunto del 21 ot-
tobre (ibidem). La pergamena 218 è logora in varie parti, ed ho
supplito le lacune col confronto del testo su 1' altra pergamena.
Ho corretto vari errori, come quello in certo tenimento invece di
in certo termino.
Lo stesso Giustiziere Roberto de Lauria , che è ricordato in
questo documento, aveva a 5 giugno 1287 con sua sentenza or-
dinato di mantenersi nel possesso della chiesa « de Criptis rebel-
latis » il Precettore della Magione contro le pretese del canonico
(1290) — 510 —
Traversa (cfr. doc. GLXVT). Sembra evidente che il Traversa non
si sia acquietato a tale sentenza, e peraltro dicevasi dal Precet-
tore che quegli «indebite molestat et multipliciter inquietat».
Dopo nuove istanze , il Traversa , anco per la contumacia del
Precettore, fu rimesso nel possesso della Chiesa; e di ciò dolen-
dosi il Precettore , viene dal Re ordinato altro esame delle ra-
gioni del medesimo per il turbato possesso. 11 privilegio delle
chiese è certamente la disposizione contenuta nel primo capitolo
delle Costituzioni del Re Giacomo del 1286 , e che offre questa
rubrica: «De manutenendis ecclesiis ecclesiasticisque personis»,
la quale manca nelle varie edizioni , perchè quel capitolo fu u-
nito per errore al preambolo , invece di designarlo come primo
capitolo della serie (Vedi sopra, doc. CXXXVIII, pag. 280 e 284).
Si indica in principio del documento la quarta indizione come
futura, mentre la data dell' ordine regio è del 1° settembre, do-
vendo però intendersi futura V indizione , che appunto allora
traeva inizio e durava per tutto l'anno indizionale 1290-1291.
COXIT.
1290, settembre 9, indizione 4a, Cefalù.
Il milite Lorenzo di Caltavuturo , in seguito all'ordine regio
del 13 luglio (cfr. doc. CCIV) trasmette al Re Giacomo l'atto del-
l'inchiesta compiuta sui confini del tenimento di Carsa, sito fra
i territori di Cammarata e Castronovo , ed appartenente alla
Chiesa di Cefatù, e su le usurpazioni commesse da parte del Conte
Camerario.
In nomine salvatoris nostri dei amen. Anno dominice
incarnacionis millesimo ducentesimo octuagesimo nono {sic),
mense septembris, nono eiusdem, quarte indicionis, regnante
serenissimo domino nostro domino rege Iacobo dei gracia
rege Sicilie, ducatus Apulie et principatus Capue, regni vero
anno quinto feliciter amen. Nos Henricus de Leticia Iudex
civitatis Cephaludi, Albertinus Placentinus publicus ipsius
— 511 — (1290)
civitalis notarius et subscripti testes, ad hoc specialiter vo-
cati et rogati , presenti scripto publico notum faciraus et
testamur quod reverendus pater et dominus dominus Iuncta
cephaludensis Episcopus eiusdem domini regis cappellanus,
consiliarius et familiaris corani nobis pretitulato die , pre-
sente eciam ibidem domino Laurencio de Calatabuturo milite,
requisivit expresse dominum Laurencium supradictum ut
quasdam regias licteras sibi olim infra mensem iulii proximi
primo preteriti, tercie indicionis proxime primo preterite, mis-
sas prò facienda inquisicione de finibus tenimenti Harsie, siti
infra tenimentum Gammarate et Castrinovi, quod dictus do-
minus Episcopus dicit esse cephaludensis Ecclesie, et ipsum
tenimentum olim donasse nobili viro domino Ramundo de
Villanova, eiusdem domini regis camerario, consiliario et fa-
miliari, cum omnibus iuribus et pertinenciis suis, ad preces
eiusdem domini regis , nobis predictis ludici, notano et te-
stibus, nec non et exequucionem ipsarum regiarum literarum
tradere deberet et assignari , per nos qui supra Iudicem ,
notarium atque testes, ad cautelam suam et sue cephalu-
densis Ecclesie, in publicam formam reducendas et transcri-
bendas, cum intersit sua et sue predicte cephaludensis Ec-
clesie predictas regias licteras et exequucionem ipsarum in
publicam formam habere , ut de eisdem licteris regiis et
exequucione ipsarum, quociens sibi et sue predicte cepha-
ludensi Ecclesie expediret, possit apud omnes facere de eis-
dem plenam fidem. Requirens nichilominus nos qui supra
Iudicem et notarium, nostrum in premissis offlcium implo-
rando, ut ipsas licteras et exequucionem earum in formam
publicam reducere deberemus , nostrum qui supra ludicis
auctoritate iudiciaria interposita in premissis. Qui dominus
Laurencius ipsius domini Episcopi peticionem et requisicio-
nem iustas utpote admictens benigne, quasdam suas licteras
responsales suo noto et vero sigillo sigillatas, per eum, ut
asserebat, mictendas instanter sacre regie maiestati, de pro-
cessu suo per eum habito circa negocium supradictum, au-
ctoritate licterarum regiarum predictarum , nobis predictis
(1290) — 51°2 —
ludici, notano et testibus assignavit, ac eas manu sua pro-
pria aperuit, quibus ut dicitur apertis per ipsum dominura
Laurencium, ut est dictum, et nobis traditis et assignatis
ad exemplandum, ipsas vidimus et legirnus per omnia con-
tinente infrascripte, nichil in eis addito vel mutato videli-
cet : Sacre regie maiestati. Laurencius de Galatabuturo ,
miles, suorum minimus fidelium devotorum terre obsculum
ante pedes. A maiestate vestra licteras recepì in hac forma :
[Segue il testo del documento del 13 luglio 1290].
Ad cuius exequucionem sacri mandati [vestri] devote
procedens, de finibus [et] pertinenciis predicti tenimenti ter-
rarum, prout antiquitus racionabiliter et iuste protendeban-
tur et protendi consueverint et debent, ac de omnibus iu-
ribus et bonis predicti tenimenti, que per quoscumque oc-
cupata tenentur, per quos, quantum per quemlibet, a quo
tempore citra , qua racione vel causa et annuo valore sin-
gulorum iurium et honorum, que infra fìnes et pertinencias
dicti tenimenti occupata tenentur , per homines vicinarum
terrarum et locorum istarum parcium huius rei conscios,
fìdeles nostros, per quos de premissis melius et plenius po-
tuit veritas indagari, recepto prius a quolibet eorum de ve-
ntate dicenda corporali et debito iuramento , personaliter
et diligenter inquisivi , et inquisicionem ipsam fìdeliter in
scriptis redactam maiestati vestre sub sigillo meo transmicto.
Cuius inquisicionis tenor per omnia talis est : In primis
presbiter Andreas de Biccaro, habitator Bicari , iuratus et
interrogatus si sciret fìnes et pertinencias tenimenti Charsie,
siti infra tenimentum Camerate et Castrinovi , quod teni-
mentum Charsie spectat ad cephaludensem Ecclesiam cum
omnibus iuribus, racionibus, et pertinenciis suis, prout an-
tiquitus iuste et racionabiliter protendebantur ac protendi
consueverint et debent , dixit se scire quod fìnes et perti-
nencie predicti tenimenti terrarum Charsie antiquitus iuste
et racionabiliter protendebantur et protendi consueverunt
et debent modo subscripto, videlicet : quod incipiunt a ful-
mine Torto et ascendunt per vallonem vallonem Gructe ni-
— 513 — (1290)
gre et tendunt usque ad viam Castrinovi, et per viam viam
usque ad grutticellas Arinarum , et ascendunt per ipsam
viam viam usque ad Serram Raye , et deinde tendunt per
serram serram usque ad lapidem rubeum, et deinde descen-
dunt ad lapidem Harchagirbualuffu et deinde tendunt per
viam viam ad pendentem aquarum , et deinde descendunt
[per] serram serram usque ad Farginisii, et descendunt a-
binde ad molendinum vetus de Harsia, et deinde vadunt per
magnum flumen flumen Gamarate usque ad vallonem, quod
descendit de Oddomarrano, et deinde vadunt per vallonem
vallonem usque ad petram que dicitur de Palumbis , et
deinde vadunt per viam viam usque ad portam Gasebelle,
et abinde descendunt et vadunt per serram serram usque
ad portam Rachamumi, et deinde vadunt per serram serram
usque ad portam Yallis longe ubi est crux viarum , que
venit de Galatabuturo, et vadit ad Gameratam, et a predicta
cruce viarum, descendendo per serram serram protenditur
usque ad vallonem Pomi, et a predicto vallone Pomi pro-
tenditur usque ad petram grossam, que est in flumine Torto,
in quo loco fines et pertinencie tenimenti predicti, ut dictum
est, concluduntur. Item de causa sciencie super premissis
omnibus qualiter hec sciret, dixit quod cum idem testis sit
et fuerit vicinus tenimenti predicti, et consueverit ab anti-
quis temporibus et specialiter tempore quondam domini im-
peratoris bone memorie conversare et perambulare pluries
per tenimentum ipsum , vidit et bene novit quod predicta
cephaludensis Ecclesia et prelati ipsius, qui fuerint prò tem-
pore predicto, possiderunt , usufructuaverunt et locaverunt
per se et procuratores eorum, ad hoc per eos constitutos,
totum et integrum tenimentum terrarum ipsarum Gharsie
cum omnibus iuribus, racionibus et pertinenciis suis, prout
protenduntur, terminantur et concluduntur per fines supe-
rius , eiusdem tenimenti proventus et redditus receperunt
pacifice et quiete ut veri domini et possessores, et speciali-
ter quod tempore quondam domini Frederici Romanorum
imperatoris , memorie recolende , vidit quondam dominum
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 33
(1290) — 514 —
Aldoynum, cephaludensem Episcopum , totum et integrum
tenimentum ipsum cuna omnibus iuribus et pertinenciis suis
tenere et possidere, usufructare per se et procuratores suos,
ad hoc per eura ordinatos, pacifice et quiete, ac proventus
et redditus tenimenti ipsius exigere et colligere et babere ,
ut verus dominus et possessor. Dixit eciam quod cum ali-
quando retroactis temporibus contencio et controversia de
fìnibus [et] pertinenciis tenimenti predicti inter quondam
prelatos diete cephaludensis Ecclesie per dominos, qui fue-
runt prò tempore , Gamarate , casalium Gassari et Rachal-
miyari et terrarum eciam sancti Petri de Castronovo confi-
nancium et collimitancium cum tenimento predicto extitit,
idem testis presens existens in loco tenimenti predicti vidit
tenimentum ipsum per homines vicinos et huius rei con-
scios et fide dignos, ad hoc de communi parcium voluntate
electos , vocatos et constitutos per dominos et possessores
scilicet tam tenimento[rum] predicto[rum] quam casalium
et terrarum predictarum , ut supra dictum est , confinari ,
protendi et limitari, ex quarum confinatone et terminacione
dieta contencio et controversia finem habuit, omnis discor-
die materia omnino remota. Item de tempore, dixit interro-
gatus quod iam sunt anni quinquaginta et plus. luratus et
interrogatus quantum de pertinenciis et iuribus tenimenti
predicti sit occupatum per aliquos , a quo tempore citra ,
qua racione vel causa, et de annuo valore singulorum iu-
rium et honorum, que infra tìnes et pertinencias dicti teni-
menti occupata tenentur, dixit se scire exinde nichil. Thomas
de Murella, habitator Bicari , iuratus et interrogatus , dixit
idem per omnia ut proximus. Dominicus Sabuchi de Bicaro,
iuratus et interrogatus super premissis omnibus, dixit quod
fines et pertinencie tenimenti predicti terrarum Charsie sic
limitantur, protenduntur et concluduntur, ut supra dictum
est per deposicionem presbiteri Andree primi testis. Item
de causa sciencie quomodo sciret, dixit se scire hoc quia,
cum esset vicinus tenimenti ipsius, vidit supradictam cepha-
ludensem Ecclesiam et prelatos suos, per se et procuratores
— 515 — (1290)
suos, tenimentum ipsum totum et integrura, ut superius li-
mitatimi et conclusum est, tenere et possidere, et specialiter
quondam dominum Iohannem cepbaludensem Episcopum
et dominum Iunctara successorem suum in Ecclesia supra-
dicta ; ad alia nichil. Nicolaus Archarius de Bicaro, iuratus
et interrogatus, dixit idem per omnia ut proximus. Rogerius
Harerius de Bicaro, iuratus et interrogatus super premissis
omnibus, dixit ut proximus. Andreas de Gilio de Bicaro, iu-
ratus et interrogatus super premissis omnibus, dixit ut pro-
ximus. Rogerius de Salviatis de Bicaro, iuratus et interro-
gatus super premissis omnibus, dixit ut proximus. Iohannes
Madius de Bicaro , iuratus et interrogatus super premissis
omnibus, dixit ut proximus. Parisius de Petralia, habitator
Bicari, iuratus et interrogatus super premissis omnibus, dixit
ut proximus. Iohannes de Cuniano, habitator Castrinovi, iu-
ratus et interrogatus super premissis omnibus , dixit per
omnia ut presbiter Andreas. Bartholus Sentepero de Ga-
stronovo , iuratus et interrogatus, dixit idem per omnia ut
proximus. lacobus de Placea de Castronovo, iuratus et in-
terrogatus super premissis omnibus, dixit ut proximus. Bar-
tholus de Gascasino de Castronovo, iuratus et interrogatus,
dixit idem per omnia ut Dominicus de Sabuchi. Symon de
Petra de Gastronovo, iuratus et interrogatus, dixit idem per
omnia ut presbiter Andreas. Armaleo de Gastronovo, iura-
tus et interrogatus , dixit per omnia ut proximus. Symon
de Alfano de Gastronovo, iuratus et interrogatus super pre-
missis omnibus, dixit idem per omnia ut Dominicus Sabu-
chi. Salvus de Messana , habitator Sclafani , iuratus et in-
terrogatus super premissis, dixit quod fines et pertinencie
predicti tenimenti terrarum Charsie protenduntur et termi-
nantur ut superius dictum est per deposicionem presbiteri
Andree supradicti. Interrogatus de causa sciencie quomodo
sciret, dixit se scire hoc ex auditu tantum ; ad alia nichil.
Sinibaldus de Manzante de Sclafano, iuratus et interroga-
tus super premissis omnibus, dixit ut Salvus proximus te-
stis. Andreas de Granchio de Sclafano, iuratus et interro-
(1290) — 516 —
gatus, dixit inde per omnia ut proximus. Alamannus Pane-
vinus de Sclafano , iuratus et interrogatus , dixit ut proxi-
mus. Notarius Johannes de Iuliano de Galatabuturo, iuratus
et interrogatus, dixit per omnia ut Dominicus [Sabucus] de
Bicaro. Nicolaus de Gabrieli de Calatabuturo , iuratus et
interrogatus super premissis omnibus , dixit per omnia ut
proximus. Michael de Milana, iuratus et interrogatus super
premissis omnibus, dixit idem per omnia ut proximus. Guil-
lelmus de Gara , iuratus et interrogatus su'per premissis
omnibus, dixit idem per omnia ut proximus. Notarius Io-
hannes de Angilerio, iuratus et interrogatus, dixit idem per
omnia ut proximus. Nicolaus de Iosep de Calatabuturo ,
iuratus et interrogatus, dixit idem per omnia ut proximus.
Marzocus de Leone de Galatabuturo, habitator Policii, iura-
tus et interrogatus super premissis omnibus, dixit se scire
quod fines et pertinencie predicti tenimenti terrarum Ghar-
sie protenduntur et terminantur ut superius dictum est per
deposicionem presbiteri Andree supradicti testis et consi-
milium. Interrogatus de causa sciencie quomodo sciret, dixit
quod ita vidit tenere et possidere tenimentum ipsum totum
et integrum per dominum Iohannem quondam cephaluden-
sem Episcopum , per se et procuratores suos , dum vixit ,
pacifìce et quiete, usufructando, locando tenimentum ipsum
cum omnibus iuribus et racionibus et pertinenciis suis, et
proventus ipsius exigendo et percipiendo , et post obitum
ipsius vidit dominum Iunctam, cephaludensem Episcopum,
successive postmodum tenentem et possidentem tenimentum
ipsum, cum omnibus iuribus et pertinenciis, per se et pro-
curatores suos. Dixit eciam quod dominus Iohannes de Ga-
latagirono tempore retroacto emit ad cabellam prò uno anno
omnia iura, proventus et redditus tenimenti predicti a pre-
dicto domino Iuncta Episcopo, et idem testis tamquam pro-
curator eiusdem domini Iohannis, constitutus ad hoc, teni-
mentum ipsum, ut protenditur et limitatur superius, tenuit
et possedit, locavit, usufructavit, et percepit omnia iura, red-
ditus et proventus tenimenti ipsius ad opus eiusdem domini
— 517 — (1290)
Iohannis pacifice et quiete. Item de tempore dixit quod
iam sunt elapsi anni quindecim , parum plus vel minus,
quod tenuit Episcopus Iohannes , et anni decera quod te-
nuit Episcopus Iuncta , et dominus Iohannes de Calatagi-
rono prò eo, parum plus vel minus. Item interrogatus quan-
tum de pertinenciis et iusticiis, et per quos sit occupatum,
dixit quod dominus Comes Gamerarius, per se et procura-
tores suos , tenet de pertinenciis supradictis occupatum a
serra Raye et vadit [per] viam Castrinovi usque ad gructi-
cellas, et deinde per ipsam viam viam usque ad Perciata ,
et deinde [per] serrani serram descendendo supra mandrara
arietum et deinde per serram serram usque ad lapidem
Hasosse, et abinde ascendendo ad vallonem , et per vallo-
nem usque ad portam Vallis longe ad terras predictas pro-
tenditur versum Camaratam. Item interrogatus a quo tem-
pore citra dictus Comes tenuit et tenet dictum tenimentum
occupatum, dixit quod iam sunt anni quatuor. Item inter-
rogatus qua racione vel causa tenimentum ipsum tenet ,
dixit se nescire. Item interrogatus de annuo valore singu-
lorum iurium et honorum dicti tenimenti occupati , dixit
quod dictum tenimentum terrarum occupatum per eundem
Comitem , secundum arbitriura et extimacionera ipsius te-
stis, valet et valere potest annuatira de dicto tenimento oc-
cupato salmas centum et plus. Presbiter Bonafides de Ca-
latabuturo , iuratus et interrogatus , dixit idem per omnia
ut proximus testis , hoc excepto quod non fuit procurator
domini Iohannis de Calatagirono, fuit tamen procurator et
est predicti Episcopi Iuncte in tenimento dictarum terrarum
Charsie, et tamquam procurator predicti Episcopi tenuit et
possedit, usufructavit et locavi t totum et integrum tenimen-
tum predictum , ut supra terminatimi et limitatum est per
presbiterum Andream supradictum primum testem, et ipsius
proventus recollegit, recepit et habuit nomine et ad opus
ipsius Episcopi per annos quatuor. Item dixit quod tempore
sue procuracionis et administracionis in dicto tenimento
Charsie tenimentum ipsum occupatum extitit per eundem
(1290) — 518 —
Comitem et Fredericum filium suura, et alios procuratores
suos, tenimentum terrarum per eundem [Andream] primura
testem superius denotatum. Gandolfus de Policio de Cala-
tabuturo, iuratus et interrogatus, dixit idem per omnia ut
Marzucus de Leone, excepto quod non fuit procurator dicti
Iohannis de Calatagirone, et addidit quod Blancus de Po-
licio, frater suus, fuit procurator predicti tenimenti Gharsie
prò parte predicti domini Iohannis cephaludensis Episcopi
per plures annos, et sicut est determinatum et distinctum
per predictum presbiterum Andream primum testem. ltem
vidit predictum tenimentum tene[ri] et procurafri] per pre-
dictum Blancum, fratrem suum. Landuycus de Gangio, ha-
bitator Petralie superioris, iuratus et interrogatus super pre-
missis omnibus, dixit idem per omnia ut Marzucus de Leo-
ne , excepto quod non fuit procurator domini Iohannis de
Galatagirone. Nicolaus Gassaro, habitator Petralie inferioris,
iuratus et interrogatus super premissis omnibus, dixit idem
per omnia ut proximus. Quibus quidem liete ris ipsius do-
mini Laurencii, cum inserta in eis forma regiarum lictera-
rum predictarum, lectis et perlectis, ipsas ut superius legi-
tur in presentem formam publicam, auctoritate nostra pre-
dicti Iudicis interposita |redegimus|, presens transumptum
fecimus de eisdem, et postmodum incontinenti, nobis pre-
sentibus, dictus dominus Laurencius ipsas clausit, eteuidam
famulo suo assignavit easdem, per eum maiestati regie de-
ferendas. Unde ad futuram memoria et predicti domini E-
piscopi et sue predicte cephaludensis Ecclesie cautelam, pre-
sens transumptum exinde factum est per manus mei pre-
dicti notarii, signo et subscripcione meis, nostrum qui supra
Iudicis et infrascriptorum testium subscripcionibus et testi-
monio roboratum. Actum Gephaludi, anno , mense , die et
indicione premissis.
f Ego Henricus de Leticia qui supra Iudex Cephaludi
me subscripsi et testor.
f Ego Guido Tuscanus me subscripsi et testis sum.
f Ego Adam de Alferio me subscripsi et testor.
— 519 — (1290)
f Ego Eustasius de Terrete* qui supra interfui et testor.
f Ego notarius de Salamoile me subscripsi et testor.
•f Ego Iacobus Tronus de Messana me subscripsi et
testor.
-J- Ego notarius Perronus de Melatio testor.
f Ego Andreas de Lauro me subscripsi et testor.
f Ego Gracianus Bandonus me subscripsi.
•f- Ego Albertinus Placentinus publicus cephaludensis no-
tarius rogatus scripsi et meo signo signavi.
Dalla perg. di n. 61 del Tabulano della Chiesa di Gefalù (Arch.
di Stato di Palermo). Se ne conserva una copia, con errori e la-
cune , nel ms. Qq. H 8 Privil. Eccl. Cephalud. a fol. 701 (Bibl.
Comunale di Palermo).
Riguardo alla data inesatta del 1289, invece del 1290, che leg-
gesi nel transunto, basta rinviare alle osservazioni da me date per
il doc. CCIV.
La lettera responsale del milite Lorenzo di Calta vuturo con-
teneva il sigillo del medesimo. È inserita per intero nell'atto di
inchiesta, e riesce notevole la forma dell'intitolazione e del saluto
al Re, cioè : « miles, suorum minimus fidelium devotorum terre
obsculum ante pedes ». Per l'inchiesta furono intesi molti testimoni
dei comuni di Vicari, Petralia, Castrano vo, Sclafani, Caltavuturo
e Polizzi. Sono frequenti i testimoni di Sclafani, rilevandosi da
ciò l'importanza di quel casale , sito in eccelsa rocca, quasi di-
rimpetto a Caltavuturo, e nel territorio prossimo alle Madonie (cfr.
P. Cipolla, Sulle probabili origini di Caltavuturo e Sclafani, nel-
VArch. Stor. Sic. an. V, 1880, pag. 67 e seg.). La distinzione di
Petralia in inferiore e superiore si scorge essere allora in uso ,
come peraltro appare da vari documenti di tale tempo, nei quali
si adopera anche utraque Petralia (Giambruno, Il Tabulario del
Monastero di S. Margherita di Polissi. In Doc. Soc. Sicil. Stor.
Patr. I Serie, voi. XX. Palermo, 1909, pag. 3, 12 ecc.).
Vari nomi arabi , che trovansi nella descrizione dei confini ,
provano 1' antica esistenza di popolazioni musulmane in quella
regione di Catnmarata. È degna di nota l'indicazione della « crux
viarum, que venit de Calatabuturo et vadit ad Cameratam », per-
chè mostra le vetuste vie che si intersecavano e davano accesso
(1290) — 520 —
a quegli interni casali e luoghi dell' isola. Si rileva altresì che
sin dai tempi di Federico imperatore il vescovo Aldoino teneva
la proprietà del tenimento di Garsa , e poi il vescovo Giovanni
predecessore di Giunta. Giovanni di Caltagirone è probabilmente
il Secreto al di qua del Salso dell'epoca del Re Pietro I (V. sopra,
pag. 229). Il conte Camerario, che usurpò il terminento di Garsa,
era Manfredi Maletta signore feudale della terra di Gammarata ,
ed anche il figlio Federico ebbe parte in quella usurpazione. Cfr.
quanto ho detto prima per il doc. GCIV.
OCXIII.
1290, settembre 18, indizione 4a, Catania.
Il regio Giustiziere della Valle di Noto, Umberto de Bocca-
forte, scrive ai giudici di Siracusa affinchè, in adempimento del-
l'ordine emanato dal Re Giacomo (V. doc. GGXI), dopo che sarà
dal frate Burcardo, per parte del Brecettore della Casa di S. Ma-
ria dei Teutonici in Sicilia, pagato il valore delle spese sostenute
dal canonico Enrico Traversa, e data cauzione di stare in giu-
dizio, restituiscano il possesso della chiesa di S. Maria de Griptis
rebellatis al suddetto Brecettore , con facoltà al canonico Enrico
di provare il suo diritto innanzi la regia gran Corte.
I giudici eseguono Vincarico loro affidato dal Giustiziere.
(L'atto di restituzione è rogato dal notaro Baldovino Margariti
di Siracusa).
In nomine domini amen. Anno domine incarnacionis
millesimo ducentesimo nonagesimo, mense septembris, vi-
cesimo septimo eiusdem, quarte indicionis, regnante excel-
lentissimo domino nostro rege Iacobo, dei gracia inclito rege
Sicilie, ducatus Apulie et principatus Gapue, felicis dominii
regni eius Sicilie anno quinto feliciter amen. Nos notarius
Benedictus, Pachius de Gulfo et Guillelmus Morena Iudices
Syracusarum anni presentis tercie indicionis, notarius Bal-
doynus Margariti publicus tabellio civitatis eiusdem et te-
— 521 — (1290)
stes subscripti, ad hoc vocati specialiter et rogati, presenti
scripto publico notum facimus et testamur quod pretitulato
die frater Buccardus , syndicus sacre Domus sancte Marie
Theotonicorum in Sicilia , prò parte Preceptoris eiusdem
sacre Domus et conventus ipsius, ostendit et assignavit no-
bis predictis Iudicibus quoddam mandatum nobilis et egre-
gii viri domini Umberti de Roccaforte, militis, domini regis
consiliarii et familiaris ac regii lusticiarii Vallis Nothi, cum
inserta in eo forma mandati regii continencie infrascripte :
Umbertus de Roccaforte, miles, domini regis consiliarius et
familiaris ac regius lusticiarius Vallis Nothi. Prudentibus
viris Iudicibus Syracusarum anni presentis tercie (sic) in-
dicionis, amicis suis, salutem et dileccionem sinceram. No-
viter a sacra regia maiestate sacras recepiinus licteras in
hac forma :
[Segue il testo del documento del 1° settembre 1290].
Gupientes itaque predictum sacrum mandatum regium
exequi reverenter, nec ad id exequendum possimus perso-
naliter interesse pluribus aliis serviciis Curie occupati, exe-
quucionem ipsius vobis duximus fiducialiter commictendam.
Prudencie vestre ex regia parte, qua fungimur auctoritate,
mandantes quatenus, cum vir nobilis Robertus de Lauda,
miles, precessor noster predictus ad requisicionem nostram
nos per suas licteras informaret de predicto processu per
eum habito, quatenus in prescripto mandato regio contine-
tur, restitutis ab eodem fratre Buccardo Henrico canonico,
superius nominato, dampnis omnibus et expensis et advoca-
torum honorariis, quas taxacione vestra previa in ingressu
litis ipsius idem Henricus iuraverit subiisse, ac prestata per
eundem syndicum coram vobis iudicio sisti ydonea et suf-
ficienti fideiussoria caucione, possessionem predicte ecclesie
dicto syndico prò parte Domus predicte auctoritate pre-
scripti sacri mandati regii, statim receptis presentibus, mora
qualibet et excusacione sublata, restituatis instanter, predi-
centes nihilominus Henrico predicto quod si in ecclesia pre-
dieta ius habere confidit, illud in magna regia Curia, coram
(1290) — 522
domino magistro Iusticrario regni Sicilie et Iudicibus ipsius
magne Curie, [prosequatur], in qua magna Curia prefatus syn-
dicus litigare super premissis elegit, ecclesiarum privilegio
permictente, mandato regio predicto precessori nostro proin-
de directo de cognoscendo super premissis aliquatenus non
obstante, cum intencionis regie non fuerit per mandatum il-
lud predicte Domui Theotonicorum privilegio derogare. De
die autem recepcionis presencium cum earum forma et pro-
cessu, per vos in exequucione ipsarum habendo, nobis per ve-
stras responsales licteras rescribatis. Datum Cathanie, deci-
mo octavo septembris, quarte indicionis [1290]. Nos vero pre-
dicti Iudices, cupientes predictum mandatum regium et do-
mini Iusticiarii exequi cum effectu, adhibitis nobis predicto
notario et testibus subscriptis, ad ecclesiam predictam sancte
Marie de Criptis rebellatis nos contulimus, et restitutis prius
eidem Henrico Canonico ab eodem fratre Buccardo tarenis
auri decem prò expensis, dampnis et advocatorum honora-
riis , quas taxacione nostra previa in ingressu litis ipsius
idem Henricus iuravit subiisse, eidem fratri Buccardo, no-
mine et prò parte Preceptoris et conventus ecclesie sancte
Maria Theotonicorum in Sicilia et eiusdem ecclesie, posses-
sionem eiusdem ecclesie sancte Marie de Criptis rebellatis,
cum omnibus iuribus et pertinenciis suis , restituimus in-
stanter, mora qualibet et excusacione sublata, et prediximus
nichilominus eidem Henrico quod si in ecclesia predicta
ius habere confidit, illud in magna regia Curia, coram do-
mino magistro Iusticiario regni Sicilie et Iudicibus ipsius
magne Curie, in qua magna Curia prefatus syndicus super
premissis litigare elegit, ecclesiarum privilegio permictente,
prosequatur. Unde ad futuram memoriam et predicte ec-
clesie sancte Marie Theotonicorum in Sicilia cautelam fac-
tum est exinde [actum] restitucionis possessionis ipsius ec-
clesie sancte Marie de Criptis rebellatis eidem fratri Buc-
cardo, per manus mei predicti notarii public!, nostrum qui
supra Iudicum, notarii et subscriptorum testium subscriptio-
nibus et testimonio ac signo mei predicti notarii robora-
— 523 — (1290)
tum. Actum Syracusis, anno, die, mense et indicione pre-
missis.
■f Ego Guillelmus Morena qui supra Iudex Siracusie sub-
scripsi.
f Ego notarius Benedictus qui supra Iudex Syracusie
subscripsi.
f Ego Pachius de Gulfo qui supra Iudex Siracusie sub-
scripsi.
f Ego notarius Baldoynus Margariti qui supra regius
publicus tabellio civitatis Syracusie predictis omnibus roga-
tus interfui, scripsi predicta et meo signo signavi.
Dalla perg. di n. 218 e dall'altra di n. 220 del Tabulano della
Magione (Arch. di Stato di Palermo) da me sopra ricordate per
il doc. n. CGXI.
L'altro transunto del 21 ottobre era eseguito , a richiesta di
frate Enrico de Mes de Loren, « [ut] obvietur periculis et immi-
nencie temporis yemalis de predicto originali scripto sinistrum
aliquod eveniret».
Umberto Roccaforte , che non è menzionato per nome nella
lettera del Re Giacomo a lui diretta , era il successore del Giu-
stiziere Roberto de Lauria. Deve notarsi il ricordo dell'informa-
zione «de predicto processu per eum habito», che forniva il de
Lauria al nuovo Giustiziere. La data della lettera del Roccaforte
è indicata in principio per errore lercie indicionis, invece di quarte,
come è detto in fine. Per altre notizie cfr. quanto ho accennato
sopra per il doc. CCXI.
COXIV.
1290, settembre 26, indizione 4a, Messina.
Ruggiero Loria, Ammiraglio dei regni di Aragona e Sicilia,
comunica a Roberto, Conte d'Artois, il testo di una lettera tra-
smessa a Giovanni di Monforte dal medesimo Loria, nella quale
si duole che non siano esattamente osservati i capitoli della tre-
(1290) — 524 —
gua di Gaeta (V. doc. CXC), perché a lui hanno fatto ricorso al-
cuni sudditi del Re Giacomo , ehe si recavano da Catania , con
varie barche cariche di frumento ed altre merci, a Squillaci, per
venderle per uso e sostentamento di quegli abitanti, e furono as-
saliti e derubati dalla gente di alcune navi che venivano dalle
parti di Puglia , con provviste di viveri per la terra di Geraci,
e che erano comandate dal capitano Nicoloso de Mari. L'Ammi-
raglio nella suddetta lettera fornisce un minuto elenco di merci,
stoffe, utensili ed altro e del loro valore , e così pure per altra
barca presa nella marina di Roccella , e quindi sommersa , fa-
cendo vari prigionieri, compresi sei individui che dalla Sicilia re-
cavansi a Badolato; e richiede pertanto che sia provveduto per il
pagamento dei danni arrecati e per la consegna del frumento
derubato. Ora rivolgendosi al Conte d'Artois, il Loria lo richiede
perchè ordini l'esatta osservanza della tregua, il pagamento dei
danni sofferti dai derubati, e la punizione dei colpevoli.
Segue la risposta (data da Corneto, a 4 novembre) del Conte di
Artois che avvisa di avere accolto le istanze e provveduto su tutto,
e che desidera pure V emenda dei danni per altre violazioni di
tregua commesse dai Siciliani.
Nobili viro domino Rogerio de Lauria vestram
de quod decimo die proximo preteriti mensis
[octobris], huius quarte indicionis, apud Materam Nicolaus
Urano, lator presentium, presentavit nobis ex parte vestra
quasdam licteras vestras clausas , sigillatas sigillo vestro ,
continentie talis : Magnifico viro domino Roberto , illustri
corniti Atrebatensi , Rogerius de Lauria , miles , regnorum
Aragonum et Sicilie Amiratus. Noverit magnitudo vestra
quod domino lohanni de Monteforte per nostras scribimus
licteras in hac forma : Magnifico viro domino lohanni de
Monteforte Rogerius de Loria, miles, regnorum Aragonum
et Sicilie Ammiratus. Formam capituli contenti in scripto
treuguarum, initarum olim in obsidione civitatis Gaiete in-
ter dominum nosirum regem , ex una parte , et dominum
vestrum ex altera, super restitutione dampnorum illatorum
ab una parte alteri non expedit vobis repetere, quotiens o-
525 — (1290)
pus est vobis super hoc scribere , eo quod de hoc habere
vos scimus notitiam pleniorem. Igitur nobilitateti] vestram
volumus non latere quod venientes ad presenciam nostrani
subscripti homines, domini regis fideles, coram nobis lacri-
mabili querela monstrarunt quod , cum ipsi sub securitate
observancie treuguarum ipsarum , cum subscriptis barcis
suis oneratis frumento et rebus aliis, navigarent apud Squil-
lacium ad vendendum frumentum ipsum et res alias fìde-
libus domini nostri regis , per vascelia gentis predicti do-
mini vestri, videlicet galeas sex et galionem unum, venien-
tes de partibus Apulie cum fodro prò munitione terre Gi-
racii , in quibus preerat capitaneus Nicolosus de Mari ,
capti et disrobati fuerunt in mari, contra tenorem treugua-
rum ipsarum , qui abstulit ab eis pecuniam , barcas et res
subscriptas, valentes communi extimationc subscriptam pe-
cunie quantitatem, videlicet: A Boninato Pisano de Gutrono
olim die dominico , decimo presentis mensis septembris ,
quandam barcam suam vocatam sanctus Nicolaus, oneratam
in portu Catanie, valentem uncias auri viginti quinque, in
qua erant de frumento Nicolai Urano et Leonis Culumdi de
Squillacio salme octuaginta, et de frumento dicti Boninati
salme viginti, quod frumentum est in summa salme centum,
valentes, ad racionem de tarenis quatuordecim et granis
decem prò qualibet salma, uncias auri quatraginta octo et
tarenos decem. Item saccos quadringentos, in quibus repo-
situm extitit frumentum ipsum, valentes uncias sex, et alias
res subscriptas existentes in eadem barca valentes subscrip-
tas pecunie quantitates, videlicet : Tendam unam valentem
tarenos viginti, de panno albo de Randacio cannas quatuor
valentes tarenos septem et grana octo, de panno biavo can-
nas quatuor valentes uncias duas et tarenos septem, de panno
lombardisco cannas sex valentes unciam unam et tarenos
septem et grana decem , de duppletto cannas quinque va-
lentes tarenos septem et grana decem. Cannatas duas de
ere valentes tarenos sex. Gepas quingentas valentes tarenos
duos et grana decem. Alleorum testas mille valentes tare-
(1290) — 526 —
nos quinque, et quasdam alias eorum res mobiles valentes
unciam unam, tarenos septem et grana decenti. Item a Ia-
cono de sancta Agnete, ianuense, cive Messane, quamdam
aliam barcana valentem uncias duodecim, in qua Guilielmus
de Ayolo et Franciscus Lombardus onerari fecerant in portu
Catanie frumenti salmas sexaginta, item dictus Iacobus fru-
menti salmas quatuor et Nicolaus Urano frumenti salmas
tres, quod frumentum est in summa frumenti salme sexa-
ginta septem , valentes ad rationem predictam uncias tri-
ginta duas, tarenos undecim et grana decem. Item casei cen-
tenaria duo valentia unciam unam et tarenos duos, de
panno de blaveto cannas quatuor valentes uncias duas, u-
trium paria decem Valencia unciam unam , de lino rotula
quinquaginta Valencia tarenos viginti. Gepas mille valentes
tarenos quinque. Alleorum testium duomilia valentia tare-
nos decem. Bucalem unum de metallo valentem tarenos tres
et grana decem. Capam unam de viridi usitatam valentem
tarenos duodecim. Tunicam unam de blaveto usitatam va-
lentem tarenos quindecim, de panno albo de Randacio can-
nas duas valentes tarenos tres et grana quatuordecim. Sac-
cos ducentos quatraginta, in quibus dictum frumentum re-
positum extitit , valentes uncias tres et tarenos decem et
octo. Goctardiam unam de biavo valentem tarenos viginti.
Farsetum unum valentem tarenos septem et grana decem.
Gultellum unum feritorium valentem tarenos tres. Cultellum
alium valentem tarenos duos , et cantaria duo de biscotto
valentia tarenos quindecim. Et a Philippocto de Helya de
Messana duodecimo septembris, quarte indicionis, in mari-
tima Ruccelle, quandam barcam suam oneratam frumento
vocatam sanctus Nicolaus , cuis erat nauclerius Nicolaus
Plascara de Messana, valentem uncias tredecim et tarenos
quindecim. Item frumenti salmas septuaginta valentes ad
racionem predictam uncias triginta tres et tarenos viginti
quinque, quam postquam exoneraverunt, sumerserunt ipsam
in mare. Item saccos ducentos quinquaginta quinque , in
quibus repositum extitit dictum frumentum, valentes uncias
— 527 — (1290)
tres et tarenos viginti quinque. Itera ensem unum valentem
tarenos septem et grana decem. Etera arcum unum valentem
tarenos sex et tendam unam valentem tarenos quindecim ,
et duxerunt secum captivos duos de marenariis diete bar-
ce , quorum unus vocatur Johannes de Badulato et alter
Bonellus de Iscla , et alios quinque homines et quamdam
mulierera , venientes de partibus Sicilie aput Badulatum ,
quorum nomina sunt hec videlicet : Petrus, Michelus, Ga-
pillutus, Leo, Menonus et Cali. Et supplicaverunt nobis dicti
disrobati ut super restitucione predictorum darapnorum il-
latorum eisdem , iuxta tenorem predictarum treuguarum ,
providere oportuno remedio deberemus. Admirantes igitur
de nobilitate vestra quod sic indigne fedus predictarum treu-
guarum deluditis, dum scienter per gentem vestram gentem
domini nostri regis dampna in personis et rebus suis inferri
patimini, disrobatores ipsos corrigere non curando; nobili-
tatem vestram requirimus quatenus, quia constat nobis de
disrobacione et dampnis predictis ac valore ipsorum , tam
per instrumenta publica per ipsos disrobatos inde assumpta
et coram nobis presentata, quam alias legitimas probacio-
nes coram nobis per eos productas, quam etiam per iura-
menta disrobatorum ipsorum ab eorum quolibet inde re-
cepta, piaceat vobis primo disrobatores ipsos sic .... ti-
rano nuncio et procuratori eorumdem disrobatorum per . .
. . . illata eis dampna restituì faciatis versa vice
predictas treuguas deludi similiter faciemus. Scire namque
potestis-quod vascella vestra a vascellis et gente predicti
domini regis possent offendi frequencius, si vellemus. Nam
galee, cum quibus Russus de Soliaco pridem ad ultramari-
nas partes accessit , obviaverint galeis predicti domini no-
stri in succursum Terre sancte transmissis , capte fuissent
de facili per easdem, et aliis vascellis vestris plurima dampna
fuissent illata, nisi quia predictas treuguas ex parte nostra
volumus tenaciter observari. Nec credatis satis nos esse
contentos quod predictis disrobatis fìat restitucio de pre-
dicto frumento vel pretio ipsius, nisi totidem quantitas fru-
(1290) — 5^8 —
menti extrahant de terra Giracii , ad quam frumentum ip-
sum delatum extitit, eo quod magna penuria urgebatur, et
assignelur disrobatis eisdem, per eos ad predictam terram
Squillacii deferenda prò usu et substentatione hominum
terre ipsius , nec iustam excusationem potestis pretendere,
si forte velletis excipere vos et dominum vestrum non te-
neri de dictis dampnis et disrobacione illatis per predicta
vassella, eo quod more piratico discurrebant. Nam notorium
est et certum quod predicta vascella prò parte dicti domini
vestri solidata fuerunt, et predictus Nicolaus de Mari, prò
parte eiusdem domini vestri, statutus fuit capitaneus in eis-
dem , et sic quantumcumque vassella ipsa piratico more di-
scurrerent , de restitucione dictorum dampnorum et pena
inde commissa dictus capitaneus, vel in eius defectu domi-
nus vester, prò parte cuius statutus fuit in vascellis eisdem,
de iure tenentur. Predictus quoque Nicolosus de Mari, qui
presens erat cum predictis galeis Russi de Suliaco, de cu-
ri alitate collata et de preiudicio et dampno, que inferri po-
tuerunt eis per galeas vestras, nobis perhibere testimonium
debuisset. Set est quod [nos] , quod merito sic respondit ,
prò certo presumimus quod in biis de mandato processit.
Scripta etc. Propter quod magnificentiam vestram requiri-
mus ut vos, qui officialibus aliis in partibus ipsis preestis,
si intenditis quod treuge ipse ex parte nostra inviolate ser-
ventur, treuguas ipsas ex parte vestra servari faciatis ille-
sas, ac procuratori ipsorum disrobatorum et aliorum dampna
restituì , et dictos disrobatores debita pena taliter corrigi
mandetis, si placet, quod ipsi et alii exemplo similis pene
perterriti, alias treuguas ipsas infringere vereantur, et pre-
dicti disrobati de dampnis ipsis reputent se contentos. A-
lioquin nos, qui bilingui ore non loquimur, et quod in ani-
mo gerimus labiis simulare nescimus, vobis in apertum de-
ducimus quod treuguas ipsas genti vestre observari simili-
ter faciemus. Scripta Messane, XXVI septembris, UH indic-
tionis. Nos autem, quibus cordi est predictas treuguas, prout
iuravimus, observare, predictarum licterarum vestrarum for-
— 529 — (1290)
ma diligenter actenta, licet dictus Nicolosius de Mari , cui
predictus excessus imponitur, excusare se exinde conaretur,
credentes tamen quod premissa nobilitas vestra non scri-
beret, nisi habuisset exinde plenam fidem, prefati Nicolosi
excusatione reiecta, ex toto stetimus scriptis vestris, et eo
nostro carcere mancipato, contra quem ut iustum fuerit pro-
cedetur, et quarto presentis mensis novembris apud Corne-
tum, per plures scilicet dies ante quatragesimum diem a si-
gnificatione nobis exinde facta in antea numerandum, qui
ad satisfactionem dampnorum huiusmodi , ex treuguarum
ipsarum convencionibus, est indictus, prefato Nicolao Urano,
tamquam nuncio et procuratori dictorum disrobatorum, ut
per dictas literas vestras constitit , satisfacionem integram
fieri fecimus, solutis sibi de pecunia Curie regie unciis auri
centum nonaginta tribus, tarenis vigiliti quatuor et granis
duodecim ponderis generalis , ad quam summam predicto-
rum dampnorum extimatio , iuxta dictas licteras vestras ,
ascendit. Predictos vero Iohannem de Badulato, Bonellum
de Yscla et alios quinque homines et quamdam raulierem,
quos per dictum Nicolosum captos et ductos fuisse scripsi-
stis, perquiri fecimus diligenter, et rumorem certum habere
nequivimus de eisdem, quia fecissemus eos incontinenti re-
stituì libertati; set si scire potestis quod per gentem nostram
alicubi teneantur, certificetis nos inde per vestras licteras,
quia libenter eos mandabimus liberari, et cum pluries hac-
tenus per domini vestri subditos, contra dictarum treugua-
rum tenorem, dampna fidelibus regiis multiplicia sint illata,
de quorum parte iam constat indubie, credimus quod vos,
qui , ut verbis vestris utamur , loqui bilingui ore nescitis ,
dampnorum ipsorum, ut tenemini, fieri facietis emendam.
Datum Corneti, die UH novembris, quarte indicionis [1290].
Dal registro angioino di n. 54, segnato 1291 A , a fol. 163 e
seg. (nell'Archivio di Stato di Napoli).
La data di novembre (proximi preteriti mensis), menzionata
nel principio del documento d'Artois, è un evidente errore di tra-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 34
(1290) — 530 —
scrizione, ricordandosi poi, verso la fine, il giorno 4 « presentis
mensis novembris » , che è pure la data della lettera del Conte
d'Artois.
Un breve sunto di questo importante documento fornì I'Amari
Un periodo cit. pag. 185 in nota, riferendo alcune parole del te-
sto. Egli però afferma inesattamente che Giovanni di Monforte
avesse inviato la lettera al conte d'Artois, mentre invece era il
Loria che comunicava quella sua lettera spedita contemporanea-
mente.
Si ricava dal testo che il Conte d' Artois risiedeva allora a
Matera, dove Nicolò Urano presentò la «lettera del Loria. Costui
esponeva che i depredati lo informarono dell'occorso lacrimabili
querela. La descrizione di merci , oggetti e stoffe di varie qua-
lità riesce assai importante. Vi si menziona anche il pannus ai-
bus de Randacio, che dovea essere perciò di industria siciliana.
Badolato è un comune nell'odierna provincia di Catanzaro. Sono
molto energiche varie espressioni del Loria, cioè : «quod sic indi-
gne fedus treuguarum deluditis », e quella « nos bilingui ore non
loquimur » (cioè senza frode) ed altre. La risposta data dall'Ar-
tois contiene altri ricordi che completano la notizia di quelle
gravi e frequenti infrazioni di tregua.
Su Russo de Soliaco (o meglio de Sully), il cui vero nome era
Ugone, vari cenni offre Durrieu, Les archives angevines de Na-
ples cit. t. Il, pag. 383, che ricorda essere stato , sotto Carlo I
d'Angiò, « chevalier terrier de l'Hotel, vicaire et capitain general
en Romanie a partir de 1279 ». Ne fa menzione pure Amari, 9a ed.
voi. II, pag. 257, nota 4, per i fatti di Cotrone nel 1294. Per le
navi siciliane, che viaggiavano in soccorso di Terra Santa, si veda
quanto ho detto prima , per il doc. CCIX ; e intorno alle infra-
zioni di tregua da parte dei Siciliani ed anco degli Angioini cfr.
doc. CXCI e le note che vi si riferiscono. La parola curialitas
adoperata dal Loria è nel senso di aiuto o concorso prestato ;
ma trovasi accolta dal Ducange soltanto nel significato di cor-
tesia.
In altra lettera del 4 novembre, cioè dello stesso giorno della
risposta al Loria , il conte d' Artois dava notizia al capitano di
Napoli , Giovanni de Moliens , del ritorno dei nunzi spediti dal
Loria, e dell'invio di Ruggiero, familiare del conte Ugo de Brien-
ne, pure in Sicilia partendo dall' isola d'Ischia (a dieta civitate
— 531 — (1290)
Neapolis apud Ysclam) per chiedere l'emenda di alquanti danni,
cagionati dai sudditi del Re Giacomo. È degno di nota che il
conte avverte il capitano che nel caso di venuta di nunzi del Lo-
ria o di altri dalla Sicilia, come talvolta accade (contingit inter-
dum ad nos vel dominum principerà destinari), si dovessero sor-
vegliare quei nunzi sin da quando avranno posto piede a terra
(postquam in terram descenderint) affinchè non parlassero con al-
cuno : « unaliter sociari ut nunquam cum aliano loqui valeant,
nisi presentibus illis de comitiva eorum, quam eis dabitis de fa-
milia vestra predicta » (Reg. ang. 54 cit. fol. 163).
Simile ordine al Giustiziere di Basilicata , pure del 4 di no-
vembre, si rinviene nei Fascicoli angioini, come ricorda il prof.
D'Aprea nel breve sunto : « Ut diligenter custodire faciat nuncios
ab hostibus mittendos , ne cum civibus de rebus maiestati con-
trariis colloquantur » (cfr. Syllabus membranarum cit. voi. II ,
parte I, pag. 68). Tanto era il timore che incuteva alla Corte di
Napoli l'arrivo dei Siciliani, che avrebbero potuto ordire (come
rilevasi da quei rigori) nuove congiure nell'altra parte del regno.
ccxy.
1290, ottobre 15, indizione 4a, Messina.
Il Re Giacomo ordina ai gabelloti della dogana del mare di
permettere che Francesco de Santo Felice, il quale ha pagato in
Messina al regio Tesoriere Bartolotto Tagliavia onde di oro cin-
quanta per diritto spettante alla dogana di mare, a ragione di
tari uno per salma , possa liberamente estrarre da qualunque
porto di Sicilia salme 1500 di frumento, esenti dal diritto di e-
strasione (exiture) , verso la Catalogna per parte della città di
Gerona.
Iacobus dei gracia etc. Gabeliotis iurium donane maris,
vel alteri eorumdem etc. Quia Franciscus de Sancto Felici
devotus noster XIIII die presentis mensis octobris, IIII in-
dicionis, apud Messanam assignaverit in nostra Camera Bar-
(1290) — 532 —
tolocto Tallavia, una cum Cerviano de Riaria Camere no-
stre thesaurario, familiari et fideli nostro, prò iure dohane
maris salmarum frumenti mille D ad generalem salmam ,
concessarum per magestatem nostrani, de grada libere sine
iure aliquo exiture, universitati Gerunde , ad extrahendum
per eundem Franciscum, nomine et prò parte diete univer-
sitatis, de aliquo portu Sicilie licito et permisso et ad extrac-
cionem victualium deputato, et ferendarum abinde ad partes
Gathalonie, videlicet ad portum magis adiacentem predicte
terre Gerunde , cum uno vel duobus vassellis capacitatis
quantitatis eiusdem , vel cum una seu duabus navibus , in
quibus frumentum aliud de mandato Curie oneretur per
terram Gerunde, ad racionem de tareno uno per salmam ,
sicut Curie nostre constitit per cedulam unam missam sub
sigillo predicti thesaurarii nobili Iohanni de Procida, regni
Sicilie Cancellano etc, que in archivo Curie officii Cancel-
lane servatur , uncias auri L ponderis generalis ; fidelitati
vestre precipiendo mandamus quatenus a predicto Franci-
sco, vel eius prò eo nuncio, prò dictis salmis frumenti mille
et D per eum extrahendis, nomine et prò parte diete uni-
versitatis, de aliquo portu Sicilie et ferendis ad partes pre-
dieta s nullum ius dohane maris exigatis vel recipiatis. Nos
enim predictam quantitatem pecunie, vos propterea contin-
gentem , in summa pecunie per vos Curie debite racione
predicte dohane , quam dicto anno presenti ad extallium
exercetis, vobis computari volumus et admicti , dummodo
infra eumdem annum dieta frumenti quantitas extrahatur.
Datura Messane , XV octobis , IIII indicionis , regni nostri
anno quinto [1290J.
Dal reg. di n. 261 del Re Giacomo TI a fol. 112 , nell' Arch.
Cor. Arag. in Barcellona.
Il documento è inserito in altro del 18 luglio 1293 del mede-
simo Re Giacomo , da Saragozza , cioè dopo la sua successione
(1291) nel regno di Aragona. Si ricorda infatti nel posteriore do-
cumento : «Pridie nobis feliciter existentibus in Sicilia
— 533 — (1290)
scripsisse recolimus » ecc. Trovasi pure trascritto nel suddetto
registro 261, a fol. 253,* in un ordine del 12 marzo 1294, da Bar-
cellona , perchè allora dovette rifarsi la lettera del 1293 per la
perdita casualmente avvenuta.
Si scorge dal testo che erano allora due Tesorieri per tutto il
regno, cioè il Tagliavia e Cerviano de Riaria, del quale ultimo
si conosce che nel 1283 esercitava 1' officio di custode dei porti
e delle marine di Catalogna e Valenza (cfr. sopra, pag. 69). La
città di Gerona è alquanto discosta dal mare. I porti più vicini
sono Blanes, San Feliu de Guixols, Palamòs, Lloret, Palafrugel
e la Selva de mar (Vedi Blanch é Illa, Cronica de la provincia
de Gerona. Madrid, 1865, pag. 175). Nel documento è detto quin-
di : «ad portum inagis adiacentem predicte terre Gerunde», che
poteva essere tra quelli più notevoli di Palamós e San B'eliu.
Riesce altresì utile la menzione dell' archivio della regia Can-
celleria con queste parole : « que in archivo Curie officii Cancel-
lane servatur».
CCXVI.
1290, novembre % indizione 4a, Messina.
Il Re Giacomo scrive ai servienti del castello di Tropea per-
ehè credano quanto, da parte sua, riferirà a voce Raimondo de
Bruncignach, ed eseguano gli ordini a lui dati.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie, principa-
tus Capue. Servientibus castri Tropee fidelibus suis graciam
suara et bonam voluntatem. Fidelitati vestre mandamus qua-
tenus ea, que Raymundus de Brusinac, miles, familiaris et
fidelis noster, vobis oretenus, ex parte nostra, retulerit, in-
dubitanter credatis eidem , et efficaciter exequi studeatis.
Datum Messane, II novembris, UH indicionis, regni nostri
anno quinto [1290].
Dalle Cartas sueltas sin fecha, al n. 9849, del regno di Giaco-
mo II, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
(1290) — 534 —
Di questa missione del Bruncignach a Tropea non si ha al-
cuna notizia presso i cronisti e gli storici. Raimondo de Brun-
cignach (detto con forma alterata nel documento de Brusinac)
è noto per l' importante ambasceria da lui compiuta nel giugno
1284 presso Rodolfo Re dei Romani , per parte del Re Pietro I
per una lega con quel sovrano. Cfr. prima, doc. LI. Amari , 9*
ed. voi. II pag. 207 , si limita a ricordare , narrando i fatti del
1289 , che il Re Giacomo rimase « signore della più parte delle
Calabrie, oltre le terre occupate qua e là per altre provincie».
Il segreto della missione affidata al de Bruncignach dimostra che
doveva trattarsi di gravi ordini concernenti le fazioni nemiche.
Dal documento seguente si ricava altresì che anche verso Reggio
e Squillaci si estendevano allora azioni guerresche dei Siciliani.
CCXVII.
1290, novembre 11, indizione 4% Messina.
Il Re Giacomo annunzia a Galvano Lancia di meravigliarsi
che egli, pur avendo seco soldati stipendiari, non abbia provve-
duto a frenare gli eccessi che hanno commesso gli almogaveri
nella contrada Tuchio presso Reggio, rimanendosene invece in essa
città ; ed ordina pertanto che subito (incontinenti), con i soldati
stipendiari di Berlinghieri Ponzio, capitano di Cotrone, e con i
suoi, vada alla Motta dove risiedono quegli almogaveri e li riduca
alla rigorosa disciplina, e indi si trasferisca a Squillaci per a-
dempirvi gl'incarichi affidatigli.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Gapue. Galvano Lancee familiari et fideli suo graciam
suam et bonam voluntatem. Ad non modicam admiracionis
causam inducimur et movemur , dum nostris stipendiariis
tecum existentibus , quos in comitiva tua nostra serenitas
deputavi!, auditis offensis, iniuriis, agravaminibus, quas et
que almugavari receptati in contrata Tuchi nostris fideli-
bus ipsarum parcium intulerunt et inferre non desinunt, in
— 535 — (1290)
procedendo contra eosdera almogavaros , prout iam tibi
mandavimus, dignosceris negligens et remissus, et in terra
Regii cuoi dictis stipendiariis commorastis ; propter quod
fidelitati tue firmiter et expresse precipiendo mandamus
quatenus incontinenti, receptis presentibus, una cum Ber-
lingerio Poncii capitaneo et castellano Gotroni, familiari et
fideli nostro , cui propterea mandatum nostrum dirigitur ,
necnon stipendiariis nostris cum eo et tecum per nostram
Guriam deputatis , et aliis equitibus et peditibus ipsarum
parcium , qui habere poterunt in instanti , ad Moctam seu
locum, in quo dicti almogaveri commorantur, te conferens,
ipsos sic per omnem viam et modum cohibere etcohartare
studeas et nitaris, quod per nimiam cohartacionem et sol-
licitudinis tue studium suppliciter implorent nostram beni-
gnitatem et graciam , et tam eis quam aliis ulterius exce-
dendi materia excludatur; quo peracto negocio, aput Squil-
lacium cum gente nostra gressus tuos accederes, et in exe-
quendis nostris commissis tibi negociis viriliter et animose
procedas. Datum Messane , XI novembris , IIII indicionis ,
regni nostri anno V [1290].
Dalle Cartas sueltas sin fecha del regno di Giacomo II , al
n. 9848, nell'Arch. Cor. Arag. in Barcellona.
Questo Galvano Lancia doveva essere discendente dell'omoni-
mo, che fu in Toscana Vicario imperiale verso il 1241, e condan-
nato a morte nel 1268 come seguace di Gorradino. Su tale Gal-
vano fornì alquanti ricordi Federico Lancia nella memoria Gal-
vano Lancia. Studio biografico, nell'Arch. Stor. Sic. voi. I (1876)
pag. 45 e seg., e vari cenni ne offrì pure Giuseppe Del Giudice
nella monografia II giudizio e la condanna di Corradino. Napoli,
1876, pag. 100 e seg.
Di altro Galvano fa menzione il cronista Speciale (lib. Ili ,
cap. 5, ediz. Gregorio cit. t. I , pag. 359) notando che egli era
signore di Squillaci, e che nel 1296 il Re Federico II aragonese
perdonò quegli abitanti, che « eorum dominum suis hostibus pro-
diderunt quoad vindictam».
Gli almogaveri , durante la tregua stabilita nel 1289 (cfr. so-
(1290) — 536 —
pra, doc. GXC), trascorrevano talvolta in eccessi, come anche ac-
cenna I'Amari, 9» ed. voi. II, pag. 209. La contrada Tuchi o Tu-
chio è ricordata da A. De Lorenzo, Le quattro Motte estinte pres-
so Reggio di Calabria. Siena, 1891, pag. 35, come «terra allora
[nel secolo XIII] esistente poco più su di S. Lorenzo » cioè nel-
l'odierna provincia di Reggio. La parola Moda è secondo il Du-
cange : «Collis seu tumulus, cui inaedificatum castellimi». In Si-
cilia aveano tal nome varie antiche terre fortificate, come Motta
di Affermo, Motta S. Anastasia, Motta Gamastra e Motta S. Ste-
fano. Amico , Lexicon topogr. cit. t. II , pag. 379 dice per que-
st'ultimo comune: «Motta, saracenicum vocabulum, arx in edita
excisaque rupe intelligitur » .
OCXVIII.
1290, dicembre 14, indizione 4a, Catania.
Il Re Giacomo, in seguito a richiesta di Giovanni Maniscalco
di Polizzi, abitante di Petralia Soprana, che aveva comprato da
Andrea, Giovanni e lardino Casacha alcune terre arative site
nel territorio di Petralia, nella contrada denominata Licata, e-
sime lui ed i venditori suddetti dall' obbligo dell' annua presta-
zione di tari uno e di salma una di frumento e mezza di orzo,
dovuta alla regia Corte su quelle terre per ragione di censo o
villanaggio.
Iacobus dei gracia rex Sicilie, ducatus Apulie et princi-
patus Capue. Notum facimus universis quod lohannes Ma-
niscalcus de Policio , habitator Petralie superioris , fidelis
noster , maiestati nostre humiliter supplicavit quod , cum
ipse ohm infra annum tercie indicionis, nuper preterite, e-
merit ab Andrea Casacha, Joanne et lardino eius fratribus,
fidelibus nostris, quasdara terras laboratorias, sitas in teni-
mento diete terre Petralie , in contrata dieta Leucata , prò
certa quantitate pecunie per predictum emptorem dictis
venditoribus assignata, quas venditores ipsi, ut dicitur, ra-
— 537 — (1290)
cione paterne successionis tenebant et possidebant a nostra
Curia, sub annua prestacione tareni unius, frumenti salme
unius et ordei salme dimidie , per eos et heredes eorum
prò eisdem terris annis singulis nostre Curie, nomine cen-
sus vel villanagii, solvendarum, ei et dictis venditoribus et
eorum heredibus in perpetuum prestacionem diete quanti-
tatis pecunie, frumenti et ordei, ad quam prò predictis ter-
ris, prò predicta causa, sicut asserunt, tenentur nostre Cu-
rie annuatim, remictere et relaxare de speciali gracia digna-
remur. Cuius supplicacionibus benigne admissis, consideran-
tes fidem et devocionem , quam predictus Iohannes erga
nostram excellenciam gessit et habet , tam ei, quam dictis
venditoribus et eorum heredibus in perpetuum prestacionem
predicte quantitatis pecunie, frumenti et ordei prò predictis
terris, sicut prescribitur , prò predicto iure census seu vil-
lanagii debito nostre Curie annuatim , de liberalitate mera
et speciali gracia duximus remictendam. Volentes et pre-
sentis scripti tenore mandantes quod emptor et venditores
predicti et eorum heredes in perpetuum a prestacione pre-
dicte quantitatis [pecunie], frumenti et ordei prò eisdem ter-
ris, sicut predistinguitur , debite nostre Curie prò predicto
iure census seu villanagii , sint ex nunc in antea liberi et
immunes et ad hoc minime teneantur. In cuius rei testimo-
nium et predictorum emptoris et venditorum cautelam sibi
exinde presens scriptum fieri , et maiestatis nostre sigillo
pendenti iussimus communiri. Datum Cathine, anno domi-
nice incarnacionis millesimo ducentesimo nonagesimo, mense
decembris, quartodecimo eiusdem , quarte indicionis, regni
nostri anno quinto.
Dalla pergamena originale di n. 97 della Chiesa vescovile di
Cefalù, esistente in quella Cattedrale. Se ne ha una copia nel vo-
lume ms. Qq H 8 Diplomata Eccl. Cephalud. a fol. 743 , nella
Biblioteca Comunale di Palermo.
Si ha notizia di Giovanni Maniscalco, con la designazione di
Magister in un documento del 1283 per V invio di soldati dalla
(1290) — 538 —
terra di Polizzf al campo presso Messina (cfr. Carini, De rebus
cit. pag. 359) , ed in altro di vendita fatta in Polizzi nel 1295 ,
nel quale atto il Maniscalco interviene come giudice, che non sa
sottoscrivere (Giambruno, II Tabularlo di S. Margherita in Po-
Uzzi cit. pag. 20 e seg.). Sul significato di terre laboratorie, cioè
arative, donde proviene ancora il nome alla Campania felice, detta
Terra di Lavoro , e della parola villanagium, ossia prestazione,
censo o servizio dovuti su terre concesse al villano per coltivarle
si veda il Ducange alle voci Laborabiles terrae e Villenagium.
Il nome Licata, corrottamente detto poi Locati, corrisponde ora
ad una frazione del comune di Buonpietro (cfr. G. Di Vita, Di-
zionario geografico dei Comuni della Sicilia. Palermo 1906 ,
pag. 125).
APPENDICE
IMIlHIIIHimilmtlHIMIMIIHIIIUII
AGGIUNTE AL I VOLUME
REGNO DI PIETRO I.
COXIX.
1283 aprile, indizione lla, a sett. ind. 12a.
La Regina Costanza ordina alV Ammiraglio Ruggiero Loria
di pagare al comito Federico Lancia onde di oro sei, tari sette
e grana dieci del peso generale.
Documento ricordato in quello dell'Infante Giacomo del 22 giugno
1284 (cfr. appresso) per i conti del Loria. La designazione dell' ordine
della regina è in tal modo : « Item comito Frederico Lancee, de man-
dato illustris domine regine ipsi Ammirato per litteras facto, ut ponit,
ad generale pondus auri uncias sex, tarenos septem et grana decem ».
La data del documento non può essere che nel periodo al quale si
riferivano i conti presentati dall'ammiraglio, cioè da aprile a settembre
1283. Le parole ut ponit concernono il Loria , che notava ad esito la
somma dovuta al comito Lancia. È evidente lo scopo della spesa cioè
per le navi, dalla parola comito, che significa capo dei marinai dell'ar-
mata nelle navi, secondo l'interpretazione che ne offre il Ducangb, voce
Comes, Comitus. Vedasi altresì Rezasco , Dizionario del linguaggio sto-
rico cit. voce Gomito.
(Appendice) — 542 —
ooxx.
1283, settembre 17, indizione 12a, Messina.
La Regina Costanza ordina all' Ammiraglio Ruggiero Loria
di permettere l'estrazione fuori regno dal porto di Licata di sal-
me quattrocento di frumento, col pagamento dei dritti di estra-
zione e dogana dovuti alla regia Corte.
Tale documento è indicato esplicitamente nell'altro dell'Infante Gia-
como, Luogotenente generale del regno , del 22 giugno 1284 (cfr. ap-
presso) di approvazione di alcuni conti presentati dal Loria. Conviene
qui riferire la menzione che si ricava dal testo : « Necnon deductis et
extenuatis de summa predicti residui unciis octuaginta sex et tarenis
viginti debitis Curie prò iure exitus et dohane salmarum frumenti qua-
tringentarum dudum, ad mandatum illustris domine regine domine et
matris nostre datum Messane , septimodecimo septembris , duodecime
indictionis, extractarum de portu Licate et delatarum extra regnum».
Il ricordo dell'indizione 12a dimostra senza alcun dubbio che il do-
cumento della regina Costanza appartiene al 1283. Non si rileva a chi
fosse stata concessa quell'estrazione di frumento, od almeno con quale
nave avvenisse. L'ordine della regina prova inoltre (come anche rilevasi
dal documento anteriore) l'esercizio della sua autorità nel tempo della
luogotenenza del figlio Giacomo. Cfr. sopra, pag. 36, ed il doc. XXXI
per altro esempio di ordini della regina Costanza in quell' anno 1283.
OOXXI.
1283, settembre, indizione 12a.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del 'regno, ordina
al milite Bertrando de Béllopodio, Tesoriere del regno di Sicilia,
di restituire all'Ammiraglio Loria onde trecento di oro, del peso
generale.
Si ha la menzione di tale documento nell'altro dell'Infante Giacomo
del 22 giugno 1284 per i conti di Loria (Vedi appresso). Ne riporto qui
— 543 — (Appendice)
le espressioni : « De quibus restitutis sibi per Bertrandum de Bellopodio
militem, stratigotum Messane et regni Sicilie thesaurarium, ad manda-
timi nostrum olim infra presentem annum duodecime indictionis, un-
ciis auri trecentum ponderis generalis».
La precisa indicazione della 12* indizione per la data dell'ordine regio
prova che esso appartiene al settembre 1283 , perchè allora aveva ini-
zio l'indizione suddetta, ed i conti presentati dal Loria nel 1284 non ol-
trepassavano il periodo del settembre dell'anno anteriore. Sembra che
la restituzione di quella somma avvenisse per un mutuo fatto dal Lo-
ria a favore della regia Corte , leggendosi nei conti del 1284 : « item
quas posuit mutuasse et recepisse mutuo ab amicis».
Il Bellopodio era stato nominato stratigoto di Messina a 9 novembre
1282 dal Re Pietro I (cfr. Carini, De rebus cit. pag. 178 , e Appendice
di Silvestri, pag. 9, per il testo). Sostenne vari, importanti e difficili
incarichi per il suo ufficio in quell'anno e nei posteriori, come appare
dai documenti. Vedasi pure sopra, pag. 116, 135 e 138.
OOXXII.
1284, giugno 22, indizione 12», Messina.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, in seguito
alla presentazione dei conti fatta dall' Ammiraglio dei regni di A-
ragona e Sicilia, Ruggiero Loria, per V esercizio del suo ufficio
durante il periodo da aprile a settembre 1283 , approva i conti
medesimi, già esaminati nella regia gran Corte dei Conti da Gio-
vanni da Procida, Alaimo da Lentini e Matteo di Termini, se-
condo il rito dei conti e la consuetudine del regno di Sicilia, e
rilascia ampia e generale quietanza (quietationis apodixam), con
l'esplicita riserva del sindacato dell'amministrazione dell'officio di
Ammiraglio, da eseguirsi quando sarà ordinato dal Re Pietro I.
Dai conti (che sono inseriti nella lettera di approvazione, in-
sieme al privilegio del Re Pietro 1 del 20 aprile 1283 di nomina
del Loria ad Ammiraglio) si rileva che costui presentò un qua-
derno dell'introito e dell' esito , ed altri tre quaderni in lingua
catalana contenenti gli elenchi dei nomi degli iscritti nell'armata
(addubati) in Valenza, Barcellona e Castellon.
L'Ammiraglio enumera nella parte dell'introito :
(Appendice) — 544 —
a) le somme di danaro ricevute da vari ufficiali, da terre di
Calabria e del Principato per riscatto del bottino (prò redemptio-
ne depopulationis honorum eorum) e da Giudei , o provenienti
da vendita di merci o da stipulazione di mutui.
b) le quantità di frumento, di biscotto ed altre merci ricevute
per approviggionamento e vitto dei marinai.
La somma totale dell'introito è in onde di oro 8976.19.4 e 1\2.
Enumera nell'esito i pagamenti eseguiti :
a) per i nocchieri, balestrieri e marinai dei vascelli regi per
il loro stipendio, indicando le varie navi nelle quali essi trovansi,
ed i nomi dei fornitori delle stesse.
b) per i calafati ed altri lavoratori nell'arsenale di Messina,
e per i corniti delle galere.
e) per i nocchieri e balestrieri aragonesi e catalani delle ga-
lere componenti il naviglio regio, distintamente indicate.
d) per il Protontino di Messina e per i nocchieri e marinai
delle galere armate in Messina per supplemento dei marinai di
Catalogna.
e) per i marinai di Messina, in supplemento di quelli che pe-
rirono nel combattimento con gli Angioini in Malta.
f) per confezione di biscotto, macinazione di frumento e per
commestibili diversi, ed altre minute spese.
g) per lo stipendio dell' Ammiraglio medesimo ad oncia una
di oro al giorno.
h) per vitto giornaliero di corniti, nocchieri ed altri.
La somma totale dell'esito è in onde di oro 8803. 2. 17, oltre
le quantità enumerate di vettovaglie.
L'Infante Giacomo, tenendo ragione che alcune somme devono
essere restituite al Loria per mutui da lui fatti, od escomputate
per altre cause, ordina che la rimanente somma di onde 207.29.18.
sia dal Tesoriere del regno rimborsata al Loria (de fiscali pe-
cunia).
lacobus Infans, illustris regis Aragonum et Sicilie fìlius, suus
in regno Sicilie futurus successor et heres, ac eius in eodem re-
gno generaliter locurntenens. Tenore presentium notum facimus
universis quod Rogerius de Lauria, miles, regnorum Aragonum
et Sicilie Ammiratus, dilectus consiliarius et devotus noster, pre-
sens in magna regia Curia ad ponendum de eodem officio am-
— 545 — (Appendice)
miratie rationem debitam et fìnalem, coram nobilibus et discretis
viris Iohanne de Procida, Alaymo de Lentino eiusdem regni ma-
gistro Iusticiario et Matheo de Thermis, magne regie Curie ma-
gistro Rationali, dilectis consiliariis, familiaribus et devotis no-
stris, super examine et receptione rationis ipsius statutis per il-
lustrem dominum patrem nostrum, rationem- ipsam a vicesimo
die mensis aprilis, undecime indictionis, quo die ipsum incepit
exercere Amiratie offìcium, usque per totum mensem septembris
sequentis, duodecime indictionis, posuit in hunc modum : In pri-
mis ostendit litteras commissionis sue, sigillatas sigillo regio ,
que restitute sunt sibi, prò eo quod est in eodem officio, conti-
nentie talis :
Petrus dei gratia Aragonum et Sicilie rex. Per presens scri-
ptum notum facimus universis quod nos, attendentes merita pro-
bitatis, prudentie et devotionis nobilis Rogerii de Lauda, dilecti
militis, consiliarii ac familiaris nostri, de quibus excellentia no-
stra plenam gerit flduciam ab experto , offìcium ammiratie re-
gni Gatalonie et Sicilie eidem duximus tìducialiter concedendum
ac exercendum per eumdem ad honorem et fidelità tem culminis no-
stri , usque ad nostre beneplacitum voluntatis. [Man]dantes uni-
versis et singulis hominibus armate eiusdem quod ipsi Rogerio,
tamquam ammirato nostro, pareant fideliter et intendant in om-
nibus, quibus ammiratis predecessoribus suis, offìcium ipsum ge-
rentibus , soliti sunt intendere et parere. Dantes et concedentes
eidem Rogerio plenariam potestatem faciendi, si oportuerit, de ho-
minibus extolii seu armate predicte, et de omnibus aliis homini-
bus, qui sunt de foro ammiratie predicte, et racione iuriura ipsius
officii, tam in mari quam in terra, iustitias civiles et criminales,
et omnia alia exercenda circa dictum offìcium, que consueverunt
exerceri per alios ammiratos ; cui ammirato nostro predicto si-
militer concedimus quod habeat et percipiat iura omnia, que ad
predictum ammiratie offìcium spectare noscuntur. In cuius rei te-
stimonium presens privilegium fieri iussimus et sigillo pendenti
nostri culminis communiri. Datum Messane, anno domini mille-
simo ducentesimo octuagesimo tertio , mensis aprilis, vicesimo
eiusdem, undecime indictionis, regnorum nostrorum Aragonum
anno septimo, Sicilie vero primo.
Item assignavit quaternos subscriptos videlicet : quaternum
unum generaliter continentem totum introytum et exitum officii
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 35
(Appendice) — 546 —
sui infra predictum tempus, et quatemos tres scriptos littera ca-
talanisca sine sigillis, in quorum uno describitur titulus, conti-
nens quod homines in eodem quaterno contenti addubati fuerunt
in Valencia per manus Huguetti Romanini , Thomasii Valentini
et Petri Stephani. In alio quaterno continentur nomina illorum,
qui addubati fuerunt in Barcellonia , et in alio continentur no-
mina illorum, qui addubati fuerunt in Gastellione. — lntroytus. —
Ostendit idem ammiratus per predictum quaternum recepisse per
se, magistrum Virgilium de Gathania et certos commissarios suos
infra totum predictum tempus a quibusdam officialibus et per-
sonis, in quaterno predicto contentis, per diversas vices et tem-
pora , et emisse de pecunia Curie existente per manus suas prò
armatione et munitione vassellorum felicis extolii regii , ad ge-
nerale pondus, cantarium et mensuram, pecunie, biscocti, victua-
lium et aliarum rerum quantitatem subscriptam, videlicet : Sep-
timo madii , undecime indictionis , a mercatoribus genuensibus
prò iure extractionis frumenti auri uncias mille. Item a Bertrando
de Bellopodio, milite, stratigoto Messane et regni Sicilie thesau-
rario, per manus suas et diversarum personarum solventium sibi,
nomine et prò parte ipsius, a nonodecimo iunii undecime usque per
totum vicesimum tertium septembris duodecime indictionis, sicut
constitit per antapocas quinque, sigillo stratigoti et tbesaurarii
munitas, quas Curie assignavit, auri unciarum sexmilia quatrin-
gentas viginti novem, tarenos duos et grana quatuordecim. Item
ab infrascriptis terris maritime Calabrie et Principatus , prò re-
demptione depopulationis honorum eorum , subscriptam pecunie
quantitatem videlicet : Ab universitate hominum Citrarii uncias
septuaginta quinque, tarenos duodecim et grana decem. Ab uni-
versitate hominum Ravelli uncias centum. Ab universitate Positani
uncias triginta. Ab universitate Iscle uncias quatraginta. Item aput
Maltam per manus diversorum marinariorum, quas acquisiverant
in conflictu galearum Provincialium, uncias viginti, tarenos vigin-
ti sex et grana tredecim. Item vicesimoquarto madii, undecime in-
dictionis, ab almugavaris deputatis cum eo, prò medietate lucri ac-
quisiti per eos in tribus cavalcatis, uncias triginta sex et tarenos
sedecim. Item secundo octubris, undecime indictionis, de venditio-
ne quorumdam spoliorum acquisitorum per quosdam almugavaros
in portibus Calabrie et Principatus cum galeis extolii regii, uncias
quatraginta duas. Item vicesimo octavo madii, eiusdem undecime
— 547 — (Appendice)
indictionis, ab universitate Iudeorum Messane, in quibus tenetur
prò pictura galee rubee, uncias tres. Item ab octavo iunii usque per
totum primum augusti, indictionis eiusdem, per manus quorum-
dam comitorum, de venditione quaruradam rerum venditarum per
eum, de mandato illustris domine regine domine matris nostre, ut
ponit, ad idem pondus uncias centum sexaginta octo. Item quinto-
decimo iunii, undecime indictionis, de venditione salmarum ordei
quatringentarum, receptarum per eum a Guichono de Rustico de
Messana, et venditarum, ut ponit, de mandato diete regine ore-
tenus sibi facto, ad rationem quatuor tarenorum per salmam, un-
cias quinquaginta tres et tarenos decem. Item ponit mutuasse de
proprio et recepisse mutuo ab amicis , tam de iure contingente
lacobum Peri, olim Ammiratum, quam prò iure suo debito sibi
a singulis marinariis et personis armate regie, in defectu pecunie
Curie non existentis per manus suas, ut ponit, uncias quingentas
octoginta octo, tarenos sex et grana quinque et dimidium. — Sum-
ma introyttis predicte pecunie unciarum octomilia septingente no-
naginta sex , tareni decem et novem et grana quatuor et me-
dium. — Introytus frumenti. — Item nono madii, eiusdem unde-
cime indictionis , recepit a predicto Stratigoto , per manus pre-
dicti magistri Mathei de Thermis, magne regie Curie magistri Ra-
tionalis, Iaconie de Policio militis et Andree de Milite, aput Ther-
mas , frumenti salmas quatringentas. Item eodem die , ibidem ,
ab Andrea Amalfitano, procuratore dicti Iaconie de Policio, mi-
litis, quas emit ab eodem, frumenti salmas centum. Item quarto
iunii, eiusdem undecime indictionis, aput Messanam, recepit ab
eodem Stratigoto frumenti salmas quinquaginta. Item aput Ca-
thaniam, ab Andrea de Precida, procuratore maioris cathanien-
sis Ecolesie , frumenti salmas centum sexaginta quinque. Item
vicesimo nono augusti, undecime indictionis, aput Messanam, a
notario Rogerio de Syracusia , una eum sociis in anno proximo
preterito, undecime indict. [Secreto] et magistro procuratore ci tra
flumen Salsum, delatas ab Heraclea in Messanam eum quadam te-
nda Curie , per manus notarii Iohannis de Notario Philippo ,
nuntii sui, ad mensuram Messane frumenti salmas trecentas qua-
tuordecim et [t.] duodecim. — Stimma introytus predicti frumenti
salme mille viginti novem et thumini duodecim. — Introytus
hiscocti. — In primis ostendit per eumdem quaternum se recepisse
a Garsia de Laurencio, statuto per dominum regem super confi-
(Appendice) — 548 —
ciendo biscocto Curie, per diversas vices, ad generale cantarium
biscocti cantarla sexcenta viginti quatuor et rotulos nonaginta.
Item a quintodecimo iulii usque per totum quartumdecimum au-
gusti, eiusdem undecime indictionis, a Balduchio Formagio, sta-
tuto per eundem super faciendo biscotto Curie in Cathania , de
frumento assignato eidem ammirato per predictum Andream de
Procida, ad generale cantarium biscocti cantarla ducenta viginti.
Item a comito Peregrino de Amalfia, statuto super faciendo fieri
biscocto Curie in Messana, per diversas vices , ad generale can-
tarium biscocti cantaria duomilia quingenta sexagintaquinque et
rotulos triginta tres , panuum tria milia ducenta quinquaginta
sex. — Summa introytus predicti biscocti cantaria tria milia qua-
tringenta decem et rotulos viginti tres. — Introytus diversarum
rerum. Ponit emisse prò munitione et armati one vassellorum ip-
sorum , potu et companagio personarùm navigantium in vassel-
lis eisdem, ad diversam rationem in quaterno predicto contentam,
armorum et rerum quantitatem subscriptam , videlicet : sciita et
pavisia septuaginta, casei cantaria trecenta , carnium sallitarum
cantaria quindecim, vini salmas quingentas et decem, olei cafìsia
triginta novem, candelarum rotulos quinquaginta duos, cicerum
salmas quatuor, fabarum salmas quatuor. — Summa totius predicti
introytus auri uncie octomilia septingente nonaginta sex, tareni
decem et novem, et grana quatuor et dimidium, frumenti salme
mille viginti novem et thumini duodecim, biscocti cantaria tria
milia quatringenta decem et rotuli viginti tres , panuum recen-
tium tria milia ducenti quinquagintasex, armorum et aliarum re-
rum quantitas predicta.
Exitus. — Ostendit idem ammiratus per eumdem quaternum
solvisse et solutum fuisse naucleriis , balistariis , marinariis et
personis aliis navigantibus cum predictis vassellis regiis , prò
solidis eorum mensium sex, videlicet novembris, decembris, ia-
nuarii, februarii, marcii et aprelis proximo preteritorum, eiusdem
undecime indictionis, qui erant , ut idem quaternus continet , a
Curia recepturi , facta deductione quibusdam ex eis de summa
solidorum predictorum eis per Curiam debitorum , tam prò pe-
cunia eis soluta per Curiam, cum ad certa viagia et servitia Cu-
rie cum aliquibus vassellorum ipsorum transmissi fuerunt, quam
etiam propter absentiam eorumdem a serviciis regiis cuiusdam
temporis spatio, quorum omnium nomina et cognomina et quan-
— 549 — (Appendice)
titas pecunie singulis ipsorum soluta et deducta, prò quibus via-
giis, quid et quantum prò quolibet, et tempus quo absentes fue-
runt ab eisdem serviciis Curie, cum distinctione pecunie deducte
eis propterea, in eodem quaterno distincte et particulariter con-
tinetur , de predicta pecunia Curie existenti per manus suas ad
generale pondus subscriptam pecunie quantitatem videlicet : ba-
listariis Tortose centum decem et octo , qui fuerunt de numero
personarum navigantium in vassellis predictis , sicut idem qua-
ternus continet , prò solidis eorum sex mensium predictorum ,
facta deductione quibusdam ex eis , ut supra distinguitur , ad
diversam rationem in eodem quaterno contentam , uncias qua-
tringentas decem et novem , tarenos viginti duos et grana sede-
cim. Item societati, que erat in ligno Imperillade, que sunt per-
sone quinquaginta novem , facta deductione quibusdam ex eis ,
ut supra distinguitur : uncias centum quatuor, tarenos et grana
unum. Item naucleriis, balistariis et rimeriis de galea Bernardi
Carboni, facta deductione quibusdam ex eis, modo predicto, un-
cias centum quatraginta tres, tarenos quatuor et grana sedecim.
Item naucleriis ligni Tayan, qui sunt numero tres, facta ut su-
pra deductione quibusdam ex eis, uncias decem, tarenos viginti
tres. Item naucleriis , balistariis et rimeriis de galea Thomasii
Valentini , facta ut supra deductione quibusdam ex eis , uncias
ducentas quatraginta quatuor , tarenos viginti quatuor et grana
octo et dimidium. Item naucleriis, balistariis et rimeriis de galea
Borras Barcelli, facta deductione ut supra quibusdam ex eis, un-
cias ducentas viginti quinque, tarenos undecim. Item naucleriis,
balistariis et rimeriis de galea Raymundi Insigaroli , facta de-
ductione quibusdam ex eis ut supra , uncias centum sexaginta ,
tarenos duos et grana sedecim. Item hominibus teride Royg pi-
sani , facta ut supra deductione quibusdam ex eis , uncias qua-
traginta septem , tarenos viginti quatuor. Item naucleriis , bali-
stariis et rimeriis de galea Bernardi Bacie , facta deductione ut
supra quibusdam ex eis , uncias ducentas triginta tres , tarenos
decem et octo et grana tredecim. Item balistariis et personis aliis
de galea dicti ammirati , facta ut supra deductione quibusdam
ex eis , uncias quinquaginta quinque , tarenos quindecim. Item
tubatoribus , qui fuerunt cum regio extolio galearum ipsarum ,
uncias decem et octo et tarenos viginti octo. Item naucleriis, ba-
listariis et rimeriis de galea Guillelmi Carboni, facta ut supra de-
(Appendice) — 550 —
ductione quibusdam ex eis, uncias ducentas decem, tarenos no-
vem. Item naucleriis , balistariis et rimeriis de galea Marsilie ,
facta ut supra deductione quibusdam ex eis, uncias ducentas tri-
ginta septem, tarenos septem. Itetn naucleriis, balistariis et per-
sonis allis de galea Petri Nigri , facta deductione ut supra qui-
busdam ex eis , uncias centum quinquaginta quinque , tarenum
unum et grana decem. Item naucleriis, balistariis et personis a-
liis de galea Gilionis , facta deductione ut supra quibusdam ex
eis, uncias centum nonaginta septem, tarenos viginti sex et grana
decem et octo. Item naucleriis, balistariis et personis galee Pe-
tri Ferrerii, facta ut supra deductione quibusdam ex eis, uncias
centum septuaginta tres, tarenos decem novem et grana quatuor.
Item naucleriis, balistariis et rimeriis de galea Guillelmi Malgra-
nerii , facta ut supra deductione quibusdam ex eis , uncias cen-
tum quatraginta duas, tarenos sedecim et grana decem . Item nau-
cleriis, balistariis et rimeriis de galea Iacobi Ferrantis, facta ut
supra deductione quibusdam ex eis, uncias centum sexaginta tres,
tarenos viginti quinque et grana octo. Item naucleriis , balista-
riis et rimeriis de galea Petri Thomasii, facta ut supra deductione
quibusdam ex eis , uncias ducentas viginti tres , tarenos decem
et septem et grana sedecim. Item naucleriis, balistariis et rime-
riis de galea Iohannis de Santo Felice, facta ut supra deductione
quibusdam ex eis, uncias ducentas viginti novem, tarenos decem
et septem , et grana quatuor. Item n. b. et r. de g. Raimundi
Thomasii fac. etc, uncias centum sexaginta duas, tarenos sex et
grana quatuordecim. Item n. b. et r. de g. Guillelmi de Ripalta
f uncias centum quatragintaquinque, tarenos quinque et
grana octo. Item .... Bernardi Palet . . . . u. . . centum tri-
ginta quatuor t. quatuor et g. decem et octo et dimidium. Item
n Importagere f. . . u. . . centum septuaginta novem t
tres et grana sedecim. Item .... de ligno Ferrerii de Mora u.
sexaginta tres, t. viginti octo et gr. sedecim. Item ponit per qua
ternum eundem se solvisse certis calafatis et personis, qui labo
raverunt in regio tarsianatu Messane , qui sunt numero viginti
septem, quorum nomina et quantitas pecunie cuilibet eorum so
luta in eodem quaterno particulariter continentur , facta dedu-
ctione quibusdam ex eis modo predicto prò solidi s eorum, predi-
ctorum sex mensium, uncias sexaginta quinque, tarenos sedecim
et grana quatuordecim et dimidium. Item ponit per quaternum
— 551 — (Appendice)
euradem solvisse comitis galearum predictarum, qui sunt numero
viginti duo, prò solidis eorum diversi et variati temporis , quo-
rum nomina , quantitatem pecunie cuilibet eorum solutam , prò
quo tempore et ad quam rationem particulariter quaternus ipse
distinguit, facta summa, uncias centum octuaginta octo et tare-
nos decem. Item ponit per quaternum eurndem solvisse certis na-
varolis , qui sunt numero centum triginta quatuor , prò solidis
eorum infrascriptorum septem mensium, videi icet octubris, novem-
bris, decembris, ianuarii, februarii, martii et aprilis , undecime
indictionis , ad diversam rationem , facta deductione modo pre-
dicto quibusdam ex eis , quorum nomina , quantitatem pecunie
cuilibet eorum solutam atque deductam . et ad quam rationem ,
quaternus predictus particulariter distinguit, uncias trecentas se-
decim, tarenos octo et grana septem. Item ponit per quaternum
eurndem solvisse navarolis quatuor , nominatis in quaterno pre-
dicto, prò solidis eorum quatuor mensium, scilicet dictorum octu-
bris, novembris, decembris et ianuarii, qui receptis solidis eorum
prò predicto tempore , ab armata regia fugierunt , ut ponit , ad
diversam rationem in eodem quaterno contentami, uncias quatuor
et tarenos decem et octo. Summa totius prediate pecunie solute tam
predictis naucleriis, balistariis , marinariis et personis aliis pre-
dictorum vassellorum ac calafatis et personis , qui laboraverunt
in dicto tarsianatu Messane, prò solidis eorum dictorum sex men-
sium , quam dictis comitis et navarolis prò solidis eorum tem-
poris predistincti : unciarum quatuor milia sexcente quinquaginta
septem, tarenus unus et grana decem et septem. Item ponit per qua-
ternum eurndem solvisse certis naucleriis, balistariis et personis
aliis aragonensibus et catalanis, deputatis per ipsum ammiratum
ad armationem subscriptorum vassellorum dicti extolii regii, prò
solidis eorum duorum mensium, scilicet iunii et iulii, diete un-
decime indictionis , ad certam rationem , servitio mensis madii
quo servierunt regie Curie relaxato , quorum nomina, quantitas
pecunie cuilibet eorum soluta et ad qua rationem, in eodem qua-
terno particulariter continentur, computata quadam modica quan-
titate pecunie aliquibus ex personis eisdem soluta prò sequenti-
bus mensibus augusti et septembris, prout distinguit quaternus
predictus , ad generale pondus quantitatem pecunie subdistin-
ctam, videlicet naucleriis, balistariis et marinariis deputatis cum
galea dicti ammirati : uncias sexaginta duas, tarenos viginti no-
(Appendice) — 552
vem et grana quatuor. Rem naucleriis, balistariis et personis aliis
deputatis in ligno Ferrerii de Mora : uncias viginti duas, tarenos
viginti sex et grana quatuor. Item nau. b. et p. a. d. cum li-
gno Bernardi Intayan uncias deeem et novem , tarenos septem
et grana octo. Ttem n. b. et p. al. in ligno Guillelmi Carboni
uncias septuaginta octo et tarenos octo. Item naucleriis, balista-
riis et marinariis deputatis in ligno Incanaldi uncias viginti sep-
tem et tarenos septem. Item balistariis et rimeriis deputatis in
galea protbontini communitatis Corsice : uncias triginta quinque
et tarenos novem. Item naucleriis, balistariis et rimeriis deputa-
tis in galea lacomi Ferrantis : uncias sexaginta quinque, tarenos
tres et grana octo. Item nau. ball, et marinariis dep. in gal. Mar-
silie uncias octuaginta quatuor et tarenos octo. Item trumbato-
ribus decem et novem euntibus inpredicta armata regia, uncias
novem et tarenos duos. Item balistariis tri bus deputatis in galea
lmperillade uncias tres et tarenos septem. Item nau. ball. et. mari,
dep. in galea Guillelmi Malgranerii uncias septuaginta et unam,
et tarenos decem et septem. Item naucleriis, bai. et rim. dep. in
gal. Bernardi Carboni uncias octuaginta novem, tarenos viginti
novem et grana quinque. Item nau. ball. et. rimer. dep. in gal.
Raymundi Thomasii u. sexaginta sex, [tarenos] decem et octo et
gr. octo. Item. nau. bai. et rim. dep. in gal. Petri Thomasii u.
octuaginta quatuor, t. viginti novem et g. duodecim. Item n. bai.
et rim. dep. in gal. Raymundi Insigarole u. octuaginta et tria ,
tarenos viginti sex et gr. octo. Item n. b. et r. dep. in galea Gi-
lionis u. septuaginta octo, t. quatuor et g. octo. I. n. b. et r.
d. in g. Bernardi Bacie u. septuaginta novem, tar. novem. I. n.
b. et r. d. in gal. Iohannis de Santo Felici u. octuaginta quin-
que, t. sedecim et g. sedecim. Item Thomasii Valentini u.
octuaginta unam, t. decem et 8 et gr. sedecim. 1... Petri Ferrerii
Atroner prò solidis eorum unius ex predictis duobus mensibus u.
quinquaginta et t. viginti et g. quatuordecim. I... Guillelmi
Ripalta prò solidis eorum predicti mensis unius u. decem et
novem et t. septem. I.... Importagere et lacobini prò solidis
eorum predicti mensis unius u. viginti octo, t. viginti duos g.
sedecim. I... Bernardi Palet prò solidis eorum dicti mensis u.
decem et septem, t. 7. I... Borras Barcelli prò solidis eorum dicti
mensis unius u. triginta tres, t. tredecim et g. sex. I. Petri Ni-
gri prò solidis eorum dicti mensis unius u. viginti tres et g.
— 553 — (Appendice)
undecim. Item ponit per quaternum eumdem solvisse quibusdam
hominibus Antikide Tenes , qui sunt numero viginti quatuor ,
qui non iverunt, ut ponit, cum armata regia , set fuerunt de-
putati ad deferendum lignamina ad opus regii tarsianatus Mes-
sane , et ad deferendum frumentum ab Heraelea et Licata aput
Messanam prò confìciendo biscocto Curie prò armata regia, prò
solidis eorum predictorum duorum mensium, scilicet iunii et iu-
lii , quorum nomina et quantitas pecunie cuilibet eorum soluta
distinguntur in quaterno predicto, facta summa, uncias quinde-
cim et tarenos sex. Summa totius predicie pecunie solute predi-
ctis personis , tam prò solidis predictorum duorum mensium iu-
nii et iulii, quam unius ex predictis duobus mensibus ut supra
distinguitur, nec non et predictis aliis personis, que non iverunt
cum armata regia, sed deputati fuerunt ad dieta alia servicia Cu-
rie , uncie mille trecente viginti quatuor, tareni viginti tres et
grana decem et octo. Item ponit per quaternum eumdem solvisse
naucleriis , balistariis , trumbatoribus et rimeriis de subscriptis
vassellis eiusdem extolii regii; prò solidis eorum subscripti tem-
poris infra menses augusti undecime et septembris duodecime
indictionis , ad diversam rationem , quorum omnium nomina ,
quantitatem pecunie cuilibet eorum solutam, prò quo tempore et
ad quam rationem dictus quaternus particulariter conti net , ad
generale pondus subscriptam pecunie quantitatem, videlicet : ba-
listariis et rimeriis de galea ammirati prò solidis eorum totius
mensis augusti undecime et dierum viginti unius sequentis men-
sis septembris, duodecime indictionis, uncias quatraginta septem,
tarenos quatuordecim. Item nau. b. et r. de g. Raymundi Insi-
garoli, prò solidis eorum dicti mensis augusti et predictorum die-
rum decem et octo mensis septembris eiusdem, uncias quinqua-
ginta sex, tarenos quatuor et grana novem. Item trumbatoribus
euntibus in eodem extolio, prò solidis eorum dicti mensis augu-
sti et predictorum dierum decem et octo septembris, uncias quin-
que et tarenos tres. Item n. b. et r. galee Marsilie prò solidis
eorum dicti mensis augusti et dierum viginti unius dicti sep-
tembris, uncias septuaginta, tarenos viginti novem. Item n. b. et
r. ligni Incanaldi, prò solidis eorum dicti mensis augusti et die-
rum viginti unius, uncias viginti duas, tarenos novem et grana
duo et dimidium. Item n. b. et r. galee Albo protbontini Mes-
sane , prò eodem tempore , uncias viginti octo , tarenos viginti
(Appendice) — 554 —
septem et grana duo. Item n. b. et r. galee Gilii. prò solidis eo-
rum dicti temporis , uncias quinquaginta octo , taretios sex et
grana decem et octo. Item n. b. et r. galee Guillelrni Carboni ,
prò solidis eorum ipsius temporis, uncias quinquaginta novem,
tarenos quinque et grana octo. Item n. b. et r. galee Bernardi
Carboni, prò solidis eorum dicti temporis, uncias sexaginta octo,
tarenos viginti septem et grana duodecim. Item n. b. et r. galee
Bernardi Bacie prò eodem tempore, uncias quinquaginta novem,
tarenos quindecim et grana duodecim et dimidium. Item n. b.
et r. galee Guillelrni Malgranerii prò eodem tempore , uncias
quinquaginta tres , tarenos viginti quatuor et grana quatuorde-
cim. Item n. b. et r. galee Raymundi Thomasii prò eodem tem-
pore , uncias quatraginta sex , tarenos quatuor et grana decem
et octo. Item n. b. et r. vasselli Intallani prò eodem tempore,
uncias quatuordecim , tarenos viginti quinque. Item Bernardo
Imparillade comito et balistariis galee sue , prò solidis eorum
dicti temporis, uncias novem, tarenos octo et grana quatuor. I-
tem certis personis galee Thomasii Valentini, prò solidis eorum
dierum viginti eiusdem mensis augusti, qui prò eo quod dieta ga-
lea ivit Cataluniam , servierunt in vacceta, quam ducebat Infir-
riolus prò dicto tempore , unciam unam, tarenos viginti sex et
grana quinque et dimidium. Summa totius predicte pecunie solute
predictis personis, prò solidis eorum dicti temporis infra eosdem
menses augusti et septembris, uncie octingente quinque , tareni
quindecim et grana decem et novem et dimidium. Item ponit i-
dem ammiratus per quaternum eumdem se solvisse tam prothon-
tino Messane, quam certis naucleriis, b. et r. de novo conductis
et deputatis per eum in vassellis extolii regii , armatis per eum
in civitate Messane , prò supplemento personarum de Catalunia
defìcientium armationi et naviga tioni vassellorum ipsorum , ad
diversam rationem prò subscripto tempore, quorum conductorum
nomina, quantitatem pecunie cuilibet eorum solutam et ad quam
rationem d ictus quaternus particulariter distinguit , ad generale
pondus subscriptam pecunie quantitatem. In primis marinariis
sexcentis quinquaginta uno, tam de Messana , quam quibusdam
aliis terris Sicilie, prò mensibus duobus numeratis a quarto iu-
nii, quo die vassella extolii regii recesserunt de portu Messane,
usque per totum quintum sequentis mensis augusti , undecime
indictionis , ad rationem de tarenis septem et granis decem prò
— 555 — (Appendice)
quolibet eorum per mensem , uncias trecentas vigintiquinque et
tarenos quindecim. Item marinariis catalanis viginti octode novo
conductis in Messana, eo quod in quaterno armate facte in Ca-
tatonia non fuerunt reperti scripti, et tamen constitit eidem am-
mirato, sicut ponit, eos in serviciis regiis moram continue protra-
xisse, prò solidis eorum eis debitis prò diverso et variato tem-
pore in eodem quaterno distincto. uncias viginti tres et tarenos
sedecim. Item marinariis de Messana viginti novem prò mensi-
bus duobus numeratis a vicesimo primo iunii , undecime indi-
ctionis, in antea, ad rationem de tarenis septem et granis decem
prò quolibet eorum per mensem , uncias quatuordecim et ta-
renos quindecim. Item marinariis de Messana sexdecim prò men-
sibus duobus, numeratis a vicesimo octavo predicti mensis iunii
in antea, ad eamdem rationem : uncias octo. Item balistariis ca-
talanis septem de novo conductis per eum in Messana, eo quod
in quaterno armate facte in Gatalonia non fuerunt reperti scripti,
tamen constitit eidem ammirato, ut ponit per eumdem quaternum,
eos in serviciis regiis moram continue protraxisse, prò solidis eo-
rum eis debitis prò diverso tempore, in eodem quaterno, distincto :
uncias undecim et tarenos quatuordecim. Item naucleriis siculis
octo prò solidis eorum duorum mensium, numeratorum a quinto
iunii in antea, ad diversam rationem in eodem quaterno notatam:
uncias octo et tarenos decem. Item pedotis duobus prò eisdem
duobus mensibus, ad rationem de tarenis septem et granis decem
prò quolibet eorum per mensem : unciam uuam et tarenos quin-
decim. Itera marinariis de Panormo quatraginta uni , conductis
primo iulii, undecime indictionis , prò mensibus duobus nume-
ratis ab eodem priuio iulii in antea , ad eamdem rationem de
tarenis septem et granis decem prò quolibet eorum per mensem :
uncias viginti , tarenos quindecim. Item marinariis de Messana
centum sexaginta septem conductis per eumdem ammiratum et
deputatis in galeis et aliis vassellis Curie, prò supplemento perso-
narum deficientium in eisdem post conflictum galearum Provin-
cialium in Malta, prò toto mense augusti, undecime indictionis,
ad eamdem rationem de tarenis septem et granis decem prò quo-
libet ipsorum, prò predicto mense: uncias quatraginta unam, ta-
renos viginti duos et grana decem. Item marinariis centum vi-
ginti uno conductis et deputatis per eumdem ammiratum in pre-
dictis galeis et vassellis Curie, prò supplemento personarum de-
(Appendice) — 556 —
flcientiuni in eisdem post conflictum Provincialiurn predictorum,
prò mensibus duobus a primo dicti mensis augusti in antea nu-
meratis , ad eamdem rationem : uncias sexaginta et tarenos
quindecim. Item marinariis trecentis septuaginta novem de Mes-
sana et quibusdam aliis terris Sicilie, conductis per eumdera ain-
miratum, prò solidis eorum unius mensis, a sexto predicti men-
sis augusti in antea numerati, que fuerunt in serviciis regiis cum
vassellis eisdem, uncias nonaginta quatuor, tarenos viginti duos
et grana decem. Item naucleriis viginti duobus de Messana prò
solidis eorum eiusdem mensis augusti, ad rationem de tarenis vi-
ginti prò quolibet eorum , prò mense predicto : uncias quatuor-
decim et tarenos viginti. Item naucleriis duobus de Messana prò
solidis eorum, eiusdem mensis , ad rationem de tarenis quinde-
cim prò quolibet eorum per mensem , unciam unam. Item nau-
cleriis quatuor de Syracusia conductis prò supplemento nauclerio-
rum de Gatalonia, prò solidis eorum mensium duorum, a primo
dicti mensis augusti in antea numeratorum, ad rationem de ta-
renis quindecim prò quolibet eorum per mensem, uncias quatuor.
Item balistariis catalanis viginti septem conductis per eum prò sup-
plemento aliorum balistariorum de Catalunia, prò duobus mensi-
bus a primo dicti augusti in antea numeratis, ad diversam ratio-
nem in eodem quaterno distinctam, uncias viginti septem et tarenos
viginti. Item marinariis centum septem de Messana, prò solidis
eorum mensis septembris, undecime indictionis, ad rationem de
tarenis septem et granis decem prò quolibet, uncias viginti sex,
tarenos viginti duos et grana decem. Item marinariis duodecim
de Messana, prò solidis eorum, dierum decem et octo numerato-
rum a primo dicti septembris in antea , ad rationem de tarenis
quatuor et. granis decem prò quolibet eorum , prò predictis die-
bus decera et octo, unciam unam et tarenos viginti quatuor. Item
marinariis siculis trecentis quindecim prò solidis eorum diversi
temporis , infra dictum mensem septembris , in eodem quaterno
distincti, ad rationem de tarenis septem et granis decem prò quo-
libet eorum per mensem, uncias quatraginta quinque, tarenos sex
et grana quindecim. Item naucleriis viginti quinque et comito
uno eiusdem vaccette conductis , ut predicitur, prò supplemento
aliorum naucleriorum de Catalunia, prò solidis eorum certi tem-
poris in eodem quaterno distincti, et ad diversam rationem ibi-
dem notatam, uncias tredecim et tarenos undecim. Item domino
— 557 — (Appendice)
Vassallo Accono , militi , prothontino Messane , prò solidis suis
inensium trium , a primo iulii undecime indictionis in antea
numeratorum, ad rationem de unciis quatuor ponderi s generalis
per inensem, uncias duodecim. Item marinariis, portulatis qua-
tuor et alyeriis aliis galee ammirati prò honorantiis eorum men-
sium iunii, iulii, augusti undecime et septembris duodecime in-
dictionis, unciam unam et tarenos decem et ooto. Summa totius
predicte pecunie solute predictis naucleriis , balistariis , rimeriis
et personis aliis conductis et deputatis in dictis vassellis regiis,
prò supplemento personarum deficientium in eisdem, nec non dicto
prothontino Messane ac portulatis et aleyeriis diete galee ammi-
rati, uncie septingente quinquaginta novem, tareni duodecim et
grana quinque. Item ponit solvisse per eumdem quaternum prò
pretio saccorum ducentorum sexaginta octo emptorum per eum
ad diversam rationem, in eodem quaterno notatam, prò ponendo
in eis biscocto Curie panatice vassellorum ipsorum, uncias qua-
tuor, tarenum unum et grana duo. Item prò delatura certe quan-
titatis frumenti, farine et biscocti in eodem quaterno distincte ,
delate a diversis partibus Sicilie in Messanam prò panatica vas-
sellorum ipsorum, et prò diversis expensis minutis factis in ma-
hazenis in quibus predictum frumentum , farina et biscoctum
reposita fuerunt, et aliis diversis expensis, prout distinguit ple-
narie quaternus predictus, facta summa ad generale pondus, auri
uncias viginti, tarenos viginti unum et grana decem et septem.
Item certis personis prò confectione biscocti Curie et molitura fa-
rine, ex qua biscoctum ipsum confectum est, quarum personarum
nomina et quantitas pecunie cuilibet earum solute , et prò qua
causa, cum distinctione temporum solutionis eiusdem, in eodem
quaterna) particulariter continentur, facta summa ad generale pon-
dus, auri uncias viginti novem, tarenos viginti septem. Item cer-
tis pictoribus prò pictura galearum quatuor et galionum trium
Curie , distinctorum in quaterno predicto , ad generale pondus ,
uncias septem et tarenos viginti. Item diversis marinariis et pe-
dotis de Messana conducentibus teridas regias , in quibus tran-
sfretabant almugavari in Calabriam , et prò reportandis abin-
de cum eisdem teridis regiis animalibus et rebus aliis acqui-
sitis per eos in Calabria ab inimicis regiis, per diversas solutio-
nes et tempora, ad generale pondus, auri uncias quatuor. Item
certis personis prò pretio scutorum et pavensium septuaginta
(Appendice) — 558 —
prò munitione vassellorum regalium, ac cindati et buccaramini
prò baneriis vassellorum ipsorum, et fieri faciendis eisdem, prout
particulariter distinguit quaternus predictus, ad generale pondus,
facta summa, uncias viginti unam et tarenos decem. Item diver-
sis personis prò pretio casei cantariorum trecentorum , carnium
salitarum cantariorum quindecim, vini salmarum quingentarum
decem , olei cafìsorum triginta novem , candelarum rotulorum
quinquaginta duo, et rotulorum diversarum specierum quinqua-
ginta duorum, emptarum per eum prò munitione et companagio
personarum dicti extolii regii , ac prò diversis aliis expensis in
delatura, stipatura et aliis servitiis necessariis factis in rebus pre-
dictis, ad diversam rationem, particulariter et distincte in eodem
quaterno contentam , facta summa , ad generale pondus, uncias
centum octuaginta tres , tarenos octo et grana septem. Item di-
versis personis prò pretio diversarum rerum minutarum necessa-
rio emptarum per eum, ad diversam rationem in eodem quaterno
contentam, prò munitione et companagio galearum ipsarum , et
aliis diversis servitiis Curie distinctis in quaterno predicto, facta
summa , ad generale pondus , uncias quatraginta sex , tarenos
tres. Item ponit solvisse per quaternum eumdem Manfredo Lan-
cee, capitaneo insularum Malte, Gaudisii, computandas in gagiis
seu quietatione sua, ad generale pondus, auri uncias sedecim et
tarenos viginti sex. Item quibusdam exploratoribus missis ad di-
versas partes regni , prò explorandis rumoribus. Item Dominico
Anno Pullisio prò loerio cuiusdam barce sue armate, conducte ab
ipso per duas vices prò portando Perpinnano hostiario nostro ad
Comitem Atrebatensem aput Nicotram, prò tractando excambio Ca-
talanorum captorum, ad generale pondus, auri unciam unam. I-
tem procuratori Iaconie de Milite prò pretio salmarum frumenti
centum, ad generale pondus, auri uncias viginti septem, tarenos
duos et grana decem. Item comito Frederico Lancee, de mandato
illustris domine regine ipsi ammirato per litteras facto, ut ponit,
ad generale pondus, auri uncias sex, tarenos septem et grana de-
cem. Item prò pretio rismarum sex de cartis papiri, necessariis
prò scribendis quaternis marinariorum et aliis Curie servitiis fa-
ciendis, ad rationem de tarenis quatuordecim prò qualibet risma,
ad generale pondus, auri uncias duas et tarenos viginti quatuor.
Et ponit per quaternum eumdem retinuisse sibi de pecunia Cu-
rie existente per manus suas , que contigebant et prò expensis
— 559 — (Appendice)
suis mensium quinque et dierum decem, nurnerandorum a vice-
si mo aprilis, undecime indictionis, usque per totum mensem se-
ptembris, duodecime indictionis, ad rationem de uncia auri una
parvi ponderis prò die, infra quod tempus computantur dies cen-
tum sexagintatres, ad dictum parvum pondus , auri uncias cen-
tum sexagintatres, que sunt ad generale pondus uncie centum
quatraginta sex et tareni viginti unum. — Summa totius predicte
pecunie solute tam prò pretio dictorum saccorum et aliarum re-
rum predictarum ac aliis Curie servitiis, quam dictis comito Fre-
derico Lancee , Manfredo Lancee capitaneo Malte et Gaudisii et
exploratoribus, ac prò expensis dicti ammirati, retentis per eum,
ad dictum generale pondus, auri uncie quingente viginti una, ta-
reni viginti duo et grana sex. Item ponit per eumdem quaternum
exitus solvisse et solvi fecisse prò cotidiano victu comitorum, nau-
cleriorum, balistariorum, navarolorum et aliarum personarum de-
putatarum in vassellis predicti extolii regii, a sexto mensis apri-
lis in antea usque per totum tertium decimum iulii , undecime
indictionis, ad diversam rationem prò quolibet eorum per diem,
nec non quibusdam almugavaris , autoritate mandati regii facti
sibi oretenus, sicut ponit, prò expensis eorum certi temporis nu-
merati a quinto madii, eiusdem undecime, usque per totum men-
sem septembris, sequentis duodecime indictionum, nec non et prò
expensis Provincialium captivorum a quintodecimo iulii unde-
cime usque per totum eumdem mensem septembris, quarum om-
nium personarum numerum , quantitatem pecunie prò qualibet
ipsarum solutam , ad quam rationem et prò quo tempore idem
quaternus distincte et particulariter conti net , facta summa , ad
generale pondus , auri uncias septingentas triginta quatuor , ta-
renos decem et septem et grana duodecim. Item ponit idem am-
miratus per eundem quaternum exitus liberasse et liberari fe-
cisse prò panatica, companagio personarum navigantium in vas-
sellis predicti extolii regii et munitione ipsorum, frumenti conversi
in biscoctum et aliarum rerum quantitatem subscriptam, videli-
cet frumenti salmas mille vigintinovem et [thuminos] duodecim,
biscocti cantarla triamilia quatringenta decem et rotulos viginti
tres, panium recentium tria milia ducentos quinquaginta sex, ca-
sei cantaria trecenta, carnium sallitarum cantaria quindecim, vini
salmas quingentas decem, olei cafisia triginta novem, candelarum
rotulos quinquaginta duos, cicerum salmas quatuor, fabarum sai-
(Appendice) — 560 —
mas quatuor, et prò munitione vassellorum ipsorutn inter sciita
et pavisia septuaginta. Summa summarum totivs predicti exitus
unciarum octomilia octingente tres , tareni duo et grana decem
et septem, frumenti salme mille viginti novem et [thumini] duo-
decim, biscocti cantariorum tria milia quatringenta decem, rotuli
viginti tres, panium recentium tria milia ducenti quinquaginta-
sex , armorum et aliarum rerum quantitas predicta. Facta vero
collatione de introytu ad exitum , superat exitus introytum un-
cias sex, tarenos tredecim et grana duodecim et medium. Item quas
posuit mutuasse et recepisse mutuo ab amicis, in summa sui in-
troytus computatas, uncias quingentas octuaginta octo , tarenos
sex et grana quinque et dimidium. Summa predicte pecunie, in
qua Curia debitrix eidem ammirato apparet, computato predicto
mutuo et pecunia ad quam inventus est exitus introytum supe-
rare, uncie qu ingente nonaginta quatuor, tareni decem et novem
et grana decem et octo. De quibus, restitutis sibi per Bertrahdum
de Bellopodio, militem, Stratigotum Messane et regni Sicilie The-
saurarium,admandatum nostrum olim infra presentem annum duo-
decime indictionis, unciis auri trecentis ponderis generalis, nec
non deductis et extenuatis de summa predicti residui unciis
octuagintasex et tarenis viginti , debitis Curie prò iure exi-
tus et dohane salmarum frumenti quatringentarum dudum , ad.
mandatum illustris domine regine domine et matris nostre , da-
tum Messane septimo decimo septembris, duodecime indictionis,
extractarum de portu Licate et delatarum extra regnum, restabant
solvende sibi uncie ducente septem, tareni viginti novem et grana
decem et octo , quas per eumdem Stratigotum et Thesaurarium
eidem ammirato mandavimus de fiscali pecunia assignari. Fru-
menti vero, biscocti et aliarum rerum idem est introytus et exi-
tus. Et licet per eosdem Iohannem, Alaymum et Matheum in exa-
mine et dispunctione rationis ipsius notate et facte essent qnam-
plures effìcaces questiones, secundum ritum rationum et consue-
tudinem regni Sicilie arairato predicto , nos tamen attendentes
grata devotionis et fidelitatis obsequia . que idem ammiratus in
expugnatione et captione hostium predicti domini patris nostri
atque nostrorum viriliter et constanter exhibet , et est in antea
collaturus , questiones ipsas sibi de speciali grafia duximus re-
laxandas, et ipsum et heredes suos exinde quietamus. Unde ad
futuram memoriam, et predicti ammirati et heredum suorum cau-
— 561 — (Appendice)
telam , presentem quietationis apodixam sibi mandavimus fieri ,
et pendentis sigilli nostri munì mine communiri. Reservata in-
quisitione facienda contra eum de processibus suis suo loco, tem-
pore, cum placuerit domino patri nostro vel nobis , ita quod e-
xinde respondere Curie iuxta forma m , que servatur in talibus ,
teneatur. Datum Messane , anno domini millesimo ducentesimo
octuagesimo quarto, mensis iunii, XXIP eiusdem, duodecime in-
dictionis.
Documento in pergamena segnato di n. 713, esistente nell'archivio
della Cattedrale di Valenza (Spagna).
Il testo venne pubblicato nel 1914, col titolo Las cuentas de Eoger
de Lauria, dall'egregio prof. Ambrogio Huici di Valenza, nella pregevole
Bevista del centro de Estudios historicos de Granada y su reino. Granada,
an. IV, pag. 57 e seg. Per la difficoltà di ritrovare in Italia la suddetta
rivista, e per l'importanza del documento ho creduto conveniente di ri-
ferirne per intero il testo, e poiché è abbastanza lungo, l'ho compreso
in questa Appendice. Il prof. Huici non ha premesso alcun ricordo sto-
rico ai documenti di approvazione dei conti presentati dal Loria (cfr.
pure appresso doc. del 29 settembre 1287 e 15 luglio 1288), ma si è li-
mitato soltanto ad apporre in principio di essi un breve argomento ,
stampando il testo in sei fascicoli delle annate 1914 e 1915 della Ri-
vista. Ho riveduto accuratamente il testo medesimo, ed ho corretto al-
cuni evidenti errori (come quelli di tarorum, taros per tarenorum, ta-
renos), anche per nomi di persone o geografici talvolta riferiti inesat-
tamente, ed ho seguito in varie parti una migliore ortografia.
E chiaro che le tre pergamene dei conti del Loria trovansi in Valenza
appunto per il motivo che quella notevole città di Spagna fu la patria
del celebre ammiraglio Loria , e quivi egli morì nel 1305. Per la più
esatta custodia di quei documenti, forse gli eredi avranno richiesto i
prelati valenziani di conservarle, anco per il rispetto che aveasi nel
medio evo ai sacri depositi ed archivi delle chiese e dei monasteri.
Questi conti che concernono esclusivamente il periodo da aprile a
settembre 1283, e talvolta anco, per pagamenti arretrati, i mesi da ot-
tobre 1282 a marzo 1283 , cioè sin dai primi tempi del nuovo dominio
aragonese in Sicilia, riescono di eccezionale importanza per il metodo
preciso e rigoroso col quale sono formati, ed altresì per la grande quan-
tità di notizie di fatti e di nomi che contengono, e di circostanze che
rivelano con certezza indiscutibile nella ordinata loro esposizione, come
rilevasi dall'esteso sunto che ho messo innanzi al testo del documento.
Essi rimasero ignoti del tutto al Carini nelle sue peregrinazioni in Ispa-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 36
(Appendice) — 562 —
gna, e perciò auche all'AMARi (cfr. Carini, Gli Ardi, e le Bibl. voi. I,
pag. 510).
L'inserzione dell'integro testo del privilegio del Re Pietro I del 20
aprile 1283 riguardante il Loria non ho stimato di omettere, anco per
alcune varianti che offre col testo edito la prima volta da Manuel José
Quintana nella biografia del Loria, nelle Obras completas ediz. Madrid,
1852, pag. 480 e seg. e con l'altro fornito da Carini, De rebus, pag. 218.
Nella trascrizione di Huici si ha « acetone iurium ipsius officii », forma
erronea invece di racione, ed è importante al contrario la variante si-
militer concedimus in fine del privilegio , che è più sicura lezione del-
l'altra data dal Carini con le parole scilicet concedimus (cfr. pure su
tale documento del Re Pietro I sopra, pag. 68, n. 8).
È d' uopo ricordare qui solamente qualche circostanza di maggior
rilievo che trovasi nel documento dell'Infante. Si menziona nelle par-
tite di conti Giacomo di Pietro come Ammiraglio predecessore del Lo-
ria. Quel Giacomo era figlio del Re Pietro I, ed alcuni documenti editi
innanzi (pag. 132 e 453) lo concernono. Notevole è il ricordo della bat-
taglia navale di Malta contro gli Angioini (Provinciales), avvenuta nel
luglio 1283, dei quali fatti dà notizia Amari, 9a ediz. voi. II, pag. 14 e
seg. , ed altresì il prof. Manfroni , Storia della marina italiana cit. ,
parte I, «Dal trattato di Ninfeo» ecc., pag. 90 e seg. Il Minieri-Riccio
ricorda un ordine dato a 1° settembre 1283 dal Principe di Salerno per
soccorsi ai feriti provenzali, fatti prigionieri in Malta, su le navi dai
Siciliani (Il regno di Carlo I d'Angiò cit. neìVArch. Stor. Ital., Serie IV,
t. 5 , an. 1880 , pag. 355). Per altre notizie cfr. sopra , doc. CXLVIII.
Manfredi Lancia era allora capitano delle isole di Malta e Gozo ,
come si ha dal documento, che contiene pure la menzione di un mes-
saggio inviato al Conte d' Artois a Nicotera. Appare dai conti che le
forze catalane e siciliane adoperavansi a scopo comune indistintamente
dal Loria, che era peraltro Ammiraglio di Catalogna e Sicilia per il pri-
vilegio del Re Pietro I. Le spese dimostransi rilevanti anco per il mo-
tivo dei grandi approvigionamenti bisognevoli per le continue e vigorose
azioni di guerra nella conquista.
Alquante espressioni del documento giovano nelle minute enumera-
zioni di cariche, uffici e gradi e di oggetti e merci diverse a determinare
antiche denominazioni, specialmente di marina ed altre. La parola alye-
rii od aleyerii, la quale si rinviene quivi registrata, rrianca in Ducange.
Essa è propria del catalano antico, e significa : soldati di mare. Vedi
Larernia , Diccionari de la llengua catalana. Barcelona , 1864 , t. I ,
voce Alier. L'importanza di documenti di tal genere riconosceva il prof.
Giuseppe Del Giudice nella memoria Diplomi inediti di Re Carlo I
d'Angiò riguardanti cose marittime. Napoli, 1871. Il ricordo del rito
e della consuetudine dei conti delle finanze regie rivela i sistemi eco-
— 563 — . (Appendice)
nomici dell'epoca. Termina il documento con la riserva del sindacato
dell'officio del Loria, quando venisse su ciò provveduto dal Re Pietro I,
e ciò dimostra che l'Infante Giacomo, come Luogotenente, pure appro-
vando i conti dell'ammiraglio, non aveva intera potestà nel definire ogni
responsabilità del Loria. I meriti di costui nel respingere i nemici sono
pure accennati nelle dichiarazioni finali di approvazione dell' Infante
Giacomo.
Sul Loria, oltre Ja biografia del Quintana già indicata, conviene
menzionare la memoria di Augusto Vecchi {Iack La Bolina) intitolata
Ruggiero Loria e Corrado Lancia Almiranti di Casa d'Aragona, edita
nel volume Saggi storico - marinareschi. Genova, 1877 (pag. 104-160),
e pregevole altresì per i ricordi e le descrizioni di navi e interpretazioni
di nomi tecnici, pure con qualche disegno. Di recente ne ha scritto Pla-
cido Visalli, Su la nascita e la giovinezza dell' amir aglio Ruggiero Lo-
ria fnegli Atti della R. Accademia Peloritana. Messina , voi. XIV, an.
1900). Si veda inoltre sopra, pag. 469.
OOXXIII.
1284, agosto 17, indizione 12a, Messina.
L' Infante Giacomo , Luogotenente generale del regno , in
seguito a supplica degli abitanti di Reggio ed in considerazione
dei danni che i medesimi hanno sofferto nella presente guerra
per serbare la fedeltà ai sovrani, li esenta dall' obbligo di pagare
le collette, sovvenzioni ed altre tasse dovute alla regia Corte per
i loro beni esistenti nelle terre di S. Agata, S. Nocito, Mesa ed
oltre Mesa in Calabria.
Iacobus Tnfans, illustris regis Aragonum et Sicilie filius, suus
in regno Sicilie futurus successor et heres, atque eiusdem in eo-
dem regno generalis Locumtenens. Universis offìcialibus Calabrie
tam presentibus quani futuris, devotis suis salutem et gratiam.
Supplicato celsitudini nostre prò parte universitatis hominum Rhe-
gii, devotorum nostrorum, ut cum ipsi , seu ipsorum aliqui, ha-
beant et possideant quedam bona eorum mobilia et stabilia ,
existentia in terris et tenimentis sancte Agathe , sancti Noceti ,
Mese et ultra partes Mese , sitis in Calabria , et prò bonis ip-
(Appendice) — 564 —
sis consueverunt hactenus communicare et contribuere cum ho-
minibus terrarum ipsarum in collectis, subventionibus , subsi-
diis et exationibus aliis , que per regiam Curiam seu terrarum
ipsarum universitates dudum ibidem contigebat imponi , eos ab
huiusmodi communicatione seu contributione cum hominibus
ipsis de cetero facienda prò bonis eisdem prò parte regie Cu-
rie liberos , exemptos et immunes reddere dignaremur. Eorum
supplicationibus benignius inclinati , cum delectet excellentiam
nostram eorumdem supplicantium damna et expensas , que et
quas in imminentis guerre discriminibus, ob observantiam sin-
cere devotionis et fìdei, quibus erga illustres dominos parentes
nostros et nos ipsos agnoviraus, operum effectibus, claro vigore
multipliciter subierunt, digne provisionis et promerite relevationis
permunifice liberalitatis nostre gratia compensare, devotioni vestre
ex regia parte, qua fungimur auctoritate, precipiendo mandamus
quatenus homines quoscumque diete civitatis Rhegii, possidentes
et habentes bona eorum huiusmodi in terris superius memoratis,
ad contribuendum et communicandum cum hominibus terrarum
ipsarum in mutuis, subsidiis ac exactionibus quibuscumque fisca-
libus, in terris ipsis de cetero per regiam Curiam imponendis,
compelli per homines terrarum ipsarum prò parte regie Curie mi-
nime permictatis, cum eos ex nostra prò parte regie Curie gratio-
sa liberalitate duximus eximendos. Dignum est enim ratione ut
unde tìdeles regii prò regia fide servanda damnabiliter senserunt
ineommoda , inde per regiam munificentiam atque nostram rele-
vationis beneficia conse[quantur], ut devoti devotiores reddantur
et occasione hac commoditatis sortiantur effectum. Datum Mes-
sane , anno domini millesimo ducentesimo octuagesimo quarto ,
in septimodecimo augusti, duodecime indictionis.
Documento inserito nel lavoro manoscritto di Giovanni Angelo Spa-
gnolio, De rebus rheginis, lib. XI, cap. I.
Su lo Spagnolio (1573 - 1645) offre alquanti ricordi biografici Luigi
Aliquò- Lenzi, Gli scrittori calabresi. Messina, 1913, pag. 401.
Pubblicato dal can. Antonio De Lorenzo nel volume Le quattro Motte
estinte presso Reggio di Calabria. Siena, 1891, pag. 259, traendolo dal la-
voro inedito dello Spagnolio. A pag. 39 il De Lorenzo offre un sunto del
documento medesimo.
Ho corretto alcuni errori che trovansi nell'edizione del De Lorenzo,
e ricorderò soltanto la variante fideles regii da me seguita , invece di
— 565 — (Appendice)
fìdeles Rhegii, perchè l'Infante Giacomo usa quivi espressioni generali
per i sudditi regii e la loro fedeltà, e non per Reggio esclusivamente.
Die breve notizia di questo privilegio nel 1857 Domenico Spanò -
Bolani nella sua Storia di Reggio di Calabria dei tempi primitivi sino
all'anno di Cristo 1797. Napoli, voi. I, pag. 175. Non riferì egli però la
data precisa, né la fonte donde traeva quei cenni, che sarà stata certa-
mente lo Spagnolio. Lo storico Spanò - Bolani così dice : « Ebbe allora
Reggio non pochi favori da Giacomo. Egli dispose che quanti Reggini
possedevano beni mobili e stabili nei tenimenti di Santagata, San No-
ceto, Mesa ed oltre Mesa, fossero immuni di qualunque fiscale imposi-
zione ».
Il documento fornisce evidente prova del dominio che i sovrani ara-
gonesi esercitavano sui territori della Calabria, i quali costituivano non
solo una speranza di acquisto di altre regioni in terraferma, ma anche
sicurezza contro ogni incursione che gli Angioini preparassero da quei
luoghi contro la Sicilia , potendosi prevenire o reprimere in Calabria
più facilmente le mire del nemico. Il Re Pietro I in ottobre 1282, dopo
la grande vittoria navale di Reggio, quasi presagiva di poter conqui-
stare totum regni residuum (Vedi sopra, pag. 32). Approvava nel 1283
quanto aveva fatto Giovanni da Procida « prò defensione terre Regii »
(Saint-Priest, Hist. de la conquète cit. t. IV, pag. 232, e Carini, De rebus,
pag. 435). Per le pratiche di cessione delle terre dell' arcivescovato di
Reggio e della Calabria da parte degli Angioini , avvenute negli anni
posteriori , cioè dal 1285 al 1290, cfr. sopra, pag. 355 e 468.
La terra di S. Agata ancora esiste non lungi da Reggio, verso mezzo-
dì. Per S. Nocito, anticamente detto pure Motta di S. Aniceto , e per
le terre di Mesa ed oltre Mesa offre estese notizie De Lorenzo nel la-
voro cit. pag. 11 , 172 e seg. rilevando che di S. Aniceto rimangono i
ruderi del castello a poche miglia di distanza da Reggio presso il mare, e
che Mesa si denominava prima del tremuoto del 1783 un « rione fuori
mura, che s'incontrava uscendo di porta Mesa [in Reggio], nella quale
contrada oggi si prolunga la città moderna con uno dei suoi più no-
bili rioni».
ooxxiy.
1285, maggio 2, indizione 13a, Palermo.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, annunzia
a Manfredi Moietta che il Vescovo di Cefalù gli ha manifestato
(Appendice) — 566 —
che è stato da lui privato del possesso del lenimento S. Maria di
Carsa, sito presso i confini di Cammarata, che il Vescovo ha tenuto
per antica concessione dei Re di Sicilia, con esigerne pacificamente
i frutti. Ordina pertanto V Infante al Moietta di restituire quel
tenimento al Vescovo, insieme ai proventi che avesse esatto, perchè
se ciò non curerà, ha dato incarico al milite Raimondo Alamanni
di assegnare al Vescovo il possesso del tenimento medesimo.
Iacobus Infans etc. Nobili viro Manfredo Malecta etc. Pro parte
venerabilis viri Episcopi Gephaludi, devoti nostri, fuit nuper ex-
positum coram nobis quod , cum ex antiqua concessione et lar-
gitate dive memorie divorum regum Sicilie , predecessorum no-
strorum, predecessores ipsius Episcopi et idem Episcopus, nomi-
ne et prò parte cephaludensis Ecclesie , retroactis temporibus a
tempore, cuius non extat memoria , et nunc idem Episcopus ex
causa predicta teneat et possideat tenimentum sancte Marie de
Harsa, situm prope confinés terre Gammarate, percipiendo exinde
fructus omnes et redditus, terragia, mandragia et alios proventus
usque nunc pacifice et quiete, necnon et prò anno presenti loca-
verit iura terrarum ipsarum, mandras seu marcatos infrascriptos,
una cum herbagio ibidem existente quibusdam conducentibus ea-
sdem, videlicet mandram que dicitur Bucca de Crapa, mandram
que dicitur Sparagia , mandram Muntonum , mandram Nixii et
mandram Casalotti, nomine et prò parte iam diete Ecclesie tam-
quam domine et patrone, tu seu procura tores tui [a] possessione
tenimenti et locorum predictorum, auctoritate propria , asserens
tenimentum et loca ipsa ad te pieno iure spectare, eundem vene-
rabilem Episcopum seu procuratores suos destituisti ad presens,
in ipsius Episcopi preiudicium et non modicam lesionem. Cum-
que nostro culmini prò parte eiusdem venerabilis Episcopi exti-
terit humiliter supplicatum ut sibi super hoc providere miseri-
corditer dignaremur , suis supplicacionibus benignius inclinati,
maxime cum nostre intencionis propositum [sitj bona ecclesia-
stica manutenere et illesa servari mandare, devocioni tue ex re-
gia parte, qua fungimur auctoritate, mandamus quatenus statini
receptis presentibus eidem Episcopo, seu certo procuratori prò eo,
possessionem tenimenti locorum predictorum , que prout nostra
didicit celsitudo eidem cephaludensi Ecclesie de iure pertinere
noscuntur , modo predicto prò parte Curie restituas seu restituì
— 567 — (Appendice)
facias per procuratores tuos, et si quos proventus ex eis racione
destitucionis huiusmodi exinde percepisti seu percipi fecistis, ei-
dem Episcopo vel suo certo procuratori facias integraliter assi-
gnare. Sciturus quod excellencia nostra nobili viro Raymundo
Alamagni, militi, Vicario et castrorum Sicilie provisori citra flu-
men Salsum, dilecto consiliario , familiari et devoto nostro, per
licteras suas scribit quod si te in restituendis predicto Episcopo
vel eius procuratori dictis tenimento et locis invenerit tepidum
et remissum, idem Vicarius predicta tenimenta et loca eidem E-
piscopo vel procuratori eius assignet, et in corporalem possessio-
nem inducat. Datum Panormi, secundo madii, terciedecime indi-
cionis [1290].
Dalla perg. di n. 62 del Tabulano della Chiesa di Cefalù (Arch. di
Stato di Palermo). Il testo del documento regio é inserito in un tran-
sunto del 12 aprile 1290 della lettera del 14 settembre 1285 (cfr. appresso
doc. di tale data) del milite Raimondo Alamanni per l'immissione in
possesso.
Se ne ha una copia nel ms. Qq. H 8 Diplom. Eccl. Cephalud. a fol.
715 (Bibl. Com. di Palermo). È ricordato altresì nella Visita di mons.
Daneo dell' anno 1579 nella B. Conservatoria (Regie Visite), reg. 1320
(Arch. di Stato di Palermo) con data erronea del 1390 invece di 1290,
che è quella del transunto.
L'Infante Giacomo scrisse nello stesso giorno al milite Alamanni
(cfr. doc. seguente). Per le antiche origini e le novità avvenute nei tempi
posteriori nel possesso del tenimento di Carsa, si veda quanto ho detto
per il doc. del 13 luglio 1290, a pag. 483 e seg. È degno di nota il ri-
cordo della locazione delle mandre o marcati e dei dritti spettanti su
quelle terre. L'Alamanni era Vicario al di qua del fiume Salso, come
si rileva meglio dal doc. GCXXVII.
ccxxv.
1285, maggio 2, indizione 13a, Palermo.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, dà notizia
al milite Raimondo Alamanni del testo della lettera trasmessa in
pari data al Conte Manfredi Moietta per la restituzione del te-
nimento di S. Maria di Carsa al Vescovo di Cefalù (cfr. doc. pre-
(Appendice) — 568 —
cedente), e gli ordina che se troverà noncurante il suddetto Conte
nella esecuzione, immetta egli stesso il Vescovo nel possesso di
quel lenimento.
Iacobus Infans etc. Raymundo Alamagni etc. Scire volumus
devocionera tuam quod cuoi nobili viro Manfredo Malecta, corniti
Camerario, dilecto consanguineo, consiliario, familiari et devoto
nostro, per nostras scripserimus licteras in hec verba :
(Segue il testo del documento del 2 maggio 1285, a Manfredi
Moietta).
Volumus et devocioni tue ex regia parte, qua fungi mar au-
ctoritate, mandamus quatenus, si eundem Comitem in restituen-
dis predicto Episcopo, vel eius procuratori, dictis tenimento et lo-
cis inveneris tepidum et remissum, in possessionem ipsorum eun-
dem Episcopum vel eius procuratorem inducas, ipsumque ad hoc
prò parte Curie manuteneas et defendas. Datum Panormi , se-
cundo madii, terciedecime indicionis [1290].
Dalla perg. di n. 62 del Tabulano della Chiesa di Cefalù (Archivio di
Stato di Palermo). Per altre indicazioni basta rinviare al documento
anteriore.
Il nuovo incarico dato all'Alamanni era necessario, poiché il Maletta,
avendo commesso l'usurpazione, era certamente contrario a riconoscere
i diritti del Vescovo.
OCXXVI.
1285 , maggio 5, Figueras.
Il Re Pietro I ordina a Bernardo Scriba di pagare Attobono
di Trapani ed i suoi soci venuti da Sicilia con una barca armata,
e di fornire ai medesimi gli apparecchi e le vettovaglie, tanto se
ritornino nelV isola, quanto se restino in Catalogna contro i nemici,
come si crederà più opportuno.
Bernardo Scriba. Mandamus \obis quatenus quintetis Attho-
bonum de Trapena cum quinque sociis suis , qui venerunt cum
barca armata de partibus Sicilie, a tempore citra quo non fuerunt
— 569 — (Appendice)
quintati, et faciatis dari eis apparamenta et victualia necessaria
diete barce, si ve redeat ad partes Sicilie, si ve remaneat cum ar-
mata nostra , vel inferat malum inimicis nostris, prout R. Mar-
queti et Berengarius Mayol viderint utilius et melius esse. Datum
Figeriis, IIP nonas may [1285].
Dal reg. 58 del Re Pietro, a fol. 23, nell'Arch. Cor. Aragona in Bar-
cellona.
Carini, Gli Arch. e le Bibl. voi. II, pag. 113 ne dà un sunto, nel quale
attribuisce erroneamente il nome di Berengario, invece di Bernardo, per
lo Scriba.
Di questo documento io aveva fatto menzione nelle note al doc.
LXXI ; ma credo meglio di riportarne qui il testo. La forma quintare
per quietare manca in Ducange, che registra invece 1' altra quitare, oltre
quella di quietare.
OOXXVII.
1285, settembre 14, indizione 14a, Palermo.
Il milite Raimondo Alamanni, Vicario generale al di qua del
fiume Salso e provveditore dei castelli, per eseguire l'ordine del-
l'Infante Giacomo (cfr. doc. CCXXV), affida ad Andrea de Lorenzo,
di Cefalù, l'incarico di immettere nel possesso del tenimento di S.
Maria di Carsa il Vescovo di Cefalù, e di proibire ai procuratori
del Conte Camerario , Manfredi Moietta, di molestare più oltre
il Vescovo.
Raymundus Alamagni, miles, domini regis consiliarius et fa-
miliaris, ac regius in Sicilia citra flumen Salsum Vicarius gene-
ralis et castrorum provisor. Prudenti viro Andree de Laurencio
de Gephaludo, dilecto amico suo, salutem et amorem sincerum.
Ab illustre domino domino Iacobo Infante, serenissimi domini re-
gis Aragonum et Sicilie filio, suo in regno Sicilie futuro succes-
sore et herede, ac in eodem regno Sicilie generali Locumtenente,
nuper licteras recepimus in hac forma :
(Segue il testo del documento del 2 maggio 1285, a Raimondo
Alamanni).
(Appendice) — 570 —
Gupientes itaque dictum mandatum regium reverenter ducere
ad effectum, et circa exequucionem ipsius , aliis negociis magis
arduis impediti, nequeamus personaliter interesse, tibi prò parte
Curie exequucionem ipsius loco nostri duximus commictendam.
Prudencie tue ex regia parte, qua fungimur auctoritate, districte
precipiendo mandantes quatenus, statim receptis presentibus, for-
ma ipsius mandati diligenter actenta et in omnibus observata, ad
predicta loca te personaliter eonferens, in possessionem locorum
ipsorum eundem Episcopum vel eius procuratorem inducas, nec-
non procuratoribus eiusdem Comitis , statutis per eum in terra
Cammarate, ex parte regia expresse inhibeas ut ipsum in posses-
sionem dictorum tenimenti et locorum de cetero non molestent,
set ipsum permictant ipsa loca pacifice possidere et tenere , si-
cut ipse et predecessores sui hactenus tenuerunt et possiderunt,
sicut graciam regiam caram habent. Datum Panormi, quartode-
cimo septembris, quartedecime indicionis [1285].
Dalla perg. di n. 62 del Tabulano della Chiesa di Cefalù (Arch. di
Stato di Palermo). Vedasi il doc. CCXXIV per altre designazioni delle
fonti.
Si ha notizia di Raimondo Alamanni nell'anno 1283 (Carini, De re-
bus, pag. 261, 699) e nel 1285 (Amari, 9a ed. voi. Il, pag. 153). Si veda
il cenno da me dato a pag. 165. Un omonimo era baiulo di Barcellona
in quel tempo (V. sopra, pag. 153, 170).
REGNO DI GIACOMO
COXXVIII.
1285, novembre 29, Messina.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, per ri-
munerazione dei gravi danni cagionati dal Re Carlo I d'Angiò,
esenta gli abitanti di Reggio dal pagamento della marineria, li
libera dalle collette rimaste ad esigersi per V anno trascorso , e
li esonera dalV obbligo di eseguire incarichi, per parte della regia
Corte, fuori il loro territorio.
Di tale documento, consultato da Spanò- Bolani , probabilmente
sull'inedita storia dello Spagnolio, fu data notizia dal medesimo nella
Storia di Reggio di Calabria cit. voi. I, pag. 178. Nelle Annotazioni a
pag. 316 egli non curò di inserirne l'intero testo (come avrebbe dovuto),
ma riferì soltanto alcune parole del preambolo e fornì la data. Deve
ricordarsi però per la datazione che il Re Pietro I era morto nella notte
del 10 novembre 1285 (e non nel giorno 11 , come dice Amari , 9a ed.
voi. II, pag. 155) e che , essendo pervenuto l'annunzio in Sicilia a 15
dicembre, l'Infante continuava sino a quel tempo la consueta intitola-
zione (cfr. sopra pag. 260).
Conviene riportare il breve frammento offerto dallo Spanò - Bolani,
non essendomi riuscito di ritrovare quel privilegio. Il frammento è que-
sto : « Consideratis multifariis et innumeris comerciorum generibus, qui-
bus fìdeles dominorum parentum nostrorum, devoti nostri, civitatis Rhe-
gii et tenimenti sui diutina fuerunt vexatione contriti per quondam Karo-
lum, olim Provintiae Comitem, hostem dominorum parentum nostrorum
et nostrum ». Le notevoli esenzioni e prerogative concedute dall'Infante
Giacomo palesano la sua riconoscenza verso la munita città, nella quale
(Appendice) — 572 —
tanti combattimenti erano seguiti per respingere le aggressioni nemiche
(diutina fuerunt vexatìone contriti). Per altre franchigie largite alla città
di Reggio nel 1284, vedi sopra, doc. CCXXIII.
OOXXIX.
1286, marzo 29, indizione 14», Messina.
Il Re Giacomo, avendo stabilito di inviare in Catalogna, per
affari del regno, Ruggiero Loria, ammiraglio di Sicilia, Arago-
na, Maiorca e Valenza, gli permette di potere ricevere a mutuo
il denaro a lui necessario a tale scopo, ed altresì di vendere il
diritto di estrazione delle vettovaglie dai porti di Sicilia fuori il
regno , e di fare permuta di qualsivogliano oggetti e merci per
ritrovare il denaro. Promette di restituire il denaro ai mutuanti,
di ratificare le vendite del diritto di estrazione e le permute sud-
dette, e di permettere l'estrazione delle vettovaglie secondo i patti
convenuti dall' Ammiraglio.
Iacobus dei gratia rex Sicilie, ducatus Apulie et principatus
Gapue. Presentis scripti serie notum fieri volumus universis quod
Rogerio de Lauria, militi, regni nostri Sicilie ac regnorum Ara-
gonum, Maioricarum et Valentie Ammirato , dilecto consiliario ,
familiari et Meli nostro, quem prò quibusdam nostris negotiis
ad partes Gatalonie destinamus, commisimus quod possit recipere
mutuo, prò parte Curie nostre , a quibuscumque mutuatoribus
quantitatem pecunie sibi necessariam et oportunam, prò ipsis com-
missis sibi Curie nostre servitiis exequendis, necnon vendere prò
parte Curie nostre exituras victualium de portubus Sicilie extra-
hendorum, extra regnum ferendorum, ac facere permutationes seu
barattas de quibuscumque rebus seu mercibus cum quibuscum-
que mercatoribus, prò habenda ipsa quantitate pecunie necessa-
ria et oportuna sibi prò dictis nostris negotiis sibi commissis, si
forte ipsam quantitatem pecunie mutuo invenire non posset. Pro-
mittentes sibi, fide nostri culminis, prò parte ipsius nostre Cu-
rie, totam quantitatem pecunie, quam dictus Ammiratus prò parte
— 573 — (Appendice)
nostra mutuo receperit , prò exequendis ipsius Curie nostre ne-
gotiis, a mutuatoribus quibuscumque , mutuatoribus ipsis resti-
tuere , persolvere et integraliter exhibere ; necnon huiusmodi
venditionem faciendam per eum, prò parte nostre Curie , de di-
ctis exituris victualium , ac dictas permutationes seu barattas,
quas Ammiratus ipse faciet , prò parte nostre Curie , prò ha-
benda dieta pecuuie quantitate , ratas et tìrmas habere , et vi-
ctualia ipsa, quorum vendiderit exituras, permittere extrahi per
emptores ipsorum de portubus Sicilie, ferenda extra regnum, iu-
xta conventioues et pacta inter eundem Ammiratum , prò parte
Curie nostre, et mutuatores predictos necnon emptores et contra-
hentes habita, ac si principaliter per nostri excellentiam acta es-
sent. Datum Messane, anno domini millesimo ducentesimo octua-
gesimo sexto, mensis martii, vicesimo nono eiusdem, quartede-
cime indictionis, regni nostri anno primo.
Documento inserito in altro del 15 luglio 1288 (cfr. appresso) del Re
Giacomo di approvazione dei conti presentati dall'Ammiraglio Loria, e
che si conserva al n. 9411 delle pergamene dell' Archivio della Catte-
drale di Valenza (Spagna).
Il testo trovasi stampato, insieme a quello del documento del 1288
edito dal prof. Huici, nella Rivista del centro de estud. hist. de Granada
an. IV, 1914, pag. 151 e seg. (V. pure le notizie date da me sopra, per
il doc. CCXXII). Al 1288 si alligava tale testo come giustificazione delle
facoltà concesse dal Re.
Del viaggio del Loria per la Catalogna, del quale è cenno in questa
lettera regia , fa ricordo il cronista Neocastro con tali parole : « VIII
martii XIV indictionis prudens Admiratus cum duabus galeis in Cata-
loniam adiit », ed aggiunge che prese con sé altre navi ed arrecò danni
ai nemici e che infine «cum captivis, quos cepit, et preda in Catalo-
niam rediit » (cap. CU, ed. Gregorio cit. t. I, pag. 145). L'ammiraglio
tornò poi in Sicilia nel settembre seguente, come si ricava dalla lettera
spedita allora al Re Giacomo dal Loria (V. appresso, doc. CCXXX). Il
Neocastro, senza denotare il tempo, soggiunge tra i fatti posteriori a
maggio 1286 : « In diebus illis admiratus de Catalonia rediens, in Mes-
sanam applicuerat» (cap. CX, ediz. cit., pag. 155). Il Re Alfonso di A-
ragona a 15 marzo di quell'anno provvedeva per un mutuo di 50 mila
soldi regali per le spese dell'invio di milizie (habeamus mietere familiam)
al Re Giacomo per difesa di lui e del regno, la qual somma dovea ve-
nire rimborsata col prezzo del frumento, libero dal diritto di estrazione,
che il Re Giacomo doveva spedire dall' isola. Ciò si rileva dal docu-
(Appendice) — 574 —
mento da me pubblicato neW Attuari (1908) d'Estud. Catal. Barcellona,
1909, pag. 349, n. V.
La regia Corte spesso si giovava della vendita delle tratte di vetto-
vaglie per ritrarre danaro, come si scorge da vari documenti (cfr. pri-
ma, doc. LXXII, LXXIII, LXXVI , LXXVII ecc.). Su questo diritto di
estrazione vigente in Sicilia sin dall'epoca normanna, e meglio regolato
nei tempi posteriori, e su la «vendita che la Corte reale faceva di que-
sta libera tratta » sotto gli Aragonesi, offre utili notizie il dott. L. Ge-
nuardi nella memoria L'esenzione dell'ius exiturae in Sicilia nei secoli
XIII e XIV. Palermo, 1906 , edita nelP occasione del rinvenimento di
due documenti notarili su tratte concesse ai mercanti ed a privati. E-
gli dubita (pag. 18) che il privilegio di Guglielmo II del 1185, del quale
ho fatto menzione sopra (pag. 506) sia falso, e che i monaci di S. Ma-
ria di Valle Giosafat «forse non ebbero mai [un altro] da Ruggiero II».
Non pare nondimeno che si abbiano di ciò prove sicure.
Su la parola baratta, che è sinonimo di permuta cfr. Dugange, voce
Baratum e Barata. Nel linguaggio catalano antico si ha barata in tale
significato.
ooxxx.
1286, settembre, indizione 15a, Trapani.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria dà notizia al Re Giacomo, in
Messina, del suo ritorno in Sicilia dalla Catalogna. «
Questo documento è ricordato nell'altro del 15 luglio 1288 del Re
Giacomo di approvazione dei conti del Loria (cfr. appresso). Le parole,
con le quali ne vien fatta menzione, sono : « Infra eundem mensem sep-
tembris, apud Trapanum prò salario unius cursoris , missi in
Messanam ad nostram presentiam, cum predicti Ammirati litteris , si-
gnifìcantibus nobis reditum eius in Siciliani ».
È altresì menzionato nello stesso documento del 1288 tra i conti al-
quanto più innanzi, così: «Infra predictum mensem septembris, quin-
tedecime indictionis, apud Trapannm [prò] salario unius
cursoris , missi cum suis litteris ad nostram presentiam , de significa-
tione sui reditus in Siciliam » , ricavandosi che tale seconda annota-
zione per l'identità di tempo e di oggetto è una vera duplicazione.
Alcune particolari notizie si desumono sul viaggio del Loria da Tra-
pani a Messina dal documento del 1288, cioè che egli teneva seco cou-
— 575 — (Appendice)
chieri e prodieri messinesi che aveva portato in Catalogna, che dovette
far riparare la prora della sua galera, e che arrivato in Palermo prese
in affitto alcune cavalcature da sella e da barda per la famiglia di Man-
fredi, primogenito del marchese di Saluzzo (e cugino del Re), che si re-
cava insieme al Loria per visitare la regina madre Costanza ed il Re
Giacomo. Lo scopo della venuta in Messina di Manfredi di Saluzzo rie-
sce evidente dai documenti di ottobre di quell'anno 1286, da me sopra
riferiti (n. CLIV e CLV), cioè per la cessione del regno di Sicilia fatta
dalla sua sposa Beatrice, figlia del Re Manfredi, al Re Giacomo, e per
la consegna a Manfredi di Saluzzo di una parte della somma convenuta
per la dote di Beatrice.
COXXXI.
1286, settembre a dicembre, indizione 15.a
L'Ammiraglio Ruggiero Loria avverte il Giustiziere di Pa-
lermo, Marito degli liberti, di consegnare al Protontino della stes-
sa città , Pietro di Caltagirone , destinato dal medesimo Ammi-
raglio per V armamento dei vascelli della regia Corte , le onde
mille di oro imposte su la città di Palermo per il denaro del
sussidio (promissionis), delle quali è affidata al suddetto Giusti-
ziere l'esazione, e ciò allo scopo di provvedere all'armamento dei
vascelli in Palermo.
Documento menzionato in quello del 15 luglio 1288 del Re Giacomo
sui conti di Loria (V. appresso, doc. di tale data). E d'uopo riferire le
espressioni del ricordo della lettera dell'Ammiraglio : « Ponit idem Am-
miratus requisivisse per suas litteras eundem lustitiarium Pa-
normi [Maritum de Obbertis] ut uncias auri mille eidem universitati
prò predicta promissione impositas et taxatas, et ei per Curiam ad re-
colligendum commissas, eidem Prothontino prò armatione predictorum
vassellornm, tunc armandorum in civitate ipsa, exhibere deberet».
La data di questo documento si rileva dai conti stessi del Loria ,
poiché si nota poco prima che a 13 gennaio della 15a indizione (settem-
bre 1286 ad agosto 1287) l'ammiraglio ricevette oncie cento dal Proton-
tino Pietro di Caltagirone , incaricato dell' armamento dei vascelli già
eseguito in Palermo, dal denaro del sussidio (promissionis) imposto e
tassato in quel!' anno (eodem anno) per la città dal Giustiziere Marito
(Appendice) — 576 —
degli Uberti , che avea dato quella somma al de Caltagirone. Si rico-
nosce agevolmente che V ordine del Loria per il modo della consegna
del denaro del sussidio dovette esser dato prima di gennaio 1287, quando
quel metodo di pagamento vedesi applicato, e le navi erano già arma-
te, come si era stabilito.
Su Marito degli Uberti cfr. sopra, doc. CLXXXVII, ed i cenni da me
dati a pag. 489 e seg. Appare così che Marito era Giustiziere di Pa-
lermo sin dall'anno 1286, e forse anche in tempo anteriore. La parola
promissìo, nel senso di sussidio in denaro dovuto alla regia Corte, non
si trova registrata dal Ducange né dal Rezasco cit. Il significato però
non è dubbio dal documento del 1288, dicendovisi : « collectoribus pe-
cunie promissionis imposite et taxate ». In un documento del Re Pie-
tro I del 14 gennaio 1283 si legge : « de summa unciarum .... nostre
excellentie promissarum in subsidium expensarum». Carini, De rebus,
pag. 275.
OOXXXII.
1287, febbraio, indizione 15a, Palermo.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria scrive al Protontino di Paler-
mo, Pietro di Caltagirone, perchè rimetta a Berlinghieri Rog
onde ventidue per pagamento di dieci o quindici marinai, da de-
stinarsi ai servisi della nave dell'Ammiraglio medesimo.
Tale lettera è ricordata nel doc. del 15 luglio 1288 (cfr. appresso).
La menzione è quivi fatta in tal modo : «Et quod vicesimo septimo fe-
bruarii , diete quintedecime indictionis , apud Panormum per
predictum Prothontinum Panormi , ad litteras predicti Ammirati sibi
proinde directas, assignate fuerunt, de pecunia Curie existente per ma-
nus ipsius Prothontini, Berlingerio Rog, prò solidandis prò parte ipsius
Ammirati marinariis decem vel quindecim, deputandis ad servitia navis
Ammirati ipsius, uncie viginti due ».
Per la data occorre dire soltanto che, trattandosi di un pagamento
sollecito da farsi ai marinai, dovette la lettera del Loria essere spedita
nello stesso mese, quando fu consegnata quella somma.
— 577 — (Appendice)
COXXXIII.
1287, giugno o luglio, indizione 15a.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria invia, per mezzo di Guglielmo
Simadimari, al Re Alfonso di Aragona una sua lettera con le
notizie concernenti la conchiusione della tregua, allora avvenuta,
con gli Angioini.
É fatta menzione di questa lettera nel documento del 15 luglio 1288
per i conti del Loria (V. appresso, doc. CCXL1). Vi si annota così :
«Ostendit etiam per eundem quaternum solvisse Vinchio Cammise, de
Neapoli, prò armatione et aliis necessariis unius galioni sui, missi per
eundem Ammiratum ad predictum regem Aragonum fratrem nostrum ,
cum litteris et nuntiis suis, super negotio treuge tunc in ite cum nostris
hostibus , et prò expensis Guillelmi Simadimari missi per eum pro-
pterea , cum predictis suis litteris , ad dictum dominum fratrem no-
strum » ecc.
La data della lettera del Loria si desume tra le partite dei conti
registrate «infra predictum annum quintedecime indictionis», ossia da
settembre 1286 ad agosto 1287. Si conosce però che la tregua fu con-
venuta in Napoli dopo il 23 giugno 1287 (cfr. prima, doc. CLXVII, e
le notizie da me date), e deve ritenersi da ciò che la lettera del Loria
sia stata spedita sul finire di giugno o nell'inizio di luglio seguente. È
più probabile nondimeno la data della fine di giugno, anche per il ri-
cordo che si ha (fra i conti) di essersi spedito un galeone con amba-
sciatori e lettere « super negotio treuge tunc inite », le quali ultime pa-
role danno il significato di un invio sollecito e quasi immediato alla
convenzione della tregua.
Negli stessi conti del Loria si ha più innanzi un altro ricordo per
la tregua , cioè che vennero in Messina a 12 luglio 1287 presso il Re
Giacomo i militi Giovanni Sarto e Matteo de Atro , ambasciatori del
Cardinale Legato Gerardo e del Conte di Artois , insieme a ventidue
loro familiari, e che dimorarono in quella città venti giorni sino al 4
agosto, « usque per totum quartum diem sequentis mensis augusti, diete
quintedecime indictionis», per trattare quanto occorreva super negotio
diete treuge. Questa ambasceria angioina alla Corte di Sicilia (che ne
sostenne le spese) alquanti giorni dopo la conchiusione della tregua è
prova del vivo interesse, che animava gli Angioini perchè quella tre-
gua intempestiva, consentita dal Loria, fosse bene accolta nell'isola.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 37
(Appendice) — 578 —
COXXXIY.
1286, sett., 15» itid. a 1287 agosto.
Il Be Giacomo ordina ad Ugo Talac e Federico de Incisa,
Maestri Portolani del regno di Sicilia, di restituire all' Ammi-
raglio Ruggiero Loria onde milleduecento, mutuate dal medesi-
mo alla regia Corte per pagamento di soldati ed altri servisi regi.
Questo documento trovasi menzionato nell' altro del 15 luglio 1288
su i conti del Loria (Vedi appresso), nel quale si dice: «Ostendit . . .
recepisse mutuo a se ipso .... quas de sua pecunia propria . . . mu-
tuava, solvendas per eum prò solidis stipendiariorum nostrorum et a-
liis Curie nostre servitiis , super quibus restituendis eidem Ammirato
ad Hugonem Talac et Fredericum de Incisa , dudum infra predictum
annum quintedecime indictionis Magistros Portulanos Sicilie, mandatum
nostre celsitudinis emanavit, uncias milleducentas ». Si affer-
ma altresì che all'ammiraglio fu poi pagata tale somma, sicut infra
notatur. Verso la fine del documento si annota infatti che l'ammiraglio
ottenne il rimborso della rilevante somma delle oncie milleduecento, e
si menziona nuovamente la lettera regia , aggiungendosi « sicut supra
in dicto introytu continetur».
È determinata la data precisa dal ricordo della 15* indizione per l'of-
ficio tenuto dai Maestri Portolani.
ccxxxv.
1286, sett., 15» ind. a 1287 agosto.
Il Be Giacomo ordina a Lapo Guindone, Tesoriere del regno,
di pagare all' Ammiraglio Buggiero Loria le somme destinate
per il soddisfacimento dello stipendio dei soldati, secondo l'elenco
contenente i loro nomi e le cifre del denaro che devono ricevere,
per il tempo quivi indicato.
Documento ricordato nell'altro del 15 luglio 1288 per i conti dell'am-
miraglio (cfr. appresso). Le espressioni sono queste : « Ostendit ....
— 579 — (Appendice)
infra predictum annum quintedecime indictionis solvisse tam
diversis stipendiariis Curie, quorum nomina et cognomina et quantita-
tem pecunie cuilibet eorum solutam quaternus ipse distinguit, compu-
tandas in solidis eorum , quos a Curia debebant recipere , quibusdam
ex eis prò quietatione et supplemento quietationis certi preteriti tem-
poris in quaterno ipso notati, de qua quantitate sibi solvenda ad predi-
ctum Lapum nostre littere emanarunt».
Si dichiara indi che il Tesoriere Lapo nulla pagò al Loria , e che
la lettera regia fu presentata al Re, che ordinò di lacerarla. Nella di-
stinzione delle cifre di quelle somme dovute per lo stipendio dei sol-
dati si ripete, poco più avanti, la notizia di quella lettera regia al Te-
soriere , anco per un' apoca (iuxta tenorem albarani) , che era stata
rimessa dallo scrittore della gente di guerra Giovanni Scorna a Lapo.
La data della 15a indizione appare dalla menzione già riferita per
i conti.
OOXXXVI.
sett., 15a ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo ordina al notavo Stefano de Nicola , Secreto
e Maestro Procuratore di Sicilia, di pagare a Pietro di Milazzo
onde otto, per compenso (emenda) di un cavallo morto per il ser-
vizio regio.
Documento ricordato in quello del 15 luglio 1288 del Re Giacomo
per i conti del Loria (cfr. appresso , doc. CCXL1). La menzione è in
questi termini : « Computatis unciis octo solutis Petro de Melacio prò
emenda cuiusdam equi sui mortui in nostris servitiis, prò quibus exhi-
bendis eidem, ad notarium Stephanum de Nicolao, olim infra predictum
annum quintedecime indictionis Secretum et magistrum procuratorem
Sicilie, mandatum nostre celsitudinis emanavit».
Il Secreto (come si dice appresso) non curò di pagare la somma al
de Milazzo, e pertanto il Re fece lacerare la lettera dopo il pagamento
eseguito dall'ammiraglio.
La data si ricava dall'indicazione del tempo dell'officio della Secre-
zia tenuto 'dal De Nicola.
(Appendice) — 580 —
OOXXXVII.
1286, sett., 15» ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo ordina al Secreto e Maestro Procuratore di Si-
cilia, Stefano de Nicola, di pagare a Matteo de Arenis onde
venti per acquisto di cavallo, armi ed altro a lui largiti.
Tale lettera regia è menzionata nel documento del 15 luglio 1288
(Vedi appresso), con precise espressioni : « Necnon et unciis viginti so-
lutis Matheo de Arenis, prò emendis equo, armis et aliis rebus, in qui-
bus serenitas nostra generose providerat, et eas per notarium Stepha-
num de Nicolao, dudum infra eumdem annum [quintedecime indictionis]
Secretum et magistrum procuratorem Sicilie, sibi exhiberi preceperat».
Non era stato eseguito V ordine regio dal Secreto , e la lettera fu
quindi restituita al Re, che provvide che venisse lacerata.
L'indizione è segnata più sopra nel documento medesimo del 1288.
OOXXXVIII.
1286, sett., 15a ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo concede a suo fratello, il Re Alfonso di Arago-
na, V estrazione di salme seimila di frumento dalla Sicilia , per
venire in sollievo delle spese dal medesimo Alfonso subite per la
guerra tra il Re Pietro I ed il Re di Francia, e che dovrà pa-
gare.
Documento ricordato nell'altro del 15 luglio 1288 (V. doc. CCXLI).
Riferisco le parole quivi adoperate: « De summa salmarum frumenti sex
milium, quarum emptionem eidem domino fratri nostro concessimus, in
subsidium expensarum, quas subiit, et eum solvere oportet, prò guerra
orta inter predictum dominum patrem nostrum et regem Francie ».
Si attesta per tale partita di conto, con lunga ed importante narrar
zione, che V Ammiraglio Loria è creditore di oncie settecento per no-
leggio, conchiuso in quell'anno, di salme 3500 di frumento (della sud-
detta quantità di salme seimila), che dovevano estrarsi per la Catalo-
gna, dal porto di Termini, da Bernardo Ferrano nunzio di Pietro de
— 581 — (Appendice)
Vilariis, e costui del Re Alfonso d'Aragona, a ragione di tari sei per
salma, « iuxta conventionem cum eo [Bernardo] exinde habitam » dal
Loria. Accadde però che, mentre la nave era disposta a partire da Ter-
mini, «in eodem portu .... parata esset ad dictum viagium profectu-
ra », gli Angioini fecero un'incursione in Augusta, e si soffrì per tal
motivo carestia di frumento in Messina, tanto che l'Ammiraglio dovette
vendere a cotesta città il frumento a tari diciotto per salma.
Arrivata intanto la nave a Messina, i cittadini si rifiutarono di ac-
quistare il frumento a quel prezzo dicendo che in Augusta, già ripresa
dalle armi aragonesi (per nostrum marinwm et terrestrem exercitum) ,
si sarebbe avuto con minore spesa. 11 Loria fu costretto aggiungere
oncie 406 e tari 26, perchè altrimenti il Ferrano sarebbe stato danneg-
giato. Il Re Giacomo, in considerazione dei servizi dai Messinesi pre-
stati a lui {oh multimoda collata nobis servitia per Messanenses) ed a
dirimere le quistioni, ammise la sudetta somma di oncie 406, 26 tra le
spese della regia Corte.
La data della 15" indizione, relativa pure al documento, è espressa-
mente menzionata nel testo.
CCXXXIX.
1286, sett. 15a ind. a 1287 agosto.
L' Ammiraglio Ruggiero Loria scrive ad Ugo Talac, Maestro
Portulano di Sicilia , affinchè consegni a Pietro di Caltagirone ,
Protontino di Palermo , oncie settecento per supplemento della
spesa per la munizione e l'armamento dei vascelli regii in essa
città.
Documento menzionato in quello del 15 luglio 1288 per i conti di
Loria (cfr. appresso). Vi è detto : « Necnon uumeratis, [et] non inclusis
in eodem introytu, unciis septingentis olim per diversas vices assigna-
tis per eundem Hugonem [Talac] ad litteras predicti Ammirati propte-
rea sibi missas, Petro de Calatagirono, tunc Prothontino Panormi, prò
supplemento munitionis et armationis vassellorum nostrorum tunc arnia-
torum per eum in civitate ipsa ».
Per la data occorre notare che si indica prima nei conti che quella
somma faceva parte di altre che furono consegnate al Loria « a vice-
simo secundo octubris usque per totum septimum decimura diem men-
sis madii, quintedecime indictionis». Non è quindi dubbio che alla let-
(Appendice) — 582
tera dell'Ammiraglio debba attribuirsi la data sopra segnata, rilevandosi
altresì che essa fu inviata anteriormente al mese di maggio 1287. Pare
anzi chcquesta lettera del Loria sia stata fatta per esecuzione dell'al-
tra del Re Giacomo ad Ugo Talac già ricordata (V. doc. n. CCXXXIV).
Dalle espressioni da me riferite si desume inoltre che non soltanto nel-
l'arsenale di Messina, ma anche in Palermo si armavano le navi di
guerra.
OOXL.
1287, settembre 29, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo, in seguito alla presentazione dei quaderni di
introito ed esito fatta dall'Ammiraglio Ruggiero Loria per V am-
ministrazione del suo officio dal primo luglio, 13* indizione (1285)
a 31 agosto, 15* indizione (1287) tanto in Catalogna che in Sici-
lia, contenenti la notizia delle somme ricevute dagli officiali della
regia Corte, o mutuate dallo stesso Ammiraglio , o ricavate da
vendite di servi e vascelli, riscatto e liberazione di prigionieri, e
delle spese per riparazioni, munizione ed armamento del naviglio
reale, rilascia (dopo la conveniente dimostrazione dei conti resa
alla regia Corte) ampia quietanza al medesimo Ammiraglio per
la sua amministrazione sin dall'epoca della sua nomina (20 a-
prile 1283) a tutto giugno, 13* indizione (1285), e per il tempo po-
steriore per i conti ora presentati, come sopra è detto. Ordina al-
tresì che, nonostante che secondo il rito e la consuetudine del re-
gno, i risultati dei conti debbano essere riferiti nella stia quie-
tanza (in presenti apodixa), questa abbia il suo pieno vigore, ri-
mosso ogni dubbio o questione per cautela dell' Ammiraglio e dei
suoi eredi.
Iacobus dei gratia rex Sicilie, dueatus Apulie et principatus
Capue. Notum fieri volumus universis tani presentibus quam fu-
turis quod nobilis Rogerius de Lauda, miles , regnorum Arago-
num, Sicilie, Maioricarum, Valencie et comitatus Barsillonie Ara-
miratus, dilectus consiliarius, familiaris et fidelis noster, presens
corani magestatis nostre presentia ad ponendum coram nobis tì-
nalem et debitam rationem de pecunia et rebus aliis per euni ,
— 583 — - (Appendice)
subofficiales et [nuntios] suos, receptis , solutis et assignatis prò
quibuscumque causis et negotiis , ostendit et assignavit culmini
nostro quaternos introytus et exitus pecunie et aliarum rerum ,
per eum ac diversos commissarios, nuntios et subofficiales suos,
a primo die mensis iulii terciedecime, usque per totum mensem au-
gusti, quintedecime indictionum proximo preteritarum, per di-
versas vices, loca et tempora receptarum, prò parte nostre Cu-
rie , in Catalonia et Sicilia , tam a diversis officialibus Curie et
personis aliis, de pecunia Curie et eorum propria et per seipsum
Curie mutuata, et recepta prò aliis diversis causis et negotiis, quam
de venditionibus servorum, vassellorum et aliarum rerum, redem-
ptionibus et liberationibus captivorum rebellium et inimicorum
nostrorum, olim per totum tempus ipsum acquisitorum et capto-
rum per eumdem Ammiratum et suos commissarios cum nostro
felici extolio et vassellis aliis, necnon solutarum et assignatarum
per eos, per totum predictum tempus, in predictis partibus, prò
reparationibus, munitionibus et armationibus extoliorum nostro-
rum et aliis diversis causis, negotiis et servitiis. Quibus quater-
nis visis, examinatis et discussis, eumdem Ammiratum et here-
des suos de tota quanti tate pecunie et aliarum rerum , per eum
ac commissarios et subofficiales suos, a tempore quo commissum
sibi predicte ammiratie officium exercere incepit in antea, usque
per totum mensem iunii, diete tertiedecime indictionis, et a pre-
dicto primo iulii usque per totum predictum mensem augusti ,
diete quintedecirae indictionis, receptarum, solutarum et assigna-
tarum , prò predictis et aliis quibuscumque causis et negotiis ,
de quibus coram magna nostra Curia quaternos introytus et
exitus assignavit, fìnalem et debitam posuit rationem et integre
Curie satisfecit , in et ab omni onere positionis et satisfactionis
rationis predicti officii totius predicti temporis totaliter absol-
vimus et quietamus. Et non obstante ritu Curie , qui secundum
consuetudinem regni nostri Sicilie servatur in talibus , prò quo
in presenti apodixa particulariter seu sumarie non continetur in-
troytus et exitus pecunie et aliarum rerum totius predicti tempo-
ris , qui iuxta predictum ritum distingui et contineri debebat ,
presens scriptum quitantie omne robur , cautelarli et firmitatem
habere volumus, ac si de predictis omnibus in presenti apodixa
piena et expressa mentio facta esset, et predicta omnia distincte
et particulariter contineret , questionibus , dubiis et defectibus.
(Appendice) — 584 —
inventis et notatis in rationibus predictis, sibi per nos de speciali
gratia relaxatis. In cuius rei testimonium ac predicti Ammirati
suorutnque heredum cautelam, sibi exinde presentem absolutio-
nis et quietantie apodixam fieri , et magestatis nostre sigillo
pendenti iussimus communiri. Datum Messane , anno dominice
incarnationis M° CG° LXXXVII0 , mense septembris , penultimo
eiusdem, prime indictionis, regni nostri anno secundo.
Documento in pergamena, segnato di n. 719 , e conservato nell' ar-
chivio della Cattedrale di Valenza (Spagna).
Pubblicato dal prof. Huici , nella Revista del centro de Estud. hist.
di Granata cit. an. IV (1914), pag. 149 e seg., con un brevissimo argo-
mento e col ricordo che in fine della pergamena è attaccato il sigillo
reale, notando : « En el sello : 1J1 S. Iacobi dei gra. rex . . . . Ap . . .
p . . at . . Capue. Es la misma leyenda del encabezamiento» , cioè
dell'inizio della lettera regia.
Nel riprodurre qui il testo del documento, ho corretto l'erronea pa-
rola numarios, che riscontrasi nell' ediz. di Huici invece di nuntios, e
qualche altra, e riformato l'ortografia nella parte finale, che riusciva
quasi incomprensibile.
Questa breve e generale approvazione regia, formata contrariamente
(come quivi si afferma) ai sistemi delle apoche di quietanza , che do-
veano contenere le distinzioni delle partite dei conti d'introito ed esito,
sembra che sia stata rilasciata per desiderio dell' ammiraglio Loria di
possedere sollecitamente quella dichiarazione, o piuttosto per la diffi-
coltà di riportare in breve tempo i risultati principali degli estesi» conti
dal 1285 all'agosto 1287, cioè un mese innanzi di questa approvazione.
E degno di nota che il Re Giacomo approvava i conti di Loria sin dal
tempo della nomina di costui ad ammiraglio (20 aprile 1283). Per tale
primo periodo di amministrazione, cioè dal 20 aprile a settembre 1283, ri-
mane l'approvazione concessa da Giacomo, allora Infante, col documen-
to del 22 giugno 1284 (cfr, sopra, doc. CGXXII), cioè dopo quasi un anno
dalla presentazione dei conti. Manca invece, perchè forse andò disperso,
il documento di approvazione dell' Infante per i conti concernenti il
periodo da ottobre 1283 al giugno 1285, che dovettero essere esibiti re-
golarmente dal Loria, come ne fanno fede gli anteriori, e quelli da lu-
glio 1285 ad agosto 1287 , dei quali ultimi si ha la conferma regia col
riassunto delle partite dei conti (Vedi doc. CGXLI). Il Re Giacomo a 8
marzo 1292 conveniva generosamente con un suo atto che , se Loria
morisse senza aver potuto rendere i conti del suo ufficio, egli non a-
vrebbe molestato i successori del Loria per esibirli (cfr. appresso, doc.
di tale data).
— 585 — (Appendice)
Riesce opportuno qui ricordare che gli officiali del regno di Sicilia
erano obbligati a presentare i conti annuali della loro amministrazione
ai Maestri Razionali, come si rileva chiaramente dalle istruzioni ema-
nate dall'imperatore Federico II nel 1247-48, dirette Bacionalibus Sì
cilie, e pubblicate da Winkelmann, Ada imperii inedita cit. pag. 693
seg., traendole dal registro di Marsiglia. Sotto il Re Manfredi altri ca-
pitoli furono approvati per le attribuzioni dei Maestri Razionali, e per
il modo come dovevano rendersi i conti dai vari ufficiali (Winkelmann
cit. pag. 748-753); ma non si trova alcuna menzione per i conti del-
l'ammiraglio.
Per i capitoli dell' officio dell' ammiragliato sanciti dall' imperatore
Federico II prima del 1239, e che furono senza dubbio (come gli altri)
in vigore durante il regno di Giacomo , era stabilito tra 1' altro che
l'ammiraglio «de introitu et exitu totius pecunie et rerum expenden-
darum- et recipiendarum per illos, qui ad hoc sunt per Curiam nostram
statuti et in antea statuentur , plenam notitiam et conscientiam ha-
beat, ita quod eosdem ammiratum et ordinatos suos nihil exinde lateat»
Davansi all'uopo altre norme per quei conti (cfr. Tutini, Discorsi dei
sette uffìcii cit. Roma, 1666, pag. 4 e seg., e la ristampa del testo data ria
Huillard - Bréholles, Historia diplom. Friderici II cit. t. V, parte I,
pag. 578 e seg.).
È noto che il Re Giacomo nelle sue costituzioni approvate nel 1286
esentò gli ufficiali , che avevano esercitato la loro amministrazione al
tempo del Re Carlo I d'Angiò, «de ponendis exinde rationibus coram
magistris rationalibus magne Curie nostre vel alibi * (Cap. regni Siciliae,
cap. XLVII , ed. Testa, cit. t. I, pag. 27). Dopo l'esame dei conti ,
doveva ottenersi Vapodixa quietancie dal Re, per la quale si pagava il
diritto di sigillo , come è ordinato nei capitoli speciali dell' epoca an-
gioina, richiamati in osservanza sotto gli Aragonesi: « De apodixis quie-
tancie, si sit officiàlium maiorum, puta Vicarii, Ammirati . . . prò quo-
libet anno, solvantur prò quolibet uncie quinque» (cfr. G. La Mantia,
Capitoli angioini sul diritto di sigillo della Cancelleria regia per la Si-
cilia posteriori al 1272, neWArch. Stor. Sic, an. XXXII, 1907, pag. 450).
Il giureconsulto napolitano Andrea D' Isernia (fl316) nel suo la-
voro sul rito della regia Camera dava anche notizia del sistema di presen-
tazione dei conti degli ufficiali, che si vede conforme a quello usato in
Sicilia sotto Giacomo: «Officiales debeut ponere rationes, facere qua-
ternos introitus et exitus, ostendere et solvere quod restat apud eos ,
et hoc est in qualibet administracione. Qui non reddit. rationem. tene-
tur mandati vel alia actione, sicut inducit conditio administrationis ge-
ste ; dicunt Magistri Rationales quod potest talis officialis condemnari
ad arbitrium regis, et est ratio quia eo ipso quod non computat, dolo
facit». Esaminava altresì i casi di responsabilità degli eredi dell'ufficiale
(Appendice) — 586 —
per i conti (C. N. Pisano, Ritus regiae Camerae Summariae regni Nea-
polis. Ivi, 1689, pag. 627). I nomi di ritus e di consuetudo regni Sicilie,
che adoperavansi nell' isola per quanto concerneva il rendimento dei
conti, provano inoltre che seguivansi metodi simili a quelli, già men-
tovati, della corte angioina in Napoli.
Per i conti del Loria del 1285-87, distintamente esposti nelle varie
partite, cfr. il documento seguente.
COXLI.
1288, luglio 15, indizione la, Messina.
Il Re Giacomo dopo la presentazione, eseguita dall' Ammira-
glio Ruggiero Loria in settembre 1287, dei conti concernenti l'am-
ministrazionè del suo ufficio dal 1° luglio, J3a indizione (1285) a
tutto il mese di agosto, 15* indizione (1287) approva i conti sud-
detti, nonostante che dal loro esame siano sorte « multe questio-
nes, deductiones, defectus et dubia », e che la regia Corte possa
richiedere « rationabiliter et iuste » l'aggiunzione di somme non
lievi nell'introito e la deduzione di altre per l'esito, e siano state
omesse nella trascrizione alcune partite , che riportansi in fine
del documento.
Dai conti (che vengono inseriti nella lettera di approvazione)
si desume che Loria assegnò alla Corte i vari quaderni dei conti.
L'Ammiraglio indica minutamente nella parte dell'introito le
somme di denaro :
a) ricevute da lui e da altri ufficiali, provenienti da diverse
entrate , e destinate per reclutamento di soldati da mandare da
Catalogna in Sicilia.
b) mutuate da cittadini di Barcellona per reclutare soldati
e per l'armamento di galere, a spese comuni dei Re Giacomo ed
Alfonso, da sostenersi in metà per ognuno.
e) ricevute per liberazione e riscatto di prigionieri fatti nella
battaglia di Serignan e di Béziers (in Provenza) ed in quella
delle isole Kerkene in Africa nel 1286, per metà ad ognuno dei
suddetti sovrani.
d) per diritto di estrazione di vettovaglie e per vendita di
Saraceni presi nelle isole Kerkene.
— 587 — (Appendice)
e) da parte della città di Messina e dai Giustizieri di Sici-
lia (distintamente indicati) sul denaro della sovvenzione regia ,
imposta e tassata nell'isola per la riparazione ed armamento del
naviglio regio, nella somma complessiva di onde 11506. 12.
f) da parte di vari ufficiali della regia Corte per ragione
del loro ufficio, per l'armamento suddetto.
g) da diversi corniti feudatari di Messina per il servizio al
quale sono obbligati per i loro feudi, non essendo venuti perso-
nalmente, e da altri per alcuni mutui.
h) dagli Angioini per liberazione e riscatto di Francesi, Pro-
venzali e Latini, fatti prigionieri nella battaglia navale tra Na-
poli e Sorrento in giugno 1287, nella somma di onde 3444. 10.
i) da diverse persone per liberazione di prigionieri di Gae-
ta, Sorrento e Cava.
j) da diversi per danaro proveniente da vendita di nave, da
bottino di nemici e da composizione di abitanti di Procida.
k) dai Protontini di Barletta e di Monopoli per le spese di
loro viaggio da Messina a Napoli.
1) da diversi pirati per il diritto del quinto di preda ed al-
tro acquistato «per eos in ipsa piratica exercenda».
La somma totale dell'introito, computate alcune partite mino-
ri, è in onde di oro 26128. 7.
Enumera nell'esito i pagamenti eseguiti :
a) per corniti, nocchieri, balestrieri e marinai che andarono
in Catalogna, dopo il ritorno dalle isole Kerkcne.
b) per balestrieri e pedoni assoldati in Valenza e Barcel-
lona per il servizio regio in Sicilia, e per noleggio delle navi per
il loro viaggio.
e) per pagamento di soldati, che da Catalogna recavansi in
Sicilia per andare alle Kerkene.
d) per biscotto e vitto dei marinai, e per oggetti e armi di-
verse per le suddette navi.
e) per i soldati reclutati in Catalogna e venuti in Sicilia.
f) per balestrieri reclutati in Trapani, che doveano recarsi
in Catalogna.
g) per armamento di galere in Catalogna e Maiorca per an-
dare alle Kerkene, la quale spesa doveva essere sostenuta insieme,
in metà per ognuno dal Re Alfonso di Aragona e dal Re Gia-
como, e per altre galere da armarsi in Sicilia.
(Appendice) — 588 —
h) per vitto e custodia dei Saraceni fatti prigionieri alle
Kerkene, e di altri prigionieri.
i) per la casa (hospicio) della regina madre e del Re.
j) per conto della dote dovuta a Manfredi, figlio del mar-
chese di Saluzzo
k) per compenso di cavalli morti nella guerra.
1) per assoldare marinai per l'armata.
m) per supplimento di soldo ai nocchieri e marinai, di ogni
grado, di varie terre di Sicilia.
n) per frumento da inviarsi a Scalea per munizione di quel
castello, e per le spese di balestrieri e almogaveri e di armi per
l'espugnazione di Augusta nel 1287.
o) per alcune spese minori, ed acquisti diversi.
p) per restituzione di somme di mutui fatti dall'ammiraglio.
q) per lo stipendio che al Loria appartiene.
La somma totale dell'esito è in onde di oro 26189.15.4.
Iacobus dei gratia rex Sicilie , ducatus Apulie et principatus
Capue. Notum facimus universis quod nobilis Rogerius de Lau-
ria, regnoruin Aragonum, Sicilie , Valentie , Maioricarum et co-
mitatus Barcellonie Ammiratus, dilectus consiliarius , familiaris
et fidelis noster, olim sexto die mensis septembris, huius prime
indictionis , apud Messanam , presens corani nostra celsitudine
ad ponendam de predicto ammiratie officio sibi commisso, necnon
introytu et exitu totius pecunie et aliarum rerum quarumlibet
per eum , commissarios et subofficiales suos , prò parte nostre
Curie receptarum et assignatarum, a primo die mensis iulii ter-
tiedecime, usque per totum mensem augusti, sequentis quintede-
cime indictionum proximo preteritarum , finalem et debitam ra-
tionem, et ad satisfaciendum nostre Camere de toto eo , in quo
per rationem eamdem debitor nostre Curie appareret, ostendit et
presentavit Curie nostre quasdam literas commissionis sibi facte
per serenissimum quondam dominum regem Petrum , illustrem
regem Aragonum et Sicilie, dominum patrem nostrum, dare me-
morie, et alias litteras nostras commissionis sibi facte per nos ,
post predicti domini patris nostri obitum, de predicto ammiratie
officio , quarum auctoritate offìcium ipsum per totum predictum
tempus exercuit et exercet, commissionibus ipsis , eo quod pre-
dictum exercet offìcium, remanentibus penes eum. Ostendit etiam
— o89 — (Appendice)
et assignavit eidem Curie , in nostri presentia , quaternos gene-
ralis introytus et exitus pecunie et aliarum rerum quarumlibet,
per eum, commissarios, subofficiales et nuntios suos receptarum
et assignatarum , prò subscriptis causis et negotiis , per totum
tempus predictum. Et per quaternum sui introytus, per eum Cu-
rie assignatum, ponit et ostendit, per manus suas et infrascripto-
rum diversorum commissariorum , nuntiorum et subofficialium
suorum, quorum nomina et cognomina , quantitas pecunie per
quemlibet eorum recepta, a quibus, quantum a quolibet, quibus
temporibus et locis et prò quibus causis, in eodeni quaterno di-
stincte notantur, olim per diversas vices et tempora subdistincta,
per totum predictum tempus , auctoritate tam predictarum com-
missionum et sui ammiratie officii , quam mandatorum nostro-
rum , infra tempus ipsum propterea sibi missorum , que Curie
assignavit, et oretenus sibi factorum, prò parte Curie recepisse a
seipso et subscriptis offìcialibus Curie et personis aliis, de pecu-
nia promissionis armate nostri felicis extolii et alia pecunia Cu-
rie expensa per manus eorum , necnon de infrascripta pecunia
per eum et alios Curie debita , prò subscriptis causis, et mutuo
a seipso et subscriptis mutuatoribus, de eorum pecunia propria,
prò reparatione , munitione et armatione dicti nostri extolii et
aliorum vassellorum nostre Curie , infra predictum tempus ar-
matorum prò nostris servitiis , et prò aliis causis , negotiis et
servitiis subdistinctis, sicut predictus quaternus particulariter et
piene distinguit, ad generale pondus, pecunie et denariorum re-
galium quantitatem subdistinctam, videlicet :
Olim infra mensem aprilis , quartedecime indictionis nupei
preterite, a Bertrando de Bellopodio, tunc regni Sicilie Thesau-
rario, consiliario, familiari et fìdeli nostro, de pecunia Curie exì-
stente per manus suas , convertendas per eumdem Ammiratum
in nostris servitiis, per eum in Catalonie partibus faciendis : un-
cias mille. Vicesimo eiusdem mensis aprilis apud Panormum ,
mutuo a Matheo de Thermis , magne Curie nostre magistro Ry-
tionale, consiliario, familiare et Meli nostro, assignante sibi per
manus Laurencii de Calatabuturo, solventis nomine et prò parte
ipsius Mathei , de pecunia propria eiusdem Mathei : uncias cen-
tum. Vicesimo tertio eiusdem, apud Trapanum, a Rogerio de Ma-
nueli , quas idem Rogerius prò parte Curie nostre receperat a
Bonsignoro de Aloysio, tunc Iusticiario vallis Mazarie, assignante
(Appendice) — 590 —
sibi ad mandatum nostrum tunc propterea sibi factum , conver-
tendas per predictum Ammiratum in munitione et armatione
duarum galearum et unius vaccette Curie nostre , cura quibus
idem Ammiratus tunc temporis ad partes Gatalonie, prò nostris
servitiis, est profectus : uncias ducentas. Infra predictum mensem
aprilis, apud Trapanum, a seipso , in quibus nostre Curie tene-
batur, prò iure exiture salmarum frumenti trecentarum, tunc ex-
tractarum per eum de portu Trapani cum quadam terida sua
vocata Sanctus Iulianus, cuius erat prepositus Tulianus Boscus,
ferendarum abinde in Cataloniam, ad rationem de tarenis tribus
per salmam : uncias triginta. Olim infra menses iunii et iulii
diete quartedecime indictionis , apud Barcelloniam , auctoritate
patentium litterarum nostrarum , quas Curie assignavit , conti-
nente talis :
[Segue il testo del documento del 29 marzo 1286].
Recepisse a diversis mercatoribus catalanis , prò unciis qua-
tringentis quinquaginta tribus , tarenis decem et granis quinde-
cim ponderis generalis, per eos debitis Curie prò iure exiture et
dohane salmarum frumenti trium milium quatringentarum, tunc
concessarum eis per predictum Ammiratum , prò parte nostre
Curie, auctoritate ipsarum litterarum nostrarum, ad extrahendum
de portubus Sicilie et ferendum extra regnum ad loca licita et
permissa , quorum mercatorum nomina et cognomina et quanti-
tas exiture cuilibet eorum concesse, et prò quanta quantitate pe-
cunie, in eodem quaterno particulariter continentur, ad rationem
de tarenis tribus prò iure exiture et de tareno uno prò iure do-
hane cuiuslibet salme ipsius frumenti promisse eisdem merca-
toribus per dictum Ammiratum, prò parte nostre Curie, et con-
vento, auctoritate predictarum litterarum, quod si predicti mer-
catores vel aliqui ex eis predictam quantitatem frumenti, in toto
vel in parte, vellent extrahere in Cataloniam deferendam, liceret
eis , ultra quantitatem extrahendam et ferendam in Cataloniam
de summa predicta , extrahere de Sicilie portubus et ad partes
ipsas deferre , libere a iure exiture et dohane ipsius , quartam
partem quantitatis eiusdem extrahende et ad dictas partes Cata-
lonie deferende , eo quod prò solidandis in eisdem partibus ba-
listariis et servientibus, ad partes Sicilie prò nostris servitiis de-
stinandis , et faciendis aliis nostris servitiis sibi in eisdem par-
tibus per nos ad exequendum commissis, pecunia erat sibi più-
— 591 — (Appendice)
rimum oportuna ; denariorum regalium, ad rationem de ipsorum
denariorum libris duabus , solidis decetn per unciam , libras de
numero millecentum triginta tres , solidos sex et denari os octo.
Infra menses iunii et iulii, quartedecime indictionis, per diversas
vices, aput Barcelloniam , a Raymundo Marketto et Raymundo
Favellerio , de eadem terra Barcellonie , quas idem Ammiratus
per eumdem quaternum posuit et ostendit se recepisse et emisse
ab eisdem, prò unciis auri quingentis decem, tarenis tredecim et
granis quinque, de predicta pecunia sibi assignata in Sicilie par-
tibus , prò exequendis et faciendis exinde in Gatalonia diversis
nostris negotiis, sibi in eisdem partibus per nostram celsitudinem
ad exequendum commissis, ad rationem eamdem de denariorum
regalium libris duabus, solidis decem per unciam. sicut predictus
quaternus plenarie distinguit : eorumdem denariorum libras de
numero mille ducentas septuaginta sex, solidos duos et denarium
unum. Olim a septimo iulii , usque per totum secundum diem
mensis augusti diete quartedecime indictionis, per diversas vices
aput Barcelloniam et maritimam de Bagnolis , auctoritate pre-
dictarum patentium litterarum nostrani m, mutuo recepisse, in de-
fectu pecunie Curie tunc non existentis per manus suas in neces-
saria quantitate, ab eisdem Raymundo Marketlo et Raymundo Fa-
vellerio, de eorum pecunia propria, prò solidandis in eisdem par-
tibus militibus et equitibus in Siciliam ad nostra servitia tran-
smittendis, necnon aliis nostris servitiis et munitione predictarum
galearum duarum et unius vaccette armatarum per eumdem in
dieta terra Trapani, cum quibus ad dictas partes Catalonie navi-
gava , companagio et aliis necessariis , tam personarum in eis
navigantium, quam vassellorum ipsorum, restituendis eis per no-
stram Curiata \el Amrniratum eumdem, prò quibus idem Ammi-
ratus prò parte nostre Curie, auctoritate predictarum litterarum,
promisit et convenit eisdem mercatoribus restituere et exhibere,
de pecunia Curie, que ad manus suas pervenerit, vel per Curiam
nostram restituì et exhibere facere , que contingunt ad rationem
predictam de denariorum regalium libris duabus, solidis decem
per unciam, ad generale pondus : uncias nongentas, tarenos duos,
grana decem et septem , predictorum denariorum libras de nu-
mero duomilia ducentas quinquaginta, solidos quatuor et denarios
novem. Summa introytus prediate pecunie et denariorum rega-
lium, ad idem pondus : uncie mille trecente triginta, et predicto-
(Appendice) — 592 —
rum denariorum libre de numero quatuormilia sexcente quinqua-
ginta novem, solidi tredecim et denarii sex.
Posuit etiam et ostendit per eumdem quaternum sui introy-
tus, auctoritate predictarum patentium litterarum, olim infra pre-
dictum mensem iulii mutuo recepisse , in defectu pecunie Curie
tunc non existentis per manus suas in necessaria quantitate , a
subscriptis hominibus Barcellonie , de eorum pecunia propria ,
prò solidandis in predictis Gatalonie partibus comitis , naucle-
riis, balistariis et personis aliis, tunc deputandis ad armationem
certi numeri galearum armandarum in eisdem partibus in comuni,
prò comunibus servitiis et utilitatibus serenissimi et carissimi
fratris nostri domini Alfonsi, illustris regis Aragonum, Valentie,
Maioricarum et comitis Barcellonie et nostris, prò quorum vas-
sellorum armationibus medietas pecunie et aliorum necessariorum
per predictum fratrem nostrum et reliqua medietas per nos ex-
hibita extitit et soluta , sicut infra in exitu particulariter et di-
stincte notatur , prò qua idem Ammiratus , auctoritate predicta-
rum litterarum, promisit et convenit, de pecunia Curie prius ad
manus suas perventura, restituere et exhibere, et in eius defectu
per nostram Curiam restituì facere predictis mutuatoribus pecu-
niam contingentem, ana predictorum denariorum regalium libras
duas, solidos decem per unciam, denariorum ipsorum quantita-
tem subdistinctam , videlicet : a Raymundo Marketto libras de
numero mille quingentas; a Berlingerio Maylo libras de numero
mille quingentas; a Raymundo Favellerio libras de numero mille
trecentas; et a Iacobo de Sancto demento libras de numero du-
centas triginta, solidum unum, denarios decem.
Ostendit per quaternum eumdem prò parte nostre Curie rece-
pisse , prò denariorum magonensium libris de numero quatrin-
gentis, contingentibus nos prò medietate librarum octingentarum
denariorum ipsorum, per eum, prò parte dicti domini fratris no-
stri et nostra, receptis, prò liberatione et redemptione quamplu-
rium personarum captarum per eum, cuoi predictis galeis in co-
muni armatis, in conflictu Serignany et Besers , reliqua medie-
tate acquisita predicto domino fratri nostro, ad rationem de libris
duabus, solidis sedecim denariorum ipsorum per unciam, ad di-
ctum generale pondus: uncias centum quatragintaduas , tarenos
viginti quinque, grana sedecim. Infra menses septembris et octu-
bris predicte quintedecime indictionis, que contingebant nos prò
— 593 — (Appendice)
medietate unciarum auri quatuor milium quatringentarum qua-
traginta duarum, tarenoruoi viginti duorum et granorum quinque,
dicti ponderis , perceptarum per predictum Ammiratimi et eius
commissarios de venditione Sarracenorum mille ducentorum quin-
quaginta quatuor, utriusque sexus, olim infra mensem augusti, diete
quartedecime indictionis, acquisitorum et captorum per eumdem
Ammiratum, ad opus predicti domini fratris nostri et nostrum,
in insula Quarkani, cum predictis galeis armatis in Sicilia et
Catalonia in comuni cum eodem domino rege, et infra predictos
menses septembris et octubris venditorum in Trapano et Panormo,
sicut quaterni particularis venditionis Sarracenorum ipsorum, per
predictum Ammiratum Curie assignati, piene distingunt, reliqua
medietate ipsius pecunie attributa dicto domino fratri nostro :
unciarum duo milia ducentas viginti unam , tarenos undecim et
graua duo et medium , que contingebant nos; prò medietate un-
ciarum auri ducentarum triginta duarum , tarenorum decem et
octo, perceptarum per eumdem Ammiratum, ad opus predicti do-
mini regis Aragonum et nostrum , prò liberatione et redemptione
quorumdam Sarracenorum captorum per eum, cum ipsis galeis in
predicta insula, ultra predictorum Sarracenorum numerum, reli-
qua medietate ipsius pecunie acquisita eidem domino fratri nostro :
uncias centum sedecim, tarenos no vem. Summa predicte pecunie
recepte mutuo, prò armandis in comuni predictis galeis et predi-
cte medietatis nos contigentis de acquisitione predicta, ad idem
pondus : unciarum duo milia quatrigente octuaginta, tareni quin-
decim, grana decem et octo et medium; et predictorum denario-
rum libre de numero quatuor milia quingente triginta , solidus
unus et denarii decem.
Computantur etiam , et ponuntur in eodem introytu , iuxta
predicti quaterni tenore m, que debebantur nostre Curie per Am-
miratum eumdem prò iure exiture et dohane salmarum frumenti
mille quingentarum olim, infra predictum annum quartedecime
indictionis, extractarum per nuntium eiusdem Ammirati de portu
Licate , cum quadam navi sua vocata Bankeria , ferendarum ab
inde extra regnum, ad rationem de tarenis tribus prò iure exiture,
et de tareno uno prò iure dohane cuiuslibet salme frumenti ipsius :
uncie ducente. Per eumdem quaternum ostendit olim, infra men-
sem octobris diete quintedecime indictionis , apud Messanam ,
recepisse mutuo a se ipso, quas de sua pecunia propria, ad man-
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 38
(Appendice) — 594 —
datum nostrum tunc oretenus sibi factum, nostre Curie mutuavit,
solvendas per eum, prò solidis stipendiariorum nostromo» et aliis
Curie nostre servitiis, super quibus restituendis eidem Ammirato
ad Hugonem Talac et Fredericum de Incisa, dudum infra predi-
ctum annum quintedecime indictionis magistros Portulanos Si-
cilie , mandatum nostre celsitudinis emana vit , et eas predictus
Ammiratus ab eisdem magistris Portulanis recepit prò restitu-
tione ipsius mutui, sicut infra notatur : uncias milleducentas. A
duodecimo die dicti mensis decerubris in antea, usque per totum
diem nonumdecimum predicti mensis aprilis, per diversas vices,
loca et tempora , in eodem quaterno introytus distincte notata ,
per manus magistri Virgilii de Cathania, Petri de Villario, nun-
tiorum predicti Ammirati, recipientium loco sui a Venuto de Pul-
caro et sociis , dudum. in eodem anno quintedecime indictionis
cabellotis iuris donane maris contingentis Curiam de victualibus
et leguminibus tunc extraendis de Sicilie portubus et ferendis extra
et infra regnum, extra Siciliani, prò solidis predictorum stipen-
diariorum de pecunia per eos Curie debita, ratione cabellotie ip-
sius, computatis in eis unciis septem et tarenis octo per eumdem
Ammiratum Curie debitis, prò iure dohane predictarum salma-
rum frumenti ducentarum decem et octo tunc extractarum per pre-
dicti Ammirati nuntium cum predicta navi sua, cuius erat pre-
positus Henricus Nigrinus, et ferendarum extra regnum, ad ra-
tionem de tareno uno per salmam, sicut idem quaternus parti-
culariter et piene distinguit, ad idem pondus in summa : uncias
quingentas decem et octo, tarenos viginti, grana decem et novem et
medium.
Ostendit per eumdem quaternum ultimo mensis septembris
diete quintedecime indictionis, apud Trapanum , prò parte diete
nostre Curie, recepisse a seipso de summa pecunie contingentis
predictum dominum fratrem nostrum , de predicta pecunia per-
cepta per eum de venditione predictorum Sarracenorum captorum
in predicta insula cum predictis galeis, prò restitutione medietatis
unciarum auri ducentarum octuaginta quatuor, tarenorum viginti
duorum et granorum decem , olim solutarum per eumdem Am-
miratum, de pecunia nostre Curie, prò armatione et aliis neces-
sariis duarum galearum et unius vaccette Curie dudum armata-
rum in Trapano, prò mensibus duobus numeratis a quintodecimo
iulii, predicte quartedecime indictionis, que simul cum aliis galeis
— 595 — (Appendice)
armatis in Barcellonia in comuni, prò parte dicti domini fratris
nostri et nostra, recesserunt de maritima eivitatis eiusdem ad ip-
sius fratris nostri et nostra servitia profecture , usque per totum
quintum decimum mensis septembris , sequentis quintedecime
indictionis, per quod tempus vassella ipsa, simul cum predictis
galeis armatis in Gatalonia, deputata fuerunt et moram traxerunt
ad comunia servitia predicti domini fratris nostri et nostra, reli-
qua medietate ipius pecunie nos propterea contingente : uncias
centum quatraginta duas, tarenos undecim et grana quinque.
Ostendit etiam per predictum quaternum introytus sui , per
manus suas et infrascriptorum commissariorum suorum , infra
predictum annum quintedecime indictionis, per diversas vices et
tempora subdistincta, in quaterno ipso notata , recepisse tam a
iudice Bernardo Coppula et sociis, tunc iudicibus Messane, assi-
gnantibus nomine et prò parte universitatis eivitatis eiusdem ,
quam ab infrasco ptis Iustitiariis Sicilie et personis aliis, prò re-
paratione , munitione et armatione nostri felicis extolii in eo-
dem anno armati , de pecunia proraissionis armate dicti extolii
tunc in Sicilia imposita et taxata , existente per manus eorum ,
sicut in eodem quaterno particulariter et distincte notatur, ad i-
dem pondus, pecunie quantitatem subscriptam, videlicet: A primo
novembris usque per totum mensem februarii, diete quintedecime
indictionis, apud Messanam, per manus notarii Guillelmi de Bella,
nuntii predicti Ammirati, a predictis Bernardo Coppula et sociis,
que in eodem anno predicte universitati propterea fuerunt im-
posite et taxate : uncias quingentas. A septimo mensis ianuarii
usque per totum mensem augusti, diete quintedecime indictionis,
diversis diebus et locis, in predicto quaterno distinctis, per ma-
nus tam predicti Ammirati , quam Bernardi Romei et Petri de
Mathia de Pactis, nuntiorum suorum, a Symone de Calatafimo,
tunc Iustitiario vallium Castri Iohannis , Demine et Melatii , de
pecunia predicte proraissionis in eodem anno in iurisdictione
sua imposita et taxata, et sibi per nostram Curiam ad recolligen-
dum comraissa; uncias tria milia centum quinquaginta, tarenos
viginti quatuor, grana decem. A septimodecimo die mensis ia-
nuarii usque per totum vicesimum quintum diem mensis apri-
lis, indictionis eiusdem, diversis diebus et locis, in quaterno ipso
distinctis, per manus suas nec non Iohannis de Nazario de Ca-
stanea, dicti notarii Guillelmi Galzerandi de Monteolyo, Gisberti
(Appendice) — 596 —
de Valromana et Rogerii Morena de Syracusia , nuntiorum suo-
rum, a Roberto de Lauria tunc Iustitiario Vallis Nothi , de pe-
cunia promissionis eiusdem in eodem anno in iurisdictione sua
imposita et taxata, et sibi perCuriam ad recolli gendum commis-
sa : uncias duo millia sexcentas septuaginta novem, tarenos de-
cem et octo. Ultimo aprilis, diete quintedecime indictionis, apud
Messanam, per manus predicti Ammirati, a Guillelmode Namun-
taguda, castellano castri Miney, et tunc statuto per nostram Cu-
riam super recollectione pecunie predicte promissionis in eodem
anno imposita et taxata universitatibus terrarum Miney, Calata-
gironi et Gulfl, de pecunia promissionis eiusdem in eisdem ter-
ris imposita et recollecta per eum, per manus Scaloris de Florentia
et Perpignani hostiarii nostri : uncias quatringentas nonaginta
novem, tarenos viginti sex. A secundo die dicti mensis ianuarii u-
sque per totum quartumdecimum diem predicti mensis madii, di-
versis diebus et locis , in quaterno ipso distinctis , per manus
predicti Ammirati, nec non Ghapi Fiorentini, Bernardi Romei et
Bartholomei de Monteolyo, nuntiorum suorum, a Frederico Mu-
mito tunc Iustitiario vallis Agrigenti , comitatus Geracii , par-
tium Cephaludi et Thermarum, de pecunia predicte promissionis
in eodem anno imposita et taxata, et sibi per Curiam ad recol-
ligendum commissa: uncias duo milia sexcentas decem et novem,
tarenos tres, grana decem. A vicesimo tertio dicti mensis ianuarii
usque per totum mensem iulii , diete quintedecime indictionis ,
diversis diebus et locis , in quaterno ipso distinctis, per manus
suas et Bartholomei de Monteolyo , Berlingerii de Monteolyo ,
predicti notarii Guillelmi et Raynaldi de Syracusia nuntiorum
suorum, ab Ardoino de Galloro, tunc Iustitiario vallis Mazarie et
collectoribus pecunie promissionis ipsius universitatibus Mazarie
et Marsalie imposite et taxate, de pecunia predicte promissionis
in eodem anno in iurisdictione sua imposita et taxata , et sibi
per Curiam ad recolligendum commissa, computata pecunia as-
signata predicto notario Guillelmo per Michaelem Campanarium
hostiàrium nostrum, prò parte predicti Iustitiarii, de pecunia pro-
missionis eiusdem : uncias mille nongentas quinquaginta septem.
Tertiodecimo predicti mensis ianuarii, quintedecime indictionis,
apud Panormum, per manus predicti Bartholomei de Monteolyo
a Petro de Calatagirono, prothontino Panormi, statuto per eum-
dem Ammiratum, prò parte Curie, super armatione vassellorum
— 597 — (Appendice)
Curie nostre, armatorum in civitate ipsa , de pecunia diete pro-
mìssionis eodem anno universitati eiusdem civitatis Panormi im-
posita et taxata, assignata sibi per Maritimi de Obbertis , tunc
[Iustitiarium] civitatis eiusdem : uncias centum.
Ponit idem Ammiratusper predictum quaternum sui introytus
requisìvisse, per suas litteras, eundem Iustitiarium Panormi ut un-
cias auri mille eidem universitati prò predicta promissione im-
positas et taxatas, et ei per Guriam ad recolligendum commissas,
eidem prothontino prò armatione predictorum vassellorum, tunc
armandorum in civitate ipsa, exhibere deberet, et sic de ipsis un-
ciis auri mille per eumdem Ammiratum nullus fit introytus et
exitus, eo quod predictus Petrus, tam de ipsa pecunia, quam de
alia pecunia Curie sibi propterea assignata, tenetur et debet no-
stre Cufie ponere rationem. Summa prediete pecunie recepte per
manus predictorum Ammirati et nuntiorum suorum, a predictis
Iustitiariis et personis de predicta pecunia promissionis, ad idem
pondus : uncie undecim milia quingente sex, tareni duodecim.
Ostendit idem Ammiratus per eumdem quaternum olim sub-
scriptis diebus et locis recepisse a subscriptis officialibus Curie,
de pecunia Curie exi stente per manus eorum, ratione officiorum
suorum, sicut infra distinguitur , prò reparatione , munitione et
armatione predicti extolii et solidis predictorum stipendiariorum
nostrorum , prout idem quaternus particulariter et piene distin-
guit, ad idem pondus, quantitatem pecunie subdistinctam vjdeli-
cet : Quinto mensis decembris, diete quintedecime indictionis, a-
pud Panormum, a Lapo Guindono, tunc una cum Berlingerio de
Villaraguto Camere nostre Thesaurario : uncias octuaginta. Eo-
dem, ibidem, a Guillelmo Solanis, de pecunia Curie tunc existente
per manus suas : uncias centum viginti sex. A vicesimo usque
per totum vicesimum secundum martii, indictionis eiusdem, apud
Messanam, ab eodem Berlingerio, de unciis octingentis assignatis
sibi in dieta nostra Camera, per predictum Lapum , olim magi-
strata Portulanum Sicilie , in quibus prò officio magistri portu-
lanatus eiusdem, dudum gesto per eum, cum Curia nostra com-.
posuit : uncias ducentas quinquaginta. A septimo usque per to-
tum octavum mensis iulii, diete quintedecime indictionis , apud
Messanam , per predictum notarium Guillelmum , nuntium pre-
dicti Ammirati, a notario Roberto de Ficu, notario et commis-
sario eiusdem Berlingerii, prò armatione trium teridarum Curie
(Appendice) — 598 —
mittendarutn apud Scaleam , cum stipendiariis Curie et equis
eorum , prò nostris servitiis , ad idem pondus : uncias quinqua-
ginta novem , tarenos viginti sex et grana deceru et septem et
medium. Quintodecimo dicti mensis aprilis , ibidem, a Iaconia
de Milite olim infra annutn tertiedecime indictionis, nuper pre-
terite, Secreto et magistro Procuratore Sicilie ultra fluvium Sal-
sum, de summa pecunie in qua per rationem suam, per eum de
officio ipso positam coram magne Curie nostre magistro Ratio-
nali , inventus est Curie nostre teneri , ratione dicti officii : un-
cias centum. Infra predictum mensem aprilis, a predicto Guil-
lelmo Solanis , de pecunia per eum recepta prò iure sigilli no-
stri : uncias viginti quinque. Et infra eumdem mensem, a predi-
cto prothontino Panormi, exhibendas Guillelmo Carbono, prò so-
lidandis quibusdam marinariis defìcientibus , ad supplementutn
duarum galearum Curie, quarum erat prepositus Ventura Meren-
da : uncias tres. Summa predicte pecunie recepte propterea ab
eisdem officialibus, ad idem pondus : uncie sexcente quinquaginta
tres, tareni viginti sex, grana decem et septem et medium.
Ostendit per eumdem quaternum se recepisse per diversas vi-
ces, apud Messanam, a diversis comitis pheudatariis civitatis eiu-
sdem, prò servitio quod prò pheudis comitarie eorum prò eodem
anno dare Curie nostre tenebantur, eo quod in anno ipso in ar-
mata dicti extolii personaliter non fuerunt , et a Guillelmo de
Henrico de Messana, in quibus per nostram Curiam condempna-
tus extitit prò furtiva extraccione frumenti, extracti per eum de
portu Thermarum extra regnum ferendi, sine mandato nostre Cu-
rie, aliquo iure exiture propterea Curie non soluto, prout predi-
ctus quaternus piene distinguit : uncias quatraginta novem , ta-
renos sedecim. Ostendit per eumdem quaternum olim subscriptis
temporibus, apud Messanam , recepisse per manus suas et dicti
Guillelmi, nuntii sui, a subscriptis personis, quam de eorum pe-
cunia propria nostre Curie mutuaverunt, prò supplemento arma-
tionis predicti nostri extolii in eodem anno quintedecime indi-
ctionis armati, sicut infra distinguitur, ad idem pondus, pecunie
quantitatem subscriptam , videlicet : Tertio dicti mensis aprilis ,
ab Ottolino Russo uncias quinquaginta. Tertiodecimo eiusdem a
predicto Matbeo de Thermis uncias quatraginta novem , tarenos
tres et grana decem et septem. Infra eumdem mensem aprilis a
nobili Iohanne de Procida regni Sicilie Cancellano , per manus
— 599 — (Appendice)
videlicet Petri Pinti, assignatas notario Bartholomeo de Bella nun-
tio predicti Ammirati, uncias centum triginta novem, tarenos de-
cem et novem, grana duodecira. Infra predictum mensem madii
a Manfrido Cacholo assignante , nomine et prò parte certorum
hominum civitatis Messane, de summa unciarum auri nongenta-
rura nonaginta , quas prò complenda predicta armata de eorum
pecunia propria Curie mutuarunt, computatis unciis quatuor, ta-
renis quinque mutuatis per Andream de ludico , in pretio certe
quantitatis vini assignati per eum eidem Ammirato: uncias non-
gentas quatraginta quatuor , tarenos viginti tres, grana quinde-
cim. Summa predicte pecunie propterea recepte a personis eisdem :
uncie mille centum octuaginta tres , tareni decem et septem et
grana quatuor.
Ostendit et ponit idem Ammiratus per eundem quaternum in-
fra mensem iulii, diete quintedecime indictionis, ante Neapolim,
et infra mensem augusti, eiusdem indictionis, apud Messanam .
per manus suas recepisse, prò liberatione et redemptione quorun-
dam Gallicorum, Provintialium et Latinorum, de numero perso-
narum olim infra mensem iunii, eiusdem indictionis, infra Nea-
polim et Surrentum captarum per eum, cum nostro felici extolio,
in conflictu galearum nostrorum hostium, quas propterea promi-
serunt ei prò parte nostre Curie exhibere, quorum captorum no-
mina et cognomina et quantitas pecunie, a quolibet eorum inde
recepta, in eodem quaterno distincte notantur, computatis unciis
quatraginta septem, tarenis decem receptis prò liberatione homi-
num septuaginta unius de Neapoli , unciis duabus receptis prò
liberatione Andree Cuculini de Barulo : in summa unciarum tria-
milia quatringenta triginta quatuor, tarenos decem. Infra eumdem
mensem iulii a subscriptis nostris fidelibus, quas prò parte no-
stre Curie receperunt , prò liberatione et redemptione subscripti
numeri captivorum, de numero predictorum captorum per predi-
ctum nostrum extolium in conflictu galearum nostrorum hostium,
videlicet : A predicto Berlingerio Villaraguto, quas recepì t prò li-
beratione hominum quatraginta septem de Gayeta et hominum
septuaginta sex de Surrento, uncias octuaginta quinque. A Guil-
lelmo Chinolo, prothontino Messane, prò liberatione personarum
quinquaginta de Cava, uncias quinquaginta. Summa prediecte pe-
cunie recepte, tam per manus suas, quam a predictis fidelibus ,
prò liberatione predictorum captivorum ad idem pondus, uncia-
rum triamilia quingenta sexaginta novem et tareni decem.
(Appendice) — 600 —
Ostendit per eundem quaternum se recepisse a diversis perso-
nis, in quaterne* ipso distinctis, de venditione cuiusdam navis et
aliarum diversarum rerum acquisi tarum et captarum de spoliis
predictorumhostium, tam per Nicolaum Gaveram et Bartholomeum
de Gotto de Messana, cum vassellis nostre Curie armatis, quam
per predictum Ammiratum, cum predicto nostre extol io, compu-
tatis unciis quatraginta una assignatis sibi per homines Procide,
in quibus composuerunt cura eo ne dampnificaret eosdem, sicut
idem quaternus piene distinguit, in summa: uncias trecentas quin-
que, tarenum unum. Ostendit per eumdem quaternum ultimo pre-
dicti mensis augusti, apud Messanam, rehabuisse ab Angelo de
Santa Cruce, prothontino Baruli, et lohanne de Santa Gruce, pro-
thontino Munopolis, de numero predictorum captivorum libera-
torum prò certa quantitate pecunie, sicut in eodem quaterno no-
tatur, que expense ei solute fuerunt prò armatione et aliis neces-
sariis uni us panfuli Curie nostre vocati Pavo , tunc armati in
Messana prò ductu et transfretatione dictorum prothentinorum ab
eadem ci vitate Messane usque Neapolim, uncias septuaginta. 0-
stendit per eumdem quaternum se recepisse olim, infra predictum
annum quintedecime indictionis, a diversis piratis, prò iure quinte
spoliorum et aliarum rerum acquisitarum per eos in ipsa piratica
exercenda, uncias trigintanovem , tarenum unum et grana tria.
Computatur et ponitur in eodem introytu , iuxta ipsius quater-
ni tenorem, prò subscriptis causis, ad idem pondus pecunie quan-
titas subdistincta, videlicet : que debebantur Curie per Hemeri-
cum de Usay de Barcellonia mercatore, prò iure exiture et doha-
ne salmarum frumenti mille quatrigentarum sex et medie olim
infra mensem septembris, huius prime indictionis, ad supplica-
tionem predicti Ammirati concessarum per nostram Curiam ei-
dem Hemerico , ad extrahendum de Sicilie portubus et ferenda-
rum extra regnum, in quibus dictus Ammiratus, prò certa quan-
titate perlarurn per eurn sibi vendita et assignata, tenebatur ei-
dem, ad rationem de tarenis tribus prò iure exiture, et de tareno
uno prò iure dohane cuiuslibet salme ipsius frumenti : uncie
centum octuaginta septem, tareni sedecim. Quas idem Ammira-
tus, per manus dicti Chapi nuntii sui, nostre Curie acquisivit in
oneratione navis Biscontini Bisconti, vocata Biscontina, dudum
onerate in portu Agrigenti certa quantitate frumenti extra regnum
ferenda, eo quod asseruit onus predicti frumenti fuisse Ammirati
— 601 — (Appendice)
ipsius : uncias sexaginta. Et que vicesimo septimo februarii, di-
ete quintedecime indictionis, apud Panormum, iuxta predicti qua-
terni tenorem, per predictum prothontinum Panormi, ad litteras
predicti Ammirati sibi proinde directas, assignate fuerunt de pe-
cunia Curie existente per manus ipsius prothontini Berlingerio
Rog, prò solidandis prò parte ipsius Ammirati marinariis decem
vel quindecim, deputandis ad servitia navis Ammirati ipsius, et
propterea [per] predictum Ammiratum in eodem introytu compu-
tantur ; uncie viginti due. Summa predicte pecunie posite et com-
putate in eodem introytu, prò causis eisdem, ad generale pon-
dus : uncie ducente sexaginta novem , tareni sedecim. Summa
summarum totius predicti introytus deductis rebus emptitiis, de
quibus nullus introytus et exitus ponitur, ad dictum generale pon-
dus : unciarum viginti sex milia centum viginti octo, grana se-
ptem ; et predictorum denariorum regalium, librarum de nume-
ro novemilia centum octuaginta novem , solidi quindecim et de-
narii quatuor.
De quibus ostendit exitum infrascriptum. Ostendit et ponit di-
ctus Ammiratus per predictum quaternuin sui exitus, quem Cu-
rie assignavit, olim subscriptis temporibus et locis, infra annos
predictarum quartedecime et quintedecime indictionum, per ma-
nus suas et infrascriptorum nuntiorum et commissariorum suo-
rum, de predicta pecunia , tam auctoritate predictarum conimis-
sionum suarum dicti amrairatie offìcii , quam ad mandata no-
stri culminis infra predictum tempus sibi directa , que Curie
assignavit et ad alia mandata nostra infra tempus ipsum pro-
pterea oretenus sibi facta , sol visse et exhibuisse diversis per-
sonis , prò reparationibus , munitionibus et armationibus infra-
scriptarum galearum et aliorum vassellorum armatorum , infra
predictum tempus in Sicilia et Catalonia, prò intrascriptis nostris
servitiis, prò restitutione predicte quantitatis pecunie per eum prò
parte nostre Curie mutuo recepte a predictis personis , prò pre-
dictis nostris servitiis, sicut in predicto introytu supra nota tur,
[prò] solidis stipendiariorum nostrorum, et retinuisse sibi prò re-
stitutione predicte pecunie per eum prò predictis servitiis, causis
et negotiis nostre Curie assignate , et solidis seu expensis suis
subscripti temporis, et prò aliis infrascriptis diversis causis, ne-
gotiis et servitiis , quarum personarum nomina et cognomina ,
quantitas pecunie singulis earum personis solute, tempora et loca
(Appendice) — 602 —
solutionis ipsius , prò quibus causis et servitiis et alia predicta
in eodem quaterno exitus particulariter et distincte notantur ,
ad dictum generale pondus pecunie et predictorum denariorum
regalium quantitatera subscriptam, videlicet :
Infra menses aprilis et madii, diete [quar]tedecime indictionis,
apud Trapanum, comitis, naucleriis, balistariis, marinariis et per-
sonis aliis, olim per eumdem Ammiratum conductis et deputatis
in eadem terra Trapani ad armationem et servitia duarum galearum
et unius vaccette Curie de remis viginti, armatarum per euin, ad
mandatum nostrum tunc oretenus sibi factum, cum quibus in Ga-
taloniam prò quibusdam nostris servitiis, ad mandatum nostri cul-
minis, fuit profectus, prò solidis eorum, quibusdam videlicet ex eis
navigantibus in galeis eisdem, prò mensibus quatuor et diebus sex,
quibusdam aliis ex eis prò mensibus quatuor et diebus quinque,
et quibusdam aliis ex eis navigantibus in galeis ipsis prò mensi-
bus quatuor, numerandis a sexto madii, diete quartedecime indi-
ctionis, quo cum eisdem galeis et vaccetta de portu Trapani reces-
serunt cum eodem Ammirato ad dictas partes Catalonie, prò no-
stris servitiis profecture, quia duodecimo die mensis septembris,
diete quintedecime indictionis, diete galee de insula Querkani in
Trapanum redierunt et fuerunt exarmate ibidem ; et personis de-
putatis in predicta vaccetta, prò mensibus quatuor et diebus duo-
decim , numeratis a predicto sexto madii usque per totum octa-
vum decimum diem dicti mensis septembris , quo vaccetta ipsa
in Trapanum rediit, deducta quibusdam ex eis de solidis eorum
eiusdem temporis certa quantitate pecunie in ipso quaterno con-
tenta, eis soluta de pecunia Curie per Guillelmum Russum, tunc
statutum super solidandis in predicto anno , quartedecime indi-
ctionis, marinariis ad armationem nostri felicis extolii deputan-
dis ; computatis etiam in summa presenti unciis quatuordecim ,
tarenis viginti quatuor, solutis per eumdem Ammiratum, prò so-
lidis diversarum personarum in quaterno ipso contentis , depu-
tatis ad armationem vassellorum ipsorum, que aufugerunt ab ar-
mata vassellorum ipsorum, necnon prò diversis rebus per eum-
dem Ammiratum emptis et assignatis comitis vassellorum ipso-
rum , prò munitione , companagio et aliis necessariis predicto-
rum vassellorum et personarum in eis navigantium, prò eodem
tempore, et prò expensis diversarum personarum missarum per
eumdem Ammiratum ad diversas terras Sicilie, ultra fluvium Sai-
— 603 — (Appendice)
sum, prò conducendis et solidandis marinariis prò armatione vas-
sellorum ipsorum, sicut in eodem quaterno distinguitur, ad pre-
dictum pondus, in summa : uncias quingentas nonaginta tres, ta-
renos decem et quinque.
Infra menses iunii et iulii , diete quartedecime indictionis ,
apud Barcelloniam , per diversas vices Raymundo Marketto et
Raymundo Favellerio, de eadem terra, prò denariorum regalium
libris de numero mille ducentis septuaginta sex, solidis duobus
et denario uno , olim per diversas vices , infra tempus ipsum ,
in eadem terra emptis et receptis ab eis , prò exequendis et fa-
ciendis exinde in Catalonia diversis nostris negotiis , sibi per
nostrani celsitudinem ad exequendum commissis, quorum dena-
riorum receptio in dicto introytu continetur, ad rationem de de-
nariorum ipsorum libris duabus, solidis decem per unciam : un-
cias quingentas decem , tarenos tredecim et grana quinque. A
secundo usque per totum sextum decimum iunii, diete quartede-
cime indictionis, apud Valentiam et Barcelloniam, balistariis tri-
ginta tribus et servientibus peditibus centum nonaginta tribus per
eum conductis in eadem civitate Valentie , et balistariis centum
per eum conductis in dieta terra Barcellonie , et missis in Sici-
liani prò nostris servitiis , prò solidis eorumdem balistariorum
prò mensibus quatuor , et predictorum servientum peditum prò
anno uno, numeratis a vicesimo octavo die eiusdem mensis iu-
nii, quo balistarii et servientes, conducti in dieta terra Valentie,
a Tarragona , et predicti balistarii , conducti in Barcellonia , ab
eadem terra Barcellonie recesserunt in Siciliam ad nostra servi-
tia profecturi, ad diversas rationes in eodem quaterno contentas,
quorum balistariorum nomina et cognomina et quantitas pecunie
cuilibet eorum soluta, in eodem quaterno distincte notatur : pre-
dictorum denariorum libras de numero mille octingentas viginti
tres, solidos duos. Predicto sextodecimo iunii, apud Barcelloniam,
Iacobo de Spluges, preposito cuiusdam navis eiusdem Ammirati,
et Dominico de Sancto Felice , patrono cuiusdam alterius navis
sue, prò naulo predictorum balistariorum et servientium, qui sunt
inter omnes numero trecenti viginti sex, in veniendo eum navi-
bus ipsis a predicta terra Barcellonie usque Trapanum, ana pre-
dictorum denariorum regalium solidos duodecim et denarios sex
prò quolibet eorum ; eorumdem denariorum libras de numero
ducentas tres, solidos quindecim. Ab octavo decimo madii usque
(Appendice) — 604 —
per totum quartum decimum diem sequentis mensis iunii, diete
quartedecime indictionis, apud Maiorieas et Valentiam, per ma-
nus Guillelori Pascalis et Berlingerii Rog, nuntiorum suorum ,
tam prò diversis rebus emptis per eum et assignatis per eum in
Maioricis comitis predictarum duarum galearum armatarum in
Trapano, prò supplemento munitionis et aliis necessari is galea-
rum ipsarum, et refriscamento personarum in eis navigantium ,
in eundo de Sicilia in Gataloniam, quam prò lignaminibus, pice,
stuppa et aliis rebus emptis per eum , positis et comissis in re-
paratione alterius predictarum galearum armatarum in Trapano,
in qua navigabat idem Ammiratus, et cuiusdam alterius galee di-
cti domini fratris nostri , invente in flumine Culliure aperte in
puppi, necessarie prò deferendis de Gatalonia in Siciliam equis ali-
quorum stipendiariorum solidatorum in dictis Catalonie partibus,
et mittendorum in Siciliam prò nostris servitiis, armate in Cata-
tonia simul eum aliis vassellis armatis ibidem, quereparari ne-
cessario indigebant ; necnon mercede carpintariorum, calafatorum
etaliorum operariorum laborantium in reparatione galearum ipsa-
rum, quas eum predictis lignaminibus et rebus decenter repara-
verunt singulis oportunis, et expensis predictorum Berlingerii et
naucleriorum predicte galee Ammirati, prò predicto tempore, in-
fra quod galea ipsa extitit reparata, et Petro Lopis prò se et tribus
sociis suis , prò accurri mento expensarum suarum , sicut idem
quaternus exitus piene distinguit : eorumdem denariorum libras
de numero nonaginta quatuor, solidos undecim et denarios un-
decim.
Octavo iulii, eiusdem indictionis, apud Barcelloniam, Iacobo
Peris fratri nostro, qui eum equitibus quatraginta in Siciliam ad
nostra servitia venire debebat, computandis in solidis sui quos
esset a Curia recepturus, de quo scriptum proprie obligationis ex-
inde sibi facte per eum in nostris manibus assignavit, quod in
nostra Camera conservatur : eorumdem denariorum librarum de
numero mille ducentas quinquaginta. Quintodecimo eiusdem, ibi-
dem, ad mandatum nostrum, olim oretenus sibi factum, Bernardo
de Sarriano, tunc misso in Cataloniam prò nostris servitiis, que
postmodum per eumdem Ammiratum, prò parte ipsius Bernardi,
soluta fuerunt militibus et equitibus solidatis in Gatalonia et
missis in Siciliam prò nostris servitiis, in eorum solidis compu-
tandis, quorum nomina et cognomina in eodem quaterno exitus
— 605 — (Appendice)
distincte notantur, de cuius solutione pecunie apodixam sub sigillo
dicti Bernardi Curie assignavit : eorumdem denariorum libras de
numero quingentas septuaginta unam , solidos quindecim. Infra
menses iunii etiulii, indictionis eiusdem, apud Barcelloniam, Ber-
trando de Gannellis, solidato per eum ad veniendum in Siciliani
ad nostra servitia, prò expensis dierum quindecim, et quibusdam
stipendiariis solidatis in Catalonia ad veniendum in Siciliam ad
nostra servitia , in eodem quaterno notatis, prò expensis eorum
dierum trium, quibus moram traxerunt in Barcellonia, expectando
recessum pfedicti Ammirati, ut cum eo ascenderent galeas predi-
ctas, tunc ad insulam Querkani profecturas : eorumdem denario-
rum libras de numero centum viginti sex, solidos sedecim. A vi-
cesimo dicti mensis madii usque per totum vicesimum secundum
diem sequentis mensis augusti, indictionis eiusdem, diversis per-
sonis, in diversis locis, in quaterno ipso notatis, prò certa quan-
titate biscocti empta et assignata Michaeli de Leyda , prò pana-
tica personarum navigantium in dieta vaccetta , necnon lanceis
et asconettis cum vagenis eorum, assarcia assignata comitis pre-
dicte galee, in qua navigabat idem Ammiratus, prò munitione et
armatione galee ipsius, expensis predictorum servientum peditum
centum nonaginta trium et balistariorum triginta trium, solida-
toruni in dieta terra Valentie et missorum in Siciliam prò certo
tempore in eodem quatermo notato, qui moram traxerunt in ve-
niendo per terram, propter solidationem eorum, a Valentia usque
Tarragonam, causa veniendi in Siciliam, et in eadem terra Tar-
ragone , donec recessit abinde navis cum qua venerant in Sici-
liam , expensis diversarum personarum per diversas vices missa-
rum ad diversas terras Catalonie prò diversis nostris servitiis, in
quaterno ipso notatis, salario cursorum missorum ad diversas
terras Catalonie cum litteris nostris prò nostris servitiis, varan-
do de terra in mari alteram predictarum galearum nostrarum, pro-
pter supervenientem tempestatem ingradatam de mari in terram
in maritima Barcellonie, et recuperatione rancupulli predicte vac-
cette, qui amissus fuerat in mari propter tempestatem eamdem,
sicut idem quaternus particulariter et piene distinguit : eorun-
dem denariorum libras de numero centum quinquaginta tres ,
solidos quatuor, denarios sex. Pro exequendis quibusdam nostris
negotiis in eisdem Catalonie partibus , de quibus plenam habe-
mus notitiam : eorumdem denariorum libras de numero quinqua-
(Appendice) — 606 —
ginta quinque. Undecimo iulii , indictionis eiusdem , apud Bar-
celloniam, diversis personis prò certa quantitate clavorum, bru-
mardorum , stupparolorum , acutorum diversarum maneriarum ,
quadrellorum, casei et aliarum diversarum rerum, in eodem qua-
terne- distincte notatis, necessaria prò respectu
. . . duabus galeis armatis in Trapano et companagio persona-
rum in eis navigantiutn, in navigando cum eis et aliis galeis ar-
matis in Catalonia, a partibus ipsis in insulam Querkani, et prò
indumentis iaculatorum navigantium ad predictam insulam, cum
predictis galeis, prout in eodem quaterno particulariter contine-
tur : eorumdem denariorum libras de numero quinquaginta octo,
solidos decem et novem et denarium unum.
Secundo mensis augusti, apud raaritimam de Bagnolis, diver-
sis stipendiariis Curie, prò eraendis seu restitutionibus quorum-
dam equorum suorum ad arma mortuorum in confrichi Serignany
et Besers, quorum stipendiariorum nomina et cognomina, et quan-
titas pecunie cuilibet eorum proinde soluta , in eodem quaterno
distincte notantur : eorumdem denariorum libras de numero du-
cer] tas viginti duas, solidos decem. Octavo septembris, diete quin-
tedecime indictionis, apud Trapanum, quibusdam stipendiariis Cu-
rie nostre solidatis in Catalonia , qui cum eodem Ammirato ve-
nerunt in Siciliam, prò solidis eorum dierum viginti trium, nu-
meratorum ab eodem octavo septembris usque per totum eumdem
mensem , ad rationem de tarenis duobus prò quolibet equo ar-
mato per diem, et diversis iannettis sarracenis tunc venientibus de
Catalonia in Siciliam ad nostra servitia , prò expensis eorum
a Trapano usque Messanam ad nostram presentiam, quorum sti-
pendiariorum , iannettorum nomina et cognomina , et quantitas
pecunie cuilibet eorum proinde soluta, in eodem quaterno distin-
cte notantur: uncias quinquaginta, tarenos tredecim. Infra eum-
dem mensem septembris, apud Trapanum et Panormum, tam prò
salario unius cursoris missi in Messanam ad nostram presentiam,
cum predicti Ammirati litteris significantibus nobis reditum eius
in Siciliam, expensis quatuor naucleriorum et duorum proderio-
rum messanensium , qui cum eo navigaverant in Cataloniam ,
in redeundo de Trapano in Messanam, quam prò refìcienda prora
galee ipsius Ammirati , et loerii certi numeri equitaturarum ad
sellam et bardam conductarum prò familia egregii et dilecti con-
sobrini nostri Manfridi, primogeniti illustris marchionis Sallucio-
• — 607 — (Appendice)
rum, in veniendo cum eo a Panormo usque Messanam, ad illu-
strem dominam regina m dominam et matrein nostram et nos, et
prò solidis Gandolfi Balbi, corniti Marsalie, prò tribus mensibus
anni tertiedecime indictionis nuper preteriti, quibus fuit in armata
nostri extolii et non fuit sibi exinde satisfactum : uncias viginti
novem, tarenos sedecim et grana decem. Predicto octavo septem-
bris apud Trapanum , balistariis quatraginta quatuor conductis
per eumdem ammiratum et dimissis in Trapano, quorum nomina
in eodem quaterno notantur, navigaturis cum eo in Gataloniam,
ubi tunc redire proposuerat, prò solidis eorum mensium duorum,
numeratorum ab eodem octavo septembris in antea, de quibus ba-
listariis, vigintisex deputati fuerunt ad armationem galee unius,
olim infra sequentem mensem octubris armate prò nostris servitiis
in civitate Messane, cui preerat Guillelmus Chinolus, prothontinus
civitatis eiusdem, reliquis balistariis decem et octo remanentibus in
eadem terra Trapani, deputandis ad armationem galee unius tunc
armande ibidem, prò custodia maritime vallis Mazarie, ad ratio-
nem de tarenis decem et octo prò quolibet eorum per mensem : un-
cias quinquaginta duas et tarenos viginti quatuor. Summa pre-
diete pecunie solute prò negotiis et causis prescriptis ad idem
pondus : uncie mille ducente triginta sex, tareni decem et septem;
predictorum denariorum, librarum de numero quatuor milia sex-
cente quinquaginta novem, solidi tredecim et denari i sex.
Ostendit etiam idem Ammiratus per eumdem quaternum olim
per diversas vices, loca et tempora subdistincta, per manus suas
et infrascriptorum nuntiorum suorum, de predicta pecunia, et pe-
cunia domini fratris nostri sibi propterea assignata, solvisse di-
versis personis prò subdistinctis causis, expensis et servitiis ne-
cessario tactis per eum , in munitione, armatione et aliis neces-
sariis, tam subscripti numeri galearum et aliorum vassellorum,
olim infra predictos menses iunii et iulii per eum ad opus pre-
dicti domini fratris nostri et nostrum armatorum in Gatalonia et
Maioricis, navigaturorum in insulam Querkani, simul cum pre-
dictis galeis et vaccetta armatis in Trapano ad communia servitia
predicti domini regis et nostra, quam prò delatura, oneratura et
missione biscocti missi in Gataloniam, prò panatica et etiam prò
aliis necessariis personarum in eis navigantium et prò aliis ex-
pensis et servitiis in eodem negotio , sicut infra distinguitur ,
oportunis, de qua medietas predictum dominum fratrem nostrum
(Appendice) — 608 —
et reliqua medietas nos conti ngunt , quarum personarum no-
mina et cognomina , quantitas pecunie cuilibet eorum soluta ,
prò quibus causis , in predicto quaterno distincte notantur , ad
dictam generale pondus pecunie et predictorum denariorum quan-
titatem inferius denotatam , videlicet : Infra predictum mensem
aprilis, diete quintedecime indictionis , apud Panormum et Tra-
panimi , prò delatura , oneratura et naulo cantariorum biscocti
septingentorum et rotulorum triginta quinque, de biscocto Curie
nostre facto in civitate Panormi , oneratorum et delatorum in
quadam navi Bernardi Gilii vocata Santus Nicolaus , ab eadem
civitate Panormi usque Trapanum, ubi biscoctum ipsum moratum
extitit, ferendum abinde in Cataloniam cum navi predicti Ammi-
rati, existente tunc in portu terre ipsius, exoneratura et delatura
eiusdem biscocti a predicta navi ipsius Bernardi in terram in Tra-
pano, et abinde usque machazenura, in quo fuit repositum; nec-
non prò cannarum de cannapacio duabus milibus sexcentis quin-
quaginta octo, emptis in eisdem terris Panormi et Trapani, prò
taciendis exinde saccis necessariis prò repositione ipsius et alte-
rius subscripte quantitatis biscocti onerati in predicta navi Am-
mirati, et delatura aliorum cantariorum biscocti quatringentorum
quinquaginta quatuor de biscocto Curie , facto in eadem terra
Trapani, et oneratorum in navi Dominici Consalbi proinde condu-
cta, et naulo predictarum navium predictorum Ammirati et Domi-
nici, cum quibus totum predictum biscoctum in predictis saccis
repositum et delatum extitit, ab eadem terra Trapani usque Bar-
celloniam ; prò panatica galearum armandarum in eadem civi-
tate ad opus predicti domini fratris nostri et nostrum , prò co-
ni unibus suis servitiis et nostris, ad diversas rationes in eodem
quaterno exitus distincte notatas : uncias centum octuaginta octo,
tarenos viginti sex et granum unum. Infra predictos menses iu-
nii et iulii, diete quarte decime indictionis, apud Barcelloniam,
comitis, naucleriis , balistariis et personis aliis conductis et de-
putatis per eum in Catalonie partibus ad armationem et servitia
duodecim galearum et unius galioni de remis octuaginta, arma-
tarum in Catalonia ad comunia servitia predicti domini fratris
nostri et nostra , prò solidis eorum , videlicet quibusdam ex eis
deputatis in predicto galiono prò mensibus quatuor, numeratis
a tertio mensis iunii, quibusdam aliis deputatis in eisdem galeis
prò mensibus quatuor, numeratis a quintedecimo sequentis men-
— 609 — (Appendice)
sis iulii diete quintedecime indictionis , et reliquis aliis prò
mensibus tribus , numeratis a quintodecimo eiusdem inensis iu-
lii in antea , quibus diebus, cutn predictis vassellis armatis, de
Barcellonia recesserunt ad predicta certa servitia prosecuturi ;
quarum personarum nomina et cognomina et quantitatem pe-
cunie cuilibet ipsorum solutam, et ad quas rationes, dictus qua-
ternus particulariter et piene distinguit : eorumdem denariorum
libras de numero sex milia septingentas triginta octo et soli-
dos undecim. Infra predictum mensem iunii , ibidem, Guillelmo
Lorens distribuendas et solvendas per eum , loco et
vice dicti Ammirati, comitis, naucleriis , balistariis , marinariis
et aliis personis conducendis et deputandis per eum ad armatio-
nem quatuor galearum tunc armandarum in Maioricis, que simul
cuoi aliis predictis galeis ad predicta comunia servitia naviga-
runt, prò soiidis eorum trium mensium : eorumdem denariorum
libras de numero mille quingentas decem, solidos sedecim et de-
narios octo. Infra predictum mensem octubris, diete quintedecime
indictionis, apud Trapanum, naucleriis, balistariis, marinariis et
personis aliis navigantibus ad armationem et servitia duarum ga-
learum, quarum unius erat comitus Berlingerius de Monteolio et
alterius Armandus Safont, que post captionem Sarracenorum ca-
ptorum in insula Querkani, misse fuerunt per eumdem Ammiratum
ab eadem insula usque Gapsi de partibus Barbarie, tam prò reci-
pienda pecunia liberationis Margami, quam prò liberatione quo-
rundam Saracenorum, de numero Sarracenorum captorum in ea-
dem insula, prò soiidis eorum dierum quindecim, numeratorum
a sextodecimo die dicti mensis octubris usque ad quod tempus
eis fuerat de eorum soiidis, sicut predicitur, satisfactum, usque
per totwn eumdem mensem, computata pecunia soluta balistariis
sex et marinariis tribus, adiunctis in altera predictorum galearum,
cuius erat comitus predictus Arnaldus , prò supplemento arma-
tionis galee ipsius, de numero personarum deputatarum in gallo-
no predicto, prò soiidis eorum dierum viginti septem, numerato-
rum a tertio dicti mensis octubris in antea, usque ad quod tempus
fuerat eis de eorum soiidis in Gatalonia satisfactum, ad predictas
rationes , sicut predictus quaternus piene distinguit : eorumdem
denariorum libras de numero centum octuaginta, solidos decem
et denarios septem. Undecimo dicti mensis iulii, apud Barcelloniam
prò candelis, speciebus, carnibus sallitis , caseo , fabis , vino et
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 39
(Appendice) — 610 —
rebus aliis emptis et assignatis per eumdera Ammiratum in eadem
terra Barcellonie comitis predictarum galearum duodecim et ga-
lioni unius, tam prò necessariis vassellorum ipsorum, quam prò
companagio personarum in eis navigantium, prò predicto tempore,
quorum comitorum nomina et res singulis eorum propterea as-
signate et quantitas pecunie solute prò rebus eisdetn, et quibus
personis, in eodem quaterno distincte notantur : eorumdem dena-
riorum libras de numero trecentas octuaginta duas , solidos tre-
decim et denarios quatuor. Infra predictum mensem iulii, apud
Barcelloniam, prò anulis et landris de ferro, prò virga standalis
facti ad arma predicti domini fratris nostri, forranda virga ipsa
cindato et staminea coloris ialini et rubei, emptis, positis et con-
versis prò faciendo predicto standali, baneriis et pennonibus ad
eadem arma, necnon prò certa quantitate ordei, ferrorum equo-
rum, cum clavis eorum, necessariis prò annona et aliis habilita-
tibus super mare, prò equis stipendiariorum Curie navigantium
cum eodem ammirato in galeis eisdem, et aliis diversis servitiis
necessariis tam prò armatione quorumdam ex vassellis predictis,
quam prò aliis negotiis et delatura certe quantitatis biscocti o-
nerati et immissi in predictis vassellis , prò eorum panatica et
repositione biscocti ipsius , per quoddam temporis spatium re-
positi in eadem terra Barcellonie , prout idem quaternus piane
distinguit : eorumdem denariorum libras de numero ducentas vi-
ginti septem, solidos decem, denarium unum.
Sextodecimo dicti mensis augusti, apud Maioricas, prò acutis
diversarum maneriarum, clavis , stupparolis , stuppa et pice ne-
cessariis prò reparatione quarumdam galearum ex vassellis pre-
dictis , que ob tempestatem supervenientem in eorum viagio a
maritima Russillioni usque ad insulam Maioricarum , in eundo
ad predictam insulam Querkani, in diversis partibus indigebant
necessario reparari, positis et conversis in reparatione ipsarum,
delatura predictarum rerum ab eadem terra Maioricarum usque
ad galeas easdem, et expensis Berlingerii Rog et unius socii sui,
missorum apud Maioricas, prò emendis et ferendis rebus eisdem :
eorumdem denariorum libras de numero viginti , solidos duos.
Infra predictum mensem septembris, quintedecime indictionis, a-
pud Trapanum et Panormum, per manus suas et Talenti de Iscla,
nuntii sui, prò salario unius pedoti de Trapano, conducti et de-
putati ad conducendam galeam Arnaudi Safont a Trapano usque
— 611 — (Appendice)
ad predictam insulam Querkani , que propter predictam tempe-
statem supervenientem in dieta maritima Russiliioni diverterat a
galeis predictis , custodia galee predicti Ammirati existentis in
portu Trapani , confectione etiam cantariorum biscocti quinqua-
ginta octo, factorum per eumdem Talentum in Trapano, de farina
Curie existente in eadem terra, oneratura tam ipsius, quam alio-
rum cantariorum biscocti centum de biscocto Curie in eadem
terra existente , onerati in eadem galea dicti Arnaudi et missi
cum ea ad eumdem Ammiratum ad predictam insulam, salario u-
nius cursoris missi cum suis litteris ad nostram presentiam de
significatione sui reditus in Siciliam, delatura, oneratura et naulo
cantariorum biscocti nonaginta trium missorum a Panormo in
Trapanum , oneratura certe quantitatis biscocti Curie onerati in
Panormo cum navi Bernardi de Sarriano proinde conducta, que
cum ipsius biscocti onere, navigando ad predictam insulam, pre-
dicto Ammirato in mari in reditu obviavit ; computatis unciis
quinquaginta sibi solutis , de unciis centum ei conventis prò
naulo predicti biscocti deferendi cum ea ab eadem civitate Pa-
normi usque ad predictam insulam , eo quod non compleverat
ipsum viagium , et emptione certe quantitatis biscocti empti in
Trapano, prò supplemento panatice personarum navigantium in
predictis vassellis , et certa quantitate cannapacii , ex qua facti
fuerunt sacci, in quibus biscoctum ipsum cum predicta navi de-
latum extitit , expensis Talenti de Iscla et sociorum missorum
apud Panormum super oneratura et missione dicti biscocti, loe-
rio cuiusdam vaccette Bartholomei de Alberto navigantis cum
predicto Ammirato in dictis nostris servitiis, ac certa quantitate
vini empta et assignata per eum in Trapano comitis undecim
galearum remissarum per eum de Trapano in Cataloniam , post
adventum earum a predicta insula Querkani , de numero predi-
ctarum galearum armatarum in Catalonia et Maioricis, prò potu
personarum in eis navigantium ac prò palmizandis aliis tribus
galeis postmodum per eum similiter remissis in Cataloniam, de
numero predictarum galearum, quarum due redierant de partibus
Barbarie in Trapanum, ad quas misse fuerant prò reci piemia pe-
cunia liberationis predicti Margani et redemptione predictorum
Sarracenorum, et prò diversis rebus emptis et assignatis comitis
galearum ipsarum, prò companagio et aliis necessariis persona-
rum et galearum ipsarum , sicut dictus quaternus particulariter
(Appendice) — 612 —
et piene distinguit : lincia» centum viginti sex , tarenos duos et
grana quinque. Decimo predicto mensis septembris apud insulam
Fa vignane , comitis tredecim galearum de numero galearum ip-
sarum, prò solidis certi numeri personarum per eos deputatarum
ad custodiendum in eisdem galeis Sarracenos captos in predicta
insula et ministrandum eis necessaria ab eadem insula usque
Trapanum, ana unciain unam et taren. quindecim prò personis de-
putatis ad hoc in qualibet galearum ipsarum, quorum comitorum
nomina et cognomina, et quantitas pecunie cuilibet eorum proin-
de soluta, in eodem quaterno distincte notantur : uncias decem et
novem, tarenos quindecim. Infra menses septembris et octubris,
quintedecime indictionis, apud Trapanum et Panormum per ma-
nus Petri de Vilariis et Chapi Fiorentini , nuntiorum suorum ,
prò victu et custodia predictorum Sarracenorum captorum in pre-
dicta insula et missorum ad easdem terras ad vendendum, prò
certo tempore , infra quod predicti Sarraceni venditi fuerunt in
terris eisdem , et prò salario incantus venditionis Sarracenorum
ipsorum, prout idem quaternus piene distinguit : uncias viginti
octo, tarenos octo. Summa predicte pecunie solute prò armationibus
predictorum vassellorum et aliis predictis expensis et servitiis fa-
ctis in captione et venditione predictorum Sarracenorum, ad opus
predicti domini fratris nostri et nostrum : uncie trecente sexa-
ginta due , tareni viginti unus et grana sex ; predictorum de-
nariorum libre de numero novem milia sexaginta, solidi tres, de-
narii octo. De quibus, medietate soluta et assignata propterea per
eumdem Ammiratum , de pecunia dicti domini fratris nostri,
contingunt nos prò reliqua medietate predictorum omnium, que
prò medietate ipsa in presenti exitu computantur, ad idem pon-
dus : uncie centum octuaginta una, tareni decem, grana quatuor-
decim ; predictorum denariorum , librarum de numero quatuor
milia quingenta triginta, solidus unus et denarii decem.
Computantur in eodem exitu, iuxta predicti quaterni tenorem,
prò duobus Sarracenis nigris , de numero predictorum Sarrace-
norum, olim assignatis per eum nostre Curie, qui missi fuerunt
in exenium ad illustrem ducem Venetiarum: uncie duodecim. 0-
lim per diversas vices et tempora, infra predictum tempus , la-
cobo de Bussono , dudum capto per nostrum felix extolium in
conflictu et captione principis, qui tunc nostro carceri tenebatur,
prò expensis suis et duobus custodibus deputatis ad ipsius cu-
— 613 — (Appendice)
stodiam, prò salario eorum, prò anno uno et mense uno nume-
ratis a quintodeeimo iunii nuper preterite duodecime, usque per
totum mensem augusti predicte tertiedecime indictionum, necnon
Raynaldo Galardo similiter capto in eodem conflictu et carceri
nostro detento, prò expensis suis et duobus custodibus deputa-
tis ad ipsius Raynaldi custodiam, prò salario eorum prò mensi-
bus decem et diebus quindecim, numeratis a predicto quintode-
cimo iunii duodecime, usque per totum mensem aprii is tertiede-
cime indictionum predictarum, ad rationem de granis decem prò
quolibet predictorum, et de tareno uno prò quolibet predictorum
custodum, ponderis generalis per diem uncias quinquaginta octo.
tarenos viginti duos et grana decem.
Diversis personis, in quaterno ipso distinctis prò subscriptis
rebus emptis et assignatis infrascriptis omcialibus hospitii illu-
stris domine regine, domine matris nostre, ad opus Camere sue
et prò usu hospitii sui, pecunie quantitatem subscriptam , vide-
licet, prò nappis et coppis de argento assignatis ad opus
predicte Camere: uncias quatraginta, tarenos viginti unum et gra-
na quindecim. Pro frumenti salmis centum et cantano uno de
angillis sallatis , olim per eum emptis et assignatis Bartholotto
Tallavie expensori eiusdem hospitii : uncias triginta quinque, ta-
renos decem. Summa predicte pecunie assegnate ad opus Camere
et predicti hospitii : uncie septuaginta sex, tarenus unus et gra-
na quindecim. Pro frumenti salmis quinquaginta et cantario uno
de angillis sallatis, emptis et assignatis per eum Petro de Fus-
ses, expensori nostri hospitii, prò usu eiusdem hospitii : uncias
decem et dcto, tarenos viginti.. Pericono de Ottellis, de reposito
diete domine matris nostre, prò emendis per eum tappetis et to-
baleis lnnneis et mataraciis ad opus inclite matertere nostre Bea-
tricis : uncias quindecim. Olim per diversas vices et tempora, in-
fra predictum annum quintedecime indictionis, egregio Manfrido
consobrino nostro, primogenito illustris marchionis Salluciarum,
computandas in quantitate pecunie sibi conventa in dotem, con-
templatione matrimonii contracti inter predictam materteram no-
strani et eum : uncias mille sexcentas quinquaginta et grana se-
ptem.
Ostendit per eumdem quaternum olim per diversas vices et
tempora , infra predictum annum quintedecime indictionis , per
manus suas et infrascriptorum nuntiorum suorum, sol visse tam
(Appendice) — 614 —
diversis stipendiariis Curie , quorum nomina et cognomina , et
quantitatem pecunie cuilibet eorum solutam, quaternus ipse di-
stinguit, computandas in solidis eorum , quos a Curia debebant
recipere, quibusdam ex eis prò quietatione et supplemento quie-
tationis certi preteriti temporis in quaterno ipso notati , de qua
quantitate sibi solvenda ad predictum Lapum nostre littere eraa-
narunt, qui nichil exinde sibi solvit , litteris ipsius per eum in
nostris manibus resignatis, quas mandavimus et fecimus lacerari,
quam Iohanni Scorne scriptori quietationis gentis nostre et aliis
subscriptis personis, solvendis per eos diversis stipendiariis, prò
eorum solidis, sicut infra distinguitur, ad idem pondus, pecunie
quantitatem subscriptam, videlicet : Quibusdam ex predictis sti-
pendiariis computandas in quietatione eorum, quam a Curia de-
bent recipere: uncias centum triginta quatuor, tarenos quindecim.
Quibusdam ex predictis stipendiariis, prò solidis eorum certi pre-
dicti temporis, in quaterno ipso distincti, computatis unciis auri
decem solutis Guillelmo Carbono, prò quietatione sua mensium
quinque, numeratorum a primo iulii, diete quartedecime, usque
per totum mensem novembris quintedecime indictionum predicta-
rum, iuxta tenorem albarani lohannis Scorne predicto Thesaura-
rio proinde directi, quod Curie assignavit, super quibus exiben-
dis eidem, ad predictum Lapum nostre littere emanarunt, de qui-
bus nichil ei per eumdem Thesaurarium solutum extitit, eisdem
litteris nostris in manibus nostre Curie resignatis, quas manda-
vimus et fecimus lacerari ; nec non et unciis viginti tribus et ta-
renis decem per eum solutis Burdo Salier, prò supplemento quie-
tationis sue anni unius et mensium septem numeratorum a se-
cundo ianuarii quartedecime , usque per totum mensem augusti
quintedecime indictionum predictarum, iuxta tenorem alterius al-
barani predicti lohannis Scorne, quod Curie assignavit : uncias
trecentas quatraginta tres , tarenos viginti. Per manus predicti
notarii Guillelmi de Bella predicto Iohanni Scorne , prò solidis
predictorum stipendiariorum : uncias octingentas. Per manus pre-
dicti Ammirati , notarii Leonardi et aliorum nuntiorum suorum
eidem Iohanni Scorne , prò accurrimento stipendiariorum ipso-
rum, sicut constat per unum albaranum sub sigillo ipsius lohan-
nis proinde confectum : uncias sexcentas septuaginta quatuor ,
tarenos undecim et grana decem. Per manus predicti notarii Leo-
nardi, notariorum Salerai et Tancredi, commissariorum eiusdem
— 615 — (Appendice)
Ammirati, diversis stipendiariis nostris, ad diversa albarana eiu-
sdem Tohannis dicto notario Leonardo proinde directa, sicut con-
stat per albaranum pr-edictum, quas idem Iohannes, iuxta ipsius
albarani tenorem, posuit prò solutis cuilibet predictorum stipen-
diariorum in eorum computis , per manus notariorum ipsorum :
uncias septingentas septuaginta quatuor, tarenos decem et septem,
grana undecim. Per manus eiusdem Ammirati Berlingerio de
Santo Genes, Domingo Palamario et Aries, sicut constat per al-
baranum predictum, que iuxta ipsius albarani tenorem, per eum-
dem Iohannem fuerunt in eorum solidis computate : uncias quin-
que. Summa predicte pecunie solute predictis personis et stipen-
diariis prò solidis stipendiariorum ipsorum : unciarum tria milia
ducente nonaginta quatuor, tareni sedecim et granum unum.
Diversis stipendiariis, in eodem quaterno notatis , prò emen-
dis seu restitutionibus quorumdam equorum suorum ad arma ,
olim infra eumdem annum quintedecime indictionis, per diversas
vices mortuorum in nostris servitiis, ultra predictam aliam quan-
titatem pecunie stipendiariis aliis propterea exolute, computatis
unciis octo solutis Petro de Melacio, prò emenda cuiusdam equi
sui mortui in nostris servitiis, prò quibus exhibendis eidem, ad
notarium Stephanum de Nicholao, olim infra predictum annum
quintedecime indictionis Secretum et magistrum Procuratorem Si-
cilie, mandatum nostre celsitudinis emanavit, per quem sibi, vel
alii eius nomine, in toto ve! in parte de quantitate ipsa satisfa-
ctum non extitit , mandato ipso in nostris manibus resignato ,
quod mandavi mus et fecimus lacerari : uncias centum septua-
ginta quinque. Pro solidis comitorum, naucleriorum, balistario-
rum et aliarum personarum, olim infra predictum mensem de-
cembris. quintedecime indictionis, conductarum et deputatarum
ad armationem galee unius armate in civitate Panormi et depu-
tate ad custodiam insule Sicilie, quarum erat prepositus Guillel-
mus Garbonus, prò mensibus tribus, numeratis a quinto decem-
bris diete quintedecime indictionis, et galioni unius de remis oc-
tuaginta quatuor armati in Trapano et deputati ad custodiam
predicte insule , sub capitania predicti Guillelmi , prò mensibus
duobus et diebus viginti, numeratis a quintodecimo dicti mensis
decembris in antea , et prò diversis rebus emptis et assignatis
comitis vassellorum ipsorum, prò companagio et aliis necessariis
personarum in eis navigantium, et prò diversis rebus necessariis
(Appendice) — 616 —
prò vassellis eisdem, couiputatis unciis tribus, tarenis vigniti octo
solutis quibusdam personis, que ad armationem predictarum galee
et vaccette conducte fuerunt et fugierunt ab armatione ipsarum :
uncias trecentas triginta septera, tarenos viginti octo, grana duo-
deci m. Olim per diversas vices et tempora, infra predictum an-
num quintedecime indictionis , per manus suas et diversorum
nuntiorum suorum, notatorum in eodem quaterno , infrascriptis
personis prò reparatione , munitione et armatione galearum et
aliorum vassellorum dicti nostri extolii , in eodera anno armati
in Gatalonie et Sicilie partibus; necnon prò scutis, quadrellis et
aliis armis, carnibus sallitis, caseo et rebus aliis emptis et assi-
gnatis prò munitione, armatione et aliis necessariis galearum et
vassellorum ipsorum; necnon prò panatica , companagio et aliis
necessariis personarum in eis navigantium, prout predictus qua-
ternus particulariter et piene distinguit, ad idem pondus, pecu-
nie quantitatem subscriptam , videlicet : Andree Bembe et Ta-
lanto prepositis tarsianatus Trapani, prò opere reparationis vas-
sellorum existentium in eodem tarsianatu , uncias octuaginta
quinque. Matheo de Lanternali preposito tarsianatus Panormi ,
prò opere reparationis galearum in eodem tarsianatu existentium,
uncias sexaginta tres et tarenos undecim. Gomito Iuliano de A-
lexandria de Syracusia, prò faciendo ibidem fieri biscoctum prò
panatica predicti extolii, uncias septuaginta. Rogerio Morena de
Syracusia, prò emenda canape prò faciendis inde corredis neces-
sariis munitioni predictorum vassellorum, computatis unciis du-
centis sibi propterea exolutis per predictum Robertum de Lauria
Iustitiarium vallis Nothi, que in summa pecunie introytus recepte
ab eodem Iustitiario includuntur , uncias ducentas triginta. Pro
scutis mille trecentis quadraginta octo , pavisiis centum octo et
armis aliis emptis et assignatis Amelie custodi et conservatori
armorum Curie dicti extolii in Messana, et Petro de Calatagirono
prothontino Panormi, panno erapto et assignato tubatoribus eius-
dem extolii, prò indù mentis eorum et sutura indumentorum ip-
sorum, necnon prò faciendis tentoriis in galea eiusdem Ammi-
rati et in quadam alia galea , cuius erat prepositus Franciscus
de Lauria, certa quantitate quadrellorum de Ianua, vini, casei ,
olei et aliarum diversarum rerum emptarum et assignatarum in
Sicilia et Gaieta, prò munitione, armamento et aliis necessitatibus
predictorum vassellorum, companagio et aliis necessariis perso-
— 617 — =- (Appendice)
narum, in eis navigantium, computatis carniutn porcinarum sal-
litarum cantariis viginti quinque , que de quantitate carniutn
empta prò companagio dicti extolii , cuius pretium in presenti
suinma includitur, empte extiterant, et postmodum assignate fue-
runt castellano castri Gironi de Iscla prò thesauro et munitione
castri ipsius, computatis etiam unciis novem, tarenis viginti duo-
bus assignatis per euindem Ammiratum predicto Chapo Fiorentino,
prò eraendis straminea et buccaramine necessariis prò faciendis
baneriis seu confalonibus duobus et tentorio uno prò galea, cuius
erat prepositus Franciscus de Lauria, que penes eumdem Chapum
remanserunt , et sunt ab eo per Curiam exigende : uncias quin-
gentas septem , tarenos duodecim et grana decem. Raynaldo de
Siracusia viceammirato Trapani , que sibi assignate fuerunt per
predictum Ardoynum de Callario Iustitiarium vallis Mazarie, prò
reparatione galearum Curie existentium in dicto tarsianatu Pa-
normi , et supra in dicto introytu sunt notate : uncias centutn
sexaginta octo. Olim per diversas vices , infra eumdem annum
quintedecime indictionis, solvisseetper manusdiversorumcommis-
sariorum suorum solvi fecisse in diversis locis, in quaterno ipso
distinctis, baiulis et iudicibus subscriptarum terrarum Sicilie, vi-
delicet Trapani, Montis Sancti luliani, Marsalie, Mazarie, Castri
Veterani, Salem, Sacee, Calatabillocte, Curilioni, Agrigenti , Li-
cate, Heraclie, Syracusie, Auguste, Lentini, Cathanie, Iacii, Ma-
scalarum, Tauromeni, Cephaludi, Thermarum, Panormi, Montis
Regalis et Alcami , prò solidando in singulis terrarum ipsarum
certo numero marinariorum deputatorum ad armationem predicti
extolii , nec non et Percevallo de Soris et Nicoloso de Paladino
de Cathania, de summa pecunie necessarie prò solidandis in ea-
dem terra Cathanie marinariis sexaginta duobus; Petro de Mathia
de Pactis, prò solidandis io eadem terra marinariis centum tre-
decim, et in Liparo marinariis centuu) quatraginta sex; Bernardo
de Malatino et Thomasio de Trayna, prò solidandis in Castellio-
ne, Linguagrossa, Plaza, Francavilla, Crimastadio, archeriis octua-
ginta tribus ad armationem eiusdem extolii deputandis, et tribus
marinariis solidatis in dieta terra Agrigenti, prò mensibus duo-
bus ad rationem de tarenis octo prò quolibet eorum per mensem;
quorum baiulorum et iudicum et predictorum trium marinariorum
nomina et cognomina , numerus marinariorum et archeriorum
solidatorum per singulos predictorum baiulorum et iudicum et
(Appendice) — 618 —
alias predictas personas, et quantitas pecunie singulis eorumdem
baiulorum, iudieum et persona™ m proinde soluta in eodetn qua-
terne) distincte notantur : uncias mille sexcentas viginti tres et
tarenos vigiliti sex. Per manus suas et Chapi Fiorentini nuntii
sui, Petro de Calatagirono , dudum prothontino Panormi , prò
reparatione, munitione et armatione galearum armatarura in ea-
dern civitate , computatis unciis octo sibi solutis per eumdem
Ammiratum in insula Iscle : uncias quingentas septem , tarenos
viginti duos et grana decem. Guillelmo Carbono prò solidis ma-
rinariorum galearum duarum et vaccette unius, quarum erat pre-
positus Ventura Merenda, eotnputatis unciis tribus solutis eidem
Guillelmo per manus predicti prothontini Panormi : uncias cen-
tum quinquaginta tres, tarenos viginti. Notario Leonardo, nuntio
et notario suo, prò supplemento solidorum certi numeri naucle-
riorum, porthulatorum , secunderiorum , terzeriorum puppis et
prore, proderiorum , magistrorum carpintariorum et calafatorum
deputatorum in galeis, olim infra predictum annum quintedecime
indictionis armatis; turmis marinariorum subscriptarum terrarum
Sicilie, videlicet Gephaludi, Trapani, Marsalie, Licate, Heraclie,
Syracusie, Gathanie, Iacii et Tauromeni , et quorundam balista-
riorum catalanorum et latinorum deputatorum in galeis dictarum
terrarum Marsalie et Trapani , per quosdam ex predictis baiulis
et iudicibus et alias speciales personas , eo quod eis tamquam
marinariis , preter balistarios catalanos , per baiulos et iudices
terrarum ipsarum solidi prò duobus mensibus soluti fuerant ad
rationem de tarenis octo prò quolibet eorum per mensem, et dic-
tis balistariis catalanis per predictas personas certa pecunie quan-
titas soluta extitit, que singulos eorum deputatos in eisdem ga-
leis ad predicta servitia prò eorìem tempore contingebat , ultra
quantitatem prescriptam , et prò solidis quorumdam ex eis prò
predicto tempore, prout quaternus particularis solutionis eiusdem
pecunie Curie assignate particulariter et piene distinguit : uncias
septuaginta duas, tarenos novem et grana quindecim. Berlinge-
rio de Monteolyo deferendas et expendendas per eum in Gatalonie
partibus , prò armandis galeis navigaturis de Catalonia in Sici-
liani, ad nostra servitia: uncias mille. Pro emptione diversarum
rerum emptarum in Maioricis per manus Guillelmi Ollerii, nuntii
Ammirati predicti, necessaria™ m prò munitione galearum trium
armatarum per predictum Berlingerium, de predicta pecunia, in
— 619 — (Appendice)
predictis partibus Catatonie, quarum fuit prepositus Petrus Gar-
ces de Mesones : uncias sexaginta unam, tarenos quinque et grama
quatuordecim. Pro arruatiotie cuiusdam galioni Curie nostre de
remis triginta sex, armati in Messana, cuius fuit prepositus Per-
rellus Caldara, de numero vassellorum predicti extolii, et diversis
rebus emptis et assignatis eidem Perrello prò companagio et
aliis necessariis personarum in eo navigantium , et aliis neces-
sitatibus galioni ipsius , prò mensibus duobus numeratis a no-
no mensis madii, diete quintedecime indictionis , in antea : un-
cias viginti duas, tarenos decem. Bernardo Romeo, nuntio Am-
mirati predicti, exhibendas per eum balistariis decem et novem
conductis et deputatis per eum ad afmationein galearum arma-
tarum in valle Mazarie, prò solidis eorum certi temporis in qua-
terno ipso distincti : uncias sedecim. Bartholomeo de Monteolyo,
nuntio eiusdem Ammirati, exhibendas per eum balistariis sede-
eira catalanis, conductis et deputatis per eum ad armationem ga-
learum ipsarum , et marinariis quatuordecim conductis per eum
in terra Marsalie, ultra numerum marinariorum in eadem terra
deputatorum ad armationem predictorum vassellorum, prò men-
sibus duobus ad rationem de tarenis septem et granis quindecim
prò quolibet eorum per mensem : uncias sedecim, tarenis quatuor
et grana quindecim. Quibusdam marinariis olim infra predictum
mensem madii conductis et deputatis in Augusta per eumdem
Ammiratum , ad supplementum armationis predicti extolii , prò
solidis eorum certi temporis : uncias viginti. Pro redemptione et
liberatione balistariorum catalanorum decem, qui per hostes no-
stros in Tropea carceri tenebantur , et post liberationem eorum
eum nostro extolio navigaverunt usque Neapolim et abinde re-
dierunt in Siciliam : uncias decem. Mercatanti de Mazaria militi,
prò accurrimentu expensarum suarum , eo quod armis , equis
decenter munitus, eum eodem Ammirato eum predicto extolio sine
solidis navigavit : uncias quatuor. Pro solidis Bartholomei de
Monteolyo, Bernardi Romei , Iohannis de Nazario de Castanea ,
statutorum per predictum Ammiratum super recipienda et defe-
renda ad eum a lustitiariis Sicilie pecunia predicte promissionis,
necessaria prò reparatione et armatione dicti extolii, prò certo
tempore, in quaterno ipso notato, quo morati sunt in recipienda
et deferenda predicta pecunia a predictis lustitiariis usque ad
predictum ammiratum, loerio equitaturarum deferentium pecuniam
(Appendice) — 620 —
ipsam et aliis expensis necessariis prò et delatura
ipaius pecunie : uncias triginta quatuor, tarenos undecim et grana
decerci et septerci. Per manus predicti notarii Guillelmi de Bella,
diversis personis, tam prò munitione, armatione, panatica, com-
panagio et aliis necessariis diversarum galearum, galionorum et
vaccetarum Curie, olim infra predictum annum quintedecime in-
dictionis ante tetnpus generali» armate nostri felicis extolii et
post reditum et exarmationem ipsius, per diversas vices et tem-
pora armatarum in dieta ci vitate Messane et missarum ad diver-
sas partes, prò diversis nostris servitiis, quam prò reparatione, mu-
nitione, ingradatura galearum et aliorum vassellorum nostrorum
existentium in nostro tarsianatu Messane, custodia tarsianatus ip-
sius, confectione quadrellorum necessariorum prò armamento dicti
extolii, naulo et delatura certe quantitatis frumenti empti et missi
a Lentino in Messanam, prò faciendo inde fieri biscoctum prò pa-
natica personarum predicti extolii, confectione predicti biscocti,
reparatione armorum Curie , necnon prò certa quantitate canna-
pacii, ex qua facti fuerunt sacci necessarii prò deferendo et con-
servando in eis predicto biscocto, prò eindato , buccaraminibus
necessariis prò faciendis baneriis prò eodem extolio ad arma
nostra et diete civitatis Messane, delatura certe quantitatis biscocti
delati a Panormo usque Messanam prò panatica dicti extolii, prò
armatione, panatica, companagio et aliis necessariis eiusdem ex-
tolii et aliis diversis causis, negotiis et servitiis, quarum perso-
narum nomina et cognomina, quantitas pecunie singulis earurci so-
luta, prò quibus causis et negotiis in quodam quaterno particula-
ris solutionis prediche pecunie, per eum in positione predicte ra-
tionis Curie assignato, particulariter et distincte notantur, ad di-
ctum generale pondus: unciarum septem milia septuaginta novem,
tarenos quindecim, grana quindecim et medium. Et prò quadam
galea dieta Pavonus de remis centum quatuor empta per predi-
ctum Amoiiratum in ci vitate Panormi, ad opus predicti extolii :
uncias octuginta. Stimma predicte pecunie solute prò servitiis
diete armate, ad idem pondus : unciarum undecim milia septin-
gente viginti quatuor, tareni viginti septem, grana decem et sep-
tem et medium.
Ostendit per eumdem quaternum olim, per diversas vices et
tempora, infra predictum annum quintedecime indictionis solvisse
et exhibuisse diversis personis tam prò frumenti salmis quingentis
— 621 — (Appendice)
et ordei salmis eentum quinquaginta , olim infra mensem octu-
bris, indictionis eiusdem, emptis per eum, in delatura, oneratura
et missione ipsarum abinde usque Siciliani, cum terida Bernardi
de Sarriano , quas prò munitione ipsius terre Scalee , succursu
gentis nostre existentis ibidem , et munitione castrorum nostri
dominii terre eiusdem circumadiacentium , Bernardo de Sancto
Stephano capitaneo eiusdem terre posuit ; necnon Bernardo de
Sarriano, prout ponitur , prò frumenti sal-
mis quinquaginta septem terre Sca-
lee prò munitione terre et castrorum ipsorum. Ste-
phano de Insula preposito anonis frumenti delati ad terram eam-
dem cum navi laconie de Milite , et panno empto et misso ad
Raymundum Guatta, olim castellano castri eiusdem terre ....
.... sub nostro dominio, prò indumentis servientium castri ip-
sius panni in eorumdem servientium solidis computan-
dis, et prò solidis certi numeri servientium deputatorum ad cu-
stodiam terre Scalee, prò mensibus decem numeratis a primo no-
vembris usque per totum mensem augusti , diete quintedecime
indictionis : uncias trecentas triginta duas et tarenos duos. Osten-
dit per eumdem quaternum se solvisse olim infra predictum an-
num, tam prò solidis balistariorum et almugavarorum, tunc de-
putatorum ad obsidionem castri terre Auguste, quam prò diver-
sis rebus emptis et assignatis diversis personis, et aliis diversis
expensis olim infra eumdem annum factis in obsidione castri ip-
sius : uncias sexagintaquinque, tarenos viginti quinque et grana
quatuor. Ostendit etiam per eumdem quaternum assignasse per
diversas vices Berlingerio de Sigar , quas idem Berlingerius ei-
dem Bernardo in Catalonia prò nostris servitiis mutuarat, et Petro
de Vilariis prò naulo navis sue , cum qua milites et equites ,
solidati per eumdem Bernardum in Catalonia, de partibus ipsis in
Siciliam ad nostra servitia transfretarunt , et dictus Amrairatus
ad preces et instantiam ipius Bernardi eis restituit et exolvit ,
ad idem pondus : uncias octuaginta octo.
Ostendit per eumdem quaternum olim per diversas vices e
tempora, infra eumdem annum solvisse diversis personis in dicto
quaterno notatis , tam prò equis et roncinis , olim infra tempus
ipsum emptis per eum et datis per nostrani celsitudinem diversis
beriemeritis et fidelibus nostris, quam que Manueli Cibo per Cu-
riam nostram ad solvendum restiterant de unciis quatrigentis
(Appendice) — 622
in quibus , prò quibusdam iocalibus, ei nostra Curia tenebatur,
elemosina et aliis diversis causis et negotiis, in eodem quaterno
distincte notatis, computatis unciis decem datis prò pretio unius
equi pili bay , oliai infra predictum inensem madii aput Gatha-
niarn assignati Albaragurdano, que debent in ipsius Albaragur-
dani solidis computari , necnon et unciis viginti solutis Matheo
de Arenis, prò emendis equo, arrais et aliis rebus, in quibus sibi
serenitas nostra generose providerat, et eas per notarium Stepha-
num de Nicolao, dudum infra eumdem annum Secretum et ma-
gistrum Procuratorem Sicilie , sibi exhiberi preceperat et nichil
per eum dicto Matheo solutum extitit , litteris nostris sibi pro-
pterea directis in nostris manibus resignatis, quas mandavimus
et fecimus lacerari, et unciis quinquaginta octo solutis per eum
Bertrando de Gannellis, prò quodam equo suo per eum empto ad o-
pus nostrum et assignato marescalle nostre, et unciis viginti, tare-
nis quindecim et granis decem olim, infra predictum mensem au-
gusti, per eum solutis prò compedibus centum septuaginta tribus,
emptis et deputatis prò vinculandis captivis existentibus in tar-
sianatu Messane et domo Ammirati ipsius et aliis captivis missis
apud Panormum et Gephaludum : uncias quantringentas septua-
ginta duas, tarenos quatuordecim. Nicoloso Matarasso, prò inci-
dendis, trahendis et deferendis apud Messanam lignaminibus ne-
cessariis prò constructione navis nostre, que de novo construitur
in monasterio Sancti Salvatoris de Lingua Fari Messane : uncias
quatraginta septem. Nicoloso Rubeo, alteri magistrorum tarsianatus
Messane, in pretio cantariorum ferri viginti trium, necessariorum
in opere et costructione navis eiusdem; necnon operibus magistro-
rum et aliorum operariorum de arte eorum, laborantium in con-
structione predicta et aliis expensis propterea necessariis : uncias
sexaginta sex et tarenos decem et novem. Ostendit per eumdem
quaternum sol visse diversis personis prò piconibus triginta sex,
zappis decem et palis de ferro decem emptis prò expugnatione
castri Auguste , in quo rebelles et hostes nostri morabantur in-
clusi : uncias quatuor, tarenos quindecim et grana decem. Osten-
dit per eumdem quaternum solvisse Amando de Quadres prò fru-
menti salmis octingentis, ad generalem salmam Messane, emptis
ab eo in civitate ipsa et assignatis Iacobo de Ponte, que per eum
eum navi Villardelli delate fuerunt a civitate ipsa usque Gutro-
num, tam prò nostris servitiis, quam ad vendendum ibidem, ad
— 623 — (Appendice)
rationetn de tarenis decerli per salmam : imcias ducentas sexaginta
sex, tarenos viginti. Ostendit per eumdem quaternum assignasse
predicto Berlingerio Villaraguto Thesaurario , in pretio eiusdem
navis nostrorum hostium olim capte per predictum nostrum exto-
liura in mari Surrenti , quam idem Berlingerius emit a predicto
Ammirato, sicut supra in introytu continetur , computandis in
quantitate pecunie sibi debite per nostram Guriam : uncias cen-
tum viginti. Ostendit etiam per eumdem quaternum sol visse Vin-
chio Gammise de Neapoli , prò armatione et aliis necessariis u-
nius galioni sui missi per eumdem Ammiratum ad predictum
regem Aragonum fratrem nostrum, cum litteris et nuntiis suis ,
super negotio treuge tunc inite cum nostris hostibus et prò ex-
pensis Guillelmi Simadimari missi per eum propterea, cum pre-
dictis suis litteris, ad dictum dominum fratrem nostrum : uncias
quatraginta sex. Ostendit per eumdem quaternum olim per di-
versas vices , infra eumdem annum , solvisse balistariis triginta
novem, lanceriis peditibus viginti quinque, solidatis et deputatis
per eum ad custodiam et servitia castri Geroni de Iscla, prò so-
lidis eorum mensium duorum, numeratorum a nono mensis iulii,
diete quintedecime indictionis, quo castrum ipsum in dominio
nostro recepit , in antea usque per totum octavurn decimum
mensis septembris presentis prime indictionis, et Calzidonio lan-
cerio pediti deputato , ultra predictum numerum , ad eiusdem
castri custodiam, prò solidis suis mensium quatuor, numera-
torum a predicto nono iulii usque per totum octavurn noveni-
bris , diete prime indictionis , necnon prò diversis rebus exi-
stentibus in eodem castro , cum erat in dominio hostium , em-
ptis et remanentibus in castro ipso prò thesauro et munitione
ipsius, biscocti cantariis viginti duobus, frumenti salmis centum
sexaginta duabus , caseo et aliis diversis rebus emptis et assi-
gnatis Galzerando de Monteolyo, castellano dicti castri, prò the-
sauro et munitione ipsius, prout idem quaternus piene distinguit,
ad idem pondus, in summa : uncias centum quatraginta quatuor,
tarenos decem et septem et grana septem. Ostendit per eumdem
quaternum solvisse prò expensis Iohannis Sarti et Mathei de A-
tro, militum, nuntiorum legati et comitis Atrabatensis, missorum
ad nostram excellentiam, et familie eorum inter omnes numero vi-
ginti quatuor, prò diebus viginti quatuor numeratis a duodecimo
dicti mensis iulii, quo venerunt Messanam ad nostram presentiam,
(Appendice) — 624 —
usque per totum quartum diem sequentis mensis augusti , diete
quintedecime indictionis, quibus morati sunt in civitate Messane,
super negotio diete treuge : uneias deeem et octo, tarenos quin-
decim. Ostendit per eutndem quaternum olim infra predi ctum
mensem augusti solvisse almugavaris quatringentis, prò quieta-
tione eorum dierum quindecim, numeratorum a quinto die mensis
augusti in antea, ad rationem de granis sex prò quoìibet eorum
per diem : uneias sexaginta.
Ostendit etiam , per eumdem quaternum , de predicta pecu-
nia restituisse Bernardo Marketto, recipienti nomine et prò parte
subscriptorum mutuatorum , prò subscripta quantitate denario-
rum regalium , olim infra predictum tempus per eum prò parte
nostre Curie, autori tate predictarum patenti um litterarum nostra-
rum , ab eis recepta mutuo , prò predistinctis causis et negotiis
supra in introytu ipso notatis, ad rationem predictam de denario-
rum ipsorum libris duabus , solidis decem per unciam , iuxfa
conventionem cum eis exinde habitam , ad idem pondus , quan-
titatem pecunie subscriptam , videlicel : Pro libris mille quin-
gentis olim, infra predictum mensem iulii, mutuatis eidem Am-
mirato per predictum Raymundum Marketum, prò predictis ser-
vitiis : uneias sexcentas. Pro aliis libris mille quingentis olim,
infra predictum tempus ei mutuatis per predictum Berlingerium
Mayolum : uneias sexcentas. Pro libris mille trecentis olim ,
infra predictum tempus , ei mutuatis per predictum Raymun-
dum Favallerium : uneias quingentas viginti. Et prò libris du-
centis triginta , solido uno et denariis decem , olim infra tem-
pus ipsum mutuatis ei per predictum Iacobum de Santo ele-
mento : uneias nonagintaduas, tarenum unum et grana duo. 0-
stendit per eumdem quaternum restituisse Bernardo Marketto, nun-
tio Raymundi Marketti et Raymundi Favellari de Barcellonia, prò
predictis denariis regalibus, librarum duobus milibus ducentisquin-
quaginta, solidis quatuor et denariis novem, olim a predicto sep-
timo iulii, usque per totum secundum diem mensis augusti, diete
quintedecime indictionis, auctoritate predictarum patentium lit-
terarum nostrarum, per eumdem Ammiratum ab eis receptis mu-
tuo, prò solvendis in Gatalonia militibus mittendis in Siciliam ad
nostra servitia, munitione predictarum galearum et vaccette ar-
matarum in Trapano et aliis predictis nostris servitiis, prout su-
pra in dicto introytu dictincte notatur, ultra predictam quantitatem
— 625 — (Appendice)
pecunie restitutis ad rationera de denariorum ipsorum libris dua-
bus et solidis decem per unciam : uncias nongentas, tarerios duos
et grana decem et septem. Ostendit per eumdem quaternuin re-
stituisse et solvisse Iaconie de Milite de Policio, quas olim infra
mensem ianuarii, diete quintedecime indictionis, solverat nostre
Curie, prò iure exiture salmarum frumenti mille, tunc extrahen-
darum per eum de portu Panormi, cum quadam navi sua et fe-
rendarum apud Scaleam, prò eo quod infra eumdem mensem pro-
visura extitit frumentum ipsum cura eadera navi non debere ex-
trahi ferendum ad terram eamdem : uncias triginta. Ostendit per
eumdem quaternum olim per diversas vices et tempora, infra pre-
dictum tempus, solvisse notario Guillelrao de Bella, notario Leo-
nardo, notariis, notario Iohanni et notario Nicolao, scriptoribus
secum retentis, ad scribendum quaternos et alias rationes officii
et servitiorum ipsorum, prò solidis eorum anni unius et raensiura
triura, numeratorum a primo iulii diete terciedecime , usque per
totura mensem septembris quintedecime indictionum , ad ratio-
nera de unciis duabus prò predicto notario Guillelrao et de unciis
duabus prò predicto notario Leonardo , et de tarenis quindecim
prò quolibet predictorura scriptorum, ponderi s general is per men-
sem : uncias sexaginta septem , tarenos quindecim. Ostendit per
eumdem quaternum solvisse olim, infra euradera annum quinte-
decime indictionis, per diversas vices, predictis notariis et scrip-
toribus suis, prò solidis eorum, raensiura undecim numeratorum
a primo octubris, usque per totum mensem augusti diete quinte-
decime indictionis, ad rationes predictas , et prò solidis seu sa-
lario èursorum per eum retentorum in eodem anno et missorum
ad diversas partes Sicilie, prò negotiis armate dicti nostri extolii
et aliis jiostris servitiis sibi per nostrani celsitudinem ad exequen-
dura coramissis : uncias quinquaginta quinque, tarenos quindecim.
Et ostendit per eumdem quaternum retinuisse sibi de predicta
pecunia Curie, tam prò restitutione subscripte quantitatis pecunie
olim per eum nostre Curie de suo proprio mutuate , prò solidis
stipendiariorum nostrorum et aliis diversis servitiis nostris, quam
prò subscriptis causis, ad idem pondus, pecunie quantitatem sub-
scriptam, videlicet: Quas olim infra mensem octubris, diete quin-
tedecime indictionis , ad mandatum nostrum tunc oretenus sibi
factum, de sua propria pecunia mutuavit, solvendas per eum prò
solidis predictorum stipendiariorum et aliis Curie nostre servitiis,
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 40
(Appendice) — 626 ~-
prò quibus restituendis eidem Ammirato, ad predictos Hugonem
Talac et Predericum de Incisa , tunc magistros Portulanos Sici-
lie, mandatum nostre celsitudinis emanavit , quas habuit ab ei-
sdem magistris Portulanis , sicut supra in dicto introytu conti-
netur ; uncias mille ducentas. Pro solidis seu quietatione predi-
cti Ammirati, prò diebus trecentis triginta quinque , numeratis
a primo predicti mensis octubris, usque per totum mensem augu-
sti, diete quintedecime indictionis, ad rationem de uncia una per
diem : uncias trecentas triginta quinque. Pro quietatione sua ,
prò decem equis armatis, prò mensibus decem numeratis a primo
dicti mensis octubris usque per totum mensem iulii, diete quin-
tedecime indictionis, ad rationem de unciis auri duobus prò quo-
libet equo armato per mensem : uncias ducentas. Rt de unciis
septingentis, quas idem Ammiratus per quaternum eumdem po-
suit sibi deberi , et prò naulo salmarum frumenti trium milium
quingentarum olim, infra mensem madii , predicte quintedecime
indictionis, oneratarum et extractarum per Bernardum Ferrarium,
nuntium Petri de Vilariis, nuntii predicti domini fratris nostri ,
de summa salmarum frumenti sex milium , quarum emptionem
eidem domino fratri nostro concessimus, in subsidium expensa-
rum , quas subiit et eum solvere oportet , prò guerra orta inter
predictum dominum patrem nostrum et regem Francie, de portu
Therinarum , cum quadam navi eiusdem Ammirati vocata San-
tus Salvator , ferendarum abinde in Cataloniam , ad rationem
de tarenis auri sex per salmam , iuxta conventionem cum eo
exinde habitam, eo quod dum navis ipsa, onerata in eodem por-
tu predicta quantitate frumenti ad dictas partes Catalonie de-
ferenda , parata esset , ad dictum viagium profectura , predictis
hostibus nostris declinantibus et venientibus in Augustam , et
in civitate Messane [per] adventum dictorum hostium frumenti
caristia et defectus inesset , vendita per eumdem Ammiratum ,
ut asseruit , ipsa quantitate frumenti universitati civitatis eius-
dem , ad rationem de tarenis auri decem et octo per salmam,
postquam navis ipsa cum eodem frumento Messanam appli-
cuit , hominibus civitatis eiusdem renuentibus frumentum ip-
sum ad predictam rationem recipere , cum [de] terra ipsa Au-
guste, capta per nostrum marinum et terrestrem exercitum, fru-
mentum in dieta civitate Messane satis longe minori pretio ven-
deretur, super quo inter eosdem Ammiratum et Messanenses que-
— 627 — (Appendice)
stio vertebàtur , de quibus universitas civitatis eiusdem eidem
Ammirato uncias ducentas nonaginta tres et tarenos decem, iuxta
predicti quaterni tenorem, propterea tribuit et exolvit; unde idem
Ammiratus, per eumdem quaternum, uncias quatrigentas sex et
tarenos viginti restantes , usque ad summam predictam , posuit
in exitu rationis eiusdem , quas occasione venditionis dicti fru-
menti facte per eum eidem universitati, eo quod dieta universi-
tate frumentum ipsum nolente recipere, dictus Bernardus ob vi-
litatem pretii frumenti ipsius damnifìcabatur in non modica pe-
cunie quantitate, ab eo non perceperat. Et licet ad sol-
vendam seu computandam in eadem ratione ipsam quantitatem
pecunie sibi nostra Curia minime teneretur, tamen ob multimode
collata nobis servitia per Messanenses, et ad evitandum contro-
versias et altercationes , que inter eosdem Ammiratum et Mes-
sanenses possent propterea resultare , in eodem exitu volumus
computari, prò supplemento nauli ipsius et integra satisfactione
dampnorum, que predictus Bernardus occasione vilis pretii dicti
frumenti , seu qualibet alia ratione, in premissis subiit , de quo
reputavit in nostra Curia se contentum : predictas uncias qua-
tringentas sex et tarenos viginti. Pro expensis suis , prò diebus
quatringentis viginti sex, numeratis a primo iulii tertiedecime, u-
sque per totum mensem septembris quintedecime indictionum pre-
dictarum, ad rationem predictam de uncia una per diem, necnon
prò solidis suis, prò dictis equis armatis prò mensibus quatuor,
numeratis a primo iunii quartedecime, usque per totum mensem
septembris quintedecime indictionum predictarum , ad rationem
predictam de unciis duabus prò quolibet equo armato per men-
sem, et prò frumenti salmis trecentis et tredecim vini sibi debi-
tis per nostram Curiam anno quolibet, in Messana , ratione sui
ammiratie offici i, prò annis duobus, scilicet quartedecime et quin-
tedecime indictionum ipsarum, ad rationem de tarenis decem prò
qualibet salma frumenti et de tarenis quinque prò qualibet sal-
ma vini : uncias sexcentas sex, et de unciis quatraginta septem,
tarenis quinque et granis tredecim, quas predictus notarius Guil-
lelmus de Bella per rationem suam posuit, de unciis auri quatrin-
gentis quatraginta octo, tarenis viginti septem et granis undecim
et medio. Summa summarum [uncie] septem , tareni
decem et octo et grana sedecim. Olim infra predictum annum
quintedecime indictionis per eum prò palatii prò diversis
(Appendice) — 628 —
causis et negotiis fuit, mutuo recepisse [a] predicto Ammirato de
iure contingente eumdem Ammiratum de solidis persouarum in
eodem anno quintedecime indictionis conductarum et deputatarum
ad armationem galearum et aliorum vassellorum nostrorum tunc
armatorum, prout idem quaternus introytus et exitus rationis eius-
dem piene distinguit : unciam unam , tarenos septem et grana
undecim et medium. Summa predicte pecunie propterea retente
per eumdem Ammiratum, ad idem pondus: unciarum duo milia
septingente quinquaginta. Exitus totius predicte pecunie solute, per
totum predictum tempus , per predictum Ammiratum et nuntios
et commissarios suos, prò causis, negotiis et servitiis supradictis,
ad idem pondus : unciarum viginti sex milia centum pctuaginta
novem, solidi quindecim et denarii quatuor.
Et sic facta collatione de predicto introytu ad exitum, introy-
tus et exitus idem est, et nichil restat propterea penes eum. Et
cum in positione, examine et dispunctione rationis predicte multe
questiones, deductiones, defectus et dubia sint posita et notata,
quibus non modica pecunie quantitas super eum addi et poni in
predicto introytu et de predicto exitu deduci, et per nostram Cu-
riam repeti et exigi ab eodem posset rationabiliter et iuste; nos
nichilominus, consideratis Meli bus et gratis servitiis per predi-
ctum Ammiratum maiestati nostre prestitis , et que prestare po-
terit in futurum , eidem Ammirato suisque heredibus predictas
questiones, deductiones, defectus et dubia liberaliter et generose
duximus remittenda , et eumdem Ammiratum suosque heredes
de predictis omnibus absolvimus et totaliter quietamus. Et quia,
diligenti collatione facta, per errorem seu oblivionem scriptoris in
introytu et exitu rationis eiusdem in presenti apodixa tria sub-
scripta capitula sunt obmissa , que omnia poni , scribi et notari
debuerant prope subscripta capitula in eadem apodixa contenta,
et quantitas pecunie in ipsis tribus capitulis distincta , in sum-
mis introytus et exitus apodixe ipsius est commemorata et posita
et inclusa. Quorum capitulorum tenor per omnia talis est: Tenor
unius ex predictis capitulis continentis predictum Ammiratum
olim per diversas vices, a vicesimo secundo octubris usque per
totum septimum decimum diem mensis madii, predicte quintede-
cime indictionis, recepisse a predictis Hugone Talac et Frederico
de Incisa et magistro Virgilio de Cathania, magistris Portulanis
Sicilie, tam prò restitutione unciarum auri mille ducentarum per
— 629 — (Appendice)
eum mutuatarum Curie , prò solidis stipendiariorum nostrorum
et aliis Curie nostre servitiis, quam prò solidis stipendiariorum
ipsorum, ad idem pondus: unciarum duo milia sexcentas viginti,
tarenum unum et grana decem et novem et medium , sicut in
capitulo ipso piene distinguitur , quod in eadem apodixa in in-
troytu rationis ipsius, videlicet prope capitulum introytus dieta-
rum unciarum mille ducentarum per eum a seipso de suo pro-
prio mutuo receptarum, prò solidis stipendiariorum ipsorum, po-
ni debuit et notari, talis est: Ostendit per eumdem quaternum olim
per diversas vices, a vicesimo secundo octubris usque per totum
septimum decimum diem mensis madii , diete quintedecime in-
dictionis , in diversis terris recepisse ab Hugone Talac et Fede-
rico de Incisa , olim infra eumdem annum magistris Portulanis
Sicilie, et postquam infra annum ipsis magister Virjnlius de Ca-
tbania per Curiam nostram adiunctus fuit in socium in eodem
officio, ab eis et eodem magistro Virgilio , prò restitutione pre-
dictarum unciarum auri mille ducentarum per eum mutuatarum
nostre Curie prò causis predictis, necnon prò solidis stipendia-
riorum nostrorum , tam de propria pecunia predicti Hugonis et
Frederici tunc per eos Curie nostre mutuata , quam de pecunia
venditionis exiturarum victualium in eodem introytu , iuxta ip-
sius quaterni tenorem, per eumdem Ammiratum positis et nota-
tiis prò receptis unciis auri ducentis viginti, tarenis undecim et
granis novem, in tu*onensibus grossis de argento , ana quatra-
ginta octo per unciam, de unciis auri ducentis viginti novem et
tarenis quinque olim predicto vicesimo secundo octubris assignatis
sibi per eumdem Hugonem ana turonenses grossos quatraginta
sex et grana duo per unciam, ea videlicet ratione quod turonen-
ses ipsi ad rationem predictam de turonensibus quatraginta octo
per unciam tunc temporis communiter expendebantur in Sici-
liani , et erat per Curiam ordinatimi , et sic propter diminu-
tionem et diversitatem dicti pretii, uncie auri octo , tareni vi-
ginti tres et grana undecim deducuntur de su in ma predicta ,
necnon numeratis , etiam non inclusis in eodem introytu , un-
ciis septingentis , olim per diversas vices assignatis per eum-
dem Hugonem, ad litteras predicti Ammirati propterea sibi mis-
sas, Petro de Calatagirono, tunc prothontino Panormi, prò sup-
plemento munitionis et armationis vassellorum nostrorum tunc
armatorum per eum in civitate ipsa , eo quod idem Petrus de
(Appendice) — 630 —
receptione et assignatione ipsius pecunie tenetur nostre Curie
lìnalem et debitatn ponere rationem, computatis in introytu ipso
unciis viginti una et tarenis viginti^ quatuor per eumdem Am-
miratimi Curie debitis prò iure exiture salmarum frumenti ducen-
tarum decem et octo , olim extractarum cum quadam navi sua,
cuius erat prepositus Henricus Nigrinsus , ferendarum abinde
extra regnum , prout idem quaternus partieulariter et piene di-
stinguit, ad idem pondus : in summa unciarum duomilia sexcen-
tas viginti, tarenum unum et grana decem et novem et medium.
Tenor duorum reliquorum capitulorum continentium eumdem
Ainmiratum infra annum quintedecime indictionis solvisse sub-
scriptis nuntiis predicti Iohannis Scorne, prò solidis predictorum
stipendiariorum, ad idem pondus, pecunie quantitatem subscrip-
tam, que in eadem apodixa in predicto exitu , videlicet in capi-
tulo pecunie solute predicto lohanni , videlicet prope capitulum
unciarum quinque solutis Berlingerio de Santo Genes, Dominico
de Palamario et Aries, poni et solvi debuerant ; que pecunia in
ipsis duobus capitulis contenta inclusa et connumerata est in pre-
dieta summa pecunie solute propterea predicto lohanni in eadem
apodixa, talis est: Tenor unius ex predictis duobus capitulis quod
et continentie talis est : Alamanno Sifre deferendas per eum ad pre-
dictum lobannem Scornam prò solidis stipendiariorum ipsorum :
uncias ducentas sexaginta. Et tenor alterius ipsorum duorum ca-
pitulorum continentie talis : Iacobo de Ponte , nuntio dicti Io-
hannis Scorne, prò solidis stipendiariorum ipsorum, computatis
unciis centum duabus et tarenis tredecim sibi solutis, in pretio
salmarum frumenti ducentarum, ordei salmarum centum et salis
salmarum viginti: uncias trecentas duas et tarenos tredecim. Vo-
lumus quod ex obmissione predictorum trium capitulorum , que
in predicta apodixa in predictis introytu et exitu, prope predicta
capitula poni , scribi et notari debuerunt , et per errorem scrip-
toris non fuerunt posita et notata, et prò eo etiam quod predicta
pecunie quantitas, in quoti bet capitulorum ipsorum contenta, con-
numerata et inclusa est in summis predicti introytus et exitus ,
tam particularibus quam generalibus, et quod verificata particu-
laritate receptionis et solutionis pecunie recepte et solute , illis
videlicet predictis capitulis , sub quibus et prope que introytus
et exitus predicte. pecunie, sicut distinguitur, poni et solvi debuit
per obmissionem predictorum trium capitulorum , et pecunie in
— 631 — (Appendice)
eis contente sumnie, tam particulares quam generales, non ascen-
derent ad quantitatem pecunie in apodixa ipsa distinctam , pre-
dictis apodixe et contentis in ea nullum preiudicium et vi cium
oriatur, et predicta tria obinissa capitula, quodlibet videlicet eo-
rura prope supradicta capitula sub quibus, sicut dictum est, scribi
et notari debuerunt , non obstante quod per predictum errorem
postraodum scripta et notata sunt, habeantur prò scriptis , posi-
tis et notatis ac si essent vere posita et notata, et quod predicte
summe , tam particulares quam summarum , simul cum predicta
quantitate pecunie in predictis tribus capitulis contenta, verifìcari
debeant ac summari.
In cuius rei testi monium et tam Curie nostre certitudinem ,
quam predicti Ammirati suorumque heredum cautelam , sibi de
predictis omnibus presentem quietantie apodixam fieri et maie-
statis nostre sigillo pendenti iussimus communiri. Datum Messa-
ne, anno dominice incarnationis millesimo ducentesimo octuage-
simo octavo, mense iulii, quintodecimo eiusdem , prime indictio-
nis, regni nostri anno tertio.
Documento in pergamena , segnato di n. 9411, e conservato nell'ar-
chivio della cattedrale di Valenza (Spagna).
Pubblicato dal prof. Huici nella Revista del centro de Estud. histor.
di Granata cit. an. V (1914), pag. 151, 261, 369, e an. VI (1915) pag. 102
e seg. Per altre notizie su tale edizione dell' Huici vedi sopra, doc.
CGXXII.
Ho stimato necessario, per la straordinaria importanza del documen-
to riguardo alla storia economica e militare di Sicilia, di inserirlo in
questa Appendice, tenendo ragione della sua eccessiva lunghezza , che
non comportava di riprodurlo nella serie principale dei documenti. Non
occorre ripetere che ho corretto vari errori , e migliorato l' ortografia
della trascrizione.
Mi limiterò a rilevare alcuni più notevoli ricordi che trovansi nel
documento , il quale ben può dirsi una miniera di nomi , di menzioni
di fatti e di provvedimenti, di computi di monete , di designazioni di
offici diversi e di corpi di milizie e di arredi militari ed altro. Per il pe-
riodo al quale i conti si riferiscono, cioè per due anni da luglio 1285 ad
agosto 1287, si desume la notizia di alcuni avvenimenti importanti, ed
anche di qualche altro anteriore.
Si ha infatti il ricordo della battaglia navale di Napoli del 1284 ,
nella quale fu preso prigioniero il principe di Salerno , per la spesa
della custodia per oltre un anno , da giugno 1284 ad agosto 1285 , di
(Appendice) — 632
due prigionieri , cioè di Giacomo de Bussono e di Rainaldo Galardo ,
per ognuno dei quali si dice: «dudum capto per nostrum felix exto-
lium in conflictu et captione principis, qui tunc nostro carceri teueba-
tur». I cognomi dei due prigionieri sono più esattamente da leggersi :
de Bursona e Gaulart, e di essi offre notizia Durbieu, Les archives an-
gevines de Naples cit. t. II, pag. 297 e 324, voce Bursona (Iacobus de)
e Gaulart (Renaut).
L'ammiraglio Loria avea (come" dice il Muntaner) promesso al Re
Alfonso che prima della sua coronazione (che accadde a 14 aprile 1286)
avrebbe corsa la spiaggia di Marsiglia per combattervi i nemici (cap.
CLII , ed. Bofarull cit. pag. 297). Riferisce indi il cronista la notizia
delle fazioni di guerra a Serignan e Béziers. Si ricava dai conti che molti
prigionieri fnroh fatti in quella battaglia , che alquanti furono riscat-
tati e che le galere di Alfonso e di Giacomo vi presero parte.
Nell'anno 1286, nei mesi da giugno ad agosto, avvenne una nuova
spedizione del Loria in Africa , contro le isole Kerkene , come prima
nel 1284 si era compiuta quella contro le Gerbe. Della spedizione del
1286 il cronista Neocastro non fa alcun ricordo , né Amari la rileva
tra i fatti di quell'anno. Il cronista Muntaner (cap. CLIX, ed. Bofarull
cit. pag. 308) accenna brevemente quegli eventi di guerra , e dice che
il Loria « puix com se vench el regne de Valencia vesitar sos lochs, e
puix com se reculli e sen ana per la Barbaria». Amari. 9a ed. voi. II,
pag. 77 in nota, afferma che «il Montaner , con anacronismo, porta
questa correria [del 1284] dopo il passaggio di Giacomo in Calabria [1286],
e la confonde con le altre che Loria fece di quel tempo in Levante».
I conti del Loria però dimostrano inesatta l'osservazione dell' Amari ,
e provano la duplice spedizione del 1284 e del 1286 in Libia.
Da questi conti si desume che in Barcellona si aspettava dalle mi-
lizie nell'estate del 1286 « recessum predicti Ammirati, ut cum eo ascen-
derent galeas predictas, tunc ad insulam Querkani profecturas, » , che
una violenta tempesta si ebbe allora nei mari di Catalogna col danno
di varie navi e di una galera «ingradata de mari in terra in mari ti ma
Barcellonie », e che dovette rimuoversi dall'incagliamento «varando de
terra in mari». Altre navi, che erano in viaggio nell'agosto per le Ker-
kene, dovettero riparare in Maiorca « ob tempestatene supervenieutem
in eorum viagio a maritima Russilioni usque ad insulam Maioricarum in
eundo ad predictam insulam Querkani». Di quelle galere alcune erano
state armate in Catalogna : « in navigando, cum .... aliis galeis ar-
matis in Catalonia, a partibus ipsius in insulam Querkani ». L'armamen-
to delle navi era stato eseguito in Catalogna e Maiorca a spese comuni,
cioè in metà per ognuno dei due sovrani Alfonso di Aragona e Giacomo
« ad expensas ipsius predicti domini fratris nostri et nostrum armatomi»
— 633 — (Appendice)
in Catatonia et Maioricis ». La ripartizione delle spese è così accennata :
« de qua medietas predictum dominum fratrem nostrum et reliqua me-
dietas nos contingunt» (Cfr. sopra, pag. 468). Pervenute in Sicilia quel-
le navi, riunironsi alle altre esistenti nei porti dell'isola e destinate a
recarsi in Africa.
Una battaglia seguì nell'agosto del 1286 alle Kerkene, come appare
dai conti. Essa riuscì felice per le armi siciliane, e furon presi prigio-
nieri moltissimi di quegli abitanti. Più tardi, nell'ottobre, furono in-
viate due navi, sotto il comando dei corniti de Monteolyo e Safont alla
città di Gabes in terraferma (appellata qui Caps) e che dà nome al gol-
fo , nel quale sono le isole Kerkene e Gerbe. Lo scopo era per riscuo-
tere il danaro del riscatto del capo saraceno Margam Ibn Sabir , che
era caduto prigione dei Siciliani nella battaglia alle Gerbe del 1284- e
che rimase in carcere in Messina sino al 1289 e poi fu condotto in A-
frica e reso libero interamente (V. sopra, pag. 97), e per provvedere alla
liberazione di alcuni Saraceni presi nel combattimento delle Kerkene.
In tredici galere furono portati a Trapani i prigionieri saraceni , e si
ricava dal documento che 1254 (di ambo i sessiì ne furono venduti co-
me schiavi in Trapani ed in Palermo in settembre ed ottobre per il
prezzo di oncie di oro 4442, tari 22 e grana cinque, ed altri ottennero
il riscatto con la somma di oncie di oro 232, e tari 18. Si ha pure no-
tizia che due Saraceni neri furono mandati in dono (in exenium) al
Doge di Venezia.
Sul viaggio del Loria da Trapani a Palermo e quindi a Messina in
settembre 1286, insieme a Manfredi di Saluzzo, per presentarsi al Re ,
i conti ci apprestano interessanti ricordi, dei quali ho fatto in parte men-
zione sopra (cfr. doc. CCXXX).
Il cronista Neocastro , seguito dall'AMARi (9* ed. voi. II , pag. 181
e seg.), riferisce estesamente le vicende dell'assedio di Augusta nel 1287
da parte degli Angioini, che ne furono poscia respinti ; ma i conti del
Loria offrono particolari notizie su l'espugnazione di quel castello, « in
quo rebelles et hostes nostri morabantur inclusi », e su la carestia di
frumento avvenuta in Messina per tale incursione. Su ciò vedasi sopra,
doc. CCXXXVIII, per il viaggio di nave con frumento in Catalogna.
Della battaglia navale nel golfo di Napoli, tra Castellammare e Sor-
rento, in giugno 1287, vinta dal Loria contro gli Angioini i conti for-
niscono pure ricordi notevoli. Il Neocastro espone ampiamente quei
fatti nel cap. CXI (De Victoria quam Rogerius de Lauria habuit in li-
ctore Surrenti, ed. Gregorio cit., t. I, pag. 175 e seg.) ; e narra che o-
gni galera portava il nome di un comune della Sicilia, che i prigionieri
nemici fuerunt plusquam V. M. [quinque millia] ed inviati a Messina,
che il Loria habuit nomine regis insulam Yscle » e non in dono, come
(Appendice) — 634 —
■ %
per le Gerbe riteneva il Muntanek avesse fatto con privilegio il Re
Pietro 1 (cap. GL1X cit.), e che bentosto sorse presso gli Angioini ed i
loro aderenti il desiderio di trattative di pace, onde si conchiuse la
tregua di due anni molesta ai Siciliani (cfr. prima, doc. CLXVII). In
questi conti si legge espressamente : « infra mensem iunii, eiusdem in-
dictionis [XV, 1287] , infra Neapolim et Surrentum .... cum nostro
felici extolio in conflictu galearum nostrorum hostium » , e si annota
che F Ammiraglio ricevette oncie di oro 3569 e tari 10 per il riscatto
dei prigionieri angioini, compresi settantuno uomini di Napoli ed i pri-
gionieri di Gaeta, Sorrento e Cava , e che condusse dopo la battaglia
i prigionieri suddetti parte in Messina in quell'arsenale e nella sua ca-
sa, e parte in Palermo ed in Cefalù, e che die oncie centoventi per il
prezzo di una nave nemica «olim capte per predictum nostrum exto-
lium in mari Surrenti » Per l'ambasceria del Conte d'Artois in Mes-
sina che avvenne dal 12 luglio al 4 agosto, dai conti si rilevano pure
altri ricordi, dei quali ho già fatto cenno (cfr. doc. CCXXXIII).
Giova alla migliore notizia delle condizioni delle isole napoletane e
di alcune terre di Calabria, occupate dai Siciliani, quanto si designa
inoltre nei conti , cioè la composizione in oncie quarantuno offerta al
Loria dagli abitanti di Procida «in quibus composuerunt cum eo ne
dampnificaret eosdem », in seguito alla presa di Procida del 1286, della
quale fa menzione Michele Parascandolo, Procida dalle origini ai tem-
pi nostri. Benevento, 1893, pag. 181 ; la munizione della terra e castello
di Scalea e degli altri castelli « nostri dominii terre eiusdem circuma-
diacentium » da ottobre 1286 in poi ; la liberazione di alcuni balestrieri
catalani che erano tenuti in carcere in Tropea per hostes nostros nel
1287 ; e la custodia e munizione del castello di Ischia dal 9 luglio 1287
« quo castrum ipsum in dominio nostro recepit [Ammiratus] » sino a
tutto settembre 1288.
Su F armamento del naviglio di guerra desumonsi dal documento
molte notizie per il modo come eseguivasi in Sicilia, Catalogna e Maior-
ca, nei porti più notevoli di cotali regioni, specialmente in Val di Maz-
zara ed in Barcellona, per fornimento e riparazione di navi nelle sedi
opportune, anco nell'arsenale di Messina, e per i marinai che venivano
ammessi nelle galere e per il loro vitto e biscotto e le merci che com-
pravansi in Barcellona e Maiorca ed altrove. Si assoldavano i marinai
in Sicilia ed in Catalogna ; e nell'isola, oltre i Baiuli e giudici, ai qua-
li affìdavasi l'incarico, come ai tempi del Re Pietro 1 (cfr. Carini, De re-
bus, p. 331 e seg.) erano speciali persone, che dall'Ammiraglio inviavansi
«ad diversas terras Sicilie ultra fluvium Salsum prò conducendis et so-
lidandis marinariis prò armatione vassellorum ipsorum ». In Barcellona,
Valenza e Tarragona riunivansi i marinai catalani o latini (come ven-
gono indicati) per recarsi nelle galere, ed anche eranvi soldati da cavallo
— 635 — (Appendice)
con la paga di tari due al giorno, e giannetti saraceni che viaggiavano
per servizio regio. Aveva altresì promesso di venire da Barcellona nel-
l'isola Giacomo di Pietro, fratello del Re Giacomo, « cum equitibus qua-
traginta in Siciliani ad nostra serviti? », ed a tale scopo si destinava
per lui in luglio 1286 un vistoso assegno. Cfr. pure sopra, pag. 562.
Era a reciproco vantaggio dei sovrani di Aragona e di Sicilia «prò
communibus servitiis et utilitatibus», che si armava quel naviglio; e
quindi si trovano nei conti registrati gli introiti di somme mutuate da
mercanti catalani, come da altri di Sicilia, tra i quali deve ricordarsi
il Cancelliere del regno, Giovanni da Procida, per la somma di oncie
di oro 139. 19. 12.
Notevole è la menzione dell' obbligo di alcuni feudatari corniti di
navi di prestare il servizio militare per i loro feudi, e della somma che
dovettero pagare « eo quod in anno ipso in armata dicti extolii per-
sonaliter non fuerunt». Per il denaro della promissione, ossia colletta
che riscuotevasi dai vari comuni dell' isola per le spese dell'armamento
del naviglio, tanto in Sicilia che in Catalogna, si hanno importanti
notizie del preciso metodo (come peraltro in tutto il sistema finanzia-
rio di quel tempo), col quale adempivansi quelle attribuzioni dai Giu-
stizieri, giudici , castellani e speciali incaricati , secondo la tassazione
stabilita, in modo simile alle norme delle epoche sveva ed angioina.
Riguardo alle navi è una svariata nomenclatura derivante dalle va-
rie forme di esse, cioè : vascelli, galeoni, teride, panfulo o panfilo (come
trovasi in Ducange , vaccetta ed altre; e si ha il ricordo di due navi,
una ad ottanta remi ed altra a cento, e di una galera dell'Ammiraglio,
per la qnale si tagliavano le. legna necessarie in Messina per la costru-
zione che se ne faceva presso il monastero del S. Salvatore di Lingua
del Faro. Per oggetti vari destinati a corredo delle navi riscontransi
i nomi di lauce, chiodi, sbarre, globi per antenne (rancupullus, e forse
vacci del Ducange) , scudi , quadrelli , stendardi , pennoni e simili. Si
rinviene pure la menzione di varie speciali cariche ed offici , come
quelli ch\ collettori della promissione, corrieri (cursores) , spenditore e
repostiere dell' ospizio della regina , conservatore delle armi del navi-
glio, oltre le particolari denominazioni di gente di marina : nocchieri,
lancieri pedoni, lanciatori (jaculatores), carpentieri , calafati ed altri.
Si rileva ancora che all'Ammiraglio spettava oncia una di oro al gior-
no per suo stipendio, oltre a salme trecento di frumento e tredici di vino
all'anno e la quarta parte delle prede fatte dai pirati ; e si riscontra il
ricordo della regolare presentazione dei conti del Secreto e del Maestro
Portolano del regno, connessa al sindacato, ed infine è frequente il com-
puto di somme tra oncie e libbre di denari regali e magonesi e la mo-
neta di turonesi.
(Appendice)
636
Credo utile aggiungere qui un prospetto riassuntivo dei conti , nel
modo in cui le cifre trovansi segnate per le somme parziali e totali.
INTROITI E SPESE
secondo i conti descritti nei documenti segnati di n. CCXXII e CCXLI
CONTI DA APRILE A SETTEMBRE 1283
(doc. CCXXII)
INTROITO IN DENARO
Da mercanti genovesi per estrazione di frumento oncie 1000.
lìn RprtranHn Rollnnnrlin TVsnrioro & fH®,Q
Da Bertrando Bellopodio Tesoriere
Da terre di Calabria e Principato per riscatto
del bottino, cioè :
da terra di Cetraro .
» di Rateilo .
» di Positano .
» di Ischia
Da marinai di Malta ....
Da, almogaveri per lucro
Da vendita di bottino fatto da almogaver
Da università di Giudei di Messina .
Da corniti per vendita di oggetti.
Da vendita di orzo ....
Da denaro ricevuto in mutuo
» 6429. 2. 14.
75.
12.
10.
100.
30.
40.
20.
26.
13.
36.
16.
42.
3.
168.
53.
10.
588.
6.
5. V»
Totale oncie 8796. 19. 4. »/*
INTROITO IN FRUMENTO
Da Bertrando Bellopodio Stratigoto Tesoriere
Da Andrea Amalfitano
Da Bertrando Bellopodio
Da Andrea de Procida procuratore della Chiesa di
Catania
Da Ruggiero di Siracusa Secreto
salme
400.
100,
50.
165.
314. 12.
Totale salme 1029. 12.
637 — (Appendice)
INTROITO IN BISCOTTO
Da Garsia di Lorenzo . . . . , . . quintali 624. 90.
Da Balduccio Formaggio » 220.
Da comito Pellegrino de Amalfla .... » 2565. 33.
Totale quintali 3410. 23.
Pani freschi N. 3256.
INTROITO IN COSE DIVERSE
Scudi e pavesi
Cacio quintali
Carni salate
Vino
Olio
Candele
Ceci
Fave
ESITO
A nocchieri, balestrieri, marinai e calafati . onde 4657. 1. 17.
Ai nocchieri e balestrieri aragonesi e catalani
per soldo » 1324. 23. 18.
Ai suddetti di altre navi per soldo ...» 805. 15. 19. */«
A Protontino e nocchieri in Messina. . . » 759. 12. 5.
Per prezzo di sacchi e merci diverse per il na-
viglio » 521. 22. 6.
Per vitto di corniti, nocchieri ed altri . . » 734. 17. 2.
N.
70.
[uintali
300.
»
15.
salme
510.
causi
39.
rotoli
52.
salme
4.
»
4.
Totale onde 8803. 2. 17.
Per panatica dei marinai , armi e comestibili diversi , la quantità no-
tata in introito.
(Appendice)
638
CONTI DA LUGLIO 1°285 AD AGOSTO 1287
(doc. CCXLI)
INTROITO IN DENARO
Da diverse persone, mercanti ed altri e da mutui, oncie
Per armare galere in comune, per la metà spet-
tante al Re di Sicilia »
Da mutui fatti dall' Ammiraglio e dal denaro
della promissione .......
Da officiali per riparazione ed armamento del
naviglio »
Da corniti feudatari di Messina per loro servizio. »
Da denaro ricevuto per liberazione di prigionieri
nella battaglia di Sorrento .... »
Da diverse persone per vendita di navi, libera-
zione di prigionieri ed altro .... »
1330.
2480. 15. 18. Va
11506. 12.
653.
1183.
26.
17.
17.
14.
3569. 10.
269. 16.
Dedotte le cose comprate. Totale oncie 26128. 7.
ESITO
Per corniti, nocchieri, balestrieri e marinai per
armamento di galere, noleggi, merci diverse . oncie 1236. 17.
Per armamento di vascelli ed altre spese e per
i prigionieri saraceni, in metà
Per denaro assegnato alla Camera della regina
ed all'ospizio regio
Per pagamento di soldati
Per assoldare marinai, e servizi dell'armata
Per acquisto di frumento ed altro, paga di sol-
dati, restituzione di mutui ....
Per ritenzione di somme mutuate dall'Ammira-
glio alla regia Corte »
181. 10. 14.
76. 1. 15.
3294. 16. 1.
11724. 27. 17. '/a
....7. 18. 16.
2750.
Totale oncie 26189. 15. 4.
FINE DEL VOLUME PRIMO
INDICI
ALFABETICO ED ANALITICO
INDICE ALFABETICO DEI NOMI DI PERSONA
(11 numero indica la pagina. Le indicazioni per i nomi dei Re aragonesi di
Sicilia si tralasciano se riferisconsi al proprio documento).
-A.
Abaiata (de) Tommaso, 113.
Abandio (de) Giovanni, 114.
Abbate Palmeri, 24.
Abd- Allah, capo dei Debbad, 384.
Abd-al-Wàhid vedi AbdelehehiL.
Abdelehehit o Abdeluhehit, Re di
Tunisi, 156, 377, 378, 382, 383,
384, 385.
Abou-Acida-Mohammed, Re di Tu-
nisi, 384.
Abou-Ishak, fratello del Sultano
EI - Mostancer 384.
Abou - Zekeria, emiro, 384.
Abrignali (de) Nicoloso, giudice, 443,
444, 480, 481.
Abu Hafs (Bohap) o Abou - Hap, E-
bo- Afs, Miralmomeni Bohap, Re
di Tunisi, 166, 167, 170, 171, 172,
208, 209, 214, 383, 384, 466, 473.
Accono Vassallo, milite, 557.
Adamo, tesoriere, 195, 196.
Adelaide, Contessa, nipote del Re
Ruggiero II, 134.
Agerbe (de) Biagio di Exemino, 270,
276, 279.
Agostino novello (beato), 137.
Agunio (de) Lazzaro, 122.
Agusta (de) Andrea, 397.
G. La Mantia, Cod. dipi. arug.
Aiuto (de) Rainaldo, 132.
Alagona (de) Biasio, 350.
Alamagno (de) Bartolomeo, 121.
Alamanni Raimondo, baiulo di Bar-
cellona, 153. 162, 163, 165. 170 ,
171, 570.
Alamanni Raimondo, vicario e prov-
veditore dei castelli in Sicilia ,
566, 567, 568, 569, 570.
Alamanno (de) P. 195, 196.
Alamanno (de) frate Pietro, dell'or-
dine dei Predicatori, 416.
Albaragurdano, 622.
Alberto (de) Bartolomeo, 611.
Alberto (de) Guglielmo, 105.
Albo, protontino, 553.
Aldighieri Leonardo, Rettore di Mes-
sina, 440.
Aldoino, canonico, 220, 221.
Aldoino, vescovo di Cefalù, 514, 520.
Alessandria (di) Giuliano, comito,
616.
Alessandro III, Papa, 483.
Alfano (de) Simone, 515.
Alferio (de) Adamo, 518.
Alferio (de) Alferio, giudice , 102 ,
108, 109.
Alfonso I, Re di Aragona, 272.
Alfonso Infante, figlio di Pietro I,
luogotenente in Aragona, 45, 46,
41
INDICI
57, 58, 69, 70, 150, 152, 153, 168,
191, 210, 213, 214, 232, 246, 247,
252, 253, 255, 269, 270, 271, 272,
273, 274, 276, 277, 278, 279, 280,
298, 346, 347, 349, 350, 351, vedi
pure Alfonso III.
Alfonso III , Re di Aragona , 17 ,
156, 247, 271, 273, 297, 306, 307,
320, 321, 336, 342, 347, 348, 349,
350, 352, 354, 355, 357, 358, 361,
364, 366, 367, 368, 369, 375, 376,
377, 378, 381, 382, 384, 385, 386,
387, 388, 389, 390, 391, 392, 393,
410, 411, 413, 415, 416, 418, 419,
421, 423, 424, 425, 447, 452, 453,
455, 456, 457, 459, 461, 462, 465,
468, 469, 470, 474, 485, 493, 495,
496, 500, 501, 503, 505, 507, 573,
577, 580, 581, 586, 587, 592, 623,
626, 632.
Alfonso X , il Savio , Re di Casti-
glia, 39, 41, 46, 48, 260, 345, 476.
Alfonso, il Magnanimo, Re di Sici-
lia, 89, 91, 506.
Alighieri Dante. 440.
Aloysio (de) Bonsignore, 589.
Aloysio (de) Roberto, milite, 443.
Amalfìa (de) Pellegrino, comito,548,
637.
Amalfitano Andrea, 547, 636.
Amato (de) Matteo, 114.
Amelina Vassallo, 17.
Amelia, custode di armi, 616.
Amico (de) Giovanni, 122.
Anfusio (de) Simone, baiulo, 408 ,
409, 410.
Angilerio (de) Giovanni, notaro, 516.
Anglerio (de) Giovanni, giudice, 120,
123.
Anglico Roberto, 417.
Anno Pullisio Domenico, 558.
Ansalone (de) Pietro, giudice, 17 ,
327, 328, 329, 335, 339, 420.
Antiochia (de) Bettuccia , figlia di
Pietro, 243, 244.
Antiochia (de) Corrado, 39, 40, 225.
Antiochia (de) Federico , figlio di
Pietro, 243, 244.
Antiochia (de) Giovanni, 238, 243,
244.
Antiochia (de) Pietro, ammiraglio,
238, 239, 243, 244.
Antiochia (famiglia) 240, 245.
Antiquo (de) Pietro, 107.
Aquilone (de) Guglielmo, milite, 416.
Arcario Nicola, 515.
Archipresbitero (de) Giovanni, no-
taro, 177, 178, 184.
Arcidiacono (de) Bartolomeo, 311.
Arcontissa (de) Nicola, 106.
Arenis (de) Matteo, 580, 622.
Aries, 615, 630.
Arnoldo Roberto, 238, 240.
Arrays Manerch, 97.
Artois (Conte di), vedi Roberto.
Aspello (de) Francesco, milite, 132.
Astoe (de) Guglielmo 178.
Ato (de) P. G. 149, 150.
Ato (de) Tommaso, 149.
Atro (de) Matteo, milite, 577, 623,
Attobono, 154, 568.
Aurilianis (de) Giovanni, 417.
Autore (de) Nicola, 114.
Avellino (conte di) 416, 417, 447.
Ayolo (de) Guglielmo, 526.
Bacia Bernardo, 549, 552, 554.
Badulato (de) Giovanni, 527, 529.
Balbo Gandolfo, comito, 607.
Baldo (de) Biviano. 108.
Bandono Graziano, 107, 109, 519.
Bankero (de) Giovanni, 371.
Barbera Pietro, 491.
Barcelli Borra, 549, 552.
INDICI
643
Barcellona (Vicario di) 137, 172.
Barnaba Matteo, notaro, 59, 60.
Bartolomeo, notaro, 106.
Bartolomeo (de) Federico, 106.
Baia (de) Castelliono, 159, 160, 161.
Basilio, notaro, 106.
Basilio, prete, 106.
Baucio (de) Bertrando, signore di
Baucio, 416, 417.
Baucio (de) Bertrando, signore di
Berrà, 417.
Baverio , capitano del Comune di
Palermo, 10, 78.
Beatrice , vedova del marchese di
Saluzzo , e ^sposa di Manfredi
Re di Sicilia, 341.
Beatrice , figlia del Re Manfredi ,
moglie di Manfredi primogenito
del marchese di Saluzzo , ^330 ,
331, 332, 333, 334, 335, 336, 337,
338, 341, 575, 613.
Bella (de) Bartolomeo, 317, 318, 599.
Bella (de) G., Secreto di Sicilia ,
432, 433, 434.
Bella (de) Giovanni, 106.
Bella (de) Guglielmo, notaro, 595,
614, 620, 625, 627.
Sellanti Gualtiero, milite, 480, 481.
Bellopodio o Belpuig (de) Bertran-
do, 75, 116, 135, 138, 542, 543,
546, 560, 589, 636.
Belpuig (de) Berengaria, 75.
Belvis Bernardo, 459, 460, 462.
Bemba Andrea , preposto all'arse-
nale, 616.
Benedetto, notaro, 95, 132, 520, 523.
Benincasa G., 175, 176.
Bentifano (de) Costanzo , giudice ,
489, 490, 491.
Berio (de) Ranieri, 397.
Bianca, signora di Molina, 74, 75.
Bianca, figlia di Carlo principe di
Salerno, 354, 355, 357, 476, 477.
Biccaro (de) Andrea, prete, 512, 514,
515, 516. 517, 518.
Bill uri (de) Bernardo, 183.
Birgaz (de) Rodrigo Canzo, 183.
Biscardo (de) Giovanni , notaro ,
227, 229.
Bisconti Biscontino, 600.
Bisoldono (de) Raimondo, arcidia-
cono, 410, 411, 413, 419, 421, 422,
423.
Bivaigna Batiano, 323, 329, 330.
Bianco (de) Ruggiero, 489, 490, 492.
Blasco, notaro, 149.
Biasio (de) Matteo, baiulo, 120.
Boia (de) frate Federico, Precettore
dell' Ospedale di S. Maria dei
Teutonici, 309, 310.
Bonastro (de) Pietro, 137.
Bonaventura (de) Guglielmo , giu-
dice, 128, 129, 132.
Bonfiglio (de) Nicola, 443.
Bonifazio Vili, Papa, 447, 469,
Bonocarato (de) Andrea, 133.
Bosco Giuliano, 590.
Boxio Gerardo, 110.
Branciforti Federico, 430.
Branciforti Nicola, 430.
Branciforti Raffo o Raffaele, 430.
Branciforti Stefano, maestro Razio-
nale, 429, 430.
Brienne (dej^conte Ugo, 530.
Brignali (de) Nicoloso, vedi Abri-
gnali (de).
Brucaya (de) Bartolomeo, tesorie-
re, 22.
Bruncignach o Brusinac, Brusinach
(de) Raimondo, 118, 119, 533. 534.
Bruno (de) Filippo, notaro 351.
Buccapicula Giovanni, 443.
Bucello Pietro, maestro, 104, 105.
Bufalo (de) Giacomo, giudice, 443,
475. 476, 478, 479.
Burcardo , frate della Casa di S.
644
INDICI
Maria dei Teutonici , 5i20 , 521,
522.
B urger i Ferrarono, 159, 100.
Burgesi Guido, 133.
Bursona o Bussono (de) Giacomo,
612, 632.
Busahat, medico ebreo, 66.
Busketto Venuto, 490.
Busot P. 452.
Cabanis (de) Pietro, 84.
Cabannis (de) Giacomo , notaro ,
389. 390, 411.
Cachar Abramo, ebreo, 172.
Cacholo Manfredi, 599.
Cadell Barrasi, 327.
Caffo de Granata Astasio 443.
Calandano Corrado, milite, 186.
Calaudrinis Pietruccio, 11.
Calandrinis (de) Simone , giudi-
ce, 13.
Calatafimi (de) Simone, 595.
Calbeti R. 58.
Calcedonio, 623.
Caldara Perrello, preposto di nave,
619.
Caldes (de) Bernardo, 368.
Caldes (de) Dulcia, 368.
Cales (de) Eugenio, Secreto, 483.
Cali, 527.
Calloro o Callario (de) Ardoino, Giu-
stiziere, 596, 617.
Caltagirone (de) Giovanni, Secreto
al di qua del fiume Salso, 229,
516, 517, 518, 520.
Caltagirone (de) Gualtieri, 22 , 24,
233, 234, 237, 238, 327.
Caltagirone (de) Perrone, armigero,
117, 118, 197.
Caltagirone (de) Pietro, protontiuo
di Palermo, 575, 576. 581, 506,
597, 616, 618, 629.
Caltavuturo (de) Bonafede , prete ,
517.
Caltavuturo (de) Lorenzo , milite ,
482, 510, 511, 512, 518, 519, 589.
Calzamirra Roberto, giudice , 441 ,
442, 443.
Camerasa (de) Ferrando, abdelillo,
485, 486, 487.
Cammisa Vincio, 577, 623.
Campanario Michele, portiere regio,
596.
Campisano Ranieri, 133.
Campsor Tommaso, 108.
Canalibus (de) Riccardo, 176, 177.
Canalibus (de) Ro&erto, 176, 177,
Candiloro Riccardo , Vicesecreto ,
313, 317.
Canigla Nicola, vedi Tagliavia.
Cannamela (de) Giacomo, 129.
Cannelli o Canellis (de) Bertrando,
milite, 17, 352, 353, 355, 358,
361, 362, 364, 386, 387, 388, 389,
390, 391, 392, 453, 454, 459, 460,
462, 463, 466, 470, 472, 474, 475,
477, 478, 605, 622.
Capicio (de) Nicola, 122.
Capi liuto, 527.
Caprara (de) Bartolotto, 491.
Caprona (de) Anselmo, marescallo,
449, 450.
Cara (de) Guglielmo, 516.
Carbone , saraceno , procuratore
della Curia, 490.
Carbone Bernardo, 549, 552, 551.
Carbone Guglielmo , 549, 552, 554,
598, 614, 615, 618.
Carbonito Guglielmo, giudice, 373,
375.
Carlo I d'Angiò, Conte di Proven-
za, Re di Sicilia, 13, 16, 21, 22,
43, 44, 50, 52, 53, 54, 55, 56, 57,
59, 60, 61, 62, 72, 73, 74, 78, 79,
100, 125, 126, 128, 129, 130, 131,
132, 134, 167, 168, 1(59, 178, 180,
INDICI
645
185, 203, 206, 220, 223, 225, 228,
238, 240, 241, 242, 283, 285. 290,
292, 296, 311, 312, 336, 341, 352,
356, 359, 362, 364, 418, 419, 420,
435, 440, 464, 466, 470, 473, 487,
506, 530, 571, 585.
Carlo II d'Angiò, Re di Napoli, 177,
185, 309, 418, 439, 445, 446, 448,
449, 450, 465, 493.
Carlo , Principe di Salerno , figlio
di Carlo I, 98, 162, 163, 164, 165,
195, 196, 203, 292, 320, 321, 336,
337, 338, 341, 350, 352, 354, 355,
356, 357, 358, 359, 361, 362, 363,
364, 366, 375, 376, 392, 418, 419,
421, 424, 437, 446, 452, 460, 461,
462, 463, 464, 466, 468, 469. 470,
471. 472, 473, 474, 476, 496, 500,
506 , 562 , 612 , 631 , vedi pure
Carlo II.
Carlo, il giovane , figlio di Carlo ,
principe di Salerno, 375, 376,410,
412, 414, 415, 419, 448, 500.
Carlo di Valois, 246, 357, 463, 46i,
470, 471, 472, 473.
Carlo V, imperatore, 404.
Caro (de) Girolamo, 229.
Carocio. signore di Rebolleto, 350.
Caro aito Guglielmo, 105.
Carreus (de) Giovanni, 42.
Cartelliauo (de) Guglielmo Calce-
rando, Capitano e Vicario gene-
rale, 116, 177, 178, 179, 180, 181.
182, 183, 184, 185, 186, 221, 222.
468.
Casacha Andrea, 536.
Casacha Giovanni, 536, 537.
Casacha lardino. 536.
Cascasino (de) Bartolo, 515.
Cassaro Nicola, 518.
Castanea (de) Giovanni, 107, 108,
595, 619.
Castanea (de) Nazario, 595, 619.
Castellana (de) Oliverio, 106, 107.
Castelletto (de) Gisberto , milite,
352, 353, 355, 358, 361, 362, 364,
386, 387, 388, 389, 390, 391, 392,
462, 463, 466, 470, 472.
Castellonovo (de) Antonio, notaro
e giudice, 11, 12.
Castellonovo (de) Tommaso, nota-
ro, 13.
Castiglione (de) Bartolomeo, Secre-
to, 311, 313, 316, 317, 328.
Castiglione (de) Berengario, asses-
sore della Curia di Maiorca, 271,
276, 279.
Castrogiovanni (de) Guglielmo, 122.
Castrogiovanni (de) Simone, 491.
Castronovo (de) Armaleo, 515.
Castroterciolo (de) Benedetto, 152.
Catania (de) Matteo, 226..
Catania (de) Virgilio, maestro Por-
tolano, 546, 594, 628, 629.
Cecilia (S.) Cardinale di, 246.
Celestino V, Papa, 250.
Centurbio (de) Simone, 491.
Ceralbono (de) Giacomo, 491*.
Cerdano Pericono, 199.
Cerusa, 452.
Chiaramonte Giovanni , Siniscalco
del regno, 146.
Chicaro Nicoloso, giudice, 335, 340.
Chierico Benedetto, notaro, 9.
Chi meni Garsia, 183.
Chi nolo Guglielmo , protontino ,
599, 607.
Ciapo, fiorentino, 596, 600, 612, 617,
618.
Cibo o Sibo Manuele , genovese ,
383, 621.
Cipolla Ponzio , giudice, 335, 360,
443.
Cirasa Bartolomeo, 108.
Ciribelli Giovanni, 323.
Clemente III, Papa, 483.
646
INDICI
Clemenza , vedi Margherita di Va-
lois.
Cloviano (de) Giacomo , 432 , 433 ,
434.
Colonna Benedetto, cardinale, 463,
465.
Cornilo (de) Artale, comito, 59, 60.
Comte A., regio portiere, 432, 507,
508.
Conques (de) Berengario, 173, 174,
175, 176, 192, 193, 194,
Consalvo Domenico, 608.
Conto Guglielmo, portiere, 321.
Conto Venuta, 321.
Coppola Bernardo, giudice, 340, 360,
595.
Cor (de) Bernardo, 183.
Corrado IV, Re di Sicilia, 99, 285,
290, 507.
Corradino, tìglio di Corrado IV, Re
di Sicilia, 40, 53, 99, 324, 535.
Cosenza (de) Ruggiero, giudice, 178,
184.
Cosmauo (de) Damiano 397.
Costa (de) Pietro, cappellano, 152.
Costanza , regina , moglie di Pie-
tro I, 45, 47, 48, 53, 56, 77, 78,
79, 80, 82, 85, 86, 89, 90, 95, 96,
98, HO, 112, 115, 116, 117, 119,
124, 125, 126, 128, 129, 130, 133,
134, 135, 136, 137, 140, 141, 142,
144, 150, 151, 153, 169, 170, 173,
177, 183, 196, 197, 198, 199, 200,
211, 223, 224, 225, 226, 269, 274,
277, 308, 314, 315, 320, 321, 336,
337, 338, 340, 342, 343, 355, 358,
408, 409, 484, 485, 505, 506, 541,
542, 547, 575, 607, 613.
Credundeo (de) Bonacquisto, 107.
Cremonesi, 397.
Cresuels (de) Bertrando , mercan-
te, 43.
Cristiano Paolo, 178.
Crito Nicola, 106.
Crudiliis (de) Gallabino, 152.
Crudi liis (de) Guilaberto o Gilaber-
to, 382, 389, 390, 410, 411, 413,
419, 421, 422, 423.
Cuculino Andrea, 599.
Cugilario Perretto, 318.
Culumdi Leone, 525.
Cuniano (de) Giovanni, 515.
Curban (de) Amelio, Giustiziere di
Abruzzo, 226.
Dahivar Pietro, 72.
Dalmazzo Giacomo, 174, 189, 190.
Damiano (de) Matteo, 106.
Dandolo Giovanni, Doge di Vene-
zia, 612, 633.
Darroz P. Garcesio, armigero, 253,
254.
Dictator Pietro, 105.
Disona Pericono, 198, 199.
Dols Gallaranz, 97.
Domino Baldo (de) Bartolomeo ,
178, 184.
Domino Baldo (de) Riccardo, 178.
Domino Goffredo (de) Anione, 178.
Doria Babilone, 112.
Durante, prete, 130.
Durfortis Guglielmo, 320, 383.
Eudemonia (de) Nicola , capitano
del comune di Palermo, poi Se-
creto di Sicilia, 10, 77.
Edoardo I, Re d'Inghilterra 43, 47,
50, 73, 495.
Elena, moglie del Re Manfredi,
336.
Eleonora , figlia di Edoardo 1, Re
d'Inghilterra, 500.
INDICI
Eleonora, figlia di Carlo, principe
di Salerno, 358, 359, 360.
Elia (de) Pilippotto, 526.
El - Mostancer, Sultano di Tunisi,
384.
Emanuele, Infante di Gastiglia, cu-
gino del Re Sancio IV, 75.
Eneci P. 187.
Enrico VI, imperatore, 99, 306.
Enrico II di Lusignano, Re di Cipro,
494, 500, 507.
Enrico, figlio di Ferdinando III Re
di Castiglia, 377, 380, 385.
Enrico, notaro, 108.
Enrico (de) Guglielmo, 598.
Errigo (de) Sinibaldo, 122.
Escorna Raimondo, notaro, 250, 253,
• 343.
Eximeni Rodrigo, procuratore del
regno di Valenza. 199.
Ezimbardo, 421.
Faciola Lapo, Vicario di Valenza
204.
Facticio o Faticio Filippo, giudice,
113, 114, 115.
Falcone (de) Aldibrando, 443.
Falcone (de) Andriolo, console dei
marinai, 441, 442, 444.
Falcone (de) Bongiovanni, 443.
Falcone (de) Gualtieri , comito ,
59, 60.
Farnes (de) Guglielmo, milite, 416.
Federico I, Barbarossa, imperato-
re, 99.
Federico II svevo, Re, poi impera-
tore, 66, 78, 100, 105, 106, 107,
109, 111, 149, 222, 227, 228, 237,
239, 243, 284, 285, 286, 290, 291,
300, 304, 306, 345, 370, 371, 372,
425, 434, 444, 456, 457, 513, 520,
585.
Federico, Infante, tìglio del Re Pie-
tro I, poi Luogotenente del re-
gno di Sicilia, 46, 47, 75, 214,
330, 354, 358, 360, 361, 367, 368,
455, 476, 477, 479, 484, 495, 503,
vedi pure Federico II aragonese.
Federico II aragonese, Re di Sici-
lia, 53, 66, 80, 81, 91, 100, 112,
165, 187, 217, 218, 220, 221, 223,
224, 226, 229, 230, 244, 247, 249,
256. 284, 286, 287, 289, 291, 301,
306, 308, 309, 310, 316, 345, 360,
425, 429, 444, 469, 535.
Federico, tìglio di Ferdinando III,
Re di Castiglia, 386.
Ferdinando I, il Giusto, Re di Ca-
stiglia, 272, 287.
Fererio (de) Marchisio, 397.
Fernando d'Aragona, Infante, fra-
tello del Re Pietro I, 43, 44.
Ferrante Giacomo, 550, 552.
Ferrarlo Bernardo, 580, 581 , 626 ,
627.
Ferrerio Atroner Pietro, 550, 552.
Ferro (de) Berardo o Giovanni Be-
rardo, maestro Razionale, 404 ,
458, 459.
Ficu (de) Roberto, notaro, 597.
Filadello (de) Giovanni , notaro e
giudice, 11, 13.
Filippo III, l'Ardito. Re di Fran-
cia, 41, 42, 44, 118, 155. 162, 164,
185, 193, 240, 241, 245, 246.
Filippo IV, il Bello, Re di Francia,
423, 462, 464, 465, 470, 471, 472,
473, 474, 493, 495, 496, 502, 504,
580, 626.
Filippo VI di Valois, Re di Fran-
cia, 357.
Filmai nardo Gualtiero, 178, 184.
Filmainardo Roberto, milite, 178,
184.
Filosofo (de) Pietro, giudice , 340,
489, 490, 491.
(i48
INDICI
Fiumara Giacomo, 178.
Fivelleri o Favellerio Raimondo ,
174, 189, 190, 591, 592, 603, 624.
Florencia (de) Enrico, notaro, 13.
Foggia (de) Bartolomeo , vedi Ma-
niscalco.
Foix (Conte di) Ruggiero Bernar-
do III, 477.
Fonoleto (de) G., 159, 160.
Fontana (de), 60.
Fontoia (de) Giacomo , cornilo ,
59, 60.
Formaggio Balducio, 548, 637.
Fortuno Matteo, abdelillo, 485, 486,
487, 488.
Francesco Goffredo, giudice. 178,
184.
Fristocco (de) Matteo, 114.
Fusses (de) Pietro , pagatore del
palazzo regio, 613.
O-
G. scriba, 200.
Gabrieli (de) Nicola, 516.
Gaito (de) Teodoro, giudice, 491 ,
492.
Galaart A., 195, 196.
Galardo, Gaulart Rinaldo, 613, (532.
Calato (de) Simone, 122.
Galcerando, vedi Cartellano (de).
Galioto o Gulioto Marco, 178, 184.
Galvans Guglielmo, 183.
Gaugio (de) Landoico, 518.
Garces de Mesones Pietro , prepo-
si to di nave, 619.
Cassini Bt. giudice, 416, 417.
Gatto Riccardo, 178.
Gaud ioso (de) Gualtiero, gi ud ice, 224.
Gavera Nicola, 600.
Gentile, 120, 121, 122.
Gentili (de) Ruggiero, 491.
Geraci (de) Rainaldo, 122.
Gerona (Vescovo di), 155.
Gervasio (de) Ruggiero . giudice ,
395.
Giacomino, 552.
Giacomo I, il Conquistatore, Re di
Aragona, 43, 169, 173, 206, 218,
344, 377, 380, 385.
Giacomo II, Re di Aragona, 169.
Giacomo , Infante , Luogotenente
del Regno di Sicilia, 45, 46, 47,
74, 77, 78, 79, 80, 85, 89, 91, 92,
110, 111, 116, 117, 118, 123, 124,
125, 128, 134, 135, 137. 138, 139,
140, 141, 142, 143, 144, 145, 146,
149, 150, 151, 152, 157, 162, 164,
165, 166, 167, 168, 169, 177, 183,
186, 187, 189, 191, 192, 193, 194,
196, 197, 198, 199, 200, 202, 211,
213, 214, 223, 224, 227, 228. 229,'
230, 252, 253, 269, 270, 271, 274,
277, 278, 279, 280, 346, 348, 349,
354, 361, 388, 390, 541, 542, 543,
544, 563, 565, 566, 567, 568, 569,
571 , 584 , vedi pure Giacomo
Re.
Giacomo, Re di Sicilia, 17, 52, 53,
66, 67, 88, 90, 206. 210, 216, 217,
221, 222, 226, 230, 232, 243, 244,
245, 249, 273, 277, 286, 287, vedi
pure Giacomo II.
Giacomo di Pietro , figlio del Re
Pietro I, 123, 124, 453, 354, 455,
547, 562, 604, 635.
Giacomo (de) Manfredo, 11.
Gilio, 554.
Gilio (de) Andrea 515.
Gilio Bernardo, 608.
Gi Mone, 550, 552.
Giordano Pietro, baiulo di Ampo-
sta, 198.
Giorgio (de) Costanzo, 106.
Giovanni, prete, 491.
Giovanni, Vescovo di Cefalù, 515,
516, 517, 518, 520.
Giovanni (de) Gentile, 149.
intìnti
640
Giovanni (de) Nardo, 149.
Giovanni (de) Parisio, 115.
Giovanni Greco (de) Nicola, 113.
Giovanni Marco (de) Guglielmo, 319.
Giovanni Vetulo (de) Giovanni, 491.
Girardi Raimondo, notaro, 411, 417.
Giudice (de) Andrea, 599.
Giudice Enrico (de) Roberto , 178.
Giuliano (de) Giovanni, notaro, 122,
516.
Giunta, Vescovo di Cefalù, 101, 102,
103, 104, 105, 106, 107, 108, 120,
121, 134, 398, 399, 402, 458, 482,
483, 484, 511, 515, 516, 517, 520,
565, 566, 567, 568, 569, 570.
Giustiniano, imperatore, 326.
Golioso (de) Ruggiero, 108.
Gondisalvo Giovanni, 342, 343, 344.
Gotto (de) Bartolomeo, 600.
Grainignano (de) Giovanni Andrea,
notaro, 409.
Granchio (de) Andrea, 515.
Greilly o de Grilliaco Giovanni, Si-
niscalco del Re d'Inghilterra, 240,
505.
Grillo Giacomo, notaro, 374, 375.
Guarichi o Guarichio, Guarichiolo Fi-
lippo, 78, 79, 81, 222, 223, 224, 229.
Guarichiolo o Guarichi Riccio, 81.
Guatta Raimondo, castellano, 621.
Guberna Andrea, 178.
Guercio Giovanni, Secreto di Sici-
lia, 77, 78.
Guglielmo II, Re di Sicilia, 78, 111,
310, 425, 506, 507, 574.
Guglielmo, conciatore, 490.
Guindone o Guiandone Lapo, mae-
stro Portolano, 81, 82, 83, 84,
85, 140, 141, 142, 204, 578, 579,
597, 614.
Guirrucio, 114.
Gulfo (de) Pachio, giudice, 520, 523.
Hamut (Hamictus) Ruggiero. Giu-
stiziere, 484.
Harerio Ruggiero, 515.
Haverio (de) Filippo, 105.
I. Vescovo di Valenza, 389, 390.
Iahen (Vescovo di), 253, 255.
Iandone Lapo vedi Guindone.
Ianulo (de) Vassallo, notaro , 301,
305.
Imparillada o Imperillada Bernar-
do, 549, 552, 554.
Imperatore (de) Francesco, 327.
Imperatore (de) Goffredo, giudice,
335, 339, 346, 347, 349, 351, 360.
Importagere, 550, 552
Incanaldo, 552, 553.
Incisa (de) Federico, maestro Por-
tolano , 578, 594, 62fi, 628, 629.
Infirriolo, 554.
Insigarolo Raimondo, 549, 552, 553.
Insula (de) Bartolomeo, giudice, 443.
Insula (de) Stefano, 621.
Intayan o Intallani o Tayan Ber-
nardo, 549, 552, 554.
;[tòàvvsc Tzavqp, 318.
Ioannico (de) Giovanni, 178, 184.
Iocelmo, Vescovo di Cefalù, 134.
loffo (de) Bongiovanni, 443.
Iolanda, vedi Violante
Iosberto, Vescovo di Valenza, 252.
Iosep (de) Nicola, 516.
Isabella , figlia di Bianca signora
di Molina, 75.
Tscla (de) Bonello, 527, 529.
Iscla (de) Talento, 610, 611.
Iurmele (de) Guglielmo, 105.
I urine le (de) Nicola 105.
650
INDICI
SE
Kélaoun-Malec el-Mansùr, Sultano
di Egitto, 455, 456, 457, 494, 497.
Laburzi (de) Giovanni, giudice. 335,
340, 360, 443.
Lancia o Lanza di Castelmainardo
Corrado, maestro Razionale, 186,
-210, 276, 277, 279, 385, 421, 422,
423.
Lancia Federico, comito, 541, 558 ,
559.
Lancia Federico, conte di Squillaci,
330, 331, 335.
Lancia Galvano, Vicario imperiale,
535.
Lancia Galvano. 534, 535.
Lancia Manfredi, capitano di Malta,
558, 559, 562.
Lanfranco, mercante di panni, 131,
132.
Lan temali (de) Matteo , preposto
all'arsenale, 616.
Lauria (de) Francesco, preposto di
nave, 616, 617.
Lauria (de) Roberto , Giustiziere ,
373, 374, 508, 509, 521, 523, 596,
616.
Lauro (de) Andrea, 519.
Legale (de lo) Bartolomeo, 202, 203.
Legale (de lo) Giovanni, 202, 203.
Lenguard Marinono, 58.
Leutini (da) Alaimo, Capitano, Mae-
stro Giustiziere, 16, 17, 18, 19,
21, 22, 24, 52, 66, 116, 117, 119,
158, 162, 163, 164, 165, 200, 201,
327, 328, 342, 343, 344, 345, 354,
386, 387, 391, 392, 393, 407, 420,
430, 445, 543, 545, 560,
Lentini (da) Macalda, vedi Macalda.
Lentini (di) Simone, vescovo di Si-
racusa, 374.
Leonardo, notaro , 614 , 615 , 618 ,
625.
Leone, 527.
Leone (de) Marzocco, 516, 518.
Lescot Giovanni, vedi Scoto.
Lesse Pietro, 350.
Letizia (de) Enrico, giudice, 109,
510, 518.
Leyda (de) Michele, 605.
Libiano (de) Pietro, maestro Razio-
nale, 174 , 190 , 191 , 271 , 276 ,
279.
Licata (de) Guglielmo, giudice, 224.
Ligorio (de) Guglielmo, baiulo, 113,
114.
Limogiis (de), giudice, 17.
Loese (de la) Alessandro, 42.
Lombardo Francesco, 526.
Lombardo Giacomo. 491.
Lopis Pietro, 604.
Lorens Guglielmo, 609.
Lorenzo (de) Andrea, 569.
Lorenzo (de) Garsia, 547, 637.
Loria o Lauria (de) Ruggiero, am-
miraglio di Sicilia, e poi d'Ara-
gona, 68, 116, 135, 137, 156, 157,
161, 162, 163, 164, 169, 170, 191,
196, 202, 269, 270, 272, 274, 275,
277, 279, 280, 297, 298, 320, 321,
322, 336, 346, 348, 350, 375, 376,
377, 383, 385, 419, 421, 422, 423,
439, 440, 445, 446, 447, 448, 450,
451, 453. 454, 468, 469, 485, 505,
523, 524, 530, 531, 541, 542, 543,
544, 545, 561, 562, 563, 572, 573,
574, 575, 576, 577, 578, 579, 580,
581, 582, 584, 586, 588, 632, 633,
634.
Loria (de) Ruggiero, figlio dell'am-
miraglio Ruggiero, 469.
Loria (de) Sanrina, moglie dell'am-
miraglio Ruggiero, 469.
LNMCI
651
Ludovico, Re di Sicilia, 310.
Luna (de) Lippo o Luppo Ferench,
389, 390.
Luna (de) Roderico Eximeno , 54,
55, 203.
Luppeti Guglielmo, notaro , 388,
389, 390.
Macalda, moglie di Alaimo da Len-
tini, 66, 116, 342, 344.
Madio Giovanni, 515.
Magistro (de) Bartolomeo, giudice,
443.
Magistro (de) Giovanni, giudice,
489, 491.
Magistro Costantino (de) Giovanni,
105, 106.
Magistro Iacono (de,) Nicola , 178 ,
184.
Magro Roberto, 107.
Maida (de) Tommaso, 301.
Mai me ni Gerardo, 220.
Maioli o Mayol Berengario o Ber-
lingerio. 176, 569, 592, 624.
Maioli F., console . 204 , 205 , 906 ,
207, 208, 209, 210.
Malatino (de) Bernardo, 617.
Malec Camil , Sultano di Egitto ,
456.
Malek el - Archraf Khalil, Sultano
di Egitto, 457.
Malek -Saleh, Sultano di Egitto,
457.
Maletta Federico , figlio del conte
Manfredi, 518, 520.
Maletta conte Manfredi, Camerario,
230. 484, 510, 517, 518, 520, 565,
566, 567, 568, 569.
Malgranerio Guglielmo , 550 , 552 ,
554.
Mallioto Nicola, 106.
Malpulcio (de) Bernardo, 11.
Manchino Giovanni, 132.
Manchino Gualtieri, 132.
Manfredi, Re di Sicilia, 53, 66, 78,
93, 96, 107, Iti, 112, 125, 126,
128, 129, 130, 131, 132, 136, 138,
139, 143, 145, 146, 225, 227, 228,
233, 237, 245, 291, 309, 310, 311,
312, 330, 331, 335, 336, 337, 338,
341, 361, 426, 427, 505, 575, 585.
Maniscalco o Marescalco de Foggia
Bartolomeo o Bartolotta,148,149.
Maniscalco Giovanni, 536, 537, 538,
Maniscalco Viviano, 132.
Manna (de) Giovanni, 244.
Manna (la) Luigi, 243, 244.
Manna (de) famiglia. 24").
Mansano (de) Enrico. 417.
Manuele (de) Rodolfo, 115, 116, 117,
229, 230.
Manuele (de) Ruggiero, 589.
Manzante (de) Sinibaldo, 515.
Maometto, 381.
Mar o Mari Penco , 459, 460, 401,
462, 504.
Marchese Pietro, notaro, 270, 271,
273, 276, 279, 349, 350, 378, 383,
389, 390.
Marchisotto Fenicia, 311, 312, 316,
317. 318.
Marchisotto Filippa, 311, 312, 316,
317, 318.
Marchisotto Perrone, 311, 312.
Marco Pietro, notaro, 45.
Margam, vedi Margat.
Margariti Baldovino, notaro , 520,
523,
Margarito, frate, 17.
Margat, o Margam Ibn Sabir , sa-
raceno, 97, 98, 609, 611, 633.
Margherita (non Clemenza), figlia di
Carlo li di Napoli, sposa di Car-
lo di Valois, 357.
(i52
INDICI
Mari (de) Nicoloso o Nicola, capi-
tano, 524, 5-25, 528, 529.
Maria, regina, moglie di Sancio IV
Re di Castiglia, 476.
Maria, regina, moglie di Martino I,
Re di Sicilia, 11, 148, 149, 307.
Maria, principessa di Salerno, mo-
glie di Carlo, liglia del Re d'Un-
gheria, 375, 376, 410, 411, 418.
Mariano II, Giudice di Arborea, 98.
Marino (de) Guglielmo, milite, 107,
109.
Manjuet o Marketto Bernardo, 624,
Marquet o Marketto Raimondo, vi-
ceammiraglio in Barcellona, 153,
154, 175, 176, 569, 591, 592, 603,
624.
Marsala (de) Francesco, notaro, 13.
Martino, duca di Monblanco. padre
del Re Martino I, 62.
Martino I, Re di Sicilia, 11, 62, 66,
139, 222, 286, 287, 291, 307, 310,
371, 425, 426, 429, 430.
Martino IV, Papa, 15, 19, 43, 55,
118, 165, 225, 242, 243,245,246,
247, 292, 394.
.Martino (de) Giovanni, 104, 108.
Martorana (de) Rustico, 229.
Mastrangelo Ruggiero, capitano del
comune di Palermo, poi Maestro
Giustiziere, 10, 66, 78, 489, 492.
Matarasso Nicoloso, 622.
Matteo prete, 130, 131, 132.
Matteo (de) Matteo, 178, 184.
Matteo Pietro, notaro, 367.
Matteo Stefano, 178.
Mattia (de) Pietro, 617.
Mauro (de) Giovanni, 115.
Mauro (de) Ruggiero, 203.
Mazaria (de) Mercatante, milite, 619.
Mazzarino (de) Giovanni, milite,
157, 158, 386, 428, 430.
Mediona (de) Alberto, 271, 276, 279,
350.
Menono, 527.
Mercurio, prete, 106.
Merenda Ventura, preposto di nave,
598, 618.
Mes de Loren (de) Enrico, frate, 523.
Messina (di) Enrico, suddiacono,
325.
Messina (di) Francesca, 325.
Messina (di) Giovanni, 325.
Messina (di) Salvo, 515.
Michele Paleologo , imperatore di
Costantinopoli, 40.
Michelo, 527.
Milana (de) Michele, 516.
Milazzo (di) Perrone, notaro, 519.
Milazzo (di) Pietro, 579, 615.
Mili (de) Bernardo, 249.
Milina (de) Giovanni, 178.
Milite (de) Andrea, 547.
Milite (de) Bartolotto, 187.
Milite (de) Enrico, giudice, 120,
122.
Milite (de) Giacoma, Secreto e Mae-
stro procuratore al di qua del
fiume Salso, 186, 187, 547, 558,
598, 621, 625.
Milite (de) Giovanni, 187.
Milite (de) Matteo, 187.
Milite (de) Orlando, 187.
Milite (de) Rinaldo, 187.
Millorcta (de) Pagano, 133.
Milo Bernardo, 249, 430.
Milo (de) Francesco, milite, 247,
248, 249.
xMilo (de) Giovanni Luigi, 247, 248.
Mineo (di) Adinolfo , milite , 157 ,
158, 201, 342, 343, 344, 386, 430.
Minorisa (de) P. 152.
Minorisa (de) Raimondo, 311, 312,
351.
Mirenda Marchisio, notaro, 128, 129,
133.
Misuraca Bertrando, 208, 209.
Mitro o Micro Gualtiero, 178, 184.
IX DICI
653
Modica (de) Guido , 132, 227 , 228,
229.
Moliens (de) Giovanni, capitano di
Napoli, 530.
Molleto (de) Pietro, 159, 160, 174 ,
189, 191.
Monaco (de) Rainaldo, 114.
Moncada Gastone Vili, visconte di
Béarn, 474, 475, 4-7(5, 477, 478.
Moncada Guglielma , figlia di Ga-
stone di Béarn , 474 , 475 , 476.
477, 478, 479.
Moncada Guglielmo, 167, 169, 377.
380, 385.
Moncerisio 'de) Ruggiero, 126.
Monferrato (di) marchese, 39, 119.
Mon forte (di) Giovanni , Conte di
Squillace e Montescaglioso, 445,
446, 448, 449, 450, 523, 524, 530.
Montefeltro (di) Guido, conte, 39.
Monteliono (de) Bondi, uotaro, 13.
Monteolyo (de) Bartolomeo , 596 .
619.
Monteolyo (de) Berlingieri, coraito,
596, 609, 618, 633.
Monteolyo (de) Calcerando, castel-
lano, 623.
Monteolyo (de) Guglielmo Calce-
rando, notaro, 595, 596, 597.
Mora (de) Ferrerio, 550, 552.
Morabito Filippo, giudice, 317, 318.
Morabit© (de) Giovanni, 318.
Moratoni Guglielmo , notaro., 269,
271, 274, 275, 276, 277, 279.
Morena Guglielmo , giudice , 520 ,
523.
Morena Pellegrino, 133.
Morena Ruggiero, 133, 596, 616.
Mosse Abramo, ebreo, 172.
Mumito Federico, Giustiziere, 596.
Munterolis o Munterols (de) Rai-
mondo, 147, 174, 175.
Murella Tommaso, 514.
Mussone (da) Baldovino , 16, 149 ,
443, 445.
i 2*r
Namuntaguda (de) Guglielmo , ca-
stellano, 596.
Narbona (di) Cerviauo, 57, 58.
Neocastro (de) Bartolomeo, giudice,
cronista, 17, 298, 351, 352, 476,
477, 479.
Neri, di Giacomo, serviente, 489.
Nicola III, Papa, 24.
Nicola IV, Papa, 424, 462, 465, 493,
503, 504.
Nicola (de) Stefano, notaro, 78, 79,
224, 229, 579, 580, 615, 622.
Nicola, tiglio di maestro Simeone,
105.
Nicola, eremita, dell'ordine di S.
Basilio, 408.
Nicola (frate), precettore dell'Ospe-
dale di S. Maria dei Teutonici,
373, 374.
Nicola, notaro, 106.
Nicosia (de) Giovanni, 122.
Nigrello Pietro, provenzale, 78, 79.
Nigri Pietro, 417, 550, 552.
Nigrino o Nigrinso Enrico, 594, 630.
Noe (de) Pietro di Garda, 271, 276,
279.
Notaro F'ilippo (de) Giovanni, no-
taro, 133, 547.
Notaro Orlando (de) Guglielmo, 443.
Notaro Roberto (de) Giacomo, no-
taro, 101, 102, 109.
Notaro Roberto (de) Nicola, cano-
nico, 121.
Noto (de) Gualtieri, 405, 406, 407.
Novello Guido, conte palatino, 39,
335, 336.
Novello Manfredi, figlio del conte
Guido, 335.
654
INDICI
Oliverio (de) Nicola, 106.
Ollerio Guglielmo, (518.
Omar Muley, Re di Tunisi, 16'.).
Omobono (dej Bongiovanni, notaro,
124, 125, 127.
Onorio III, Papa, 243.
Onorio IV, Papa, 290, 292, 293, 294,
295, 296, 354. \
Orlando (de) Giovanni, 395.
Orlando (de) Riccardo, baiulo, 395.
Orlilevo (de), capitano del comune
di Palermo 10, 78.
Osca Damiano, 254.
Osca (de) Domenico, portiere, 253.
Ottellis (de) Perricone , familiare
della camera della regina, 613.
Pancia (de) Lancellotto, 113, 114.
Pace (de) Grimonisio, 11.
Pactis (de) Guglielmo, giudice, 443.
Pactis (de) Pietro, di Mattia 595*
Pagano, pianellaio 108.
Paladino (de) Nicoloso, 617.
Palamario Domingo o Domenico ,
615, 630.
Palermo (di) Ventura, notaro, 115.
Palet Bernardo, 550, 552.
Palizzi Vinciguerra , Protonotaro ,
326, 327, 351, 484.
Paudolfo (de) Martino, 107, 109.
Pane vino Alamanno, 516.
Papia (de) Rufino, 109.
Pardo Roberto, 220.
Parma (de) Fazio, notaro, 348, 349,
351.
Parma (de) Gerardo, cardinale, Le-
gato del Re Carlo II di Napoli,
177, 179, 185, 361, 362,363,364,
375, 376, 410, 412, 414, 415, 419,
421, 422, 463, 465, 577.
Pasquale Guglielmo, 604.
Passaneto (de) Riccardo , Giusti-
ziere, 393, 394, 395, 396, 398, 401,
402, 404, 458, 459.
Pedelepore Leonardo, 133.
Pellayo (de) Orlando, 133.
Pellegrino, notaro, 95.
Pellegrino (de) Giovanni , notaro ,
331, 335, 360.
Peralata Giacomo, 129, 132.
Peralata Ponzio, 129, 132.
Perama (di), notaro, 351.
Peranna (di), notaro, 351.
Peregrino (de) Giovanni , notaro ,
312. 443.
Perpinnano o Perpignano. portiere
regio, 558, 596.
Perrectis (de) Giovanni, 319.
Perrectis (de) Nicola. 318.
Petra (de) Simone, 515.
Petralia (de) Parisio, 515.
Petralia (de) Tommaso, 105.
Petrono (de) Guido, 178.
Picalquers (de) R. frate, 144.
Pictacholis (de) Giacomo, notaro. 13.
Pietro III, Re d'Aragona, I di Si-
cilia, 15. 19. 20. 21, 22, 23, 24,
39, 40, 41, 44, 45, 46, 47, 48. 50.
52, 53, 87, 150, 151, 152, 153, 158,
J77, 178. 179, 180, 181, 182, 183.
184. 185. 210, 222, 225, 227, 228,
229, 232, 233, 238, 240, 241, 242,
243. 244, 245. 246, 247, 249, 250,
251, 252, 253, 254 255, 269, 270,
271, 274, 276, 277. 278, 279, 282,
290, 291, 300, 303, 304, 306, 308,
314, 315, 316, 328, 336. 342. 343.
349, 357, 358, 383, 384, 385. 407.
408, 430, 439, 453, 454, 455, 468*,
505, 520, 534, 571, 576,580,588,
626, 634.
INDICI
655
Pietro II, Re, Luogotenente del Re
Federico II, 217, vedi pure Pie-
tro II, Re.
Pietro II, Re di Sicilia, 06, 222, 319.
Pietro, Infante , figlio del Re Pie-
tro I di Sicilia, 367 , 369 , 455 ,
476, 495, 503.
Pietro (di) Raimondo, Giustiziere,
120, 121.
Pietro (di) Salvatore, 16°2, 164, 166,
167.
Pietro, 527.
Pignatelli Bartolomeo, arcivescovo
di Messina, 17.
Pildire Diodato, 178.
Pinto Pietro, 599.
Pironti Giacomo, 223.
Pisano Boninato, 525.
Pisano Puccio, 178.
Pisiniaco (de) Guiscardo, Giusti-
ziere di Basilicata, 531.
Pitineo (de) Gualtieri, 105.
Pittineo (de) Giovanni, prete, 106.
Placea (de) Giacomo, 515.
Piacentino Alberto o Albertino, no-
taro, 109, 510, 519.
Plascara (de) Nicola, 526.
Polizzi (di) Bianco, 518.
Polizzi (di) Gandolfo, 518.
Polizzi (di) Guglielmo, 491.
Poncio Rodrigo di Pietro, commen-
datore di Alcanicio, 74.
Ponte (de) Giacomo 622, 630.
Ponzio Berlinghieri, capitano di Co-
trone, 534, 535.
Ponzio Bernardo, 417.
Ponzio, preposito di Selsona, 389,
390.
Portella (de) Muce, 200.
Portella (de) Romeo, 81, 83, 84, 141.
Prato (de) Andrea, 178.
Presbitero (de) Guglielmo, 127.
Presbitero (de) Nicola, 318.
Presbitero (de) Perrone, 318.
Presbitero (de) Stefano, 318.
Presbitero monaco (de) Gerardo ,
318.
Presbitero Nicola (de) Michele, no-
taro, 317, 319.
Procida (da) Andrea , 39, 40, 547 ,
636.
Procida (da) Giovanni, Segretario,
poi Cancelliere del regno , 24 ,
39, 40, 44, 68, 76, 93 , 94 , 116,
117, 118, 123, 124, 135, 137, 169,
170, 175, 192, 193, 194, 213, 221,
271, 276, 298, 342, 343, 346, 347,
348, 349, 350, 352, 354, 377, 389,
460, 461, 462, 463, 465, 476, 477,
479, 532, 543, 545, 548, 560, 565,
598, 635.
Protopapa (de) Giovanni, 178.
Prunariis o Pruneriis (de) Pietro ,
161, 188, 189.
Pugnetto (de) Antonio, 133.
Pulcaro (de) Venuto, Secreto di Si-
cilia, 101, 102, 126, 223, 432,
433, 434, 594.
Q
Quadres (de) Amando o Arnaldo,
622.
Quatroppa Guglielmo, 178.
Queralt (de) Pietro, capitano , Vi-
cario di Sicilia al di qua del Sal-
so, 55, 61, 62, 63, 112, 113, 115,
116, 227, 228, 229, 291,
R. Vescovo Vapincense, 416, 417.
Ragulo (de) Enrico, 122.
Raimondo, cappellano del papa Ni-
cola IV, 493, 495, 503.
Raimondo, chierico, 131.
656
INDICI
Raimondo Guglielmo, 327.
Rainaldo, segretario regio, 235.
Ramis (de) Nicola, 105.
Randacio (de) Bonamico, 183.
Rebecca (de) Giacomo, 311, 312.
Riara Corrado, 443.
Riaria (de) Cerviano , custode dei
porti di Catalogna, poi tesoriere
di Sicilia, 53, 69, 71, 533.
Riccardo (de) Salvo , notaro , 120,
123.
Ripalta (de) Guglielmo, 550, 552,
Riso (de) Corrado, 321.
Riso (de) Matteo, 221, 222.
Riso (de) Nicoloso 321, 322.
Riso (de) Palmieri, 321.
Rivosicco (de) R. baiulo del regno
di Valenza, 70.
Roberto, Conte di Artois, Baiulo
del regno di Napoli , 177 , 178 ,
179, 184, 185, 361, 362, 363, 364,
375, 376, 410, 412, 414, 415, 419,
421, 422, 446, 447, 448, 523, 524,
529, 530, 558, 562, 577, 623, 634.
Roberto, figlio del Re Carlo II, di
Augiò , 463 , vedi pure Roberto
Re.
Roberto, Re di Napoli, 309.
Roca (de) Guglielmo, baiulo regio
in Catalogna, 70, 71 , 76 , 144,
172, 176, 177.
Roca (de) Pietro, 75, 76.
Rocabert (de) Alarico, 231.
Rocabert (de) Americo, 231.
Rocabert (de) Arnaldo , visconte ,
231.
Rocabert (de) Dalmao, 231, 232.
Rocabert (de) Gaufrido, 231.
Rocabert (de) Guerrao, 231, 232.
Rocabert (de) Guglielmo, 231, 232.
Rocabert (de) Ufrido, 231.
Rocabert (famiglia), 232, 233.
Roccaforte (de) Umberto, Giustizie-
re, 520, 521, 523.
Rodolfo, Re dei Romani , impera-
tore d'Alemagna, 118, 119, 534.
Rog Berlinghieri , 576 , 601 , 604 ,
610.
Romagnano Rinaldo, 178.
Romanino Ughetto, 546.
Romeo Berengaria, 137, 138.
Romeo Bernardo, 595, 596, 619.
Romeo Raimondo, 135, 136, 137,
138.
Romeo R. tesoriere, 431, 432, 433,
434.
Rossana (de) Guglielmo , milite ,
416.
Royg, pisano, 549.
Rubeo Ianfrido, 155.
Rubeo Nicoloso , maestro di arse-
nale, 622.
Ruffo Lorenzo, 168.
Ruffo di Calabria (contessa) mo-
glie di Pietro, 179, 185.
Ruffo di Calabria Giovanni, fratello
di Pietro, 182, 185.
Ruffo di Calabria Pietro , Vicario
del Re Manfredi, 220, 440.
Ruffo di Calabria Pietro, Conte di
Catanzaro, 177, 178, 183, 185.
Ruffolo Giacomo, Maestro Portola-
no, 223.
Ruggiero I, Conte, ili.
Ruggiero II, Re di Sicilia, 91, 92,
IH, 169, 219, 310, 506, 507, 574.
Ruggiero, familiare del conte di
Brienne, 530.
Ruggiero (de) Guglielmo , notaro ,
489, 492.
Russo Baldoino, 133.
Russo Biscardo, 133.
Russo Federico, milite, 443.
Russo Guglielmo, 602.
Russo Otto li no, 598.
Russo Perrone, 443.
Russo Rainaldo, prete, 131, 132.
Rustico (de) Guichono, 547.
INDICI
657
s
Sabastida, 155.
Sabuchi Domenico, 514, 515, 516.
Saccurt Galcerano, 183.
Saffudo Gandolfo, giudice, 395.
Safotit Armando o Arnaldo, 609,
610, 611, 633.
Salamone (de) notaro, 519.
Salendino Giacomo, tesoriere, 431,
433, 434.
Salerno (principe e principessa di)
vedi Carlo e Maria.
Salerno, notaro, 614.
Salier Burdo, 614.
Salita Giovanni, 383.
Salomone (de) Riccardo, 107, 109.
Saluzzo (di) Beatrice, vedi Beatri-
ce, figlia del Re Manfredi.
Saluzzo (di) Manfredi, figlio del
marchese Tommaso , 331 , 332 ,
334, 337, 338, 339, 340, 341, 575,
588, 606, 613, 633.
Saluzzo (di) Tommaso , marchese
341.
Salvagio Simone, Luogotenente del
Siniscalco del regno, 146.
Salvasucto Alessio, 318.
Salviatis (de) Ruggiero, 515.
Salvo (de) Giacomo, 122.
San Baudilio (de) A. 123.
San Clemente (de) Giacomo , 592 ,
624.
San Clemente (de) P. 202.
San Felice (de) Domenico. 603.
San Felice (de) Francesco , 531 ,
532,
San Felice (de) Giovanni, 550, 552.
San Felice (de) Rainaldo, 183.
San Genes (de) Berlingieri, 615, 630.
San Giorgio (de) Giovanni, prete, 318.
G. La Mantia, Cod. dipi. arag.
San Giovanni (de) Filippo, prete ,
131.
San Michele (de) Benedetto, 132.
San Michele (de) Pietro, prete, 318.
San Tommaso (de) Nicola , prete,
131.
Sances Federico, 256.
Sances Rodrigo, 256.
Sancio, Infante, figlio di Alfonso X
Re di Castiglia, 73, 74, 75, 476,
vedi pure Sancio IV.
Sancio IV , Re di Castiglia , 476 ,
493, 496.
Sanfratello (de) Antonio, 114.
Sansone (de) Paolo, 131.
Santa Agnese (de) Giacomo, 526.
Santa Croce (de) Angelo , proton-
tino 600.
Santa Croce (de) Giovanni, proton-
tino, 600.
Santa Epifronia (de) Enrico, nota-
ro, 441, 442, 443.
Santafede (de) Pietro, arcivescovo
di Palermo, 20.
Santoro, notaro, 114.
Santo Stefano (de) Bernardo, capi-
tano, 621.
Saporito Filippo, 312.
Saporito Guglielmo, giudice, 335 ,
360.
Saporito Nicoloso, giudice, 17, 335,
340.
Sardo Filipo, 443.
Sarlo (de) Facio, 114.
Sarlo (de) Simone, 113.
Sarriano o Serriano o Sarrià (de)
Bernardo, 142, 143, 273, 417,
604, 605, 611, 621.
Sarto Giovanni, milite, 577, 623.
Scaletta Matteo, 327.
Scarinapeco Angelo, notaro, 13.
Sciacca (de) Pagano, notaro, 395, 397
658
INDICI
Scorciagatta Nicola , notaro , 346 ,
347, 351.
Scorna Giovanni , scrittore della
gente di guerra, 431, 433, 434,
579, 614, 615, 630.
Scoto Giovanni, signore di Proven-
za e Forcalquier, 410, 411, 417,
418.
Scriba Bernardo , tesoriere , 159 ,
160, 166, 201, 202, 204, 568, 569.
Segalario o Segalars Bernardo, 154,
155, 156, 160, 383.
Sellaro Simone, 182.
Sentepero Bartolo, 515.
Sestari Giovanni, 451.
Sesta (de) Stefano, 57.
Settepani Bartolomeo, giudice, 113,
114.
Sfar (de) Ribaldo, 183.
Sicho Goffredo, 370 371.
Sicho Teodoro, 370, 371, 372.
Sifra Alamanno, 630.
Sigar (de) Berlingieri, 621.
Sigillatore (de) Petrono, 178.
Simadimari Guglielmo, 577, 623.
Simeone, maestro, 105.
Simone (de) Guglielmo, notaro, 66,
108.
Sinagra (de) vedi Synapis (de).
Siniscalco (de) Nicola, 113.
Siracusa (de) Marchisio, notaro, 297.
Siracusa (de) Rainaldo, vice -ammi-
raglio, 596, 617.
Siracusa (de) Ruggiero, notaro, Se-
creto al di qua del Salso, 547 ,
636.
Solanis (de) Guglielmo , notaro ,
474 , 475 , 476 , 478 , 479 , 597 ,
598.
Soliaco o Sully (de) Russo od U-
gone, 505, 527, 528, 530.
Soris (de) Percivallo, 617.
Spallaforti Nicola, 114.
Spluges (de) Giacomo, 603.
Spoleto (de) Nicola, 178.
Spusa (de) Giovanni, 106.
Squillacheti Pietro, 178.
Stagnetto (de) Gualtieri, 123.
Stefano IV, Re di Ungheria, 440 ,
411.
Stefano Pietro, 546.
Sully (de) Russo, vedi Soliaco (de).
Suppa Nicola, 319.
Synapis o Sinapa (de) Matteo, no-
taro, 16, 19, 337, 339.
Taberna (de) Basilio, 491.
Taclerio Berlinghieri, tesoriere, 22.
Tagliavia Bartolotto o Bartolomeo,
432, 433, 531, 532, 533, 613.
Tagliavia Francesco, 491, 492.
Tagliavia Nicola, Secreto di Sicilia,
95, 229.
Tagliavia Nino, 398, 399.
Talac Guido, armigero, 117, lt8,
197, 313, 314, 316.
Talac Ugo , Maestro Portolano di
Sicilia, 95, 578, 581 , 582 , 594 ,
626, 628, 629.
Talanto, preposto all'arsenale, 616.
Tancredi. Re di Sicilia, 99.
Tancredi, notaro, 614.
Tancredo (de) Berardo, 107.
Tancredo (de) Corrado, giudice, 395,
397.
Tartaro Enrico, canonico e vice ar-
cidiacono, 128, 129, 130, 131, 132,
134, 135.
Tartaro Ruggiero, 133.
Teiera (de) Simone, 121.
Tenes Antikida, 553.
Teodoro, notaro, 373.
Termini (da) Matteo, maestro Razio-
nale, 116, 135, 136, 137, 138, 204,
INDICI
659
351, 543, 545, 547, 560, 589, 598.
Terreto (de) Eustasio, 519.
Teti (de) Giovanni, notaro, 113, 115.
Timor (de) frate Galcerando, 96, 97.
Tommaso, chierico, 130.
Tommaso Pietro, 550, 552.
Tommaso Raimondo, 550, 552, 554.
Toscano Guido, 518.
Tous (de) Galcerando, frate , 162 ,
163. 165.
Traina (de) Tommaso, 617.
Tramunto (de) Pandoifo, 105.
Traversa Bellebono , milite, 373.
508.
Traversa Enrico , canonico , 373 ,
374, 508, 509, 510, 520, 521 , 522.
Tribisacci Simone, 108.
Trinca (de) La Boyra Isnardo, 228.
Trinchio, notaro, 230.
Troisio Francesco, 39, 40, 41.
Trono Giacomo, 519.
Tusco Benciveni, 108.
Uberti (degli) Marito, Giustiziere di
Palermo, 435, 438, 439, 440, 575,
576, 597.
Uberti (degli) Scaloro, 596.
Ugo, notaro, 124, 125, 126, 127.
Ugolino (conte) 247.
Unda (de) Rolando , giudice, 404 ,
405.
Urano Nicola, 524, 525, 526 , 529 ,
530.
Usay (de) Emerico, 600.
Uscalrilio, 335.
T7"
Valois (di) vedi Carlo, Filippo VI.
Valromana (di) Gisberto, 596.
Vassallo (de) Roberto, giudice, 101,
104, 108, 109.
Ventimiglia Aldoino, figlio di En-
rico, 335, 336.
Ventimiglia ed Ischia maggiore, En-
rico, 335.
Ventimiglia (famiglia), 256.
Vetula Bartolomeo, 107.
Vetulo Pietro, 106.
Vicinis (de) Ugo, maestro di regia
marescallia, 449, 450.
Vilacetmat (de) R. 431.
Vilardello (de) Berengario, 187, 622.
Vilariis o Villano (de) Pietro, 581,
594, 612, 621, 626.
Villa (de) Giovanni di Genesio, mi-
lite, 416.
Villandrino (de) Andrea, 114.
Villanova (de) Arnaldo o Rinaldo,
162, 163, 164, 165, 484.
Villanova Calcerando, 429.
Villanova (de) Graziana, 430.
Villanova Raimondo, regio Came-
rario, 482, 484, 511.
Villanova (de) Vitale, 427, 428, 430.
Villaraguto (de) Berengario, strati-
goto di Messina, 441, 442, 443,
i 444, 452.
Villaraguto (de) Berlingieri , teso-
riere, 597, 599, 623.
Villasecca (de) Filippo, 159, 160, 174,
189, 190.
Violante, sorella del Re Giacomo
di Sicilia, 460, 461, 463.
Viraldo, prete, 130, 131.
Vultabis (de) o Vultagio Tommaso,
notaro, 13.
Valentino Tommaso, 546, 549, 552,
554.
Valenza (de) Federico, 133.
Valletto Giacomo, 178,
Zi
Zaccaria, nunzio del Re Pietro 1, 97.
INDICE ALFABETICO DEI NOMI DI LUOGO
(II numero indica la pagina. L' indicazione per il nome Sicilia si tralascia
se è nell'intitolazione regia o denota regno).
Abruzzo, 40, 225.
Aci, 328, 617, 618.
Acri o Accon, 99, 493, 495, 403, 500,
504, 505, 506, 507.
— ospedale dei Teutonici, 495, 500,
503.
Affriano, fiumara, 125, 126.
Africa, 47, 58, 62, 98, 168, 169, 586,
632, 633.
Africano (mare), 468.
Aidone, 443.
Albace, castello, 261.
Albarracin o Albarrasin, Al barrati-
si, 115, 116, 117, 118, 119, 140 ,
141, 142.
Alcamo, 617.
Alcanicio, 74.
Alcoyll (Africa) 47, 56.
Alemagna, 119.
Algecira, 39.
Aliano, casale, 328.
Amposta, 198, 199.
Angioini o Galli o Gallici, 10, 14,
19, 21, 22, 43, 61, 67. 70, 74, 100,
149, 180, 185, 203, 214, 220, 225,
237, 245, 283, 286, 290, 292, 304,
309, 321, 357, 364, 419, 444, 468,
469, 474, 487, 504, 530, 544, 562,
565, 577, 581, 587, 633, 634, vedi
pure Provenza, Provenzali.
Ansaldo, terre, 311.
Apiaria, castello, 253.
Arabi, vedi Saraceni.
Aragona , Aragonesi , 15 , 24 , 40 ,
42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 58, 63,
69, 70, 73, 77, 80, 83, 85, 89, 90,
93, 96, 99, 100, 101, 102, 111, 113,
118, 120, 125, 128, 129, 149, 150,
151, 156, 157, 161, 165, 166, 167,
168, 173, 177, 178, 179, 180, 181,
182, 183, 184, 185, 191, 197, 205,
206, 207, 209, 210, 213, 214, 217,
218, 220, 225, 226, 231, 233, 238,
240, 243, 245, 246, 247, 255, 269,
270, 274, 275, 276, 277, 278, 290,
297, 304, 306, 314, 336, 338, 342,
343, 344, 347, 349, 350, 351, 352,
353, 356, 357, 359, 360, 362, 364,
367, 368, 369, 376, 378, 380, 382,
383, 384, 385, 386, 388, 389, 390,
391, 392, 408, 410, 412, 418, 421,
422, 424, 446, 447, 454, 455, 456,
457, 459, 460, 461, 462, 463, 465,
468, 469, 476, 493, 495, 496, 501,
503, 505, 506, 523, 524, 532, 543,
544, 545, 563, 569, 572, 574, 577,
580, 581, 582, 585, 588, 592, 593,
623, 635.
Arborea, 84, 85, 98.
Arcudaci, casale, 197, 198, 314.
Arene (grotte delle), verso Castro-
novo, 513.
Arles, 410, 411, 416, 417, 418.
— casa dell'Ospedale di S. Giovan-
ni gerosolimitano, 416.
INDICI
661
Arsa, casale, vedi Carsa.
Atene, 11.
Augusta, 16, 18, 59, 60, 581 , 588
619, 621, 622, 626, 633.
Avignone, 232.
Badolato (Calabria), 524, 527. 530.
Bagnoli spiaggia (Catalogna) 591 ,
606.
Baiona, 242.
Bambali, feudo, 322.
Bamina, casale, 321, 322.
Barbarla, tenimento, 182.
Barberia, 46, 119, 609, 611, 632.
Barcellona (città e contea in Catalo-
gna), Barcellonesi, 45, 58, 70, 71,
75, 93, 94, 96, 137, 144, 153, 154,
155, 156, 159, 160, 161, 169, 170,
171, 172, 173, 174, 176, 187, 188,
189, 190, 192, 193. 194, 199, 200,
201, 202, 203, 204, 205, 207, 208,
209, 210, 218, 249, 269, 270, 272,
273, 274, 275, 278, 279, 297, 303.
307, 320, 345, 346, 347, 349, 352,
356, 359, 362, 364, 367, 368, 382,
387, 388, 390, 421, 422. 424, 425,
453, 454, 457, 503, 504, 533, 543,
546, 570, 582, 586, 587, 588, 590,
591, 592, 595, 600, 603, 604, 605,
608, 609, 610, 624, 632, 634, 635.
Barletta, 235, 237, 587, 599, 600.
Basilicata, 487, 531.
Béarn, 474, 475, 476, 477, 478.
Bedera, pietra, 490, 491.
Béziers, o Besers (Provenza), 586,
592, 606, 632.
Billudia, terre, 406.
Binurrato, casale, 405.
Biserio, casale, 406.
Bizantini (detti Bum dagli Arabi),
455.
Blanes (Catalogna), 533.
Bonfallura, casale, 405, 406.
Bordeaux, 50, 72, 73, 74, 76, 240,
241, 242.
Bracalegi, feudo, 429.
Brignolles, 465, 505.
Bucca di Crapa , mandra , presso
Camraarata, 566.
Buccheri, 52, 66.
Buhulesi, casale, 406.
Bulchachemi, casale, 406.
Buonpietro. 538.
Burdis (de), via, 491.
Burgibilluso , casale , 78, 79, 223,
224, 229, 230.
Burgio, casale, 406.
Cabra, castello (Catalogna), 253.
Cagliari, 98.
Calabria, principato o ducato, 53,
61, 150, 151, 177. 185, 261, 263,
309, 410, 411, 412, 413, 414, 415,
4i5. 446, 466, 468, 472, 473, 486,
487, 504, 534, 544, 546, 557, 563,
565, 632, 634, 636.
Calatabiano, castello, 16, 17, 19.
Calatamauro, castello, 9, 10.
Calatarosata, giardino, 328.
Caltabellotta, 81, 617.
Caltagirone, 53, 373, 374, 596.
Caltanissetta, 143.
Caitavnturo, 120, 121, 122, 123, 402,
404, 513, 516, 518, 519.
Camerana, case, 253.
Cammarata, 62, 224, 231,232,287,
482, 510, 511, 512, 513, 514, 517,
519, 520, 566, 570.
Campagna e Marittima, 225.
Campania felice, 538.
Campofranco, sui Pirenei, 424.
Cancri, vallone, 491.
662
INDICI
Capitanata, 419.
Capizzi, 239.
Capua, principato, 150 , 151 , 211 ,
233, 243, 270, 278, 305, 314, 317,
325, 331, 332, 334, 337, 342, 346,
347, 349, 350, 352, 355, 361, 364,
370, 373, 388, 391, 395, 398, 405,
428, 442, 451, 453, 463, 466, 468,
470, 472, 475, 478, 482, 486, 487,
489, 508, 510, 520, 533, 534, 536,
572, 582, 584, 588.
Qa Real, castello, 253.
Carsa o Harsa, tenimento, 482, 483,
510, 511, 512, 513, 514, 515, 516,
517, 518, 520, 566, 567, 569.
Casabella, porta o stretta, verso
Cammarata, 513.
Casalotto, feudo, 322.
Casalotto, mandra, presso Camma-
rata, 566.
Caso, porta o stretta, 491.
Cassaro, casale, 514.
Castellabate (Calabria), 445, 446.
Castellammare (di Stabia), 633.
Castelliamare , presso Catanzaro ,
182.
Castellon, 543, 546.
Castelvell, o Castet-Bielh, 476. 477,
Castelvetrano, 617.
Castiglia, 40, 63, 476, 493, 496.
Castiglione, 617.
Castrogiovanni, 202, 203.
— valle, 595.
Castronovo, 112, 113, 114, 482, 510,
511, 512, 513, 515, 517, 519.
Castrovillari, terra, 486, 487, 488.
Catalogna, Catalani, 45, 53, 57, 58,
63, 65, 69, 70, 71, 72, 73, 76, 98,
118, 147, 152, 154, 156, 157, 159,
161, 162, 165, 168, 169, 172, 173,
174, 176, 189, 190, 192, 193, 194,
204, 205, 206, 207, 208, 209, 210,
214, 217, 218, 221, 225, 229, 245,
246, 269, 270, 272, 273, 274, 277,
278, 279, 280, 292, 297, 306, 307,
308, 309, 313, 314, 321, 325, 342,
343, 344, 345, 354, 386, 387, 392,
410, 412, 413, 416, 418, 421, 422,
424, 425, 426, 427, 447, 450, 451,
452, 453, 465, 468, 469, 474, 476,
485, 505, 531, 532, 533, 544, 545,
554, 555, 556, 558, 562, 568, 572,
573, 574, 575, 580, 582, 583, 586,
587, 589, 590, 591, 592, 593, 595,
601, 602, 603, 604, 605, 606, 607,
608, 609, 611, 616, 618, 619, 621,
624, 626, 632, 633, 634, 635.
Catania, 16, 18, 49, 53, 59, 67, 85,
87, 88, 89, 90, 231, 232, 233, 291,
300, 328, 393, 520, 522, 524, 525,
526, 536, 537, 547, 548, 617, 618,
622, 636.
Catanzaro. 177, 178, 179, 180, 181,
182, 183, 184, 185, 419, 530.
Catona, 300.
Cava, 13, 587, 599, 634.
Cefalù, 66, 101, 102, 107, 108, 109,
120, 121, 354, 358, 361, 392, 396,
398, 400, 401, 402, 403, 404, 458,
468, 476, 510, 518, 569, 596, 617,
618, 622, 634.
— chiesa, 102, 103, 104, 105.
106, 107, 108, 121, 399, 458, 483,
510, 511, 512, 513, 514, 515, 518,
566.
Cerami, terra, 238, 239, 243, 244.
Cerda, terra, 401.
Ceritania, contea, 45.
Cetraro, 456, 636.
Cipro, 494, 500, 507.
Colle de Panissars, o Panicars, 153,
154. 155, 156, 157, 158, 159, 160,
161, 162, 164, 166, 167. 169, 170,
171, 172, 173, 175, 176, 383.
Colobria, 398, 399, 401, 402, 458.
Corleone, 9, 10, 11, 12, 13, 491, 617.
INDICI
663
Corneto, 524, 529.
Corsica, 552.
Costantinopoli, 455.
Cotrone, 448 . 449 , 525 , 530 , 534 ,
535, 622.
Crati (Valle di), 448, 449.
Crimastadi o Camastra vedi Motta
Camastra.
Cristiani (regni di) 274, 275 , 278 ,
297, 457.
Cnlliura, fiume, 604.
Curema, terra, 489, 490, 491, 492.
Gutemi o Gudemi, casale, 492.
Fiumedinisi, 319.
Fiumetorto (presso Termini Imere-
se),398, 399, 401, 402, 404,512,513.
Foggia, 99, 371.
Forcalquier, 410, 411, 413, 414, 417.
Fores, castello, 253.
Francavilla, 617.
Franchi, vedi Latini.
Francia, Francesi , 194 , 449 , 450 ,
460, 461, 463, 470, 471, 472, 474,
493, 495, 496, 580, 587, 599, 626.
Fumali, casale, 148, 149.
Damiata, 455.
Damils, parrocchia, 198.
Debbad, 384.
Demone (Valle), 238, 313, 316, 317,
322, 595.
Dertosa, 69, 71, 97.
Dronero, 341.
Ebrei o Giudei. 173, 544, 547, 636.
Egitto, 232, 455. 456, 457, 494, 497.
El-Khazàn, casale, 483.
Exea, 81.
Farginisi, luogo, verso Gastronovo,
513.
Faro (nel capo Peloro , ovvero lo
stretto di Messina), 177, 178, 179,
185, 261, 309, 449, 468, 493, 495.
— Lingua del Faro, 622, 635.
Favarotta, casale, 227, 229.
Favignana, isola, 612.
Figueras, 147, 148, 149, 150, 568.
Firenze, 440, 596.
Gabes o Caps (Africa), 609, 633.
Gaeta, 439, 445, 447, 524, 587, 599,
616, 634.
Gallici o Latini, vedi Angioini.
Gandia (Valenza), 70, 71.
Gargotta, terre, 79.
Genetocastro, tenimento, 182.
Genova, Genovesi, 93, 100, 101. 110.
Ili, 138. 139, 143, 145, 146, 174,
186, 187, 189, 190, 219, 247, 308,
384, 424, 425, 426, 427, 444, 451,
452, 453, 480, 481, 506, 526, 616,
636.
Ceraci, contea, 120, 121, 396, 398,
402, 458, 596.
Geraci (Calabria), 487 , 524 , 525 ,
528.
Gerbe, isola, 98, 466, 468, 469, 472,
473, 632, 633, 834.
Gerona, 173, 194 , 249, 531, 532,
533.
Gerusalemme, città, regno, 178, 370,
371, 448, 449, 456, 506, 507.
— monastero di S. Maria di Valle
di Giosafat, 506, 574.
— Ordine del Tempio, 232.
— ospedale di S. Giovanni geroso-
limitano, 97.
664
in mei
— ospedale di S. Maria dei Teuto-
nici, 309.
Giarratana , terra , 233 , 234 , 235 ,
237.
Gibilseni, feudo, 429.
Girgenti, 78, 79, 100, 117, 123, 256,
397, 600, 617.
— Valle, 223, 393 , 395 , 396 , 398 ,
402, 458, 596.
Goti (Re) di Spagna, 231.
Gozo, isola, 291, 364, 365, 466, 473,
558, 559, 562.
Grotta nera, vallone verso Castro-
novo, 512.
Grotte, terra, 256.
Groyno (El) o Grofiyo o Logroiio
(vecchia Castiglia) 63, 76. 221.
Guascogna, 50, 63, 240, 241.
Gulfi, terra, 596.
Haedi, casale, 406.
Handiki Belchelgi, vallone, 114.
Harchagirbualuffu, pietra, verso Ca-
stronovo, 513.
Harsa, casale, vedi Carsa.
Hasossa, pietra, verso Castronovo,
517.
lacca, 348, 377, 382, 384, 387, 388,
389, 390, 391, 392, 455.
Iahen, 253, 255.
Inghilterra, 43, 44, 47, 50, 73, 240,
424, 495, 500.
Ischia maggiore , isola , 335 , 455 ,
484, 531, 531, 546, 618, 633, 634,
636.
— castello di Gironi, 617, 623.
Italia , Italiani , 39, 65, 72, 73, 74,
245, 354, 457.
Ivica, isola, 425.
Karkarello, luogo, 114.
Kerkene, isole, 466, 467, 468, 469,
472, 473, 586, 587, 588, 593, 602,
605, 606, 607, 609, 610. 611, 632,
633.
Lardaria, 328.
Latini (ovvero Franchi) , 455, 504,
587, 599.
Lentini, 328, 620.
Lerida, 57, 198, 232, 342, 343.
— chiesa, 411, 413, 423.
Leucata, vedi Licata (contrada).
Libaroni, casale, 406.
Libia, 468, 632.
Licata, terra e castello, 100, 141,
142, 227, 229, 542, 553, 560, 593,
617, 618.
Licata , contrada presso Petralia ,
536.
Linaria, foresta regia, 322.
Linguaglossa, 617.
Lipari, isola, 354, 364, 365, 617.
Lloret (Catalogna), 533.
Locati vedi Licata (contrada).
Logrofio, vedi Groyno (El).
Lombardia, 341.
Longarino, casale, 328.
Lucerà (Puglia), 419.
3Sv£
Madonie, 401, 519,
Maida, 180.
Maiorca, 45, 147, 191, 269, 270, 271,
274, 275, 276, 277, 278, 279, 297.
298, 347, 348, 349, 352, 356, 359,
362, 364, 382, 388, 390, 412, 413,
INDICI
665
425, 476, 572, 582, 587, 588, 592,
604, 607, 609, 610, 611, 618, 632,
633, 634.
Malta, isola, 291, 321, 322, 354, 364,
365, 455, 466, 468, 473, 544, 546,
555, 558, 559, 562, 636.
Marauso, terra, 489, 490, 491, 492.
Marca, 225.
Maretimo, isola, 387.
Mariana, casale, 113, 115.
Marsala, 100, 596, 607, 617, 618, 619.
Marsiglia, Marsigliesi, 43, 220, 506,
550, 552, 553, 632.
Martorano, 180.
Mascali, 617.
Matera, 524, 530.
Mazzara, città, 99, 116, 117, 138,
409, 596, 617.
— valle, 110, 119, 589, 596, 607, 617,
619, 634.
Mazzarino, casale, 427, 428,429,430.
Mediterraneo, (mare), 457.
Mesa, presso Reggio, 563, 565.
Mesa (oltre), 563, 565.
Messina, Messinesi, 13, 14, 16, 18,
19, 21, 22, 23, 47, 49, 52, 56, 57,
59, 60, 63, 66, 67, 72, 77, 85, 86,
87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 99. 100,
111, 116, 117, 128, 129, 135, 136,
139, 143, 145, 146, 149, 150. 152,
186, 206, 213, 216, 217, 218. 219,
220, 221, 222, 233, 237, 238, 239,
243, 244, 249, 271, 276, 284, 299,
300, 301, 302, 304, 305, 311. 312,
313, 315, 317, 318, 319, 321, 322,
323, 324, 325. 326, 327, 328, 329,
330, 331, 335, 337, 339, 340, 345,
346, 347, 349, 351, 352, 353, 355,
357, 358, 360, 361, 363, 364, 365,
370, 371, 374, 389, 398, 401, 404,
406, 410, 420, 424, 427, 429, 430,
432, 434, 440, 441, 442, 443, 444,
451, 452, 453, 454, 458, 463, 465,
466, 467, 470, 471, 472, 474, 475,
476, 477, 478, 479, 480, 481, 505,
507. 519, 523, 526, 528, 531, 532,
533, 534, 535, 538, 542, 543, 544,
545, 546, 547, 548, 550, 551, 553,
554, 555, 556, 557, 560, 561, 563,
564, 571, 572, 573, 574, 575, 577,
581, 582, 584, 586, 587, 588, 593,
595, 596, 597, 598, 599, 600, 606,
607, 616, 619, 620, 622, 623, 624,
626, 627, 631, 633, 634, 635, 636,
637, 638.
— casa di S. Maria Maddalena di
Giosafat, 506.
— castello a mare, 220.
— cattedrale, 16.
— chiesa del S. Sepolcro, 410.
— contrada Conceria, 321.
— contrada dei Pagliai, 324.
— Loggia, 100, 323, 324, 325.
— monastero del S. Salvatore di
Lingua del Faro, 622, 635
Mezzoiuso, terra, 492.
Mignienga, castello, 421, 422.
Milazzo, 222.
— valle, 148, 313, 316, 317 , 321,
595.
Mineo, 596.
Misilabes, tenimento, 222.
Misilino, castello, 398.
Misilmyon, tenimento, 222.
Mi stretta, 239.
Modena, 73.
Molina, 74, 75.
Monblanco, 62.
Moncada, 476.
Monforte, 316, 317, 318, 319.
Monopoli, 587, 600.
Monreale, 408, 409, 617.
Montalbano, 322.
Montemaggiore, terra, 401.
Monte S. Angelo (Onore di), 361 ,
410, 411, 449.
Mtì
INDICI
Monte S. Giuliano. 68, 87, 88, 197,
314, 617.
Montescaglioso, 449.
Montesouo, 421, 422.
Montoni (filandra dei) presso Cani-
inarata, 566.
Montpellier, 43.
Motta (Calabria), 534, 535, 536.
Motta Camastra, 536, 617.
Motta di Affermo, 536.
Motta di S. Aniceto, 565, vedi pure
San Nocito.
Motta S. Anastasia, 536.
Motta S. Stefano, 536.
Mulisina, casale 406.
Muti, fiumara, 811.
:lt
Napoli, 61, 185, 290, 337, 338, 3*1,
363, 375, 376. 419, 423, 439, 448,
439, 530, 531, 577, 587, 599, 600,
619, 633, 631, 633, 63*.
-castello dell'Ovo, 336.
— monastero di S. Maria di Donna
Regina, *18.
— (regno) e provincie napolita-
ne o di terra ferma , 65 , 100 ,
177, 178, 185, 235, 290, 292, 3*1,
377, 411, 419, 421, 427, 531.
Neopatria, 11.
Nicastro, 180.
Nicosia. 56, 57.
Nicotera, 180, 558, 562.
Nixio, mandra, presso Cammarata,
566.
Normanni, 92, 303, 407, 409, 427, 169.
Noto, 328, 373, 374, 375, 40">, 508,
509, 510, 520, 522.
— chiesa di S. Maria de Criptis re-
bellatis presso Noto, vedi Noto.
— (valle di) , 233 , 234 , 373 , 374 ,
428, 508, 520, 521, 596, 616.
»
Obdillario, fiume, 406.
Oddomarrano. vedi Ottumarrano.
Odogrillo, casale, 52, 66.
Olerou (Bearne, 355, 366, 367, 424.
Oriente, 457, 506, 632.
Orvieto, 245, 246.
Otranto, 448, 4*9.
Otter, castello, 165.
Ottumarrano, casale, 483, 513.
Palafrugel (Catalogna), 533.
Palamòs (Catalogna), 533.
Palazzolo, 52, 66.
Palermo, Palermitani, 9 , 10 , 11,
12, 13, 14, 15, 20, 22, 49, 50, 53,
55, 57, 66, 87, 91, 95 , 99 , 100 ,
101, 102, 10*, 111, 116, 117, 12*,
125, 126, 139, 17*, 186, 187, 218,
222, 223, 226, 227, 277, 280, 28*,
297, 299, 301, 303, 305, 306, 308,
309, 31*, 315, 322, 330, 3*0, 345,
360, 371, 373, 375, 398, 399, *26,
427, 430, 435, 438, 439, 440, 441,
**2, 443, ***, 480, 481,482,483,
489, 491, 492, 555, 565, 567, 568,
569, 570, 575, 576, 581, 589, 593,
596, 597, 598, 600, 606. 607, 608,
610, 611, 612, 615, 616, 617, 618,
620, 622, 625, 633, 63*.
— chiesa o casa della SS. Trinità
della Magione o di S. Maria dei
Teutonici, 113, 115, 508, 509,
510, 520, 521, 522.
— chiesa di S. Cataldo, 10.
— Loggia, 100.
Palestina, vedi Terra Santa.
Palombi (pietra dei) verso Camma-
rata, 513.
INDICI
667
Panicars vedi Colle de Panissars.
Pantelleria, isola, 364, 365, 455, 466,
473.
Parigi, 43, 44, 175.
Patti, 617.
— chiesa, 77, 78, 87, 88.
Peralada (Catalogna), 232.
Perciata, verso Castronovo, 517.
Perpignano, 425.
Petralia, 115, 519.
— inferiore, 518, 519.
— superiore, 518, 519, 536.
Petti neo, 105,106.
Piazza, 157, 158, 328, 508, 509, 617.
Piemonte, 341.
Pirenei, 242, 357.
Pisa, Pisani, 22, 98, 99, 100, 101,
110, 111, 218, 219, 308, 324, 506,
507.
Poblet, monastero, 253.
Policoro, marina, 448, 449.
Poiizzi, 404, 516, 519, 536, 538, 547,
625.
Pollina, 106.
Pomo, vallone, verso Camma rata,
513.
Portfangos, 41, 42, 45, 46, 254.
Positano, terra, 423, 546, 636.
Principato, 544, 546, 636.
Procida, isola, 587, 600, 634.
Protonotaro, casale, 148.'
Provenza, Provenzali, 79, 100, 125,
126, 128, 129, 130, 131, 132, 134,
185, 283, 312, 366, 367, 376, 410,
411, 412, 413, 414, 417, 418, 419,
420, 421, 423, 424, 462, 465, 506,
546, 555, 556, 559, 562, 571, 587,
599.
Puglia, ducato, 53, 150, 151 , 211 ,
233, 243, 270, 278, 305, 314, 317,
325, 331, 332, 334, 337, 342, 346,
347, 349, 350, 352, 355, 361, 364,
370, 373, 376, 388, 391, 395, 398,
405, 410, 411, 412, 413, 414, 415,
421, 422, 428, 442, 451, 453, 455,
463, 466, 468, 470, 472, 475, 478,
482, 486, 487, 489, 508, 510, 520,
524, 525, 533, 534. 536, 572, 582,
584, 588.
TI
Racalgibili, casale, 328.
Rachalmaymuni, casale, 81.
Rachalmiyari, casale, 514.
Rachamumi. porta o stretta, verso
Cammarata, 513.
Rahalgebili, terre, 79.
Rahalsigera, casale, 406.
Raia, serra, verso Castronovo, 513,
517.
Rametta, 311, 312, 316, 317, 318.
Randazzo. 49, 57, 525, 526, 530.
Ravello, 223, 546, 636.
Rebolleto, 350.
Reggio (Calabria) 63, 72, 355, 468,
534, 535, 536, 563, 564, 565, 571,
572.
Reitano, 239.
Revello, castello, 340.
Rieua, casale, 113, 115.
Rieti, 447. .
Ripacurcia, 4ll„ 413.
Rispensa, lenimento, 406.
Rocabert, castello, 231.
Roccafallucca, 182.
Roccella (Calabria), 524, 526.
Roma, Romani, 460, 461, 484, 505,
534.
— Chiesa , ossia Corte , Papato ,
Santa Sede, 15, 16, 43, 47, 225 ,
245, 246, 249, 250, 251, 253, 292,
338, 341, 354, 356, 359, 375, 376,
412, 424, 447, 452, 455, 457, 460,
461, 462, 463, 464, 465, 466, 469,
470, 493, 494, 495, 496, 499, 500,
Hf)S INDICI
BOI, 504, 505, 507. Santa Maria de monacis (presso
— (terre di), 177, 178. 331, 832, 168. Rametta), terre, 311, 312, 317,
Romania, 530. 318.
Roseto, porta o pietra, 185, 261. Santo Sepolcro (monastero di S.
Rossiglione, contea, 45, 425, 010, Teodoro Renimorchi del), 408,
611, 632. 409.
Rum (ovvero i Bizantini, nome da- Saraceni, Musulmani, Infedeli, 167,
to dagli Arabi), 455. 245, 274, 275, 278, 297, 378, 381,
382, 383, 456, 468, 469, 473, 487,
S 499, 500, 504, 586, 588, 593, 594,
609, 611, 612, 633.
.Sacaro, tenimento, 222. Saragozza, 58, 69, 70, 71 , 82 , 96,
Saccolino, feudo, 328. 110, 112, 135, 136, 137, 138, 144,
Salemi, 100, 134, 186, 408, 017. 249, 348, 389, 421, 532.
Salerno, città e principato, 211,270, Sardegna, 84, 85, 97, 231, 232.
278, 388, 424. Savoia, 119.
Salso fiume (divisione amministra- Saytunino, casale, 406.
tiva della Sicilia), 11, 13, 21, 63, Scalea (Calabria), 588, 598, 621, 625,
112, 113, 178, 186, 226,227,228, 634.
229, 311, 317, 328, 370,398,399, Schiavi (casale degli), 114.
435, 520, 547, 567, 569, 598, 602, Sciacca, 78, 79, 81, 149, 186, 222,
634. 394, 395, 396, 397, 401, 617.
Saluzzo, 340. Sciara, terra, 401.
San Celedonio, 46, 150, 152, 195, Sclafani, 515, 516. 519.
196. Selsona, 389, 390.
San Feliu de Guixols (Catalogna) Selva de mar (Catalogna), 533.
533. Seriguan, 586, 592, 606, 632.
San Fratello, terra, 124, 125, 126, Sicilia, Siciliani, 15, 16, 19, 20,21,
127. 22, 24, 39, 40, 42, 43, 46, 47, 48,
— chiesa di S. Bartolomeo, 127. 49, 52, 53, 55, 56, 57, 58, 61, 62,
San Gervasio, 448, 450. 67, 68; 69. 74, 75, 76, 77, 82, 84,
San Lorenzo, presso Reggio, 536. 94, 96, 97, 98, 111, 115, 116, 117,
San Martino, piano, 292. 118, 119. 141, 146, 147, 150, 151,
San Nocito, presso Reggio, 563, 152, 153, 154, 155, 157,159,160,
565. 161, 162, 163, 166, 167, 168, 169,
San Pietro di Castronovo , terre , 170* 172, 174, 175, 176, 187, 188,
514. 189, 191, 192, 194, 196, 198, 199,
Santa Agata, presso Reggio, 563 , 200, 202, 203, 204, 205, 206, 207,
565. 208, 209, 211, 218, 219, 225, 229,
Santa Creus, monastero, 165, 253, 231, 245, 249, 250, 251, 252, 253,
255. 255, 269, 270, 272, 277, 278, 280,
Santa Maria de Harsia, casale, vedi 292, 299, 300, 304, 306. 309, 331,
Carsa. 332, 334. 336, 338, 342, 343, 344,
INDICI
669
352, 354, 355, 357, 358, 359, 361,
362, 364, 365, 366, 367, 369, 386,
388, 390, 392, 437, 447, 455, 460,
462, 463, 464, 465, 466, 468, 469,
470, 471, 472, 473, 480, 484, 494,
497, 498, 499, 500, 501, 502, 504,
505, 506, 524, 527, 530, 531, 532,
534, 543, 554, 556, 557, 566, 568,
569, 571, 572, 573, 574, 575, 577,
580, 582, 583, 585, 586, 587, 588,
590, 591, 593, 594, 595, 598, 600,
601, 602, 603, 604, 605, 606, 611,
615, 616, 617, 618, 619, 621, 624,
625, 633, 634, 635.
Siena, 137.
Siracusa, 18, 59, 87 , 88 , 89, 111 ,
129, 130, 132, 133, 134, 217, 328,
508, 520, 521, 523, 556, 616, 618.
— chiesa maggiore, 128, 129.
— chiesa e monastero di S. Lucia,
128, 129, 131, 132, 133, 134, 135.
Sirano, 180.
Siria, 455, 504, 505, 506.
Siurana (Catalogna) 321.
Solana, contrada, 121.
Solano (Calabria), 63.
Sorrento, 587, 599, 623 , 633 , 634 ,
638.
Spaccaforno, 406.
Spagna, 97, 231, 487, 561.
Sparagia, mandra presso Cam ina-
rata; 566.
Squillaci, 180, 330, 335, 149 , 524 ,
525, 528, 534, 535.
Stafenda, casale, 406.
Svevi, 99, 128, 134, 220, 240, 341 ,
457, 504, 506.
Tachina, 182.
Taormina, 617, 618.
Taranto, principato, 361.
Tarazona (Aragona) 63, 73, 74, 75,
76, 78, 80, 81, 242.
Tarracona, 69, 71, 97, 199, 210, 212,
232, 249, 603, 605, 63 1.
Taverna, tenimento, 182.
Termini (Imerese), 80, 120, 121, 137,
247, 248, 396, 398, 401, 402, 404,
458, 547, 580, 581, 596, 598, 617,
626.
Terracina, 225.
Terra di Lavoro, 150, 151, 468, 538.
Terranova (Eraclea) , 22, 100, 547,
553, 618.
Terra Santa , 457 , 493 , 494 , 495 ,
497, 499, 500, 502, 504, 505, 527,
530.
Teruel, 123, 124.
Tirreno (mare), 401.
Tortosa, 232, 549.
Toscana, Toscani, 219, 335, 535.
Trapani, 58, 63, 72, 87, 88, 94, 99,
100, 111, 116, 117, 120, 154, 233.
248, 249, 301, 302, 303, 304, 330,
427, 485, 486, 487, 488, 568, 574,
587, 589, 590, 591, 593, 594, 602,
603, 604, 606, 607, 608, 609, 610,
611, 612, 615, 616, 617, 618, 624,
633.
Trebisaccie (Calabria), 445, 446.
Tripi, 322.
Tripoli (d'Asia), 504.
Tripoli (di Barberia), 98.
Tropea, castello, 533, 534, 619, 634.
Tuchio o Tuchi , contrada presso
Reggio, 534, 536.
Tunisi, 167, 168, 169, 204, 205, 206,
207, 208, 209, 210, 299, 303, 304,
354, 355, 364, 365, 366, 377, 378,
379, 380, 381, 383, 384, 385, 386,
455, 466, 467, 468, 472, 473.
Turbuli, casale, 78, 79, 223, 224, 230.
Tusa, 16, 18, 101, 102, 103, 104, 105,
106, 107, 108.
670 INDICI
Valledolmo, 483.
"V Vallelunga , porta o stretta , 513 ,
517.
Valenza, città e reguo, 44, 45, 63, Veneziani, 219, 308, 506.
69, 70, 71, 73, 81, 82, 83, 84, 85, Vicari, 113, 114, 115, 512, 514, 515,
96, 97, 98, 141 , 168 , 173 , 176 , 516, 519.
191, 199, 200, 204, 214, 231, 242, Villa Bertrand (Pirenei), 357, 477.
245, 252, 275, 278, 297, 347, 349, Villafranca (Catalogna), 249 , 250 ,
352, 356, 359, 362, 364, 367, 382, 253, 259, 271.
388, 390, 412, 413, 425, 465, 469, Vizzini, 373.
533, 543, 546, 561, 572, 582, 587, Vultano, terre, 79.
588, 592, 603, 604, 605, 632. 634.
CORREZIONI ED AGGIUNTE
Pag.
Vili lin. 24 e seg.
LXXIII 1. 28 in questo
LXXV 1. 32 unesimo
LXXVIII I. 27 Chronicon
XCIV 1. 7, 15; CXI11 1. 10; CXV1
1. 5, 1283
C 1. 32 e seg.
GXXV1 1. 1 Logoteta
» 1. 6 al Protonotato
6 1. 3 n. X
11 1. 15 Amari
17 1. 26, 199
24 1. 29 la derivazione
35 1. 4 di Catanzaro
44 I 21, 1279
65 l. 29
» 67 1. 30
ed. Siracusa. Roma, 1897, pag. 174
nel quinto
umanesimo
Chronicon plac. et Chron. •
1282
Nei tempi anteriori, quando fortitìcava-
•si la città, fu serbato (1573) in quella
chiesa di S. Spirito , già alquanto
trasformata, il quadro dello Spasi-
mo, opera sublime di Raffaello, poi
di là involata nel 1661. Gir. V. Di
Giovanni, La chiesa di S. Spirito
o dei Vespri (nelle Nuove Effemeri-
di siciliane. Palermo, 1881, Ser. 3»,
voi. XII, pag. 188 e seg.).
Logoteta di cognome, e non Protonotaro
al predetto Logoteta
n. XI
dopo Amari, il T irrito e
99
la pretesa derivazione
di Cartelliano
1279 <m. e. 1280).
Doc. 7 gennaio 1283. Annunzio di ar-
rivo del Aglio del Re di Tunisi (in
Carini, De rebus, pag. 261, e Sil-
vestri Appendice, pag. 81). Sunto
in Mas Latrie, Traités cit. voi. di
Supplément, 1872, pag. 42.
Doc. 1 marzo 1283. Su la venuta di
ambasciatori del tiglio del Re di Tu-
nisi (in Carini, De rebus, pag. 540).
Sunto in Mas Latrie, Traités cit.
voi. di Supplément, 1872, pag. 43.
Pag. 67 1. 37 in quell'
» 78 1. 18 Baveno
» 98 1. 17 nel 1291
» 108 1. 18 tempori us
» 209 1. 3
» 210 1. 16
» 222 1. 17
» 230 1. 15.
249 1. 15 a lui latta
» 1. 17 e come
286 1. 5 posterioriori
291 1. 32 ed altro (p. 208)
300 1. 30 Federico
363 1. 4 quo (dabsit)
394 1. 36, 1289
404 1. 4 t. 1
420 1. 20
485 1. 29 degli
574 1. 36 couchieri
dopo quell'
Baverio
nel 1289
temporibus
Edito con varianti da Mas Latrie,
Traités cit. voi. di Supplément,
1872, pag. 43, doc. XV. Legge il
nome (F) di Maioli in Ferrar.
Edito con qualche omissione da Mas
Latiue, cit. 1872, pag. 43, doc. XVI.
Gfr. il privilegio del 14 gennaio 1283 in
Carini, De rebus, pag. 275.
Si ha la menzione di tal documento,
con data erronea 22 febbraio 1287,
in Villahianca, Sicilia nobile. Pa-
lermo, 1754, parte II, pag. 178.
fatta
come
posteriori
ed altro (p. 191).
Federico (corr. Enrico)
(quod absit)
1288
t. II.
Edito , senza indicazione di data , da
Isidoro Terrana, Discursus saper
successione Comitatus Culatani-
xettae. Panormi, 1720, pag. 53.
om.
nocchieri
INDICE ANALITICO
Dedica al Senatore Guarneri
Prefazione
§ I. — 1. Importanza del periodo storico aragonese di
Sicilia dal 1282 al 1355 . . . . .
2. Motivi del termine del « Codice diplomatico » a
tale anno
3. Condizioni generali dell'isola in quel tempo
§ II. — 1. Ordinamento della Cancelleria regia arago
nese del 1282 al 1355. Registrazione.
2. Notizie che rimangono dei registri di tale epoca
3. Perdita quasi totale dei medesimi
4. In qual tempo avvenne
5. Alcuni particolari cenni su i soli registri superstiti,
cioè quello del Re Pietro Un Barcellona, ed i fram-
menti di due registri del Re Ludovico in Palermo.
6. Ricerche da me fatte in Sicilia e nel continente per
raccogliere i documenti dell' epoca aragonese sino
al 1355
§ III. — 1. Necessità di ricercare V Archivio della Co-
rona d'Aragona in Barcellona per i documenti del
regno di Pietro I e quelli del regno di Giacomo in
Sicilia
2. Missione e risultato delle mie ricerche in Ispagna .
3. Viene da me estesa la ricerca anche al tempo del
regno di Federico II aragonese
4. Memoria da me pubblicata in Barcellona nel 1909
su le relazioni di Alfonso III con la Sicilia .
5. Altre memorie su V epoca aragonese in Sicilia da
me date in luce dal 1905 sinora .
§ IV. — 1. Ricerche da me fatte nei lavori storici e
G. La Mantia, Cod. dipi. arag.
pag.
VII
XVI
XVII
XXII
XXVI
XXXI
XXXV
XLIII
XLVIII
LUI
LVII
LXII
LXVI
LXVII
43
674
INDICI
nelle collezioni diplomatiche per raccogliere notizie
e testi di documenti aragonesi .....
2. Coordinazione del materiale inedito raccolto negli
archivi di Sicilia, del continente e di Spagna con
quanto si ricava da opere a stampa
3. Notizie su le cronache ed i principali lavori storici
d'indole generale concernenti il periodo aragonese
dal 1282 al 1355
§ V. — 1. Criterio degli scrittori di storia generale di
Sicilia nel narrare la rivoluzione del 1282 e le sue
origini
A) Sul nome di «Vespro Siciliano» ....
B) Su le cronache sospette per origine o derivazione.
« Ribellarne ntu », Villani, Malespini
C) Sul dubbio se la rivoluzione del 1282 in Palermo sia
stata subitanea o derivata da congiura .
D) Su la parte che ebbe il Procida nella rivoluzione
del 1282 e perciò nella congiura. — Prove desunte
dai documenti e dalle cronache. ....
2. Altre notizie su i lavori storici speciali per determi-
nati periodi dell'epoca aragonese ....
3. Lavori diplomatici su epoche ed argomenti vari, che
ho dovuto particolarmente consultare
§ VI. — Metodo da me tenuto nella formazione del
« Codice diplomatico »
DOCUMENTI
Pag-
LXXI
LXXIII
LXXIV
LXXXIX
XCIV
CVII
CXV
CLXXXII
ccv
CCXI
Governo repubblicano di Sicilia (31 marzo a 6 settembre 1282).
Notizie preliminari
§ 1. Forma di governo ........ pag. 3
§ 2. Datazione dei documenti ....... 4
§ 3. Durata del governo repubblicano ...... 5
§ 4. Su i preparativi della rivoluzione . ...» 6
§ 5. Pubblicazioni speciali » 7 "
I. 1282, aprile 3. ind. IO, Palermo.
Atto di confederazione tra i comuni di Palermo e Corleone per
reciproci soccorsi di armi e denaro . . . . » 9
II. 1282, aprile 13, ind. IO, Palermo.
Lettera dei Palermitani ai cittadini di Messina per liberarsi dal
dominio di Carlo d'Angiò » 13
III. 1282, dopo il 4 giugno.
1 Siciliani con una protesta al Collegio dei Cardinali dimo-
strano le oppressioni del governo angioino . . » 15
indici 675
IV. 1282, luglio o agosto, ind. 10*, Messina.
Alaimo da Lentini, Capitano di Messina e Catania e da Tusa
sino « ad aguliam Augustae » ed il Consiglio restituiscono
alla Chiesa di Messina il castello di Calatabiano . pag. 16
V. 1282, agosto 15, ind. 10», Messina.
Alaimo da Lentini, Capitano, ed il Consiglio esimono i Siracu-
sani dal pagamento dei diritti di dogana in Messina » 18
Vi. 1282, dopo il 30 agosto.
I Siciliani inviano al Papa Martino IV una lettera, nella quale
descrivono gli eccessi degli Angioini, e lo esortano a non
incrudelire contro l'isola » 19
VII. 1282, settembre 14, ind. lla Messina.
II Re Carlo I d'Angiò scrive ad Alaimo promettendogli per-
dono ed assegno se farà proclamare dal popolo il suo do*-
minio » 21
Vili. 1282, settembre, dopo il 26.
Alaimo da Lentini, Capitano e Maestro Portolano , concede a
Gualtieri di Caltagirone libera estrazione di frumento dal
porto di Terranova » ivi
IX. 1282, aprile a settembre, Messina.
Conti resi da Brucaya e Taclerio già Tesorieri del Comune
di Messina » 22
Documenti falsi.
X. 1277 a 1281 (nel pontificato di Nicola III).
Alaimo da Lentini , Palmeri Abbate , Gualtieri di Caltagirone
ed i nobili di Sicilia chiedono la protezione del Re Pietro I,
per opera del Procida » 24
Regno di Pietro I
(7 settembre 1282 a 10 novembre 1285)
Giacomo Luogotenente generale del Regno dal 7 maggio 1283 in poi.
Notizie preliminari
§ 1. Nuovo governo monarchico stabilito in Sicilia. — Intitola-
zione regia nei documenti pag. 30
§ 2. Datazione dei documenti . . . . . » 33
§ 3. Registrazione dei documenti nella Cancelleria del Regno » 34
§ 4. Luogotenenza di Giacomo , figlio secondogenito del Re Pie-
tro.— Potestà attribuite. — Registri di tale epoca perduti » ivi
§ 5. Pubblicazioni speciali ........ 37
676 indici
Periodo dei preparativi di conquista
XI. 1282, gennaio 18, Algecira.
Il Re Pietro III di Aragona scrive al Re di Castiglia intorno
alla ricuperazione del regno di Sicilia, ed agli aiuti che il
medesimo Re di Castiglia ha promesso per mezzo dello
scudiere Andrea de Procida pag. 39
XII. 1282, maggio 20, Portfangos.
11 Re di Francia, Filippo III, chiede al Re Pietro d'Aragona a
quale scopo prepara i grandi armamenti, che dubita siano
contro il regno di Sicilia. Risposta del Re Pietro . » 41
XIII. 1282, maggio 2(5, Parigi.
L' Infante Fernando, fratello del Re Pietro d'Aragona , racco-
manda al Re Eduardo d' Inghilterra il mercante de Cre-
suels, e gli dà notizia della ribellione di Sicilia . » 43
XIV. 1282, giugno 3, Portfangos.
Il Re Pietro di Aragona fa il proprio testamento, e stabilisce
la successione dell'Infante Alfonso in Aragona e negli al-
tri domini, ed in quelli che avrà acquistato sino alla sua
morte » 45
XV. 1282. agosto 19, Alcoyll (Africa).
Il Re Pietro d'Aragona scrive al Re d'Inghilterra Edoardo di
essere stato richiesto dai Siciliani a ricuperare il loro re-
gno, per il diritto della regina Costanza ...» 47
Periodo posteriore all'acclamazione in Palermo (7 settembre)
XVI. 1282, 9 settembre a 30 dicembre.
Documenti del Re Pietro I durante il tempo della sua residenza
in Sicilia e dopo 1' acclamazione a Re , avvenuta il 7 set-
tembre nel Parlamento tenuto nella città di Palermo » 49
XVII. 1282, settembre 13, Palermo.
Il Re Pietro I risponde al Re Carlo d'Angiò che la sua gente
non è usa a fuggire , e che sosterrà il diritto ereditario
della regina Costanza, sua moglie, sul regno di Sicilia » 53
XVIII. 1282, tra il 19 e 24 settembre, Nicosia.
Il Re Pietro I scrive al Re Carlo d'Angiò narrandogli l'invito
dei Siciliani per ricuperare il regno, e lo esorta a desistere
dall'assedio di Messina » 56
XIX. 1282, settembre 17, Lerida.
L'Infante Alfonso, Luogotenente del Re Pietro I in Catalogna,
ordina a Cerviano di Narbona di ricevere nella nave, che
va dal Re in Sicilia, Stefano de Seta ed i compagni. » 57
indici 677
XX. 1282, ottobre 4, Barcellona.
L'Infante Alfonso, Luogotenente io Catalogna, ordina a Mari-
nouo Lenguard di accogliere nella sua nave R. Cattati coi
fanti, che va in Sicilia per servizio del Re . . pag. 58
XXI. 1282, ottobre 5, ind. 11» Messina.
Il Re Pietro I ordina a Giacomo di Fontoia , cornilo di Sira-
cusa, di far venire subito in Messina i corniti e marinai per
l'armamento delle navi contro Carlo d'Angiò » 59
XXII. 1282, ottobre 9 a 15.
Breve relazione-dei combattimenti avvenuti durante 1' assedio
di Messina, e del valore del catalano Pietro de Queralt » 60
XXIII. 1283, gennaio 2 ad agosto 26.
Documenti del Re Pietro I durante il tempo di sua residenza
in Sicilia sino al 6 maggio, e dopo il suo arrivo nella Ca-
talogna dal 10 giugno al 26 agosto ...» 63
XXIV. 1283, marzo 31, Saragozza.
L' Infante Alfonso, Luogotenente in Catalogna, dà gli ordini
opportuni a Cerviano de Riaria per raccogliere milizie in
Dertosa e Tarracona, ed inviarle in Sicilia . , » 69
XXV. 1283, marzo 31, Saragozza.
L'Infante Alfonso, Luogotenente in Catalogna, ordina a R. de
Rivosicco di radunare soldati in Valenza ed altrove per la
Sicilia , . -> 70
XXVI. 1283, maggio 1, Trapani.
Il Re Pietro I ordina a Pietro Dahivar di recarsi a Bordeaux
per il duello . » 72
XXVII. 1283, dopo Pll giugno, Bordeaux.
Il Re Carlo d'Angiò in un suo memoriale dà notizia che il Re
Pietro non è venuto a Bordeaux per il duello . , » ivi
XXVIII. 1283, giugno 21, Tarasona.
Il Re Pietro I scrive a. Bianca signora di Molina su vari affari
di lei » 74
XXIX. 1283, giugno 23, Tarasona.
Il Re Pietro I ordina a Pietro de Roca, di Barcellona, di dar
posto in una nave a Berengaria de Belpuig per venire in
Sicilia »• 75
XXX. 1283, luglio 29, Logrono.
Il Re Pietro I dà notizia a Giovauni da Procida del suo arrivo
in Catalogna e del processo per il duello » 76
XXXI. 1283, settembre 27, ind. 12», Messina.
La Regina Costanza ordina ai Secreti di Sicilia di non esigere
dalla Chiesa di Patti alcuna somma per dritto di legnare » 77
é78 in di ci
XXXII. 1283, ottobre 4, Tarasona.
Il Re Pietro I concede a notaro Stefano di Nicola ed a Filippo
Guarichi due casali, cioè di Burgibilluso presso Sciacca ,
e di Turbuli con le terre vicine ...... pag. 78
XXXIII. 1283, novembre 30, Valenza.
Il Re Pietro I avvisa di avere ordinato che Lapo Guindoue sia
Portolano dell'isola e del regno, insieme a Romeo de Por-
tella . '- » 81
XXXIV. 1283, novembre 30, Valenza.
Il Re Pietro 1 permette a Lapo Guindone che sia libero dal
vincolo di risiedere in Valenza, dovendo recarsi in Sicilia » 82
XXXV. 1283, novembre 30, Valenza.
Il Re Pietro I dà notizia a Romeo de Portella della nomina
di Lapo Guindone a Maestro Portolano insieme a lui » 83
XXXVI. 1283, dicembre 1, Valenza.
11 Re Pietro I partecipa a Lapo Guindone di averlo nominato
Maestro Portolano insieme con Romeo de Portella . » ivi
XXXVII. 1283, dicembre 1, Valenza.
11 Re Pietro I ordina a Pietro di Cabanis di far condurre in
Sicilia Lapo Guindone con la famiglia. ...» 84
XXXVIII. 1283, dicembre 15, ind. 12., Catania.
L'Infante Giacomo, Luogotenente del regno di Sicilia, concede
ai Messinesi che non possano esser convenuti fuori la Corte
dello Stratigoto, se non per gli appelli . . , » 85
XXXIX. 1283, dicembre 15, ind. 12% Catania.
L'Infante Giacomo, Luogotenente del regno di Sicilia, concede
ai Messinesi di potere dovunque , nel regno di Sicilia ed
in Aragona ed altrove , nominare un console per trattare
le liti civili tra loro » 89
XL. 1284, gennaio 31, Barcellona.
Il Re Pietro I nomina Giovanni da Procida Cancelliere del re-
gno di Sicilia, durante vita . . . . . . » 93
XLI. 1284, febbraro 25, ind. 12», Palermo.
La Regina Costanza ordina al Secreto di Sicilia di compiere
un' inchiesta su le somme dovute alla Cappella del regio
palazzo di Palermo per le luminarie da farsi . . » 95
XLII. 1284, aprile 9, Valenza.
11 Re Pietro I ordina che frate Galcerando de Timor appena
arriverà dalla Sicilia si rechi da lui . . . . » 96
XLIII. 1284, aprile 9 e 11, Valenza.
La regia Corte trasmette varie lettere in lingua araba su la
prigionia in Sicilia di Margat saraceno ,. . . » 97
indici 67Ò
XLIV. 1284, aprile 10, Valenza.
Il Re Pietro I avvisa il Giudice di Arborea per la restituzione
di due navi prese dai Pisani , mentre recavano da Sicilia
in Catalogna pag. 98
XLV. 1284, aprile 19, ind. 12», Palermo.
Il Secreto di Sicilia de Pulcaro ordina che sia eseguita l' in-
chiesta sul diritto del Vescovo di Cefalù Giunta a percepire
la metà dei proventi della dogana del mare di Tusa » 101
XLVI. 1284, maggio 7, Saragozza.
Il Re Pietro I scrive alla Regina perchè privi dell'ufficio di Giu-
stiziere di Val di Mazzara Gerardo Boxio, pisano . » 110
XLVII. 1284, maggio 7, Saragozza.
Il Re Pietro I avvisa la Regina perchè provveda su l' istanza
di Babilone Boria sul conseguimento di eredità in Sicilia » 112
XLVIII. 1284, maggio 23, ind. 12% Castronovo.
In seguito ad ordine di Pietro de Queralt, Vicario generale del
regno al di qua del Salso, il Baiulo ed i giudici di Castro-
novo eseguono l'inchiesta sui confini del casale di Riena,
presso Vicari » ivi
XLIX. 1284, giugno 1, Albarracin.
Il Re Pietro I annunzia alla Regina che invia con la flotta in
Sicilia Rodolfo de Manuele , che le riferirà la sua amba-
sceria » 115
L. 1284, giugno 4, Albarracin.
Il Re Pietro I dà notizia alla Regina della venuta degli armi-
geri Perrone de Caltagirone e Guido Talach, ai quali vuole
che si conceda qualche ufficio o retribuzione . . » 117
LI. 1284, giugno 12, Albarracin.
Il Re Pietro I scrive a Rodolfo, Re dei Romani, manifestan-
dogli che invia a lui Raimondo de Bruncignach per dargli
notizia dei fatti del suo regno » 118
LIIi 1284, giugno 14, Albarracin.
Il Re Pietro I ordina agli ufficiali di Mazzara di prestare aiuto
ad Alaimo di Lentini . . . . . . . » 119
LUI. 1284, luglio 24, ind. 10%' Termini.
Il regio Giustiziere della Contea di Geraci e di Cefalù e Ter-
mini scrive , per parte regia, al baiulo e giudici di Calta-
vuturo per mettere in possesso dei beni di Gentile , abi-
tante di Caltavuturo, il procuratore del Vescovo di Cefalù » 120
LIV. 1284, agosto 22, Teruel.
Il Re Pietro I ordina di non impedire ad A. di S. Baudilio la
donazione del tomolo di vettovaglie dal porto di Girgenti,
fattagli dall'Infante Giacomo » 123
680 INDICI
LV. sett. 1283 — ag. 1234. ind. 12.. Palermo.
La Regina Costanza ordina ai Secreti di formare un'inchiesta
su i proventi di un molino nella terra di San Fratello ,
chiesto dal notaro Bongiovanni de Omobono . . pag. 124
LVI. 1284, ottobre 11, ind. 13».
L' Infante Giacomo , Luogotenente generale del Re, concede a
Giovanni de Omobono il salto d'acqua di un molino in San
Fratello » 125
LVII. 1284, novembre 17, ind. 13% Messina.
La Regina Costanza ordina che si esegua un'inchiesta per pro-
vare che il canonico Enrico Tartaro ottenne dal Re Man-
fredi il beneficio della chiesa di S. Lucia di Siracusa » 128
LVIII. 1284, novembre 17, Saragozza.
Il Re Pietro I ordina di annotarsi nei conti del tutore del figlio
del fu Raimondo Romeo , maestro della zecca , quanto il
Raimondo consegnò alla regia Corte .... » 135
LIX. 1284, novembre 18, Saragozza.
Il Re Pietro I scrive all'Infante Giacomo perchè accetti il nuovo
tutore per il figlio del fu Raimondo Romeo . . » 137
LX. 1284, novembre 24, ind. 12», Mazzara.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, concede
ai Genovesi l'uso delle immunità di commercio godute dal
tempo del Re Manfredi . » 138
LXI. 1284, dicembre 10. Albarracin.
Il Re Pietro I scrive alla Regina Costanza perchè mantenga
Lapo Guindone nell'officio di Maestro Portolano . » 140
LXI1. 1284, dicembre 10, Albarracin.
Il Re Pietro I esorta Lapo Guiandone ad adempiere con zelo
il suo officio, e promette di rispondere sui capitoli da lui
inviati » 141
LXIII. 1284, dicembre 11, Albarracin.
Il Re Pietro I avverte la Regina di consegnare a Lapo Guian-
done il castello di Licata, se verrà tolto al de Serriano » 142
LXIV. 1284, dicembre 19, ind. 13% Messina.
L'Infante Giacomo , Luogotenente generale del regno , ordina
l'esecuzione del suo privilegio di conferma delle esenzioni
commerciali dei Genovesi . . . . . • » 143
LXV. 1285, febbraio 3, Saragozza.
11 Re Pietro I invia a Guglielmo de Roca in Barcellona alcune
lettere per la Regina Costanza e l'Infante Giacomo in Si-
cilia . . » 144
ìndici 681
LXVI. 1285, marzo 81, ind. 13», Messina.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, trasmette
ai Doganieri della dogana del porto di Messina la notizia
precisa delle franchigie, che godono i Genovesi per immis-
sione ed estrazione di merci pag. 145
LXVII. 1285, aprile 17, Figueras.
Il Re Pietro I manifesta a Raimondo de Munterolis il rincre-
scimento per aver venduto in Maiorca il frumento portato
dalla Sicilia . » 147
LXVIII. 1285, maggio 4, Figueras.
Il Re Pietro I concede a Bartolotta Maniscalco, di Messina, i
casali di Furnari e Protonotaro » 148
LXIX. 1285, maggio 4, Figueras.
Il Re Pietro I avverte l'Infante Giacomo perchè nomini Tom-
maso de Ato, di Messina, notaro credenziere del porto di
Sciacca » 149
LXX. 1285, maggio 8, S. Celedonio.
L' Infante Alfonso, primogenito del Re Pietro I di Aragona e
Sicilia, essendo stato emancipato, conferma in favore di
suo fratello Infante Giacomo e suoi la donazione fatta dal
suddetto Re Pietro e dalla regina Gostanza per il regno di
Sicilia eie regioni di Puglia, Calabria, principato di Capua
e Terra di Lavoro . » 150
LXXI. 1285, maggio 21, Colle di Panissars..
Il Re Pietro I ordina che Raimondo Marquet possa inviare in
Sicilia la sua nave con marinai e serventi ...» 153
LXXII. 1285, maggio 22, Colle de Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Raimondo Marquet di indurre alcuni
mercanti a comprare la tratta in Barcellona, avendo biso-
gno di danaro per l'armata » 154
LXXI1I. 1285, maggio 22, Colle di Panissars.
Il Rè Pietro I dà a Bernardo Segalario facoltà di permettere
ai mercanti, ai quali avrà venduto la tratta, di recarsi in
Sicilia » 155
LXXIV. 1285, maggio 22, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Ruggiero de Loria , Ammiraglio dei
regni di Aragona e Sicilia, di non impedire ad alcuni mer-
canti di Barcellona di estrarre grano dalla Sicilia . » 156
LXXV. 1285, maggio 29, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I scrive all' Infante Giacomo perchè faccia resti-
tuire, durante il giudizio, al milite Giovanni di Mazzarino
i beni di lui posti sotto sequestro . . . . » 157
082 INDICI
LXXVI. 1285, maggio 29, Colle di Panissars.
Il Re Pietro 1 ordina di permettere a Pietro di Molleto, di Bar-
cellona, di estrarre dalla Sicilia salme duecento di fru-
mento od orzo per la Catalogna pag. 159
LXXVII. 1285, maggio 29, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina a Ruggiero Loria, Ammiraglio dei regni
di Aragona e Sicilia, di non recare impedimento a Pietro
de Prunariis, di Barcellona, che deve trasportare frumento
od orzo dalla Sicilia in Catalogna .... » 161
LXXVIII. 1285, maggio 29, Colle di Panissars.
11 Re Pietro I scrive all' Infante Giacomo su la prigionia del
principe di Salerno e su quella di Alaimo di Lentini e dei suoi
ed altro, e lo avvisa per l'invio di galere dalla Sicilia » 162
LXXIX. 1285. maggio 30, Colle di Panissars.
11 Re Pietro I ordina di fornire agli ambasciatori del Re di
Tunisi quanto occorre » 166
LXXX. 1285, maggio 31, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina che siano consegnati gli abiti convenienti
all'ambasciatore dell'Infante Giacomo . . . . » ivi
LXXXI. 1285, giugno 2, Colle d>" Panissars.
Trattato di pace per quindici anni tra Pietro, Re di Aragona
e di Sicilia, e Miralmomeni Bohap, Re di Tunisi . » 167
LXXXII. 1285, giugno 3, Colle di Panissars.
• Il Re Pietro I avverte l'Infante Giacomo di non permettere, per
questo anno, che i mercanti o gli abitanti di Barcellona
portino frumento o biada dalla Sicilia ...» 169
LXXXIII, 1285, giugno 4, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina che siano pagate le spese di locazione
convenuta a coloro, che fornirono gli animali per il viaggio
degli ambasciatori del Re di Tunisi . . . . » 170
LXXXIV. 1285, giugno 5, Colle di Panissars.
11 Re Pietro I ordina che siano pagate le nuove spese per il
ritorno degli ambasciatori del Re di Tunisi in Barcellona » 171
LXXXV. 1285, giugno 5, Colle di Panissars.
11 Re Pietro I avvisa Guglielmo de Roca per il pagamento di
loro provvistone agli ambasciatori del Re di Tunisi . » 172
LXXXVI. 1285, giugno 5, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina di non vietare ad Abramo Mosse e ad
Abramo Qachar, ebrei di Barcellona, di recarsi in Sicilia con
le loro merci » ivi
LXXXVII. 1285, giugno 8, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I avverte perchè si esamini quanto è dovuto dalla
indici 683
nave regia , chiamata Bonaventura , che va da Barcellona
in Sicilia per trasportare frumento per l'esercito in Ca-
talogna pag. 173
LXXXVTII. 1285, giugno 9, Colle di Panissars.
Il Re Pietro I ordina di permettere a G. Benincasa che attenda
al servizio della nave, chiamata Bonaventura, destinata al
trasporto del frumento dalla Sicilia .... » 175
LXXXIX. 1285, giugno 20, Barcellona.
Il Re Pietro I vuole che si fornisca a Riccardo de Canalibus
quanto occorre, prima di partire per la Sicilia . . » 176
XC. 1285, giugno 21, ind. 13», Catanzaro.
Pietro Ruffo di Calabria, Conte di Catanzaro, insieme a trenta
nobili e probi uomini della stessa Terra, stabilisce con Gu-
glielmo Calcerando di Cartelliano , Capitano e Vicario ge-
nerale del Re di Aragona (Pietro), una tregua delle opera-
zioni di guerra nell'assedio della suddetta Terra di Catan-
zaro da parte del Re di Aragona .... » 177
XCI. 1285, giugno 27, ind. 13% Palermo.
Inchiesta fatta da Giaconia de Milite, Maestro procuratore del
regno di Sicilia al di qua del Salso, su le immunità com-
merciali dei Genovesi nell'isola » 18(5
XCII. 1285, giugno 30. Barcellona.
Il Re Pietro I ordina a Berengario de Vilardello di ricevere
nella propria nave P. Eneci, che si reca in Sicilia per ser-
vizio regio » 187
XCIII. 1285, luglio 15, Barcellona.
Il Re Pietro I avverte i Maestri Portolani del regno di Sicilia
affinchè permettano avari mercanti di Barcellona di estrarre
frumento ed orzo dall'isola per portarlo in Barcellona » 188
XCIV. 1285, luglio 31, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina di permettere a de Molleto , di Barcel-
lona , ed altri la libera esportazione di frumento od orzo
da Sicilia per la Catalogna » 189
XCV. 1285, agosto 1, Barcellona.
Il Re Pietro I annunzia che trasmette Berengario de Conques
per acquistare in Sicilia vettovaglie occorrenti in Catalo-
gna per l'esercito » 192
XCVI. 1285, agosto 1, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina ai "custodi dei porti e delle spiagge di
Sicilia di permettere V estrazione dall' isola di pece e ca-
trame , che Berengario de Conques porta quivi , se egli
venderà quelle merci ad altri . . .,"".. . » 194
684 indici
XCVII. 1285, agosto 11, S. Celedouio.
11 Re Pietro I ordina di non molestare per otto giorni gli am-
basciatori del Principe di Salerno .... pag. 195
XCV1II. 1285, agosto 12, S. Celedonio.
Il Re Pietro I avverte la Regina di ritenere come scusato A.
Galaart se non tornerà prigione in Sicilia nel tempo sta-
bilito » 196
XC1X. 1284, sett. a 1285 ag., ind. 13..
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del Re, concede al
milite Guido Talac il casale di Arcudaci , nel territorio di
Monte S. Giuliano » 197
C. 1285, settembre 19, Darnils.
Il Re Pietro I avverte di aver permesso a Pericono Disona ,
di Lerida, di estrarre pece per la Sicilia ...» 198
CI. 1285, ottobre 10, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina di non recare impedimento a Pericono
Cerdano, di Valenza, che va per mare in Sicilia con pece,
olio ed altre merci » 199
CU. 1285, ottobre 18, Barcellona.
11 Re Pietro I fa una dichiarazione di debito in favore di Alai-
mo da Lentini per suo assegno » 200
CHI. 1285, ottobre 18, Barcellona.
Il Re Pietro 1 fa una dichiarazione di debito in favore di Adi-
nolfo di Mineo per suo assegno ...... 201
CIV. 1285, ottobre 22, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina che si paghi l'Ammiraglio Ruggiero Loria
per lo stipendio ai corsari, venuti con lui dalla Sicilia » 202
CV. 1285, ottobre 24, Barcellona.
Il Re Pietro I permette a Bartolomeo de lo Legale ed al figlio
Giovanni , abitanti di Castrogiovanni , di tornare salvi in
Sicilia » ivi
CVI. 1285, ottobre 24, Barcellona.
Il Re Pietro I dichiara avere ricevuto oncie di oro 150 spedite
da Lapo Guiandoni , Portolano di Sicilia , per acquisto di
pece » 204
CVII. 1285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I nomina F. Maioli Console in Tunisi, per i fon-
dachi dei Catalani e Siciliani » ivi
CVI1I. 1285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina ai Consoli dei Catalani e Siciliani in Tu-
nisi di formare i conti col nuovo console F. Maioli . » 207
INDICI
CIX. 1285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I ordina a Bertrando Misuraca di apprestare favore
ed aiuto a F. Maioli nuovo console m Tunisi . . pag. 208
CX. 1°285, ottobre 26, Barcellona.
Il Re Pietro I annunzia ai mercanti e sudditi dimoranti in Tu-
nisi di aver nominato F. Maioli console ...» 209
CXI. 1285, novembre 2, Tarracona.
L'Infante Alfonso di Aragona, primogenito del Re Pietro, cede
al fratello Infante Giacomo tutti i dritti che gli competono
sul regno di Sicilia, il principato di Capua ed il ducato di
Puglia » 210
Documenti di data incerta.
CXII. Il Re Pietro I concede alla città di Messina che la Curia
del Mare sia retta dai Consoli » 216
CXIII. Il Re Pietro I ordina di restituirsi agli eredi di Gerardo
Maimeni una casa in legname in Messina ...» 220
CX1V. Il Re Pietro concede a G. di Calcerando de Cartellano una
casa in Messina , » 221
CXV. Il Re Pietro I concede alcune franchigie al comune di Mi-
lazzo » 222
CXVI. Il Re Pietro I conferma a Filippo Guarichi la concessione
di alcuni tenimenti di terre, siti nel territorio di Sciacca » ivi
CXVII. La Regina Costanza e l' Infante Giacomo , Luogotenente
generale del regno , ordinano che si esegua un' inchiesta
sul valore delle rendite dei casali di Burgibilluso e Tur-
buli » 223
CXV1I1. La Regina Costanza e l' Infante Giacomo, Luogotenente
generale del regno, stabiliscono che sia esaminata dalla Gran
Corte l'inchiesta per i casali di Burgibilluso e Turbuli » 224
CXIX. La Regina Costanza e l'Infante Giacomo, Luogotenente
generale del regno, ordinano di immettere in possesso dei
casali di Burgibilluso e Turbuli Stefano di Nicola e Fi-
lippo Guarichi » ivi
CXX. La Regina Costanza trasmette sue lettere a vari baroni
della Marca , dell'Abruzzo ed altri luoghi per esortarli a
ribellarsi » 225
CXXI. La Regina Costanza dà notizia d'aver nominato Matteo di
Catania credenziere del fondaco di riva in Palermo . » 226
CXX1I. L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, or-
dina a Pietro de Queralt, Vicario generale, che dopo un'in-
chiesta assegni a Guido di Modica il feudo o casale di
Favarotta » 227
686 indici
CXX11I. Pietro de Queralt, Vicario generale, avvisa i Secreti per
l'assegnazione del casale di Favarotta . . . pag. 229
CXXIV. L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, con-
cede a Rodolfo de Manuele il casale di Burgibilluso. » ivi
Documenti falsi.
CXXV. 1282, agosto 28, Catania.
Il Re Pietro I concede ad Arnaldo de Rocabert la terra ed il
castello di Cammarata » 231
CXXVI. 1282, ottobre 24, ind. li», Messina.
Il Re Pietro I conferma al milite Gualtieri di Caltagirone la
concessione del castello e terra di Giarratana . . » 233
CXXVIÌ. 1282, ottobre 27, ind. IP, Messina.
Il Re Pietro I concede a Giovanni e Pietro di Antiochia la
terra ed il castello di Cerami » 238
CXXVIII. 1283, dopo 1*11 giugno.
Il Re Carlo I d'Augiò annunzia ehe nel giorno 1° giugno non
si presentò in Bordeaux il Re Pietro per il duello . » 240
CXXIX. 1283, agosto 13, ind. 1% Messina.
Il Re Giacomo dà licenza a Pietro d'Antiochia di cedere la
terza parte della terra di Cerami per dote della figlia » 243
CXXX. 1284, dopo il 5 maggio.
Il Re Pietro I scrive al Papa Martino IV dolendosi della pri-
vazione dei suoi domini di Aragona e Catalogna . » 245
CXXXI. 1285, maggio 27, ind. IP, Termini.
Federico concede a Giovanni Luigi de Milo 1' officio di Prov-
veditore dei castelli di Sicilia » 247
CXXXII. 1285, novembre 2, Villafranca.
Il Re Pietro I adempisce quanto gli ha imposto il confessore,
cioè di restituire il regno di Sicilia alla Chiesa . » 249
CXXX11I. 1285, novembre 3, Villafranca.
11 Re Pietro I , volendo aggiungere altre disposizioni al suo
testamento già fatto , ordina al notaro di scrivere i suoi
codicilli » 253
CXXXI V. Senza data.
Il Re Pietro I concede la terra di Grotte a Federico Sances » 256
Regno di Giacomo
(succ. 11 nov. 1285, cor. 2 febb. 1286, abdica 3 nov. 1295)
Federico Luogotenente generale del regno dal 12 luglio 1291 in poi.
Notizie preliminari
§ 1. Successione di Giacomo al regno di Sicilia. Sua coronase-
ne. Successione in Aragona, ritenendo arbitrariamente la
Sicilia. Abdicazione. Intitolazione regia nei documenti » 259
indici 687
§ 2. Datazione dei documenti . . . • . . . pag. 264
§ 3. Registrazione dei documenti nella Cancelleria del regno
nelV epoca del dominio di Giacomo in Sicilia , e dopo la
successione alV Aragona » ivi
§ 4. Luogotenenza di Federico figlio terzogenito del Re Pietro.
Potestà attribuite. Registri di tale epoca perduti . » 266
§ 5. Pubblicazioni speciali . . . % . . . . %. 268
CXXXV. 1285, novembre 25, Maiorca.
L'Infante Alfonso di Aragona, primogenito del defunto Re Pie-
tro I, promette di difendere il fratello suo Giacomo ed il
regno di Sicilia » 269
CXXXVL 1285, novembre 25, Maiorca.
L'Infante Alfonso di Aragona nomina l'Ammiraglio Ruggiero
Loria suo procuratore per ricevere dall' Infante Giacomo
il giuramento di difendere il suddetto Alfonso ed il regno
di Aragona » 274
CXXXVII. 1285, novembre 25, Maiorca.
L'Ammiraglio Loria promette all' Infante Alfonso di Aragona
di fargli prestare dal fratello Giacomo il giuramento » 277
CXXXVIII. 1286, febbraio 5, ind. 14*. Palermo.
Costituzioni emanate dal Re Giacomo per il pacifico stato del
regno , nella solennità della coronazione, e pubblicate nel
Parlamento generale » 280
CXXXIX. 1286, febbraio 12, ind. 14a, Palermo.
Il Re Giacomo promette di difendere il fratello Re Alfonso ed
i suoi regni di Aragona, Valenza e Maiorca e la Contea di
Rarcellona » 297
CXL. 1286, febbraio 16, ind. 14», Palermo.
Il Re Giacomo, in considerazione dei grandi servizi resi dalla
città di Messina, conferma alla medesima varie immunità » 299
CXLI. 1286, febbraio 18, ind. 14 , Palermo.
Il Re Giacomo concede agli abitanti di Catalogna di potere
estrarre dai porti di Sicilia il frumento e l'orzo necessari
per il loro sostentamento » 306
CXLII. 1286, febbraio 22, ind. 14% Palermo.
Il Re Giacomo concede ai Catalani di potere eleggere nel regno
di Sicilia un console, che decida le cause civili. . » 308
CXLIII. 1286, febbraio 22, ind. 14% Palermo.
Il Re Giacomo prende sotto la sua protezione le Case della sa-
cra Milizia dell'Ospedale di S. Maria dei Teutonici di Ge-
rusalemme in Sicilia e Calabria, e conferma i loro beni e
le immunità » 309
688 indici
CXLIV. 1286, maggio 24, ind. 14», Messina.
II Re Giacomo ordina che siano immesse in possesso delle terre
site nelle fiumare di Rametta e Muti Filippa vedova di Per-
rone Marchisotto e la figlia Fenicia .... pag. 311
CXLV. 1286, maggio 27, ind. 14», Messina.
Il Re Giacomo conferma al milite Guido Talac e suoi eredi il
casale di Arcudaci, con gli obblighi feudali . . » 313
CXLVI. 1286, maggio 31, ind. 14», Monforte.
Il Vicesecreto delle Valli di Demone e Milazzo adempie l' in-
carico affidatogli per l' immissione in possesso delle terre
nella fiumara di Rametta in favore di Filippa e Fenicia
Marchisotto . » 316
CXLV1I. 1286, prima del 21 giugno.
La Regina madre Costanza ed il Re Giacomo avvertono il Re
Alfonso III di Aragona che non sono disposti a trattare
una pace vantaggiosa, se loro non rimarrà l'isola di Sicilia » 320
CXLVIII. 1286, luglio 19, ind. li», Messina. •
Il Re Giacomo concede a Guglielmo Conto in perpetuo il casale
di Bamina, sito nella valle di Milazzo, ed una casa in Mes-
sina nella contrada Conceria » 321
CXLIX. 1286, luglio, ind. 14% Messina.
Il Re Giacomo annunzia di avere assegnato a Baliano Bivai-
gna, di Messina, e suoi eredi, oncie due di oro annuali in
compenso di un casaleno, che a lui fu proibito di edificare » 323
CL. 1286, agosto ind. 14», Messina.
Il Re Giacomo legittima il figlio del suddiacono maestro En-
rico di Messina » 325
CLI. 1285 sett. a 1286 agosto, ind. 14*.
Il Re Giacomo concede a Pietro de Ansalone , giudice della
regia Gran Corte, e suoi eredi oncie venti di oro annuali » 327
CUI. 1285, sett. a 1286 ag. ind. 14*.
Il Re Giacomo ordina di immettere il giudice Pietro de Ansa-
Ione nel possesso dei beni a lui assegnati per il valore di
oncie venti annuali » 328
CL1II. 1286, settembre 1, ind. 15», Messina.
Il Re Giacomo ordina ai gabelloti e credenzieri dell' arco del
cotone, di Messina di pagare da ora innanzi a Baliano Bi-
vaigna l'assegno a lui accordato di oncie due di oro an-
nuali » 329
CLIV. 1286, ottobre 2, ind. 15», Messina.
Beatrice, figlia del Re Manfredi, col consenso dello sposo Man-
fredi di Saluzzo, dona irrevocabilmente al Re Giacomo l'in-
INDICI 689
tiero regno di Sicilia ed ogni dritto che a lei appartiene
su di esso pag. 330
GLV. 1286, ottobre 25, ind. 15», Messina.
Manfredi, figlio primogenito del marchese di Saluzzo, dichiara
di avere ricevuto dal Re Giacomo la somma di oncie due-
mila in gioie ed arnesi, e di oncie mille in denaro, dovuta
per il primo anno per ragione della dote costituita al me-
desimo dalla regina Costanza e dal Re Giacomo . » 337
CLVI. 1286, ottobre 26, Lerida.
Il Re Alfonso III di Aragona dà notizia al fratello Re Giacomo
delle suppliche presentategli da Alaimo da Lentini, e prega
la Regina madre ed il Re Giacomo di rispondergli su quanto
dovrà farsi » 342
CLVII. 1287, febbraio 18 o 19, ind. 15., Messina.
Il Cancelliere del Regno di Sicilia , Giovanni da Procida , fa
transuntare dal notaro tre documenti, che dovranno essere
confermati dal Re Alfonso di Aragona ...» 346
CLVIII. 1287, febbraio 19, ind. 15., Messina.
Il Cancelliere del regno di Sicilia , Giovanni da Procida , fa
transuntare dal notaro l'atto di cessione di ogni dritto sul
regno di Sicilia da parte del Re Alfonso di Aragona » 349
CLIX. 1287, febbraio 27, ind. 15., Messina.
Il Re Giacomo nomina i suoi ambasciatori per trattare dinanzi
il Re Alfonso di Aragona la pace con Carlo , principe di
Salerno, intorno al regno di Sicilia .... » 352
CLX. 1287, febbraio 27, ind. 15», Messina.
Il Re Giacomo nomina i suoi procuratori per trattare con Carlo,
principe di Salerno, il matrimonio tra il suddetto Giacomo
e la figlia maggior nata di Carlo » 355
CLXI. 1287, febbraio 27, ind. 15», Messina.
L'Iafante Federico, figlio del defunto Re Pietro, eligge suoi pro-
curatori per concordare con il principe di Salerno il ma-
trimonio di sua figlia secondogenita con il suddetto Fede-
rico » 358
CLXII. 1287, marzo 3, ind. 15», Messina.
Il Re Giacomo elegge suoi procuratori per trattare col principe
Carlo d'Angiò una tregua per sospendere la guerra contro
il principe circa il dominio del regno di Sicilia . » 361
CLXIII. 1287, marzo 8, ind. 15% Messina.
Il Re Giacomo nomina suoi procuratori per concordare con
Carlo, principe di Salerno, la pace per il regno di Sicilia » 364
G. La Mantia, Cod. dipi. arag. 44
690 indici
CLXIV. 1287, marzo 10, Barcellona.
Il Re Alfonso III di Aragona fa il suo testamento, istituendo
erede nei suoi regni il fratello Re Giacomo, con la condi-
zione che egli ceda all'Infante Federico il regno di Sicilia
e le terre, che al medesimo appartengono . . . pag. 367
CLXV. 1287, febbraio o marzo, ind. 15», Messina.
Il Re Giacomo ordina che sia eseguito il privilegio dell'impe-
ratore Federico II per concessione a Teodoro Sicho e suoi
eredi dell'officio del peso della staterà in Palermo . » 370
€LXVI. 1287, giugno 5, ind. 15., Caltagirone.
Il regio Giustiziere della Valle di Noto assolve il Precettore
dell'Ospedale di S. Maria dei Teutonici, nella causa col ca-
nonico siracusano Enrico Traversa per molestia nel pos-
sesso della chiesa di S. Maria de Criptis rebellatis, nel ter-
ritorio di Noto » 373
CLXVII. 1287, dopo 23 giugno, Napoli.
Trattato di tregua per due anni per sicurtà nei mari, conchiuso
tra il Re Giacomo ed il Re Alfonso di Aragona, ed il Le-
gato ed il Conte d'Artois, Baiuli del regno di Napoli » 375
CLXVIII. 1287, luglio 30, Jacca.
Trattato di pace e tregua durante la loro vita , tra il Re Al-
fonso III ,di Aragona , anco per nome del Re Giacomo di
Sicilia, ed Abdeiehehit figlio del principe dei credenti , e
pretendente al dominio di Tunisi .... » 377
CLXIX. 1287, prima di agosto.
Il Re Giacomo ordina a Bertrando de Cannellis di recarsi in
Catalogna per farsi consegnare Alaimo da Lentinijed i suoi
nipoti convinti di tradimento, che dovrà condurre verso la
Sicilia e far gettare in mare » 386
CLXX. 1287, agosto 4, Jacca.
Il Re Alfonso III di Aragona conferma dopo la sua corona-
zione l'atto di cessione in favore dell'Infante Giacomo dei
diritti sul regno di Sicilia » 387
CLXXI. 1287, agosto 4, Jacca.
Il Re Alfonso IH di Aragona conferma dopo la sua corona-
zione 1' atto di difesa del regno di Sicilia, emanato in fa-
vore dell'Infante Giacomo » 390
CLXXII. 1287, agosto 4, Jacca.
Il Re Alfonso III di Aragona avvisa suo fratello Re Giacomo di
avere affidato al de Cannellis i prigionieri Alaimo da Len-
tini ed i nipoti . » 391
INDICI 691
CLXXI1I. 1288, febbraio 25, ind. 1\ Catania.
Il Re Giacomo ordina al Giustiziere della Valle di Girgenti di
intimare il divieto di caccia nelle foreste regie, anco in de-
terminati tempi pag. 393
CLXXIV. 1288, marzo 18, ind. 1», Sciacca.
11 Baiulo di Sciacca insieme coi giudici divulga con un bando
nella terra suddetta il divieto di caccia nelle foreste
regie » 395
CLXXV. 1288, maggio 7, ind. 1», Messina.
Il Re Giacomo ordina che sia fatta sollecitamente un'inchiesta
sul diritto del Vescovo di Cefalù, Giunta, nella costruzione
della tonnara dal luogo detto Fiumetorto sino all' altro
detto di Colobria » 398
CLXXVI. 1288, ind. 1», dopo il 14 maggio.
Il Giustiziere della Valle di Girgenti mantiene il Vescovo di
Cefalù, Giunta, nel possesso della tonnara dal Fiumetorto
al sito di Colobria » 402
CLXXVII. 1298, maggio 8, ind. 1% Messina.
11 Re Giacomo concede al giudice Rolando de Unda, di Mes-
sina , in perpetuo il casale di Binurrato con i suoi casali
e territori adiacenti » 404
CLXXVIII. 1288, maggio 9, Morreale.
La Regina Costanza concede a frate Nicolò, eremita, cinquanta
salme di terre libere, ad uso di masseria, nel territorio di
Salemi » 408
CLXXIX. 1288, maggio 24, Arles.
Tregua reciproca tra Maria, figlia del Re di Ungheria, princi-
pessa di Salerno, ed il nobile Scoto, signore di Provenza,
ed i procuratori del Re Alfonso di Aragona, anco per i do-
mini del Re Giacomo in Sicilia » 410
CLXXX. 1288, maggio 31, ind. 1», Messina.
Il Re Giacomo conferma a Pietro Ansalone , giudice della re-
gia Gran Corte, l'immissione in possesso di vari beni della
regia Corte per il valore di oncie venti annuali di oro » 420
CLXXXI. 1288, giugno 1°, Barcellona.
Il Re Alfonso III di Aragona scrive al fratello Re Giacomo in-
torno alla tregua conchiusa da Ruggiero Loria verso la
fine di giugno 1287, e dà notizia circa la prigionia del prin-
cipe di Salerno ed altro » 421
CLXXXII. 1288, luglio 17, ind. 1», Messina.
Il Re Giacomo concede ai cittadini di Barcellona varie fran-
chigie di commercio nel regno di Sicilia . . , » 424
692 INDICI
CLXXXIII. 1288, luglio 30, ind. 1\ Messina.
Il Re Giacomo concede a Vitale de Villanova e suoi eredi il
casale di Mazzarino pag. 427
CLXXXIV. 1288, agosto, ind. 1\
Il Re Giacomo ordina di pagare a R. de Vilacetmat, soldato
stipendiarlo, quanto a lui è dovuto per suo stipendio » 431
CLXXXV. 1287 sett. a 1288 ag., ind. 1».
Il Re Giacomo ordina che sia immesso A. Comte , regio por-
tiere, nel possesso del reddito annuale di oncie otto di oro
sui beni della regia Corte » 432
CLXXXVI. 1288, dicembre 28, ind. 2», Messina.
Il Re Giacomo ordina che siano eseguiti i pagamenti a Gia-
como de Cloviano, soldato stipendiario ...» ivi
CLXXXVII. 1288, novembre 4, ind. 2a, Palermo.
Il Re Giacomo trasmette ai Giustizieri i capitoli sanciti al tempo
della sua coronazione ed altri ora emanati per dar termine
ad arbitri ed ingiustizie nel regno .... » 435
CLXXXVIII. 1288, novembre 4, ind. 2», Palermo.
Il Re Giacomo avvisa i Maestri forestali di avere emanato una
sua costituzione , con la quale sono aboliti i capitoli del
loro ufficio che derivano dal tempo del dominio del Re
Carlo I d'Angiò » 440
CLXXXIX. 1289, gennaio 13, ind. 2», Messina.
La città di Messina eligge suoi ambasciatori per presentarsi
al Re , ed esporgli le ingiustizie che subiscono i mercanti
di quella città nella dogana di Palermo ...» 441
CXC. 1289, agosto, ind. 2% Gaeta.
Trattato di tregua tra il Re Carlo II di Napoli e Giacomo Re
di Sicilia per due anni » 445
CXCI. 1289, ottobre 28, S. Gervasio.
Il Conte Roberto d'Artois e Carlo, figlio primogenito e Vicario
generale del Re Carlo II d'Angiò, richiedono il Re Giacomo
perchè provveda a reprimere le offese arrecate da navi si-
ciliane, nonostante la tregua » 448
CXCII. 1290, marzo 22, ind. 3% Messina.
Il Re Giacomo scrive a Giovanni Sestari per notizie da Ge-
nova e per vari incarichi » 451
CXCIII. 1290, aprile 8, ind. 3% Messina.
Il Re Giacomo costituisce suo procuratore Bertrando de Can-
uellis per esigere da Giacomo di Pietro figlio del Re Pie-
tro I, suo padre, la somma di venticiuquemila soldi mu-
tuatagli dall'ammiraglio Loria » 453
INDICI 093
CXCIV. 1290, aprile 25.
Trattato di pace (in lingua araba) tra il Sultano di Egitto
Kélaoun Malec-el Mansùr da una parte , ed il Ré Alfonso
d'Aragona, il Re Giacomo di Sicilia ed i fratelli Federico
e Pietro dall'altra . . pag. 455
CXCV. 1290, maggio 20, ind. 3., Messina.
Il Maestro Razionale della regia Gran Corte, Berardo de Ferro,
rilascia al Vescovo di Cefalù , Giunta, la trascrizione di
lettere testimoniali sul possesso della tonnara di Colobria » 458
CXCVI. 1290, prima del 14 giugno.
Il Re Giacomo consegna a Penco Mar i capitoli concernenti
le risposte, che egli, da sua parte, dovrà dare al Re Alfonso
di Aragona intorno alla concordia o tregua da trattare con
la Chiesa romana, invio di frumento, progetto di matri-
monio ed altro » 459
CXCVII. 1290, giugno 14, ind. 3». Messina.
Il Re Giacomo nomina i suoi ambasciatori per recarsi presso
i cardinali Gerardo di Parma e Benedetto Colonna, e sta-
bilire una tregua fra la Chiesa Romana ed il suddetto Re
intorno la discordia sul regno di Sicilia ...» 463
CXCVII1. 1290, giugno 14, ind. 3», Messina.
Il Re Giacomo eligge suoi ambasciatori per presentarsi a Carlo,
principe di Salerno, e trattare la pace finale tra il medesimo
principe per quanto concerne la Sicilia con le isole adia-
centi, le Gerbe e Kerkene, il consolato di Tunisi e la Ca-
labria » 460
CXCIX. 1290, giugno 14, ind. 3», Messina.
Il Re Giacomo nomina suoi ambasciatori per recarsi da Carlo,
principe di Salerno, e trattare la pace finale tra il mede-
simo principe e Giacomo intorno la discordia sul regno di
Sicilia é » 470
CC. 1290, giugno 14, ind. 3\ Messnia.
Il Re Giacomo costituisce suoi ambasciatori per presentarsi al
Re Filippo di Francia e trattare col medesimo , il fratello
di lui Carlo, il principe di Salerno e Giacomo la pace per
quanto concerne la Sicilia » 472
CCI. 1290, giugno 14, ind. 3% Messina.
Il Re Giacomo manifesta per verba de presenti il suo consenso
per il matrimonio con Guglielma Moncada , figlia di Ga-
stone di Béarn . . . . . . . . » 474
CCII. 1290, giugno 14, ind. 3 , Messina.
Il Re Giacomo costituisce un suo procuratore per recarsi da
694 ìndici
Guglielma Moncada, figlia di Gastone di Béarn, e trattare
il matrimonio con la medesima pag. 477
CCII1. 1290, luglio 3, ind. 3», Palermo.
Il Re Giacomo ordina al Secreto di Messina di provvedére che
sia data piena esecuzione alle immunità concesse ai Geno-
vesi nel trascorso maggio, durante l'ambasceria di Bellanti
e de Brignali » 480
CCIV. 1290, luglio 13, ind. 3», Palermo.
Il Re Giacomo ordina di eseguirsi un'inchiesta su i confini del
tenimento di Carsa, concesso a Raimondo Villanova dal Ve-
scovo di Cefalù, Giunta ....... » 482
CCV. 1290, luglio 27, ind. 3», Trapani.
Il Re Giacomo concede all'Ammiraglio Loria il permesso di e-
strarre fuori regno salme seimila di frumento , libere dal
diritto di estrazione » 485
CCVI. 1290, luglio 29, ind. 3», Trapani.
Il Re Giacomo si congratula con gli almogaveri delle società
degli Abdelilli per avere occupato Castrovillari e sottopo-
stala al dominio regio » ivi
CCVIIf 1290, luglio 29. ind. 3., Trapani.
Il Re Giacomo si compiace con Ferrando de Camerasa Abdalillo
per la presa di Castrovillari » 487
CGVIII. 1290, luglio 29, ind. 3», Palermo.
Il Giustiziere di Palermo Ruggiero Mastrangelo ordina (in se-
guito ad ordine regio) che sia eseguita la sentenza ema-
nata nella causa tra Pietro de Filosofo, Costanzo de Ben-
tifano e Ruggiero de Bianco, per la designazione dei con-
fini delle terre di Curema e Marauso .... » 489
CCIX. 1290, luglio (probabilmente).
Il Re Giacomo trasmette le sue risposte ai capitoli inviatigli
da maestro Raimondo, cappellano del papa Nicola IV, e ri-
guardanti la tregua da trattarci per dieci anni tra la Chiesa
di Roma, i Re di Francia, di Castiglia, Carlo II di Napoli
e lo stesso Re Giacomo per sé e per suo fratello Alfonso Re
di Aragona, con varie condizioni, anco per il passaggio del
Re Giacomo in Terra Santa, secondo la proposta del Papa » 493
CCX. 1289 sett. 3» ind. a 1290 agosto.
Il Re Giacomo rinnova ai Secreti l'ordine già dato per immet-
tere A. Comte, regio portiere, nel possesso dell'annuo red-
dito di oncie otto di oro » 507
CCXI. 1290, settembre 1, ind. 4., Piazza.
Il Re Giacomo ordina al nuovo Giustiziere della Valle di Noto
ìndici 695
di immettere il Precettore della Casa di S. Maria dei Teu-
tonici in Sicilia nel possesso della chiesa di S. Maria de
Criptis rebellatis, sita nel territorio di Noto . . pag. 508
CCXII. 1290, settembre 9, ind. 4», Cefalù.
Il milite Lorenzo di Galtavuturo trasmette al Re Giacomo l'atto
dell'inchiesta sui confini del tenimento di Carsa, sito fra i
territori di Cammarata e Castronovo .... » 510
CCXIII. 1290, settembre 18, ind. 4\ Catania.
Il regio Giustiziere della Valle di Noto scrive ai giudici di Si-
racusa affinchè, in adempimento dell'ordine del Re Giaco-
mo , restituiscano il possesso della chiesa di S. Maria de
Criptis rebellatis al Precettore della Casa di S. Maria dei
Teutonici in Sicilia » 520
CCXIV. 1290, settembre 26, ind. 4», Messina.
Ruggiero Loria , Ammiraglio dei regni di Aragona e Sicilia,
scrive a Roberto, Conte d'Artois, perchè ordini l'esatta os-
servanza della tregua, e la punizione dei colpevoli che as-
salirono alcune navi di sudditi del Re Giacomo, che si re-
cavano da Catania a Squillaci » 523
CCXV. 1290, ottobre 15, ind. 4», Messina.
Il Re Giacomo ordina ai gabelloti della dogana del mare di
permettere che Francesco de Santo Felice estragga da qua-
lunque porto di Sicilia salme 1500 di frumento per la Ca-
talogna, per parte della città di Gerona ...» 531
CCXVI. 1290, novembre 2, ind. 4% Messina.
Il Re Giacomo scrive ai servienti del castello di Tropea perchè
credano quanto, da parte sua , riferirà a voce Raimondo
de Bruncignach » 533
CCXVII. 1290, novembre 11, indiz. 4», Messina.
Il Re Giacomo ordina a Galvano Lancia di ridurre alla rigo-
rosa disciplina gli almogaveri, che hanno commesso eccessi
nella contrada Tuchio presso Reggio .... » 534
CCXVI1I. 1290, dicembre 14, ind. 4", Catania.
Il Re Giacomo, esime Giovanni Maniscalco , di Polizzi., dalla
annua prestazione dovuta alla regia Corte per censo o villa-
naggio su alcune terre arative nel territorio di Petralia » 53b'
APPENDICE
Aggiunte al I volume
Regno di Pietro I.
CCXIX. 1283, aprile, ind. 11», a sett. ind. 12'.
La Regina Costanza ordina all'Ammiraglio Ruggiero Loria di
696 indici
pagare al comito Federico Lancia onde d'oro sei, tari sette
e grana dieci del peso generale pag. 541
CCXX. 1283, settembre 17, ind. 12a, Messina.
La Regina Costanza ordina all'Ammiraglio Ruggiero Loria di
permettere I' estrazione fuori regno dal porto di Licata di
salme quattrocento di frumento ....,» 542
CCXXI. 1283. settembre, ind. 12".
L' Infante Giacomo , Luogotenente generale del regno, ordina
al Tesoriere Bertrando de Bellopodio di restituire all'Am-
miraglio Loria oncie trecento di oro . . . . » ivi
CCXXIT. 1284, giugno 22, ind. 12% Messina.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, approva
i conti presentati dall'Ammiraglio dei regni di Aragona e
Sicilia, Ruggiero Loria, per V esercizio del suo ufficio da
aprile a settembre 1283 » 543
CCXXII1. 1284, agosto 17, ind. 12., Messina.
L'Infante Giacomo , Luogotenente generale del regno , esenta
gli abitanti di Reggio dall' obbligo di pagare collette ed
altre tasse per i loro beni nelle terre di S. Agata , Santo
Nocito ed altre » 563
CCXXTV. 1285, maggio 2, ind. 13», Palermo.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, ordina a
Manfredi Maletta di restituire al Vescovo di Cefalù il le-
nimento di S. Maria di Carsa, sito presso i confini di Cam-
marata » 565
CGXXV. 1285, maggio 2, ind. 13», Palermo.
L'Infante Giacomo, Luogotenente generale del regno, ordina al
milite Raimondo Alamanni di immettere nel possesso del
tenimento di S. Maria di Carsa il Vescovo di Cefalù, se ciò
non curerà di eseguire Manfredi Maletta ...» 567
CCXXVI. 1285, maggio 5, Figueras.
Il Re Pietro I ordina a Bernardo Scriba di pagare Attobono
di Trapani ed i suoi soci venuti da Sicilia con una barca
armata » 568
CCXXVII. 1285, settembre 14, ind. 14», Palermo.
Il milite Baimondo Alamanni , Vicario generale al di qua del
fiume Salso, affida ad Andrea de Lorenzo, di Cefalù, 1' in-
carico di immettere nel possesso del tenimento di S. Ma-
ria di Carsa il Vescovo di Cefalù . . , . » 569
Regno di Giacomo.
CCXX VIII. 1285, novembre 29, Messina,
L'Infante Giacomo , Luogotenente generale del regno , esenta
indici 697
gli abitanti di Reggio dal pagamento della marineria, e con-
cede altre franchigie pag. 571
CCXXIX. 1286, marzo 29, ind. 14., Messina.
IJ Re Giacomo , avendo stabilito di inviare in Catalogna, per
affari del regno , Ruggiero Loria , ammiraglio di Sicilia ,
Aragona, Maiorca e Valenza, gli permette di poter ricevere
a mutuo il denaro a lui necessario a tale scopo . » 572
CCXXX. 1286, settembre, ind. 15% Trapani.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria dà notizia al Re Giacomo, in
Messina, del suo ritorno in Sicilia dalla Catalogna . » 574
CCXXXI. 1286, settembre a dicembre, ind. 15*.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria avverte il Giustiziere di Palermo
di consegnare al Protontino Pietro di Caltagirone le oncie
mille di oro imposte su la città di Palermo per il denaro
del sussidio (promissionis) » 575
CGXXXII. 1287, febbraio, ind. 15*. Palermo.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria scrive al Protontino di Palermo,
Pietro di Caltagirone , perchè rimetta a Berlinghieri Rog
oncie ventidue per pagamento di marinai ...» 576
CCXXXIU. 1287, giugno o luglio, ind. 15*.
L'Ammiraglio Ruggiero Loria invia al Re Alfonso di Aragona
una sua lettera con le notizie concernenti la conchiusione
della tregua, allora avvenuta con gli Angioini . . » 577
CCXXXIV. 1286, sett. 15» ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo ordina ai Maestri Portolani del regno di resti-
tuire all'Ammiraglio Loria oncie milleduecento, mutuate dal
medesimo alla regia Corte per pagamento di soldati ed
altro 578
CCXXXV. 1286, sett. 15' ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo ordina al tesoriere Lapo Guindone di pagare al-
l'Ammiraglio Loria le somme per il soddisfacimento dello
stipendio dei soldati » ivi
CCXXXVI. 1286 sett. 15" ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo ordina al Secreto di Sicilia di pagare a Pietro
di Milazzo oncie otto per compenso (emenda) di un cavallo
morto per il servizio regio » 579
CCXXXVII. 1286, sett. 15* ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo ordina al Secreto di Sicilia di pagare a Matteo
de Arenis oncie venti per acquisto di cavallo, armi ed al-
tro a lui largiti . » 580
CCXXXV11I. 1286, sett. 15» ind. a 1287 agosto.
Il Re Giacomo concede a suo fratello , il Re Alfonso di Ara
698 indici
gona, l'estrazione di salme seimila di frumento dalla Sici-
lia, per venire in sollievo delle spese dal medesimo Alfonso
subite per la guerra tra il Re Pietro I ed il Re di Francia,
e che dovrà pagare pag. 580
CCXXXIX. 1286, sett. 15» ind. a 1287 agosto.
L' Ammiraglio Ruggiero Loria scrive ad Ugo Talac , Maestro
Portolano, di consegnare a Pietro di Caltagirone, Proton-
tino di Palermo , oncie settecento per supplemento della
spesa per l'armamento dei vascelli regii . . . » 581
CGXL. 1287, settembre 29, ind. 1 , Messina.
Il Re Giacomo rilascia ampia quietanza all'Ammiraglio Loria
per la sua amministrazione sin dall'epoca della sua nomina
(20 aprile 1283) a tutto giugno 1285 e per il tempo poste-
riore, per i conti ora presentati » 582
CCXL1. 1288, luglio 15% ind. 1% Messina.
11 Re Giacomo approva i conti presentati dall'Ammiraglio Lo-
ria per l'amministrazione del suo ufficio dal 1° luglio 1285
a tutto il mese di agosto 1287, e per gli introiti e le spese
minutamente designati » 586
Indice alfabetico dei nomi di persona » 641
Indice alfabetico dei nomi di luogo » 660
Correzioni ed aggiunte » 671
-#-
DELLO STESSO AUTORE
La Mantia Giuseppe — Codici di leggi romane sotto i Barbari. Cenni.
Palermo, 1880.
— Francesco e Giuseppe — Consuetudini di Linguagrossa ora per la pri-
ma volta pubblicate. Palermo, 1897.
Consuetudini di S. Maria di Licodia ora pef la prima volta pub-
blicate. Palermo, 1898.
— Giuseppe — Dei reali Archivi di Sicilia. Memoria inedita del can.
Rosario Gregorio. Palermo, 1899.
— Documenti inediti in lingua spagnuola (1381 - 1409) in Sicilia. Paler-
mo, 1899.
— Indice generale dell'Archivio Storico Siciliano, pubblicazione perio-
dica della Società Siciliana per la Storia Patria (anni 1873- 1900).
Palermo, 1902.
— Su la Biblioteca della Società Siciliana per la Storia Patria negli
anni 1892 - 1900. Relazione. Palermo , 1903. — Altra per gli anni
1901 - 1913.
— I Capitoli delle Colonie greco - albanesi diTSicilia dei secoli XV e
XVI, raccolti e pubblicati. Palermo, 1904.
— I Capibrevi di Giovanni Luca Barberi. Continuazione e fine del volu-
me III. I Feudi di Vai Mazzara. Fase. V e VI (nei Documenti della
Società predetta). Palermo, 1904.
— I Re di Sicilia e le dimore regie dell'Isola (nella rivista La Sicile
illustrée). Palermo, 1905 e 1906.
— Su i frammenti di due registri originali degli anni 1353 - 55 di Lu-
dovico d'Aragona, Re di Sicilia. Notizie e regesto (Estr. da.llArch.
Stor. Sic. an. XXX). Palermo, 1905.
— Le Pandette delle gabelle regie, antiche e nuove, di Sicilia nel se-
colo XIV, raccolte e pubblicate. Palermo, 1906.
— Su l'uso della registrazione nella Cancelleria del Regno di Sicilia dai
Normanni a Federico III d'Aragona (1130 - 1377). (Estr. dall' Arch.
Stor. Sic. an. XXXI). Palermo, 1906.
— Il Palazzo reale di Palermo e le sale del Duca di Montaito (1638).
Conferenza (nella rivista La Sicils illustrée). Palermo, 1907.
Capitoli angioini sul diritto di sigillo della Cancelleria regia per la
Sicilia , posteriori al 1272 (Estr. da.IV Arch. Stor. Sic. an. XXXII).
Palermo, 1907.
Il primo documento in carta (Contessa Adelaide, 1109) esistente in
Sicilia e rimasto sinora sconosciuto. Palermo, 1908.
Documenti su le relazioni del Re Alfonso III d'Aragona con la Si-
cilia (1285-1291). (Estr. dall' Anuari (1908) de l'Institut cTEstudis
Catalans). Barcelona, 1909.
La guerra di Sicilia contro gli Angioini negli anni 1313- 1320 e la
data dei Capitoli di nuove gabelle regie per le galere e la difesa
del regno. Palermo, 1910.
Intorno ai documenti inediti riguardanti le relazioni del Re Alfon-
so III d'Aragona con la Sicilia negli anni 1285 a 1291. Comunica-
zione fatta alla R. Accademia di scienze, lettere ed arti (Estr. dal
voi. IX, serie 3a). Palermo, 1911.
Di un progetto di descrizione dei feudi della Sicilia nell'anno 1802
(Estr. da,\V Arch. Stor. Sic. an. XXXVII). Palermo, 1912.
Di una consuetudine giuridica antica in S. Pietro sopra Patti nel
1482. Palermo, 1913.
Bibliografia dell'epoca del Re Vittorio Amedeo II in Sicilia (Estr.
dal volume del prof. Garufi, Rapporti diplom. tra Filippo Ve Vit-
torio Amedeo II). Palermo, 1914.
Testamento dell'Infante D. Pietro d'Aragona, fratello di Alfonso il
magnanimo, Re di Sicilia, del 4 giugno 1436 (Estr. dal voi. X,
serie 3a degli Atti della B. Accademia di scienze). Palermo, 1914.
Su le riviste italiane di storia in Trento, Trieste e Dalmazia. Noti-
zia bibliografica (Estr. deìVArch. Stor. Sic. an. XL). Palermo, 1915.
Su i più antichi Capitoli della città di Palermo dal secolo XII al
XIV e su le condizioni della città medesima negli anni 1354 a 1392
(Estr. dalVArch. Stor. Sic. an. XL). Palermo, 1915.
La Secrezia o Dogana di Tripoli ed i Capitoli della sua amministra-
zione, approvati e riformati dai Viceré di Sicilia negli anni 1511
a 1521 (Estr. daXVArch. Stor. Sic. an. XLI). Palermo, 1916.
Messina e le sue prerogative dal regno di Ruggiero II (1130-1154)
alla coronazione di Federico II aragonese (1296). Estr. da.IV Arch.
Stor. Sic. an. XLI. Palermo, 1916.
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La Mantia, Giuseppe
Codice diplomatico dei re
aragonesi di Sicilia
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